id
stringlengths 1
7
| url
stringlengths 31
268
| title
stringlengths 1
199
| text
stringlengths 1
669k
|
---|---|---|---|
1561 | https://it.wikipedia.org/wiki/Diritto%20d%27autore%20italiano | Diritto d'autore italiano | Il diritto d'autore italiano è la branca dell'ordinamento giuridico italiano che disciplina il diritto d'autore, cioè l'attribuzione di un insieme di facoltà a colui che realizza un'opera dell'ingegno di carattere creativo-sociale, con l'effetto di riservargli diritti morali ed economici.
È disciplinato prevalentemente dalla legge 22 aprile 1941, n. 633 (e il successivo regolamento applicativo, il regio decreto 18 maggio 1942, n. 1369) nonché Titolo IX del Libro Quinto del codice civile italiano.
Storia
Durante il ventennio fascista erano in vigore disposizioni quali la legge 18 marzo 1926, n. 562 che converte in legge il regio decreto legge n. 1950 del 7 novembre 1925 "Disposizioni sul diritto d'autore", la legge 17 giugno 1937-XV, n. 1251 e la legge 2 giugno 1939-XVII, n. 739, successivamente la materia venne ad essere regolata in modo organico dalla legge 22 aprile 1941, n. 633.
Al momento della sua emanazione, la norma era sostanzialmente conforme alla tutela minima prevista dalla convenzione di Berna per la protezione delle opere letterarie e artistiche del 1886; tuttavia nel corso del tempo le sue disposizioni sono state modificate in più occasioni, in recepimento anche di diverse direttive dell'Unione europea, oltre che in adeguamento al dettato successivamente alla nascita della Repubblica Italiana: ad esempio per quanto riguarda la tutela giuridica del software venne data dall'emanazione del decreto legislativo 518 del 29 dicembre 1992, modificato poi dal decreto legislativo 15 marzo 1996, n. 205 emanati in attuazione della direttiva dell'Unione Europea 91/250/CEE del 14 maggio 1991; successivamente la legge 18 agosto 2000, n. 248 ha modificato la normativa sul diritto d'autore italiano e ha introdotto ulteriori disposizioni al fine di contrastare la pirateria e la contraffazione via internet.
Opere tutelate
A individuare le opere protette dal diritto d'autore sono gli artt. 1-5 della legge n. 633/1941, i quali fanno rientrare nella tutela tutte le opere dell'ingegno aventi carattere creativo, indipendentemente dal modo e dalla forma di espressione.
Possono essere oggetto di diritti non solo i beni appartenenti alle res esistenti in natura, ma anche i beni immateriali, ovvero quei beni giuridici caratterizzati dall’incorporeità.
In essi ricorrono due profili:
intellettualità: il bene materiale è una creazione di natura intellettuale;
riproducibilità: la creazione intellettuale deve essere idonea a essere riprodotta in un numero indefinito di esemplari concreti.
Sono individuabili due schemi attraverso i quali l’ordinamento procede all’individuazione e alla tutela dei beni immateriali:
lo schema del diritto d’autore: fa perno sulla paternità della creazione intellettuale e si articola in diritto morale e diritto patrimoniale;
lo schema della brevettazione: fa perno sull’idoneità della creazione a essere sfruttata economicamente.
Lo sviluppo tecnologico che ha caratterizzato la seconda metà del XX secolo ha progressivamente condotto all'individuazione di altri beni immateriali, come i software e le banche di dati.
A questi ultimi è stata estesa la tutela e, in virtù della tassatività dell'elencazione dei generi contenuta nell'art. 1, la norma è stata aggiornata.
L'art. 2 della legge fornisce un elenco (esemplificativo e non esaustivo) di opere protette, ovvero opere appartenenti:
alla letteratura: opere letterarie, drammatiche, scientifiche, didattiche e religiose, sia in forma scritta che orale;
alla musica: opere e composizioni musicali, con o senza parole, opere drammatico-musicali e variazioni musicali purché costituiscano un'opera originale in sé;
alle arti figurative: opere di scultura, pittura, disegni, incisioni o appartenenti ad arti figurative similari, compresa la scenografia;
all'architettura: disegni e opere dell'architettura, opere del disegno industriale che presentino carattere creativo e valore artistico;
al teatro: opere coreografiche e pantomimiche, la traccia delle quali sia fissata in qualche modo (per iscritto o altrimenti);
alla cinematografia: opere cinematografiche, mute o con sonoro;
alla fotografia: opere fotografiche o espresse con procedimento analogo a quello della fotografia;
ai software: programmi per elaboratore, in qualsiasi forma espressi, purché risultato di una creazione intellettuale originale dell'autore. Restano esclusi dalla tutela accordata dalla presente legge le idee e i principi che stanno alla base di qualsiasi elemento di un programma, compresi quelli alla base delle sue interfacce; vedi direttiva 91/250/CEE;
alle basi di dati: intese come raccolte di opere, dati o altri elementi indipendenti sistematicamente o metodicamente disposti ed individualmente accessibili mediante mezzi elettronici o in altro modo. La tutela delle banche di dati non si estende al loro contenuto; vedi direttiva 96/9/CE;
alle opere di disegno tecnico: opere di disegno industriale che presentino di per sé carattere creativo e valore artistico.
L'art. 4 è così formulato:
La traduzione, quale elaborazione di un'opera dell'ingegno, è oggetto di una tutela giuridica speciale e autonoma, facendo sorgere diritti, in capo al traduttore, distinti da quelli che spettano all'autore dell'opera: si parla dunque di Diritto d'autore del traduttore.
La legge sul diritto d'autore, come indicato nell'art. 5, non si applica ai testi degli atti ufficiali dello Stato e delle amministrazioni pubbliche, sia italiane che straniere.
Registrazione dell'opera
A oggi non è necessario alcun tipo di registrazione dell'opera (o dell'autore) per godere della tutela del diritto d'autore (art. 106). Il diritto d'autore si costituisce attraverso l'atto creativo e la sua cessione non può essere subordinata all'espletamento di formalità legali, così come disposto dalla Convenzione di Berna. La pubblicità legale attuata attraverso le iscrizioni delle opere e le trascrizioni degli atti, che incidono sulla disponibilità dei diritti, offrono comunque, secondo quanto previsto dalla legge, vantaggi a fini di prova dell'appartenenza dei medesimi. Non è neppure più necessario indicare la C cerchiata (©),introdotta soprattutto per conformità agli Stati Uniti d'America, in quanto dal 1989 anche gli USA aderiscono alla CUB, rendendo inutile l'uso del sovracitato simbolo.
Esiste comunque un registro presso il quale depositare l'opera (artt. 103 e seg.), se si vuole. Questo registro pubblico generale è istituito presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, mentre la SIAE si occupa di tenere due specifici registri, uno dedicato alle opere cinematografiche, l'altro ai software. La registrazione fa fede fino a prova contraria dell'esistenza dell'opera e della sua pubblicazione. È possibile registrare programmi per elaboratore, ma è facoltativo e comporta degli oneri; mentre sono escluse dall'obbligo di registrazione le fotografie.
La registrazione a uno dei registri comporta una serie di benefici per gli autori, a fronte di un costo di registrazione e di partecipazione che varia in base al tipo di opera. La registrazione di un'opera cinematografica ai registri SIAE, per esempio, è utile al ricevimento di finanziamenti. Inoltre la registrazione di un software è un requisito necessario per l'iscrizione di una startup al registro delle aziende innovative, che comporta una serie di benefici economici e agevolazioni d'imposta.
Beni immateriali e diritti
I diritti sui beni immateriali sono soggetti a una disciplina particolare, diversa da quella avente a oggetto i diritti sui beni materiali.
Tali diritti presentano una serie di caratteri comuni:
non hanno a oggetto il bene materiale, bensì l’idea, ossia la creazione realizzata in quella forma.
Sono assoluti: l’assolutezza, in particolare, si manifesta nel potere di rendere pubblica l’idea e di trarne un utile economico consentendo a terzi il godimento.
Hanno una durata limitata nel tempo: data l’importanza dei beni sui quali sono costituiti, infatti, si ritiene opportuno che, dopo un certo periodo di sfruttamento da parte dell’autore, entrino a far parte del patrimonio della collettività e, pertanto, possano essere sfruttati da tutti.
possono essere acquistati solo a titolo originario attraverso la creazione dell’opera.
Questi diritti si rifanno comunque ai diritti d'autore e ai suoi diritti connessi, ai diritti del Codice della Proprietà Industriale e hai diritti sulla Privacy.
Collaborazioni creative
Nel caso di opere create da più persone talvolta risulta difficile capire chi sia l’autore e come si regolino i rapporti tra i diversi coautori.
Esistono diverse tipologie di opere derivanti da una collaborazione creativa.
Opere creative semplici
Opere creative complesse
Opere creative semplici
Sono le opere create con il contributo indistinguibile e inscindibile di più persone, ovvero dove non è possibile distinguere il lavoro di ogni singolo autore (ad esempio un libro scritto a quattro mani).
In mancanza di un accordo scritto, l'art 10 sancisce che il diritto d'autore spetta in parti uguali a tutti gli autori dell'opera. La pubblicazione, la modificazione o una nuova utilizzazione devono essere decise da tutti gli autori e sono diritti esclusivi degli autori, ma in caso di ingiustificato rifiuto, possono essere autorizzate dall'autorità giudiziaria.
Opere creative complesse
Sono le opere che presentano un contributo creativo distinguibile e scindibile da parte dei diversi autori.
Possiamo distinguere le opere complesse in:
Elaborazioni creative
Opere composte
Opere collettive
Casi particolari
Elaborazioni creative
Senza pregiudizio dei diritti esistenti sull'opera originaria, l'art 4 prevede che vengano protette anche le elaborazioni di carattere creativo dell’opera stessa, quali le traduzioni in altra lingua, le trasformazioni da una in altra forma letteraria o artistica, le modificazioni e aggiunte che costituiscono un rifacimento sostanziale dell'opera originaria, gli adattamenti, le riduzioni, i compendi, le variazioni non costituenti opera originale.
Sulla base dell’art. 7 l’autore dell’elaborazione è il titolare dei diritti sull’opera modificata, a patto ovviamente che le modifiche siano esse stesse un’opera creativa. Risulta comunque necessario un accordo con l’autore originale dell’opera che autorizzi l’elaborazione.
Sulla titolarità dell’opera modificata vi sono delle questioni aperte da parte dei giuristi, da un lato chi sostiene la comunione dei diritti con l’autore dell’opera originale, dall’altro chi vede nell’autore dell’elaborazione l’unico titolare. Di fatto si tratta di un problema teorico, in quanto l’autorizzazione solitamente porta a un contratto nel quale le parti si accordano sui diritti spettanti.
Opere composte
Riguarda gli elaborati creati dall'unione di diverse categorie di opere (per esempio testi e musica).
L'art. 33 afferma che, in caso di mancanza di accordi tra i collaboratori rispetto alle opere liriche, alle operette, ai melologhi, alle composizioni musicali con parole, a balli e balletti musicali, si applicano le disposizioni dei tre successivi articoli (34, 35, 36). Le parti sono libere di regolare come vogliono, contrattualmente, i loro rapporti economici nella utilizzazione dei rispettivi diritti esclusivi.
L'art. 34 si occupa dei rapporti tra l'autore della parte musicale e quello del testo nelle composizioni musicali con parole.
Il diritto di utilizzazione economica spetta all'autore della parte musicale eccetto i diritti derivanti dalla comunione. Il profitto di utilizzazione economica viene ripartito in proporzione del valore del rispettivo contributo letterario o musicale.
Nei comma successivi vengono presi in considerazione alcuni tipi di opere musicali:
Opere liriche: si considera che il valore della parte musicale rappresenti la frazione di tre quarti del valore complessivo dell'opera.
Operette, melologhi, composizioni musicali con parole, balli e balletti musicali; i contributi hanno lo stesso valore.
I collaboratori hanno il diritto di utilizzare separatamente e indipendentemente la propria opera (art. 34 comma 5).
L'autore della parte letteraria non può congiungere la propria opera ad altri testi musicali eccetto che in alcuni casi previsti dall'art. 35:
Se dopo la consegna del testo definitivo della parte letteraria al compositore questi non lo pone in musica nel termine di cinque anni, se si tratta di libretto per opera lirica o per operetta, e nel termine di un anno se si tratta di ogni altra opera letteraria da emettere in musica.
Se dopo che l'opera è stata musicata e considerata dalle parti come pronta per essere eseguita o rappresentata, essa non è rappresentata o eseguita nei termini indicati nel punto precedente.
Se dopo una prima rappresentazione od esecuzione, l'opera cessi di essere rappresentata od eseguita per il periodo di dieci anni, se si tratta di opera lirica, oratorio, poema sinfonico od operetta o di altra composizione.
Il compositore nei casi 2 e 3 è libero di utilizzare la musica.
L'art. 36 regola alcuni casi previsti all'articolo precedente. Nel 1º caso l'autore della parte letteraria ne riacquista la libera disponibilità senza pregiudizio dell'eventuale azione dannosa a carico del compositore (primo comma). Nei casi previsti dai numeri 2 e 3 il rapporto di comunione formatosi sull'opera già musicata rimane fermo, ma l'opera stessa non può essere rappresentata od eseguita senza il consenso di entrambi i collaboratori (secondo comma).
Nelle opere coreografiche o pantomimiche e nelle altre composte di musica, di parola e di danze o di mimica, in cui la parte musicale non ha funzione o valore principale, l'esercizio dei diritti di utilizzazione economica, salvo patto contrario, spetta all'autore della parte coreografica o pantomimica e, nelle riviste musicali, all'autore della parte letteraria (art. 37 comma1). Per le seguenti categorie di opere valgono comunque i due articoli precedenti.
Opere collettive
Sono opere scritte mediante l'unione di lavori, o frammenti di lavori, di una pluralità di autori riuniti da un coordinatore per uno scopo determinato, per lo più divulgativo, didattico o scientifico. Le opere collettive quindi, a differenza di quelle composte, hanno un coordinatore che sceglie, decide e coordina il lavoro delle diverse parti dell'opera (art. 3).
Sono esempi di opere collettive le enciclopedie, le antologie, le riviste e i giornali. Le diverse parti che li compongono sono considerate come opere creative il cui diritto di singola utilizzazione spetta a ogni singolo autore; ciò permette quindi agli autori delle singole parti dell'opera collettiva di utilizzare la propria opera separatamente, con il limite dell'osservanza dei patti convenuti (art. 38 comma 2).
Inoltre, l'art. 40 sancisce che il collaboratore di opera collettiva (eccetto la rivista o il giornale) ha diritto che il suo nome figuri nella riproduzione della sua opera. Nei giornali questo diritto non compete, salvo patto contrario, al personale della redazione.
Gli articoli 4 e 7 riguardanti le opere creative semplici valgono per tutte le opere creative. Nello specifico l'art. 7 dichiara come proprietario dell'opera collettiva colui che organizza e dirige la creazione dell'opera stessa, cioè il coordinatore. Tuttavia ciascun collaboratore è considerato (rimanendo sempre nei limiti del suo lavoro) autore della singola elaborazione.
Casi particolari
Opere cinematografiche (artt. da 44 a 50)
Sono considerate sia un'opera collettiva in quanto c'è un soggetto che coordina tutti, sia composta perché creata da parti e contributi molto diversi.
I coautori dell'opera cinematografica, definiti dall'articolo 44 della Legge 633/1941 sono: l'autore del soggetto, l'autore della sceneggiatura, l'autore della musica ed il direttore artistico.
I diritti di utilizzazione economica per i coautori dell'opera cinematografica durano sino al termine del settantesimo anno dopo la morte dell'ultimo autore, secondo l'art. 32 della l.d.a.
Come stabilito dall'art. 49, gli autori delle parti letterarie o musicali dell'opera cinematografica possono riprodurle o comunque utilizzarle separatamente, purché non ne risulti pregiudizio ai diritti di utilizzazione, il cui esercizio spetta al produttore, ossia colui che è indicato come tale sulla pellicola cinematografica, come definito all'interno dell'articolo 45.
L'articolo 46 stabilisce che tale esercizio dei diritti di utilizzazione economica, da parte del produttore, ha per oggetto lo sfruttamento cinematografico dell'opera prodotta e non possono essere eseguite o proiettate elaborazioni, trasformazioni o traduzioni dell'opera prodotta senza il consenso degli autori indicati nell'art. 44.
Il produttore di opere cinematografiche è quindi titolare del diritto di utilizzazione secondo quanto sancito dall'articolo 78-ter, comma 1.
La durata del diritto di utilizzazione del produttore, nel comma 2, è di cinquanta anni dalla fissazione nel caso in cui la prima comunicazione al pubblico dell'opera cinematografica coincida con la fissazione stessa. Diversamente, ovvero se la fissazione è anteriore alla prima pubblicazione, la durata del diritto di utilizzazione è di cinquanta anni dalla prima comunicazione al pubblico.
Salvo patto contrario, il produttore non può eseguire o proiettare elaborazioni, trasformazioni o traduzioni dell'opera prodotta senza il consenso degli autori indicati nell'art. 44.
Secondo quanto afferma l'art. 47, il produttore ha facoltà di apportare ai contributi utilizzati nell'opera cinematografica le modifiche necessarie per il loro adattamento cinematografico.
L'articolo 50 sancisce che gli autori delle parti letterarie o musicali hanno diritto di disporne liberamente, se il produttore non porta a compimento l'opera cinematografica nel termine di tre anni dal giorno della consegna di tali parti oppure non fa proiettare l'opera compiuta entro tre anni dal suo compimento.
L'accertamento delle necessità o meno delle modifiche apportate o da apportarsi all'opera cinematografica, quando manchi l'accordo tra il produttore e uno o più degli autori menzionati nell'articolo 44 della presente legge, è fatta da un collegio di tecnici nominato dal Presidente del Consiglio dei ministri, secondo le norme fissate dal regolamento. Gli accertamenti fatti da tale collegio hanno carattere definitivo.
Soggetto del diritto
In genere si identifica come soggetto del diritto d'autore la persona fisica che ha creato l'opera.
Art. 8 della l. 633/41 "È reputato autore dell'opera, salvo prova contraria, chi è in essa indicato come tale, nelle forme d'uso, ovvero è annunciato come tale, nella recitazione, esecuzione, rappresentazione e radiodiffusione dell'opera stessa. Valgono come nome lo pseudonimo, il nome d'arte, la sigla o il segno convenzionale, che siano notoriamente conosciuti come equivalenti al nome vero”.
Esistono però delle norme espresse che stabiliscono deroghe al criterio secondo il quale i diritti patrimoniali spettano all'autore. Sono riportate di seguito le principali eccezioni:
Alcune opere collettive:
Riviste, giornali e libri: i diritti di sfruttamento patrimoniale spettano in questo caso all'editore, che può non essere una persona fisica ma una società.
Opere cinematografiche: secondo l'Art 44 vengono considerati coautori di un'opera cinematografica l'autore del soggetto, della sceneggiatura, della musica e il direttore artistico. Ma anche in questo caso il titolare dell'opera in sé non è l'autore bensì il produttore, che di nuovo può anche non essere una persona fisica ma un ente. Egli è titolare dunque dei diritti di sfruttamento cinematografico dell'opera (riproduzione, messa a disposizione del pubblico dell'originale e delle copie, noleggio, prestito, diffusione, ecc.).
Art. 11: se qualcuno crea un'opera e pubblicate in nome e a conto e spese di un ente pubblico, provincia o comune (le regioni non sono citate in quanto non esistevano ancora nel 1941, quando fu creato l'articolo), o di un ente privato senza scopo di lucro, allora i diritti patrimoniali d'autore spettano all'ente stesso. In questo caso il diritto d'autore è tutelato per 20 anni (Art. 29) e non 70. Quindi ci si chiede a chi vadano i diritti allo scadere del ventesimo anno.
Software e Banche dati, Art. 12-bis: "Salvo patto contrario, il datore di lavoro è titolare del diritto esclusivo di utilizzazione economica del programma per elaboratore o della banca di dati creati dal lavoratore dipendente nell'esecuzione delle sue mansioni o su istruzioni impartite dallo stesso datore di lavoro." Dunque egli è titolare dei diritti di sfruttamento patrimoniale, ma non dei diritti morali.
Opera di disegno industriale, Art. 12-ter: "Salvo patto contrario, qualora un'opera di disegno industriale sia creata dal lavoratore dipendente nell'esercizio delle sue mansioni, il datore di lavoro è titolare dei diritti esclusivi di utilizzazione economica dell'opera." Anche qui il datore di lavoro è titolare solo dei diritti di sfruttamento patrimoniale. A differenza dell'Art 12-bis non viene qui citato il caso il cui l'opera sia eseguita su istruzioni impartite dal datore di lavoro.
I giudici hanno elaborato linee giurisprudenziali che abbiano la portata dei principi previsti soprattutto dagli articoli 12-bis e 12-ter e che siano validi anche per altri casi. Il problema nasceva dal fatto che, ai sensi dell'Art 110 della legge sul diritto d'autore, "La trasmissione dei diritti di utilizzazione deve essere provata per iscritto". Nel caso in cui non ci sia una prova scritta:
→Se si tratta di lavoro dipendente: i diritti di utilizzazione spettano al datore di lavoro anche quando si parla di opere diverse da software, banche dati e disegno industriale.
→Se si tratta di lavoro indipendente o autonomo: si adotta un criterio più restrittivo, difatti vengono trasferiti solo i diritti necessari all'uso tipico dell'opera nei termini in cui è stata richiesta l'esecuzione. Il trasferimento di questi diritti è vincolato da:
>Elementi normativi: in particolare l'Art 119 della legge sul diritto d'autore contiene regole che si applicano al contratto di edizione ma che, secondo giurisprudenza(sentenze di giudici) e dottrina(professori di diritto che si occupano di questa materia), si applica a tutti i contratti che prevedono trasferimento di diritti. Il quinto comma dell'Art 119 cita così: L'alienazione di uno o più diritti di utilizzazione non implica, salvo patto contrario, il trasferimento di altri diritti che non siano necessariamente dipendenti dal diritto trasferito, anche se compresi, secondo le disposizioni del titolo I, nella stessa categoria di facoltà esclusive..
>Un orientamento giurisprudenziale: la Sentenza della Corte di cassazione del 1982 riconosce che i diritti sono trasferiti entro i limiti dell'oggetto e delle finalità del contratto.
I diritti dell'autore
Il diritto nasce al momento della creazione dell'opera, che il codice civile italiano identifica in una «particolare espressione del lavoro intellettuale». Il diritto d'autore può essere definito come "un diritto nel diritto" perché legato al bene costituzionale libertà di espressione con un generale richiamo al principio d'uguaglianza ex art. 3 Cost.
Quindi è dall'atto creativo che, incondizionatamente, il diritto si origina; non vi è pertanto alcun obbligo di deposito (ad esempio, presso la SIAE), di registrazione o di pubblicazione dell'opera (a differenza del brevetto industriale e dei modelli e disegni di utilità che vanno registrati con efficacia costitutiva), come si può leggere nell'articolo 5.2 della Convenzione Universale di Berna. Tuttavia, tali forme di pubblicazione costituiscono una manifesta e facilmente dimostrabile attribuzione della paternità (specie in caso di controversia).
L'autore ha la facoltà (positiva) di sfruttare la propria opera in ogni forma e modo. Questa facoltà discende dal riconoscimento anche a livello costituzionale della libertà di iniziativa economica privata.
Ciò che il diritto d'autore riconosce al creatore di un'opera sono piuttosto una serie di facoltà esclusive (ovvero negative), per impedire a terzi di sfruttare economicamente la propria opera. La legge riconosce in particolare le seguenti facoltà esclusive:
pubblicazione (art. 12)
riproduzione (art. 13)
trascrizione (art. 14)
esecuzione, rappresentazione o recitazione in pubblico (art. 15)
comunicazione al pubblico, ovvero diffusione tramite mezzi di diffusione a distanza (telegrafo, telefono, radiodiffusione, televisione e mezzi analoghi, tra cui il satellite, il cavo e la stessa Internet), compresa la sua messa a disposizione del pubblico in maniera che ciascuno possa avervi accesso nel luogo e nel momento scelti individualmente (le cosiddette fruizioni on demand) (art.16)
distribuzione (art. 17)
traduzione e/o elaborazione (art.18)
vendita
noleggio e prestito. (art. 18-bis)
Tutti i predetti diritti sono indipendenti l'uno dall'altro: l'esercizio di uno non esclude l'esercizio di tutti gli altri. Inoltre tali diritti riguardano l'opera sia nel suo insieme, sia in ciascuna delle sue parti.
Il diritto consiste di due elementi fondamentali: il diritto morale e il diritto di utilizzazione economica. Il primo è strettamente legato alla persona dell'autore e, salvo casi particolari, tale rimane, mentre il secondo è originariamente dell'autore, il quale può cederlo dietro compenso (ma anche gratuitamente) ad un acquirente (licenziatario), il quale a sua volta può nuovamente cederlo nei limiti del contratto di cessione e della legge applicabile, fermi i diritti morali.
Diritto morale
Mira a tutelare la personalità dell'autore, il suo onore e la sua reputazione con una corretta comunicazione agli altri delle sue opere.
I diritti morali sono per loro natura irrinunciabili, inalienabili (l'eventuale cessione dei diritti di sfruttamento economico dell'opera da parte dell'autore a terze figure, non pregiudica il diritto morale che rimane inalterato) e autonomi (il diritto morale è indipendente dai diritti di sfruttamento economico. Qualora concorrano gravi ragioni morali, l'autore può sempre disporre il ritiro dell'opera dal commercio anche dopo la cessione dei diritti economici).
Nonostante l'inalienabilità del diritto morale, se l'autore riconosce e accetta le modificazioni della propria opera, "non è più ammesso ad agire per impedirne l'esecuzione o per chiederne la soppressione " (art 22.2 L. 633/41).
I diritti morali, con una eccezione, sono inoltre illimitati nel tempo in quanto durano per sempre e possono essere fatti valere anche dagli eredi: "Dopo la morte dell'autore il diritto morale può essere fatto valere, senza limite di tempo, dal coniuge e dai figli e, in loro mancanza, dai genitori e dagli altri ascendenti e da discendenti diretti; mancando gli ascendenti e i discendenti, dai fratelli e dalle sorelle e dai loro discendenti" (art.23 L. 633/41).
Il diritto morale si specifica in una serie di facoltà:
A) Il diritto alla paternità dell'opera. (art. 20 L. 633/41)
L'autore gode del diritto di rivendicare la paternità dell'opera, cioè di esserne pubblicamente indicato e riconosciuto come l'artefice e all'inverso, che non gli venga attribuita un'opera non sua o diversa da quella da lui creata. L'usurpazione della paternità dell'opera costituisce plagio, contro il quale il vero autore può difendersi ottenendo per via giudiziale la distruzione dell'opera dell'usurpatore, oltre al risarcimento dei danni (in caso di opera anonima o pseudonima l'autore può rivelarsi, se vuole, quando meglio crede) e di opporsi a qualsiasi modifica o ad ogni atto che possa pregiudicare il suo onore o la sua reputazione.
L'autore di un'opera anonima o pseudonima ha sempre il diritto di rivelarsi e di far riconoscere in giudizio la sua qualità di autore (art. 21.1 L. 633/41).
L'autore ha anche il diritto di rivendicare l'opera nel caso terzi dicano di esserne gli autori (questo diritto porta ad affrontare il problema dei Ghostwriter).
Il diritto di paternità si estende anche al potere di pretendere che il nome dell'autore venga indicato sull'opera; tuttavia questa facoltà non ha carattere inderogabile ma dipende dall'opera e dagli accordi presi (per esempio nel caso di opere collettive, gli autori dei singoli contributi possono accordarsi sull'omissione del nome; in tal caso l'autore non può pretendere il contrario ma può solo dichiararsi autore del contributo e indicare il proprio nome in caso di utilizzazione separata del contributo).
L'editore è obbligato a riprodurre e porre in vendita l'opera col nome dell'autore, ovvero anonima o pseudonima, se ciò è previsto dal contratto.
Gli autori dell'opera cinematografica hanno diritto che i loro nomi siano menzionati nella proiezione della pellicola cinematografica.
Il diritto di tutela della paternità, che salvaguarda oltre a quello dell'autore, anche l'interesse pubblico, proteggendo la collettività da ogni forma di inganno o confusione nell'attribuzione della paternità intellettuale.
Dopo la morte dell'autore mantengono tali diritti i discendenti. È il diritto morale che regola la pubblicazione delle opere inedite effettuata dagli eredi dell'autore. Precisamente: " Il diritto di pubblicare le opere inedite spetta agli eredi dell'autore o ai legatari delle opere stesse, salvo che l'autore abbia espressamente vietata la pubblicazione o l'abbia affidata ad altri" (art. 24.1 L. 633/41).
B) Il diritto all'integrità dell'opera.(art. 20 L. 633/41)
L'autore ha diritto ad essere giudicato dal pubblico per l'opera così come egli l'ha concepita e a conservare la reputazione che deriva dalla corretta conoscenza dell'opera. Questo diritto tutela non solo le modifiche dell'opera ma anche qualsiasi modalità di comunicazione dell'opera che ne falsi la percezione e quindi il giudizio da parte del pubblico.
La tutela del diritto morale all'integrità dell'opera riguarda solo quelle modifiche che comportano un concreto pregiudizio per la personalità dell'autore.
Nel valutare se la modificazione dell'opera sia di pregiudizio all'onore a alla reputazione dell'autore è necessario far conciliare e tener conto delle esigenze di carattere tecnico sorte nel corso della realizzazione dell'opera o delle esigenze pratiche del committente che l'opera non ha soddisfatto.
In particolare:
"nelle opere dell'architettura l'autore non può opporsi alle modificazioni che si rendessero necessarie nel corso della realizzazione. Del pari non potrà opporsi a quelle altre modificazioni che si rendesse necessario apportare all'opera già realizzata" (art. 20.2);
nelle opere cinematografiche al produttore è attribuita " la facoltà di apportare alle opere cinematografiche le modifiche necessarie per il loro adattamento cinematografico" (art. 47 L. 633/41);
negli articoli di giornale al direttore è attribuita la facoltà di " introdurre nell'articolo da riprodurre quelle modificazioni di forma che sono richieste dalla natura e dai fini del giornale" (art. 41 L. 633/41).
Gli atti a danno dell'opera cui l'articolo 20 si riferisce ("..di opporsi a qualsiasi deformazione, mutilazione od altra modificazione, e a ogni atto a danno dell'opera stessa..") sono modalità di utilizzazione e quindi di riproduzione o comunicazione dell'opera che senza modificare l'opera ne falsano la percezione.
Alcuni esempi di danno all'opera sono i seguenti:
la diffusione televisiva di opere cinematografiche con ripetute interruzioni pubblicitarie;
l'utilizzazione dell'opera per la promozione o per la pubblicità di prodotti;
presentazione dell'opera in un contesto che ne trasformi negativamente il significato;
rappresentazione ed esecuzione dell'opera che ne falsi del tutto lo spirito.
C) Il diritto di pentimento.
L'art. 142 L. 633/41 e l'art. 2582 del codice civile stabiliscono che l'autore può domandare il ritiro dell'opera dal commercio se concorrono gravi ragioni morali.
In tal caso l'autore ha l'obbligo di corrispondere un indennizzo a coloro che hanno acquistato i diritti di riprodurre, diffondere, eseguire, rappresentare o mettere in commercio l'opera stessa. Questo diritto è inalienabile e irrinunciabile ma a differenza degli altri diritti morali, dopo la morte dell'autore non può essere esercitato dai familiari; precisamente "è personale e non trasmissibile" (art 142.2).
D) Il diritto d'inedito.
Controversa è la questione di far derivare dall'art.142 L. 633/41 il diritto dell'autore di impedire la prima pubblicazione dell'opera, recedendo dai contratti con cui egli abbia disposto dei diritti di utilizzazione.
Estinto il diritto d'autore, l'opera diviene di pubblico dominio ed è liberamente utilizzabile da chiunque, anche a fini economici, purché sia rispettato il diritto morale alla titolarità artistica.
Diritti patrimoniali
I diritti patrimoniali, detti anche diritti di utilizzazione economica, sono disciplinati della legge sul diritto d'autore.
Economici (Art.12) La norma che stabilisce cosa sono i diritti patrimoniali è l'art. 12 Legge 22 aprile 1941 n. 633: secondo questo articolo, l'utilizzo economico dell'opera può avvenire in ogni forma e modo. Inoltre, la prima forma di pubblicazione viene considerata come prima forma di esercizio di un diritto di utilizzazione.:Gli articoli 12-bis e 12-ter ampliano la definizione dell'articolo 12, concentrandosi sull'ambito lavorativo e in particolare sui diritti d'autore dei datori di lavoro in merito ad una data pubblicazione.
Art. 12-bis Salvo patto contrario, il datore di lavoro è titolare del diritto esclusivo di utilizzazione economica del programma per elaboratore o della banca di dati creati dal lavoratore dipendente nell'esecuzione delle sue mansioni o su istruzioni impartite dallo stesso datore di lavoro.
Art. 12-ter Salvo patto contrario, qualora un'opera di disegno industriale sia creata dal lavoratore dipendente nell'esercizio delle sue mansioni, il datore di lavoro è titolare dei diritti esclusivi di utilizzazione economica dell'opera.
Art. 24 Il diritto di pubblicare le opere inedite spetta agli eredi dell'autore o ai legatari delle opere stesse, salvo che l'autore abbia espressamente vietata la pubblicazione o l'abbia affidata ad altri. Qualora l'autore abbia fissato un termine per la pubblicazione, le opere inedite non possono essere pubblicate prima della sua scadenza. Quando le persone indicate nel primo comma siano più e vi sia tra loro dissenso, decide l'autorità giudiziaria, sentito il pubblico ministero. È rispettata, in ogni caso, la volontà del defunto, quando risulti da scritto. Sono applicabili a queste opere le disposizioni contenute nella Sezione II del Capo II del Titolo III.
Durata (Art.25) Questi diritti durano tutta la vita dell'autore e fino a 70 anni dopo la morte di quest'ultimo (in Italia è così dal 1995; secondo la convenzione Universale di Berna), così come stabilito nel 1996. Dopo la morte dell'autore, il diritto di utilizzazione dell'opera, quando l'autore stesso non abbia altrimenti disposto, deve rimanere indiviso fra gli eredi per il periodo di tre anni, salvo che decisione dell'autorità giudiziaria. Dopo i 3 anni gli eredi possono stabilire, per comune accordo, che il diritto rimanga ancora in comunione per la durata che sarà da essi fissata, entro i limiti indicati nelle disposizioni contenute nei codici (art. 115 L. 633/41). Uno dei coeredi o una persona estranea alla successione dovrà prendersi il compito di gestire l'amministrazione e la rappresentanza degli interessi della comunione. In caso ciò non fosse possibile il compito sarà affidato alla SIAE (art. 116 L. 633/41). L'amministrazione si potrà solo occupare dei diritti di utilizzazione dell'opera. In caso di nuove edizioni o altre elaborazioni dovrà avere il consenso degli eredi rappresentanti la maggioranza per valore di quote ereditarie, salvo i provvedimenti dell'autorità giudiziaria a tutela della minoranza, secondo le norme del codice civile in materia di comunione. (art. 117 L. 633/41).
I diritti di utilizzazione economica, a differenza dei diritti morali, possono essere trasferiti oppure, in taluni casi, degradati a diritti a compenso in caso di utilizzazione dell'opera da parte di terzi. L'articolo 27 L.633/41 specifica che (fuori del caso previsto nel capoverso dell'art. 8) in caso di opera anonima o pseudonima, essa gode della riserva dei diritti di utilizzazione economica fino al settantesimo anno dopo la data di prima pubblicazione; se entro tale termine l'autore o chi per esso ai sensi dell'articolo 23 si rivela, vale l'articolo 25.
I diritti patrimoniali sono raggruppati in tre categorie:
Diritti di riproduzione e distribuzione.
Diritti di comunicazione al pubblico.
Diritti di traduzione ed elaborazione.
Tutti i diritti esclusivi appartenenti a queste categorie sono indipendenti tra loro: l'esercizio di uno non esclude l'esercizio dell'altro (art. 19.1).
Diritti di riproduzione e distribuzione
L'autore può esercitare i seguenti diritti esclusivi per autorizzare, o no, azioni sulla sua opera. Fatto salvo il libro cartaceo che dopo la prima pubblicazione diviene di dominio pubblico (direttiva 9 luglio 2015) per la sola rivendita dell'originale nel mercato dell'usato.
1) Riproduzione (art. 13 L. 633/41)Si riferisce alla realizzazione di copie, temporanee o no, dell'opera, non solo su supporti materiali ma anche digitali. Le copie temporanee per la trasmissione su reti o per un utilizzo legittimo dell'opera, costituiscono un'eccezione alla regola (art. 68-bis L. 633/41). È un diritto eterogeneo in quanto si può riprodurre con diversi mezzi e modalità.
Il diritto di riproduzione comprende la riproduzione con i soli mezzi autorizzati dall'autore. Ogni mezzo di riproduzione è indipendente dagli altri, secondo il principio di indipendenza dei diritti espresso nell'articolo 19.1. La riproduzione non comprende la distribuzione: i due concetti non sono legati tra loro. Secondo l'art. 68.3 è consentita la riproduzione "mediante fotocopia, xerocopia o sistema analogo" purché si rispetti il limite del 15% del volume o fascicolo.
2) Trascrizione (art. 14 L. 633/41) Diritto esclusivo di usare dei mezzi per trasformare un'opera orale in scritta o riprodotta. Tali mezzi sono indicati nell'articolo precedente.
3) Distribuzione (art. 17 L. 633/41) L'autore gode del diritto di messa in commercio o in circolazione della propria opera materiale. In Italia è esclusa la distribuzione su internet, che fa parte dei Diritti di comunicazione al pubblico, a differenza di altre nazioni, come gli Stati Uniti d'America, che lo integrano nel diritto di distribuzione (parliamo per esempio di download di files). Una volta che la specifica copia dell'opera è stata messa in commercio, sotto autorizzazione dell'autore, sono legittime le distribuzioni di copie successive. Il principio di esaurimento si ha quando si esaurisce il diritto su un'opera (ad esempio con un atto di vendita) e viene meno il diritto di distribuzione per l'autore, che passa al nuovo titolare. È valido solo all'interno dell'Unione Europea e prevede la libera circolazione (sempre all'interno dell'UE) dopo la prima messa in vendita o atto di trasferimento dell'opera e dunque dopo che l'autore ha concesso i diritti al distributore (per esempio nel caso di libri, all'editore).
Per quanto riguarda i software, gli autori non possono opporsi alla rivendita delle proprie licenze usate che consentono di utilizzare i propri programmi scaricati via internet, in quanto prevale il principio di esaurimento.
Non si applica per la messa a disposizione del pubblico dell'opera (art 17.3) e per la "distribuzione la consegna gratuita di esemplari delle opere, effettuata o consentita dal titolare a fini promozionali, ovvero di insegnamento o di ricerca scientifica." (art. 17.4).
3b) Diritto di seguito (per arti figurative ("droit de suite", art. 144 L.d.A.) ovvero il diritto dell'autore di opere delle arti figurative e dei manoscritti a percepire una percentuale sul prezzo di vendita degli originali delle proprie opere in occasione delle vendite successive alla prima. La SIAE si occupa di stabilire le percentuali sulle vendite.
Il diritto di seguito spetta all'autore o a tutti i coautori e ai loro eredi fino alla sua estinzione, che avviene trascorsi 70 anni dalla morte dell'autore o dell'ultimo dei coautori. La percentuale del prezzo di vendita oggetto del compenso varia dal 4% allo 0,25% a seconda dell'entità del valore complessivo, tuttavia in ogni caso non può superare i . Il diritto non si applica, inoltre, quando il venditore (professionista) abbia acquistato l'opera direttamente dall'autore nei tre anni precedenti la vendita ed il prezzo di quest'ultima non superi . Il compenso è a carico del venditore ed è dovuto per tutte le vendite successive alla prima cui partecipi, come venditore, acquirente o intermediario, un professionista del mercato dell'arte. Saranno quindi soggette ad esso le transazioni di gallerie, case d'asta o mercanti d'arte, mentre saranno escluse le vendite dirette tra privati.
In base alla norma, per opere d'arte si intendono le creazioni originali dell'artista, come quadri, collage, dipinti, disegni, incisioni, stampe, litografie, sculture, arazzi, ceramiche, opere in vetro, fotografie ed esemplari considerati come opere d'arte e originali, nonché i manoscritti.
4) Noleggio e prestito (art. 18-bis L. 633/41) Riguarda l'autorizzazione che può essere concessa per il prestito o il noleggio ad opera di terzi. È un diritto esclusivo che viene mantenuto dall'autore anche dopo la vendita (art. 18-bis.4). Per "noleggio" si intende la messa a disposizione per un determinato periodo e a fronte di un pagamento, mentre con "prestito" si indica la libera messa a disposizione fatta da istituzioni pubbliche, ma è legittimo tra privati. Anche in caso di cessione di questo diritto a "un produttore di fonogrammi o di opere cinematografiche o audiovisive o sequenze di immagini in movimento" (art. 18-bis.5), l'autore dell'opera noleggiata ha diritto a un equo compenso.
L'esercizio di tale diritto non riguarda il prestito privato e le biblioteche statali. Quest'ultimo caso è regolamentato dall'art. 69.1 L.633/41: non è necessaria l'autorizzazione dell'autore per il "prestito eseguito dalle biblioteche e discoteche dello Stato e degli enti pubblici, ai fini esclusivi di promozione culturale e studio personale".
Il 19 novembre 1992 viene emanata la Direttiva 92/100/CE del Consiglio, che concerne il diritto di noleggio, il diritto di prestito e alcuni diritti connessi al diritto di autore in materia di proprietà intellettuale.
L'articolo 6, Diritto di Fissazione, di tale direttiva prevede delle deroghe al diritto esclusivo di prestito da parte di istituzioni pubbliche:
In Italia in seguito alla modifica dell'art.69 della Legge 22 aprile 1941, n.633 "Protezione del diritto d'autore e di altri diritti connessi al suo esercizio" (modificata dal decreto n.685 del 16 novembre 1994 di attuazione della direttiva 92/100) l'articolo risultava essere:
Nel 2002 la Commissione Europea applica un'indagine sull'applicazione della Direttiva negli Stati membri. Nella relazione relativa all'indagine si afferma che: «non sono stati rispettati gli obblighi minimi stabiliti dall'art. 5 e segnatamente quello di corrispondere almeno agli autori un compenso per il prestito delle loro opere da parte di determinate istituzioni pubbliche.»
Nel 2003 la Commissione Europea richiede informazione riguardanti l'applicazione della direttiva. Nello stesso anno mette in atto una procedura di infrazione: denuncia la mancata applicazione del DPP e quindi la mancata remunerazione degli aventi diritto, chiede inoltre di poter identificare "quali categorie di istituzioni pubbliche sono esentate e quali assoggettate al diritto di prestito" e ricorda il risultato della sentenza di condanna del Belgio (16 ottobre 2003): «se l'orientamento prevalente di un determinato Stato non consente di distinguere efficacemente tra categorie di istituzioni, occorre imporre a tutte le istituzioni interessate l'obbligo di pagare la remunerazione.»
Nel maggio 2005 la Commissione fa ricorso contro l'Italia alla Corte di Giustizia Europea: il paese dello stivale non ha rispettato gli obblighi della Direttiva 92/100/CE esentando «tutte le categorie d'istituzioni aperte al pubblico dal diritto di prestito». Nell'ottobre del 2006 avviene la sentenza della Corte di giustizia del 26.10.2006.
L'art. 69 della Legge 22 aprile 1941, n. 633, modificato da Legge 248/2000, decreto legislativo 68/2003, Legge 286/2006 è così formulato:
Diritti di comunicazione al pubblico
I diritti di comunicazione al pubblico sono:
Esecuzione, rappresentazione e recitazione in pubblico presente (art. 15 L.633/41) Questi diritti hanno per oggetto l'esecuzione, la rappresentazione e la recitazione in pubblico "dell'opera musicale, dell'opera drammatica, dell'opera cinematografica, di qualsiasi altra opera di pubblico spettacolo e dell'opera orale" (art. 15.1).
È necessario distinguere alcune nozioni:
Esecuzione: si intende per opere musicali e drammatico-musicali con assenza di azione scenica;
Rappresentazione: riguarda le opere drammatiche, drammatico-musicali, coreografiche e pantomimiche nelle quali è presente l'azione scenica;
Recitazione: indica la dizione, senza un'azione scenica, di opere letterarie o drammatiche.
Esistono poi delle forme atipiche:
Rappresentazione o esecuzione di un'opera fissata: ad esempio la riproduzione pubblica di un CD oppure di una pellicola;
Esposizione in pubblico di opere figurative.
Sono escluse le forme di comunicazione considerate non pubbliche, cioè l'esecuzione, la rappresentazione e la recitazione che avvengano nella cerchia familiare (art. 15.2), nei centri sociali o istituti di assistenza e nelle associazioni di volontariato (art.15.3), purché non vengano effettuate per scopi di lucro. L'autore ha diritto ad un equo compenso in caso di "esecuzione in pubblici esercizi a mezzo di apparecchi radioriceventi sonori, muniti di altoparlante, di opere radiodiffuse". L'ammontare della remunerazione è stabilito periodicamente dall'accordo tra la SIAE e i rappresentanti dell'associazione sindacale competente (art. 58 L. 633/41).
Comunicazione a pubblico distante (art. 16 e 16-bis L. 633/41).
Secondo l'articolo 16 L. 633/41, è un diritto esclusivo dell'autore, la comunicazione dell'opera al pubblico, "su filo e senza filo", attraverso l'utilizzo dei mezzi di diffusione a distanza (telegrafo, radio, televisione e analoghi). Sono comprese la trasmissione via satellite e la ritrasmissione via cavo. Queste due modalità di diffusione vengono ben definite e descritte nell'articolo 16 bis, dove vengono specificate le nozioni di satellite, comunicazione al pubblico via satellite e ritrasmissione via cavo.
La messa a disposizione dell'opera al pubblico rientra nell'articolo 16 e garantisce a ciascuno la possibilità di avere accesso all'opera, in ogni tempo e luogo. Il diritto di comunicazione al pubblico non si esaurisce con nessun atto di comunicazione e messa a disposizione (art 16.2).
Linking, framing e diritto d'autore
La Corte di Giustizia dell'Unione Europea (la "Corte di Giustizia"), con sentenza del 13 febbraio 2014 (proc. C-466/12, Nils Svensson, Sten Sjögren, Madelaine Sahlman e Pia Gadd vs. Retriever Sverige AB), ha chiarito che non costituisce violazione dei diritti di comunicazione al pubblico l'inserimento all'interno di un sito web di link (i.e.collegamenti ipertestuali) ad opere messe a disposizione dai titolari dei relativi diritti d'autore su altro sito web senza alcuna restrizione all'accesso. La Corte di Giustizia enuncia tale principio in risposta al rinvio pregiudiziale presentato dalla Corte d'appello di Svea nell'ambito di una controversia, sorta in Svezia, tra gli autori di alcuni articoli di giornale pubblicati sul sito web di uno dei principali quotidiani svedesi, il Göteborgs-Posten, e il gestore del sito web contenente i link ai suddetti articoli. In questo particolare caso la Corte d'appello di Svea chiedeva alla Corte di Giustizia se ci fosse stata violazione dei diritti di comunicazione al pubblico ai sensi dell'articolo 3 comma 1 della direttiva 2001/29/CE (la "Direttiva").
Nell'inquadrare il linking nell'ambito del sistema autorale, la Corte di Giustizia basandosi sulla Direttiva riconosce ai soggetti indicati all'articolo 2 della stessa Direttiva (i.e. autori, artisti, produttori, organismi di radiodiffusione) "il diritto esclusivo di autorizzare qualsiasi messa a disposizione del pubblico delle loro opere (mediante uno specifico mezzo tecnico) in maniera tale che ciascuno possa avervi accesso dal luogo e nel momento scelti individualmente". La Direttiva inoltre esclude l'operatività del principio dell'esaurimento in relazione agli atti di messa a disposizione delle opere al pubblico: nel senso che i titolari dei relativi diritti d'autore mantengono il diritto di autorizzare ciascuna cosiddetta "utilizzazione secondaria" della loro opera, i.e. qualsiasi messa a disposizione dell'opera resa possibile a seguito di un atto di messa a disposizione primaria dell'opera stessa.
Un caso simile, con sentenza del 21 ottobre 2014 (causa C-348/13), ha portato nuovamente la Corte di Giustizia dell'Unione Europea a pronunciarsi nell'ambito della riconducibilità al diritto esclusivo di comunicazione al pubblico di materiale protetto da diritto d'autore fruito tramite framing, cioè tramite la collocazione di tale materiale all'interno di una pagina web dalla quale è indipendente. Ponendo come presupposto la direttiva “InfoSoc” (2001/29/CE), che, nel considerando 23, specifica come la comunicazione al pubblico di un'opera che necessita dell'autorizzazione del titolare dei diritti d'autore debba essere intesa “in senso lato, in quanto concernente tutte le comunicazioni al pubblico non presente nel luogo in cui esse hanno origine”, la Corte di Giustizia non ha differenziato l'insieme indefinito di utenti di Internet che costituiscono il pubblico di riferimento del materiale accessibile sotto autorizzazione del titolare dei diritti da quello che vi accede tramite framing.
Tale sentenza si pone in risposta all'esposto dell'azienda tedesca BestWater International, la quale aveva denunciato la pubblicazione senza autorizzazione di un video pubblicitario su YouTube, e conseguentemente la collocazione tramite framing di questo video sul sito web di un'azienda concorrente. In tale ambito, la Corte di Giustizia europea ha stabilito come l'attività di framing non necessiti dell'autorizzazione del titolare dei diritti d'autore nella misura in cui l'opera protetta sia originariamente messa a disposizione dal titolare senza alcuna limitazione d'accesso, e che la “ripubblicazione” non consenta l'accesso all'opera a un pubblico nuovo.
Con la sentenza del 9 luglio 2015, la Corte di giustizia federale tedesca ha di conseguenza dato ragione alla parte lesa, argomentando come la pubblicazione originaria del video su YouTube fosse avvenuta senza l'autorizzazione del titolare dei diritti, e che pertanto si trovasse in violazione dei diritti esclusivi dell'autore dell'opera.
Diritti di traduzione ed elaborazione
L'articolo 18 LDA conferisce all'autore le seguenti facoltà esclusive:
Traduzione dell'opera
Il diritto esclusivo di tradurre ha per oggetto la traduzione dell'opera in altra lingua o dialetto (art. 18.1 L. 633/41).
Elaborazione dell'opera
All'autore spetta il diritto di effettuare qualsiasi tipo di modifica (creativa e non) all'opera (art. 18.3 L. 633/41), inoltre può compiere "tutte le forme di modificazione, di elaborazione e di trasformazione dell'opera previste dall'art. 4" (art. 18.1 L. 633/41).L'articolo 4 LDA tutela le seguenti elaborazioni di carattere creativo dell'opera:
le traduzioni in altra lingua;
le trasformazioni da una in altra forma letteraria od artistica;
le modificazioni ed aggiunte che costituiscono un rifacimento sostanziale dell'opera originaria;
gli adattamenti;
le riduzioni;
i compendi;
le variazioni non costituenti opera originale.
L'autore può impedire che altri non autorizzati possano plagiare, contraffare o elaborare abusivamente la sua opera. Le elaborazioni creative frutto di un accordo tra l'autore dell'opera originale e l'elaboratore sono tutelate dall'articolo 4 LDA, "senza pregiudizio dei diritti esistenti sull'opera originaria" (art. 4 L. 633/41).L'elaboratore è riconosciuto come autore dell'elaborazione, "nei limiti del suo lavoro" (art. 7 L. 633/41).
Il secondo comma dell'articolo 18 L.D.A. stabilisce all'autore il diritto di pubblicare le sue opere in raccolta.
Eccezioni:.
Per quanto riguarda le opere architettoniche: "l'autore non può opporsi alle modificazioni che si rendessero necessarie nel corso della realizzazione" (art. 20.2 L. 633/41).
Per quanto riguarda gli articoli di giornale: "il direttore del giornale ha diritto, salvo patto contrario, di introdurre nell'articolo da riprodurre quelle modificazioni di forma che sono richieste dalla natura e dai fini del giornale" (art. 41.2 L. 633/41).
Per quanto riguarda le opere cinematografiche: "il produttore ha facoltà di apportare alle opere utilizzate nell'opera cinematografica le modifiche necessarie per il loro adattamento cinematografico" (art. 47.1 L. 633/41).
Per quanto riguarda i software, sono concesse la traduzione, l'adattamento, la trasformazione e ogni altra modificazione del programma per elaboratore, se necessarie "per l'uso del programma per elaboratore conformemente alla sua destinazione da parte del legittimo acquirente, inclusa la correzione degli errori" (art. 64-ter.1) o "indispensabili per ottenere le informazioni necessarie per conseguire l'interoperabilità, con altri programmi, di un programma per elaboratore creato autonomamente" (art. 64-quater.1 L. 633/41).
Per quanto riguarda le banche dati, sono concesse al legittimo utente tutte le modifiche necessarie per "l'accesso al contenuto della stessa banca dati e per il suo normale impiego" (art. 64-sexies.2 L. 633/41).
Caratteri
Indipendenza dei diritti: Art 19 LDA: i diritti vanno considerati uno per uno, sono indipendenti fra loro. L'esercizio di uno di essi non esclude l'esercizio esclusivo di ciascuno degli altri diritti.
Diritti esclusivi/diritti ad equo compenso: in alcuni casi i diritti esclusivi implicano che non può esserci distribuzione senza il consenso dell'autore, in altri casi può essere distribuito sotto equo compenso. Tutto sta a descrizione dell'autore. Nel file sharing possono essere distribuite le opere create da autori che hanno dato il permesso per questo tipo di distribuzione (per esempio il software open source).
Durata
I diritti di utilizzazione economica di un'opera sono soggetti a limiti di durata, differentemente dai diritti morali d'autore che non hanno alcuna limitazione temporale. L'art. 25 della legge 633/1941 afferma che il diritto d'autore delle opere d'ingegno ha validità fino al settantesimo anno solare dopo la morte dell'autore, secondo quanto disposto dalla direttiva CEE 93/98, recepita nell'ordinamento giuridico italiano con la legge 6 febbraio 1996 n. 52.
Esistono comunque alcuni casi particolari, previsti dalla legge del 1941: i seguenti.
In caso di opere realizzate con il contributo indistinguibile e inscindibile di più persone, l'art. 26 comma 1 dell'I.d.a afferma che la durata dei diritti spettanti a ciascun collaboratore si determina sulla vita del coautore che decede per ultimo.
Nelle opere collettive la durata dei diritti di utilizzazione economica spettante a ciascun collaboratore è determinata sulla vita di ciascuno di essi. In qualsiasi caso i diritti cessano dopo il settantesimo anno dalla prima pubblicazione, fatta eccezione per le opere periodiche (riviste, giornali ecc) secondo quanto affermato all'art.30.
Per le opere collettive periodiche i diritti di utilizzazione economica hanno validità di settant'anni a partire dalla fine dell'anno di pubblicazione dei singoli fascicoli o dei singoli numeri, secondo quanto affermato all'art. 30 comma 2.
Nelle opere anonime o pseudonime la durata dei diritti di utilizzazione economica è pari a settant'anni a partire dalla prima pubblicazione. Qualora l'autore si riveli o venga rivelato da persone da lui autorizzate o da soggetti stabiliti nell'art. 23 prima della scadenza dei settant'anni, si applica la durata temporale stabilita all'art. 25. La rivelazione deve essere fatta nelle forme previste dall'art. 28 mediante denuncia all'ufficio della proprietà letteraria, scientifica ed artistica presso il Ministero della cultura popolare.
Per le amministrazioni dello Stato (province, enti pubblici culturali, accademie ecc) la durata dei diritti esclusivi di utilizzazione economica è di venti anni dalla prima pubblicazione, secondo quanto affermato all'art.11.
Per le opere cinematografiche i diritti di utilizzazione economica durano fino al termine del settantesimo anno dopo la morte dell'ultima persona sopravvissuta tra le seguenti: il direttore artistico, gli autori della sceneggiatura, l'autore del dialogo e l'autore della musica, secondo quanto affermato dall'art. 32.
Nonostante l'art. 11 dica che l'opera creata per conto di un ente pubblico (che non prosegue scopo di lucro) spetti all'ente stesso, l'art. 29 (riferendosi all'art. 11) dice che in questo caso il diritto d'autore è tutelato per 20 anni e non per 70 (ci si pone il problema di chi sia il proprietario nei 50 anni rimanenti).
Ancora oggi è aperto il dibattito sul diritto d'autore per quanto concerne la durata in quanto è spesso considerata eccessiva nel suo arco temporale, essendo stata continuamente soggetta ad aumenti del limite di tempo. Infatti la Convenzione di Berna per la protezione delle opere letterarie e artistiche, adottata il 9 settembre 1886, stabilisce un termine minimo di tutela secondo cui l'opera è soggetta a diritto d'autore durante la vita del creatore dell'opera e per i 50 anni successivi alla morte (post mortem auctoris). Nel 1993 l'Unione europea tramite la direttiva 93/98/CEE raggiunge l'accordo secondo il quale la durata aumenta fino a 70 anni dopo la morte dell'autore.
Alcuni studiosi ritengono che ci siano due metamodelli dietro al modo con cui evolvono i sistemi giuridici:
Path dependence : l'evoluzione che seguirà è condizionata dal percorso compiuto. Il fatto che esista un diritto d'autore con una durata già stabilita, anche se risultato di diverse modifiche (dipendenza dal percorso), induce a rendere più probabile un cambiamneto orientato verso l'aumento, piuttosto che verso la riduzione della durata.
Regulatory competition: concorrenza normativa o competizione politica. Gli ordinamenti giuridici tendono a competere tra loro riproducendo i modelli giuridici con esiti applicativi migliori e più solidi. Il diritto d'autore è un modello normativo che si è diffuso per clonazione ed è stato imitato in tutto il mondo, quindi la competizione regolatoria ha indotto all'omologazione e alla diffusione dei modelli.
Inoltre si possono individuare almeno due meccanisimi che rendono ragionevole la tendenza all'aumento della durata del diritto d'autore:
Meccanismo giuridico dei diritti acquisiti (diritti quesiti) : sistema secondo cui dopo l'attribuzione di un diritto questo è immutabile e irrevocabile anche davanti a mutamenti del complesso di norme giuridiche. Questo rende molto complicato ridurre la durata del diritto d'autore.
L'esistenza di un diritto implica anche la presenza di un gruppo di persone organizzato, enti o soggetti, che ne trae beneficio e per questo motivato a difenderlo. La ferma motivazione di godere del diritto non induce facilmente alla modifica della durata.
Trasmissione dei diritti
La semplice cessione di un esemplare dell'opera non implica la trasmissione dei diritti di utilizzazione (art. 109 L. 633/41). Per esempio, ricevendo dall'autore una copia del libro, non si riceve automaticamente il diritto di pubblicarlo. La trasmissione di tali diritti deve sempre essere provata per iscritto (art. 110 L. 633/41).
Dall'articolo 107 in poi della legge sul diritto d'autore (legge 22 aprile 1941, n. 633) troviamo le norme che regolano la trasmissione dei diritti di utilizzazione.
Trasmissione a causa di morte
Quando l'autore muore, in caso non abbia dato disposizioni diverse, il diritto di utilizzazione della sua opera rimane indiviso tra gli eredi «per tre anni dalla morte».
Sopra istanza di uno o più coeredi però, l'autorità giudiziaria può consentire, per gravi ragioni, di dividere il diritto di utilizzazione senza indugio.
Dopo i tre anni, gli eredi possono stabilire di comune accordo che tale diritto rimanga in comunione (regolata dalle disposizioni del codice civile e dalla LDA) ancora per la durata fissata da essi, entro i limiti indicati nei codici (art. 115).
In genere, l'amministrazione e la rappresentazione degli interessi della comunione è conferita ad uno dei coeredi o a persona estranea alla successione, ma se i coeredi trascurano la nomina e gli accordi su essa «entro un anno» dall'apertura della successione, l'amministrazione è conferita alla Società Italiana degli Autori ed Editori, ovvero la SIAE. Tale procedura è seguita anche quando si tratti di provvedere alla nomina di un nuovo amministratore (art. 116).
L'amministrazione, pur gestendo i diritti di utilizzazione dell'opera, «non può autorizzare nuove edizioni», «traduzioni o altre elaborazioni», «adattamento dell'opera alla cinematografia», alla «radiodiffusione» ed all'«incisione su apparecchi meccanici», senza il consenso degli eredi rappresentanti la maggioranza per valore delle quote ereditarie, salvo provvedimenti dell'autorità giudiziaria a tutela della minoranza, secondo le norme del codice civile in materia di comunione (art. 117).
In tale porzione della legge sono inoltre definite due classi di contratti tipici: il contratto di edizione e il contratto di esecuzione e rappresentazione.
Il contratto di edizione
Il contratto di edizione è regolato dagli articoli 118 e seguenti (118/135). Tali articoli definiscono alcune norme imperative a tutela degli autori, che non sono derogabili dai contraenti:
Durata massima di 10 anni per i contratti che hanno come oggetto l'alienazione dei diritti esclusivi dell'autore per opere non ancora create (art. 120.3 L. 633/41)
Obbligo di pubblicazione entro 2 anni dalla data della consegna dell'esemplare completo (art. 127 L. 633/41)
Obbligo di interpellare l'autore prima di procedere alle nuove edizioni, per permettergli di apportare modifiche. (art. 129.2 L. 633/41)
Salvo accordo contrario (e alcuni casi particolari), il compenso dell'autore è calcolato in base a una percentuale del prezzo di copertina (art. 130 L. 633/41). L'autore, però, ha il diritto di opporsi al prezzo fissato se lo ritiene negativo per i suoi interessi o per la diffusione dell'opera (art. 131 L. 633/41).
L'articolo 122 distingue due tipologie di contratto di edizione:
il contratto per edizione: conferisce all'editore il diritto di eseguire una o più edizioni entro venti anni dalla consegna dell'opera, indicando preventivamente il numero delle edizioni e degli esemplari per ogni edizione (nel contratto possono essere previste più ipotesi). Nel caso questi ultimi dati non siano specificati, si intende che il contratto abbia per oggetto un'unica edizione di al massimo duemila copie.
il contratto a termine: conferisce all'editore il diritto di eseguire un qualsiasi numero di edizioni entro un termine stabilito, mai superiore a 20 anni. Il termine di venti anni non si applica ai contratti di edizione riguardanti enciclopedie, dizionari, schizzi, disegni, vignette, illustrazioni, fotografie, lavori di cartografia, opere drammatico-musicali e sinfoniche.
Il contratto di esecuzione e rappresentazione
Un altro esempio di contratto tipico presente nella legge sul diritto d'autore è il contratto di esecuzione e rappresentazione, previsto negli articoli da 136 a 141. Mediante questo contratto, l'autore può attribuire a terzi il diritto di rappresentazione o esecuzione.
In particolare:
«L'autore concede la facoltà di rappresentare in pubblico un'opera drammatica, drammatico-musicale, coreografica, pantomimica o qualunque altra opera destinata alla rappresentazione.
«Il concessionario non deve apporre aggiunte, tagli o variazioni all'opera senza il consenso dell'autore né sostituirne i principali interpreti e i direttori di orchestra e dei cori in caso questi siano stati accordati con l'autore» (Art.138).
Contratti atipici
I Contratti atipici rappresentano una particolare tipologia di contratto in cui le diverse parti sono libere di scegliere i termini che regolano il contratto senza restrizioni.
In particolare:
«Le parti possono liberamente determinare il contenuto del contratto nei limiti imposti dalla legge. Le parti possono anche concludere contratti che non appartengono ai tipi aventi una disciplina particolare, purché siano diretti a realizzare interessi meritevoli di tutela secondo l'ordinamento giuridico» (Art.1322, Autonomia contrattuale).
«I diritti di utilizzazione spettanti agli autori delle opere dell'ingegno, nonché i diritti connessi aventi carattere patrimoniale, possono essere acquistati, alienati o trasmessi in tutti i modi e le forme consentite dalla legge, salva l'applicazione delle norme contenute in questo capo» (Art. 107).
Cessione e licenza dei diritti
Si definisce "cessione" un contratto che trasferisce definitivamente i diritti da un individuo ad un altro. Può essere:
Esclusiva: chi cede i diritti se ne priva definitivamente;
Non esclusiva: si crea una contitolarità dei diritti tramite una descrizione precisa di come funzionano i rapporti tra i diversi contitolari.
Una "licenza" è un contratto che conserva in capo al cedente il diritto sull'opera per un certo periodo di tempo o ad un certo fine ma ne mantiene la piena titolarità. Al raggiungimento della scadenza l'autore torna ad avere tutti i diritti sull'opera stessa, potendo eventualmente darli ad altri soggetti.
Sia la cessione che la licenza possono riguardare tutti i diritti o parte di essi. Inoltre la licenza può essere esclusiva o non esclusiva.
La legge regolamenta chiaramente i contratti di edizione ed il contratto di rappresentazione ed esecuzione, tutti gli altri tipi di contratto invece devono essere predisposti in base alle specifiche esigenze del caso.
L'art. 110 LA inoltre dispone che:
"La trasmissione dei diritti di utilizzazione deve essere provata per iscritto".
L'art. 110-quater è entrato in vigore il 7 giugno 2022, introdotto dal Decreto Legislativo 8 novembre 2021, e dispone un obbligo da parte dei licenziatari o cessionari di diritti di utilizzazione economica di fornire, ad autori e artisti interpreti ed esecutori, con cadenza almeno semestrale, informazioni aggiornate, pertinenti e complete sullo sfruttamento delle opere e prestazioni artistiche.
L'art. 110-septies, in vigore dal 12 dicembre 2021, fornisce all'autore, all'artista interprete o all'esecutore la possibilità, in caso di mancato sfruttamento dei diritti concessi in licenza o trasferiti in esclusiva (alla cui causa non si possa ragionevolmente porre rimedio), di agire per la risoluzione del contratto o revocarne l'esclusiva. Inoltre, il comma 4 prevede, salvo diversa previsione contrattuale o diversa disposizione di legge, che lo sfruttamento dell'opera o della prestazione artistica debba avvenire nel termine stabilito dal contratto, e comunque non superiore a cinque anni o a due anni successivi alla disponibilità dell'opera da parte dell'editore o del produttore.
Cessione di un esemplare dell'opera
«La cessione di uno o più esemplari dell'opera non comporta, salvo patto contrario, la trasmissione dei diritti di utilizzazione, regolati da questa legge» (Art. 109).
Per esempio, l'artista che realizza e vende un quadro non ne perde i diritti d'autore. L'acquirente ne acquisisce il diritto di riproduzione.
Trasferimento limitato allo scopo
«I diritti possono essere trasferiti limitatamente a degli scopi predeterminati ed entro certi limiti. I contratti che hanno come oggetto il trasferimento dei diritti d'autore devono essere interpretati in modo restrittivo e conservativo» (Art.119 commi 3,4,5). Pertanto, quando vi è il minimo dubbio, il diritto non va considerato trasferito.
Opere soggette al libero utilizzo
Le libere utilizzazioni, definite negli articoli da 65 a 71-decies della Legge sul Diritto d'Autore italiano, sono le eccezioni e le limitazioni che si applicano al diritto d'autore: esistono infatti alcune condizioni che legittimano l'utilizzo di opere in maniera libera. Le eccezioni si applicano ai diritti di utilizzazione economica, in particolare al diritto di riproduzione e al diritto di comunicazione al pubblico, ma non ai diritti morali. L'elenco delle libere utilizzazioni è esaustivo, ovvero tutto ciò che non è elencato espressamente non fa eccezione ed è normalmente protetto da diritto d'autore, se previsto.
La costituzione di un sistema di eccezioni nel diritto d'autore è necessaria a garantire il diritto di ciascuno di beneficiare delle opere dell'ingegno umano, espressa nell'articolo 27 della Dichiarazione Universale dei diritti dell'uomo, secondo il quale "ogni individuo ha diritto di prendere parte liberamente alla vita culturale della comunità, di godere delle arti e di partecipare al progresso scientifico ed ai suoi benefici". Lo scopo è consentire l'uso di parti di opere per esigenze di pubblica informazione, di libera discussione delle idee, di diffusione della cultura e di studio; l'articolo 33 della costituzione italiana evidenzia come "l'arte e la scienza sono libere e libero ne è l'insegnamento".
Si tratta di limitazioni all'esercizio del diritto di autore, giustificate da un interesse generale che prevale sull'interesse personale dell'autore.
Le eccezioni e limitazioni seguono le indicazioni della Direttiva 2001/29/CE, recepita in Italia con il D.Lgs. 68/2003.
La costruzione delle eccezioni da parte del legislatore nazionale è fatta in base ai principi del Three-step test, previsto dalla Convenzione di Berna (art. 9 comma 2) e ripreso dai trattati WIPO (art. 10 WCT e art. 16 WPPT) e TRIPs(art. 13), e dal 44 della Direttiva 2001/29/UE che considera i seguenti criteri:
Limitazione ai soli casi speciali espressamente previsti dalla legge;
In modo da evitare contrasti con lo sfruttamento normale dell'opera;
In modo da non arrecare pregiudizio ingiustificato agli interessi legittimi del titolare del diritto.
Di seguito le principali eccezioni e limitazioni in generale sempre citando la fonte e il nome dell'autore ogni volta che è possibile (per un elenco completo si vedano gli artt. 65-71 quinquies della legge n. 633/41):
Articoli di attualità di carattere economico, politico o religioso (art.65): possono essere liberamente riprodotti o comunicati al pubblico in altre riviste o giornali, anche radiotelevisivi, se la riproduzione o l'utilizzazione non è stata espressamente riservata, purché si indichino la fonte da cui sono tratti, la data e il nome dell'autore, se riportata. Quindi di fatto se non viene indicato come riproduzione riservata, un articolo può essere riprodotto da chiunque (oggi praticamente tutti i giornali scrivono "riproduzione riservata" per impedire che i loro articolo vengano riprodotti da altri). Devono essere indicati:
nome della rivista/giornale,
data e numero della rivista/giornale,
nome dell'autore (se l'articolo è firmato);
Riproduzione o comunicazione al pubblico di opere o materiali protetti utilizzati in occasione di avvenimento di attualità (art.65 comma 2): è consentita ai fini dell'esercizio del diritto di cronaca e nei limiti dello scopo informativo, sempre che si indichi, salvo caso di impossibilità, la fonte, incluso il nome dell'autore se riportato (quindi se viene eseguita un'opera durante un evento pubblico, è possibile riprodurla per scopo di cronaca e informativo, ma solo entro quei limiti).
Discorsi su argomenti di interesse politico o amministrativo tenuti in pubbliche assemblee o comunque in pubblico, nonché gli estratti di conferenze aperte al pubblico (art.66): possono essere liberamente riprodotti o comunicati al pubblico, nei limiti giustificati dallo scopo informativo, nelle riviste o nei giornali anche radiotelevisivi o telematici, purché indichino la fonte, il nome dell'autore, la data e il luogo in cui il discorso fu tenuto. Quindi discorsi tenuti in pubblico, purché si indichi:
la fonte,
il nome dell'oratore,
la data e il luogo in cui è stato tenuto il discorso.
Opere o brani di opere (art.67-68): Possono essere riprodotto a fine di pubblica sicurezza, nelle procedure parlamentari, giudiziarie o amministrative, purché si indichino la fonte e, ove possibile, il nome dell'autore.
Fotocopie (art.68): musei, biblioteche e archivi pubblici possono fare fotocopie delle loro opere, effettuate per i propri servizi, senza alcun vantaggio economico o commerciale diretto o indiretto. Si possono fare fotocopie del 15 per cento del volume, pubblicità esclusa, per uso personale (non vale per spartiti e partiture musicali). Agli autori si paga un equo compenso (è compreso nel costo delle fotocopie), è vietata la diffusione al pubblico delle copie realizzate.
Atti di riproduzione temporanea privi di rilievo economico (art. 68bis): questo articolo è particolarmente rilevante in quanto rende legale il funzionamento della rete internet, che basa la trasmissione di informazioni sulla creazione di copie temporanee che sarebbero vietate normalmente dal diritto d'autore (è un atto di riproduzione). Il testo integrale recita: "Salvo quanto disposto in ordine alla responsabilità dei prestatori intermediari dalla normativa in materia di commercio elettronico, sono esentati dal diritto di riproduzione gli atti di riproduzione temporanea privi di rilievo economico proprio che sono transitori o accessori e parte integrante ed essenziale di un procedimento tecnologico, eseguiti all'unico scopo di consentire la trasmissione in rete tra terzi con l'intervento di un intermediario, o un utilizzo legittimo di un'opera o di altri materiali."
Il prestito eseguito dalle biblioteche e discoteche dello Stato e degli enti pubblici, ai fini esclusivi di promozione culturale e studio personale (art. 69): Non è soggetto ad autorizzazione da parte del titolare del relativo diritto, al quale non è dovuta alcuna remunerazione. Il prestito tuttavia non è libero, e dietro equo compenso che però non pagano le biblioteche: è lo Stato a versare annualmente una quota alla SIAE (Società Italiana Autori ed Editori) per i diritti delle opere sul prestito. In caso di opere orfane, queste possono essere utilizzate dalle biblioteche, dagli istituti di istruzioni e dai musei accessibili al pubblico secondo l'art. 69-bis, dunque per i processi di digitalizzazione, conservazione, mantenimento, indicizzazione, catalogazione e restauro. I ricavi derivanti saranno usati per coprire le spese necessarie, e tutti gli altri utilizzi dovranno essere connessi alla missione di interesse pubblico. L'art. 69-quater garantisce una ricerca diligente dell'identità dell'autore dell'opera prima dell'utilizzo pubblico, consultando fonti appropriate sia in territorio nazionale che in territorio internazionale, come indicate dall'art 69-septies. Se questa ricerca non produce risultati entro un termine di novanta giorni l'opera è giudicata orfana e si può procedere all'utilizzo, previa comunicazione al Ministero dei Beni e delle attività culturali e del turismo. Nel caso in cui la ricerca vada a buon fine il titolare dei diritti può chiedere di porre fine allo status di opera orfana, impedendone l'utilizzo.
Riassunto, citazione e riproduzione di brani o di parti di opera per critica, discussione o insegnamento (art.70): Il riassunto, la citazione, la riproduzione di brani o parti di opera per scopi di critica, discussione o insegnamento, purché non costituiscano concorrenza all'utilizzazione economica dell'opera e vengano menzionati:
titolo dell'opera
autore
editore
eventuale traduttore
L'utilizzo di opere o parti di opere a scopo didattico e di critica è permesso dall'articolo 70 che recita: «1. Il riassunto, la citazione o la riproduzione di brani o di parti di opera e la loro comunicazione al pubblico sono liberi se effettuati per uso di critica o di discussione, nei limiti giustificati da tali fini e purché non costituiscano concorrenza all'utilizzazione economica dell'opera; se effettuati a fini di insegnamento o di ricerca scientifica l'utilizzo deve inoltre avvenire per finalità illustrative e per fini non commerciali. 1-bis. È consentita la libera pubblicazione attraverso la rete internet, a titolo gratuito, di immagini e musiche a bassa risoluzione o degradate, per uso didattico o scientifico e solo nel caso in cui tale utilizzo non sia a scopo di lucro [...] ]» Con alcune limitazioni (sulla porzione dell'opera o qualità) quindi è libera l'utilizzazione purché non sia a scopo di lucro e vengano menzionati:
titolo dell'opera,
autore,
editore,
eventuale traduttore.
Tra i diritti di compiere citazione o riproduzione di parti di opere, bisogna precisare però il concetto di parodia: il travestimento comico di una composizione o di un contenuto serio, o il pezzo musicale sul quale si inseriscono nuove parole. In ambito comunitario la parodia è contenuta tra le eccezioni al diritto di riproduzione esclusivo all'autore, nell'art. 5 della direttiva 29/2001 del Parlamento Europeo. Si ricorda inoltre che l'art. 21 della Costituzione Italiana dichiara la libertà di manifestare il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione, mentre l'art. 70 della legge 633/41 liberalizza la riproduzione, la citazione e la comunicazione al pubblico in ambito di critica o di discussione.
Utilizzo previa trasformazione di un'opera protetta da diritto d'autore e da diritti connessi a beneficio delle persone con disabilità visive o difficoltà di lettura (art. 71bis). In seguito all'attuazione della direttiva UE 2017/1564 si sono aggiunti all'art. 71bis i comma da 2bis a 2terdecie al fine di regolamentare e rendere libera la trasformazione in copie in formato accessibile delle opere o altro materiale protetti dal diritto d'autore e dai diritti connessi, che consentano al beneficiario di averne accesso in maniera agevole come una persona che non ha menomazioni o disabilità. L'eccezione di cui al comma 2bis è riconosciuta alle seguenti categorie di beneficiari:
non vedenti
con una disabilità visiva
con disabilità percettiva o di lettura
con una disabilità fisica che impedisce loro di tenere o di maneggiare un libro, oppure di fissare o spostare lo sguardo nella misura che sarebbe normalmente necessaria per leggere
Ogni copia in formato accessibile deve rispettare l'integrità dell'opera o di altro materiale interessato, essendo consentiti unicamente le modifiche, le conversioni e gli adattamenti strettamente necessari per rendere l'opera accessibile nel formato alternativo per suo uso esclusivo e senza scopo di lucro. Inoltre ogni copia deve essere accompagnata dalla menzione del titolo degli autori, editori e traduttori.
Misure Tecnologiche di Protezione (MTP), introdotte dal WIPO Copyright Treaty (Art. 71quinquies): I titolari di diritti che abbiano apposto le misure tecnologiche di protezione sono tenuti alla rimozione delle stesse, per consentire l'utilizzo delle opere o dei materiali protetti, dietro richiesta dell'autorità competente, per fini di sicurezza pubblica o per assicurare il corretto svolgimento di un procedimento amministrativo, parlamentare o giudiziario. Inoltre sono tenuti ad adottare idonee soluzioni, anche mediante la stipula di appositi accordi con le associazioni di categoria rappresentative dei beneficiari, per consentire l'esercizio delle eccezioni, ma non quando messi a disposizione interattivamente o quando l'accesso avvenga sulla base di accordi contrattuali.Il diritto d'autore nell'era digitale. La distribuzione online delle opere... - Maria Lill� Montagnani - Google Libri * Copia Privata (Art. 71 sexies e seg.): nel rispetto delle Misure Tecnologiche di Protezione (MTP) è consentita la copia e la riproduzione privata "per uso esclusivamente personale, purché senza scopo di lucro e senza fini direttamente o indirettamente commerciali [...]." [comma 1]. La riproduzione e la copia non possono essere effettuate da terzi poiché in quest'ultimo caso ricade nell'attività di riproduzione soggetta agli articoli 13, 72, 78-bis, 79 e 80 [comma 2] e non possono essere effettuate secondo l'art. 71sexties.1 se l'accesso alle opere in questione è consentito sulla base di obblighi contrattuali, ovvero quando l'opera è protetta da MTP [comma 3]. Nonostante i dettami del comma precedente è consentita la copia ad uso personale a coloro che hanno acquisito legittimamente il possesso di esemplari del materiale in questione a condizione che questo non violi il normale sfruttamento della stessa e non arrechi ingiustificato pregiudizio ai titolari dei diritti. I paragrafi septies ed octies regolamentano il compenso per ciò che è sancito dal paragrafo precedente sia per apparecchi e supporti di registrazione sia la raccolta, la gestione e la distribuzione degli stessi da parte della SIAE.
La dottrina tradizionale e la giurisprudenza hanno però dato una lettura fortemente restrittiva alle utilizzazioni libere, considerato che nell'ordinamento italiano non esiste il concetto di fair use che permette la riproduzione di opere per scopi educativi o scientifici ed è, per contro, più volte rimarcata la necessità di non far concorrenza economica all'autore nell'uso delle opere.
In seguito alla pretesa della SIAE di esigere compensi per diritto d'autore anche per l'utilizzo di opere coperte in attività didattiche, si è aperto un dibattito sull'introduzione del fair use in Italia, sulla falsariga di quello statunitense e del fair dealing di Common law. D'altro canto, il Parlamento dell'Unione Europea in sede di approvazione della direttiva sull'armonizzazione delle norme penali contro la pirateria informatica (Ipred2), aveva già sottolineato la particolarità delle esigenze didattiche o scientifiche.
Quest'introduzione trova resistenza negli interpreti e nella giurisprudenza italiani, sebbene agli inizi del 2008 il governo in risposta ad una interrogazione parlamentare dell'onorevole Grillini, abbia affermato che il testo dell'art. 70 debba interpretarsi in senso sostanzialmente analogo al fair use degli Stati Uniti.
Oltre alle libere utilizzazioni previste dall'art. 70, la normativa naturalmente non prevede restrizioni al possibile uso delle "licenze libere" internazionali.
Un criticato passo verso le tutele alla didattica previste dal fair use si è ravvisato nella modifica legislativa approvata con la legge n. 2/08 (su proposta della commissione cultura presieduta da Pietro Folena), il cui art. 2 ha aggiunto all'art. 70 della legge n. 633/1941 il comma 1-bis, secondo cui è consentita «la libera pubblicazione su internet, a titolo gratuito e senza scopo di lucro, di immagini e musiche a bassa risoluzione o degradate, per uso didattico o scientifico». Le critiche, in particolare, vertevano sull'ambiguità e genericità del testo.
A seguito di tale aggiunta, il giurista Guido Scorza e il giornalista Luca Spinelli hanno promosso un'iniziativa nazionale per una sua migliore definizione e l'introduzione di alcune ingenti liberalizzazioni nel diritto d'autore italiano, redigendo l'apposito decreto attuativo.
L'iniziativa, sostenuta da personalità della ricerca e della politica italiana (Elio Veltri, Fiorello Cortiana, Mauro Bulgarelli, Salvatore Gaglio, Bruno Mellano ed altri), ha portato alla proposta del decreto ai ministri per i beni e le attività culturali, della pubblica istruzione e dell'università e della ricerca. I decreti attuativi non sono stati ancora emanati.
I programmi per elaboratore
La tutela dei programmi per elaboratore è stata introdotta nell'ordinamento giuridico italiano con il D. lgs. 518 emanato il 29 dicembre 1992 che, in seguito al recepimento della direttiva 91/250/CEE, ha modificato l'articolo 1 della l. 633/41 inserendo il seguente capo: "Sono altresì protetti i programmi per elaboratore come opere letterarie ai sensi della convenzione di Berna sulla protezione delle opere letterarie ed artistiche ratificata e resa esecutiva con legge 20 giugno 1978, n. 399, nonché le banche di dati che per la scelta o la disposizione del materiale costituiscono una creazione intellettuale dell'autore".
La novella del 1992 aggiunge al Capo IV del Titolo I la sezione VI (Programmi per elaboratore), che si apre con l'articolo 64-bis; il software viene equiparato ad un'opera intellettuale ed introdotto, quindi, tra le opere protette dal diritto d'autore.
L'art. 6 del D.Lgs. 518/92 ha affidato alla SIAE la tenuta di un Registro pubblico speciale per i programmi per elaboratore.
La LDA protegge i programmi per elaboratore sia nella loro forma di codice sorgente, ovvero nel linguaggio in cui sono scritti, sia nella forma di codice oggetto, intesa come la traduzione del linguaggio del programma in bit o linguaggio macchina.
Sono esclusi dalla tutela della LDA "le idee e i principi che stanno alla base di qualsiasi elemento di un programma, compresi quelli alla base delle sue interfacce" (art. 2 punto 8 L. 633/41).
In campo europeo, successive modifiche alla tutela del software vengono apportate dalle direttive 92/100/CEE e 93/98/CEE.La prima, all'articolo 3, precisa che per il noleggio di programmi per elaboratore o loro copie rimangono vigenti le preesistenti disposizioni (art. 4 lett. c) della direttiva 91/250/CEE, la seconda, sulla armonizzazione dei termini di durata del diritto economico d'autore, con l'articolo 11, abroga l'articolo 8 della direttiva 91/250/CEE, che stabiliva una durata di 50 anni dei diritti economici per il software.
Secondo i principi generali della LDA all'autore spettano i diritti morali e quelli patrimoniali, tuttavia, quando la creazione di un software rientra nelle mansioni del lavoratore dipendente, i diritti patrimoniali spettano al datore di lavoro (art. 12-bis L. 633/41), mentre i diritti morali appartengono all'autore effettivo.
L'articolo 64-bis definisce alcuni dei principali diritti di utilizzazione economica, in particolare l'autore ha il diritto di effettuare o autorizzare:
la riproduzione, permanente o temporanea, totale o parziale, del programma per elaboratore con qualsiasi mezzo o in qualsiasi forma (art. 64-bis lett. A L. 633/41);
la traduzione, l'adattamento o la memorizzazione e ogni altra modificazione del programma per elaboratore (art. 64-bis lett. B L. 633/41);
qualsiasi forma di distribuzione al pubblico, compresa la locazione, del programma per elaboratore originale o di copie dello stesso (art. 64-bis lett. C L. 633/41).
Come per ogni altra opera tutelata dal diritto d'autore, il titolare dei diritti sul software ha le facoltà esclusive di:
esecuzione e rappresentazione in forma pubblica, secondo l'articolo 15 LDA;
comunicazione al pubblico dell'opera, secondo l'articolo 16 LDA;
pubblicazione in raccolta dell'opera, secondo l'articolo 18 LDA.
Non è necessaria alcuna autorizzazione del titolare dei diritti per le seguenti attività:
uso e correzione degli errori se sono necessari per il corretto funzionamento del software (art. 64-ter L. 633/41);
creazione di una copia di backup, "qualora tale copia sia necessaria per l'uso" (art. 64-ter.2 L. 633/41);
studio del funzionamento del programma, "allo scopo di determinare le idee e i princìpi su cui è basato ogni elemento del programma stesso" (art. 64-ter.3 L. 633/41);
riproduzione, traduzione e modifica del codice del software, se sono "necessarie per conseguire l'interoperabilità, con altri programmi, di un programma per elaboratore creato autonomamente" (art. 64-quater.1 lett. A L. 633/41).
I diritti patrimoniali sui programmi per elaboratore, come per ogni altra opera creativa tutelata dalla LDA, "durano tutta la vita dell'autore e sino al termine del settantesimo anno solare dopo la sua morte" (art. 25 L. 633/41).
Il titolare dei diritti trasferisce all'utente la possibilità di servirsi del software proprietario attraverso licenze d'uso, che stabiliscono i diritti e gli obblighi degli utilizzatori.
Nel 2000 viene pubblicata la legge 248/2000 che novella la legge 633/41:
Il nuovo articolo 171 bis rende penalmente sanzionabile la duplicazione di software non solo quando viene duplicato ai fini della vendita, ma ogni volta che viene duplicato ricavandone profitto, pertanto anche il risparmio della spesa viene giudicato sanzionabile.
L'articolo 181 bis prevede l'apposizione da parte della SIAE di "un contrassegno su ogni supporto contenente programmi per elaboratore o multimediali nonché su ogni supporto contenente suoni, voci o immagini in movimento, che reca la fissazione di opere o di parti di opere tra quelle indicate nell'articolo 1, primo comma, destinati ad essere posti comunque in commercio o ceduti in uso a qualunque titolo a fine di lucro." Il contrassegno non sarà obbligatorio per supporti contenenti semplici software di utilità o per programmi open source o contrassegnati dal no copyright.
Alla modalità di distribuzione del software proprietario si contrappone la concezione di software libero, promossa dalla Free Software Foundation fondata da Richard Stallman.
Le banche dati
Le banche dati sono tutelate dalla legge sul diritto d'autore, ai sensi del D. lgs. 6 maggio 1999, n. 169 attuativo della direttiva 96/9/CE relativa alla tutela giuridica delle banche dati, e sono definite come "raccolta di opere, dati o altri elementi indipendenti sistematicamente o metodicamente disposti ed individualmente accessibili mediante mezzi elettronici o in altro modo" (art. 2 n. 9 L. 633/41).
Le modifiche alla LDA introducono al Capo IV del Titolo I la sezione VII (Banche di dati), che si apre con l'articolo 64-quinquies; alla legge viene aggiunto anche il Titolo II-BIS Disposizioni sui diritti del costitutore di una banca di dati – Diritti ed obblighi dell'utente.
Le basi di dati sono tutelate sia come opere dell'ingegno di carattere creativo (art. 1.2 L. 633/41), sia come bene prodotto grazie a rilevanti investimenti di denaro, tempo o lavoro, "indipendentemente dalla tutelabilità della banca di dati a norma del diritto d'autore o di altri diritti" (art. 102-bis.3 L. 633/41).
Nel primo caso agisce il diritto d'autore, il creatore della raccolta è il titolare delle facoltà esclusive di natura patrimoniale e morale limitatamente all'opera, non al contenuto, poiché "la tutela delle banche dati non si estende al loro contenuto e lascia impregiudicati diritti esistenti su tale contenuto" (art. 2 n.9 L. 633/41).
Secondo l'articolo 64-quinquies LDA l'autore può effettuare o autorizzare:
"la riproduzione permanente o temporanea, totale o parziale, con qualsiasi mezzo e in qualsiasi forma" (art. 64-quinquies lett. A L. 633/41);
la traduzione (se il contenuto è di pubblico dominio), l'adattamento, una diversa disposizione e ogni altra modifica (art. 64-quinquies lett. B L. 633/41);
"qualsiasi forma di distribuzione al pubblico dell'originale o di copie della banca dati” (art. 64-quinquies lett. C L. 633/41);
"qualsiasi presentazione, dimostrazione o comunicazione in pubblico, ivi compresa la trasmissione effettuata con qualsiasi mezzo e in qualsiasi forma" (art. 64-quinquies lett. D L. 633/41);
l'utilizzazione economica dei risultati delle operazioni di cui alla lettera b) (art. 64-quinquies lett. E L. 633/41).
Non è necessaria alcuna autorizzazione del titolare dei diritti per le seguenti attività:
l'accesso e la consultazione (non la riproduzione) svolte per finalità didattiche o di ricerca scientifica (art. 64-sexies lett. A L. 633/41);
l'uso per fini di sicurezza pubblica o nell'ambito di una procedura amministrativa o giurisdizionale (art. 64-sexies lett. B L. 633/41);
le operazioni indicate all'articolo 64-quinquies LDA se compiute da un utente legittimo e necessarie per l'accesso al contenuto della raccolta (art. 64-sexies lett. B,2 L. 633/41).
I diritti patrimoniali sulle basi di dati, come per ogni altra opera creativa tutelata dalla LDA, "durano tutta la vita dell'autore e sino al termine del settantesimo anno solare dopo la sua morte" (art. 25 L. 633/41).
La tutela della banca dati come bene giuridicamente rilevante, anche non costituente opera creativa, è definita all'articolo 102-bis LDA.
Secondo l'articolo in questione, il costitutore della banca di dati, ovvero colui che ha effettuato investimenti finalizzati alla realizzazione di una banca di dati, cittadino o residente nel territorio dell'Unione Europea (art. 102-bis.4 L. 633/41), è titolare di un diritto sui generis e può:
"vietare le operazioni di estrazione ovvero reimpiego della totalità o di una parte sostanziale della stessa" (art. 102-bis.3 L. 633/41), ma non se eseguite dalle "biblioteche e discoteche dello Stato e degli enti pubblici, ai fini esclusivi di promozione culturale e studio personale" (art. 69.1 L. 633/41);
non consentire "l'estrazione o il reimpiego ripetuti e sistematici di parti non sostanziali del contenuto della banca dati, qualora presuppongano operazioni contrarie alla normale gestione della banca di dati o arrechino un pregiudizio ingiustificato al costitutore della banca di dati" (art. 102-bis.9 L. 633/41).
La durata del diritto del costitutore è di 15 anni:
"dal 1º gennaio dell'anno successivo alla data del completamento" (art. 102-bis.6 L. 633/41);
"dal 1º gennaio dell'anno successivo alla data della prima messa a disposizione del pubblico", nel caso questa sia avvenuta prima dello scadere dei 15 anni dal completamento (art. 102-bis.7 L. 633/41).
La durata del diritto è rinnovabile in caso di modifiche o integrazioni sostanziali della banca dati (art. 102-bis.8 L. 633/41).
Il legittimo utente è tenuto a non "arrecare pregiudizio al titolare del diritto d'autore o di un altro diritto connesso relativo ad opere o prestazioni contenute in tale banca" (art. 102-ter.1 L. 633/41) e a non "eseguire operazioni che siano in contrasto con la normale gestione della banca dati o che arrechino un ingiustificato pregiudizio al costitutore della banca di dati" (art. 102-ter.2 L. 633/41).
Il legittimo utente può, invece, effettuare l'estrazione o il reimpiego di parti non sostanziali del contenuto "per qualsivoglia fine" (art. 102-ter.3 L. 633/41).
Le "Edizioni nazionali"
Una particolare disciplina speciale è prevista per le cosiddette edizioni nazionali: che si hanno quando lo Stato od enti culturali particolarmente qualificati intendono onorare una personalità del mondo dell'arte o della scienza pubblicando l'opera omnia o una sua sezione particolarmente interessante (ad esempio i carteggi).
In tal caso il ministro con proprio decreto provvede alla costituzione di una commissione per affrontare i problemi scientifici della fissazione di un testo critico ed altresì gli aspetti operativi.
La particolare situazione delle Edizioni nazionali, che richiedono evidenti contemperamenti dell'ordinaria legislazione in tema di diritto d'autore con le esigenze culturali dell'intera nazione ha spinto il legislatore del 1942 a dedicare ad esse
L'art. 11 della legge del diritto d'autore dispone:
«Alle amministrazioni dello stato, alle provincie ed ai comuni spetta il diritto di autore sulle opere create e pubblicate sotto il loro nome e a loro conto e spese.
Lo stesso diritto spetta agli enti privati che non perseguano scopi di lucro, salvo diverso accordo con gli autori delle opere pubblicate, nonché alle accademie e agli altri enti pubblici culturali sulla raccolta dei loro atti e sulle loro pubblicazioni».
Il successivo articolo 29 disciplina gli aspetti economici della questione, sancendo che per 20 anni i diritti esclusivi di utilizzazione economica spettano alle amministrazioni dello Stato, enti pubblici o accademie che hanno promosso l'edizione nazionale. Uno speciale regime, con esclusiva ridotta a due anni, spetta invece alle accademie e agli altri enti pubblici culturali per le comunicazioni e le memorie da essi pubblicate.
Trascorso il regime speciale torna ad applicarsi la normativa ordinaria.
Diritti connessi all'esercizio del diritto d'autore
Sono una serie di diritti che nascono in capo a soggetti diversi dall'autore dell'opera, ma la cui esistenza è direttamente "connessa" appunto all'esercizio dei diritti d'autore, poiché si riferiscono ad attività intellettuali e commerciali determinanti per il sistema dell'industria culturale.
Tradizionalmente sono i diritti disciplinati dal Titolo II della legge 633/1941 (art. 72 e seguenti) relativi all'incisione e produzione di fonogrammi, quelli relativi alla produzione di opere audiovisive e cinematografiche, quelli relativi all'emissione radiofonica e televisiva e quelli degli artisti interpreti ed esecutori.
Diritti del produttore di fonogrammi
Gli artt. 72-78 della legge n. 633/1941 individuano i diritti connessi al diritto d'autore spettanti al produttore di fonogrammi.
I diritti connessi ai fonogrammi hanno una durata di 50 anni dalla prima fissazione del fonogramma. Nel caso in cui, durante tale periodo, il fonogramma venisse lecitamente pubblicato, la durata dei diritti è di 70 anni dalla data di prima pubblicazione (come riporta il Decreto Legislativo 21 febbraio 2014, n. 22). Secondo l'art. 12 della legge n. 633/1941: "È considerata come prima pubblicazione la prima forma di esercizio del diritto di utilizzazione.".
Salvi i diritti che spettano all'autore, trattati nel Titolo 1 della legge n. 633/1941, il produttore conserva sui suoi fonogrammi alcuni diritti esclusivi, per la durata e alle condizioni stabilite dagli artt. 72-78 della legge n. 633/1941. Tali diritti esclusivi comprendono:
l'autorizzazione alla riproduzione dei suoi fonogrammi, diretta o indiretta, temporanea o permanente, in tutto o in parte, in qualunque modo o forma e con qualsiasi processo di duplicazione.
l'autorizzazione alla distribuzione degli esemplari dei suoi fonogrammi.
l'autorizzazione al noleggio ed il prestito degli esemplari dei suoi fonogrammi.
l'autorizzazione alla messa a disposizione del pubblico dei suoi fonogrammi, in maniera tale che ciascuno possa avervi accesso dal luogo e nel momento scelti individualmente.
Tali diritti non si esauriscono con la vendita, con la distribuzione o con la messa a disposizione del pubblico dei fonogrammi. Il produttore conserva quindi i suoi diritti esclusivi sul fonogramma anche qualora esso venga venduto, noleggiato, dato in prestito o messo a disposizione di una terza persona. Quest'ultima non potrà quindi esercitare alcun diritto connesso al fonogramma senza l'autorizzazione del produttore.
In particolare, il diritto di distribuzione non si esaurisce nel territorio della Comunità Europea. Tuttavia, nel caso in cui la prima vendita del supporto contenente il fonogramma sia effettuata o consentita dal produttore, egli vedrà esaurirsi il suo diritto esclusivo di distribuzione.
Qualora il fonogramma venga pubblicamente utilizzato dalla cinematografia, per la radiodiffusione o per la diffusione televisiva, in occasione di feste danzanti o in generale nel caso di qualsiasi altra pubblica utilizzazione dei fonogrammi stessi, i soggetti che hanno diritto ad un equo compenso sono:
il produttore di fonogrammi
gli artisti interpreti
gli artisti esecutori
L'esercizio di tale diritto spetta al produttore, il quale ripartisce il compenso con gli artisti interpreti o esecutori.
Nel caso in cui l'utilizzo del fonogramma è finalizzato all'insegnamento o alla comunicazione istituzionale, quest'ultima effettuata dallo Stato o da un ente autorizzato, non è previsto alcun compenso.
Il produttore può comunque opporsi al pubblico utilizzo di un suo fonogramma, qualora tale utilizzo arrechi grave pregiudizio ai suoi interessi industriali.
I supporti contenenti fonogrammi non possono essere distribuiti se non portano stabilmente apposte le indicazioni di cui all'art. 62 della legge n. 633/1941
Diritti relativi alla produzione di opere audiovisive e cinematografiche
I diritti connessi all'esercizio del diritto d'autore relativi alla produzione di opere audiovisive e cinematografiche, ovvero i diritti di utilizzazione economica dell'opera, sono normati dall'art 78-ter della Legge 22 aprile 1941 n. 633.
Il produttore, cioè l'imprenditore che finanzia il progetto, che investe economicamente nella sua realizzazione, è titolare dei diritti connessi al diritto d'autore e può sfruttare tutti i diritti sul prodotto in questione, sia esso un'opera cinematografica, audiovisiva o una sequenza in movimento.
Come disposto dall'art 78-ter della L. 633/41 il produttore ha il diritto esclusivo di autorizzare:
la riproduzione diretta o indiretta, temporanea o permanente, in qualunque modo o forma, in tutto o in parte, degli originali e delle copie delle proprie realizzazioni;
la distribuzione con qualsiasi mezzo, compresa la vendita, dell'originale e delle copie di tali realizzazioni. Il diritto di distribuzione non si esaurisce nel territorio della Comunità europea se non nel caso di prima vendita effettuata o consentita dal produttore in uno Stato membro;
il noleggio ed il prestito dell'originale e delle copie delle sue realizzazioni. La vendita o la distribuzione, sotto qualsiasi forma, non esauriscono il diritto di noleggio e di prestito;
la messa a disposizione del pubblico dell'originale e delle copie delle proprie realizzazioni, in maniera tale che ciascuno possa avervi accesso dal luogo e nel momento scelti individualmente. Tale diritto non si esaurisce con alcun atto di messa a disposizione del pubblico.
I diritti del produttore riguardano, quindi, secondo l'art. 46 della Legge sul Diritto d'Autore, lo "sfruttamento cinematografico dell'opera prodotta", realizzato attraverso la proiezione nelle sale cinematografiche. Al produttore in questo modo saranno ceduti i diritti elencati sopra.
In caso il produttore volesse modificare in parte l'opera cinematografica in seguito a esigenze tecniche o di commercializzazione dell'opera, secondo l'art. 47 della Legge sul Diritto d'Autore egli potrà effettuare esclusivamente "le modifiche necessarie per il loro adattamento cinematografico". Ciò vuol dire che per le modifiche riguardanti l'intera opera cinematografica bisogna avere il benestare del regista anche quando le modifiche si intendono realizzare in vista di una più efficiente utilizzazione commerciale.
La durata dei diritti connessi al produttore cinematografico è di 50 anni dalla fissazione. Se l'opera cinematografica o audiovisiva è pubblicata o comunicata al pubblico durante tale termine, la durata è di 50 anni dalla prima pubblicazione.
Diritti relativi all'emissione radiofonica e televisiva
I diritti relativi all'emissione radiofonica e televisiva sono previsti dal Titolo II ("Disposizioni sui diritti connessi all'esercizio del diritto d'autore") Capo II della Legge 22 aprile 1941 n. 633 e disciplinati dall'articolo 79.
Quest'ultimo attribuisce ai soggetti che esercitano un'attività di emissione radiofonica e televisiva una serie di diritti esclusivi tra cui quello di:
autorizzare la fissazione delle proprie emissioni effettuate sul filo o via etere;
autorizzare la riproduzione diretta o indiretta delle fissazioni delle proprie emissioni;
autorizzare la ritrasmissione su filo o via etere delle proprie emissioni e la loro comunicazione al pubblico se questa avviene in luoghi accessibili mediante il pagamento di un diritto di ingresso (trattato anche dall'art. 180-bis;
autorizzare la distribuzione delle fissazioni delle proprie emissioni.
Questi diritti esclusivi possono essere esercitati senza però pregiudicare quelli previsti dalla stessa legge a favore di altri soggetti, quali l'autore, il produttore fonografico, il produttore cinematografico e gli artisti interpreti ed esecutori.
In seguito all'entrata in vigore del D.Lgs. 26 maggio 1997 n. 154, la durata di questi diritti è stata estesa a 50 anni dalla prima diffusione di una emissione.
L'espressione "radio-diffusione" riguarda sia l'emissione radiofonica che quella televisiva, mentre l'espressione "su filo o via etere" include le emissioni via cavo e via satellite.
In seguito allo sviluppo delle moderne tecnologie digitali, la diffusione via satellite, la ritrasmissione via cavo di programmi radiofonici e televisivi provenienti da altri Stati europei, avvennero una serie di problemi sia di armonizzazione di natura legislativa sia di negoziazione dei diritti di utilizzazione economica.
Nel 1993 la Comunità Europea ha ripreso la questione lasciata in sospeso nelle precedenti Direttive con l'emanazione della Direttiva 93/83/CEE per il coordinamento di alcune norme in materia di diritto d'autore e diritti connessi. Tale Direttiva ha fissato le regole per la diffusione di programmi effettuata oltre le frontiere dei singoli Stati membri all'interno però del territorio della Comunità Europea cercando un giusto equilibrio tra gli interessi degli organismi di radiodiffusione che effettuano trasmissioni via satellite o via cavo e i diritti degli autori delle opere inserite nei programmi, i diritti degli artisti interpreti ed esecutori e quelli dei produttori di fonogrammi e degli organismi di emissione.
La Direttiva 93/83/CEE è composta da 4 Capi di cui il I intitolato "Definizioni" definisce il concetto di "satellite", di "comunicazione al pubblico via satellite" con i vari aspetti che la comunicazione può assumere, di "ritrasmissione via cavo" e stabilisce quali società possono considerarsi "società di gestione collettiva" di diritti d'autore.
Per quanto riguarda il concetto di "satellite", bisogna distinguere tra la definizione comune di satellite artificiale, espressione con la quale si indica un'apparecchiatura complessa messa in orbita intorno alla terra, e la definizione prevista dalla direttiva che considera satellite quello operante su bande di frequenza riservate, secondo la Convenzione internazionale delle telecomunicazioni, alla trasmissione di segnali ricevibili dal pubblico o riservati alla comunicazione individuale privata. La normativa comunitaria ha inoltre specificato il concetto di "comunicazione al pubblico via satellite" che è l'atto di inserire, sotto il controllo dell'organismo di radiodiffusione, i segnali portatori di programmi destinati ad essere ricevuti dal pubblico in una sequenza ininterrotta di comunicazione diretta al satellite e poi a terra. A questo proposito si applica la legislazione dello Stato nel quale ha luogo la comunicazione al pubblico via satellite.
Un'altra definizione importante data dalla direttiva in questione è quella di "ritrasmissione via cavo" che è la ritrasmissione simultanea, invariate ed integrale, tramite un sistema di ridistribuzione via cavo o a frequenze molto elevate, di un'emissione primaria proveniente da un altro Stato membro e riguardante programmi radiofonici e televisivi destinati ad essere captati dal pubblico. In pratica un organismo di distribuzione trasmette via cavo agli utenti, i quali possono usufruire di questi segnali solo mediante appositi apparecchi e dietro pagamento di un abbonamento periodico.
La ritrasmissione via cavo, come quella via satellite, è da considerarsi un'emissione secondaria, la quale si distingue da quella primaria in quanto quest'ultima prevede solo la possibilità di trasmettere programmi originari destinati appunto ad una primaria utilizzazione attraverso forme di distribuzione diretta (es. la televisione via cavo interattiva cioè il video-on demand).
Inoltre la direttiva dispone che gli Stati membri devono assicurare che questa trasmissione via cavo sia effettuata nel rispetto del diritto d'autore e dei diritti connessi sulla base dei contratti individuali o collettivi conclusi tra i soggetti interessati. I diritti di comunicazione al pubblico via satellite e di ritrasmissione via cavo sono dei diritti esclusivi per cui non sono valide forme di licenze legali o di diritto a compenso.
Gli Stati membri devono affidare l'esercizio del diritto di ritrasmissione via cavo a delle società di gestione collettiva (in Italia vi è la SIAE) per garantire l'effettivo esercizio di tale diritto e semplificare le procedure di autorizzazione rispetto alle opere e alle prestazioni protette.
Diritti relativi ad artisti interpreti ed esecutori
La legge sul diritto d'autore dedica agli artisti interpreti ed esecutori diversi articoli in cui è contenuto il Diritto dell'artista interprete ed esecutore, da 80 a 85, e li identifica come "gli attori, i cantanti, i musicisti, i ballerini e le altre persone che rappresentano, cantano, recitano, declamano o eseguono in qualunque modo opere dell'ingegno, siano esse tutelate o di dominio pubblico". L'art. 82 completa questa definizione, specificando che sono compresi nella denominazione di artisti interpreti anche coloro che sostengono nell'opera o composizione drammatica, letteraria o musicale, una parte di notevole importanza artistica, anche se di artista esecutore comprimario, i direttori d'orchestra e del coro, e infine i complessi orchestrali o corali, a condizione che la parte orchestrale o corale abbia valore artistico di per sé stante e non di semplice accompagnamento.
Perciò, i soggetti di questo diritto sono gli artisti interpreti ed esecutori solo se parte di notevole importanza artistica.
Interprete è colui che non si limita a eseguire l'opera così come è stata scritta, ma, attraverso lo studio e un lavoro di ricostruzione, ne comprende il significato, appropriandosene, e sceglie i modi tecnici per la realizzazione della stessa; in questa maniera svolge una funzione di mediazione tra l'autore dell'opera e il pubblico che ne fruisce.
Per esempio il tenore Pavarotti oppure Mina, nella musica leggera italiana, sono artisti interpreti: infatti essi cantano composizioni scritte da altri, ma apportano in esse l'impronta della propria forte personalità, con il risultato che la loro interpretazione rimane unica e inimitabile. Tale attività, di chiaro contenuto intellettuale, non è certo paragonabile a quella creativa dell'autore, ma è tuttavia meritevole di tutela.
La legge sul diritto d'autore prevede una protezione sia dal punto di vista patrimoniale che morale.
Nel primo caso è riconosciuto un diritto al compenso, svincolato da quello dovuto contrattualmente per la prestazione artistica, ma derivato dal profitto ricavato dalla fissazione su supporto materiale e dalla diffusione della prestazione artistica (registrazione e/o radiodiffusione) e per le successive utilizzazioni.
L'art. 80 n. 2 riconosce agli artisti di notevole importanza (rispetto ai canoni dettati dall'art. 82), indipendentemente dalla eventuale retribuzione spettante per le loro prestazioni artistiche dal vivo, i diritti esclusivi di:
la fissazione delle loro prestazioni artistiche (ossia le registrazioni);
la riproduzione diretta o indiretta della fissazione delle loro prestazioni artistiche (per esempio la radiodiffusione del disco);
la comunicazione al pubblico, in qualsivoglia forma e modo (interattiva e non);
autorizzare la messa a disposizione del pubblico in maniera tale che ciascuno possa avervi accesso dal luogo e nel momento scelti individualmente;
la distribuzione delle fissazioni delle loro prestazioni artistiche;
il noleggio o il prestito delle fissazioni delle loro prestazioni artistiche e delle relative riproduzioni: l'artista interprete o esecutore, anche in caso di cessione del diritto di noleggio a un produttore di fonogrammi o di opere cinematografiche o audiovisive o sequenze di immagini in movimento, conserva il diritto di ottenere un'equa remunerazione per il noleggio concluso dal produttore con terzi. Ogni patto contrario è nullo.
Questo diritto si costituisce nel momento stesso in cui avviene la performance e ha durata di cinquant'anni a partire dalla prima esecuzione pubblica. Tuttavia, come stabilito nell'art. 85:
"a) se una fissazione dell'esecuzione, rappresentazione o recitazione, con un mezzo diverso dal fonogramma, è lecitamente pubblicata o lecitamente comunicata al pubblico durante tale termine, i diritti durano cinquanta anni a partire dalla prima pubblicazione, o, se anteriore, dalla prima comunicazione al pubblico;
b) se una fissazione dell'esecuzione in un fonogramma è lecitamente pubblicata o lecitamente comunicata al pubblico durante detto periodo, i diritti durano settanta anni dalla data della prima pubblicazione o, se anteriore, da quella della prima comunicazione al pubblico."
Secondo l'art. 84 n. 1 si presume che gli artisti interpreti ed esecutori cedano i diritti di utilizzazione alla stipula del contratto per la produzione di un'opera cinematografica o audiovisiva o sequenza di immagini in movimento.
I successivi paragrafi n. 2 e n. 3 del medesimo articolo non sono rinunciabili e prendono in considerazione:
il diritto al compenso per le comunicazioni al pubblico (art. 84.2) affermando che agli "artisti interpreti ed esecutori che nell'opera cinematografica e assimilata sostengono una parte di notevole importanza artistica, anche se di artista comprimario, spetta, per ciascuna utilizzazione dell'opera cinematografica e assimilata a mezzo della comunicazione al pubblico via etere, via cavo e via satellite un equo compenso a carico degli organismi di emissione";
qualsiasi altro uso al di fuori della diffusione (art. 84.3) sostenendo che per ciascuna utilizzazione di opere cinematografiche e assimilate diversa da quella prevista nel comma 2 e nell'articolo 80, comma 2, punto 5), agli artisti interpreti ed esecutori spetta un equo compenso a carico di coloro che esercitano i diritti di sfruttamento per ogni distinta utilizzazione economica.
L'esercizio del diritto all'equo compenso è riservato al produttore fonografico, il quale deve, tuttavia, ripartire i guadagni tra gli artisti interpreti o esecutori.
Dal punto di vista morale invece l'artista viene tutelato dai seguenti:
a norma dell'art. 81, egli può opporsi alla diffusione, trasmissione o riproduzione della sua recitazione, rappresentazione o esecuzione che possa essere di pregiudizio al suo onore o reputazione. Tale norma è restrittiva, limitando la protezione solo per la lesione dell'onore o reputazione.
A completamento della tutela morale dell'artista interprete ed esecutore, si suole utilizzare, in sede di giudizio, anche l'art. 10 del Codice Civile, che garantisce il diritto all'immagine.
l'art. 83 ricalca il diritto alla paternità dell'opera, riconoscendo la facoltà di pretendere che il nome dell'autore sia indicato nella comunicazione al pubblico della loro prestazione artistica e sia apposto su supporti (quali videogrammi e fonogrammi, contenenti la fissazione della loro prestazione).
Diritti connessi minori o affini
Sono diritti connessi previsti dalla Legge 633/41 riguardanti casi specifici di opere comunemente giudicate meno creative. Secondo l'art. 99-bis della legge citata in precedenza è reputato titolare di un diritto connesso, salvo prova contraria, chi, nelle forme d'uso, è individuato come tale nei materiali protetti, ossia la persona ritenuta tale nella recitazione, esecuzione, rappresentazione o comunicazione al pubblico. Gli oggetti tutelati da questi diritti sono i seguenti.
Opere audiovisive sportive
In seguito alla Legge del 19 luglio 2007 n.106, che disciplina la trasmissione degli eventi sportivi, fu introdotto, nella L. 633/41, l'art. 78-quarter che stabilisce che a tali opere si applicano le disposizioni presenti in questa legge. Prima del 2007 non esisteva un diritto di esclusiva sull'evento sportivo in quanto non era definibile il fruitore dei diritti d'autore.
Opere pubblicate per la prima volta dopo la cessazione dei diritti patrimoniali d'autore
L'art. 85-ter della L. 633/41 prevede il diritto di utilizzazione economica a chi, dopo la scadenza del diritto d'autore (ovvero dopo 70 anni la morte dell'autore), lecitamente pubblica o comunica al pubblico per la prima volta l'opera mai pubblicata anteriormente. Dura 25 anni dalla prima pubblicazione e comprende gli stessi diritti esclusivi previsti dal diritto d'autore.
Edizioni critiche e scientifiche di opere di pubblico dominio
L'art. 85-quater della L. 633/41 sancisce che chiunque pubblica, in qualunque modo o con qualsiasi mezzo, edizioni critiche e scientifiche di opere pubbliche ha i diritti economici esclusivi dell'opera, senza pregiudizio dei diritti morali dell'autore, ed anche il diritto alla indicazione del nome. La durata dei diritti esclusivi è di 20 anni a partire dalla prima pubblicazione, in qualunque modo o con qualsiasi mezzo sia stata effettuata.
Bozzetti di scene teatrali
L'art. 86 della L. 633/41 stabilisce che quando bozzetti di scene teatrali vengono usati in altri teatri, oltre quello per il quale sono stati composti, all'autore dei bozzetti compete un diritto a compenso. Questo diritto dura cinque anni a partire dalla prima rappresentazione nella quale il bozzetto è stato adoperato.
Fotografie e opere di documentazione
Gli artt. dall'87 al 92 della L. 633/41 tutelano i diritti relativi alle fotografie.
Sono considerate tali le immagini di persone o fatti della vita naturale e sociale ottenute col processo fotografico, comprese le riproduzioni di opere dell'arte figurativa e i fotogrammi delle pellicole cinematografiche. Sono escluse invece le fotografie di scritti, documenti, carte di affari, oggetti materiali, disegni tecnici e prodotti simili.
Spetta al fotografo, come stabilito dall'art. 88, il diritto esclusivo di riproduzione, diffusione e spaccio della fotografia, fatte salve le disposizioni stabilite per ciò che riguarda il ritratto e le fotografie riproducenti opere dell'arte figurativa. Se però la fotografia è stata realizzata nell'adempimento di un contratto di lavoro il diritto esclusivo compete al datore di lavoro.
Per quanto riguarda invece la cessione del negativo o di analogo mezzo di riproduzione della fotografia, l'art. 89 specifica che la cessione comprende anche i diritti previsti all'articolo precedente.
Gli esemplari della fotografia, perché la loro riproduzione sia considerata abusiva e siano dovuti i compensi, devono però portare le seguenti indicazioni:
il nome del fotografo o della ditta da cui il fotografo dipende o del committente;
la data dell'anno di produzione della fotografia;
il nome dell'autore dell'opera d'arte fotografata;
come specificato nell'art. 90, a meno che il fotografo non provi la malafede del riproduttore.
L'art. 91 infine stabilisce che la riproduzione di fotografie nelle antologie ad uso scolastico ed in generale nelle opere scientifiche o didattiche è lecita, contro pagamento di un equo compenso che è determinato nelle forme previste dal regolamento. Nella riproduzione deve essere indicato il nome del fotografo e la data dell'anno della fabbricazione, se presenti nell'originale.
La riproduzione di fotografie pubblicate sui giornali od altri periodici, concernenti persone o fatti di attualità od aventi comunque interesse pubblico, è lecita contro pagamento di un equo compenso.
Il diritto esclusivo sulle fotografie dura 20 anni dalla produzione della fotografia.
Corrispondenze epistolari
Gli artt. 93 a 95 della L. 633/41 tutelano i diritti relativi alla corrispondenza epistolare.
Le corrispondenze epistolari, le memorie familiari e personali e gli altri scritti di tale natura, se hanno carattere confidenziale o si riferiscono alla intimità della vita privata, non possono essere pubblicati, riprodotti od in qualunque modo portati alla conoscenza del pubblico senza il consenso dell'autore, e trattandosi di corrispondenze epistolari, anche del destinatario.
Dopo la morte dell'autore o del destinatario occorre il consenso del coniuge e dei figli, oppure dei parenti fino al quarto grado. In ogni caso però deve essere rispettata la volontà scritta del defunto.
Ciò vale anche per le corrispondenze epistolari che costituiscono opere tutelate dal diritto di autore, anche se cadute in dominio pubblico. Non vale invece per gli atti e corrispondenze ufficiali o che presentano interesse di stato.
Ritratto
Gli artt. dal 96 al 98 della L. 633/41 tutelano i diritti relativi al ritratto.
Il ritratto di una persona non può essere esposto, riprodotto o messo in commercio senza il consenso del soggetto (art. 96 L. 633/41) tranne quando la riproduzione dell'immagine è giustificata dalla notorietà o dall'ufficio pubblico ricoperto, da necessità di giustizia o polizia, da scopi scientifici, didattici o culturali, o quando la riproduzione è collegata a fatti, avvenimenti, cerimonie di interesse pubblico o svoltisi in pubblico (art. 97 L. 633/41).
Inoltre, sempre secondo l'art. 97, il ritratto non può essere messo in commercio o esposto se pregiudica l'onore, la reputazione o comunque il decoro della persona ritratta.
Infine l'articolo 98 si occupa del ritratto fotografico eseguito su commissione; salvo patto contrario, la persona che è ritratta può pubblicare e far riprodurre la fotografia senza il consenso del fotografo, che però dovrà ricevere un equo compenso nel caso di uso commerciale della sua opera. Il nome del fotografo dovrà essere indicato solo se presente sulla fotografia originale. La stessa norma si applica, salvo patto contrario, a favore del committente quando si tratti di fotografia di cose in suo possesso.
Dopo la morte dell'autore o del destinatario si applicano le disposizioni del secondo, terzo e quarto comma dell'art. 93, riguardante le corrispondenze epistolari: occorre il consenso del coniuge e dei figli, oppure dei parenti fino al quarto grado. Se vi è dissenso fra i parenti, la decisione spetta all'autorità giudiziaria. In ogni caso però deve essere rispettata la volontà scritta del defunto.
Progetti di lavori dell'ingegneria
L'art. 99 della L. 633/41 stabilisce che all'autore di progetti di lavori di ingegneria, o di altri lavori analoghi, compete, oltre al diritto esclusivo di riproduzione dei piani e disegni dei progetti medesimi, il diritto ad un equo compenso da parte di coloro che realizzino il progetto tecnico a scopo di lucro senza il suo consenso. L'autore deve però aver inserito sopra il piano o disegno una dichiarazione di riserva ed eseguito il deposito del piano o disegno presso la Presidenza del Consiglio dei ministri secondo le norme stabilite dal regolamento.
Il diritto a compenso previsto in questo articolo dura 20 anni dal giorno del deposito prescritto.
Titoli, rubriche, aspetto esterno delle opere degli articoli e di notizie
Gli art. dal 100 al 102 della L. 633/41 tutelano titoli, rubriche, informazioni e notizie.
Il titolo di un'opera, quando individua l'opera stessa, non può essere riprodotto su un'altra opera, senza il consenso dell'autore, salvo le opere risultino così diverse da escludere ogni possibilità di confusione. In ugual misura è vietata la riproduzione delle rubriche adoperate nella pubblicazione periodica in maniera costante a tal punto da riscontrare l'abituale e caratteristico contenuto della rubrica. Il titolo di un giornale o rivista o altre pubblicazioni periodiche non può essere riutilizzato in altre opere della stessa specie o carattere se non sono passati due anni dalla cessata attività.
È lecita, invece, la riproduzione di informazioni e notizie, purché se ne citi la fonte e non sia impiegata contrariamente agli usi onesti in materia giornalistica.
È vietata e considerata atto di concorrenza sleale la riproduzione o imitazione sopra altre opere della stessa specie, delle testate, degli emblemi, dei fregi, delle disposizioni di segni o caratteri di stampa e di ogni altra particolarità di forma o di colore nell'aspetto esterno dell'opera dell'ingegno, quando la riproduzione o imitazione in questione sia finalizzata a creare confusione di opera o di autore.
Il diritto in questione ha una durata di 15 anni dalla prima pubblicazione.
Banche dati
Le banche di dati sono tutelate in due maniere diverse: da una parte il diritto d'autore tutela le banche di dati che costituiscono un'opera intellettuale, dall'altra l'art. 102 bis della L.633/41 tutela il costitutore della banca di dati che è il frutto di un rilevante investimento. Inoltre il diritto è attribuito ai cittadini, imprese e società dell'UE; non c'è un chiarimento sulle pubbliche amministrazioni al momento.
I diritti del costitutore di una banca di dati gli attribuiscono la facoltà di vietare estrazione e reimpiego della totalità o di una parte sostanziale della banca di dati. L'estrazione viene definita come il trasferimento permanente o temporaneo della totalità o di una parte sostanziale del contenuto di una banca di dati su un altro supporto, con qualsiasi mezzo o in qualsivoglia forma. Il reimpiego è invece qualsiasi forma di messa a disposizione del pubblico della totalità o di una parte sostanziale del contenuto della banca di dati, mediante distribuzione di copie, noleggio e trasmissione effettuata con qualsiasi mezzo e in qualsiasi forma.
Non sono soggette all'autorizzazione del costitutore della banca di dati le attività di estrazione o reimpiego di parti non sostanziali, valutate in termini qualitativi e quantitativi, del contenuto della banca di dati. Se l'utente legittimo è autorizzato ad effettuare l'estrazione o il reimpiego solo di una parte della banca di dati, il comma si applica unicamente a tale parte.
il diritto d'autore dura 15 anni e decorre dal momento in cui viene effettuato un rilevante investimento. quindi se il costitutore a distanza di 5 anni dal primo investimento rifà un altro rilevante investimento il diritto si rinnova per altri 15 anni.
Violazione del diritto d'autore
Gli articoli 171 e seguenti della L. 633 sanciscono le pene a cui va incontro colui che viola le norme concernenti il diritto d'autore.
È punito con multa da euro 51 a euro 2.065 chiunque, senza averne diritto, a qualsiasi scopo e in qualsiasi forma:
riproduce, trascrive, recita in pubblico, diffonde, mette in vendita o pone altrimenti in commercio un'opera altrui;
rivela il contenuto dell'opera altrui prima che sia reso pubblico;
introduce e mette in circolazione nello Stato esemplari di un'opera altrui prodotti all'estero contravvenendo alla legge italiana;
mette a disposizione del pubblico, immettendola in un sistema di reti telematiche, mediante connessioni di qualsiasi genere, un'opera dell'ingegno protetta, o parte di essa;
rappresenta, esegue, recita in pubblico o diffonde un'opera altrui. La rappresentazione o esecuzione comprende la proiezione pubblica dell'opera cinematografica, l'esecuzione in pubblico delle composizioni musicali inserite nelle opere cinematografiche e la radiodiffusione mediante altoparlante azionato in pubblico;
riproduce un numero di esemplari o esegue un numero di esecuzioni o di rappresentazioni maggiore di quello che aveva diritto di riprodurre o di rappresentare;
ritrasmette o registra con apparecchi le trasmissioni radiofoniche o smercia i dischi fonografici o altri apparecchi indebitamente registrati.
Qualora i reati sopra citati siano commessi con usurpazione della paternità dell'opera cioè con modificazione dell'opera medesima, la pena è la reclusione fino ad un anno o una multa non inferiore a euro 516.
Per la duplicazione abusiva di contenuti in supporti non contrassegnati dalla Società italiana degli autore ed editori (S. I.A.E.) la reclusione è da sei mesi a tre anni e la multa da euro 2.582 a euro 15.493. Nel caso in cui il fatto sia di rilevante gravità la reclusione non è inferiore a due anni e la multa a euro 15.492. Qualora, invece, il fatto sia ritenuto di particolare tenuità la pena è ridotta (art 171-bis – art 171-ter).
Con la stessa pena viene condannato chi:
duplica, riproduce, trasmette o diffonde al pubblico un'opera destinata al circuito televisivo, cinematografico, della vendita o del noleggio;
duplica, riproduce, trasmette o diffonde al pubblico opere o parti di opere letterarie, drammatiche, scientifiche o didattiche, multimediali;
pur non avendo contribuito alla duplicazione o riproduzione dell'opera, detiene per la vendita o la distribuzione, pone in commercio, proietta in pubblico;
pone in commercio, vende, noleggia, cede a qualsiasi titolo un'opera per la quale è prescritta l'apposizione di contrassegno da parte della S.I.A.E., priva di contrassegno medesimo o dotata di contrassegno contraffatto;
distribuisce, importa a fini di distribuzione, diffonde per radio o per televisione, comunica o mette a disposizione del pubblico opere o altri materiali protetti dai quali siano state rimosse o alterate le informazioni elettroniche stesse;
riproduce, duplica, trasmette o diffonde abusivamente, vende o cede a qualsiasi titolo o importa abusivamente oltre cinquanta copie o esemplari di opere tutelate dal diritto d'autore e da diritti connessi.
Gli importi derivanti dall'applicazione delle sanzioni pecuniarie previste sono versati all'Ente nazionale di previdenza ed assistenza per i pittori e scultori, musicisti, scrittori ed autori drammatici.
Se "i fatti preveduti nell'articolo 171 sono commessi per colpa la pena è della sanzione amministrativa fino a 1.032,00 euro" (art. 172).
Quando si procede al sequestro del materiale, questo è, per entità, di difficile custodia, perciò l'autorità giudiziaria può ordinarne la distruzione, osservate le disposizioni di cui all'articolo 83 delle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale, approvate con decreto legislativo 28 luglio 1989 n. 271.
Tutte le suddette sanzioni si devono ritenere applicabili se il fatto non costituisce reato più grave previsto dal codice penale o da altri leggi (art. 173).
Diritto d'autore e Creative Commons
Le Creative Commons sono una tipologia di licenze che permette al detentore del diritto d'autore di regolamentare gli usi dell'opera secondo un modello più elastico, garantendone il libero utilizzo per particolari scopi e secondo determinate condizioni. Le licenze Creative Commons offrono sei diverse articolazioni che nascono dalla combinazione di quattro clausole base:
Deve essere presente un'informativa che permetta di associare l'autore (opzione Attribuzione Obbligatoria, acronimo inglese BY);
Il detentore dei diritti può non autorizzare a priori usi commerciali dell'opera (opzione Non Commerciale, acronimo inglese NC);
Il detentore dei diritti può non autorizzare a priori la creazione di opere derivate (opzione Non Opere Derivate, acronimo inglese ND);
L'opera è ridistribuibile anche modificata purché mantenga lo stesso livello di licenza (opzione Share Alike, acronimo inglese SA);
Sono uno strumento molto diffuso nel mondo di Internet che consente una più libera condivisione dei contenuti creativi e l'affermazione di un modello di gestione dei diritti d'autore ispirato al concetto di "alcuni diritti riservati" (in contrapposizione con il modello classico di "tutti i diritti riservati").
Enti di diritto pubblico per la protezione e l'esercizio dei diritti di autore
L'art. 180 della legge del 22 aprile 1941 n. 633 istituisce la Società italiana degli autori ed editori (SIAE) come unico ente con attività di intermediario per opere tutelate da diritto d'autore. La SIAE, tra le altre facoltà, può concedere le licenze per l'utilizzazione di opere protette da diritto d'autore, nell'interesse dell'autore stesso. I proventi che vengono riscossi dalla SIAE, detratte le spese di riscossione, sono tenuti a disposizione degli aventi diritto per tre anni. Se in questo periodo l'autore non li reclama vengono versati alla Confederazione nazionale professionisti ed artisti.
L'art. 180-bis riguarda invece la trasmissione via cavo, la quale deve essere autorizzata dai titolari dei diritti e dai detentori dei diritti connessi esclusivamente attraverso la SIAE.
La Società italiana degli autori ed editori pone un contrassegno su ogni supporto contenente programmi per elaboratore o multimediali, suoni, voci, video, che reca la fissazione di opere tra quelle indicate nell'articolo 1, destinati ad essere posti in commercio o ceduti in uso a qualunque titolo a fine di lucro. Il contrassegno deve avere caratteristiche tali da non permettere il suo trasferimento su un altro supporto. Gli elementi contenuti nel contrassegno devono indicare il titolo dell'opera, il nome dell'autore, del produttore o del titolare del diritto d'autore, l'indicazione di un numero progressivo per ogni singola opera riprodotta e della sua destinazione (vendita, noleggio o qualsiasi altra forma di distribuzione) (art.181-bis).
La Società italiana degli autori ed editori è inoltre incaricata di vigilare sulle attività di distribuzione e riproduzione (su qualsiasi supporto e in qualsiasi luogo), diffusione radiotelevisiva, vendita e noleggio di opere tutelate dal diritto d'autore. Per lo svolgimento di tali compiti, gli ispettori SIAE coordinati con gli ispettori dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni possono accedere ai locali dove vengono svolte le attività di riproduzione, duplicazione, vendita, emissione via etere e via cavo o proiezione cinematografica (art 182-bis).
Sfera di applicazione della legge
In caso di controversie il diritto italiano, coerentemente all'art. 54 della riforma del sistema italiano di diritto internazionale privato, sancisce che venga seguito il diritto dello stato di utilizzazione del bene immateriale.
Coerentemente alla trattato CEE che sancisce il principio di non discriminazione, il diritto d'autore italiano si applica, come previsto dall'art. 185, a tutte le opere di autori italiani, alle opere di autori stranieri domiciliati in Italia e che siano state pubblicate in Italia per la prima volta e alle opere di autori stranieri in particolari condizioni, definite dagli articoli seguenti.
L'art.186 dispone che la protezione delle opere dell'ingegno per quanto concerne autori stranieri sia regolata secondo le convenzioni internazionali. Nello specifico, se queste contengono un patto generico di reciprocità o di parità di trattamento, questo patto viene interpretato secondo le norme di equivalenza di fatto.
In caso di mancanza di convenzioni, secondo l'art.187, le opere di autori stranieri che non rientrano nelle condizioni previste dall'art. 185 godono della protezione sancita dalla legge sul diritto d'autore italiano, a condizione che lo stato di cui è cittadino l'autore straniero conceda protezione equivalente alle opere di autori italiani. Se lo straniero è apolide o di nazionalità controversa ci si riferisce allo stato dove è avvenuta la prima pubblicazione.
La durata della protezione di un'opera straniera non può comunque eccedere quella di cui l'opera gode nello stato di cui è cittadino l'autore straniero (art. 188). Se la legge dello stato dell'autore sottopone inoltre la protezione all'adempimento di alcune formalità varie, l'opera straniera viene sottoposta ad equivalenti formalità in Italia determinato col decreto reale e può essere inoltre sottoposta ad ulteriori formalità prescritte dallo stesso (art.188).
L'art.189, ultimo della sezione riguardante la sfera di applicazione della legge, sancisce che le disposizioni dell'articolo 185 si applicano all'opera cinematografica, al disco fonografico o apparecchio analogo, ai diritti degli interpreti, attori o artisti esecutori, alla fotografia ed alle opere dell'ingegneria, in quanto si tratti di opere realizzate in Italia o che possono considerarsi nazionali, altrimenti a queste opere sono applicabili le disposizioni degli articoli 186 e seguenti.
Proposte di riforma del diritto d'autore italiano
Dopo più di mezzo secolo dalla sua promulgazione, si è sostenuta la necessità di una revisione della legge italiana sul diritto d'autore, per adeguarla ai mutamenti della società e al progredire della comunicazione digitale. Il Consiglio dei ministri ha, pertanto, approvato nel 2007 un DdL-delega al governo per l'emanazione di un decreto di riforma della legislazione. Nel frattempo il Comitato consultivo permanente per il diritto d'autore, previsto dall'articolo 190 della legge stessa, ha iniziato un coinvolgimento del mondo accademico e delle associazioni rappresentative degli interessi toccati da detta normativa.
Il presidente Alberto Maria Gambino, dopo l'ascolto di esponenti dell'editoria, delle associazioni dei consumatori, delle biblioteche, dell'open content e dei creative commons, ha presentato le proposte il 18 dicembre 2007 al Ministro per i beni e le attività culturali.
Tuttavia, con l'insediamento del governo Berlusconi IV e con l'istituzione presso la Presidenza del Consiglio dei ministri del Comitato tecnico contro la pirateria digitale e multimediale è rallentata la stagione di dialogo e di confronto multilaterale. Sia il comitato, sia il modus operandi legislativo del governo, infatti, sono stati oggetto di critiche da parte di associazioni di consumatori ed imprese (Altroconsumo, Assoprovider, Audiconsum, Centro NEXA su Internet e Società) e di noti giornalisti di settore (Luca Spinelli, Federico Cella), in particolare per il non coinvolgimento nel dialogo dei rappresentanti degli utenti, dell'impresa, della cultura.
Anacronismo
Le attuali legislazioni in materia sono a tutt'oggi basate sull'impianto della legge 633/1941. Alla data del 2 febbraio 2020 sono ancora mantenuti testuali i riferimenti al Partito Nazionale Fascista (Art.29: La durata dei diritti esclusivi di utilizzazione economica spettanti, a termini dell'art. 11, alle amministrazioni dello Stato, al partito nazionale fascista, alle provincie, ai comuni, alle accademie, agli enti pubblici culturali nonché agli enti privati che non perseguano scopi di lucro, è di vent'anni a partire dalla prima pubblicazione, qualunque sia la forma nella quale la pubblicazione è stata effettuata. Per le comunicazioni e le memorie pubblicate dalle accademie e dagli altri enti pubblici culturali tale durata è ridotta a due anni; trascorsi i quali, l'autore riprende integralmente la libera disponibilità dei suoi scritti).
Note
Bibliografia
Valeria Bellani. Le leggi sul diritto di autore. Giuffrè Editore, 2007 ISSN 0012-3420
Laura Chimienti. La nuova proprietà intellettuale nella società dell'informazione. La disciplina europea e italiana. Giuffrè editore, 2007, ISBN 88-14-12546-5
Laura Chimienti. Lineamenti del nuovo diritto d'autore. VII ed. Giuffrè Editore, 2007 ISBN 88-14-12546-5
Giustino Fumagalli. La tutela del software nell'Unione Europea. Brevetto e diritto d'autore. Milano, Nyberg Edizioni, 2005, p. 4. ISBN 88-901114-9-6.
Auteri, Floridia. Mangini, Olivieri, Ricolfi, Spada. Diritto industriale - Proprietà intellettuale e concorrenza. Giappichelli Editore, 2005.
G. Pascuzzi; R. Caso. I diritti sulle opere digitali. Copyright statunitense e diritto d'autore italiano. CEDAM, 2002.
Maria Francesca Quattrone, Gustavo Ghidini, Il codice del Copyright, il diritto d'autore tra arte e industria, Giuffrè 2000
David Terracina. La tutela penale del diritto d'autore e dei diritti connessi. Giappichelli Editore ISBN 88-348-6319-4
Luigi Carlo Ubertazzi (a cura di). Commentario breve alle leggi su proprietà intellettuale e concorrenza. CEDAM, Padova, 2007.
Luigi Carlo Ubertazzi. I diritti d'autore e connessi. Giuffrè Editore, 2003.
Roberto Flor, Tutela penale e autotutela tecnologica dei diritti d'autore nell'epoca di Internet. Un'indagine comparata in prospettiva europea ed internazionale, Cedam, 2010
Giorgio Jarach - Alberto Pojaghi Manuale del diritto d'autore Mursia editore ISBN 9788842538172
Roberto Colantonio, Compendio di diritto d'autore, Primiceri Editore, 2017 ISBN 978-88-3300-000-8
Voci correlate
Brevetto in Italia
Comitato consultivo permanente per il diritto d'autore
Convenzione di Berna per la protezione delle opere letterarie e artistiche
Diritto d'autore del traduttore
Diritto e fotografia
Diritto dello spettacolo
Diritto demaniale
Diritto di corta citazione
Diritto sull'opera cinematografica
Edizione nazionale
Edizioni critiche e scientifiche (diritto d'autore)
ENPALS
Legge italiana sul peer-to-peer
Legge sul copyright dell'Unione Europea
Libri fuori catalogo
Opera postuma
Principio di esaurimento comunitario
Plagio (diritto d'autore)
Software libero
SIAE
Altri progetti
Libro V - Titolo IX del codice civile italiano su wikisource
Collegamenti esterni
Diritti e permessi d'autore e Il diritto d'autore, riassunto e spunti
Diritto d'autore
Diritto informatico
Leggi dello stato italiano |
1562 | https://it.wikipedia.org/wiki/Dennis%20Ritchie | Dennis Ritchie | È stato uno dei pionieri dell'informatica moderna, importante per essere stato l'inventore del linguaggio C e, assieme al suo storico collega Ken Thompson, per aver scritto il sistema operativo Unix.
Biografia
Nato a Bronxville, nello stato di New York, si laureò in fisica e matematica applicata all'Università di Harvard e dal 1967 iniziò a lavorare presso i Bell Laboratories, nel loro centro di ricerca informatico; qui collaborando con Ken Thompson sviluppò in assembly PDP-7, la prima versione del sistema operativo Unix e scrisse il primo Unix Programmer's Manual (1971).
Sebbene il lavoro fosse già di notevole qualità i due non ne erano contenti in quanto l'assembly è poco manutenibile e soprattutto dipendente dalla CPU; decisero dunque di tradurre tutto il sistema operativo in un linguaggio nuovo e per questo Dennis Ritchie scrisse il linguaggio C.
Con Brian Kernighan, inoltre, scrisse il libro The C Programming Language, oggi reputato un testo fondamentale per i programmatori e noto nell'ambiente come "il K&R", dalle iniziali dei due autori.
Morì il 12 ottobre 2011 all'età di 70 anni. Molte distribuzioni Unix-like hanno dedicato una versione alla sua memoria come Fedora 16, resa disponibile circa un mese più tardi, e il sistema operativo FreeBSD 9.0, distribuito il 12 gennaio dell'anno successivo.
Premi e riconoscimenti
Premio Turing
Nel 1983 riceve il Premio Turing insieme a Ken Thompson, per il contributo dato allo sviluppo della teoria generica dei sistemi operativi e, in particolare, per l'implementazione di Unix, il prototipo dei moderni sistemi operativi Unix-like. Il discorso da lui pronunciato durante la cerimonia di premiazione si intitolava "Reflections on Software Research".
Medaglia IEEE "Richard W. Hamming"
Nel 1990, ancora assieme a Thompson, riceve la Medaglia IEEE "Richard W. Hamming" dall'Institute of Electrical and Electronics Engineers, «per la creazione del sistema operativo UNIX e del linguaggio di programmazione C». Il riconoscimento della medaglia IEEE "Ritchard W. Hamming" fu dato ad entrambi con la stessa motivazione ma è noto che Thompson non partecipò allo sviluppo del linguaggio C ma che fu il principale autore di Unix. In realtà, C e Unix sono fortemente legati: nel 1972 Unix venne completamente riscritto in linguaggio C divenuto allora disponibile. Non è affatto un segreto che Thompson ottenne la disponibilità di usare il linguaggio C prima del rilascio ufficiale, tanto è vero che il motivo principale del progetto dello sviluppo del C era la migrazione (detta "porting", in senso stretto) di Unix su una base più solida e portabile.
National Medal of Technology
Il 21 aprile 1999, Thompson e Ritchie ricevono ancora una volta congiuntamente la National Medal of Technology and Innovation dell'anno 1998, consegnata dal presidente degli Stati Uniti d'America Bill Clinton per l'invenzione congiunta del sistema operativo UNIX e del linguaggio di programmazione C che, come recita la motivazione, «ha guidato il Paese verso enormi progressi nell'hardware, nel software, e nelle interconnessioni di computer, stimolando lo sviluppo industriale e rafforzando la posizione di leadership degli USA nell'Era dell'Informazione».
Japan Prize
Nel 2011 Ritchie e Thompson sono insigniti del Japan Prize for Information and Communications per il loro lavoro di sviluppo del sistema operativo UNIX.
Asteroide 294727 Dennisritchie
Gli è stato dedicato un asteroide, 294727 Dennisritchie.
Note
Voci correlate
B (linguaggio)
C (linguaggio)
L (linguaggio)
UNIX
Altri progetti
Collegamenti esterni
Informatici statunitensi
Pionieri dell'informatica
Vincitori del premio Turing |
1563 | https://it.wikipedia.org/wiki/Dec | Dec |
Sigle
Daily Effective Circulation – circolazione effettiva giornaliera, un'indicazione dell'efficacia della pubblicità
Data Entry Clerk – addetto all'inserimento dati
Digital Equipment Corporation – una casa costruttrice di computer e software
Codici
DEC – codice aeroportuale IATA dell'Aeroporto di Decatur in Illinois (Stati Uniti)
DEC – codice identificativo dell'NDB e del TACAN di Decimomannu, radioassistenze per la navigazione aerea
dec – codice ISO 639-3 della lingua dagik
Altro
Dec – abbreviazione scientifica di Decimal (system), sistema decimale, usata anche nelle calcolatrici
Dec – ricorrente nomenclatura dei triangoli nella geometria euclidea |
1564 | https://it.wikipedia.org/wiki/Digitale | Digitale | Digitale – rappresentazione numerica di un'informazione, contrapposta all'analogico
Digitale (Digitalis) – genere di pianta erbacea e arbustiva
Digitale – sostanza farmaceutica estratta dalla digitale
Altri progetti |
1566 | https://it.wikipedia.org/wiki/Desenzano%20del%20Garda | Desenzano del Garda | Desenzano del Garda (Dezensà in dialetto bresciano) è un comune italiano di 29 123 abitanti della provincia di Brescia in Lombardia. È il comune più popoloso del lago di Garda e il secondo della provincia di Brescia. È situato a circa 25 chilometri a est del capoluogo.
Geografia fisica
Desenzano si trova nella parte sud-orientale della provincia di Brescia. La parte settentrionale del comune si affaccia sul basso lago di Garda, mentre il resto del territorio si estende verso sud sulle colline moreniche. In questa zona dell'entroterra il territorio comunale confina con il Veneto (provincia di Verona, comune di Peschiera del Garda).
Dista circa 30 km da Brescia e 40 da Verona.
Clima
In base alla media trentennale di riferimento 1961-1990, la temperatura media del mese più freddo, gennaio, si attesta a +3,0 °C; quella del mese più caldo, luglio, è di +23,4 °C. Grazie alla presenza del Lago di Garda questa zona gode di un inverno più mite rispetto al resto della Pianura Padana che presenta per la stragrande maggioranza della sua superficie un clima di tipo temperato umido, secondo Koppen. In questa zona invece si incontra un clima di tipo sub-mediterraneo, con inverni più miti ed estati leggermente più fresche.
Origini del nome
Si chiamò Desenzano fino al 1862, quando con regio decreto 7 settembre 1862, n. 830, fu battezzato Desenzano sul Lago. L'attuale denominazione Desenzano del Garda fu assunta con regio decreto 29 luglio 1926, n. 1460, nel quadro di riordino delle amministrazioni locali. Contestualmente fu aggregato ad esso il territorio del soppresso comune di Rivoltella.
Il toponimo Desenzano si suppone che derivi dal nome latino di persona Decentius, il presunto proprietario del podere e della villa del IV secolo della quale si possono visitare gli scavi. Esiste anche una etimologia di origine popolare: poiché il borgo si distende lungo il declivio collinare il toponimo viene collegato con la parola «discesa».
Storia
Epoca preistorica e romana
Nel 1873, gli scavi condotti da Pietro Polotti in località Polada al confine con Lonato rinvennero una stazione palafitticola risalente all'Età del Bronzo e che ha preso il nome di Cultura di Polada. Presso la località Lavagnone, Renato Perini rinvenne un altro insediamento coevo che nel 2011 è entrato a far parte del patrimoni dell'umanità secondo l'UNESCO.
Tra il I secolo a.C. e il I secolo d.C., nei pressi di Desenzano sorse un fundus abitato da un centinaio di persone. La Villa romana, i cui resti si possono scorgere presso Borgo Regio, fu costruita tra il II e il III secolo lungo la via Gallica come residenza per ricchi cittadini.
L'area di Desenzano e della Selva Lugana fu teatro di diversi combattimenti dell'Anarchia militare e della Tarda antichità: l'Imperatore Decio sconfisse Filippo l'Arabo nel 249 e l'anno successivo sostò in riva al lago di Garda prima di dirigersi in Tracia per combattere i Goti. Nel 312 le truppe di Costantino incalzarono quelle del Prefetto del Pretorio Ruricio Pompeiano, fedele a Massenzio, in fuga da Brescia e dirette a Verona.
Medioevo
Il cristianesimo giunse da Verona, grazie a predicatori di quella Diocesi: risale a quel periodo il legame fra la chiesa veronese e il basso lago. Il territorio della Pieve si estendeva fra il fiume Chiese e la Lugana. Il nucleo desenzanese si sviluppò attorno a Borgo Regio probabilmente sulla preesistente villa romana. Fu costruito un castrum vetus, per difendere la popolazione dalle invasioni barbariche.
Stando ad un documento di discussa autenticità, il 6 ottobre 878, il Re d'Italia Carlomanno di Baviera avrebbe donato il feudo di Desenzano al monastero di San Zeno di Verona riconoscendo all'istituzione religiosa il diritto di caccia nella Selva Lugana e di pesca nel lago.
All'inizio XII secolo è attestato che il feudo fosse in mano al signore del Castrum, Ugo della famiglia dei conti di Sabbioneta. La consorte Matilde, figlia di Reginaldo conte di Treviso, nel 1107 donò alcune terre al monastero di Acquanegra. Il XII secolo vide l'edificazione del nuovo castello, detto Castrum novum, e fu ribadita l'aggregazione del territorio alla diocesi veronese, sia per mano del Papa Eugenio III (1145) sia dall'Imperatore Federico I detto il Barbarossa (1154).
Dal punto di vista del potere civile, Desenzano fu sottoposta al potere del comune di Brescia, grazie all'investitura concessa dall'Imperatore Enrico VI. Nel 1220 è attestato che il feudo era gestito dalla famiglia dei Confalonieri la cui giurisdizione si estendeva presso Rivoltella, San Martino, Solferino, Castiglione e Medole.
Il XIII secolo fu l'epoca in cui si sviluppò l'eresia catara sia nel centro gardesano sia nella vicina Sirmione. Giovanni Bello fu ordinato vescovo in Tracia e fu posto a capo della comunità di Desenzano. Suo successore, fra il 1250 e il 1260, fu Giovanni di Lugio, autore del principale testo di teologia catara fino ad oggi sopravvissuto, il Liber de duobus principiis. L'eresia terminò il 12 novembre 1276 con l'arresto da parte dei Della Scala di 166 eretici i quali furono messi al rogo a Verona poco tempo dopo.
Epoca veneta
Nel 1426 la città entrò a far parte della Repubblica di Venezia. Fu assegnata alla Riviera di Salò divenendo capoluogo della cosiddetta Quadra di Campagna, la quale comprendeva i territori di Calvagese, Muscoline, Rivoltella, Pozzolengo, Carzago, Padenghe e Bedizzole.
Nel Catastico Bresciano del Da Lezze (1610), Desenzano è indicata come sede del mercato del grano, punto di riferimento commerciale non solo della Riviera, ma di tutto il lago, della Valsabbia e del mantovano.
Desenzano conobbe una crescita economica nel corso del XV secolo che favorì gli investimenti nel campo delle costruzioni comprese sia quelle religiose, come la parrocchiale dedicata a Santa Maria Maddalena, sia quelle private, come la dimora dei Gialdi. Fu edificata una scuola (1449) e fu fortificato il Castello (1480). La guerra fra la Serenissima e gli Stati di Ferrara, Milano, Firenze e Napoli si segnala per l'assedio al fortilizio desenzanese operato dalle truppe comandate dal Duca di Calabria Alfonso.
Il Cinquecento fu contrassegnato dal ripetersi dei saccheggi ad opera delle truppe mercenarie (1512, 1516 e 1527), dalla peste (1567) e dai tentativi di guadagnarsi autonomia sia dalla Repubblica di Venezia sia da Salò e dalla sua Riviera. Per un breve periodo all'inizio del XVI secolo, Desenzano e Pozzolengo passarono al Ducato di Mantova, ma poi ritornarono alla Serenissima su ordine di Luigi XII di Francia. Nonostante le difficoltà, in questo secolo fu fondata l'Accademia e furono ampliati il porto, la dogana e il magazzino dei cereali.
Nel 1568, gli amministratori del comune furono scomunicati a causa dei contrasti con la Santa Sede. Negli anni precedenti, infatti, questa aveva assegnato il beneficio parrocchiale al Monastero di San Salvatore di Brescia provocando i malumori del notabilato locale. Quattro anni dopo, la decisione fu sospesa e l'assemblea dei capifamiglia in cambio finanziò l'ampliamento della Parrocchiale.
Il primo decennio del XVII secolo fu caratterizzato dalla risistemazione del Castello da parte del Consiglio Generale e da altre opere pubbliche, come la riparazione dell'orologio, un nuovo ampliamento del porto e la ristrutturazione delle case del Vaccarolo. I decenni successivi furono caratterizzati tuttavia dallo sviluppo dell'edilizia privata. Nel 1630, Desenzano fu colpita dalla peste.
Il Settecento desenzanese iniziò con le devastazioni apportate dalla guerra di successione spagnola. Il 30 luglio 1701 le truppe dell'esercito imperiale entrarono in città saccheggiandola; due anni dopo, fu la volta dell'esercito francese. I due eserciti si scontrarono il 29 novembre 1704 presso monte Corno. Solo l'anno seguente Venezia decise di inviare due reggimenti a difesa della popolazione del lago.
Durante la grave carestia del 1764, il 15 marzo il paese viene preso d'assalto da una banda di 500 rivoltosi valsabbini che saccheggia i depositi delle granaglie. Molti dei capi-rivolta saranno in seguito catturati e giustiziati dal provveditore della Riviera.
Nel 1792 il Consiglio Generale accettò la proposta del poeta Angelo Anelli, professore presso i ginnasi di Brescia e Milano, di istituire una Scuola pubblica di latino, grammatica e retorica: fu il primo nucleo di quello che nel 1816 diventerà il Liceo.
Epoca napoleonica
Nel marzo 1797, Desenzano entrò a far parte dell'effimera Repubblica Bresciana, mentre sul finire dello stesso anno, divenne sede del Dipartimento del Benaco della Repubblica Cisalpina, costituendosi come comune autonomo. Tuttavia, già a partire dal 1º settembre dell'anno seguente, il dipartimento fu soppresso e Desenzano fu assegnato al Dipartimento del Mella.
Nel 1799 fu occupato brevemente dalle forze austro-russe e poi riassegnato alla Cisalpina con il ritorno delle truppe napoleoniche (1800). Con il riassetto del Regno d'Italia, stabilito con Decreto 8 giugno 1805, la città entrò a far parte del cantone VII di Lonato a sua volta appartenente al distretto I di Brescia. Fu inoltre definito comune di seconda classe a motivo dei suoi 3421 abitanti.
Il periodo napoleonico fu caratterizzato da investimenti in opere pubbliche come il nuovo molo su progetto di Carlo Bagatta (1805-1806) e il riadattamento a teatro della chiesa dei carmelitani.
Epoca austriaca
Entrato a far parte del Regno Lombardo-Veneto, stato dipendente dell'Impero austriaco (1814), Desenzano fu elevato al rango di comune di prima classe (1815) e ricevette visita da parte dell'Imperatore Francesco I d'Austria nel 1816 e cinque anni dopo. Durante la prima visita, constatò l'efficienza dell'allora Collegio Bagatta, e ordinò che il diploma conseguito in esso fosse equiparato a quelli dei "Regi Licei". Testimonianza ne è la lapide conservata ancora oggi nell'atrio della scuola.
Dal punto di vista organizzativo, nel 1816 il comune fu assegnato al Distretto V di Lonato della provincia di Brescia. Nel 1853 fu inserito nel Distretto VIII di Lonato.
Nel 1830 nacque la Società del Casino punto di ritrovo della classe borghese ed intellettuale risorgimentale. Dopo gli eventi del 1848 e del 1849 a cui partecipò il comune, nel 1851 l'Imperatore Francesco Giuseppe fece visita alla cittadina desenzanese allo scopo di rinsaldare la fiducia con la popolazione. Tre anni dopo fu aperta la strada ferrata Coccaglio – Verona con la stazione e l'originario viadotto in mattoni con archi a sesto acuto.
La battaglia di Solferino e San Martino della seconda guerra d'indipendenza italiana coinvolse anche Desenzano che fu trasformata in un grande ospedale per il soccorso dei feriti.
Dopo l'Unità d'Italia
A seguito della Pace di Zurigo, Desenzano entrò a far parte del Regno di Sardegna (poi Regno d'Italia) e fu incluso nel Mandamento X di Lonato a sua volta appartenente al circondario I di Brescia dell'omonima provincia. Nel 1862, con regio decreto 7 settembre 1862, n. 830, fu ribattezzato con il nome di Desenzano sul Lago.
I primi decenni post-risorgimentali furono caratterizzati dalla nascita della Società Operaia (1862), della Banca Mutua Popolare, dell'Osservatorio Meteorologico (1882), dal Museo Preistorico (1890).
Nel 1883, il comune cedette il Castello al Demanio allo scopo di tenerci un presidio militare.
Il Novecento
Nel 1909 fu aperta all'esercizio la breve linea ferroviaria fra la stazione e il porto. Due anni dopo fu la volta della tranvia interurbana a vapore per Castiglione delle Stiviere la quale si innestava sulla Brescia – Mantova permettendo un servizio viaggiatori diretto fra la cittadina gardesana e il capoluogo mantovano. Il servizio tranviario fu soppresso nel 1935, mentre la linea ferroviaria fu impiegata anche dopo la seconda guerra mondiale e fu chiusa solo nel 1969.
Dal 13 luglio 1915 vi era una Sezione Idrovolanti che il 26 gennaio 1916 diventa 1ª Squadriglia Idrovolanti.
Il 12 febbraio 1916 Desenzano fu bombardata dall'aviazione austro-ungarica, con tre cittadini uccisi.
Nel 1926 il comune ricevette il territorio del soppresso comune di Rivoltella e fu ribattezzato Desenzano del Garda. Nel 1928 la Regia Aeronautica formò, presso l'idroscalo cittadino, una scuola di volo avanzata dedicata all'addestramento dei piloti velocisti per preparare adeguatamente i propri rappresentanti nella Coppa Schneider, la quale dopo l'ultima edizione della Coppa, nel 1931, venne ridesignata Reparto Sperimentale Alta Velocità..
Durante la seconda guerra mondiale, Desenzano fu bombardata dalle forze alleate sia il 12 aprile sia il 15 luglio 1944. Quest'ultimo bombardamento provocò la distruzione del viadotto ferroviario in mattoni rossi che fu ricostruito nel 1947 in cemento armato e con sagoma architettonica differente.
Simboli
Lo stemma è stato riconosciuto con D.P.C.M. del 7 luglio 1959.
Il gonfalone, concesso con D.P.R. del 26 agosto 1959, è un drappo partito di bianco e di azzurro.
Onorificenze
Con decreto del presidente della Repubblica del 19 marzo 1959, Desenzano ha ottenuto il titolo di Città.
Ricorrenze
La patrona della sede municipale, sant'Angela Merici, è festeggiata il 27 gennaio.
Monumenti e luoghi d'interesse
Duomo di Santa Maria Maddalena
Il Duomo di Desenzano del Garda fu consacrato nel 1611 ed ospita al suo interno affreschi di Andrea Celesti e una tela raffigurante l'Ultima Cena di Gian Domenico Tiepolo.
Castello
Il castello è originario dell'alto medioevo. Nel Quattrocento venne ampliato e assolse la funzione di rifugio per la popolazione.
Dal 2007 è in opera il restauro, e la struttura ospita, nella stagione estiva, spettacoli teatrali all'aperto, visite guidate e laboratori per i bambini
Piazza Malvezzi
È la principale piazza della città e risale al Cinquecento, opera dell'architetto Giulio Todeschini.
È dedicata alla memoria del partigiano desenzanese Giuseppe Malvezzi, assassinato dai nazifascisti il 28 aprile 1945 assieme ad altri otto suoi compagni nella Villa Fenaroli di Rezzato, allora adibita a sede della gendarmeria tedesca e di un gruppo della Guardia Nazionale Repubblicana.
Porto vecchio
Il porto vecchio fu costruito durante la Repubblica di Venezia, utilizzato storicamente prevalentemente per lo sbarco delle derrate alimentari e delle merci è stato successivamente chiuso prima da un ponte levatoio e nel dopoguerra da un ponte in stile veneziano (ponte alla veneziana) ben presto diventato uno dei monumenti maggiormente fotografati della cittadina.
.
Spiagge e parchi
In prossimità del lago le spiagge principali sono quattro, tutte sassose: la spiaggia del Desenzanino, la spiaggia Feltrinelli, la Spiaggia d'Oro e la spiaggia di Rivoltella.
Dal 2002 nell'area retrostante le piscine comunali è stato ricavato il Parco del Laghetto, che da allora è il principale parco cittadino. Oltre ad un percorso salute, che si sviluppa lungo i sentieri del parco, sono presenti due campi da basket e una pista di pattinaggio in cemento, oltre a uno skate park e un campetto da calcio in terra.Caratteristico del parco è il laghetto artificiale, che si trova al centro e che gli dà il nome.
Siti archeologici
Villa romana di Desenzano del Garda
Piazza Garibaldi
È una piazza con al centro una bellissima fontana che la notte viene illuminata. Ogni martedì si tiene il mercato. La piazza possiede due monumenti e numerosi negozi e attività ricreative.
Società
Evoluzione demografica
Etnie e minoranze straniere
Secondo i dati ISTAT al 31 dicembre 2009 la popolazione straniera residente era di persone. Le nazionalità maggiormente rappresentate in base alla loro percentuale sul totale della popolazione residente erano:
Romania 396 1,47%
Albania 341 1,27%
Marocco 313 1,16%
Cultura
Istruzione
Biblioteche e musei
Nel 1997 a Desenzano, in via dal Molin 9, fu aperta la prima mediateca pubblica Italiana: sulla base di questo progetto in seguito si sviluppò la Mediateca di Flemington. Nel 2007 la mediateca desenzanese fu trasferita all'interno di Villa Brunati di Rivoltella, insieme alla biblioteca comunale.
Nel chiostro dell'ex convento di santa Maria del Carmine, è presente il Museo civico archeologico Giovanni Rambotti. Dedicato alle popolazioni primitive locali, esso ospita il più antico aratro rinvenuto al mondo.
Scuole
Desenzano, oltre a varie scuole elementari (come le scuole "Luigi Laini" ed "Achille Papa") e medie (come "Trebeschi" e "Catullo"), ospita diverse scuole superiori: lo storico liceo "Girolamo Bagatta", fondato nel 1792, l'istituto tecnico commerciale "Luigi Bazoli" e l'istituto professionale commerciale "Marco Polo" (che nel 2001 sono state unite e nel 2003 sono state trasferite nella nuova sede di via Giotto), l'istituto alberghiero "Caterina de Medici", oltre al centro di formazione professionale "Giuseppe Zanardelli". Per questo è raggiunta da numerosi studenti provenienti dai comuni limitrofi. È presente inoltre l'Istituto Antoniano dei Padri Rogazionisti, scuola paritaria "Annibale Maria di Francia", con il Liceo scientifico sportivo e il liceo scienze umane economico-sociale.
Arte
Nel castello durante l'estate si tengono delle rappresentazioni teatrali ed eventi culturali all'aperto.
Media
Radio
Radio Studio Più
Club privati
Mos Maiorum
Geografia antropica
Lo statuto comunale di Desenzano riconosce lo status di centri abitati a:
Rivoltella del Garda;
San Martino della Battaglia.
Inoltre riconosce i seguenti nuclei abitativi:
Calvata-Conta;
Colombare di Castiglione;
Grole;
Lavagnone;
Menasasso;
Montonale Alto;
Montonale Basso;
Porte Rosse;
San Pietro;
Vaccarolo;
Venga-Bertani.
Infrastrutture e trasporti
Strade
Nel territorio comunale di Desenzano si trovano le uscite Desenzano del Garda e Sirmione dell'Autostrada A4, la prima a sud-ovest dell'abitato, la seconda a San Martino della Battaglia, confinante col territorio di Sirmione. A breve distanza si trovano poi l'aeroporto di Verona Villafranca, a circa 25 km, e l'aeroporto di Brescia-Montichiari, a 15 km.
Ferrovie e tranvie
Il territorio è attraversato dalla ferrovia Milano-Venezia sulla quale è ubicata la stazione ferroviaria di Desenzano del Garda-Sirmione servita da treni regionali e a lunga percorrenza.
Tra il 1909 e il 1969 operò anche una breve linea ferroviaria, denominata colloquialmente Maratona, che univa la stazione al porto e che era utilizzata per il trasporto delle merci destinate ai paesi che si affacciavano sul lago. Nel 1980, presso la banchina del parcheggio Maratona e allo scopo di ricordarne la precedente funzione di scalo ferroviario, venne posizionata la locomotiva FS 625.076, restaurata dalla squadra rialzo di Verona.
Tra il 1911 e il 1935, presso il porto di Desenzano sorgeva inoltre la stazione terminale della linea tranviaria Desenzano-Castiglione, ramo della Brescia-Mantova-Ostiglia.
Mobilità urbana
La città di Desenzano è dotata di una rete di trasporti automobilistici urbani gestita da Brescia Trasporti.
La città è inoltre servita da numerose fermate della direttrice interurbana Brescia-Verona.
Tra il 1926 e il 1932, la stazione, il porto e Rivoltella erano collegate tra loro da una linea filoviaria.
Amministrazione
Sindaci
Gemellaggi
Sport
Il principale impianto sportivo è il "Tre Stelle", formato da un campo da calcio, circondato da una pista per l'atletica leggera e affiancato da un campo di calcio a 5. La struttura ha una tribuna in grado di ospitare un migliaio di spettatori.
È presente una piscina coperta, costituita da due vasche da 25 metri, e una vasca da 50 metri all'esterno, nelle quali il 13 marzo 1994, l'atleta russo Aleksandr Popov stabilì il record mondiale di velocità dei 50 m stile libero, con il tempo di 21,64 s, detenuto sino al 2008. Presso questo centro sportivo si è allenato, quotidianamente in gioventù, l'atleta Marcell Jacobs, oro olimpico nei 100 metri piani e nella staffetta 4×100 metri a Tokyo 2020.
Nel territorio desenzanese disputano le proprie partite interne tre squadre di calcio dilettantistiche: Calcio Desenzano, Desenzanese e San Martino. Quest'ultima ha sede nella frazione comunale di San Martino della Battaglia.
È presente anche una squadra di rugby a 15 dilettantisca: il Rugby Desenzano 2006 ASD. Essa milita in Serie C1: il quarto livello del campionato italiano di rugby a 15.
Eventi sportivi
Desenzano, come molti comuni del Garda è interessato dalla regata Centomiglia, organizzata dal Circolo Vela Gargnano.
A Desenzano si svolge una tappa del campionato delle bisse, gara remiera disputata con tradizionali imbarcazioni da voga alla veneta, organizzata dalla Lega Bisse del Garda. Si tiene tra giugno e agosto di ogni anno.
Note
Bibliografia
.
Pubblicazioni
Approfondimenti
Voci correlate
Museo diffuso del Risorgimento
Altri progetti
Collegamenti esterni |
1567 | https://it.wikipedia.org/wiki/Desulo | Desulo | Desulo (Désulu in sardo) è un comune italiano di abitanti della provincia di Nuoro in Sardegna.
Geografia fisica
Territorio
La sua altitudine varia dai circa 830 ai , Desulo è parte integrante del Mandrolisai.
È costituito da tre rioni: Issiria, Ovolaccio e Asuai, separati prima della costruzione della strada Desulo-Fonni e uniti in seguito ad un boom edilizio negli anni sessanta e settanta.
Origini del nome
Presunte fonti riportate sulle carte di Arborea, rivelatesi un falso storico, facevano derivare etimologicamente il nome da esule o esilium, a indicare un gruppo di cristiani cacciati da Calmedia, l'odierna Bosa.
Altre ricerche etimologiche vorrebbero origine del nome da "esulene" (luogo esposto al sole), o dal fenicio "desce" (erba, pascolo, luogo adatto al pascolo).
Storia
Desulo nel medioevo faceva parte del Giudicato di Arborea, collocata nella curatoria del Mandrolisai. Alla sconfitta del giudicato (1420) passò sotto il dominio aragonese, ma ottenne, come tutto il Mandrolisai, di essere governato da un signore nativo della contrada e scelto per elezione. Nel 1711 fu incorporato nella contea di San Martino, feudo dei Valentino, ai quali fu riscattato nel 1839 con la soppressione del sistema feudale.
Simboli
Lo stemma e il gonfalone del comune di Desulo sono stati concessi con decreto del presidente della Repubblica del 9 aprile 2008.
Il gonfalone è un drappo di giallo.
Monumenti e luoghi d'interesse
Architetture religiose
La vecchia parrocchia dedicata a sant'Antonio Abate (patrono di Desulo), struttura importante dal punto di vista architettonico e storico-artistico.
Architetture civili
Il centro storico, caratterizzato dalle tipiche case realizzate in pietra di scisto, conserva scorci immutati nel tempo.
Siti archeologici
Da segnalare il nuraghe più alto della Sardegna in località Ura 'e Sole, la tomba dei giganti di Sa Sedda 'e s'ena e le domus de janas di Occile.
Luoghi di interesse naturalistico
Attrazioni turistiche sono la montagna ricca di boschi e foreste incontaminate come Girgini. Desulo è la base di partenza ideale per le escursioni sulla vetta più alta della Sardegna, punta La Marmora, a 1834 m s.l.m.. Sempre da Desulo, percorrendo la strada provinciale 7 per Fonni, è possibile raggiungere il passo di Tascusì, considerato il secondo valico automobilistico più alto della Sardegna a circa 1245 m s.l.m.
Società
Evoluzione demografica
Lingue e dialetti
La variante del sardo parlata a Desulo è riconducibile alla Limba de mesania.
Tradizioni e folclore
Festività e tradizioni popolari
La sagra "La Montagna Produce" si tiene dal 31 ottobre al 2 novembre dal 1991 promuove e valorizza i prodotti tipici della montagna, l'artigianato artistico e le secolari tradizioni. Durante la sagra viene assegnato il premio letterario Montanaru, riservato ai poeti sardi. Numerose sono le iniziative culturali collaterali alla manifestazione. Altre festività sono la Sagra della Madonnina della neve, sagra che si tiene la prima settimana di agosto nel passo di Tascusì, la festa del patrono Sant'Antonio Abate a gennaio con l'accensione di un grande falò ("su fogu 'e sant'antoni"), Inoltre le feste di san Basilio e san Sebastiano patroni di Ovolaccio e di Asuai.
si cerca di riportare in uso varie tradizioni come la transumanza, con le pecore portate all'arrivare della primavera dal Campidano al paese. A Desulo è ancora possibile vedere le donne anziane col costume tradizionale, fatto in orbace rosso e ricamato con colori vivissimi.
Geografia antropica
Asuai
Asuai è uno dei tre borghi montani che compone il centro abitato di Desulo, in provincia di Nuoro. È localizzato a 820 metri sul livello del mare e ha una popolazione di 1092 abitanti. Sino all'Ottocento era staccato di oltre un chilometro dal resto di Desulo e aveva una propria cartellonistica. Tanto che in diverse cartine geografiche, veniva sino a poco tempo fa, indicato separatamente. Storicamente conosciuto come Asnay, poi divenuto Asuai, il nome senza dubbio fa emergere una origine sardiana o comunque protosardiana. Viene citato anche nelle fonti come villaggio che pagava le decime alla curia Romana al posto di Desulo (M. Pittau op.cit). È noto per essere il rione degli ambulanti desulesi (viagiantes o camminantes) che portavano le loro mercanzie in giro per la Sardegna. Agli ambulanti è anche dedicata una piazza antistante la chiesa di San Sebastiano martire. Altro luogo di interesse è la piazzetta Tonino Puddu, dedicata al grande maestro del folklore di Nuoro, prematuramente scomparso. Il sito si trova lungo la strada principale, ovvero la via Cagliari.
Contrariamente a quello che accade nel resto del comune di Desulo, Asuai celebra san Sebastiano con due ricorrenze votive. Una invernale, con gli eventi del 19 e 20 gennaio e l'altra estiva, la prima domenica di luglio. Prima della festa, gli appartenenti al comitato, eseguono una questua rituale per raccogliere i proventi per la festa in tutte le abitazioni di Asuai prima e poi nel resto del paese.
Nel territorio di Asuai esistono ancora una ventina di vigne attive. Si tratta di alcuni dei vigneti più alti in Sardegna, quasi a ridosso degli ottocento metri. In passato, infatti il territorio di Asuai, a partire dalla fine del paese fino a giungere alla stazione ferroviaria di Montecorte (Desulo-Tonara) era adibito alla coltivazione di vite e frutteto. Nonostante il progressivo abbandono dei vigneti, almeno una decina di famiglie si occupa della loro cura.
Monumenti
Il borgo non presenta particolari costruzioni storiche, tranne il nucleo abitativo di matrice ottocentesca presente nella zona Carrottu e la chiesa di San Sebastiano, patrono, su base secentesca e modificata da successivi rifacimenti. All'interno del suo territorio non sono censiti altri presidi religiosi.
Issiria
Issiria è uno dei tre borghi montani che compone il centro abitato di Desulo. Situato a 900 metri sul livello del mare, è uno dei rioni più importanti e popolosi.
Ovolaccio
Infrastrutture e trasporti
Ferrovie
Il comune è servito dalla stazione di Desulo-Tonara, posta circa cinque chilometri a sud-ovest del paese nel territorio comunale di Tonara: la struttura, posta lungo la ferrovia Isili-Sorgono, dal 1997 è attiva esclusivamente per finalità turistiche legate al servizio Trenino Verde dell'ARST
Amministrazione
Gemellaggi
Note
Bibliografia
Altri progetti
Collegamenti esterni
La scheda del comune nel portale Comunas della Regione Sardegna URL consultato in data 02-01-2013. |
1568 | https://it.wikipedia.org/wiki/Della%20guerra | Della guerra | Della guerra (in tedesco: Vom Kriege) è un'opera di Carl von Clausewitz, composta di otto libri. Pubblicato nel 1832, ancor oggi considerato uno dei più grandi trattati di strategia militare mai scritti, e tuttora adottato come libro di testo da numerose accademie militari.
Clausewitz morì prima di poterlo terminare: dell'opera, edita postuma per opera della moglie, soltanto il primo libro è nella forma definitiva (come chiarito dall'autore stesso in una nota autografa) e mostra una sistematicità e una profondità di pensiero che lo rendono attuale anche a distanza di due secoli. Il resto dell'opera, anche se completo quanto a informazione, mostra chiaramente di essere stato scritto in via provvisoria ed è privo dell'acuta visione teorica che caratterizza l'inizio.
Tema
Le guerre napoleoniche portano un cambiamento profondo nella teoria e nella pratica militari comuni nel XVIII secolo. Gli stati monarchici si servivano di eserciti nobiliari, in cui tutti gli ufficiali e i sottufficiali e buona parte della truppa erano cadetti, cioè figli non primogeniti di nobili, che non avevano diritto al titolo. Con la rivoluzione francese e il tentativo delle case regnanti europee di soffocare la rivoluzione e riportare la monarchia in Francia sulla punta delle spade, questi eserciti si scontrano con formazioni raccogliticce di soldati cittadini, inferiori sia per preparazione che per armamento, e mal guidate da capi impreparati. Ma subiscono comunque delle perdite: il primo a capire qual è la fatale debolezza degli eserciti monarchici nella nuova situazione è un giovane ufficiale corso, Napoleone Bonaparte.
La classe nobile è numericamente esigua: in un esercito nobiliare le perdite non si possono rimpiazzare facilmente. Un esercito popolare invece può essere assai numeroso e non ha difficoltà a procurarsi nuovi effettivi, grazie alle chiamate di leva. Forti di questo fatto, i francesi di Napoleone sbaragliano gli eserciti messi in campo dalle monarchie di tutta Europa con battaglie devastanti, che si trasformano in gigantesche carneficine. In questo nuovo quadro strategico, dove i vecchi parametri di forza militare non erano più validi per prevedere l'esito di un conflitto, si forma e si affina il genio strategico di Clausewitz, e l'arte della guerra passa da una serie interminabile di manovre e scaramucce qual era quella antica a scontri frontali su vasta scala che coinvolgono migliaia di soldati: la cavalleria tramonta e nascono i grandi assalti di fanteria che saranno il fulcro di tutte le guerre moderne fino alla prima guerra mondiale, quando l'invenzione delle mitragliatrici e dei carri armati farà evolvere ulteriormente il modo di combattere.
Attraverso una logica tipicamente hegeliana, per primo Clausewitz inquadra correttamente l'essenza della guerra come un confronto fra due volontà, annullando il confine che fino ad allora veniva tracciato fra politica e guerra e coniando il famoso detto «La guerra è la continuazione della politica con altri mezzi» ("Der Krieg ist eine bloße Fortsetzung der Politik mit anderen Mitteln"). Identifica altresì i vari tipi di conflitto e caratterizza la guerra difensiva come alternanza fra attacco e attesa; mette in evidenza l'importanza di una logistica adeguata e di linee di rifornimento protette. Sebbene ormai superato da tempo dai trattati militari moderni, i principi teorici generali del Della Guerra sono tuttora riconosciuti validi e riecheggiano i principi contenuti in altri antichi classici militari come L'arte della guerra di Sun Tzu, Epitoma rei militaris (L'arte della guerra) di Flavio Vegezio Renato e Il libro dei cinque anelli di Miyamoto Musashi.
Edizioni italiane
A cura di Edmondo Aroldi, Oscar Mondadori, 1970; introduzione (del 1978) di Carlo Jean, Oscar Mondadori, 1997-2017.
Altri progetti
Collegamenti esterni
Dimenticare Clausewitz? Conflitti asimmetrici e guerre di quarta generazione , abstract del saggio di Emilio Gin pubblicato su Nuova Rivista Storica
Saggi di autori tedeschi
Opere letterarie di strategia militare |
1569 | https://it.wikipedia.org/wiki/Deutsches%20Institut%20f%C3%BCr%20Normung | Deutsches Institut für Normung | Il Deutsches Institut für Normung e.V. o DIN (Istituto tedesco per la standardizzazione) è un'organizzazione tedesca per la definizione di norme. Fondata il 22 dicembre 1917 col nome di Normenausschuss der deutschen Industrie (Comitato di Normazione dell'industria tedesca) e poi ribattezzata prima nel 1926 con il nome Deutscher Normenausschuß (Comitato Tedesco di Normazione) per giungere, infine, all'attuale nome nel 1975.
Nel 1951 diventa membro dell'International Organization for Standardization (ISO) e nel 1975, in seguito ad accordi col governo della Germania Federale viene riconosciuta come ente per gli standard nazionali tedeschi; ed è inoltre membro del Movimento Europeo Germania. Ha inoltre istituito nel 2001 il premio Nutzen der Normung (benefici della standardizzazione).
Sono da attribuirsi al DIN lo standard per i formati della carta oggi ripresi dall'ISO 216 (inizialmente contenuti nel precetto DIN 476 tra i quali il formato A4), i connettori per segnali elettrici che ne hanno ereditato il nome ed il profilato ad omega usato per il fissaggio degli apparecchi elettrici, più conosciuto come guida DIN, nonché uno dei vecchi standard di misura della velocità (sensibilità) della pellicola fotografica.
Storia
Il DIN fu fondato su iniziativa del Königlichen Fabrikationsbüro für Artillerie (Fabo-A), cioè l'ufficio imperiale per l'artiglieria a Berlino. Infatti in seguito alle operazioni di razionalizzazione della produzione di armamenti, nel gennaio 1917, si era giunti alla conclusione che tutta la Germania doveva diventare una cooperativa di produzione, specialmente per quanto riguardava i macchinari.
Il DIN fu quindi fondato nel deutsches Reich nel maggio 1917 come "comitato di normativa per la costruzione di macchine", con il compito unificare gli elementi più importanti della produzione. Il 22 dicembre 1917 fu ribattezzato in "Normenausschuß der deutschen Industrie" (comitato tedesco di standardizzazione, NADI). Il primo standard DI-Norm 1 "Spina conica" fu pubblicato nel marzo 1918. Nel 1922 fu pubblicato lo standard più conosciuto DIN-476 per i formati della carta (per es. il DIN-A4). Nel 1926 il DIN fu ribattezzato in "Deutscher Normenausschuß" (DNA), considerando il fatto che già negli anni '20 il lavoro di standardizzazione non si limitava più solo all'industria. Il DNA cercò di utilizzare ancora l'abbreviazione DIN associandola a "Das Ist Norm" (questa è la norma) per rimpiazzare l'iniziale "Deutsche Industrie-Norm", ma il nuovo nome non si è affermato fra il pubblico.
Dopo la seconda guerra mondiale nel 1946 il comando alleato autorizzò il DIN a riprendere la sua attività. Nel 1951 il DIN divenne membro dell'ISO Organizzazione Internazionale per la Standardizzazione, con il compito di rappresentare l'area di lingua tedesca. Nel maggio 1975 l'organizzazione ha cambiato nuovamente nome, chiamandosi "DIN Deutsches Institut für Normung e. V." (Istituto tedesco per gli standard), e i risultati del proprio lavoro sono le "Deutschen Normen“ (standard tedeschi) o "DIN-Normen“ (norme DIN).
Scopo
Scopo del DIN è essere utile nella regolamentazione di interessi collettivi mediante la normazione, organizzando, imponendo e moderando. Questo attraverso l'innovazione, la razionalizzazione, l'orientamento all'economia, alla scienza, alla legge e alla bene pubblico, per la sicurezza nell'uso di prodotti, per l'assicurazione qualità, la compatibilità, sostituibilità, igiene, sicurezza, tutela del consumatore, sicurezza sul lavoro e protezione dell'ambiente.
L'ambito elettrotecnico e tenuto dal DIN e dalla Verband der Elektrotechnik, Elektronik und Informationstechnik VDE assieme nel DKE Deutsche Kommission Elektrotechnik Elektronik Informationstechnik.
Il DIN lavora nel quadro della organizzazione mondiale di normazione ISO e di quella europea CEN e nella IEC e CENELEC. Organizza il recepimento delle norme internazionali per la Germania.
Le DIN-Normen vengono edite su carta dalla Beuth Verlag, società sorella figlia del DIN-Gruppe, oltre che scaricabili on line. L'editore pubblica anche documenti di altre organizzazioni internazionali.
In Svizzera esiste la Schweizerische Normen-Vereinigung (SNV) e in Austria la Austrian Standards International ÖNORM.
Organizzazione e attività
Il DIN è organizzato giurisdicamente come "Verein" cioè un club o associazione registrata, i cui soci sono persone giuridiche. L'assemblea dei soci elegge il consiglio di amministrazione, che è formato da rappresentanti di tutte le parti interessate, gli utenti, la scienza e lo Stato. Albert Dürr è il presidente dal 2015.
Il DIN è presieduto da un consiglio di amministrazione, con a capo il presidente del consiglio. Lo staff permanente del DIN è responsabile, come segretariato, che i principi fondamentali del DIN vengano rispettati, per esempio che nessun gruppo di interesse venga ignorato. Lo staff organizza il lavoro nei comitati (anche internazionali), prepara il programma di lavoro e il bilancio relativo che viene poi approvato dal comitato direttivo, composto da rappresentanti dei gruppi interessati. Il DIN fornisce l'infrastruttura elettronica per lo sviluppo degli standard.
Le attività commerciali (come per es. la vendita dei documenti degli standard) sono affidate a ditte filiali o a società a compartecipazione organizzate come società a responsabilità limitata (SRL). Queste contribuiscono al recupero dei costi delle attività di standardizzazione del DIN, che è un istituto senza scopo di lucro.
I comitati "Ausschuss"
Il lavoro di standardizzazione viene svolto nei comitati di lavoro o nei comitati tecnici. Per ciascun compito di standardizzazione è responsabile solo un comitato di lavoro, che rappresenta anche gli interessi presso i comitati internazionali di normatizzazione. Normalmente più comitati di lavoro sono riuniti in un comitato di standardizzazione del DIN.
Alcuni comitati di standardizzazione hanno il nome "Normenstelle" (Ufficio di standard) perciò gli acronimi dei vari comitati cominciano spesso, ma non sempre con "N". Anche i nomi di alcuni comitati non sono sempre chiari, per es. il comitato per "tecnica automobilistica" comprende tutto il campo degli autoveicoli. Al momento (2013) ci sono circa 70 comitati, la lista completa si può vedere sulla pagina ufficiale del DIN.
Lista parziale dei comitati "Ausschuss"
Ausschuss Normenpraxis (ANP) - Prassi
Normenausschuss Akustik, Lärmminderung und Schwingungstechnik (NALS) - Acustica
Normenausschuss Armaturen (NAA) - Valvole
Normenausschuss Automobiltechnik (NAAutomobil) - Automobili
Normenausschuss Bauwesen (NABau) - Edilizia
Fachnormenausschuss Bergbau (FABERG) - Miniere
Fachnormenausschuss Kautschuktechnik (FAKAU) - Gomma
Normenausschuss Bibliotheks- und Dokumentationswesen im DIN (NABD) - Biblioteche e documentazione
Normenausschuss Dental (NADENT) - Odontotecnica
Normenausschuss Dienstleistungen (NADL) - Servizi
Normenausschuss Messen und Regeln (NAMUR) - Misurazioni
Normenausschuss Eisen und Stahl - Ferro e acciaio
Normenstelle Elektrotechnik (NE) - Elettrotecnica
Normenausschuss Ergonomie - Ergonomia
Normenausschuss Feinmechanik und Optik - Meccanica fine e ottica
Normenausschuss Feuerwehrwesen (FNFW) - Antincendio
Normenausschuss Heiz-, Koch- und Wärmgerät (FNH) - Calore
Normenausschuss Informationstechnik und Anwendungen (NIA) - Informatica
Normenausschuss Kunststoffe (FNK) - Plastica
Normenausschuss Kommunale Technik (NKT) - Municipalità
Normenausschuss Maschinenbau (NAM) - Costruzione di macchine
Normenausschuss Materialprüfung (NMP) - Prove materiali
Normenausschuss Persönliche Schutzausrüstung - Protezioni individuali
Normenausschuss Pigmente und Füllstoffe - Coloranti e riempitivi
Normenausschuss Radiologie (NRA) - Radiologia
Normenausschuss Rundstahlketten (NRK) - Catene
Normenausschuss Sachmerkmale (NSM) - Etichettatura
Normenstelle Schiffs- und Meerestechnik (NSMT) - Navi e marina
Normenausschuss Schweißen und verwandte Verfahren - Saldatura
Normenausschuss Sport- und Freizeitgerät (NASport) - Sport e tempo libero
Normenausschuss Tankanlagen (NATank) - Installazione serbatoi
Normenausschuss Technische Grundlagen (NATG) - Basi tecniche
Normenausschuss Terminologie (NAT) - Terminologia
Normenausschuss Veranstaltungstechnik, Bild und Film (NVBF) - Eventi, fotografia e cinema
Normenausschuss Wasserwesen - Acqua
Normenausschuss Luft- und Raumfahrt (NL) - Aeronautica e spazio
Finanziamento
Il finanziamento del DIN proviene da tre fonti:
Contributi pubblici sono forniti nell'interesse della comunità, per promuovere la competitività e nell'interesse pubblico, come sicurezza sul lavoro, sanità ecc. Questi contributi sono destinati esclusivamente ad eseguire lavori di standardizzazione di interesse pubblico.
Finanziamenti diretti da parte dell'industria sia come quote associative che come sovvenzioni, che assicurano uno strumento di gestione pratico per il lavoro di standardizzazione.
Attività commerciali proprie - il DIN raccoglie circa il 68% del suo budget dalle sue filiali. Fra queste attività si conta la vendita dei volumi degli standard e dei loro prototipi, altre attività di stampa, servizi e ricavati da partecipazioni.
Valore legale delle norme
"Le Norme DIN non sono norme legali, ma sono regole tecniche private con carattere di raccomandazione. Possono rappresentare le regole conosciute della tecnica o rimanere dietro a queste." BGH, Sentenza del 14 maggio 1998, Az. VII ZR 184/97.
Le norme DIN offrono un riferimento per un corretto rendimento tecnico, quindi sono importanti dal punto di vista legale. Comunque le norme DIN hanno il carattere di raccomandazioni e quindi possono essere seguite oppure no. Le norme diventano legalmente vincolanti solo quando vengano esplicitamente prese a riferimento in contratti privati o in leggi o decreti pubblici. Siccome le norme DIN sono chiare e univoche, possono venire usate per evitare litigi legali.
Principi di base
I principi sono normati dalla DIN 820:
Usabilità
Coinvolgimento di tutte le parti interessate
Unità
Libertà
Internazionalità
Contrarietà ai cartelli
Consenso
Orientata al mercato
Utilità verso tutti
Pubblica
Orientata al bene comune
Rilevanza
Per la scienza e la tecnica
Trasparente
Libertà di replica
Economica
Critiche
Le norme DIN vengono talvolta accusate che sarebbero "favorevoli all'industria" e darebbero più benefici all'industria che alla comunità. Come esempio fu citata in un documentario della televisione NDR il "test di infiammabilità della norma DIN 4102. Secondo il rapporto il bastoncino di Polistirene usato nel test si fonde verso l'alto e si allontana dalla fonte di calore, con la conclusione che il test sarebbe così costruito da dare i risultati desiderati dall'industria, cioè dimostrare la non-infiammabilità del Polistirene.
Note
Bibliografia
Rudolf Muschalla: Zur Vorgeschichte der technischen Normung (= DIN-Normungskunde 29). Herausgegeben von DIN Deutsches Institut für Normung e. V. Beuth, Berlin u. a. 1992, ISBN 3-410-12565-5.
Albrecht Geuther: 75 Jahre DIN. 1917 bis 1992. Berichtsband (= DIN-Normungskunde 31). Herausgegeben von DIN Deutsches Institut für Normung e. V. Beuth, Berlin u. a. 1993, ISBN 3-410-12889-1.
Josef Falke: Rechtliche Aspekte der technischen Normung in der Bundesrepublik Deutschland. Zentrum für Europäische Rechtspolitik an der Universität Bremen, Bremen 1999.
DIN, Deutsches Institut für Normung e. V. (Hrsg.): Gesamtwirtschaftlicher Nutzen der Normung. Zusammenfassung der Ergebnisse. Wissenschaftlicher Endbericht mit praktischen Beispielen „Executive Summary“. Beuth, Berlin u. a. 2000, ISBN 3-410-14856-6.
DIN, Deutsches Institut für Normung e. V. (Hrsg.): Grundlagen der Normungsarbeit des DIN (= DIN-Normenheft 10). 7., geänderte Auflage. Beuth, Berlin u. a. 2001, ISBN 3-410-14873-6.
Torsten Bahke, Ulrich Blum, Gisela Eickhoff (Hrsg.): Normen und Wettbewerb. Beuth, Berlin u. a. 2002, ISBN 3-410-15478-7.
Hauff: DIN-Mitteilungen + elektronorm 58.1979, Nr. 12 S. 744-748 und DIN-Mitteilungen + elektronorm 64.1985, Nr. 1 S. 18-25.
DIN-Mitteilungen + elektronorm 64.1985, Nr. 2 S. 63-66.
Voci correlate
Deutsche Gesellschaft zur Zertifizierung von Managementsystemen
ISO 216
Lista delle norme DIN
Norma tecnica
Altri progetti
Collegamenti esterni
Organizzazioni nazionali di standardizzazione
Membri ISO |
1570 | https://it.wikipedia.org/wiki/Diritto%20bellico | Diritto bellico | Il diritto bellico, in diritto, identifica l'insieme delle norme giuridiche (sia a livello nazionale sia internazionale) che disciplinano la condotta delle parti in una guerra.
Consiste in regole che limitano e regolamentano i cosiddetti "mezzi e metodi di guerra", cioè le armi e le procedure per il loro impiego. I militari e le persone che infrangono le leggi di guerra perdono le protezioni accordate dalle norme stesse.
Storia
Nel diritto romano, la dichiarazione di guerra avveniva secondo il rito officiato dai Feziali. L'investitura sacra del bellum conferiva il diritto del vincitore a depredare i beni del nemico (praeda bellica), a ridurre i superstiti in schiavitù e a uccidere in caso di necessità (iure caesus). Quest'ultimo diritto fu ufficializzato nelle Leggi delle XII tavole, che disponevano anche l'obbligo di saldare un debito fra privati entro il termine perentorio di trenta giorni. In alcuni conflitti, l'applicazione di tale norma fu estesa anche al pagamento dei debiti di guerra fra Stati sovrani.
Dopo la Seconda guerra mondiale l'attenzione del diritto internazionale si è spostato dal comportamento dei combattenti ai diritti delle cosiddette vittime di guerra. Si è così formata una nuova partizione del diritto internazionale: il Diritto internazionale umanitario, per il quale hanno particolare rilevanza le convenzioni di Ginevra. Quest'ultimo consiste nell'enunciazione dei diritti di chi non è combattente: feriti, malati e naufraghi, prigionieri, popolazione civile.
Ambito di applicazione
Spie e terroristi non sono protetti né dalle leggi di guerra né dal diritto umanitario; essi sono soggetti, per le loro azioni, alle leggi ordinarie (se ne esistono). Ricadendo al di fuori del loro ambito, le leggi di guerra non approvano né condannano atti di tortura o condanne a morte nei confronti di spie e terroristi, che nella pratica risultano un'eventualità tutt'altro che rara. Gli Stati che hanno firmato la Convenzione internazionale sulla tortura si sono impegnati, tra l'altro, a non torturare i terroristi catturati.
La linea di confine quindi si sposta sulla qualificazione della situazione di conflitto armato, che non è sempre coincidente con la guerra (tanto che si parla sempre meno di diritto bellico e sempre più di diritto dei conflitti armati): l'equiparazione contenuta nelle più recenti convenzioni internazionali di diritto umanitario applicabili ai conflitti armati, infatti, riceve conferma nella tipologia dei crimini di guerra prevista dall'articolo 8 dello Statuto di Roma istitutivo della Corte penale internazionale, la quale enuncia assai puntualmente il seguente ambito dei fenomeni che costituiscono conflitti armati: “i conflitti armati internazionali; i conflitti interni tra gruppi di persone organizzate, che si svolgano con le armi all'interno del territorio dello Stato, e raggiungano la soglia di una guerra civile o di insurrezione armata; i conflitti interni prolungati tra le Forze armate dello Stato e gruppi armati organizzati o tra tali gruppi”.
Sono escluse comunque dai conflitti interni “le situazioni interne di disordine o di tensione, quali sommosse o atti di violenza isolati e sporadici e altri atti analoghi”, che ricadono sotto il diritto penale interno degli Stati: significativo è – per tale qualificazione – il comportamento degli stessi Stati, che se riconoscono qualifica di combattenti legittimi ai loro antagonisti implicitamente o esplicitamente considerando loro esplicitamente soggetti di diritto nella veste di insorti.
Caratteristiche generali
Le fonti sono oggi rappresentate, oltre che dalle normative nazionali dei vari stati anche e soprattutto dalle convenzioni internazionali: fondamentali sono al riguardo le Convenzioni dell'Aja del 1899 e del 1907, che peraltro costituiscono prevalentemente codificazione del preesistente Diritto consuetudinario, e la Terza convenzione di Ginevra sul trattamento dei prigionieri di guerra.
Secondo tali convenzioni i prigionieri di guerra sono in potere del governo nemico, ma non degli individui o dei corpi che li hanno catturati, e devono essere trattati con umanità. Lo status di prigioniero di guerra e le tutele che ne derivano si acquisiscono dal momento stesso in cui si cade in potere del nemico, e sino alla liberazione e al rimpatrio definitivi.
Il diritto bellico regola tra l'altro le modalità di sospensione o cessazione dei combattimenti, e cioè resa, armistizio, cessate il fuoco (detta comunemente tregua), la scelta degli obiettivi militari, la proibizione delle armi in grado di produrre inutili sofferenze, il divieto di porre in essere atti di perfidia, cioè i comportamenti atti a trarre in inganno l'avversario sfruttando la protezione fornita dal Diritto internazionale, come ad esempio la violazione della bandiera bianca, l'accettazione della resa e il trattamento dei prigionieri di guerra, il divieto di aggredire intenzionalmente i civili, la disciplina dei crimini di guerra e la proibizione a usare armi di distruzione di massa.
Poiché le convenzioni di diritto umanitario contengono anche norme comportamentali, si è così creata una convergenza tra il diritto bellico e il diritto umanitario.
Giurisdizione
Le accuse di violazione delle Convenzioni di Ginevra da parte delle nazioni firmatarie sono portate di fronte alla Corte internazionale di giustizia a L'Aia, la più alta giurisdizione tra Stati esistente nell'attuale sistema del diritto internazionale.
Per gli Stati parte dello Statuto di Roma, comunque, vi è anche la possibilità di perseguire gli autori materiali della violazione del diritto bellico, quando essa costituisce un crimine di guerra: lo Statuto, in questo caso, incardina la giurisdizione complementare della Corte penale internazionale (anch'essa con sede all'Aja), che subentra laddove lo Stato territoriale non voglia perseguire i responsabili o si dimostri incapace di farlo.
Si tratta di una giurisdizione che supera l'accusa, secondo cui i tribunali di guerra sono stati talvolta accusati di favoritismi verso i vincitori. Contro l'accusa di reato di tale tipologia, non era infrequente - da parte delle difese - l'eccezione di competenza, in quanto, oltre al possibile contrasto con norme costituzionali del paese cui appartengono i rei (ad esempio sulla riserva giurisdizionale), si riteneva violata la comune obbligazione al rispetto di una comune trattatistica specifica (non potendosi applicare l'irretroattiva della legge penale né deduttivamente, né tantomeno analogicamente, occorre la predeterminata specifica previsione di fattispecie). In passato, non di rado si patì l'applicazione di norme del paese di provenienza del fronte militare vittorioso (o di una coalizione di paesi vincenti), mediante un tentativo di estensione giurisdizionale giustificata da mere circostanze di fatto e non di diritto. Le riserve espresse dalle difese degli imputati del "Processo di Norimberga" erano, effettivamente, in un'ottica puramente dottrinale, le stesse riserve espresse nella maggior parte dei casi in cui si siano celebrati riti (fossero essi ad personam o meno) per l'esame di tale tipo di imputazione, e costituivano un significativo corpus di tematiche difensive in rito, oggi definitivamente sbaragliate dall'esistenza di una previa codificazione del diritto penale internazionale compiuta dallo Statuto di Roma.
Nel mondo
Lo Statuto delle Nazioni Unite vieta l'uso della forza, inteso in senso lato, per la risoluzione individuale delle controversie internazionali. Nel tempo hanno assunto importanza - con frequenti richiami nella giurisprudenza nazionale ed in quella della Corte internazionale di giustizia - alcune raccomandazioni adottate in forma solenne: la Risoluzione n. 2625 (XXV) sulle relazioni amichevoli (1970), n. 3314 (XXIX) sulla definizione di aggressione (1974), n. 39/11 del 12 novembre 1984 (Dichiarazione sul diritto dei popoli alla pace) e n. 42/22 del 18 novembre 1987 sul rafforzamento dell'efficacia del principio del non ricorso alla forza nelle relazioni internazionali.
Italia
In Italia il diritto bellico è essenzialmente disciplinato dalla legge di guerra e di neutralità, emanata con regio decreto n. 1415 dell'8 luglio 1938, dal codice penale militare di guerra e dal codice penale militare di pace, questi ultimi due approvati con il R.D. 20 febbraio 1941, n. 303.
Il personale militare è inoltre vincolato:
in guerra, al codice penale militare di guerra (CPMG);
in tempo di pace, al codice penale militare di pace (CPMP)
alle norme in tema di principi della disciplina militare e al Regolamento di disciplina militare
La sottrazione di tali soggetti dal diritto bellico apre l'assai dibattuta questione del confine tra terrorismo e guerriglia dei partiti insurrezionali, sulla quale a livello nazionale la Corte di cassazione italiana (dando torto al giudice milanese Clementina Forleo) ha statuito che:
Note
Voci correlate
Armistizio
Cessate il fuoco
Convenzione dell'Aia (1907)
Convenzioni di Ginevra
Patto Briand-Kellogg
Corte penale internazionale
Crimine di guerra
Diritto internazionale umanitario
Diritto internazionale
Prigioniero di guerra
Legittima difesa (diritto internazionale)
Legge di guerra e di neutralità
Città aperta
Altri progetti
Collegamenti esterni
La Revue de Presse Juridique Sito dell'attualita del diritto dei conflitti armati. |
1571 | https://it.wikipedia.org/wiki/Decennio | Decennio | Il decennio è un periodo di tempo lungo dieci anni, ossia due lustri. Dieci decenni formano un secolo.
Nel corso del XX secolo era tradizione alludere ai decenni dello stesso secolo con la semplice allusione alla decina: "gli anni '60" stava per "gli anni dal 1960 al 1969". Con l'avvio di un nuovo secolo e la prospettiva dell'avvio di un analogo conteggio tale pratica tende a rarefarsi e prevalgono espressioni tipo "gli anni '20 del secolo scorso" o "gli anni 1920".
Altri progetti
Calendari
Unità di tempo |
1572 | https://it.wikipedia.org/wiki/Disuguaglianza%20di%20Bernoulli | Disuguaglianza di Bernoulli | La disuguaglianza di Bernoulli afferma che:
per ogni intero n ≥ 0 e ogni numero reale x > -1. La disuguaglianza di Bernoulli è un passo cruciale nella dimostrazione di altre disuguaglianze e si rivela uno strumento fondamentale per importanti dimostrazioni (tra cui quelle di particolari limiti).
Storia
La disuguaglianza prende il nome da Jacob Bernoulli, celebre matematico del XVII secolo, che ne pubblicò per primo l'enunciato nella seconda pagina del trattato Positiones Arithmeticae de Seriebus Infinitis pubblicato a Basilea nel 1689, facendone frequente uso nelle rimanenti parti dell'opera. Bernoulli ne dà una dimostrazione basata sul V libro degli Elementi di Euclide, ma André Weil ritiene che Bernoulli fosse consapevole del fatto che la disuguaglianza aveva un significato anche in matematica finanziaria, in cui essa equivale a dire che indebitarsi a interesse composto è più oneroso che a interesse semplice.
Secondo quanto riporta Joseph E. Hofmann in un suo articolo sulla Exercitatio Geometrica di Michelangelo Ricci l'enunciazione della diseguaglianza si deve a René-François de Sluse che la espose nell'edizione 1668 del suo trattato sul mesolabio di Eratostene, al capitolo IV, intitolato De maximis & minimis.
Dimostrazione
Dimostrazione per induzione
La disuguaglianza può essere dimostrata per induzione.
La verifica della tesi è banale per n = 0. Si supponga che sia vera per n: per completare l'induzione occorre dimostrare che è vera anche per n + 1. Moltiplicati entrambi i membri per (1 + x), fattore che è sempre maggiore di 0 per ipotesi, si ottiene:
Poiché nx2 ≥ 0, l'omissione di questo termine può solo rendere più forte la relazione di disuguaglianza, quindi:
Q.E.D.
Dimostrazione con lo sviluppo binomiale
Una versione più debole, in cui si suppone solo , può essere ricavata come immediata conseguenza dello sviluppo binomiale del primo membro:
in cui si trascurano tutti i termini dello sviluppo contenenti potenze di x il cui ordine sia superiore a 1 (si suppone n > 0, visto che per n = 0 la si verifica in modo diretto).
Dimostrazione di René-François de Sluse
La dimostrazione pubblicata da René-François de Sluse nel 1668, anch'essa ristretta al caso . Scartando il caso banale , si avrà l'ipotesi . La dimostrazione di de Sluse parte da una catena di n disuguaglianze che, in notazione moderna, si esprimono così:
Si tratta di diseguaglianze evidenti: infatti, partendo da destra, in ogni passo viene sommata una stessa quantità positiva () al numeratore e al denominatore; di conseguenza, in ogni passaggio la frazione diminuisce rimanendo maggiore di 1.
Moltiplicando tra loro gli n termini della catena, e semplificando numeratori e denominatori, si ottiene:
D'altro canto, ciascun fattore della moltiplicazione è minore del termine più a destra, (). Quindi, il risultato della moltiplicazione è minore di , da cui la tesi.
Generalizzazioni
Se l'esponente n è pari, la disuguaglianza è valida per ogni numero reale x. Se n ≥ 2 e x > −1 con x ≠ 0, allora vale la disuguaglianza stretta:
Vi sono anche delle versioni più forti della disuguaglianza di Bernoulli, per esempio:
per ogni n ≥0 e x ≥0.
La disuguaglianza può anche essere generalizzata ad un qualsiasi esponente reale r. Infatti, se x > −1, allora
per r ≤ 0 oppure r ≥ 1, e
per 0 ≤ r ≤ 1.
Questa generalizzazione può essere dimostrata confrontando le derivate.
Anche in questo caso, vale la disuguaglianza stretta se x ≠ 0 e r ≠ 0 e da 1.
Disuguaglianze collegate
La seguente disuguaglianza fornisce una stima per eccesso della potenza r-esima di 1 + x. Per ogni numero reale x ed r > 0, vale
dove e = 2.718....
È possibile dimostrare questa disuguaglianza sfruttando il fatto che (1 + 1/k)k < e.
Note
Bibliografia
Paolo Marcellini, Carlo Sbordone Analisi Matematica Uno, Liguori Editore, Napoli, ISBN 88-207-2819-2, 1998, paragrafi 11 e 31.
Voci correlate
Jakob Bernoulli
Altri progetti
Bernoulli, disuguaglianza di |
1575 | https://it.wikipedia.org/wiki/Dolomite | Dolomite | La dolomite è un minerale costituito da carbonato di calcio e magnesio appartenente al gruppo omonimo. La dolomia è una roccia composta principalmente di minerale dolomite. La dolomite cristallizza secondo il sistema trigonale.
Si trova sotto forma di cristalli o, più comunemente in masse compatte, di colore bianco o grigio. Ha le proprietà fisiche simili a quelle della calcite ma si riconosce perché si dissolve più lentamente in acido cloridrico.
La durezza di Mohs è di 3,5 - 4 e il peso specifico è di 2,85 g/cm³.
Il problema della dolomite
Sussistono ancora molti dubbi sulla formazione della dolomite. Esistono ampi depositi nell'annotazione geologica, ma il minerale è relativamente raro negli ambienti moderni. Ci si riferisce a questo come "il problema della dolomite".
La dolomia infatti rappresenta circa il 10% di tutte le rocce sedimentarie e si pensa che si sia prodotta vicino alla superficie della terra.
Tuttavia, la sintesi fatta in laboratorio richiede temperature superiori a , circostanze tipiche della formazione in bacini sedimentari – anche se secondo molti la dolomite sembra essersi formata a bassa temperatura.
Negli anni cinquanta e negli anni sessanta, la dolomite è stata trovata in laghi altamente salini nella regione di Coorong nell'Australia del sud.
I cristalli della dolomite inoltre si presentano nei sedimenti in alto mare, con una grossa presenza di materia organica. Questa dolomite è chiamata dolomite "organica".
Recenti ricerche hanno scoperto un meccanismo di formazione della dolomite per via anaerobica per soprasaturazione nei laghi nei pressi di Rio de Janeiro.
Un caso interessante è rappresentato dalla formazione di dolomite nei reni di un cane di razza dalmata.
Si reputa che il processo chimico sia innescato dai batteri. Questo meccanismo rappresenta un interessante collegamento fra processi su grande scala tipici della geologia e processi su scala ridotta tipici della microbiologia. Il reale ruolo dei batteri nella formazione a bassa temperatura della dolomite risulta dimostrato.
Voci correlate
Dolomiti
Enrosadira
Geologia
Mineralogia
Reazione di Lemberg
Altri progetti
Collegamenti esterni
Nitrati e carbonati (minerali) |
1576 | https://it.wikipedia.org/wiki/Dolomiti | Dolomiti | Le Dolomiti (Dolomiten in tedesco, Dolomites in ladino, Dolomitis in friulano, Dołomiti in veneto), dette anche Monti pallidi, sono un insieme di gruppi montuosi delle Alpi Orientali italiane, a sud della catena principale alpina, quasi interamente comprese nelle regioni di Veneto, Trentino-Alto Adige e Friuli-Venezia Giulia (suddivise, in ordine di percentuale di distribuzione, tra le province di Belluno, Bolzano, Trento, Udine, Pordenone, e con una piccola parte compresa anche in Austria, le Dolomiti di Lienz).
Tra le zone più rinomate a livello naturalistico-ambientale e turistico delle Alpi, sede di un parco nazionale e nove parchi naturali e del più grande comprensorio sciistico italiano (Dolomiti Superski), il 26 giugno 2009 il Comitato Esecutivo della Convenzione sul patrimonio materiale dell'umanità dell'UNESCO, riunita a Siviglia, le ha dichiarate Patrimonio dell'umanità.
Terminologia
Quando si parla di Dolomiti ci si può riferire principalmente a
alla sezione Dolomiti della Partizione delle Alpi, della suddivisione didattica tradizionale delle Alpi e della SOIUSA. Essa ha limiti geografici ben precisi e continuità territoriale: i limiti sono l'Adige, l'Isarco, il Rienza, il Passo di Monte Croce di Comelico, il Piave, il Brenta e il Fersina.
al gruppo Dolomiti della AVE (Alpenvereinseinteilung der Ostalpen). I limiti di tale delimitazione non coincidono con quelli del punto precedente. Infatti, mentre a nord e ad est i limiti delle due suddivisioni siano identici (ossia l'Isarco, il Rienza, il Passo di Monte Croce di Comelico e il Piave) a sud questa classificazione prevede che il gruppo si estenda ben oltre il Feltrino, includendo tutti i rilevi fra Piave e il Brenta fino alla pianura (Massiccio del Grappa e Colli Asolani). A ovest invece dal Brenta, il limite procede lungo il torrente Cismon fino al Passo Rolle, da qui segue il Travignolo, risale per pochi metri l'Avisio per poi raggiungere il Passo di Pampeago e da qui l'Isarco lungo il torrente Ega. Tale confine esclude pertanto le Dolomiti di Fiemme che assurgono a gruppo a sé stante.
quell'insieme di gruppi montuosi, caratterizzati da una prevalente presenza di roccia dolomitica. Tali gruppi si trovano principalmente all'interno della sezione alpina definita come Dolomiti ma anche in altri gruppi appartenenti ad altre sezioni. Per contro, alcuni gruppi montuosi inseriti nella sezione Dolomiti hanno poco o affatto natura dolomitica. Parte di questi massicci furono inclusi nel 2009 nel nuovo bene protetto dall'UNESCO, patrimonio dell'umanità, con il nome di "Dolomiti".
La presente voce tratta delle Dolomiti secondo la terza definizione, pertanto dal punto di vista geologico e culturale. Per la trattazione delle Dolomiti riguardanti divisioni geografiche convenzionali (prima e seconda definizione) si rimanda alla voce Dolomiti (sezione alpina).
Storia
Origine del nome
Le Dolomiti prendono il nome dal naturalista francese Déodat de Dolomieu (1750-1801) che per primo studiò il particolare tipo di roccia predominante nella regione, battezzata in suo onore dolomia, costituita principalmente dal minerale dolomite (MgCa(CO3)2) ovvero carbonato doppio di calcio e magnesio.
La prima denominazione geografica del termine "Dolomiti" comparve nel 1837 in una guida edita a Londra, per descrivere una regione montuosa comprendente le valli di Fassa, Gardena, Badia, la val Pusteria nonché le Alpi venete. Nel 1864 fu pubblicato il volume The Dolomite Mountains, resoconto di viaggio di due naturalisti inglesi, J. Gilbert e G.C. Churchill. Con questo volume il termine fu introdotto a livello europeo.
Il nome utilizzato precedentemente all'introduzione del termine "Dolomiti", ossia Monti Pallidi trova la sua origine nella composizione chimica delle rocce dolomitiche, carbonato doppio di calcio e magnesio. Essa conferisce una particolare lucentezza e capacità di riflettere la luce circostante al minerale. Il termine si rifà, pertanto, al particolare candore che distingue la roccia dolomitica dalle tonalità più scure dei sistemi alpini circostanti. Questa particolare luminosità è stata attribuita dal folclore ad un prodigioso incantesimo.
Geografia
Delimitazione
Normalmente con il termine Dolomiti è solito riferirsi all'insieme di gruppi montuosi, caratterizzati da una prevalente presenza di roccia dolomitica, convenzionalmente delimitati a nord dalla Rienza e dalla Val Pusteria, a ovest dall'Isarco e dall'Adige con la valle omonima, a sud dal fiume Brenta da cui si stacca la Catena del Lagorai al confine con la Val di Fiemme e a est dal Piave e dal Cadore.
L'esistenza delle Dolomiti d'Oltrepiave, situate a est del fiume Piave, nelle province di Belluno, Udine e Pordenone (e anche in parte dell'Austria, in bassa Carinzia, e nel Tirolo orientale le Dolomiti di Lienz), delle Dolomiti di Brenta, collocate nel Trentino occidentale, delle Piccole Dolomiti, fra Trentino e Veneto, e di affioramenti sparsi sulle Alpi (ad esempio la cima del Gran Zebrù nel gruppo Ortles-Cevedale oppure il gruppo Sernio-Grauzaria con pareti fino a 800 metri di altezza) evidenzia la natura puramente convenzionale di questa delimitazione territoriale.
Le Dolomiti, intese nell'accezione più ristretta, vengono divise in due zone dal corso del torrente Cordevole (il quale scorre in provincia di Belluno ed è il principale affluente del Piave), in Dolomiti Orientali, ovvero ad est del Cordevole e Dolomiti Occidentali ad ovest del Cordevole. L'area dolomitica si estende tra le province di Belluno, Bolzano, Trento, Udine e Pordenone. Comunemente si indica la Marmolada come la cima più alta delle Dolomiti, con i suoi 3.343 m s.l.m., ma è da notare come questa formazione non sia affatto costituita da dolomia, bensì in prevalenza da calcari bianchi molto compatti (anch’essi come la dolomia derivati da scogliere coralline), con inserti di materiale vulcanico.
Gruppi
Un elenco dei gruppi dolomitici può essere il seguente, tra parentesi sono riportate le province di appartenenza:
Gruppi tra l'Adige ed il Piave:
Gruppo della Marmolada (Belluno, Trento)
Gruppo del Latemar (Bolzano, Trento)
Gruppo del Catinaccio (Trento, Bolzano)
Gruppo del Sella (Bolzano, Trento, Belluno)
Gruppo del Sassolungo (Bolzano, Trento)
Gruppo delle Pale di San Martino (Belluno, Trento)
Gruppo Odle-Puez (Bolzano)
Gruppo Plose-Putia (Bolzano)
Massiccio dello Sciliar (Bolzano)
Gruppo delle Conturines o di Fanes (Bolzano)
Gruppo di Fanis (Belluno, Bolzano)
Gruppo della Croda Rossa d'Ampezzo (Belluno, Bolzano)
Gruppo delle Tre Cime di Lavaredo (Belluno, Bolzano)
Gruppo del Monte Piana (Belluno, Bolzano)
Gruppo del Popera (Belluno, Bolzano)
Gruppo della Croda dei Toni (Belluno, Bolzano)
Gruppo dei Tre Scarperi (Bolzano)
Gruppo Rondoi-Baranci (Bolzano)
Gruppo del Picco di Vallandro (Bolzano)
Gruppo del Cristallo (Belluno, Bolzano)
Gruppo del Pomagagnon (Belluno)
Gruppo dei Cadini di Misurina (Belluno)
Gruppo delle Tofane (Belluno)
Gruppo del Col di Lana (Belluno)
Gruppo del Sorapiss (Belluno)
Gruppo delle Marmarole (Belluno)
Gruppo dell'Antelao (Belluno)
Gruppo della Croda da Lago (Belluno)
Gruppo del Nuvolau (Belluno)
Monte Civetta (Belluno)
Gruppo del Pelmo (Belluno)
Gruppo di Bosconero (Belluno)
Gruppo Tamer-San Sebastiano (Belluno)
Gruppo dei Feruc o Monti del Sole (Belluno)
Coppolo-Vette Feltrine-Gruppo del Cimonega (Belluno, Trento)
Gruppo della Schiara (Belluno)
Gruppo della Vigolana (Trento)
Piccole Dolomiti (Trento, Vicenza, Verona)
Gruppi oltre il Piave:
Gruppo delle Terze, Monte Siera e Gruppo dei Clap (Belluno, Udine)
Gruppo del Peralba-Rinaldo (Belluno, Udine)
Gruppo dei Longerin (Belluno)
Gruppo dei Brentoni (Belluno)
Gruppo delle Dolomiti Pesarine (Udine)
Gruppo degli Spalti di Toro e Monfalconi (Belluno, Pordenone, Udine)
Gruppo del Duranno e Cima dei Preti (Belluno, Pordenone)
Gruppo del Pramaggiore (Udine, Pordenone)
Gruppo della Cridola (Belluno, Udine)
Gruppo Sernio-Grauzaria (Udine)
Gruppo dello Zuc del Bôr (Udine)
Catena Chiarescons-Cornaget-Resettum (Pordenone, Udine)
Gruppo Col Nudo-Cavallo (Belluno, Pordenone)
Altri gruppi:
Dolomiti di Brenta (Trento)
Catena del Baldo (Trento, Verona)
Gruppo Bondone-Stivo (Trento)
Dolomiti di Lienz (Austria)
Kalkkögel (Austria)
Catena Habicht-Serles (Austria)
Gruppo del Tribulaun (Bolzano, Austria)
Cime
Le cime principali sono le seguenti (non in ordine di altezza):
Marmolada (Punta Penia, 3348 m)
Antelao (3264 m)
Latemar (Torri di Latemar, 2814 m)
Gruppo del Catinaccio (Catinaccio d'Antermoia, 3004 m) con le Torri del Vajolet (2821 m)
Gruppo del Sella (Piz Boè, 3151 m)
Sassolungo (3184 m)
Pale di San Martino (Cima Vezzana, 3192 m) e (Monte Agner, 2872m)
Gruppo Odle-Puez (Furchetta e Sass Rigais, 3025 m) con Sass de Putia (2875 m), Sassongher (2665 m) e Gruppo Cir (Gran Cir, 2592 m)
Massiccio dello Sciliar (Monte Petz, 2662 m)
Gruppo delle Conturines (Cima Conturines, 3064 m)
Dolomiti di Sesto (Punta dei Tre Scarperi, 3145 m)
Cristallo (Monte Cristallo, 3221 m)
Cadini di Misurina (Cima Cadin di San Lucano, 2839 m)
Tofane (Tofana di Mezzo, 3244 m)
Gruppo delle Marmarole (Cimon del Froppa, 2932 m)
Col di Lana (m 2452 m) con Sett Sass (2571 m) e Sass de Stria (2477 m)
Sorapiss (3205 m)
Gruppo della Croda da Lago (Cima Ambrizzola m 2715 m)
Gruppo del Nuvolau (Averau, 2647 m)
Gruppo del Civetta (Monte Civetta, 3220 m)
Gruppo del Pelmo (3168 m)
Gruppo del Bosconero (Sasso di Bosconero, 2468 m)
Vette Feltrine (Monte Pavione, 2334 m) e Gruppo del Cimonega (Sass de Mura, 2550 m)
Gruppo della Schiara (Monte Schiara, 2563 m)
Dolomiti di Lienz (Grosse Sandspitze, 2770 m)
Dolomiti Friulane (Cima dei Preti, 2703 m)
Dolomiti di Comelico - Dolomiti Carniche (Monte Cavallino, 2689 m)
Dolomiti Pesarine Gruppo delle Terze, (2585 m) * Dolomiti di Brenta (Cima Brenta, 3151 m)
Piccole Dolomiti (Cima Carega, 2259 m)
Vette più elevate
Le principali vette delle Dolomiti che superano i tremila metri sono (lista incompleta):
Valli
Le principali vallate dolomitiche sono:
Vallata Agordina
Val Badia
Valbelluna
Valle del Biois
Valle del Cordevole
Cadore
Val Comelico e Sappada
Val d'Ansiei
Conca Ampezzana
Val Boite
Val Fiorentina
Val di Fiemme
Val di Fassa
Val di Funes
Val Gardena
Val di Landro
Valle di Livinallongo
Valle del Primiero
Val di Tires
Val di Zoldo
Val Rendena
Valli Giudicarie Esteriori
Val di Tovel
Val d'Ambiez
Altopiano della Paganella
Val San Pellegrino
Val d'Ega
Val Pettorina
Valle di San Lucano
Passi e forcelle rotabili
Passi e forcelle montani
Idrografia
Laghi
Lago di Misurina
Lago di Alleghe
Lago di Dobbiaco
Lago di Braies
Lago di Landro
Lago di Auronzo (artificiale),
Lago di Centro Cadore (artificiale)
Lago di Fedaia (artificiale)
Lago di Santa Croce
Lago del Mis (artificiale)
Lago di Molveno
Lago di Tovel
Lago di Carezza
Lago di Barcis (artificiale)
Geologia
La genesi di questo tipo di roccia carbonatica inizia attraverso accumuli di conchiglie, coralli e alghe calcaree e in ambiente marino e tropicale (simile all'attuale barriera corallina delle Bahamas, e dell'Australia orientale), i quali ebbero luogo nel Triassico, circa 250 milioni di anni fa, in zone con latitudine e longitudine molto diverse dall'attuale locazione delle Dolomiti, dove esistevano mari caldi e poco profondi. Sul fondo di questi mari si accumularono centinaia di metri di sedimento che, sotto il loro stesso peso e perdendo i fluidi interni, si trasformarono in roccia. Successivamente, lo scontro tra la placca europea e la placca africana (orogenesi alpina) fece emergere queste rocce innalzandole oltre 3000 m sopra il livello del mare.
Sintetizzando, la storia orogenetica dolomitica è la seguente:
270-235 milioni di anni fa le rocce sedimentarie si accumulano in terra e in mare. Si formano atolli e barriere coralline, spesso sconvolti da eruzioni vulcaniche;
235-180 milioni di anni fa, calcari e dolomie si accumulano sul fondo di lagune piatte e costiere;
180-80 milioni di anni fa mari profondi permettono l'accumulo di calcari e marne in spessi strati,
20 milioni di anni fa nascono le montagne attraverso la deformazione degli antichi fondali. La placca africana si scontra con quella euroasiatica facendo sollevare le Dolomiti (ad esempio il Gruppo del Sella che si erge per quasi mille metri sul paesaggio circostante era un'unica grande barriera corallina).
Un evidente ed assai interessante esempio di stratificazione geologica delle rocce è presente nel canyon del Bletterbach in Alto Adige. Sul Pelmetto in Cadore e ai Lavini di Marco presso Rovereto vi sono impronte fossili di dinosauro.
Il paesaggio attuale è spigoloso e ricco di dislivelli. A determinare tale trasformazione sono stati i piegamenti e le rotture delle rocce lungo piani di scorrimento (faglie), ai cui movimenti corrispondono altrettanti terremoti; episodiche esplosioni vulcaniche e relativi depositi; erosioni differenziali legate agli agenti atmosferici e ai piani di debolezza insiti nelle rocce. Ne risulta una topografia molto articolata in strutture verticali (pale, guglie, torri, pinnacoli, denti, campanili) ed orizzontali (tetti, cornicioni, spalti, cenge, plateau).Si possono osservare le testimonianze di periodi a clima temperato, precedenti a quelli glaciali, ma soprattutto dominano le forme di erosione ed accumulo legate ai periodi glaciali, gobbe rocciose levigate e striate dal ghiaccio (rocce montonate), valli sospese, circhi glaciali, depositi di morene, tracce di antichi suoli gelati (permafrost), testimonianze delle pressioni esercitate dalle masse glaciali.
L'innalzamento delle rocce dolomitiche è tuttora in corso. Oggi le Dolomiti mostrano il biancore dei carbonati di scogliera corallina, l'acutezza di rocce coinvolte in orogenesi recenti, le incisioni di potenti agenti esogeni (ghiacciai, vento, pioggia, freddo-caldo). Frequenti sono i macereti (depositi detritici), mentre ghiacciai e nevai sono presenti anche se non di grande estensione (il più esteso è quello della Marmolada. Importante anche quello di Fradusta nelle Pale di San Martino). Fenomeni di erosione sono alla base di particolari formazioni geologiche, le Piramidi di terra in Alto Adige e a Segonzano in Trentino.
Nel futuro geologico, le Dolomiti continueranno a crescere inglobando nuovi settori di rocce sospinte dallo scontro tra le placche europea e africana (analogamente a quanto succede per la catena himalayana); la scomparsa di questa spinta determinerà il prevalere degli agenti esogeni tendenti ad appianare e addolcire il paesaggio montano (come è successo negli Urali).
È anche da ricordare una particolare distribuzione di cime dolomitiche che costituisce la Meridiana di Sesto, nelle Dolomiti di Sesto Pusterìa.
Il fenomeno dellEnrosadira
In virtù della particolare composizione chimica e all'elevata riflettanza che essa conferisce al minerale, se particolari condizioni meteorologiche lo permettono, si dà un fenomeno caratteristico delle Dolomiti, detto enrosadira. Ossia quando le montagne assumono al tramonto una colorazione rosa che passa gradatamente al viola. Anche in questo caso il fenomeno venne attribuito dal folclore ad un incantesimo, nella saga di Re Laurino.
Ambiente
Flora
Fino a 1800 m (versanti nord) o 2.200 m (versanti soleggiati) la vegetazione è formata principalmente da boschi di conifere (abete rosso, abete bianco, pino silvestre e larice), mentre nelle alte quote da boschi di larice, cirmolo e cespuglietti di mughi. Il “pino mugo” legnoso, resistente a tutte le bufere, trattiene le nevi, protegge dalle valanghe, e fornisce una sostanza medicamentosa detta “olio di mugo”. Un altro nome del pino mugo è barancio (nelle Dolomiti di Sesto si trovano i gruppi dolomitici della rocca dei Baranci e della Croda dei Baranci). Nelle Dolomiti è presente anche il ginepro che è ad arbusteto e costituisce vasti tappeti con gli arbusteti del mirtillo, dell'erica e del rododendro alpino i quali sono ampiamente diffusi. Al di sotto dei 1200-1000 metri troviamo boschi di latifoglie: faggio, quercia (rovere, roverella), betulla, nocciòlo, castagno, frassino, acero di monte, ornello. In zone ricche di acqua, sul fondovalle, crescono il salice e l'ontano.
Sono presenti anche diversi pascoli in alta quota, come ad esempio l'alpe di Siusi, gli altipiani Ampezzani e Pian dei Buoi.
Dai boschi di abete rosso (o peccio) di certe zone (come quelli della val di Fiemme, di Paneveggio o attorno al lago di Carezza) si ricava il legno per le casse armoniche degli strumenti musicali: è labete di risonanza. Il popolo del Cadore, fiero delle sue peccete, volle rappresentare nel suo stemma un abete rosso avvinto da due torri.
Importanti come habitat sono pure i luoghi umidi: le torbiere, i siti alluvionali dei torrenti glaciali, le sorgenti, gli specchi d'acqua libera, i prati umidi (molineti), le pozze d'alpeggio, le pozze di risorgiva. Tra i laghi, particolare è il lago di Tovel in Trentino in quanto, a causa di un microrganismo, assumeva in passato una colorazione rossastra. I laghetti delle Dolomiti, come in genere quelli delle Alpi, sono oligotrofi. I più noti e pittoreschi laghi dolomitici sono: il lago di Tovel, il lago di Molveno, il lago di Carezza, il lago di Braies, il lago di Dobbiaco, il lago di Landro, il lago di Misurina, il lago d'Antorno, il lago di Auronzo, il lago di Alleghe.
Innumerevoli sono i tipi di fiori che costituiscono la flora alpina dolomitica, come ad esempio: la stella alpina alle alte quote (originaria degli altopiani aridi dell'Asia centrale), alcuni tipi di genziana, alcuni tipi di sassifraghe (saxifraga), il giglio martagone, la campanula (campanula del Moretti e campanula scheuchzeri), l'azalea alpina del genere rhododendron, l'ambretta strisciante (geum reptans) su macereti e morene, vari tipi di Ranuncolacee (come il botton d'oro, il ranuncolo dei ghiacciai e la clematide alpina), la vitalba alpina, la daphne striata, la miosòtide (o myosotis, noto anche come "non-ti-scordar-di-me"), vari tipi di orchidea, la viola, il ciclamino delle Alpi, il colchicum, il croco, l'astro alpino, il garofano dei ghiacciai, la pulsatilla alpina o anemone alpino, il senecio, la soldanella, la veronica gialla delle rocce (abitatrice delle fessure delle rocce), la nigritella, l'arnica, il narciso, il cardo, il camedrio alpino, il papavero alpino retico, il geranio sanguineo, la pinocchiella delle rupi, il brugo, la valeriana nana, l'aquilegia azzurra, la peonia selvatica, il dente di cane, la primula minima, il leontodon, il raponzolo di roccia, l'androsace alpina e l'androsace di Hausmann, il giacinto di montagna.
Fauna
Nelle Dolomiti vivono numerose specie di mammiferi e roditori: il capriolo, il cervo, il camoscio, lo stambecco, il cinghiale, la marmotta, la martora, lo scoiattolo, il tasso, la donnola, la faina, la puzzola, la talpa, la volpe, la lepre, il ghiro, il riccio. Molto rara è la lontra, ritornata in questi ultimi anni (Alto Adige, Carnia e Cadore). In alcune zone vivono l'orso bruno, la lince e il lupo. Negli ultimi anni in alcune zone (tra Friuli e Trentino-Alto Adige) è stata accertata la presenza dello sciacallo dorato proveniente dalla penisola balcanica.
Tra gli uccelli si ricordano: l'aquila reale, il falco pellegrino, l'astore, la poiana, il gheppio, lo sparviero, il biancone, il gipeto, il corvo, il gallo forcello, la civetta, il barbagianni, l'urogallo, il picchio, l'upupa, lo sparviero, il fagiano di monte, il francolino di monte, il gufo, la pernice bianca, il merlo e il merlo acquaiolo, il gracchio alpino, la ghiandaia, l'allocco, la coturnice, il tordo, il pettirosso.
Tra gli anfibi vivono la rana alpina, il rospo, la lucertola, il ramarro, il tritone alpestre, la salamandra, la salamandra alpina, l'ululone. Tra i rettili velenosi vi sono la vipera e il marasso. Sono presenti pure la biscia dal collare, il biacco, la coronella austriaca, il saettone, l'orbettino.
I pesci autoctoni sono rappresentati a fondo valle dalla trota marmorata, dallo scazzone e dal temolo. Oltre gli 800-1000 m.s.l.m. è presente quasi esclusivamente la trota fario che nelle zone di transizione degli areali dà luogo a popolazioni ibride Fario-Marmorata.
Seppur rarissimo, nei fondovalle a quote meno elevate ed occasionalmente fino a 1000-1400 m.s.l.m., è presente il gambero di fiume.
Antropizzazione
Le prime frequentazioni degli esseri umani nelle Dolomiti risalgono all'11.500 a. C. L'insediamento stanziale nelle valli dolomitiche è ben documentato dall'età del bronzo. Nel corso del I millennio avanti Cristo le Dolomiti furono popolate dai Reti e colonizzate pure dai Celti, popoli che ebbero rapporti commerciali anche con gli Etruschi. Successivamente il territorio fu occupato dai Romani che, in età imperiale, divisero l'area tra le province di Raethia e Noricum a nord e la X Regio Venetia et Histria a sud. Il contatto tra le popolazioni retiche indigene e quelle latine diede origine ad una nuova cultura e lingua: il ladino. Nell'alto Medioevo (VI secolo) vi giunsero i Longobardi. Dall'XI secolo si formarono nell'area dolomitica forme di autogoverno delle comunità locali (Magnifiche Comunità o Regole), esercitate per mezzo di statuti votati democraticamente (le Carte di Regola o Statuti).
Durante il periodo fra i secoli XIV e XVIII il territorio dolomitico fu diviso in due grandi aree d'influenza austroungarica e veneta. I principati vescovili di Trento e Bressanone facevano parte del Sacro Romano Impero, mentre il Bellunese (tranne il comune di Cortina d'Ampezzo che fu dell'Impero fra il 1511 e il 1918) e la Carnia appartenevano alla Repubblica di Venezia la quale in Carnia e in Cadore si sostituì al dominio del patriarcato di Aquileia nel XV secolo. La Carnia fu territorio austriaco fra il 1814 e il 1866. Il Bellunese, come tutto il Veneto, entrerà a far parte del Regno d'Italia nel 1866 dopo la terza guerra d'indipendenza, tranne, come già accennato, la zona di Cortina d'Ampezzo. Il Trentino-Alto Adige entrerà a far parte del Regno d'Italia nel 1918 al termine della prima guerra mondiale.
Quanto poi agli insediamenti umani, nell'area sudtirolese tedescofona prevale il cosiddetto maso chiuso, mentre nella zona ladina (Badìa e Gardena, Trentino, Bellunese) prevalgono le cosiddette viles, nuclei compatti di case addossate le une alle altre. Sono dominanti due diversi modelli culturali: sull'area germanofona prevale il modello germanico, basato su un'organizzazione per nuclei monofamiliari con prevalenza dell'allevamento sull'agricoltura e quindi caratterizzato da ampie superfici a pascolo generalmente indivise; nell'area di cultura romanza è invece diffuso il modello romano, con un'organizzazione sociale in piccole comunità regolate dal diritto romano e dedite prevalentemente all'agricoltura e alla silvicoltura.
Già si è ricordato che le Dolomiti sono dette, da una leggenda popolare, "Monti Pallidi". Numerosi sono i cicli di leggende e i racconti che trattano di popolazioni remote (Fanes Cayuteres, Croderes, Marmaroles da cui Marmarole, ecc.) che abitavano mitici regni, dando vita a scontri leggendari e intrecciando relazioni con magiche presenze nella natura circostante (maghi, gnomi, giganti, fate, streghe, orchi, spiriti, ondine). La versione originale è in lingua ladina, raccolte alla fine dell'Ottocento da Giovanni Battista Alton e successivamente da Hugo de Rossi. Quasi negli stessi anni Karl Felix Wolff raccolse le saghe relative al filone relativo al Regno dei Fanes, rimaneggiò la materia con una certa libertà e le tradusse in tedesco. La sua opera ebbe una grande diffusione a livello internazionale.
Diverse valli dolomitiche in epoca preistorica e protostorica erano abitate - secondo la tradizione - dai salvàns (uomini) e dalle anguane (donne), gente dalla corporatura massiccia, di media statura, dai capelli nerissimi, con barba nera e lunga. Vestivano con pelli di animali cacciati ed erano armati di grossi bastoni nodosi ed aste appuntite o munite di una punta di pietra. Abitavano in grotte o tuguri di tronchi di legno e pelli di animali. Si cibavano di prodotti dei boschi e della carne degli animali cacciati. A poco a poco abbandonarono gli insediamenti più favorevoli di fondovalle e si rifugiarono nei boschi, poiché erano minacciati dal moltiplicarsi dei villaggi e delle genti guerriere (probabilmente indoeuropei) che erano giunte per insediarsi e poi diffondersi sempre di più.
Tutela
Numerosi parchi naturali proteggono questa particolare natura e vari comitati ad hoc si sono impegnati nel proporre le Dolomiti come Patrimonio dell'umanità dell'UNESCO, tentativo coronato da successo il 26 giugno 2009, quando a Siviglia i ventuno componenti del World Heritage Committee hanno deciso all'unanimità di includere la quasi totalità delle Dolomiti nell'elenco dei patrimoni naturali. La candidatura era stata inizialmente avanzata nel 2004 dal Ministero dei Beni Culturali, ma era stata bocciata dall'UNESCO nel maggio 2006. Successivamente il gruppo di lavoro UNESCO del Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, coordinato dal prof. Pier Luigi Petrillo, ha ripresentato i due dossier di candidatura, avviando, contestualmente, un intenso negoziato con i 165 paesi membri della Convenzione e i 37 paesi membri del Comitato. A conclusione del negoziato, durato due anni e mezzo, l'Autorità indipendente di valutazione delle candidature naturalistiche, l'IUCN, ha espresso parere favorevole alla candidatura. Da ultimo, a Siviglia, nel giugno 2009, la squadra coordinata dal prof. Petrillo ha condotto gli ultimi finali negoziati ottenendo il riconoscimento dell'UNESCO che "certifica" l'unicità, nel mondo, delle Dolomiti.
I nove sistemi dolomitici protetti dall'UNESCO
Il bene "Dolomiti UNESCO" comprende nove sistemi dolomitici:
Aree naturali protette
Parco nazionale delle Dolomiti Bellunesi
Parco naturale regionale delle Dolomiti d'Ampezzo
Parco naturale Fanes - Sennes - Braies
Parco naturale Paneveggio - Pale di San Martino
Parco naturale dello Sciliar
Parco naturale Tre Cime
Parco naturale Puez-Odle
Parco naturale provinciale dell'Adamello-Brenta
Parco naturale delle Dolomiti Friulane
Società
Lingue
Nell'area dolomitica si parlano l'italiano, il tedesco in Alto Adige (area bilinguistica) e, in certe valli, la lingua ladina.
Economia
Turismo
Le Dolomiti, specialmente nella loro parte settentrionale e occidentale, sono intensamente sfruttate ad uso turistico. In particolare le valli delle Province di Trento e Bolzano e la parte alta della Provincia di Belluno basano la propria economia sulla pratica invernale dello sci alpino divenuto popolare con le Olimpiadi invernali di Cortina del 1956. Il Dolomiti Superski unisce poi sotto un unico skipass la quasi totalità dei comprensori sciistici della zona. Più marginali sono invece lo sci di fondo (di cui esistono però vari punti di eccellenza sparsi nelle varie vallate), e lo sci alpinismo che, in costante crescita negli ultimi decenni, vede la continua nascita di nuovi sci club e gare (prevalentemente notturne) tra le quali vanno sicuramente citate la "Dolomiti Sotto le Stelle" e la "Sellaronda Skimarathon".
L'estate è invece il tempo dell'escursionismo e delle scalate, che interessano l'intera area. Le Dolomiti vantano una lunga tradizione escursionistica e alpinistica che nel corso del '900 ha dotato molte montagne di una via di salita segnalata e spesso ferrata per facilitarne l'accesso. Le Vie Ferrate sono estremamente diffuse e non si contano i tipici rifugi alpini e i Bivacchi Fissi che facilitano di molto la salita a questi monti. Altro punto di eccellenza sono le Alte Vie delle Dolomiti: sentieri ben battuti e segnati che consentono di compiere lunghe attraversate a tappe della durata di svariate giornate camminando sempre in quota senza mai scendere a fondovalle. Le due Alte Vie più famose sono l'Alta Via numero 1 dal Lago di Braies a Belluno e l'Alta Via numero 2 da Bressanone a Feltre. L'arrampicata, data la sua estrema variabilità e veloce evoluzione, meriterebbe un capitolo a sé stante: vie alpinistiche (classiche e moderne) in montagna, Big Wall, falesie attrezzate, vaste aree boulder e arrampicata su ghiaccio sono solo alcuni esempi delle varie attività legate a questo sport.
Alcune fra le località di villeggiatura più conosciute presenti nelle vallate dolomitiche sono: Cortina d'Ampezzo nella Conca Ampezzana, Auronzo di Cadore-Misurina in val d'Ansiei, Rocca Pietore-Marmolada nella val Pettorina, Agordo nella Conca Agordina, Selva, Santa Cristina e Ortisei in Val Gardena, Dobbiaco e Sesto in val Pusteria, Castelrotto ai piedi dell'alpe di Siusi, Canazei, Campitello di Fassa e Moena nella val di Fassa, Falcade in valle del Biois, San Martino di Castrozza nel Primiero, Arabba nella valle di Livinallongo, Corvara, La Villa, San Cassiano, Badia in val Badia, Madonna di Campiglio in val Rendena, Sappada e Forni di Sopra in Friuli Venezia Giulia.
Un altro tipo di turismo è rappresentato dai luoghi legati ai combattimenti del fronte italiano della prima guerra mondiale: tra questi ricordiamo il Pasubio nelle Piccole Dolomiti (Strada delle 52 gallerie e Dente Italiano). Sul Monte Rite, nel comune di Cibiana di Cadore, è possibile visitare il museo MMM Dolomites dedicato alla storia dell'esplorazione e dell'alpinismo nelle Dolomiti. Alcune località turistiche storiche assieme alle montagne più famose hanno assunto durante il turismo Romantico a cavallo tra '800 e '900 degli appellativi o "soprannomi" (spesso confusi tra loro dai media) che risultano però diffusi ancor oggi:
Allevamento
L'allevamento, praticato da secoli dalla popolazione in modo tradizionale, secondo la modalità dell'alpeggio, ha anche un'attrattiva turistica, ed è oggi praticato principalmente per la produzione alimentare artigianale.
Artigianato
In alcune zone delle Dolomiti l'artigianato tipico (sculture in legno) ha una grande tradizione e assume un importante ruolo economico.
Cultura
Nei media
Nelle Dolomiti sono state girate alcune scene di vari film, tra cui La Pantera Rosa (The Pink Panther) di Blake Edwards (1963), Per favore, non mordermi sul collo! di Roman Polański (1967), L'ultimo imperatore di Bernardo Bertolucci (1987), Solo per i tuoi occhi con Roger Moore (1981), Cliffhanger con Sylvester Stallone (1993) e The Italian Job di F. Gary Gray (2003), oltre alla serie televisiva Un passo dal cielo con Terence Hill (2010).
Note
Bibliografia
Maria M. Gordon Ogilvie, Das Grödener-, Fassa- und Enneberggebiet in den Südtiroler Dolomiten. Geologische Beschreibung mit besonderer Berücksichtigung der Überschiebungserscheinungen, 2 volumi (Abhandlungen der geologischen Bundesanstalt, XXIV,1-2), Vienna, Geologische Bundesanstalt, 1927.
Bosellini A., 1996. Geologia delle Dolomiti. Bolzano: Casa editrice Athesia. 191 pp.
Claudio Cima, Scopriamo insieme i parchi delle Dolomiti, Ist. Geografico De Agostini, 1994.
Claudio Cima, I laghi delle Dolomiti, Edizioni Mediterranee, 1996.
Leonardi P. et al., 1967. Le Dolomiti. Geologia dei monti tra Isarco e Piave. Rovereto: Manfrini Editore. 1019 pp.
Franco de Battaglia e Luciano Marisaldi, Enciclopedia delle Dolomiti, Bologna, Zanichelli, 2000. ISBN 978-88-08-09125-3
Petrillo P.L., Le Dolomiti patrimonio dell'Umanità, https://web.archive.org/web/20151208080816/http://www.rivistasitiunesco.it/articolo.php?id_articolo=92 in Rivista Siti UNESCO
Provincia di Belluno, Provincia Autonoma di Bolzano-Alto Adige Autonome Provinz Bozen-Südtirol, Provincia di Pordenone, Provincia Autonoma di Trento, Provincia di Udine, Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia, 2008. Nomination of the Dolomites for inscription on the World Natural Heritage List UNESCO. Nomination Document. 363 pp. https://web.archive.org/web/20131225070444/http://fondazionedolomitiunesco.org/documentazione-2/01_DOLOMITES_nomination_document_jan2008_1236608233_1294933181.pdf
Reinhold Messner e Jakob Tappeiner, Dolomiti: le più belle montagne della terra, Lana, Tappeiner, 2002. ISBN 88-7073-317-3
Reinhold Messner, Ursula Demeter, Georg Tappeiner, Dolomiti: patrimonio dell'umanità, Bolzano, Tappeiner, 2010. ISBN 978-88-7073-561-1
Voci correlate
Alpeggio
Ciclabile delle Dolomiti
Dolomia
Dolomite
Dolomiti (sezione alpina)
Dolomiti lucane
Geologia
Museo geologico delle Dolomiti
Rifugi delle Dolomiti
Via ferrata
Altri progetti
Collegamenti esterni
http://www.treccani.it/enciclopedia/dolomiti/
Gruppi montuosi del Trentino-Alto Adige
Gruppi montuosi del Veneto
Patrimoni dell'umanità d'Italia |
1577 | https://it.wikipedia.org/wiki/D%C3%A9odat%20de%20Dolomieu | Déodat de Dolomieu |
Biografia
Dolomieu è un villaggio francese dell'Isère, il dipartimento con capoluogo Grénoble. È qui che nacque, Déodat, nel castello dei marchesi Gratet de Dolomieu, quarto di undici figli del marchese. Il nome Dieudonné, con cui è anche conosciuto, è la traduzione francese di Déodat.
Il padre lo aveva iscritto molto presto, verso i 3 anni, all'Ordine di Malta, destinandolo così alla carriera religioso-militare. Questo avrebbe segnato tutta la sua vita, giacché gli avrebbe permesso di viaggiare e di soddisfare la sua passione scientifica, ma avrebbe avuto anche conseguenze drammatiche, come si vedrà più avanti.
Malgrado il titolo nobiliare, Dolomieu riuscì a compiere un triennio di studi a Parigi. Dopo nel 1756 iniziò il noviziato (cd. carovana) con le navi dell'Ordine a Malta e nel Mediterraneo, per divenire cavaliere. Sfidato a duello da un altro cavaliere a Gaeta Deodat fu costretto dall'onore a battersi e lo uccise; come punizione era prevista l'espulsione e il carcere a vita, dal momento che l'Ordine di Malta proibiva i duelli. Tuttavia si appellò al Papa Clemente XIII, che gli concesse il perdono dopo solo un anno di carcere.
Nel 1769 ritornò al paese natale e compì i primi viaggi " naturalistici" in Francia. Durante un viaggio nelle alpi svizzere il padre morì improvvisamente. Il 12 novembre 1778 Dolomieu prendeva i voti solenni a Lione ed entrava come cavaliere professo nell'Ordine di Malta. Nel 1780 prese casa a Malta e ottenne le discrete rendite della commenda di Sant'Anne in Auvergne. Dolomieu poté così smettere il servizio attivo come cavaliere, per dedicarsi agli studi e ai viaggi naturalistici e geologici; lo attirano in particolare i vulcani e le formazioni geologiche dell'Italia meridionale. Si avventura nel 1781 alla scoperta delle isole Lipari e ne scrive un dettagliato diario. Uomo di mondo, frequenta non solo isole, monti e valli alpestri ma anche Firenze, Roma e la corte papale; ha un fisico alto e robusto e riscuote successo con le donne. Nel 1785 tornò a Malta dove studiò come migliorare l'arte della panificazione, per avere forni moderni e più efficienti. Nel 1789 a Roma conosce Goethe e viene ritratto dalla pittrice svizzera Angelika Kauffmann. Le notizie dello scoppio della Rivoluzione francese lo raggiungono mentre è probabilmente a Bologna, dove sta organizzando il viaggio che lo condurrà in Tirolo lungo la strada di Alemagna, da Venezia a Innsbruck. Perdette le rendite della commenda, ma riuscì ad attraversare quasi indenne la Rivoluzione francese, rifugiandosi nel 1790 da Roma a Malta, dove rimase fino al 1791. Nel 1792 Dolomieu rientrò in patria. Dal 1794 ricevette incarichi dalla Repubblica grazie alle riconosciute competenze scientifiche: seguiva la "Scuola delle Miniere" durante l'inverno, mentre d'estate faceva viaggi di ispezione sui lavori di estrazione. Riprende le sue esplorazioni montane sul territorio francese.
Dolomieu ebbe una fine di vita drammatica. Nel 1798 aveva aderito d'impulso alla spedizione scientifica che accompagnava la spedizione in Egitto di Napoleone, ma durante il viaggio Napoleone inaspettatamente occupò l'isola di Malta, con uno stratagemma. Il generale chiede a Dolomieu di negoziare la resa dei cavalieri, assediati a la Valletta e nelle altre fortezze. Dolomieu prima si oppose, ma poi, temendo le ire di Napoleone, acconsentì, nell'intento di favorire, per quanto possibile, i suoi confratelli. Alla fine, grazie ad alcune vaghe concessioni, Napoleone concede ai cavalieri di andarsene, incamera i loro beni e occupa l'isola senza colpo ferire. Da quel momento, Dolomieu ne diviene un deciso oppositore. La campagna d'Egitto non andò bene, Dolomieu studiò il delta del Nilo e assistette alla disfatta di Abukir, si ammalò di peste e dopo la guarigione, chiese di tornare in Francia. Di ritorno dall'Egitto, la sua nave però naufragò in Calabria e Dolomieu rimase imprigionato a Messina per 21 mesi con regime di carcere duro, per ordine di Maria Carolina d'Asburgo-Lorena, regina di Napoli. I motivi di tale trattamento sono poco chiari, la sovrana attuava comunque una feroce politica antifrancese, dopo la morte sulla ghigliottina della sorella Maria Antonietta.
Visto che Dolomieu era massone, il principe Carlo d'Assia, allora Gran maestro della massoneria tedesca, su consiglio di Friederich Münter, si rivolse a Don Diego Naselli dei principi d'Aragona, Gran maestro della Gran Loggia Nazionale di Napoli, perché ne facilitasse la scarcerazione. Lo scienziato rimase però prigioniero nella Cittadella dal giugno del 1799 al marzo del 1801 e ritrovò la libertà solo dopo la vittoria dell'esercito francese a Marengo: la sua liberazione fu una delle clausole imposte da Napoleone nel trattato di pace di Firenze.
Provato dalla prigionia, dopo un ultimo viaggio di studio nelle Alpi italiane e svizzere di quasi 100 chilometri, rientrò in Francia.
Mentre stava redigendo il diario di viaggio, si ammalò e morì in casa della sorella Alexandrine a Châteauneuf il 28 novembre 1801, a 51 anni. Pochi mesi prima aveva dato alle stampe la sua ultima opera, scritta durante la prigionia, annotandola sui margini dell'unico libro che gli era stato lasciato, una Bibbia.
Formazione e studi
Dolomieu era portato per le scienze e la matematica, ma all'epoca era considerato disdicevole per i figli cadetti di famiglie nobili fare qualcosa di diverso dalla carriera militare o ecclesiastica. Ricevette pertanto un'educazione classica, dopo la quale però si rivolse alla chimica e alle scienze naturali; sostenuto da una viva intelligenza e da un acuto spirito di osservazione, si consacrò presto alle scienze della terra, la geologia.
A 25 anni, dopo aver studiato a Metz dove era di guarnigione, cominciò a studiare la formazione del salnitro nelle miniere della Bretagna. Viaggiò poi in Portogallo, a Malta, in Italia (dove studiò l'Etna e gli effetti del terremoto calabro-siculo del 1783, le isole Eolie, Ustica e Pantelleria), in Egitto. Nel 1783 a Parigi pubblicò «Voyage aux iles de Lipari fait en 1781, ou Notices sur les iles Eoliennes, pour servir a l'Histoire des Volcans».
Il suo studio sugli effetti del terremoto, che fu pubblicato simultaneamente in Francese, Italiano, Tedesco e Inglese, sottolineava la maggiore distruttività del sisma su edifici costruiti su terreni alluvionali; un fenomeno di grande importanza riscoperto ripetutamente da geologi e ingegneri.
Dolomieu descrisse così molti minerali nuovi o mal conosciuti, come l'analcime (volgarmente detto "occhio di gatto"), lo psilomelano, il berillo, lo smeraldo, la celestite e anche l'antracite. Ma la notorietà gli venne dalla scoperta della dolomia.
Nel 1791, Dolomieu pubblicò nel «Journal de physique» un articolo intitolato "Su un genere di pietre calcaree molto poco effervescente con gli acidi e fosforescente per collisione". Aveva scoperto questa roccia nelle Alpi, e ne mandò alcuni campioni a Théodore-Nicolas De Saussure, a Ginevra, per analizzarli. Fu questo scienziato che attribuì il nome di dolomia alla roccia e di dolomite al minerale in essa contenuto, in omaggio al suo scopritore, nel marzo 1792, in una lettera inviata allo stesso Dolomieu.
La regione delle Alpi sarà chiamata Dolomiti solo molto più tardi: nel 1864 Josiah Gilbert e George Churchill, un pittore e un naturalista, pubblicarono a Londra il resoconto dei loro viaggi col titolo The Dolomite mountains. Il nome si diffuse in Italia solo dopo la Grande Guerra, quando questo territorio entrò a far parte del Regno d'Italia.
Note
Opere
Déodat de Dolomieu, Viaggi nelle Alpi (a cura di Enrico Rizzi), Fondazione Enrico Monti e Fondazione Maria Giussani Bernasconi, Anzola d'Ossola 2006; ISBN 88-85295-51-7
(questa è la prima edizione dei suoi taccuini)
Déodat de Dolomieu, Voyage aux iles de Lipari fait en 1781, ou Notices sur les iles Eoliennes, pour servir a l'Histoire des Volcans, ed. Cuchet, Parigi 1783, Memoria presentata all'Académies des Science il primo febbraio 1783 e poi pubblicata in un unico volume con le due seguenti:
Volcan d'une nouvelle espèce. Observations sur le phénomène que présente la montagne dite Macaluba en Sicile
Essai sur la température du climat de Malthe et sur les sensations qu'elle produit, memoria presentata all'Académie des Sciences il 9 aprile 1783.
Sur les îles Ponces et les produits volcaniques de l'Etna, 1788
Memoria sopra i terremoti della Calabria Ulteriore nell'anno 1783, 1785
"Sur un genre de pierres calcaires très peu effervescentes avec les acides et phosphorescentes par la collision", in Observations et Mémoires sur la Physique, sur l'Histoire Naturelle et sur Arts et Métiers, ottobre 1791, Vol. 39, pp. 3-10.
Mémoire sur la constitution physique de l’Égypte, 1793
Sur la philosophie minéralogique et sur les espèces minéralogiques, 1801
Bibliografia
Josiah Gilbert e George Churchill, Le montagne dolomitiche: escursioni attraverso il Tirolo, la Carinzia, la Carniola e il Friuli, 1861, 1862, 1863, opera del 1864 tradotta da Rinaldo Derossi, ristampa Nuovi Sentieri, Belluno 2002.
Voci correlate
Geologia
Mineralogia
Dolomia
Dolomite
Dolomiti
Altri progetti
Collegamenti esterni
Massoni |
1578 | https://it.wikipedia.org/wiki/Digitalis | Digitalis | Digitalis L., 1753 è un genere di piante erbacee o arbustive della famiglia delle Plantaginaceae.
Etimologia
Il primo studioso ad introdurre il nome del genere (Digitalis) fu il botanico e fisico germanico Leonhart Fuchs (17 gennaio 1501 – 10 maggio 1566); il termine significa “ditale” e indubbiamente il fiore ricorda questo utile oggetto. In seguito fu il botanico francese Joseph Pitton de Tournefort (Aix-en-Provence, 5 giugno 1656 – Parigi, 28 dicembre 1708) ad elevare questo termine a valore di genere ed infine fu Carl von Linné (Rashult, 23 maggio 1707 – Uppsala, 10 gennaio 1778), biologo e scrittore svedese, considerato il padre della moderna classificazione scientifica degli organismi viventi, che nella pubblicazione "Species Plantarum - 2: 621. 1753" completò questo genere con una dozzina di specie.
Descrizione
Le specie di questo genere sono mediamente alte (da 5 cm fino a 1 metro); la forma biologica prevalente è emicriptofita scaposa (H scap), ossia sono piante perennanti con gemme situate alla base del terreno e con fusti a infiorescenza terminale. Sono presenti anche cicli biologici bienni (nel primo anno si forma una rosetta basale di foglie; nel secondo la fioritura) e, raramente, forme biologiche suffrutescenti (con base legnosa). L'indumento può essere glabro oppure da ghiandolare-pubescente a densamente villoso.
Radici
Le radici sono ramose.
Fusto
Il fusto è eretto, arrotondato, pubescente o glabro. È inoltre semplice (non ramificato) e ingrossato alla base.
Foglie
Le foglie in genere sono pubescenti, soprattutto sulla pagina inferiore, e si dividono in:
foglie basali: le foglie basali, picciolate, sono semplici con una forma da lineare-spatolata o lineare-lanceolata a ovoidi, acute all'apice. I bordi possono essere interi oppure da dentati a seghettati o crenati;
foglie cauline: le foglie cauline sono progressivamente ridotte, sessili e a disposizione alterna lungo il fusto.
Infiorescenza
L'infiorescenza è formata da un racemo terminale bratteale (alla base di ogni pedicello è presente una brattea). Generalmente i fiori hanno una disposizione unilaterale (specialmente quelli superiori) causata dalla torsione dei pedicelli. I singoli fiori sono inoltre penduli, questo per proteggere il polline e il nettare dalla pioggia.
Fiore
I fiori sono ermafroditi, leggermente attinomorfi quasi zigomorfi, tetraciclici (composti da 4 verticilli: calice – corolla – androceo – gineceo), pentameri (calice e corolla divisi in cinque parti).
Formula fiorale. Per la famiglia di queste piante viene indicata la seguente formula fiorale:
X o * K (4-5), [C (4) o (2+3), A 2+2 o 2], G (2), capsula.
Calice: il calice gamosepalo, persistente e campanulato è diviso profondamente in cinque lobi embricati con forme varie; le divisioni arrivano fin quasi alla base del calice stesso. Dei cinque lobi quello posteriore spesso è più stretto degli altri. Sul calice sono presenti dei peli ghiandolari.
Corolla: la corolla è simpetala a forma sub-campanulata con fauci oblique; nella zona dell'ovario è lievemente contratta e prende una forma più tubolare (è la parte che contiene il nettare). La corolla termina in cinque lobi non molto incisi; quello superiore è ricurvo, dentellato e più corto; mentre quello inferiore è più lungo degli altri (per questo può essere considerata debolmente bilabiata - il labbro inferiore ha tre lobi). La corolla nel suo interno è ricoperta di macchie (simili a quelle del leopardo) che nella fase finale dell'antesi s'inscuriscono; sempre nella parte interna della corolla sono presenti delle setole pelose. I colori della corolla sono giallo, bianco e porpora.
Androceo: gli stami sono quattro (cinque in alcuni casi) didinami (due lunghi e due corti che si toccano a coppie) e sono inclusi nella campana corollina. Sono posizionati contro il lato posteriore o superiore della corolla. Le antere, divaricate e confluenti al margine, maturano prima degli stigmi.
Gineceo: lo stilo è unico con stimma bilobo su un ovario, ovoide e conico, supero formato da due carpelli (ovario sincarpico). Lo stilo si presenta bilobo. Sotto l'ovario è posto l'anello nettarifero.
Frutti
Il frutto è del tipo a capsula prolungata in un becco acuto e dall'aspetto peloso-ghiandoloso. All'interno sono disposte due logge a deiscenza “septicida” (ossia è un frutto che si apre per fenditure longitudinali) : vengono così dispersi al vento un gran numero di piccolissimi semi. La forma dei semi è angolosa con testa reticolata. Nella fruttificazione inoltre il calice è persistente. I semi maturano in settembre.
Riproduzione
Impollinazione: l'impollinazione avviene tramite insetti (impollinazione entomogama). Le antere maturano prima degli stimmi (potenzialmente è possibile quindi una autoimpollinazione), ma indubbiamente è anche chiaro che tutta la struttura del fiore è predisposta per favorire l'impollinazione entomofila soprattutto da parte dei calabroni.
Riproduzione: la fecondazione avviene fondamentalmente tramite l'impollinazione dei fiori (vedi sopra).
Dispersione: i semi cadendo a terra (dopo essere stati trasportati per alcuni metri dal vento – disseminazione anemocora) sono successivamente dispersi soprattutto da insetti tipo formiche (disseminazione mirmecoria).
Distribuzione e habitat
La distribuzione delle specie di questo genere è mediterranea; dall'Europa all'Asia centrale.
Larve della Eupithecia pulchellata, una falena, ne consumano i fiori come cibo. Altre specie di lepidotteri, come la noctua comes, mangiano le foglie.
Distribuzione alpina
Solamente 3 delle 6 specie presenti sul territorio italiano si trovano anche sulle Alpi. La tabella seguente mette in evidenza alcuni dati relativi all'habitat, al substrato e alla distribuzione delle specie alpine.
Tassonomia
La famiglia di appartenenza (Plantaginaceae) è relativamente numerosa con un centinaio di generi, mentre il genere della Digitalis comprende una ventina di specie di cui mezza dozzina sono presenti nella flora spontanea italiana.
La classificazione tassonomica del genere Digitalis è in via di definizione in quanto fino a poco tempo fa apparteneva alla famiglia delle Scrophulariaceae (secondo la classificazione ormai classica di Cronquist), mentre ora con i nuovi sistemi di classificazione filogenetica (classificazione APG) è stato assegnato alla famiglia delle Plantaginaceae; anche i livelli superiori sono cambiati (vedi il box tassonomico iniziale). Queste piante appartengono alla tribù delle Digitalideae (Dumort.) Dumort. (1829)
Il numero cromosomico delle specie di questo genere varia da: 2n = 56 a 2n = 112.
Struttura del genere
Tradizionalmente le specie di questo genere vengono suddivise in due gruppi principali (per ogni gruppo sono indicate alcune specie):
unità ad aspetto legnoso con fiori gialli e foglie persistenti:
D. obscura (introdotta in Europa nel 1826), D. sceptrum (importata dalle Canarie nel 1777);
unità ad aspetto erbaceo che sono suddivise ulteriormente in:
corolla prolungata in un becco acuto:
D. lutea, D. grandiflora;
corolla ottusa suddivise ulteriormente in:
il lobo mediano del labbro inferiore è più lungo del tubo della corolla:
D. ferruginea, D. lanata;
il lobo mediano del labbro inferiore è più corto del tubo della corolla:
D. purpurea, D. thapsi.
Attualmente le sezioni accettate per questo genere sono le seguenti:
Sect. Frutescentes Benth.: il portamento è piccolo-arbustivo; tutte le parti della pianta sono glabre (ad eccezione della corolla); le foglie hanno una consistenza coriacea e si presentano lucenti; l'infiorescenza è composta da bevi racemi quasi unilaterali; i pedicelli dei fiori hanno delle lunghezze minori di 5 mm; il colore della corolla varia da arancio-giallo a marrone-ruggine con un tubo campanulato-tubolare.
Sect. Digitalis L.: il portamento è erbaceo perenne o bienne; le piante possono essere densamente pubescenti; la superficie delle foglie è più o meno rugosa; l'infiorescenza è composta da racemi unilaterali; i pedicelli dei fiori sono molto lunghi (più di 8 mm); il colore della corolla è viola, rosa pallido o bianco, solitamente macchiato o puntinato all'interno con un tubo a forma campanulata.
Sect. Grandiflorae Benth. (sinonimo: Macranthae Heywood): il portamento è erbaceo perenne o bienne; le piante sono scarsamente pubescenti; la superficie delle foglie è più o meno liscia; l'infiorescenza è composta da racemi unilaterali; i pedicelli dei fiori sono corti (meno di 5 mm); il colore della corolla è giallo ocra, venato più oscuramente nella parte abassiale con un tubo a forma campanulata-ventricosa.
Sect. Tubiflorae Benth.: il portamento è erbaceo perenne; le piante sono sia glabre che pubescenti; l'infiorescenza è composta da racemi con fiori posizionati sia da un lato che altrove; i pedicelli dei fiori sono corti (meno di 5 mm); la corolla ha una forma tubolare leggermente ventricosa.
Sect. Globiflorae Benth.: il portamento è erbaceo prevalentemente perenne; le foglie hanno una consistenza coriacea, sono lisce ed intere; l'infiorescenza è composta da racemi con fiori che puntano in tutte le direzioni; i pedicelli dei fiori sono corti (meno di 5 mm); la corolla ha una forma gonfia e globosa.
Filogenesi
All'interno delle Digitalideae il genere Digitalis, insieme al genere Isoplexis, fa parte del "core" della tribù. La circoscrizione di Digitalis è ancora incerta e secondo gli ultimi studi il genere non è monofiletico (viceversa risulterebbe monofiletico con l'inclusione delle specie di Isoplexis).
Un recente studio filogenetico basato su alcune sequenze (ITS- e trnL-F) del DNA delle specie di questo genere propone una revisione del gruppo includendo come sezione le specie del genere Isoplexis). Dalle analisi eseguite sono stati individuati due cladi principali (I e II) con relativi sottocladi. La tabella seguente mostra la nuova struttura interna del genere confrontata con quella attualmente accetta:
Il cladogramma seguente mostra la struttura cladistica del genere (con indicate le nuove sezioni):
Elenco delle specie del genere
Per questo genere sono indicate come valide le seguenti entità (la distribuzione è relativa all'Europa e all'areale mediterraneo):
Digitalis atlantica Pomel, 1874 - Distribuzione: Algeria
Digitalis cariensis Boiss. ex Jaub. & Spach, 1853 - Distribuzione: Anatolia
Digitalis ciliata Trautv., 1866
Digitalis davisiana Heywood, 1949 - Distribuzione: Anatolia
Digitalis ferruginea L., 1753 - Distribuzione: Europa mediterranea orientale (compresa Anatolia e Siria)
Digitalis grandiflora Mill., 1768 - Distribuzione: Europa (escluso il nord e compresa Anatolia)
Digitalis laevigata Waldst. & Kit., 1804 - Distribuzione: Italia e Penisola Balcanica
Digitalis lamarckii Ivanina, 1955 - Distribuzione: Anatolia
Digitalis lanata Ehrh., 1792 - Distribuzione: Penisola Balcanica e Anatolia
Digitalis leucophaea Sm., 1809 - Distribuzione: Grecia e Anatolia
Digitalis lutea L., 1753 - Distribuzione: Europa occidentale e Marocco
Digitalis mariana Boiss., 1841
Digitalis minor L., 1771
Digitalis nervosa Steud. & Hochst. ex Benth., 1846 - Distribuzione: Transcaucasia
Digitalis obscura L., 1763 - Distribuzione: Spagna e Marocco
Digitalis parviflora Jacq., 1770 - Distribuzione: Spagna
Digitalis purpurea L., 1753 - Distribuzione: Europa occidentale, centrale e del nord, ma non orientale (compreso il Marocco)
Digitalis subalpina Braun-Blanq., 1928
Digitalis thapsi L., 1763 - Distribuzione: Penisola Iberica
Digitalis trojana Ivanina, 1955 - Distribuzione: Anatolia
Digitalis viridiflora Lindl., 1821 - Distribuzione: Penisola Balcanica (meridionale)
Altre checklist includono le seguenti altre specie:
Digitalis dubia Rodr., 1875 - Distribuzione: Isole Baleari
Digitalis macedonica Heywood, 1951 - Distribuzione: Grecia
Digitalis schischkinii Ivanina, 1946
Specie spontanee italiane
Per meglio comprendere ed individuare le varie specie del genere (solamente per le specie spontanee della flora italiana) l’elenco seguente utilizza in parte il sistema delle chiavi analitiche (vengono cioè indicate solamente quelle caratteristiche utili a distingue una specie dall'altra).
Gruppo 1A: i lobi della corolla sono tutti della stessa lunghezza;
Gruppo 2A: il colore della corolla è purpureo e le chiazze sono bianche;
Digitalis purpurea L. - Digitale rossa: l'altezza delle piante varia da 3 a 15 dm; il ciclo biologico è perenne; la forma biologica è emicriptofita scaposa (H scap); il tipo corologico è Ovest - Mediterraneo (Eurimediterraneo); l'habitat tipico le radure boschive e i pascoli montani; sul territorio italiano si trova prevalentemente in Sardegna fino ad una altitudine compresa tra 500 e 1.700 .
Gruppo 2B: il colore della corolla è giallo, quasi bianco;
Gruppo 3A: il tubo della corolla è grosso (10 - 15 mm di diametro);
Digitalis grandiflora L. - Digitale gialla grande: l'altezza delle piante varia da 5 a 10 dm; il ciclo biologico è perenne; la forma biologica è emicriptofita scaposa (H scap); il tipo corologico è Sud Est Europeo - Pontico; l'habitat tipico sono i cedui, le schiarite e i margini dei boschi; sul territorio italiano si trova al Nord fino ad una altitudine di 1.500 .
Gruppo 3B: il tubo della corolla è sottile (2 - 7 mm di diametro);
Digitalis lutea L. - Digitale gialla piccola: larghezza della corolla 5 - 7 mm; lunghezza della corolla 15 - 25 mm. L'altezza delle piante varia da 5 a 10 dm; il ciclo biologico è perenne; la forma biologica è emicriptofita scaposa (H scap); il tipo corologico è Ovest Europeo - (Subatlantico); l'habitat tipico sono i cedui e le radure boschive; sul territorio italiano si trova al Nord fino ad una altitudine compresa tra 800 e 1.500 .
Digitalis lutea subsp. australis(Ten.) Arcang. - Digitale appenninica: larghezza della corolla 2 - 5 mm; lunghezza della corolla 9 - 15 mm. L'altezza delle piante varia da 5 a 9 dm; il ciclo biologico è perenne; la forma biologica è emicriptofita scaposa (H scap); il tipo corologico è Endemica; l'habitat tipico sono i cedui e le radure boschive; sul territorio italiano si trova al Centro e Sud fino ad una altitudine compresa tra 300 e 1.800 . (Nella "Flora d'Italia" di Sandro Pignatti questa entità è chiamata Digitalis micrantha Roth.)
Gruppo 1B: un lobo della corolla è più lungo degli altri
Digitalis ferruginea L. - Digitale bruna: i denti del calice sono arrotondati o troncati all'apice, hanno inoltre un margine bianco (o violaceo) largo 0,5 - 1,3 mm. L'altezza delle piante varia da 4 a 12 dm; il ciclo biologico è perenne; la forma biologica è emicriptofita scaposa (H scap); il tipo corologico è Orofita - Nord Est Mediterraneo; l'habitat tipico sono i cedui e le radure boschive; sul territorio italiano si trova al Centro e al Sud fino ad una altitudine compresa tra 500 e 1.700 .
Digitalis laevigata Waldst. & Kit - Digitale della Rosandra: i denti del calice sono mucronati e non hanno un margine chiaro (raramente è largo 0,1 - 0,2 mm). L'altezza delle piante varia da 4 a 12 dm; il ciclo biologico è perenne; la forma biologica è emicriptofita scaposa (H scap); il tipo corologico è Illirica; l'habitat tipico sono i cedui e le boscaglie; sul territorio italiano si trova solamente sul Carso Triestino fino ad una altitudine di 1.300 .
A questo elenco è da aggiungere la Digitale lanata Ehrh. che spesso in Italia è coltivata.
Ibridi
Sandro Pignatti nella "Flora d'Italia" segnala due ibridi (non sempre riconosciuti da altri Autori):
Digitalis x purpurascens Roth. - Ibrido tra D. purpurea e D. lutea. Simile alla D. lutea ma senza rigonfiamento della corolla e colorata di giallastro sfumato di rosso. Questo ibrido è sempre sterile.
Digitalis x media Roth. - Ibrido tra D. grandiflora e D. lutea. Simile alla D. lutea ma con un evidente rigonfiamento della corolla e altrettanto chiare venature. Questo ibrido è sempre sterile.
Sono possibili anche ibridi tra D. lutea e D. ferruginea.
Altri ibridi:
Digitalis × coutinhoi Samp.
Digitalis × macedonica Heywood
Digitalis × pelia Zerbst & Bocquet
Digitalis × sibirica Lindl.
Coltivazione
È una pianta erbacea biennale, che cresce e si dissemina spontaneamente, poco adatta ai terreni calcarei. La pianta può superare 1 m di altezza.
È risaputo che nel primo anno di vita compaiono solo le foglie, verde scuro.
Poi nel secondo anno, in estate, compare lo stelo che porta i fiori, penduli, a campana, che possono essere di vari colori, tra cui il giallo, il bianco e il rosa.
Le digitali crescono in qualunque posizione, sia in pieno sole che in piena ombra.
Non necessitano di grandi quantità d'acqua, si consiglia perciò di fornirla regolarmente, senza inzuppare il terreno. In autunno spargere del letame maturo sul terreno intorno alla pianta, come nutrimento.
Il terreno preferito deve essere sciolto, drenante, ricco in materia organica e a ph leggermente acido.
Per quanto riguarda la loro moltiplicazione, solitamente le digitali tendono a riseminarsi spontaneamente di anno in anno, divenendo in pratica perenni.
Si può dunque seminare alla fine dell'estate o alla fine dell'inverno, in luogo protetto, mettendo a dimora le piantine in primavera.
Usi medici
La digitale contiene delle sostanze (glicosidi) che hanno un potente effetto sul cuore, quali la digitossina e il lanatoside C, che sono digitalici naturali. Pertanto essa risulta molto utile nella terapia dell'insufficienza cardiaca, come cardiotonico e nello scompenso cardiaco congestizio; tuttavia le stesse sostanze, se assorbite in dosi eccessive, la rendono una pianta notevolmente velenosa o addirittura mortale. In erboristeria vengono usate le foglie, i fiori e i semi.
È stato il medico inglese William Withering, nel 1785, ad annotare che l'ingestione di foglie secche di digitale alleviava l'idropisia.
Nella celebre opera di Vincent van Gogh Ritratto del dottor Gachet, il malinconico medico ha sul tavolo accanto a sé una pianta di Digitalis, all'epoca utilizzata come rimedio fitoterapico per la cura di diverse malattie.
L'autopsia condotta nel 2004 ha portato all'ipotesi dell'avvelenamento con digitalis purpurea, nel 1329, di Cangrande I della Scala, signore di Verona.
Alcune specie
Note
Bibliografia
Altri progetti
Collegamenti esterni
Digitalis eFloras Database
Digitalis IPNI Database
Digitalis The Plant List - Checklist Database
Digitalis EURO MED - PlantBase Checklist Database
Plantaginaceae
Antiaritmici
Piante medicinali e officinali
Piante velenose |
1583 | https://it.wikipedia.org/wiki/Dublino | Dublino | Dublino (AFI: ; in inglese Dublin, AFI: ; in irlandese Baile Átha Cliath, AFI: , traducibile in "città del guado della staccionata", e conosciuta anche come Áth Cliath o, più anticamente, Dubhlind/Duibhlind, , "stagno nero", da cui appunto deriva il toponimo inglese) è la capitale della Repubblica d'Irlanda, oltre che la città più grande e popolata di tutta l'isola. Gli abitanti sono complessivamente 554 554, ma se si considera l'area metropolitana superano il milione. La città è in continua espansione urbanistica ed economica da qualche decennio, e contribuisce al PIL della Repubblica con 60 miliardi di euro.
Fondata dai vichinghi come centro per il commercio di schiavi, la città è situata sulla foce del fiume Liffey, al centro della costa orientale dell'isola e di quella che oggi viene chiamata Dublin Region, affacciata sul mare d'Irlanda. È stata la capitale irlandese sin dai tempi medievali.
La città consiste nella zona amministrata dal Dublin City Council assieme ai contigui sobborghi un tempo appartenenti alla Contea di Dublino, ma ora divisi tra le contee di Dún Laoghaire-Rathdown, Fingal e South Dublin. La Greater Dublin Area si compone di quanto sopra assieme alle contee di Kildare, Meath e Wicklow.
L'inno non ufficiale della città è Molly Malone.
Geografia fisica
Clima
Il clima di Dublino e di tutta l'Irlanda è di tipo oceanico non solo sulle coste ma anche all'interno, perché mancano alte catene montuose in grado di bloccare i venti provenienti dal mare.
Origini del nome
Il toponimo è un adattamento dal gaelico Dubh Linn, "stagno nero", che fa riferimento a uno stagno che esisteva un tempo alla confluenza tra il fiume Poddle e il Liffey. Il nome in gaelico, invece, è Baile Átha Cliath (a volte contratto in Áth Cliath), che significa "città del guado degli ostacoli", ossia un luogo in cui il fiume non era facile da attraversare.
Storia
Prima dell'anno Mille
Le prime notizie sull'esistenza di Dublino, la cui data di fondazione rimane incerta, ci giungono da Claudio Tolomeo (140 d.C.) che vi si riferisce con il nome di Eblana. Per i primi secoli dopo Cristo le notizie sono sporadiche e intessute di miti e leggende: il dato più antico, a parte la testimonianza di epoca romana, è la vittoria riportata dagli abitanti della città contro le popolazioni del Leinster nel 291, mentre intorno al 450 san Patrizio probabilmente era impegnato in città nell'opera di diffusione del Cristianesimo.
Del secolo successivo è il tentativo di invasione dei danesi, forse andato a buon fine: soltanto dall'832 ne abbiamo testimonianze precise con l'incoronazione del sovrano normanno Thorkel I, ma è certo che i danesi fossero già presenti in Irlanda da lungo tempo. Thorkel, tuttavia, scelse Armagh come centro del suo potere. Nel 1014 Brian Boru re del Munster attaccò i vichinghi nella battaglia di Clontarf: la battaglia fu vinta ma sia il re sia la sua famiglia, oltre a 4.000 dei suoi uomini, vi persero la vita.
Nel X secolo avvenne la fusione fra Ath Cliath e Dubh Linn, insediamenti l'uno celtico, l'altro vichingo. L'avamposto fu infatti usato dai pirati vichinghi come base per le loro scorrerie sulle coste irlandesi e nei porti.
Dublino medievale dominata dai britannici
Dopo l'invasione anglo-normanna del 1171, che spodestò la Collina di Tara, Dublino divenne capitale del regno irlandese, ottenendo lo status e i diritti di città nel 1172. Molti coloni lasciarono Inghilterra e Galles insediandosi nella nuova terra conquistata e costringendo i vichinghi a spostarsi al di là del Liffey.
Nel XIV secolo, per frenare l'influenza dei nativi irlandesi, la zona fu fortificata e isolata, divenendo quella che per secoli fu chiamata The Pale. Il potere andò consolidandosi nel castello di Dublino, mentre furono erette tre importanti chiese (Cattedrale di Christ Church, Cattedrale di San Patrizio e Chiesa di Sant'Audoeno) tutte a breve distanza fra loro, nonché il Parlamento d'Irlanda.
Ciò che caratterizza la Dublino medievale è senz'altro la mentalità dell'assedio: gli abitanti del Pale avevano infatti creato un'invalicabile "enclave" dove vivevano esclusivamente persone di razza normanna, mentre i "barbari" irlandesi erano confinati all'esterno: questa mentalità si rifletteva nell'episodio simbolo, il pellegrinaggio annuale al campo di Cullen a Ranelagh, dove nel 1209 erano stati massacrati dal clan degli O'Toole, dei coloni appena giunti da Bristol: durante questa manifestazione i dublinesi normanni, debitamente scortati dalla milizia, marciavano fino al luogo della strage e stendevano un drappo nero verso le montagne in una simbolica battaglia contro l'irlandese. Fino al XVII secolo il plotone fu sistematicamente scortato, tale era il terrore per la "montagna nemica".
La Dublino medievale aveva tra i 5 e 10.000 abitanti e una piccolissima area di poco più di . La vita era assai precaria: nel 1348 la città fu colpita pesantemente dalla peste nera, un'epidemia letale che colpì tutta l'Europa, e che fece moltissime vittime, poi seppellite in fosse comuni nell'area tutt'oggi chiamata Blackpits. La pestilenza durò a più riprese fino alla sua esplosione più violenta del 1649. Oltre a questa costante minaccia la città fu spesso oggetto di assedi, violenze e sfondo di parecchie battaglie: emblematica la spedizione di truppe scozzesi del 1314 che rase al suolo i sobborghi di Dublino.
Nel XVI secolo emerse la figura di Fitzgerald conte di Kildare e dei suoi discendenti, figure politiche di spicco volute dai dominatori britannici a difesa di Dublino per mantenere intatte le proprie colonie dal rischio di invasione delle popolazioni irlandesi vicine. Non si trattò di una scelta particolarmente azzeccata, in quanto più volte i conti ingerirono nella vita politica inglese, causando due episodi emblematici: nel 1407, durante la guerra delle due rose, invasero la città con le truppe alleate dal Ducato di Borgogna, proclamando Lambert Simnel, della casata di York, re d'Inghilterra; nel 1536, invece, Silken Thomas assediò il castello di Dublino per vendicare l'imprigionamento del parente Garret Fitzgerald. Enrico VIII reagì con una dura spedizione per distruggere i Fitzgerald e insediare nuovamente amministratori inglesi; da questo momento iniziò un rapporto più vicino, ma forse meno felice, fra Londra e Dublino.
Dublino coloniale e Georgiana
Dublino e i suoi abitanti subirono una profonda trasformazione nei secoli XVI e XVII, durante la prima conquista totale dell'isola d'Irlanda da parte inglese, a opera dei Tudor.
Soprattutto il XVI secolo fu un periodo molto animato nella storia della città: i vecchi coloni inglesi erano all'inizio molto sollevati dalla conquista dell'isola e dal progressivo disarmo degli irlandesi: ma ben presto la forte tassazione della corona e, soprattutto, l'imposizione della riforma protestante cambiarono la loro situazione. Successe di tutto: esecuzioni di dublinesi riottosi, angherie dei soldati inglesi (durante la guerra irlandese dei nove anni), che si stanziarono nelle abitazioni della popolazione civile, con feriti sparsi per le strade per la mancanza di un adeguato ospedale, l'esplosione di un magazzino inglese di polvere da sparo con conseguenti 200 morti. Nel 1592 Elisabetta I inaugurò il Trinity College, a cui, però, potevano accedere solo gli irlandesi protestanti: gli irlandesi risposero mandando a studiare i loro figli nelle università cattoliche europee. Questo fatto irritò molto Londra che vedeva i dublinesi come gente indisponente, e incoraggiò una seconda ondata di colonizzatori protestanti, che entro il 1640 superarono in numero i cattolici.
Teatro di vari assedi più o meno riusciti durante le guerre confederate irlandesi, Dublino cadde totalmente in mano alla nuova minoranza inglese dopo la conquista cromwelliana dell'Irlanda. Da quell'evento (che allontanò, paradossalmente e definitivamente, la vecchia comunità inglese, ormai identificatasi con gli irlandesi nativi) Dublino avrebbe vissuto più di due secoli di pace e stabilità.
Fu nell'era georgiana, all'inizio del XVIII secolo, e in concomitanza dell'imposizione della lingua inglese in Irlanda e delle leggi penali britanniche, che Dublino fu completamente ristrutturata, godendo del massimo splendore, con la costruzione di quartieri tipici dell'epoca e di palazzi dal gusto raffinato.
Si cominciò per girare tutte le case verso il Liffey, dando loro una facciata gradevole: fu la prima volta, dato che precedentemente il fiume era visto come una zona sporca e di scarico e tutte le case davano di spalle.
Sorsero in breve tempo Sackville Street (oggi O'Connell Street), Dame Street, Westmoreland Street, Henrietta Street e D'Olier Street, tutte costruite dopo avere demolito i vecchi quartieri medievali e gli agglomerati seguenti. Vennero alla luce inoltre cinque delle principali piazze georgiane; Rutland Square (oggi chiamata Parnell Square) e Mountjoy Square nel North Side, Merrion Square, Fitzwilliam Square e Saint Stephen's Green. Soltanto l'area di Temple Bar e di Grattan Square non furono stravolte.
Nel 1700 Dublino, con 70.000 abitanti, era la seconda città dell'impero britannico.
Lockout e indipendenza
Dublino si addentrò nel XX secolo, come una città rivoluzionata dai secoli precedenti, ma alle porte di anni di nuovi e feroci disordini. Il primo avvenne nel 1913, quando 25.000 operai mal pagati di svariate fabbriche dublinesi scesero in piazza nella manifestazione più grande mai avvenuta in Irlanda e nel Regno Unito: il Lockout. Guidati dal sindacalista James Larkin, la manifestazione divenne agitatissima e si concluse con tre morti e migliaia di feriti caricati dalla polizia.
Dopo la prima guerra mondiale successe il primo fatto che cambierà in maniera definitiva la situazione politica di Dublino e di gran parte dell'Irlanda: nell'aprile del 1916 un piccolo gruppo di repubblicani guidati da Patrick Pearse diede vita a ciò che venne poi successivamente chiamato rivolta di Pasqua (Easter Rising). La piccola rivolta fu facilmente sedata dalle truppe britanniche, ma divenne importantissima per i risvolti successivi: vista, infatti, all'inizio in maniera molto distaccata se non addirittura avversa dalla popolazione dublinese, subì tuttavia una repressione durissima e sanguinosissima con l'esecuzione di moltissimi giovani che causò un rapido cambio di opinione fra la gente.
Nel 1918 iniziò la guerriglia degli Irish Volunteers (Volontari Irlandesi, che, guidati da Michael Collins, si rinominarono Irish Republican Army) contro i britannici e dal 1922 Dublino è la capitale dell'Irlanda indipendente. Durante la guerra civile molte zone vennero distrutte: lo Stato Libero d'Irlanda successivamente ne restaurò parecchie, ma la città rimase in uno stato di superficiale abbandono fino agli anni sessanta, se non di demolizione (come la colonna di Nelson, distrutta dall'IRA in quegli anni e oggi sostituita dallo Spire).
In tempi recenti sono state molte le opere di restauro e ricostruzione, spinte anche dal boom economico che ha caratterizzato l'Irlanda negli anni 1990, ma queste nuove e moderne costruzioni e ricostruzioni hanno però snaturato le caratteristiche di tradizione e identità irlandese, rendendo Dublino una città sempre più simile allo standard della maggior parte delle capitali europee.
Stemma
Monumenti e luoghi d'interesse
Architetture religiose
Cattedrale di Cristo
Cattedrale di San Patrizio
Chiesa di Sant'Audoeno
Cimitero di Glasnevin
Procattedrale di Santa Maria
Architetture civili
Áras an Uachtaráin
Abbey Theatre
Palazzo del Parlamento irlandese (Ex-sede del parlamento e della Bank of Ireland)
Casino Marino
City Hall
Dogana di Dublino
Four Courts
General Post Office (GPO)
Leinster House
Temple Bar
The Spire
Fusiliers Arch
Kilmainham Gaol
St. Mary's Church
Architetture militari
Castello di Dublino
Architetture infrastrutturali
Ha'penny Bridge
O'Connell Bridge
Cultura
Ambientazione di Gente di Dublino e dellUlisse di James Joyce, Dublino è uno dei centri principali della cultura irlandese. Il quartiere di Temple Bar, attraversato dall'omonima via (oggi pedonale e ricca di tipici Irish pub), è il punto principale della vita notturna più turistica, da sempre teatro di esibizioni di artisti di strada. Talvolta viene visitato soltanto per il week-end da gente proveniente addirittura dalla Gran Bretagna.
La città ospita una delle più grandi comunità gay mondiali, nonostante l'omosessualità non sia più reato soltanto dal 1993, grazie all'intervento della corte di giustizia dell'Unione europea.
Dublino è sede del National Print Museum of Ireland, dell'Irish Museum of Modern Art, della National Gallery of Ireland, dell'Hugh Lane Municipal Gallery, della Chester Beatty Library e di tre sedi del Museo nazionale d'Irlanda.
Istruzione
Dublino è il centro principale dell'istruzione superiore irlandese, con ben tre università.
L'Università di Dublino, istituita nel XVI secolo, è la più antica d'Irlanda. Il suo unico college è il celeberrimo Trinity College, istituito ai tempi di Elisabetta I e chiuso ai cattolici fino all'emancipazione (primi decenni del XIX secolo). Il complesso del Trinity è stato costruito in epoche differenti.
All'interno del suo moderno museo è conservato, assieme ad altri preziosi manoscritti miniati, il Libro di Kells (Book of Kells), un antichissimo (tra i primi in assoluto) libro cerimoniale in quattro volumi contenente i Vangeli, capolavoro artistico unico al mondo. L'enorme biblioteca annessa al museo contiene centinaia di metri di antichi scaffali e preziosi libri, e per antico privilegio riceve una copia di ogni nuovo libro (il corrispondente di 2 km di nuovi scaffali all'anno).
La Università Nazionale d'Irlanda (NUI) è la più grande università irlandese: in realtà si tratta di un'università confederata, con più università distaccate che ne fanno parte, fra cui l'importantissimo University College Dublin (UCD), che gode di altissima reputazione anche all'estero e ha sede nel territorio della contea di Dún Laoghaire-Rathdown. La più giovane è la Dublin City University, sorta per ottemperare la sempre maggiore domanda negli altri college e specializzata in economia, ingegneria e corsi scientifici.
Degni di nota il Royal College of Surgeons in Ireland, college indipendente situato in St. Stephen's Green totalmente dedicato alle scienze mediche, e fra gli istituti non universitari di terzo livello, il Dublin Institute of Technology, il più vasto della nazione, oltre che il National College of Art and Design (NCAD) e il Dun Laoghaire Institute of Art, Design and Technology, riservati invece alle materie artistiche.
Media
L'ente televisivo nazionale, RTÉ (Raidió Teilifís Éireann), ha i suoi uffici principali a Dublino. Anche la principale emittente privata, TV3, ha sede nella capitale; gran parte della sua programmazione è importata dalla televisione britannica e americana, che attrae il pubblico giovanile. Sono situati a Dublino anche gli uffici e infrastrutture principali di An Post, Eir, Vodafone e 3 Ireland. Nella capitale irlandese si trovano anche le sedi dei maggiori quotidiani e delle maggiori stazioni radio, per esempio The Irish Times, Irish Independent (il maggior quotidiano irlandese) e Today FM.
Esposizioni internazionali
1853 - Great Industrial Exhibition (1853)
1865 - International Exhibition of Arts and Manufactures (1865)
1874 - International Exhibition of Arts and Manufactures (1874)
Northside e Southside
Tradizionalmente Dublino è caratterizzata dalla rivalità fra le zone separate dal passaggio del Liffey, ovvero quelle settentrionali (il Northside) e quelle meridionali (il Southside).
Il Northside è considerato come la zona della classe lavoratrice e operaia della città, mentre il Southside come quella della borghesia e dei ceti più abbienti.
Questa suddivisione si riflette anche nei codici postali: al nord i dispari (per esempio D7 per Phibsborough), e al sud i pari (per esempio D4 per Ballsbridge).
La rivalità probabilmente nacque ai tempi del Duca di Kildare, che decise di costruire la sua residenza (Leinster House, l'attuale parlamento) nella zona meridionale, allora effettivamente meno ambita, commentando l'inusuale scelta con un Where I go, fashion follows me ("Dovunque vado, la moda mi segue"). Effettivamente molti seguirono il suo gesto.
Questa suddivisione in realtà riflette solo parzialmente la situazione socio-economica della città. Per fare alcuni esempi l'Áras an Uachtaráin (residenza del Presidente della Repubblica) è situata nel Northside così come alcuni dei quartieri più ricchi, Howth, Malahide e Castleknock, si trovano a nord del fiume, mentre Tallaght, Palmerstown, Crumlin, e Ballyfermot, quartieri tradizionalmente di lavoratori, sono a sud.
Alcuni sostengono che una suddivisione più fedele sia quella tra l'est costiero, in cui si trovano la maggior parte dei quartieri posh (ossia eleganti), e l'ovest popolare, sebbene la divisione Northside/Southside resti certamente quella più radicata nell'immaginario dublinese.
Intrattenimento
Il quartiere di Temple Bar, a sud del Liffey, è il luogo in cui si svolge prevalentemente la vita notturna nella capitale irlandese.
Nel centro cittadino ci sono svariati teatri, il più grande dei quali è l'Abbey Theatre, famoso per avere avuto un ruolo determinante nella letteratura irlandese.
A nord-ovest della città è possibile visitare il Phoenix Park, un parco che si estende per oltre settecento ettari e che al suo interno ospita lo zoo di Dublino, la sede del Presidente della Repubblica Irlandese e la sede dell'ambasciata degli Stati Uniti d'America.
Molto famoso è anche il Lillie's bordello, un night club frequentato da vari personaggi noti della città.
Economia
Elemento caratterizzante e storico dell'industria dublinese è senz'altro la St. James's Gate Brewery, dove viene prodotta dal 1759 la celebre stout (birra di malto) Guinness.
Durante gli anni novanta, la Repubblica d'Irlanda ebbe un periodo di impetuoso sviluppo economico, che le valse il soprannome di "tigre celtica" (alludendo alle tigri asiatiche). Come conseguenza di ciò, nella seconda metà del decennio a Dublino si insediarono un considerevole numero d'imprese operanti nella farmaceutica e nelle tecnologie dell'informazione e della comunicazione. La sede operativa della Microsoft per l'Europa, l'Africa e il Medio Oriente è situata nella zona meridionale della città, all'interno del Sandyford Industrial Estate, così come le installazioni di Xerox e Google. La Intel e la Hewlett-Packard hanno importanti siti produttivi a Leixlip, a ovest di Dublino, mentre Facebook ha a Dublino il suo quartier generale per l'Europa.
La capitale irlandese è stata così soprannominata "Silicon Valley d'Europa".
Nei servizi finanziari Dublino è un centro di rilevanza mondiale. A titolo d'esempio all'International Financial Services Centre lavorano 14.000 persone, in settori che vanno dalle assicurazioni all'asset management, dalle gestioni di cassa per le aziende alle operazioni bancarie internazionali.
Infrastrutture e trasporti
Nonostante la sua posizione nell'isola, Dublino è il centro del sistema dei trasporti irlandese. Il suo porto è il principale dell'isola e collega la città a Swansea e Liverpool.
Per quel che riguarda il traffico aereo la città è servita da un aeroporto, l'aeroporto internazionale di Dublino (già Aer Rianta), il principale dell'isola.
Le stazioni ferroviarie principali sono la stazione di Heuston per le destinazioni meridionali e occidentali della Repubblica, e la stazione di Connolly per Sligo e la tratta Dublino-Belfast.
Strade
Le principali arterie stradali irlandesi partono tutte da Dublino verso le altre principali località irlandesi. L'autostrada M50 è un raccordo che circonda in maniera semi-circolare (direzione nord-ovest-sud) e tocca quasi tutte le strade nazionali e autostrade più importanti. L'autostrada è stata costruita in circa 20 anni, e l'ultimo pezzo è stato completato nel 2005. Da qualche anno è stato inserito anche un pedaggio nel tratto chiamato West link nei pressi di Lucan.
La città è inoltre circondata da quel che il Dublin City Council ha definito "inner and outer orbital route" ("tratto orbitale esterno e interno"): il primo circonda la parte georgiana della città da St Stephen's Green a Mountjoy Square e da King's Inns alla St. Patrick's Cathedral; il secondo fa un giro più largo lungo i due canali dublinesi, Grand Canal e Royal Canal.
Alcune strade soprattutto a vocazione commerciale e del tempo libero (per esempio il quartiere Temple Bar e Grafton Street) sono pedonalizzate.
Mobilità urbana
Il trasporto pubblico di Dublino è composto da bicicletta, autobus, treno e tram. Tutti i mezzi pubblici, a esclusione della bici, possono essere utilizzati attraverso una carta magnetica chiamata Leap Card. Attraverso essa è possibile utilizzare tutti i mezzi di trasporto senza necessità di acquistare titoli di viaggio diversi per ogni tragitto che si intende percorrere.
Il tipo di Leap Card dipende dal tempo che si intende passare a bordo: la Leap Card standard viene normalmente utilizzata dai viaggiatori mentre la Leap Visitor Card viene utilizzata normalmente dai viaggiatori o da chi intende rimanere in città per almeno una settimana e ha una durata di 1, 3 o 7 giorni. Il consumo a ore della carta, inizia dalla prima validazione.
La Leap Card, inoltre,, oltre a garantire spostamenti nel centro città consente spostamenti da e verso l’aeroporto internazionale di Dublino.
In caso di acquisto dei singoli titoli di viaggio le modalità sono diverse: sulle linee di trasporto pubblico cittadino è necessario comunicare la destinazione al conducente che, in base agli "stage" da percorrere comunicherà il costo della corsa, da pagare in monete. In caso di resto verrà rilasciata una ricevuta che dovrà essere esibita presso la sede di Dublin Bus. Per quanto riguarda DART e Luas Dublin è necessario acquistare i titoli di viaggio presso i distributori posti alle stazioni o fermate di riferimento, in contanti o con carta di credito/debito. Per quanto riguarda gli autobus a media e lunga percorrenza (747 e 757 inclusi) è possibile acquistare il titolo di viaggio, a un costo fisso, online o presso la stazione degli autobus riferimento.
Il sistema di trasporto Dublin Area Rapid Transit (DART) è una ferrovia che serve stazioni a intervalli regolari lungo la costa orientale dell'agglomerato dublinese. Un sistema tranviario chiamato Luas è stato inaugurato nel 2004 e copre la parte sud della città nonché la zona portuale. Linee pendolari per Kildare e Maynooth, inoltre, raggiungono gran parte dei sobborghi occidentale della capitale irlandese.
La parte principale del trasporto pubblico a Dublino è occupata dal servizio dei bus, gestito dalla Bus Átha Cliath (Dublin Bus), che opera in una rete di circa 200 tratte giornaliere (identificate da un numero, qualche volta con una lettera di suffisso, es. 40, 40A, 40B, 40C, 40D) e 24 tratte notturne chiamate Nitelink, disponibili venerdì e sabato, le quali sono invece identificate da un suffisso "N" (es. 40N). Esclusi i bus turistici, tutti i mezzi della Dublin Bus non hanno biglietto fisso, bensì le tariffe giornaliere sono determinate dal numero di tratte attraversate - le tariffe sono pagabili in moneta e solo l'importo esatto è accettato - se un cliente paga di più, ci sono dei change ticket che vanno presentati agli uffici della Dublin Bus a O'Connell Street che vengono ricambiati in denaro. Ultimamente comunque sono stati distribuiti biglietti prepagati per le tratte più diffuse che vanno solamente obliterati nelle macchinette situate nella parte posteriore del mezzo. Esistono poi anche biglietti giornalieri e plurigiornalieri validi sull'intera rete urbana (inclusi i bus diretti da e per l'aeroporto).
Molte altre compagnie di bus operano a Dublino, tra le quali Bus Éireann, popolare fra chi deve raggiungere distanze più lunghe e sobborghi della capitale. Mancando un'autorità competente un viaggiatore potrebbe trovare particolari difficoltà a trovare i servizi idonei al suo spostamento.
I taxi - molto diffusi e facilmente disponibili anche nelle ore notturne - sono un mezzo pubblico molto utilizzato, grazie al fatto che il loro numero è più che triplicato negli ultimi anni in seguito alla liberalizzazione del settore.
Per muoversi a Dublino è possible utilizzare anche la bicicletta pubblica, Dublin Bikes che copra gran parte del centro cittadino. Sono presenti sul territorio più di cento stazioni, presso alcune delle quali è anche possibile acquistare biglietti validi tre giorni con i quali è possibile girare tutta la città.
In passato, fino al 1932, dai sobborghi della città partiva anche una linea tranviaria, la Dublin & Blessington Steam Tramway.
Amministrazione
Governo cittadino
La città di Dublino è governata dal Dublin City Council (già Dublin Corporation), presieduto dal Lord Mayor of Dublin, il quale viene eletto annualmente e risiede nella Mansion House, residenza dei Primi Cittadini di Dublino dal 1715. Il Consiglio ha sede nella Dublin City Hall dalla seconda metà dell'Ottocento.
Molti degli uffici sono situati però nei controversi Civic Offices, costruiti in quel che era uno dei siti meglio mantenuti dell'era vichinga, demolito dall'allora Corporation nonostante la strenua opposizione di migliaia di cittadini, tra i quali lo storico F.X. Martin e la senatrice Mary Robinson, che divenne poi Presidente. Su Wood Quay furono costruiti gli edifici chiamati poi bunkers per il loro discutibile aspetto.
Gemellaggi
Dublino è gemellata con:
Organi amministrativi statali
Dublino è sede degli organi legislativi, esecutivi e giudiziari del Paese.
Il parlamento irlandese è composto da tre organi: il presidente della repubblica, la camera bassa e il senato: queste ultime due si riuniscono alla Leinster House nella zona meridionale della città, e sede ufficiale del parlamento fin dall'indipendenza irlandese, avvenuta nel 1922.
Il presidente della repubblica invece alloggia ad Áras an Uachtaráin a Phoenix Park, ex residenza del governatore generale dello Stato libero d'Irlanda.
Il governo si riunisce nel complesso noto come Irish Government Buildings, opera dell'architetto inglese Aston Webb.
Il palazzo era originariamente la sede del Royal College of Science di Dublino, tra gli ultimi lasciti architettonici di Londra in terra d'Irlanda.
Situato vicino a Leinster House, l'edificio fu all'inizio dimora temporanea di alcuni ministeri durante i primi anni dello Stato Libero d'Irlanda.
Fino al 1990 il governo irlandese condivideva l'uso dell'edificio con la facoltà d'ingegneria dell'UCD, che occupava il blocco centrale del palazzo.
Ai tempi in cui il regno d'Irlanda era una nazione costituente del Regno Unito il suo parlamento si riuniva presso le Irish Houses of Parliament, oggi sede della banca nazionale in College Green.
Sport
Rugby
Il Leinster Rugby è una franchigia professionistica irlandese di rugby a 15. Rappresenta la provincia irlandese di Leinster, disputa le proprie gare interne a Dublino e partecipa alla Celtic League e all'Heineken Cup. La squadra rappresenta anche la Irish Rugby Football Union Leinster Branch, che è una delle quattro principali sezioni della IRFU ed è responsabile dell'organizzazione e diffusione del rugby a 15 nella provincia di Leinster.
Altri sport
A Dublino hanno sede praticamente tutte le organizzazioni sportive nazionali irlandesi.
A Croke Park, un notevole impianto da 82.000 spettatori, è situata la GAA, Gaelic Athletic Association, organizzazione che si occupa del calcio gaelico e dell'hurling, sport tipici diffusissimi e apprezzatissimi in Irlanda: nello stesso stadio vengono disputate le gare più importanti in estate e il giorno di San Patrizio.
Lansdowne Road, altro grande stadio dublinese, è stato demolito nel 2007. Gestito dall'IRFU, è stato il campo casalingo della nazionale di rugby irlandese, ma anche di quella calcistica, la quale giocava prima al Dalymount Park, oggi impianto casalingo dei Bohemians. I rivali dello Shelbourne F.C. invece giocano al vicino Tolka Park, lo Shamrock Rovers nel Tallaght Stadium, mentre il St. Patrick's Athletic disputa le sue partite casalinghe al Richmond Park. Lo Shelbourne Park e Leopardstown sono stadi per corse di cavalli e simili.
L'Aviva Stadium è lo stadio principale della città. Dal 2010, anno in cui è stato inaugurato, ospita le partite delle nazionali di calcio e rugby.
LO'Malley Fields è la sede del baseball di Dublino e, durante le competizioni internazionali dell'intera Irlanda. La città presenta tre società differenti iscritte nel campionato irlandese di baseball. Le tre squadre sono i Dublin Hurricanes, i Dublin Blacksox e i Dublin Spartans, i quali detengono il titolo 2008 e altri sei titoli nazionali acquisiti dal 1999 in poi.
La città è stata sede di molte squadre di football americano, che spesso hanno vinto il titolo nazionale:
i Dublin Rebels, sette volte vincitori dello Shamrock Bowl
i Dublin Celts, cinque volte vincitori dello Shamrock Bowl
i Dublin Tornadoes, tre volte vincitori dello Shamrock Bowl
i Dublin Tigers, una volta vincitori dello Shamrock Bowl
i Dublin Lightning, una volta vincitori dello Shamrock Bowl
il Trinity College, una volta finalista dello Shamrock Bowl
i Dublin Bulls, una volta finalisti dello Shamrock Bowl
i West Dublin Rhinos
i Dublin Dragons
i DCU Saints
lo UCD
Note
Bibliografia
Pat Liddy, Dublin A Celebration - From the 1st to the 21st Century (Dublin City Council, 2000) ISBN 0-946841-50-0
Maurice Craig, The Architecture of Ireland from the Earliest Times to 1880 (Batsford, Paperback edition 1989) ISBN 0-7134-2587-3
Frank McDonald, Saving the City: How to Halt the Destruction of Dublin (Tomar Publishing, 1989) ISBN 1-871793-03-3
Edward McParland, Public Architecture in Ireland 1680-1760 (Yale University Press, 2001) ISBN 978-0-300-09064-2
Hanne Hem, Dubliners, An Anthropologist's Account, Oslo, 1994
Roddy Doyle, Patricia Scanlan, Dermot Bolger, Deirdre Purcell, Vincent Banville, Sheila O'Flanagan, Storie di Dublino, Le Fenici tascabili, 2007
Voci correlate
Contea di Dublino
Baia di Dublino
Città dell'Irlanda
The Pale
Philip Lynott
Radio Dublino
Altri progetti
Collegamenti esterni |
1585 | https://it.wikipedia.org/wiki/Ciclo%20di%20Malauss%C3%A8ne | Ciclo di Malaussène | Il ciclo di Malaussène, detto anche serie di Belleville, è un ciclo di romanzi scritti da Daniel Pennac. I due nomi derivano dal protagonista dei romanzi, Benjamin Malaussène, e dal quartiere di Parigi (Belleville appunto), in cui sono ambientati.
Nel 1985 Pennac, già autore di alcuni libri per l'infanzia e di un saggio, comincia il ciclo in seguito ad una scommessa. In tali romanzi i fratelli di Benjamin non crescono, rappresentando ciascuno sempre la stessa fascia di età, pur evolvendo.
I primi quattro romanzi sono stati chiamati da Pennac il "Quartetto di Belleville".
Romanzi del ciclo
Fanno parte del ciclo dedicato alla famiglia Malaussène i seguenti romanzi
(le date si riferiscono all'anno della prima edizione rispettivamente italiana e francese):
Il paradiso degli orchi, 1991 (Au bonheur des ogres, 1985);
La fata carabina, 1992 (La fée carabine, 1987);
La prosivendola, 1991 (La petite marchande de prose, 1989); si noti che l'edizione italiana de La prosivendola è apparsa prima de La fata carabina, pur essendo il suo naturale sviluppo narrativo.
Signor Malaussène, 1995 (Monsieur Malaussène, 1995);
Ultime notizie dalla famiglia, 1997 (l'edizione italiana accorpa due libri Monsieur Malaussène au théâtre del 1995 e Des Chretiens et des maures del 1996);
La passione secondo Thérèse, 1999 (Aux fruits de la passion, 1999);
Il caso Malaussène. Mi hanno mentito, 2017 (Le cas Malaussène 1 - Ils m'ont menti, 2017);
Capolinea Malaussène. Il caso Malaussène 2, 2023 (Terminus Malaussène - Le cas Malaussène 2, 2023).
I personaggi del ciclo Malaussène
La tribù Malaussène
La mamma
("Era graziosa come una mamma. E ancora giovane come una mamma. Ed era incinta fino ai capelli, come una giovane e graziosa mamma") La signora Malausséne è sui 40-45 anni (il suo primo figlio è nato quando lei aveva 14 anni). È rimasta incinta per sette volte, e sempre di uomini diversi con cui fugge in preda alla passione. In pratica non è mai a casa. Ne Il paradiso degli orchi si intuisce il suo legame con un tale Robert da cui fugge, incinta di Verdun, proprio alla fine del suddetto libro. Nel successivo, La fata carabina, dopo aver partorito lascia tutto e tutti diretta a Venezia con l'ispettore Pastor. Tornerà da Venezia in Signor Malaussène, per la prima volta non incinta, e fuggirà alla fine del romanzo con l'illusionista Barnabè, amico d'infanzia di Julie.
Benjamin
È il protagonista della serie, nonché primogenito della famiglia Malaussène. La sua età si aggira intorno ai 30 anni, ed è un giovane colto, dall'animo buono e gentile. Anche se laureato in legge, non ha mai avuto un lavoro fisso... almeno finché non è diventato capro espiatorio ("Lei ha un vizio raro, Malaussène: compatisce"): prima presso un grande magazzino e, dalla fine del primo romanzo in poi, presso le Edizioni del Taglione. È il capofamiglia della tribù, composta da almeno dieci tra fratellastri, sorellastre, nipoti e cane. Il suo mestiere di capro sembra quasi essere una vocazione che egli mette in atto alla perfezione per ogni crimine che la polizia si trova davanti: e soprattutto è una delle cause principali per cui finisce nei guai più spesso di qualsiasi altro essere umano. Gli vennero prelevati tutti gli organi dal disgraziato dottor Berthold, ma lo stesso venne costretto a impiantargliene altrettanti da un donatore (Krämer, l'assassino di Clarence Sant'Inverno, fidanzato di Clara, ucciso il giorno del loro matrimonio) che risulterà (incredibile, ma vero) istocompatibile.
Julie Corrençon
È l'amore (corrisposto) di Ben. Si conoscono ne Il paradiso degli orchi all'interno del grande magazzino farcito di bombe. È una freelance, figlia di un ex governatore coloniale (l'uomo delle indipendenze o l'infossatore dell'impero),
È una donna indipendente ed estremamente coraggiosa: per esempio si è operata da sola di appendicite su una barca nel bel mezzo del Pacifico. Viene torturata quasi a morte in La fata carabina, ma ritroverà tutto il suo smalto (e soprattutto si renderà conto di tutto il suo amore) ne La prosivendola, quando tutto farà pensare che sia diventata una crudele vendicatrice della (quasi) morte di Benjamin. Nel Signor Malaussène avrà un figlio con Benjamin.
Louna
La sorella infermiera (19 anni, "di poco maggiorenne", all'inizio della serie), che conosciamo nel primo libro del ciclo, è incapace di decidere tra un'interruzione di gravidanza e l'interruzione del suo rapporto d'amore col dottor Laurent. Per lei non ci sarà nessun abbandono: avrà due gemelle e non perderà l'amore.
Clara
La sorella fotografa. All'inizio del ciclo ha diciassette anni e sta per diplomarsi al liceo classico. Fotografa tutto quello che le capita a tiro. Madre di È Un Angelo, figlio di Sant'Inverno, è la sorella prediletta di Benjamin, forse perché, come egli stesso dice, è stato lui a farla nascere ed è la donna che avrebbe amato se non fossero stati fratelli.
Thérèse
Di un anno più giovane di Clara, ha il dono della preveggenza. Ha un rapporto odio-amore con il fratello Jérémy, che (scettico delle sue doti) la prende in giro. Le sue previsioni risultano sempre, ed incredibilmente, vere, tanto che anche nelle ore più disperate (La prosivendola) tutta la famiglia è tranquilla per la sua affermazione "Ben morirà nel suo letto all'età di novantatré anni". Viene descritta come "tutta gomiti e ginocchia".
Jérémy
Undicenne nel primo libro, è un ragazzino molto vivace (perennemente sospeso da scuola). Ha dato fuoco alla scuola ustionandosi quasi a morte, ma il dottor Marty lo ha salvato ed è diventato il suo toubib (medico) per eccellenza. Jérémy decide di fatto i nomi dei bambini venuti dopo di lui e afferma, dopo le sue vicissitudini da pronto soccorso, di voler diventare a sua volta medico. La Regina Zabo lo spinge a diventare scrittore.
Il Piccolo (Le Petit)
Ha sei anni nel primo libro. È il fratellino con gli occhiali rosa, i cui incubi si placano solo se gli occhiali gli vengono calcati in viso. In Ultime notizie dalla famiglia va alla ricerca di suo padre.
Verdun
Sorellina alla quale Jérèmy ha dato questo nome in ricordo di vecchietto veterano dell'omonima battaglia, nasce nel romanzo La fata carabina. L'ispettore Van Thian le fa da balia fino alla nascita di È Un Angelo (in La prosivendola).
È Un Angelo (C'Est Un Ange)
Figlio di Clara, viene concepito e nasce nel romanzo La prosivendola. Il nome viene dato da Jérémy nel 46º capitolo con l'indicazione di scriverlo con tutte le parole separate e tutte maiuscole.
Julius Il Cane
Il cane, con crisi epilettiche, latrici di sventure, e dall'alito pestilenziale. Questa sua ultima caratteristica garantisce velocità negli spostamenti in taxi.
Signor Malaussène
Figlio di Benjamin e di Julie, è a lui che Benjamin parla per tutta la durata di Signor Malaussène, quarto capitolo della saga, e nascerà proprio nell'ultimo capitolo di questo volume, partorito però dalla suora Gervaise.
Maracuja
Figlia di Therese, compare in La Passione Secondo Therese. Il suo nome significa "Frutto della Passione" in portoghese, il primo nome scelto da Jérémy e approvato da Thèrese che ha perso le sue doti di veggente aprendosi all'amore.
Altri personaggi
Thèo
Amico omosessuale di Benjamin e "zia" di tutta la tribù, è un personaggio chiave per la famiglia specie nel primo episodio del ciclo ("Il paradiso degli orchi"), in cui cercava di curare la solitudine di numerosi vecchietti, dando loro il permesso di girovagare, sbirciare, fare tutto quello che avessero voluto all'interno del reparto di bricolage dei Grandi Magazzini.
Stojil
Vero nome Stojilkovic, è un ex militare iugoslavo, guardia privata al Grande Magazzino nel primo libro della serie e abilissimo avversario di scacchi di Ben. Ne La fata carabina arma ed addestra le vecchiette all'autodifesa; per questo viene arrestato ed internato nel carcere di Sant'Inverno, dove si mette in testa di tradurre Virgilio in serbocroato, ma muore ne La prosivendola, prima di portare a compimento la sua opera.
Le Edizioni del Taglione
Le Editions du Talion, casa editrice di libri di elevata qualità letteraria. Quasi tutti i suoi guadagni sono dovuti alla pubblicazione di best seller di dubbio valore letterario, scritti da un ignoto che si firma J.L.B.
Regina Zabo (reine Zabo)
Titolare delle Edizioni del Taglione, è lei la prosivendola. Il suo vero nome è Isabelle: ha il corpo minutissimo dalla testa spropositata e mani paffute. Quasi sicuramente anoressica (come scopriamo nel capitolo 44 de La prosivendola).
Loussa de Casamance
Senegalese esperto in letteratura cinese, è il miglior specialista della capitale. Imparò il cinese su richiesta della regina Zabo (amica d'infanzia) che prevedeva l'immigrazione asiatica e dunque un nuovo mercato letterario. Ama da sempre la sua Isabelle, ma lei ha deciso da tempo di rimanere "inviolabile".
Quelli del quartiere Belleville
Belleville
È un quartiere ad est della capitale, caratterizzato da una singolare immigrazione e abitato da popolazioni di differenti lingue, nazionalità e culture. A diverse ondate vi sono infatti giunti inizialmente armeni e polacchi, poi ebrei, magrebini (algerini e tunisini), africani dell'Africa occidentale e, a partire dagli anni ottanta, asiatici (vietnamiti, cinesi ed altri).
Mo il Mossi
Il grande nero è un piccolo delinquente.
Simon il Cabila
Il piccolo rosso è sempre in coppia con il Mossi.
Hadouch Ben Tayeb
Compagno di liceo di Benjamin, è l'unico allievo del corso propedeutico all'École Normale Supérieure ad aver scelto come indirizzo il gioco delle tre carte.
Yasmina
Madre di Hadouch, e in pratica anche di tutta la tribù dei Malaussène.
Amar
Padre di Hadouch, gestisce un ristorante a Belleville, da sempre tana/rifugio/ritrovo di Ben e degli altri della tribù.
Six La Neve (Cissou la neige)
Il signor Beaujeu, cocainomane con la mappa della vecchia Place des Fêtes tatuata in tutto il corpo.
Di giorno era un fabbro agli ordini dell'ufficiale giudiziario La Herse, apriva con la forza le abitazioni dei pignorati.
Di notte, scambiava gli elettrodomestici e i mobili buoni con roba vecchia nelle case di Belleville in cui sarebbe andato la mattina dopo con La Herse.
Anche per lui, è stato Jeremy a sceglierne il soprannome.
I poliziotti
Caregga
Ispettore praticante, con sempre addosso, sia in estate che in inverno, il suo giubbotto di pelle con il collo in pelliccia. Salva più volte la vita a Benjamin.
Rabdomant
Commissario di divisione, compare la prima volta ne Il paradiso degli orchi quando indaga sulle bombe nel magazzino in cui lavora Malaussène. Ha con Ben un rapporto conflittuale: da una parte è decisamente infastidito dalla sua invadente immacolata innocenza che, essendo ripetutamente scambiata per colpevolezza, distrae le indagini; dall'altra vuole bene al capro e alla sua Tribù. Va in pensione in Signor Malaussène, ma tornerà per scagionare Ben. Nella versione originale francese, il suo nome è Commissaire Coudrier; è uno dei pochi personaggi a cambiare nome tra nella traduzione in italiano.
Van Thian
Ispettore di origine asiatica, per svolgere le indagini si spaccia per la vedova Ho (Chi-Min) vietnamita, ma tutto il quartiere lo sa. Dalla prima volta che capita in casa Malaussène, sembra essere l'unico a poter calmare la piccola Verdun. Ha la voce di Gabin. Muore in La prosivendola.
Pastor
Dopo un'indagine (in La fata carabina) - dove il presunto colpevole è sempre lui, Ben – scappa con la signora Malaussène a Venezia. Scopriamo, in Signor Malaussene, che era gravemente malato e che è morto proprio durante il soggiorno veneziano.
Vannini
Ispettore di polizia, ucciso da una anziana ne La fata carabina
Gervaise
Suora, figlia di Janine la Gigantessa, ex prostituta e moglie dell'ispettore Van Thian, è stata adottata da quest'ultimo, che l'ha sempre considerata sua figlia. La sua occupazione è quella di redimere le prostitute, e, nel romanzo Signor Malaussène chiede di diventare Ispettore di Polizia per poter meglio proteggere le prostitute.
I medici
Laurent
Marito di Louna, con cui ha trascorso un intero anno chiuso in camera da letto leggendo e facendo l'amore. Lo conosciamo ne Il paradiso degli orchi in procinto di lasciare Louna a causa della gravidanza non voluta, ma si occuperà lo stesso di Julius durante il suo primo attacco epilettico.
Marty
Dalla sua prima apparizione, durante la quale si occupa della salute di Jérémy, diventa di fatto il medico di fiducia della tribù. Si reca in Giappone proprio mentre Benjamin è in coma e per questo Berthold potrà prelevare gli organi al nostro eroe.
Berthold
Chirurgo geniale, è in eterno conflitto con il di gran lunga più carismatico Marty.
Postel-Wagner
Medico-patologo, amico della famiglia e consulente della polizia, fornisce un prezioso contributo nella risoluzione del caso dei tatuaggi in Signor Malaussène.
Note
Collegamenti esterni
Opere di Daniel Pennac
Serie di romanzi
Belleville (Parigi) |
1586 | https://it.wikipedia.org/wiki/Daniel%20Picouly | Daniel Picouly | Nato nel dipartimento della Senna-Saint-Denis (Parigi), Picouly, insegnante di economia presso un liceo parigino, è noto al largo pubblico per il romanzo di successo "Il Campo di Nessuno" (Le champ de personne, 1995), nonché di un'altra ventina di opere, soprattutto romanzi per ragazzi e gialli. Scrive inoltre dei fumetti.
Biografia
Picouly è nato in una famiglia di tredici figli, di cui lui è l'undicesimo.
Il padre è un calderaio di Tarbes (Hautes-Pyrénées, Francia Meridionale) originario della Martinica e la madre originaria del Morvan (Borgogna, Francia Centrale).
Cresce in una famiglia povera ma piena di vita, in un sobborgo povero di Parigi, il padre calderaio in una fabbrica.
Inizialmente scolaro pigro e sognatore, pugile e calciatore, si diploma in ragioneria e studia poi diritto e gestione, diventando successivamente insegnante supplente di tali materie e dal 1988 docente per corsi post-maturità.
Comincia la carriera di scrittore nel 1992 con romanzi polizieschi, pubblicando La lumière des fous grazie all'aiuto di Daniel Pennac.
Raggiunge il successo nel 1995 con Il campo di nessuno, un romanzo fortemente autobiografico della sua prima infanzia.
Scrive articoli su alcuni giornali (in particolar modo sul giornale sportivo L'Équipe) e partecipa a trasmissioni televisive dove la sua esperienza personale di docente dei giovani dei sobborghi è molto apprezzata.
Ha recitato il proprio ruolo nel film Imposture (2005) del regista francese Patrick Bouchitey.
Opere
La luce della follia (La lumière des fous, 1991), romanzo noir.
Nec, 1993, romanzo noir.
Le lacrime del capo (Les larmes du chef, 1994), romanzo noir.
Il campo di nessuno (Le champ de personne, 1995), romanzo autobiografico sulla propria prima infanzia.
Vivement Noël!, 1996.
Incubo pirata (Cauchemar Pirate, 1996), per ragazzi.
L'ultima estate (Fort de l'eau, 1997), autobiografico.
Lutteur de sumo, 1997, per ragazzi.
La coppa del mondo non si farà (La coupe du monde n'aura pas lieu, 1998), per ragazzi.
La testa del negro (Tête de nègre, 1998), adattato poi come fumetto nel 2002 con i disegni di Jürg.
Il ragazzo leopardo (L'enfant Léopard, 1999), romanzo, Prix Renaudot 1999.
On lit trop dans ce pays!, 2000.
Paulette e Roger (Paulette et Roger, 2001), autobiografico, al limite della fantascienza.
Lulu Vroumette, 2002, libro per ragazzi illustrato da Frédéric Pillot.
L'Arche de Lulu, 2003, libro per ragazzi illustrato da Frédéric Pillot.
La donzelle, 2004.
Lulu et le sapin orphelin, 2004, libro per ragazzi illustrato da Frédéric Pillot.
Lulu et le loup bleu, 2004, libro per ragazzi illustrato da Frédéric Pillot.
La tredicesima morte del cavaliere (La treizième mort du chevalier, 2005), romanzo.
Le coeur à la craie, 2005, autobiografico.
Lumières d'enfance, 2005.
Lulu a un amoureux, 2005, libro per ragazzi illustrato da Frédéric Pillot.
Un beau jeudi pour tuer Kennedy, 2006.
68, mon amour, 2008.
Lulu grand chef, 2010, libro per ragazzi illustrato da Frédéric Pillot.
La nuit de Lampedusa, 2011.
Nos histoires de France, 2011.
Nos géographies de France, 2011.
La faute d'orthographe est ma langue maternelle, 2012.
L'école des filles, l'école des garçons, 2013.
Et si on redessinait le monde?, 2013, libro illustrato da Nathalie Novi.
Leçons d'observation, 2014.
Le cri muet de l'iguane, 2015.
Quatre-vingt-dix secondes, 2018.
Longtemps je me suis couché de bonheur, 2020.
Voci correlate
Extrême contemporain
Altri progetti
Collegamenti esterni |
1589 | https://it.wikipedia.org/wiki/Base%20di%20dati | Base di dati | In informatica, una base di dati o banca dati (, comune anche in italiano) è una collezione di dati organizzati immagazzinata e accessibile per via elettronica. Piccole banche dati possono essere immagazzinate su un file system, mentre banche dati più grandi sono ospitati su computer cluster o su cloud storage. La progettazione delle basi dati si basa su tecniche formali e considerazioni pratiche, come la modellazione dei dati, uno stoccaggio e rappresentazione dei dati efficienti, linguaggi di interrogazione, sicurezza e privatezza dei dati sensibili, e problemi legati al calcolo distribuito, come il supporto all'accesso concorrente e la tolleranza ai guasti.
Un sistema di gestione delle banche dati, noto anche come database management system (DBMS), è il software che interagisce con gli utenti finali, le applicazioni e la banca dati stessa per prendere e analizzare i dati. Inoltre, il software di gestione comprende le funzionalità di base necessarie per amministrare la banca dati. L'insieme della banca dati, il sistema di gestione e le applicazioni associate può essere chiamato un database system.
Gli informatici potrebbero classificare i sistemi di gestione in termini del modello di base dati che essi supportano. Le basi di dati relazionali diventarono predominanti negli anni '80. Queste modellano i dati come righe e colonne in una serie di tabelle, e la stragrande maggioranza utilizza SQL come linguaggio per scrivere e interrogare i dati. Negli anni 2000, presero piede anche modelli non relazionali, collettivamente chiamati NoSQL, perché usano linguaggi di interrogazione diversi.
Storia
All'inizio della storia dell'informatica, la grande maggioranza dei programmi specializzati consentivano l'accesso a una singola base di dati per guadagnare in velocità di esecuzione, pur perdendo in flessibilità. Oggi, invece, i moderni sistemi possono essere utilizzati per compiere operazioni su un gran numero di basi di dati differenti. Dagli anni settanta del XX secolo le basi di dati hanno subito un enorme sviluppo sia in fatto di quantità di dati memorizzati sia in fatto di tipi di architetture adottate. A partire da allora e soprattutto dall'inizio del XXI secolo. Queste sono le architetture dati che si sono sviluppate negli anni:
Architettura centralizzata, DBMS;
Architettura parallela;
Architettura distribuita;
Architettura federata;
Architettura data Integration;
Architettura data Warehouse.
Descrizione
Utilizzo terminologico
La locuzione può anche indicare contemporaneamente:
l'archivio a livello fisico (hardware) cioè il sistema con i supporti di memorizzazione (storage, es. dischi rigidi) che contengono i dati stessi, deputati cioè alla persistenza dei dati, e il processore per l'elaborazione di questi (database server);
l'archivio a livello logico, cioè i dati strutturati, e la parte software, cioè il database management system (DBMS) ovvero quella vasta categoria di applicazioni che consentono la creazione, la manipolazione (gestione) e l'interrogazione efficiente dei dati.
Informalmente e impropriamente la parola "banca dati" viene spesso usata per indicare il database management system (DBMS) riferendosi dunque alla sola parte software. Un client di banca dati lato client interagisce con il DBMS server e quindi anche con la banca dati in senso fisico.
Nelle banche dati più moderne, ovvero quelle basate sul modello relazionale, i dati vengono suddivisi in apposite tabelle per argomenti e poi questi argomenti vengono suddivisi per categorie (campi) con tutte le possibili operazioni di cui sopra. Questa suddivisione e questa funzionalità rendono le basi di dati notevolmente più efficienti rispetto a un archivio di dati creato per esempio tramite il file system di un sistema operativo su un computer, almeno per la gestione di dati complessi.
Gestione delle informazioni
La banca dati deve contenere anche le informazioni sulle loro rappresentazioni e sulle relazioni che li legano. Spesso, ma non necessariamente, una base dati contiene le seguenti informazioni:
Strutture dati che velocizzano le operazioni frequenti, di solito a spese di operazioni meno frequenti.
Collegamenti con dati esterni, cioè riferimenti a file locali o remoti non facenti parte della banca dati.
Informazioni di sicurezza che autorizzano solo alcuni profili utente ad eseguire alcune operazioni su alcuni tipi di dati.
Programmi che vengono eseguiti, automaticamente o su richiesta di utenti autorizzati, per eseguire elaborazioni sui dati. Un tipico automatismo consiste nell'eseguire un programma ogni volta che viene modificato un dato di un certo tipo.
In un sistema informatico una banca dati può essere usata direttamente dai programmi applicativi, interfacciandosi con il supporto di memorizzazione agendo direttamente sui file. Questa strategia era adottata universalmente fino agli anni sessanta, ed è tuttora impiegata quando i dati hanno una struttura molto semplice o quando sono elaborati da un solo programma applicativo.
Tuttavia dalla fine degli anni sessanta, per gestire banche dati complesse condivise da più applicazioni, si sono utilizzati appositi sistemi software detti "sistemi per la gestione di basi di dati" (in inglese "Database Management System" o "DBMS"). Uno dei vantaggi di questi sistemi è la possibilità di non agire direttamente sui dati, ma di vederne una rappresentazione concettuale.
La ricerca nel campo delle banche dati studia le seguenti problematiche:
Progettazione di banche dati.
Progettazione e implementazione di DBMS.
Interpretazione (analisi) di dati contenuti nelle banche dati.
Le banche dati spesso fanno uso di tecnologie derivate da altre branche dell'informatica. È usuale utilizzare tecniche derivate dall'intelligenza artificiale, come ad esempio il data mining, per cercare di estrarre relazioni o più in generale informazioni presenti nelle banche dati, ma non immediatamente visibili.
Struttura e modello logico
Le informazioni contenute in una banca dati sono strutturate e collegate tra loro secondo un particolare modello logico scelto dal progettista, per esempio relazionale, gerarchico, reticolare o a oggetti. Gli utenti si interfacciano con le banche dati attraverso i cosiddetti linguaggi di interrogazione (query di ricerca o interrogazione, inserimento, cancellazione, aggiornamento ecc.) e grazie a particolari applicazioni software dedicati (DBMS).
Di solito le banche dati possono avere varie strutture, in ordine cronologico di comparsa e diffusione:
gerarchico (anni sessanta) rappresentabile tramite un albero, ovvero con strutture simili ai file system gerarchici,
reticolare (anni sessanta) rappresentabile tramite un grafo,
relazionale (anni settanta) attualmente il più diffuso, rappresentabile mediante tabelle e relazioni tra esse,
ad oggetti (anni ottanta) estensione alle basi di dati del paradigma "Object Oriented", tipico della programmazione a oggetti,
Document-oriented (NoSQL),
Key-Value Store (NoSQL),
Graph-based (NoSQL),
Colonnari (NoSQL),
semantica (inizio anni duemila) rappresentabile con un grafo relazionale.
Il formato XML, oltre che per scambi di dati in rete, si sta diffondendo per la definizione di vere e proprie basi di dati. XML ha una struttura gerarchica, pare quindi un "ritorno alle origini" dei modelli di dati.
Un requisito importante di una buona banca dati consiste nel non duplicare inutilmente le informazioni in essa contenute: questo è reso possibile dai gestori di banche dati relazionali, teorizzati da Edgar F. Codd, che consentono di salvare i dati in tabelle che possono essere collegate.
La funzionalità di una banca dati dipende in modo essenziale dalla sua progettazione: la corretta individuazione degli scopi della banca dati stessa e quindi delle tabelle, da definire attraverso i loro campi e le relazioni che le legano, permette poi una estrazione dei dati più veloce e in generale una gestione più efficiente.
Base di dati navigazionali
Con la crescita della capacità elaborativa dei calcolatori questo contrasto con la flessibilità andò attenuandosi, con la creazione negli anni sessanta di una serie di banche dati utilizzabili per diverse applicazioni. L'interesse nel fissare uno standard crebbe e Charles W. Bachman, creatore di IDS, uno di questi prodotti, fondò il Database Task Group all'interno del gruppo Codasyl, il team di lavoro dedicato alla creazione e standardizzazione del linguaggio di programmazione COBOL. Nel 1971 questo standard fu prodotto e prese il nome di "Approccio Codasyl" e presto fu disponibile sul mercato una serie di prodotti basati su questo approccio.
Questo approccio era basato sulla navigazione manuale in un insieme di dati disposti sotto forma di rete. Alla prima apertura del programma questo si trovava sul primo dato disponibile contenente, tra le altre cose, un puntatore ai dati successivi. Per trovare un dato il programma attraversava la serie di puntatori fino a trovare il dato corretto. Delle semplici query come "Trova tutte le persone nate in Svezia" richiedevano l'attraversamento dell'intero set di dati. Non esisteva alcuna funzione di ricerca; oggi questo potrebbe sembrare una limitazione, ma all'epoca, essendo i dati archiviati su nastro magnetico, operazioni come quelle evidenziate sopra peggioravano ulteriormente il tempo di ricerca.
Nel 1968 IBM sviluppò un proprio sistema DBMS chiamato IMS. IMS era lo sviluppo di un programma utilizzato nelle missioni Apollo sui Sistemi /360 e utilizzava un sistema simile all'approccio Codasyl, con l'unica differenza di avere un sistema gerarchico anziché a rete.
Ambedue le soluzioni presero poi il nome di "banche dati navigazionali" a causa del metodo di consultazione che era stato previsto. Inoltre Charles Bachman, in occasione della premiazione nel 1973 in cui gli venne conferito il Premio Turing, presentò un lavoro intitolato "Il programmatore come navigatore". IMS è abitualmente classificato come una banca dati gerarchico, mentre IDS e IDMS (ambedue banche dati CODASYL), CINCOMs e TOTAL sono classificati come banche dati a rete (o reticolari).
Base di dati relazionali
I DBMS relazionali sono detti anche RDBMS (Relational DBMS).
Edgar F. Codd lavorava alla sede californiana di IBM come ricercatore sulla nascente tecnologia dei dischi rigidi quando osservò l'inefficienza dell'approccio Codasyl con la nuova modalità di memorizzazione dei dati, inefficienza principalmente dovuta all'assenza di una funzione di ricerca. Nel 1970 cominciò a produrre diversi documenti schematizzanti un nuovo approccio alla costruzione delle basi di dati, culminati nel "modello relazionale per banche dati condivise di grandi dimensioni" (A Relational Model of Data for Large Shared Data Banks).
In questo articolo, descrisse un nuovo sistema per archiviare e modificare grandi quantità di dati. Invece di utilizzare delle "righe" (in inglese, ma anche molto usato in italiano: "record" o anche "tuple") collegate tra di loro attraverso un qualche tipo di struttura "ad albero", come in Codasyl, ritenne di utilizzare una "tabella" di righe a lunghezza fissa. Questo sistema sarebbe stato molto inefficiente nell'archiviazione di dati "sparsi", in cui la tabella avrebbe potuto avere diverse "celle" vuote; tale errore di impostazione fu corretto dividendo i dati in diverse tabelle, in cui gli elementi opzionali venivano spostati, anziché sprecare spazio nella tabella principale.
Ad esempio, un utilizzo comune delle banche dati è quello di registrare delle informazioni sugli utenti: il loro nome, informazioni di accesso, indirizzo e numeri di telefono. In una banca dati navigazionale tutti questi dati sarebbero stati memorizzati in un unico "record", e gli elementi non presenti (ad esempio un utente di cui non sia noto l'indirizzo) sarebbero stati semplicemente omessi. Al contrario, in una banca dati relazionale, le informazioni vengono divise, ad esempio, nelle tabelle "utente", "indirizzi", "numeri di telefono" e solo se i dati sono presenti viene creata, nella rispettiva tabella, una tupla.
Uno degli aspetti interessanti introdotti nelle banche dati relazionali sta nel collegamento delle tabelle: nel modello relazionale, per ogni "record" viene definita una "chiave", ovvero un identificatore univoco della tupla. Nella ricostruzione delle relazioni, l'elemento di riferimento, che distingue una riga da un'altra è proprio questa "chiave" e viene richiamata nella definizione della relazione. La chiave può essere uno dei dati stessi che vengono memorizzati (ad esempio, per la tabella utenti, il "Codice Fiscale" della persona), una loro combinazione (chiave composta), o ancora un campo che viene aggiunto specificatamente per questo scopo. In ogni caso, la chiave primaria deve essere presente in ogni tupla e mai ripetuta più di una volta in ogni relazione.
Questa operazione di "riunificazione" dei dati non è prevista nei linguaggi di programmazione tradizionali: mentre l'approccio navigazionale richiede semplicemente di "ciclare" per raccogliere i diversi "record", l'approccio relazionale richiede al programma di "ciclare" per raccogliere le informazioni riguardanti ogni record. Codd, propose, come soluzione, la creazione di un linguaggio dedicato a questo problema. Tale linguaggio, più tardi, si è sviluppato nella codifica che oggi è universalmente adottata e che è il mattone fondamentale delle basi di dati: SQL.
Utilizzando una branca della matematica chiamata "calcolo delle tuple", dimostrò che questo sistema era in grado di compiere tutte le normali operazioni di amministrazione delle banche dati (inserimento, cancellazione, etc.) e che inoltre consentiva di disporre di uno strumento semplice per trovare e visualizzare gruppi di dati tramite un'unica operazione.
IBM cominciò a implementare questa teoria in alcuni prototipi all'inizio degli anni settanta, come nel "System R". La prima versione fu realizzata nel 1974/75 con uno strumento "monotabella"; negli anni successivi furono studiati i primi sistemi che potessero supportare la suddivisione dei dati in tabelle separate, utile, come abbiamo visto, per la separazione dei dati opzionali in tabelle diverse da quella principale. Versioni "multiutente" furono realizzate nel 1978 e nel 1979; negli stessi anni fu standardizzato il linguaggio SQL. La superiorità di questo sistema rispetto a Codasyl fu quindi evidente e IBM passò a sviluppare una versione commerciale di "System R", che prese il nome di "SQL/DS" prima e di "Database 2" (DB2) infine.
Il lavoro di Codd venne proseguito presso l'Università di Berkeley da Eugene Wong e Michael Stonebraker. Il loro progetto, chiamato INGRES e finanziato con fondi destinati alla creazione di una banca dati geografica, vide la luce nel 1973 e produsse i primi risultati nel 1974 anche grazie all'opera di numerosi studenti che si prestarono quali programmatori (quasi 30 persone lavorarono al progetto). INGRES era assai simile a "System R" e prevedeva un linguaggio alternativo a SQL, chiamato QUEL.
Molte delle persone coinvolte nel progetto si convinsero della fattibilità commerciale dello stesso e fondarono imprese per entrare nel mercato con questo prodotto. Sybase, Informix, NonStop SQL e alla fine Ingres stessa nacquero quali "spin-off" per la diffusione di INGRES all'inizio degli anni ottanta. Perfino Microsoft SQL Server è, per certi versi, una derivazione di "Sybase" e, quindi, di INGRES. Solamente la Oracle di Larry Ellison partì utilizzando un approccio diverso, basato sul "System R" di IBM, e alla fine prevalse sulle altre compagnie con il suo prodotto, lanciato nel 1978.
In Svezia il lavoro di Codd venne sviluppato nella Università di Uppsala che sviluppò un diverso prodotto, "Mimer SQL", commercializzato nel 1984. Una particolarità di questa soluzione sta nell'introduzione del concetto di transazione, successivamente importata in quasi tutti i DBMS.
Base di dati multidimensionali
Le banche dati multidimensionali sono un paradigma definito ancora una volta da Codd per sopperire alle scarse performance offerte dalle banche dati relazionali nel caso di utilizzo delle banche dati stesse per processi di analisi (on line analitical process, OLAP). Tali sistemi consentono di effettuare analisi su enormi quantità di dati con efficienza, cosa non possibile su banche dati relazionali più adatte a gestire transazioni (on line transaction process, OLTP).
Da fine anni '90 pressoché ogni banca dati relazionale commerciale ha al suo interno un motore multidimensionale per effettuare analisi.
Base di dati NoSQL
NoSQL è un movimento che promuove sistemi software dove la persistenza dei dati è in generale caratterizzata dal fatto di non utilizzare il modello relazionale, di solito usato dalle basi di dati tradizionali (RDBMS). L'espressione "NoSQL" fa riferimento al linguaggio SQL, che è il più comune linguaggio di interrogazione dei dati nelle banche dati relazionali, qui preso a simbolo dell'intero paradigma relazionale.
Base di dati orientata al documento
Una Base di dati orientata al documento è un programma per applicazioni orientate al documento. Questi sistemi potrebbero essere implementati come strato sopra un database relazionale o a oggetti.
Le basi di dati orientate al documento non memorizzano i dati in tabelle con campi uniformi per ogni record come nei database relazionali, ma ogni record è memorizzato come un documento che possiede determinate caratteristiche. Qualsiasi numero di campi con qualsiasi lunghezza può essere aggiunto al documento. I campi possono anche contenere pezzi multipli di dati.
Base di dati a grafo
Una base di dati a grafo usa nodi e archi per rappresentare e archiviare l'informazione.
La rappresentazione dei dati mediante grafi offre un'alternativa al modello relazionale che fa uso di tabelle, alle basi di dati orientate al documento (che usano documenti), o altri, come i sistemi ad archivi strutturati (structured storage) basati su colonne o su cesti non interpretati di dati.
I database a grafo sono spesso più veloci di quelli relazionali nell'associazione di set di dati, e mappano in maniera più diretta le strutture di applicazioni orientate agli oggetti.
Scalano più facilmente a grandi quantità di dati e non richiedono le tipiche e onerose operazioni di unione (join).
Dipendono meno da un rigido schema entità-relazione e sono molto più adeguati per gestire dati mutevoli con schemi evolutivi.
Al contrario, i database relazionali sono tipicamente più veloci nell'eseguire le stesse operazioni su un grande numero di dati.
Base di dati a oggetti
I DBMS a oggetti sono detti anche ODBMS (Object DBMS). Le banche dati multidimensionali ebbero comunque un ruolo importante sul mercato: portarono alla creazione di banche dati a oggetti. Basata sugli stessi concetti generali, questa nuova tipologia di sistemi, consente agli utenti di memorizzare direttamente "oggetti" all'interno delle diverse basi di dati. Ovvero, gli stessi principi della programmazione a oggetti, invece di dover effettuare un adattamento di metodi e variabili.
Questo può avvenire grazie al particolare concetto di proprietà delle banche dati multidimensionali. Nella programmazione a oggetti, ognuno di questi "oggetti" tipicamente ne conterrà altri. Ad esempio, l'oggetto contenente il Signor Rossi, conterrà un riferimento all'oggetto "Indirizzo". Contenendo il supporto per molti linguaggi di programmazione a oggetti, le banche dati che sfruttano la medesima tecnologia stanno avendo un periodo di forte sviluppo di questi tempi.
Oggi molti DBMS applicano in realtà un misto tra il modello relazionale e il modello a oggetti. Si parla quindi di ORDBMS (Object Relational DBMS).
In Internet
Sono un particolare tipo di servizi web che offrono la possibilità di creare basi di dati direttamente sul Web. Questi servizi offrono normalmente tutte le caratteristiche base di una normale base di dati per costruire tabelle strutturate di dati di ogni genere con campi di tipo testo, numeri, data e ora e altri.
Il loro servizio non è solo quello di repository o contenitore di dati, ma anche quello di creare un'interfaccia grafica usabile per la gestione degli stessi presentandosi come vere e proprie applicazioni web. La condivisione svolge un ruolo importante proprio perché i dati sono visibili su Internet e quindi da altre persone che, con le dovute autorizzazioni, possono lavorare sui dati.
Cloud database
Un cloud database è un database che tipicamente gira su una piattaforma che sfrutta il paradigma di cloud computing, ed accedendo ad essa tale database viene fornito come un semplice servizio. I servizi del database si prendono cura di garantire la scalabilità e un'elevata disponibilità della base di dati. Essi rendono lo stack del software sottostante trasparente all'utente.
Altri database
Database parallelo
Un database parallelo è un tipo di database in cui le prestazioni vengono ottimizzate tramite la parallelizzazione di varie funzionalità, ad esempio il caricamento dei dati, la costruzione degli indici e la gestione delle interrogazioni. Nell'esecuzione parallela, molte operazioni sono eseguite contemporaneamente, al contrario dell'esecuzione seriale, dove le diverse fasi di elaborazione sono sequenziali.
Database distribuito
In informatica un database distribuito è un database che si trova sotto il controllo di un database management system (DBMS) nel quale gli archivi di dati non sono memorizzati sullo stesso computer bensì su più elaboratori o nodi. In altri termini il database in senso fisico può essere dislocato in più computer situati nello stesso luogo, oppure distribuito in una rete di computer connessi tra loro sotto forma appunto di sistema distribuito.
Database spaziale
Una base di dati spaziale (anche nota banca dati spaziale o database spaziale; in sigla: SDB) è una base di dati ottimizzata per archiviare e interrogare dati correlati ad oggetti nello spazio, tra cui, punti, linee e poligoni. Nelle basi di dati spaziali sono integrate quindi delle funzionalità aggiuntive per processare tipi di dati spaziali. L'Open Geospatial Consortium (Consorzio geospaziale aperto) ha creato le specifiche Simple Features che stabiliscono degli standard per l'aggiunta di funzionalità spaziali alle banche dati.
Database multimediale
Base di dati multimediale o database multimediale (in sigla MMDBMS) è una base di dati che raccoglie oggetti di tipo testo, immagine, oggetti 3D, audio, video e una combinazione di questi e fornisce strumenti per la loro memorizzazione, accesso, ricerca e controllo. Attualmente il DBMS Oracle fornisce funzioni tipiche delle basi di dati multimediali.
Caratteristiche
Server di basi di dati
Il server è la parte del DBMS, e per estensione il server su cui il programma opera, che si occupa di fornire i servizi di utilizzo della base di dati ad altri programmi e ad altri computer secondo la modalità client/server. Il server memorizza i dati, riceve le richieste dei client ed elabora le risposte appropriate.
Tra i più diffusi DBMS open source troviamo:
MySQL
MariaDB
Firebird SQL
PostgreSQL
I più diffusi sistemi commerciali sono:
Oracle
IBM DB2
Microsoft SQL Server
Sybase
Microsoft Access
Teradata
FileMaker
I database server sono complessi sistemi software concepiti oltre che per memorizzare i dati, anche per fornire un accesso rapido ed efficace a una pluralità di utenti contemporaneamente e garantire protezione sia dai guasti sia dagli accessi indebiti (sicurezza o protezione della base dati).
Client di base di dati
Tra i client più diffusi di base di dati che si interfacciano lato utente con il DBMS si hanno:
Toad
SQuirreL SQL Client
Transazioni e proprietà
Una qualunque modifica allo stato del database tramite operazioni varie è detta transazione, la quale deve rispettare le cosiddette regole o proprietà ACID. Le operazioni più tipiche in un DB sono quelle riassunte dall'acronimo CRUD.
Efficienza e sicurezza
Sicurezza significa impedire che la base dati venga danneggiata da interventi accidentali o non autorizzati, per esempio un attacco ai database, e mantenerne l'integrità ovvero garantire che le operazioni effettuate sulla base di dati da utenti autorizzati non provochino una perdita consistente di dati, garantendone al contempo l'affidabilità. La protezione da accessi non autorizzati è un tema importante nella gestione delle basi di dati che si rivelano vulnerabili nei seguenti punti:
Sicurezza dei server
Connessioni tra database
Controllo sugli accessi al database.
Data warehouse
Data mining
Implementazione e gestione
Progettazione
La progettazione di basi di dati è il processo di formulazione di un modello dettagliato del database. Questo modello contiene tutte le scelte progettuali a livello logico e fisico e i parametri fisici di memorizzazione necessari per la generazione del data definition language (DDL) che può essere usato per l'implementazione del database. Un modello dei dati completamente specificato contiene i dettagli specifici per ogni singola entità.
Linguaggi utilizzati
Nell'ambito dell'utilizzo/amministrazione della base di dati, una qualunque operazione sulla base di dati da parte dell'utente/amministratore su DBMS è ottenibile tramite un opportuno linguaggio attraverso un DBMS manager a interfaccia grafica o a interfaccia a riga di comando. In generale è possibile distinguere più linguaggi per basi di dati, ciascuno con lessico e sintassi che definiscono tutte le istruzioni possibili, a seconda del loro utilizzo o finalità a partire dalla creazione/progettazione, gestione, ristrutturazione, sicurezza, fino all'interrogazione della base di dati stessa:
Data Definition Language (DDL) - consente di definire la struttura o organizzazione logica della base di dati (schema di database) e le autorizzazioni per l'accesso.
Data Manipulation Language (DML) - permette di inserire, modificare, cancellare i dati (transazione).
Data Control Language (DCL) - permette di gestire utenti e permessi.
Device Media Control Language (DMCL) - permette di controllare i supporti (memoria di massa) dove vengono memorizzati i dati.
Query language (QL) - permette di interrogare il database, cioè estrarre e leggere i dati.
La sintassi di questi linguaggi varia a seconda del particolare DBMS e i vari linguaggi mantengono tra loro un'uniformità concettuale.
Inoltre è possibile suddividere i linguaggi come:
Linguaggi testuali interattivi, come l'SQL che rappresenta attualmente il linguaggio più utilizzato e di cui sono stati pubblicati diversi standard.
Linguaggi testuali interattivi immersi in linguaggi di programmazione comuni, quali C, BASIC ecc.
Linguaggi testuali interattivi immersi in linguaggi di programmazione proprietari.
Linguaggi grafici e user-friendly, come QBE (Query By Example), che possono essere utilizzati anche dai meno esperti.
Rapporto col diritto d'autore
Le banche di dati sono tutelate dalla legge sul diritto d'autore sia come opere di ingegno di carattere creativo sia come bene prodotto grazie ai rilevanti investimenti finanziari.
In Italia l'art 64 quinquies della legge 633/1941 sul diritto d'autore prevede che:L'autore di una banca di dati ha il diritto esclusivo di eseguire o autorizzare:a) la riproduzione permanente o temporanea, totale o parziale, con qualsiasi mezzo e in qualsiasi forma;b) la traduzione, l'adattamento, una diversa disposizione e ogni altra modifica;c) qualsiasi forma di distribuzione al pubblico dell'originale o di copie della banca di dati; la prima vendita di una copia nel territorio dell'Unione europea da parte del titolare del diritto o con il suo consenso esaurisce il diritto di controllare, all'interno dell'Unione stessa, le vendite successive della copia;d) qualsiasi presentazione, dimostrazione o comunicazione in pubblico, ivi compresa la trasmissione effettuata con qualsiasi mezzo e in qualsiasi forma;e) qualsiasi riproduzione, distribuzione, comunicazione, presentazione o dimostrazione in pubblico dei risultati delle operazioni di cui alla lettera b).L'autore di una banca di dati, che ha scelto e organizzato creativamente il materiale all'interno della raccolta, è quindi titolare delle facoltà esclusive di natura patrimoniale e morale riconosciute a tutti gli autori di opere dell'ingegno secondo l'articolo 64-quinquies e seg. della legge 633/1941. I diritti esclusivi di riproduzione, traduzione, adattamento, distribuzione, presentazione e dimostrazione sono detti diritti patrimoniali, cioè hanno un valore economicamente valutabile. In quanto patrimoniali i sopracitati diritti sono trasferibili.
L'autore può quindi effettuare o autorizzare: la riproduzione permanente o temporanea, totale o parziale, la traduzione, le modifiche, gli adattamenti e le diverse disposizioni del materiale, la distribuzione, la presentazione in pubblico e l'utilizzazione economica.
C'è invece la possibilità di una libera utilizzazione quando l'accesso e la consultazione sono svolte per finalità didattiche o di ricerca scientifica, quando l'uso dei dati persegue fini di sicurezza pubblica e quando i dati sono utilizzati per una procedura amministrativa o giurisdizionale. La durata del diritto d'autore è di 70 anni dalla morte dell'autore.
In qualunque caso le banche dati sono tutelate dal diritto d’autore indipendentemente dalla tutela eventualmente accordata alle opere o ai dati da cui esse sono composte, con la precisazione che la tutela della banca dati non si estende alle opere o dati in questione. In sostanza la tutela riguarda la struttura della banca dati, in pratica la sua forma espressiva.
Nel caso in cui la banca di dati sia originale, cioè con dati organizzati secondo criteri originali e non per esempio in ordine alfabetico o cronologico, l'autore gode dei diritti morali e di sfruttamento economico della banca dati stessa. Invece nel caso in cui la banca dati non sia originale la tutela dei diritti non è per l'autore, ma per il costruttore ovvero colui che effettua investimenti per la costituzione della banca dati. Al costitutore della banca di dati sarà riconosciuta, sul solo territorio dell'Unione europea, la titolarità di un diritto sui generis diverso dal diritto d'autore e dai diritti connessi, volto a tutelare il lavoro svolto e gli investimenti effettuati. Infatti il costitutore può vietare le operazioni di estrazione e reimpiego della totalità o di una parte della banca dati. La durata del diritto del costitutore è di 15 anni, rinnovabile in caso di modifiche o integrazioni sostanziali apportate alla raccolta. Il conteggio dei 15 anni comincia dal 1º gennaio dell'anno successivo alla data del completamento della banca dati. Nel caso in cui il database sia accessibile via internet i 15 anni cominciano dal 1º gennaio successivo alla messa a disposizione della banca di dati stessa.
Diritto sui generis
Il diritto sui generis è rivolto al costitutore di una banca di dati, individuato in colui che ha effettuato investimenti di denaro, tempo e lavoro, indipendentemente dal valore creativo e originale dell’opera.
Il diritto sui generis è stato riconosciuto in ambito comunitario grazie all’introduzione della Direttiva 96/9/CE presentata dall’Unione Europea, in cui si parla del suddetto diritto nel capitolo III e più precisamente negli articoli che vanno dal 7 fino all'11.
Tramite questo diritto, gli Stati membri conferiscono al costitutore di una banca di dati la possibilità di vietare operazioni di estrazione e/o reimpiego della totalità o di una parte sostanziale del contenuto della stessa, valutata in termini qualitativi o quantitativi, qualora il conseguimento, la verifica e la presentazione di tale contenuto attestino un investimento rilevante.
Gli Stati membri possono inoltre stabilire che l'utente legittimo di una banca di dati messa in qualsiasi modo a disposizione del pubblico possa, senza autorizzazione del costitutore della stessa, estrarre e/o reimpiegare una parte sostanziale del contenuto di tale banca:
a) qualora si tratti di un'estrazione per fini privati del contenuto di una banca di dati non elettronica;
b) qualora si tratti di un'estrazione per finalità didattiche o di ricerca scientifica, purché l'utente legittimo ne citi la fonte e in quanto ciò sia giustificato dagli scopi non commerciali perseguiti;
c) qualora si tratti di estrazione e/o reimpiego per fini di sicurezza pubblica o per una procedura amministrativa o giurisdizionale.
La tutela sui generis è quindi una protezione dell’insieme delle informazioni contenute all’interno di una banca dati, considerando lo sforzo impiegato per la sua realizzazione.
Per tali ragioni la tutela sui generis trova il suo fondamento giuridico nel principio di territorialità, in quanto solo le banche dati create da un cittadino di uno Stato membro dell’Unione Europea ne beneficiano.
Il requisito fondamentale richiesto per la concessione della tutela sui generis è un ingente investimento di risorse umane ed economiche, in modo tale da poter differenziare la raccolta con una semplice copia di informazioni, che non richiede un impiego tanto grande. L'investimento che viene preso in considerazione riguarda le attività di raccolta di dati, la verifica delle informazioni e la presentazione dell’insieme dei materiali.
Analizzando il diritto d'autore e il diritto sui generis, in questa prospettiva, è facile capire le differenze. Il primo si limita a proteggere la forma, quindi l’architettura e la sequenza in cui sono disposti i dati, frutto di una elaborazione creativa; il secondo si applica al materiale raccolto, a prescindere dal modo in cui viene organizzato.
Licenze
Le licenze d'uso instaurano un rapporto contrattuale con cui il licenziante concede dei permessi al licenziatario richiedendo il permesso di alcune condizioni. Queste due componenti sono di solito presenti in tutte le licenze d'uso e la differenza è maggiormente osservabile se guardiamo le licenze Creative Commons. Dal momento che in Unione Europea esista un particolare sistema di tutela per le banche dati comporta che una licenza d'uso per banche dati, per funzionare in modo corretto sul contesto europeo, debba tenerne conto e soprattutto debba gestire il diritto sui generis. Una licenza che non menzioni quel diritto e non consideri le sue peculiarità rischia di rimanere "monca", ossia parzialmente inefficiente, dato che quel diritto non è correttamente licenziato.
Licenze libere di banche dati:
CCPL
Open Data Common Licenses (utilizzata da Open Street Maps)
CC0 (Licenza che consiste nella rinuncia di tutti i diritti)
Open Government License
French PSI Re-Used License
IODL 1.0 (Licenze del Governo italiano copyleft)
IODL 2.0 (Licenze del Governo italiano non copyleft)
Applicazioni
Note
Bibliografia
Atzeni, Ceri, Fraternali, Paraboschi, Torlone – Basi di dati (architetture e linee di evoluzione) - McGraw Hill, 2003
Ramez Elmasri, Shamkant B. Navathe, Fundamentals of Database Systems, Fourth Edition, Addison Wesley, 2003
Tamer-Ozsu, P. Valduriez, Principles of Distributed Database Systems, Prentice Hall, 1999
Giovanni Guglielmetti, La tutela delle banche dati con diritto sui generis nella direttiva 96/9/CE, in Contratto e impresa / Europa, 1997, pag. 177 e segg.
Paola A.E. Frassi, Creazioni utili e diritto d'autore. Programmi per elaboratore e raccolte di dati, Giuffrè, 1997
Laura Chimienti e Niccolò Machiavelli, Banche dati e diritto d'autore, Giuffrè, 1999
Voci correlate
ACID
Affidabilità (basi di dati)
Algebra relazionale
Sistemista (DBA)
Attacco ai database
Base di conoscenza
Base di dati spaziale
Base di dati multimediale
Base di dati a grafo
Base di dati multimediale
Cache
Campo (informatica)
Chiave (basi di dati)
Colonna virtuale
Base di dati orientata al documento
Dato
Data integration
Database parallelo
Database distribuito
Cloud database
Database management system
Database Source Name
Descrittore (informazione)
Direttiva relativa alla tutela giuridica delle banche di dati
Domain Name System
Dump
Linguaggio di interrogazione
Modello relazionale
Modello reticolare
Modello gerarchico
Modello a oggetti
Modello relazionale a oggetti
Modello E-R
Persistenza
Progettazione di basi di dati
Normalizzazione (informatica)
Protezione del database
Query
Record (database)
Vista (basi di dati)
Schema di database
Schema evolution
Sistema informativo aziendale
Structured Query Language
Database Source Name
JDBC
ODBC
Tablespace
Transazione (basi di dati)
Trigger (basi di dati)
Data entry
Data warehouse
Business intelligence
Big data
Big data analytics
Toad (software)
SQuirreL SQL Client
Altri progetti
Collegamenti esterni
Terminologia informatica |
1591 | https://it.wikipedia.org/wiki/Dungeons%20%26%20Dragons | Dungeons & Dragons | Dungeons & Dragons (abbreviato come D&D o DnD) è un gioco di ruolo fantasy creato da Gary Gygax e Dave Arneson, pubblicato per la prima volta nel gennaio 1974 dalla Tactical Studies Rules (TSR), azienda fondata da Gygax poi trasformata nella TSR Hobbies la quale fu acquisita nel 1997 dalla Wizards of the Coast, assieme a tutti i diritti su D&D; due anni più tardi, la stessa Wizards fu acquistata dalla Hasbro. In parte grazie anche a un'intensa attività di marketing, i prodotti marchiati Dungeons & Dragons hanno costituito oltre il 50% del mercato dei giochi di ruolo venduti nel 2002.
D&D, che ha fornito lo spunto alla nascita di tutto il filone editoriale legato ai giochi di ruolo, è tra questi il più diffuso e conosciuto, con una stima di circa 20 milioni di giocatori, traduzioni in molte lingue e oltre 1 miliardo di dollari di vendite di manuali e accessori fino al 2004. Come per altri giochi di ruolo prodotti nei primi anni di diffusione di questo genere editoriale ha un nome che contiene un'allitterazione nella doppia "D" di Dungeons & Dragons.
Storia
Origini
Il gioco nacque nell'ambiente del wargame negli anni settanta, quando si cominciò a sostituire a generiche unità rappresentanti gruppi di soldati dei personaggi che potevano evolversi da una partita all'altra, tra cui i Braunstein, dei wargame in cui i giocatori controllavano individui anziché eserciti, organizzati inizialmente da Dave Wesely e poi proseguiti da Dave Arneson, alla partenza di Weseley per il servizio militare. Arneson utilizzò Chainmail, un regolamento di wargame tridimensionale scritto da Jeff Perren e Gary Gygax per risolvere i combattimenti e con il progredire del gioco aggiunse innovazioni come classi personaggio, punti esperienza, avanzamento di livello, classe di armatura e altri. Arneson conosceva Gygax con cui aveva sviluppato il wargame navale Don't Give Up the Ship! (1972) e lo introdusse alla sua campagna di Blackmoor. I due collaborarono quindi allo sviluppo di The Fantasy Game, il regolamento che diventerà Dungeons & Dragons, con Gygax che scrisse e preparò la versione definitiva del testo.
Molti degli elementi di Dungeons & Dragons erano già apparsi negli anni in ambito hobbistico nella seconda metà del XX secolo (e anche precedentemente). L'interpretazione del personaggio può per esempio essere vista come improvvisazione teatrale. Ambientazioni relative a mondi immaginari erano già state sviluppate, approfondite e usate nei wargame, come per esempio Glorantha o Tékumel ma Dungeons & Dragons fu una fusione unica di questi elementi.
Fonti di ispirazione
La presenza di halfling, elfi, nani, mezzelfi, orchi, draghi, e simili spinge sovente a paragoni con l'opera di Tolkien e nella prima edizione la cosa è ancora più evidente per l'esplicita presenza di hobbit, ent e balrog, che nelle edizioni successive furono sostituiti da halfling, treant e balor per problemi di copyright con la Tolkien Estate. Gygax dichiarò di non essere stato molto influenzato dal Signore degli Anelli ma che ne incluse alcuni elementi solo per sfruttare la mania dell'epoca per i romanzi di Tolkien e accontentare alcuni suoi giocatori, ma l'ispirazione proveniva da una varietà di fonti, dalla storia medievale, i miti, le storie fantasy e i racconti pulp in modo da poter essere d'interesse al più vasto pubblico possibile.
Il sistema magico per cui i maghi devono memorizzare gli incantesimi e li dimenticano una volta lanciati fu ispirato principalmente dai romanzi del ciclo della Terra morente di Jack Vance. Il sistema di allineamento originale (che divideva tutti i personaggi e le creature in "Legale", "Neutrale" e "Caotico") è ispirato dal ciclo di Elric di Melniboné di Michael Moorcock e dal romanzo Tre cuori e tre leoni di Poul Anderson. Tra le altre opere che influenzarono la creazione del gioco vi sono i lavori di L. Sprague de Camp, Fletcher Pratt, Robert E. Howard, Fritz Leiber, Jack Vance, H. P. Lovecraft, A. Merritt, Roger Zelazny e Michael Moorcock, così come di molti altri autori. Mostri, incantesimi e oggetti magici presenti nel gioco sono stati ispirati da centinaia di lavori individuali, per esempio la displacer beast è ispirata a Coeurl, il mostro del racconto Il distruttore nero di A. E. van Vogt e la spada vorpal dalla poesia Jabberwocky di Lewis Carroll, ma non mancano le creature provenienti dalle varie mitologie e religioni del mondo reale.
Prime versioni
Dungeons & Dragons è passato attraverso molte edizioni e revisioni alcune sviluppate in parallelo. Il set originale fu pubblicato nel 1974 è ora indicato come "OD&D" (per "Original Dungeons & Dragons" e consisteva in tre manuali in una piccola scatola. Era una produzione amatoriale scritta presupponendo che il lettore fosse familiare con il wargame Chainmail (creato nel 1971 dallo stesso Gygax con Jeff Perren). Nonostante ciò, divenne popolare prima tra i wargamer e quindi verso un pubblico più generale di studenti delle superiori e dei college. La prima tiratura di mille copie si esaurì in sette mesi (febbraio - settembre 1974), la seconda di 2000 copie in altri sette mesi (novembre 1974 - maggio 1975) e nel giugno 1975 fu pubblicata una terza tiratura di copie; le vendite continuarono a crescere e nel 1975 furono vendute copie e ancora di più successivamente. Complessivamente la prima edizione fu ristampata diverse volte con alcune differenze, in particolare a partire dal 1977 furono cambiati o eliminati i riferimenti espliciti alle opere di Tolkien e l'edizione fu supportata da diversi prodotti aggiuntivi, come i supplementi originali per Greyhawk (Gary Gygax e Rob Kuntz, 1975) e Blackmoor (Dave Arneson, 1975), o i manuali Eldritch Wizardry (Gary Gygax e Brian Blume, 1976) e Gods, Demi-Gods and Hero's (Rob Kuntz e James Ward, 1976) che espansero notevolmente le classi di personaggi, mostri e incantesimi disponibili. A questi si aggiunge anche Swords & Spells (Gary Gygax, 1976) che introduceva le regole per l'uso di miniature nel gioco. Anche questi primi moduli di espansione furono ristampati varie volte fino al 1979 con piccole variazioni grafiche della copertina. Nel 1976 la TSR cessò le pubblicazioni della rivista The Strategic Review (dedicata anche a wargame) per pubblicare Dragon, una rivista dedicata quasi completamente, seppur non esclusivamente, a Dungeons & Dragons.
Basic e Advanced Dungeons & Dragons
Nel 1977 la TSR creò il primo elemento di una strategia di attacco a due punte che avrebbe diviso i regolamenti di Dungeons & Dragons per oltre due decenni: fu pubblicata la prima edizione del Dungeons & Dragons Basic Set (J. Eric Holmes), un set di regole in scatola che comprendeva materiale proveniente dai supplementi da Greyhawk, Blackmoor e Eldritch Wizardry, pensato come un'introduzione ai concetti base del gioco destinata ai giocatori più giovani e che potesse essere venduta anche nei normali negozi di giocattoli. Le regole permettevano di creare personaggi solo fino al terzo livello, perché si supponeva che i giocatori che avessero desiderato proseguire avrebbero potuto acquistare lOriginal Dungeons & Dragons.
Nel frattempo Gygax iniziò a lavorare su un regolamento più complesso, lAdvanced Dungeons & Dragons, che raccoglieva e raggruppava le regole, espansioni e correzioni dell'Original Dungeons & Dragons che erano ormai sparse in più manuali, rivedendole e unificandole. Il nuovo regolamento fu pubblicato suddiviso in tre volumi a copertina rigida, Monster Manual (1977), Player's Handbook (1978) e Dungeon Master's Guide (1979). Comunque fin dal inizio le differenze filosofiche tra Advanced e il Basic Set rovinarono l'approccio a due punte: Gygax aveva mirato a scrivere un regolamento rigidamente strutturato che cercasse di coprire e regolamentare ogni possibile situazione che poteva sorgere in gioco,, mentre Holmes aveva preferito un tono più leggero, che lasciava più spazio all'approccio individuale. Mentre lAdvanced era considerato da molti una revisione dell'Original Dungeons & Dragons, questo veniva comunque presentato come un nuovo gioco differente dallOriginal e che sarebbe stato necessario un impegno non indifferente per convertire una campagna da un regolamento all'altro. Ad aumentare la confusione contribuì il fatto che i set in scatola dell'Original Dungeons & Dragons rimasero in pubblicazione fino al 1979, in un'edizione per collezionisti (la "Original Collector's Editions"), dato che continuavano a vendere bene.
Con l'eccezione di Temple of the Frog (Arneson, 1975) la TSR non aveva inizialmente pubblicato avventure, ritenendo che ogni master avrebbe preferito scriversi le proprie, anche se aveva distribuito alcune avventure per essere utilizzate alla convention, come Tomb of Horror (Gygax, 1975) per Origins I. Tuttavia, in seguito al successo delle avventure pubblicate dalla Judges Guild, anche la TSR iniziò nel 1978 a pubblicare moduli di avventura, cominciando con il primo modulo della serie G: G1: Steading of the Hill Giant Chief (Gygax, 1978). La prima avventura per il Basic fu invece B2: The Keep on the Borderland (Jeff Grubb e Jon Pickens, 1980), che fu inclusa in quasi tutte le edizioni del set in scatola, mentre X1: The Isle of Dread (David Cook e Tom Moldway, 1980) fu incluso nella scatola dellExpert Set.
A partire dal 1981 la TSR iniziò a pubblicare ogni anno un manuale a copertina rigida per lAdvanced cominciando con Deities & Demigods (James M. Ward con Robert J. Kuntz, 1980). Da segnalare in particolare Fiend Folio (1981), che fu curato da Don Turnbull, in precedenza curatore editoriale di White Dwarf, assunto per gestire la branca britannica della TSR, e Oriental Adventures (David "Zeb" Cook, 1985), la cui ambientazione fu successivamente inclusa nei Forgotten Realms nel 1988 con nome di Kara-Tur e Unearthed Arcana, che aggiunse molte nuove regole.
Nel 1993, per ampliare il contenuto associato ad Advanced D&D, fu pubblicato il libro "The Complete Book of Humanoids"
Revisione delle edizioni
La divisione tra le due linee editoriali Basic e Advanced fu sancita nel 1981 con la pubblicazione della seconda edizione del Basic Set, curata da Tom Moldvay e dal nuovo set in scatola Expert curata da David "Zeb" Cook, che permetteva di portare i personaggi del Basic fino al 14º livello.. Nuove edizioni del Basic e dellExpert furono pubblicate nel 1983 a cura di Frank Mentzer (l'edizione nota tra i fan come "scatola rossa") seguite dal Companion (Frank Mentzer, 1983), Master (Gary Gygax e Frank Mentzer, 1985) e Immortals (Frank Mentzer, 1986), ognuna delle quali conteneva le regole per personaggi con livello crescente di potere ed esperienza. Come ammise lo stesso Mentzer la sua voleva essere più una raccolta di "linee guida" che non un insieme di regole, distinguendosi così dalla filosofia di AD&D, che stava avendo in quel periodo un vero e proprio boom di manuali contenenti nuove regole o caratteristiche del gioco (mostri, incantesimi, nuove classi). Le descrizioni geografiche presenti nei manuali e nelle avventure di D&D Basic Set si evolsero gradualmente diventando l'ambientazione Mystara.
Nel 1991 fu pubblicata la scatola introduttiva della 5ª edizione di D&D Basic Set insieme ad alcuni moduli collegati, inseriti in una nuova ambientazione, la Valle del Tuono. Questi moduli contengono regole e situazioni pensate principalmente per iniziare a D&D nuovi giocatori, oltre che a fornire un'impostazione che richiama i giochi da tavolo fantasy tipo HeroQuest (mappa del dungeon da esplorare, miniature in cartoncino dei mostri e dei personaggi giocanti, ecc...); queste caratteristiche, oltre che l'assenza di vere novità rispetto all'edizione precedente, ne decretarono lo scarso successo tra i giocatori già esperti. A queste uscite si affiancarono la Dungeons & Dragons Rules Cyclopedia (Aaron Allston, 1991), che riassunse in un unico volume cartonato quasi tutte le regole pubblicate nelle prime quattro scatole della 4ª edizione e parte di quelle opzionali pubblicate all'interno dei vari Gazetteer (supplementi geografici per Mystara, divenuta l'ambientazione ufficiale di D&D Basic Set) e il Wrath of the Immortals (Aaron Allston, 1992), che aggiornava e semplifica le regole della scatola Immortals, rendendo anche esplicito il legame con l'ambientazione Mystara. I prodotti pubblicati furono divisi in una serie introduttiva (giocabile anche con solo la scatola base) e un Challenger Series, che prevede l'utilizzo della Rules Cyclopedia (o delle scatole colorate precedenti).
Nel 1994 la TSR pubblicò The Classic Dungeons & Dragons Game, considerata la 6ª edizione di D&D Basic Set, anche se in realtà è solo una ristampa della scatola introduttiva della 5ª edizione con rinnovate impaginazione e veste grafica e l'aggiunta di miniature di plastica per gli avventurieri. Anche questa edizione fu ristampata diverse volte (l'ultima nel 1996), con alcune modifiche nella grafica, ma con contenuti invariati. È l'ultimo prodotto pubblicato per il D&D Base, nonostante solo pochi mesi prima la rivista ufficiale Dragon Magazine avesse annunciato essere in lavorazione diversi prodotti ambientati a Mystara.
Nell'ambito del regolamento Advanced nel 1984 fu pubblicato, per AD&D, Dragons of Despair, la prima avventura di una lunga saga, costituita da 14 moduli ambientata nel mondo di Dragonlance, degna di nota per costituire una vera e propria storia, piuttosto che una serie di dungeon crawl come era stato per le avventure precedenti, e per la pubblicazione ad esso collegata di una serie di romanzi che ottennero un buon successo. Il modulo descrittivo dell'ambientazione, Dragonlance Adventures, fu pubblicato solo 3 anni più tardi. Nel 1987 fu pubblicato per AD&D il Forgotten Realms Campaign Set che introdusse l'ambientazione dei Forgotten Realms.
La seconda edizione dellAdvanced Dungeons & Dragons fu pubblicata nel 1989, sempre divisa in tre volumi, l'autore principale fu David "Zeb" Cook. L'originale Monster Manual fu sostituito dal Monstrous Compendium, un raccoglitore ad anelli, rimpiazzato a sua volta nel 1993 dal Monstrous Manual, un manuale a copertina rigida. Nel 1995 i manuali base dellAdvanced furono leggermente rivisti, anche se la TSR continuò a riferirsi ad essi come seconda edizione, e una serie di manuali detti Player's Option furono pubblicati come regole opzionali. Con la seconda edizione furono promosse anche ambientazioni diverse da quelle fantasy tradizionali, tra cui la fusione del fantasy con altri generi, come l'orrore (Ravenloft, 1990), la space opera (Spelljammer di Jeff Grubb, 1989) e l'apocalittico (Dark Sun), così come versioni storiche alternative e ambientazioni mitologiche non europee.
Alcuni aspetti del gioco che avevano attirato una pubblicità negativa furono deliberatamente esclusi dalla seconda edizione dellAdvanced. In particolare i riferimenti a demoni e diavoli, illustrazioni che potevano essere ritenute sessualmente suggestive e personaggi giocanti malvagi come assassini e mezzi orchi. Le tematiche della nuova edizione cambiarono passando da quelle tipiche della letteratura sword and sorcery degli anni sessanta e settanta, ad un misto di storia e mitologia medievale. Ci furono alcune variazioni minori alle regole tra cui l'aggiunta delle non-weapon proficiencies, capacità simili ad abilità comparse per la prima volta in supplementi della prima edizione. Gli incantesimi furono divisi in sfere e scuole, le classi personaggi furono consolidate, i limiti sull'avanzamento per i personaggi non umani ampliati e il sistema di combattimento fu leggermente rivisto.
Nel 1995 la TSR ripubblicò i manuali base della seconda edizione con nuove copertine, illustrazioni e layout della pagina. Questa pubblicazione fu seguita a breve da una serie di volumi etichettati Player's Option (Player's Option: Combat & Tactics, Player's Option: Skills & Powers, Player's Option: Spells & Magic, Dungeon Master Option: High-Level Campaigns), che introducevano regole alternative e opzioni per i personaggi, così come regole per campagne di alto livello.. Alcune di queste regole includevano l'introduzione di un sistema a punti per permettere ai giocatori di scegliere le opzioni di classe possedute dal proprio personaggio, in modo simile alle non-weapon proficiency e introducevano gli attacchi di opportunità nel combattimento. Questa edizione è chiamata informalmente dai giocatori "AD&D 2.5".
Il declino della TSR e l'acquisto da parte della Wizards of the Coast
Nei primi anni novanta la Wizards of the Coast pubblicò il gioco di carte collezionabili fantasy Magic: l'Adunanza, che in breve tempo divenne un enorme successo editoriale, oggetto di numerosi tentativi di emulazione da parte di altri editori. La TSR, nel tentativo di cavalcare l'onda del successo dei giochi collezionabili, pubblicò prima il gioco di carte collezionabili Spellfire (1994) e, successivamente, quello di dadi collezionabili Dragon Dice (1995), entrambi ambientati negli universi narrativi delle varie edizioni di AD&D, ma i giochi ottennero scarso seguito e in breve furono abbandonati.
Il successo dei giochi di carte collezionabili causò un calo delle vendite dei giochi di ruolo in generale e in seguito ad alcune mosse editoriali sbagliate la TSR aveva accumulato nel 1997 oltre debiti ed era sull'orlo della bancarotta e venne acquisita dalla Wizard of the Coast con l'intermediazione di Bob Abramowitz e Ryan Dancey della Five Ring Publishing Group. La maggior parte del team creativo e professionale della TSR si trasferì dal Wisconsin a Renton, nello stato di Washington. Inoltre la Wizards riassunse o riallacciò i rapporti con molti degli autori che erano stati licenziati dalla TSR negli ultimi problematici anni. I prodotti di D&D continuarono comunque a portare il logo della TSR fino al 2000, dopo l'acquisizione della Wizard of the Coast da parte della Hasbro.
Tra il 1997 e il 1998 le linee editoriali legate ad AD&D furono ridotte ai soli Forgotten Realms e Dragonlance, ma prima della pubblicazione della terza edizione la Wizards of the Coast pubblicò numerosi moduli che rinnovavano o ristampavano moduli del passato — Against The Giants: The Liberation of Geoff (1999), Dragonlance Classics 15th Anniversary Edition (1999), Ravenloft (1999), Return to the Keep on the Borderlands (1999), Return to White Plume Mountain (1999), TSR Silver Anniversary Collector’s Edition (1999), Slavers (2000) e Return to the Temple of Elemental Evil (2000) — e venne pubblicato il Dragon Magazine Archive una raccolta digitale dei primi 250 numeri di Dragon
Dungeons & Dragons 3rd Edition
Dopo tre anni di sviluppo la Wizards of the Coast pubblicò nel 2000 Dungeons & Dragons 3rd Edition (in genere abbreviata come D&D3E o 3E). Scritto da (a cura di) Monte Cook, Jonathan Tweet e Skip Williams, questa nuova edizione riportò le linee Basic e Advanced insieme in un unico regolamento, il termine "Advanced", non essendo più in commercio da diversi anni la versione "base", e il concetto di "terza edizione" va così ad indicare sia la 3ª edizione di AD&D, sia, viste le sensibili variazioni nelle regole, quella che si può definire una terza reincarnazione del gioco (Dungeons & Dragons, Advanced Dungeons & Dragons e Dungeons & Dragons 3rd Edition). All'epoca fu la più grande revisione mai fatta finora delle regole di D&D, che servì anche come base per il regolamento di gioco di ruolo multigenere d20 System. Le regole della terza edizione furono progettate per essere internamente consistenti e meno restrittive delle precedenti edizioni del gioco permettendo una maggiore flessibilità ai giocatori nel creare il personaggio che volevano interpretare. Furono introdotte abilità e talenti per incoraggiare la personalizzazione dei personaggi. Le nuove regole standardizzarono anche la risoluzione delle azioni e il combattimento.
L'introduzione del d20 system rese possibile ad altre case editrici la pubblicazione di materiale compatibile con Dungeons & Dragons senza il bisogno di sviluppare regole proprie e soprattutto senza il bisogno di approvazione da parte della Wizards of the Coast. Il d20 system è una versione open source delle regole base di D&D rese disponibili con la licenza Open Gaming License. Ciò facilitò la vendita dei prodotti compatibili con D&D unificandoli in una licenza commerciale facilmente riconoscibile. Molti altri editori, come la White Wolf (sotto l'etichetta Sword & Sorcery Studios), Alderac Entertainment Group, Mongoose Publishing e Malhavoc Press, pubblicarono prodotti per il d20 system.
Nel 2002 la Wizards of the Coast cercò, tramite concorso, un'ambientazione da affiancare a Greyhawk e Forgotten Realms (le uniche due ancora direttamente supportate). Tra più di concorrenti vinse Eberron di Keith Baker che fu pubblicata nel 2004 con il manuale Eberron Campaign Setting.
Nel 2003, fu pubblicata una revisione delle regole, la Dungeons & Dragons v.3.5, conosciuta anche come Revised 3rd Edition o D&D3.5. Questa incorporava centinaia di cambiamenti minori alle regole e espandeva i manuali base. Sebbene sia stato un successo di vendite per la Wizards of the Coast l'edizione di D&D3.5 fu un disastro per gli editori di materiale compatibile con il D20 System, molti dei loro manuali divennero senza preavviso obsoleti e le risorse dei giocatori furono dirette all'acquisto dei nuovi manuali base. Alcuni editori come AEG e Fantasy Flight Games, abbandonarono la pubblicazione di giochi di ruolo, altri come Mongoose Publishing passarono alla pubblicazione di manuali usando la Open Gaming License, ma non il d20 System.
Dungeons & Dragons 4th Edition
Lo sviluppo di Dungeons & Dragons 4th Edition cominciò all'inizio del 2005 con lo scopo dichiarato di rendere il gioco più rapido, intuitivo e divertente. Il team di sviluppo iniziale fu composto da Rob Heinsoo, Andy Collins e James Wyatt, con la collaborazione di molti altri.
La nuova edizione venne annunciata pubblicamente alla Gen Con del 2007. Un'avventura introduttiva, H1: Keep on the Shadowfield fu pubblicata nel maggio 2008 e i tre manuali base furono pubblicati il 26 giugno 2008. La nuova edizione ristrutturò le classi dei personaggi, basando ognuna sull'uso di una fonte di potere specifica: arcano per maghi, warlock, bardi e maghispada, divino per paladini, chierici, vendicatori e invocatori, primevo per sciamani, barbari e guardiani, marziale per ladri, ranger, guerrieri e condottieri, psionico per monaci e psion. Il potere fornisce un certo numero di abilità, utilizzabili a volontà oppure con limiti per incontro o per giorno, e permette di assegnare ad ogni classe un ruolo, come difensore (guerriero in prima linea), controllore (capace di attaccare più avversari contemporaneamente) o leader (in grado di supportare l'azione degli altri membri del gruppo).
La pubblicazione di materiale compatibile con D&D fu permessa con la Game System License (GSL), molto più restrittiva rispetto alla precedente Open Gaming License. Alcuni editori terzi, come la Kenzer & Company o la Goodman Games, decisero di pubblicare materiale compatibile con la quarta edizione, senza però utilizzare la licenza GSL. Nel 2009 la GSL fu rivista e alleggerita in alcuni punti, ma gli unici editori di terze parti ancora interessati furono nuove case editrici che pubblicavano solo documenti in formato PDF.
Successivamente alla pubblicazione della quarta edizione il piano editoriale della Wizards of the Coast si indirizzò sul pubblicare ogni anno tre manuali di regole e tre di ambientazione, ripartiti in uno per i giocatori, uno per i master e uno per le avventure. Nel 2008 fu pubblicata la nuova versione dei Forgotten Realms, adattata con esiti disastrosi al concetto del points of lights della nuova edizione. Nel 2009 furono pubblicati tre nuovi manuali base, il Player's Handbook 2, Dungeon Master's Guide 2 e il Monster Manual 2, e altri tre manuali di ambientazione per Eberron. Nel 2010 furono pubblicati il Player's Handbook 3 e il Monster Manual 3 (la pubblicazione del Dungeon Master's Guide 3 venne cancellata) e i manuali di ambientazione per Dark Sun.
Dungeons & Dragons 5th Edition (D&D Next)
Il 9 gennaio 2012 la Wizards of the Coast annunciò che stava iniziando a preparare una quinta edizione del gioco. Il playtest pubblico iniziò il 24 maggio 2012. Mike Mearls alla Gen Con del 2012 affermò che la casa produttrice aveva ricevuto dei feedback da oltre 75.000 giocatori ma per completare lo sviluppo sarebbero occorsi due anni. Il materiale così distribuito, fino a giugno 2014, prese il nome di D&D Next. La pubblicazione della quinta edizione è avvenuta in coincidenza con il 40º anniversario di D&D, durante l'estate del 2014, con la pubblicazione di un set introduttivo (il D&D Starter Set) e di una copia delle regole base scaricabile gratuitamente, seguita il mese successivo dalla pubblicazione del nuovo Player's Handbook. Nel corso dell'autunno, invece, sono andati in stampa i successivi manuali e le prime avventure ufficiali. Con queste uscite, il nome della linea è cambiato, chiamandosi ora Dungeons & Dragons senza fare alcun riferimento all'edizione progressiva.
La quinta edizione apporta numerosi cambiamenti che alleggeriscono le regole e le meccaniche del gioco, rendendolo più semplice ed equilibrato. I numeri in generale sono stati ridotti e limitati nei loro massimali, così come le differenze di valori tra i livelli più bassi e quelli più alti, riducendo il divario di potenza che si era creato, e rendendo le sfide interessanti a qualunque livello. Per i tiri salvezza, i tre bonus Riflessi, Tempra e Volontà sono stati sostituiti dai sei modificatori di caratteristica. Sono stati introdotti i bonus di competenza e le meccaniche di vantaggio e svantaggio al tiro, che sostituiscono la quasi totalità dei bonus e malus numerici che prima si sommavano algebricamente e di cui bisognava tenere costantemente traccia. Queste ed altre semplificazioni, una fra tante quella al meccanismo della lotta, hanno reso il combattimento più scorrevole. È stata incoraggiata una maggiore interpretazione del ruolo mediante l'aggiunta di background più completi, di sottorazze più caratterizzate, e del bonus di ispirazione. Il potere degli incantatori, prima superiori alle altre classi, è stato bilanciato soprattutto ai livelli alti, ritoccando il meccanismo di concentrazione, il numero degli slot incantesimo, la difficoltà nell'agire in determinate situazioni, il sistema di preparazione degli incantesimi e l'opzione di lancio rituale di alcuni di essi. Anche la meccanica del turno, ora composta da movimento, interazione, azione, azione bonus e reazione, è stata semplificata e resa più libera. Raggiunta ogni fase di aumento dei punteggi di caratteristica (come prima, ogni 4 livelli) è ora possibile distribuire 2 punti invece che 1, oppure scegliere un talento. I talenti sono ora più completi e appetibili, contenendo essi non più una capacità isolata, ma piuttosto un set di esse coerente fra loro. Le classi sono state ampliate con percorsi di specializzazione più utili a livello pratico, e la costruzione del personaggio è stata modificata in modo da renderla più equa, senza più punire l'inesperienza e anzi riducendo il powerplay che sfruttava combinazioni prima più efficaci di altre. Le classi di prestigio sono state sostituite dagli archetipi specifici per ogni classe. I mostri sono stati arricchiti con le azioni leggendarie e le azioni della tana, che li valorizzano rispettivamente contro personaggi di livello alto e nei loro habitat naturali, con capacità aggiuntive come la resistenza leggendaria e le reazioni, ed è stato semplificato il meccanismo della ricarica delle azioni limitate. Sono state rese più fluide le meccaniche della morte e dei riposi, e sono state introdotte aggiunte tematiche agli oggetti magici e alle possibilità di recupero durante i riposi brevi.
Edizioni italiane
Nel 1985 l'Editrice Giochi pubblicò la traduzione italiana (a cura di Giovanni Ingellis) della 4ª edizione di Dungeons & Dragons Basic Set di Frank Mentzer. Successivamente pubblicò la traduzione dellExpert, del Companion e del Master e altre scatole (ad eccezione della Immortals), della 5ª edizione e di diversi moduli di avventura e di ambientazione, sia per la 4ª che per la 5ª edizione.
Nel 1994 la Ripa di Milano pubblicò la prima traduzione ufficiale in italiano dei tre manuali base della 2ª edizione di Advanced Dungeons & Dragons. Questa edizione è tuttavia afflitta da numerosi refusi ed errori di traduzione. Una nuova traduzione più corretta della seconda edizione fu pubblicata dalla 25 Edition nel 1997.
Sempre la 25 Edition pubblicò nel 2000 la traduzione italiana di Dungeons & Dragon 3.0 e nel 2004 la traduzione dell'edizione 3.5. Nel 2008 pubblicò la traduzione della Quarta edizione, che nonostante un buon successo iniziale di vendite, risentì fortemente della resistenza al cambio dei giocatori della Terza edizione e del successo commerciale di Pathfinder gioco di ruolo.
Nel 2017 Asmodee Italia pubblica i manuali della quinta edizione di D&D tradotti in italiano: il Manuale del Giocatore, il Manuale del Master e il Manuale dei Mostri. Successivamente, lo stesso editore pubblica la versione italiana dello Starter Set e di altri manuali di avventure.
Successo e impatto culturale
A partire da un'edizione francese nel 1982, Dungeons & Dragons è stato tradotto in molte lingue oltre all'originale inglese. Nel 2004 i consumatori avevano speso più di un miliardo di dollari per prodotti legati a Dungeons & Dragons e il gioco e si stimavano più di 20 milioni di giocatori. Fino a sei milioni di persone hanno giocato il gioco nel 2007.
Le varie edizioni hanno vinto molti Origins Award, tra cui l'"All Time Best Roleplaying Rules" del 1977, "Best Roleplaying Rules" del 1989 e "Best Roleplaying Game" del 2000 per le tre edizioni principali del gioco. Sia Dungeons & Dragons che Advanced Dungeons & Dragons sono stati inseriti nella Origins Hall of Fame Games. La rivista indipendente Games ha inserito Dungeons & Dragons nella sua lista Games 100 dal 1980 fino al 1983, mettendolo poi nella Hall of Fame nel 1984.
Sebbene molti degli ingredienti alla base di D&D fossero concetti già sviluppati (interpretazione di personaggi, rievocazione storica e teatro improvvisato), così come le simulazioni di mondi e le ambientazioni fantasy per wargame (ad esempio, White Bear and Red Moon o Tekumel), le successive evoluzioni dei giochi di ruolo sono partite dalla creazione originale di Gygax e Arneson: D&D fu infatti il primo gioco di ruolo moderno, e stabilì molte delle convenzioni che hanno dominato il genere, in particolare l'uso dei dadi come meccanica di gioco, l'uso di schede personaggio, l'uso di statistiche numeriche, meccaniche di gioco incentrate sul combattimento e sviluppo della storia deciso dal master. Dopo pochi mesi dall'esordio, altri autori ed editori cominciarono a pubblicare propri giochi di ruolo, la maggior parte dei quali di genere fantasy ispirati all'originale come Tunnels & Trolls (1975), Empire of the Petal Throne (1975) e Chivalry and Sorcery (1976). Sulla spinta del successo si sarebbe arrivati alla pubblicazione da parte di vari editori di altri giochi di ruolo di fantascienza, come Traveller (1977), e fantasy, come RuneQuest (1978) e di successivi regolamenti come Il richiamo di Cthulhu (1981, basato sulla cosmologia creata da H. P. Lovecraft), Champions (1982), GURPS (1986), Guerre stellari - Il gioco di ruolo (1987, ispirato a Guerre stellari) e Vampiri: la masquerade (1991). Con il lancio della 3ª edizione di D&D, la Wizards rese disponibile il d20 System sotto la Open Gaming License (OGL). Grazie a questa licenza gli autori sono liberi di usare il d20 system per scrivere i propri giochi e supplementi di gioco.
D&D è citato anche nel mondo della musica. Il ritornello della canzone Ancient Dreams dell'omonimo album dei Candlemass recita: "Great kings and tyrants, elflords and unicorns, devils and demons, dungeons and dragons". La copertina dell'album Det som engang var del musicista norvegese Burzum è tratta da un modulo del gioco chiamato Il tempio del male elementale.
Dungeons & Dragons viene più volte citato nella sit-com The Big Bang Theory: in ben cinque episodi viene giocato dai protagonisti, mentre in altri tre episodi viene solo menzionato. Nell'episodio Il vortice del D&D, l'ultimo in cui si gioca a D&D, al tavolo sono presenti cinque guest star: William Shatner (James T. Kirk in Star Trek), Wil Wheaton (Wesley Crusher in Star Trek: The Next Generation), Joe Manganiello, Kareem Abdul-Jabbar e Kevin Smith.
Pendleton Ward si è ispirato all'ambientazione di D&D per realizzare alcuni personaggi della sua serie a cartoni Adventure Time, come ad esempio il Lich.
Dungeons & Dragons è citato a più riprese nel romanzo Player One di Ernest Cline. In particolare una delle avventure più famose del gioco, Tomb of Horrors, scritta da Gary Gygax, costituisce l'ambientazione di una delle prove che gli utenti del mondo virtuale creato da James Halliday devono superare per ottenere il premio finale.
D&D, e in particolare la creatura Demogorgone contenuta nel Manuale dei Mostri, è un riferimento ricorrente nella serie televisiva Stranger Things, al punto da portare la Wizards of the Coast a pubblicare nel 2019 uno schermo del master e uno Starter Set aventi come tema la suddetta serie.
Il gioco viene citato più volte anche nella saga letteraria Shadowhunters di Cassandra Clare: uno dei personaggi, Simon Lewis, è un grande appassionato di D&D e ne parla spesso durante le sue vicende.
Struttura del gioco
Normalmente Dungeons & Dragons è giocato seduti intorno a un tavolo. Ogni giocatore generalmente interpreta un singolo personaggio, detto personaggio giocante (PG), che rappresenta il protagonista di un'avventura, insieme ai personaggi degli altri giocatori, in un'ambientazione fittizia di genere fantasy, sotto la guida di un giocatore detto dungeon master (DM) che descrive le situazioni in cui si trovano i personaggi. Nel corso del gioco ogni giocatore dirige le azioni del suo personaggio e le sue interazioni con gli altri personaggi, descrivendone verbalmente le decisioni e risolvendo la riuscita o l'insuccesso delle loro azioni mediante il lancio di dadi. L'insieme dei personaggi è descritto come un gruppo o party di avventurieri, in cui ad ogni membro viene assegnato una propria area speciale di competenza che contribuisce al successo dell'intero gruppo. Il gioco spesso prosegue in una serie di incontri che completano una singola avventura, a loro volta una serie di avventure correlate costituisce una campagna.
I risultati delle scelte dei personaggi e della storia globale del gioco sono determinati dal dungeon master, secondo le regole del gioco. Il DM sceglie e descrive i vari personaggi non giocanti (PNG) che il gruppo incontra, l'ambiente con il quale interagiscono e i risultati di questi incontri secondo le scelte e le azioni dei giocatori. Gli incontri spesso prendono la forma di combattimenti contro 'mostri' — un termine generico usato in D&D per riferirsi a esseri potenzialmente ostili come animali, aberrazioni magiche o creature mitiche. Le regole del gioco trattano vari soggetti come l'interazione sociale, l'uso della magia, il combattimento e gli effetti dell'ambiente sui personaggi, aiutando il DM a prendere decisioni. Il DM può scegliere di deviare dalle regole pubblicate o crearne di nuove se lo ritiene necessario.
I soli oggetti necessari per giocare sono i manuali di regole, una scheda personaggio per ogni giocatore e diversi dadi. L'edizione corrente assume anche l'uso di miniature o segnalini su una mappa quadrettata per gestire i combattimenti, ma non è un obbligo. Numerosi accessori opzionali sono disponibili per migliorare il gioco, come manuali aggiuntivi, avventure pronte e varie ambientazioni.
Meccaniche di gioco
Creazione del personaggio
Prima dell'inizio del gioco ogni giocatore crea il suo personaggio e ne registra i dettagli su una scheda del personaggio. Prima di tutto il giocatore determina il punteggio delle caratteristiche del personaggio. Queste consistono di forza, costituzione, destrezza, intelligenza, saggezza e carisma. Il loro valore determina le potenzialità del personaggio in gioco, la sua efficacia nel compiere azioni, nel resistere ad effetti negativi e le classi di personaggio a cui può accedere. Nel regolamento originale il valore di ogni abilità è calcolato sommando il totale di tre dadi a sei facce nell'ordine in cui sono lanciati. Successivamente sono state sviluppate diverse varianti. Nella quarta edizione i metodi proposti sono di assegnarli da una lista di valori pregenerata, di "comprarli" spendendo un certo numero di punti (maggiore il valore desiderato maggiore il costo) o di generarli tirando per sei volte quattro dadi a sei facce e sommando ad ogni tiro il valore dei tre dadi più alti, i valori così ottenuti sono assegnati alle caratteristiche secondo la preferenza del giocatore)
Il giocatore sceglie quindi una razza (come umano o elfo), una classe (come guerriero o mago), un allineamento (una sintesi della sua morale ed etica) e diversi poteri, abilità o talenti che migliorano le sue capacità base. Il personaggio è di solito sviluppato e personalizzato creando il suo background.
Svolgimento del gioco
Durante il gioco ogni giocatore descrive le azioni del suo personaggio, come tirare un pugno ad un avversario, scassinare una serratura o parlare con un Personaggio non giocante gestito dal dungeon master, che a sua volta descrive il risultato delle azioni dei giocatori e le reazioni dei personaggi non giocanti. In genere azioni banali come raccogliere una lettera o aprire una porta non chiusa a chiave riescono automaticamente ma il risultato di azioni più complesse o rischiose è generalmente determinato tirando dei dadi. I fattori che contribuiscono al successo dell'azione comprendono il valore delle caratteristiche del personaggio, le abilità che possiede e la difficoltà dell'azione tentata. Nelle circostanze in cui il personaggio non ha il controllo di un evento, come quando scatta una trappola o un effetto magico o quando è il soggetto di un attacco magico o inusuale, può tentare un tiro salvezza per determinare il valore del danno o degli effetti subiti. In questo caso le probabilità di successo sono influenzate dalla classe, livello e (a partire dalla terza edizione) dal valore delle caratteristiche.
Con il progredire del gioco ogni personaggio cambia e in genere aumenta le sue capacità, ottiene ricchezze e può anche cambiare il suo allineamento o aggiungere nuove classi personaggio. Il modo principale per l'avanzamento del personaggio è l'ottenimento di punti esperienza (XP/EXP), che generalmente si ottengono sconfiggendo un nemico o completando un compito difficile. Ottenere punti esperienza a sufficienza permette a un personaggio di salire di livello ottenendo nuovi poteri, capacità o abilità della sua classe. Fino alla terza edizione i punti esperienza potevano anche essere persi in alcune circostanze, per esempio durante uno scontro con una creatura che succhia la forza vitale o usando certi poteri magici che richiedono di pagare un costo in punti esperienza.
I punti ferita sono una misura della vitalità e salute del personaggio e sono determinati dalla classe, livello e costituzione del personaggio. Possono essere temporaneamente persi quando un personaggio sostiene ferite in combattimento o viene ferito in altro modo e la loro perdita è il modo più comune per un personaggio di morire nel gioco. La morte può anche essere causata dalla riduzione a zero dei punti abilità e dei livelli del personaggio. Quando un personaggio muore è spesso possibile che sia fatto risorgere con l'uso della magia, sebbene questo imponga alcune penalità. Se la resurrezione non è possibile il giocatore può creare un nuovo personaggio per proseguire il gioco.
Manuali di gioco
I manuali di D&D Basic Set sono suddivisi secondo la crescita di potere dei personaggi e pubblicati (ad eccezione dellImmortal) in una scatola che conteneva un manuale dedicato ai giocatori ed uno dedicato al dungeon master (all'interno di quest'ultimo comparivano anche le descrizioni e statistiche dei mostri).
Basic Set (Regole Base: Set 1): la "scatola rossa", con le regole base per personaggi dal 1º al 3º livello.
Expert Set (Regole Expert: Set 2): regole per i personaggi dal 4º al 14º livello, introduce le regole per le avventure all'aperto (scatola blu).
Companion Set (Regole Companion: Set 3): regole per i personaggi dal 15º al 25º livello; introduce regole che permettono ai giocatori di gestire possedimenti, costruire roccaforti e utilizzare eserciti (scatola verde).
Master Set (Regole Master: Set 4): regole per i personaggi dal 26º al 36º livello; introduce regole che permettono ai personaggi di raggiungere l'immortalità (scatola nera).
Immortals Set: descrive in dettaglio l'ascesa dei personaggi allo status di semidei, i loro nuovi poteri e sviluppa alcune idee sulle possibili avventure che il master può proporre ad un gruppo di personaggi dai poteri divini o quasi (scatola oro).
Le regole di Advanced Dungeons & Dragons sono suddivise in tre manuali base rilegati dalla copertina rigida: Player's Handbook (o Manuale del Giocatore), con le regole per creare personaggi, parte delle regole di combattimento e l'elenco degli incantesimi, Dungeon Master's Guide (o Guida del Dungeon Master), con un approfondimento delle regole di combattimento, elenchi di oggetti magici benefici e maledetti, suggerimenti su come impostare una campagna, creare un'ambientazione, assegnare punti esperienza, ecc..., e Monster Manual (o Manuale dei Mostri), elenco e descrizione delle creature mostruose che i personaggi possono incontrare). Questa suddivisione, cominciata fin dalla versione originale di D&D, è stata in seguito mantenuta per tutte le successive edizioni. La popolarità dei primi tre manuali di AD&D incoraggiò la TSR a pubblicare nuovi volumi: per l'epoca dell'uscita della 2ª erano stati pubblicati oltre una dozzina di manuali rilegati che dettagliavano divinità (Deities & Demigods 1980), nuovi manuali di mostri (Fiend Folio 1981, Monster Manual II 1983), nuove regole (Unearthed Arcana 1985, Dungeoneer's Survival Guide 1986, Wilderness Survival Guide 1986, Manuale dei Piani 1987) e ambientazioni (Oriental Adventures 1985, Dragonlance Adventures 1987, Greyhawk Adventures 1988). La seconda edizione espanse il numero di manuali di gioco aggiuntivi, soprattutto attraverso le serie Complete Handbook... o Complete Book of..., manuali dedicati a specifiche razze o classi di personaggi. Diversi altri archetipi come il barbaro o concetti specifici di particolari campagne, come il gladiatore di Dark Sun godettero di un proprio manuale. Questi manuali introdussero il concetto di "kit", essenzialmente versioni specializzate di una classe di personaggi.
L'edizione 3.0 etichettò chiaramente i Player's Handbook, Dungeon Master's Guide e Monster Manual come i 3 manuali base. Questa edizione fornì regole consistenti e costanti per diversi tipi di mostri, effetti (invisibilità, fatica, ecc.) ed incantesimi (i cui effetti erano sempre stati la fonte di vividi dibattiti tra i giocatori). Ancora più significativo fu la disponibilità di queste regole come open source, nella forma di un System Reference Document che poteva essere usato da altri editori per creare i loro propri prodotti compatibili con D&D 3.0.
Moduli di avventura
Fin dall'inizio la TSR produsse numerosi "moduli". Questi sono avventure pronte per essere giocate, contenenti un'introduzione alla situazione in cui si trovano i giocatori, mappe dei luoghi, descrizioni degli avversari, probabile sviluppo degli eventi ed uno o più obiettivi da conseguire. Molti dei moduli prodotti dalla TSR erano identificati da un codice consistente in una lettera e un numero; i moduli con la stessa lettera erano generalmente correlati. Per esempio, Z1 poteva essere un prologo a Z2, oppure potevano entrambi contenere lo stesso tipo di avversario. Sebbene correlati la maggior parte dei moduli potevano essere utilizzati singolarmente.
Ambientazioni
Nel corso degli anni Dungeons & Dragons è stato supportato da numerose ambientazioni, sia pubblicate dagli editori ufficiali, la TSR prima e la Wizards of the Coast dopo, sia pubblicate da altri editori su licenza. Alcune sono ambientazioni spada e stregoneria standard, mentre altre aggiungono temi orientali, dall'America Centrale, di cappa e spada e anche di viaggi nello spazio.
Le più antiche ambientazioni per Dungeons & Dragons, sono Blackmoor di Dave Arneson e Greyhawk di Gary Gygax, entrambe iniziate nei primi anni settanta. Poiché inizialmente la TSR era convinta che ogni master avrebbe sviluppato una propria ambientazione autonoma in questa fase non era interessata a produrre supplementi legati ad ambientazioni particolari, e concesse quindi alla Judges Guild di pubblicare avventure ufficiali per Dungeons & Dragons. Dal corpo di queste avventure nacque la Wilderlands of High Fantasy, di fatto la prima campagna per un gioco di ruolo a essere ufficialmente supportata.
Greyhawk, la campagna masterata da Gary Gygax fin dal 1972, venne data alle stampe solo nel 1980 in forma di una mappa (World of Greyhawk, 1980), seguita da alcune avventure, la cui pubblicazione venne interrotta quando il game designer lasciò la TSR..
Mystara, l'ambientazione ufficiale del Dungeons & Dragons classico, si evolse invece a partire dai moduli della serie B e X, alla fine degli anni ottanta espansi con una serie manuali d'ambientazione (la serie di Gazeeter iniziati con GAZ1: The Grand Duchy of Karameikos.
Particolarmente importanti per Advanced Dungeons & Dragons furono Dragonlance (principalmente di Tracy Hickman e Margaret Weis), lanciata nei primi anni ottanta e accompagnata da una linea di romanzi di successo, ed i Forgotten Realms di Ed Greenwood, pubblicati a partire dalla fine degli anni ottanta (Forgotten Realms Campaign Settings, 1987).
A partire dal 1989 furono pubblicate nuove ambientazioni che si staccavano dal fantasy classico, come Spelljammer (Jeff Grubb, 1989), Ravenloft: Realm of Terror (Bruce Nesmith, 1990), Dark Sun Campaign Setting (1990), Al-Qadim (Jeff Grubb, 1992) e Planescape (Zeb Cook, 1993).
Nel caso della quarta edizione di Dungeons & Dragons vi sono solo tre libri per ogni ambientazione: una guida alla campagna per il dungeon master, una guida per il giocatore e un'avventura pronta da giocare. Ulteriore supporto alle ambientazioni viene fornito mediante D&D Insider. Al 2011 sono state pubblicate per la quarta edizione dei Forgotten Realms, Eberron e Dark Sun.
Alcune ambientazioni non sono più supportate ufficialmente, né concesse in licenza, sebbene tutte abbiano ancora una base di fan attiva: sul sito dell'editore sono presenti da diversi anni i link ai fan-site ufficiali delle varie ambientazioni non più supportate direttamente.
Un caso particolare sono le Living Campaigns, in parte uno strumento di marketing e in parte un'ambientazione gestita da volontari, che permettono a persone di tutto il mondo di giocare in un universo condiviso. La RPGA Network sponsorizza numerose living campaigns ed organizza partite in convention, giornate di gioco ed altri raduni nel mondo. Alla data del 2005 la più grande è Living Greyhawk.
Dadi
Dungeons & Dragons è noto per aver introdotto l'uso di dadi poliedrici per risolvere gli eventi del gioco e le azioni dei personaggi. Mentre la maggior parte dei giochi usava normalmente dadi a 6 facce, molti altri tipi di dadi sono usati più frequentemente in D&D. La popolarità di D&D spinse i suoi concorrenti ad adottare l'uso di dadi a molte facce, sebbene questa tendenza si sia ormai invertita - e normalmente i regolamenti di giochi di ruolo cerchino di adottare l'uso di un unico tipo di dado (anche se non necessariamente quello classico a sei facce).
I dadi normalmente usati in D&D sono a 4, 6, 8, 10, 12 e 20 facce (tutti eccetto il dado a 10 facce sono solidi platonici). Normalmente l'uso di un particolare tipo di dado viene indicato dal prefisso "d" seguito dal numero di facce del dado: "d4" è il lancio di un dado a 4 facce, "d6" il lancio di un dado a 6 facce, e così via. "d100" (detto "tiro percentuale") indica l'uso di due dadi a 10 facce per ottenere un risultato compreso tra 1 e 100 (un d10 viene letto come la cifra delle decine, l'altro come la cifra delle unità, inoltre un doppio 0 indica un 100); esiste un dado a 100 facce, ma il suo uso è in realtà poco pratico.
Mentre nelle edizioni precedenti a DnD 3.0 tutti i tipi di dado venivano usati abbastanza intensivamente ed in maniera poco consistente, il d20 System si basa principalmente sull'uso di un dado a 20 facce per gestire quasi tutte le regole di gioco, relegando gli altri dadi solo al tiro del danno causato da armi e/o incantesimi ed al tiro dei nuovi punti ferita al passaggio di livello.
Miniature
Dungeons & Dragons discende dai wargame tridimensionali che usano miniature per rappresentare i combattenti e la prima edizione di D&D del 1974 ne continuò l'uso in maniera simile al suo precursore diretto, Chainmail. Ma già all'epoca della pubblicazione dell'edizione del 1977 i combattimenti erano in gran parte risolti verbalmente, sebbene alcuni giocatori continuassero a usarle come riferimento visuale. L'edizione 3.0 di Dungeons & Dragons (2000) è invece tornata decisamente a presupporre l'uso di miniature per visualizzare le situazioni di combattimento in gioco, un aspetto ulteriormente enfatizzato nella revisione 3.5 e nella quarta edizione.
Negli anni ottanta diverse compagnie iniziarono la produzione di miniature specificatamente dedicate a Dungeons & Dragons e altri giochi di ruolo. Tra queste vi furono la Grenadier Miniatures (1980–1983), Citadel Miniatures (1984–1986), Ral Partha, e la TSR stessa. La maggior parte di queste miniature sono in scala 25 mm, con l'eccezione delle miniature Ral Partha in scala 15 mm per la prima edizione di Battlesystem.
Periodicamente, Dungeons & Dragons è ritornato alle sue radici di wargame pubblicando regole supplementari per wargame tridimensionale. Supplementi come Battlesystem (1985 e 1989) e una nuova edizione di Chainmail (2001) forniscono regole per gestire battaglie tra eserciti usando miniature. Nel 2003 la Wizards of the Coast ha pubblicato il Dungeons & Dragons Miniatures Game (2003) venduto in scatole contenenti miniature in plastica predipinte assortite in maniera casuale, che possono essere utilizzate sia per il gioco di ruolo che per un wargame tridimensionale specifico per le miniature. Sono stati pubblicati dodici differenti set di miniature più alcune miniature singole di draghi e mostri colossali. Nel 2008 la Wizards cessò di supportare il wargame tridimensionale e proseguì la pubblicazione delle miniature per i soli giocatori di D&D. La linea fu chiusa definitivamente nel 2011. Nel febbraio 2014 la Wizards of the Coast e la WizKids hanno annunciato che quest'ultima pubblicherà una nuova linea di miniature per D&D.
Le miniature sono usate in diverse maniere; solitamente vengono piazzate su un foglio di acetato quadrettato, con muri ed altri ostacoli disegnati con pennarelli. Con il procedere dell'avventura vengono cancellate le vecchie aree e disegnate le nuove. Alcuni giocatori hanno costruito interi set di gioco in carta o cartoncino, altri utilizzano la "mappa del dungeon" e il "campo di battaglia", anch'essi quadrettati, forniti insieme al manuale del dungeon master, e personalizzabili grazie a elementi scenici di carta, riutilizzabili.
Come per i dadi, molti giocatori si affezionano a certe miniature della loro collezione, passando ore a dipingerle accuratamente. Nonostante siano disponibili con facilità anche miniature già dipinte, la pittura di miniature è ancora popolare, costituendo un hobby di per sé.
Prodotti correlati
Romanzi
Molti romanzi e racconti originali — più di 100 — sono ambientati all'interno dei mondi di D&D, soprattutto in Forgotten Realms e Dragonlance. Fra il 2002 e il 2004 è stata pubblicata una serie di romanzi basati sui personaggi iconici creati per D&D 3.0. Non tutti i romanzi hanno avuto un'edizione in lingua italiana (l'editore italiano di riferimento è Armenia Edizioni, anche se alcuni dei romanzi di particolare successo hanno avuto delle ristampe nella collana Oscar Mondadori).
Giochi da tavolo
Sono stati pubblicati molti giochi da tavolo con la licenza D&D, tra questi DragonStrike, che usa una forma semplificata di D&D e include una videocassetta promozionale con attori in costume che, aiutati dalla grafica computerizzata, interpretavano i personaggi ed i mostri del gioco da tavolo.
La Mattel Electronics pubblicò un Dungeons & Dragons ibrido tra gioco elettronico e gioco da tavolo, per un giocatore o due giocatori in cooperazione. La scacchiera elettronica mostra labirinti sempre diversi tramite luci a LED e il giocatore muove sopra di essa delle pedine metalliche.
Giochi di carte collezionabili
La TSR ha pubblicato Spellfire, un gioco di carte collezionabili ambientato negli scenari di Advanced Dungeons & Dragons.
Fumetti
In Italia sono reperibili tre fumetti ambientati nel mondo D&D e ne trasmettono pienamente le trame e le atmosfere. Sono stati pubblicati dalla casa editrice Twenty Five Edition. I titoli degli albi sono i seguenti:
Dungeons & Dragons - L'ombra dei draghi, 190 pagine, edizione italiana del 2005
Dungeons & Dragons - Dove cadono le ombre, 112 pagine, edizione italiana del 2006
Dungeons & Dragons - Assalto a Porta Tempesta, 96 pagine, edizione italiana del 2008
Riviste
Varie riviste dedicate a supportare Dungeons & Dragons sono state create dalla TSR nel corso degli anni e successivamente chiuse; le due più longeve sono state, Dragon (articoli in generale, regole, ambientazioni, consigli per master, narrativa) e Dungeon (raccoglie moduli di avventura scritti dai lettori) sono state pubblicate in formato esclusivamente digitale da ottobre 2007 e chiuse nel dicembre 2013. Dall'aprile 2015 la Wizards of the Coast pubblica una rivista digitale chiamata Dragon+.
La Nexus Editrice ha pubblicato dall'aprile 2003 ad agosto 2007 la rivista Dragon & Dungeon che conteneva la traduzione di articoli di Dragon e di Dungeon.
Cinema
Dungeons & Dragons - Che il gioco abbia inizio (Dungeons & Dragons, 2000, di Courtney Solomon): una maga aiutata da due ladri deve recuperare uno scettro in grado di controllare i draghi per aiutare l'imperatrice Savina per riconquistare il suo trono. Il film venne recensito in maniera generalmente negativa.
Dungeons & Dragons 2: Wrath of the Dragon God di Gerry Lively, prodotto per la televisione e ambientato più di un secolo dopo le vicende del primo film, venne pubblicato nel 2005, ricevendo critiche migliori.
Dungeons & Dragons: The Book of Vile Darkness di Gerry Lively (2012), nuovo film per la televisione.
Dungeons & Dragons - L’onore dei ladri (Dungeons & Dragons: Honor Among Thieves), regia di Jonathan Goldstein e John Francis Daley (2023).
Televisione
Dungeons & Dragons (1983): serie televisiva animata basata su un gruppo di giovani e bambini trasportati in un reame basato su Dungeons & Dragons da un ottovolante magico; al loro arrivo viene data a ognuno una potente arma magica che devono usare per sopravvivere contro Tiamat e Venger; in ogni episodio sono assistiti da una creatura simile a uno gnomo chiamata Dungeon Master e da un baby unicorno chiamato Uni.
anime del 1990 basata sui resoconti di una campagna di Dungeons & Dragons di Ryō Mizuno.
DVD
Scourge of Worlds (2003) lungometraggio di animazione: protagonisti sono i personaggi (Regdar, Mialee e Lidda) creati per l'edizione 3.0. È un film interattivo che, nei punti cruciali della storia, chiede allo spettatore quali azioni devono compiere gli eroi, permettendo così di creare centinaia di storie diverse.
Dragonlance: Dragons of Autumn Twilight (2008) un film di animazione basato sull'ambientazione di Dragonlance.
The Gamers: Dorkness Rising (2008) è incentrato su un'avventura di D&D e sul gruppo di giocatori che la sta affrontando. Il film alterna mondo reale e avventura, sottolinea vari luoghi comuni dei giochi di ruolo e ironizza su comportamenti tipici dei giocatori. Il film fa esplicitamente riferimento a Dungeons & Dragons, anche se con una certa dose d'inventiva per quanto riguarda incantesimi e talenti dei personaggi; il precedente The Gamers, della stessa casa di produzione e regista, pur molto simile, non è riferibile a un preciso gioco di ruolo in quanto mischia caratteristiche e elementi molto vari.
Videogiochi
Sono stati pubblicati molti videogiochi sotto la licenza di D&D e AD&D. La maggior parte, ma non tutti, sono giochi di ruolo al computer che usano regole derivate da una qualche versione di D&D. I giochi per console correlati a D&D tendono a focalizzarsi direttamente sull'azione piuttosto che sullo sviluppo degli attributi o personalità dei personaggi. La maggior parte dei videogiochi per console è basata su trame lineari e strutturate che coinvolgono protagonisti pregenerati. Alla data di ottobre 2004 cinquantatré giochi di ruolo per computer e due arcade sono stati pubblicati e venduti sotto l'etichetta D&D. Quasi la metà di questi giochi sono stati sviluppati dalla SSI e molti di questi sono stati pubblicati nella collana "Gold Box".
Nei videogiochi le regole di D&D sono generalmente modificate per adattarsi all'uso del computer. Secondo alcuni giocatori le versioni al computer sono completamente diverse da quelle "carta e penna" e non dovrebbero essere raggruppate insieme.
Fra i videogiochi di ruolo, la serie Neverwinter Nights e Dragonshard, pubblicato dalla Eberron Media nel 2005. La Turbine ha pubblicato nel 2006 Dungeons & Dragons Online, basato sull'ambientazione Eberron, che ha avuto un successo limitato a causa dell'enorme differenza rispetto al gioco cartaceo.
Anche per i dispositivi portatili, come per esempio il Game Boy, sono stati pubblicati videogiochi ispirati a D&D. Alla data del 2004 sono disponibili quattro titoli. Una versione di Neverwinter Nights (2002) è stata convertita per i telefoni cellulari. Questa versione, pubblicata nel 2004 viene definita Neverwinter Nights: Mobile. Altri videogiochi ispirati al gioco sono Baldur's Gate, Planescape: Torment e Sword Coast Legends. Il primo (MMORPG) ispirato alla serie porta il nome di Neverwinter come l'omonima città del gioco.
Controversie
Il successo commerciale del gioco causò, a partire dal 1979, una disputa legale tra Arneson e Gygax, riguardo alle royalties, in particolare quelle per AD&D, per le quali la TSR non aveva dato alcun diritto ad Arneson. Queste cause si conclusero con un accordo extragiudiziale nel 1981.
Vi sono state accuse di connessioni a culti satanici e istigazione al suicidio. Queste accuse furono rese popolari da un romanzo intitolato Mazes and Monsters di Rona Jaffe. Dal libro fu tratto un film televisivo in cui Tom Hanks interpretava il ruolo principale di un collegiale mentalmente instabile vittima di episodi psicotici che si perdeva nel mondo del gioco, ma le accuse del libro e del film erano basate su false informazioni: un investigatore si era convinto che il giovane Dallas Egbert si fosse ucciso, mentre in realtà aveva semplicemente abbandonato il college per motivi che nulla avevano a che vedere con D&D.
La Chick Publications, editrice di opuscoli evangelici omofobi e critici verso musulmani e cattolici, pubblicò un fumetto intitolato Dark Dungeons ("sotterranei oscuri") riguardo a una ragazza che si faceva coinvolgere dalla stregoneria attraverso un gioco di ruolo e lanciava un incantesimo sul padre per farsi comprare libri e miniature; in seguito al suicidio di un suo amico, disperato per la morte del suo personaggio, ritrovava la fede, rinnegava D&D e bruciava i suoi manuali di gioco. Negli Stati Uniti Dark Dungeons è frequente oggetto di humour fra i giocatori di ruolo, per i quali possedere una copia del libello è addirittura motivo di vanto. Negli anni sono state prodotte numerose parodie del fumetto, tra le più note Dork Dungeons.
Queste rappresentazioni negative dei giocatori di ruolo forse hanno origine da una iniziale incapacità, da parte degli osservatori esterni, di distinguere tra la realtà e il coinvolgimento interpretativo durante le sessioni di gioco. Gli errori di giudizio sono stati il principale pregiudizio che, per anni, i giocatori di ruolo hanno dovuto affrontare. Alcuni individui religiosi considerano il gioco di ruolo immorale o irreligioso per varie ragioni, le più comuni delle quali sono la citazione della magia, di divinità di fantasia o riprese da antichi miti, l'utilizzo della violenza e l'uso di poteri sovrannaturali; tutti questi elementi che esistono nel gioco e non vengono comunque confusi con la realtà. Queste accuse sono continuate ben oltre gli anni ottanta fin negli anni novanta. Molti studi che le hanno esaminate hanno generalmente concluso che D&D non pare incoraggiare i suicidi. Per esempio gli studi condotti da Michael Stackpole mostrano che le percentuali di suicidio fra i giocatori di ruolo sono in realtà inferiori a quelle dei non giocatori.
In Italia il suicidio di un giovane studente di Spinea il 25 maggio 1996 venne, dall'avvocato Luciano Faraon, fatto risalire alla passione per i giochi di ruolo e si ebbe un'ondata di articoli di giornale e di servizi televisivi che avvaloravano la sua tesi (spesso facendo confusione, ad esempio citando il gioco di carte collezionabili Magic: l'Adunanza come gioco di ruolo). Alla conclusione delle indagini, tre anni più tardi, il Pubblico Ministero veneziano Carlo Nordio affermò: «Incolpare i giochi di ruolo sarebbe ingiusto: è come dare la colpa alla nebbia se si ha un incidente mentre si corre in macchina».
La Swedish National Board for Youth Affairs ha pubblicato un rapporto sul Roleplaying as a Hobby ("gioco di ruolo come hobby") Questo rapporto descrive il gioco di ruolo come un hobby stimolante che promuove la creatività.
Le controversie legate al coinvolgimento d'influenze occulte su DnD spinsero la TSR a rimuovere i riferimenti espliciti ai demoni, diavoli e ad altre creature immaginarie comunemente associate con la stregoneria dalla seconda edizione di AD&D. I giocatori se ne lamentarono e la ridicolizzarono, vedendola come un passo verso la correttezza politica da parte dell'editore. I personaggi riacquistarono i loro nomi originari con l'edizione 3.0 di D&D. Alcuni prodotti della terza edizione sono entrati in ancor maggior dettaglio sulle attività dei demoni, diavoli e dei loro adoratori (ovviamente tutti relativi alle ambientazioni di gioco) di quanto non abbiano fatto le edizioni precedenti (come per esempio il Book of Vile Darkness (Libro delle Fosche Tenebre), che è etichettato "per adulti").
Con la diffusione delle BBS e poi di Internet vi furono molti giocatori che trascrissero, senza permesso, parte dei manuali per diffonderli insieme al materiale amatoriale da loro prodotto o raccolto; dopo un primo periodo di tolleranza, nella prima metà degli anni novanta la TSR denunciò non solo chi distribuiva parti dei suoi prodotti ma anche produzioni amatoriali che si rifacevano alle ambientazioni o ai personaggi che TSR ritenne coperti dal suo copyright e/o trademark (ad esempio il drow, che in realtà esisteva già in diverse mitologie proprio con quel nome, seppur con caratteristiche in parte differenti). Dopo un periodo di denunce e relativi attriti, la TSR tentò di venire incontro alle richieste dei giocatori, instaurando però una forma di controllo sulle loro produzioni amatoriali pensate per la distribuzione in rete: venne istituito un sito FTP ufficiale che doveva contenere le avventure e i moduli creati dai giocatori e autorizzati dalla casa editrice; per essere "pubblicati" da questo sito era però necessario superare prima una valutazione ed eventuali censure da parte dello staff della TSR e si sarebbero persi comunque tutti i diritti presenti e futuri sull'opera proposta, indipendentemente dalla sua pubblicazione o meno sul sito o dal suo futuro uso in prodotti commerciali tradizionali. L'operazione non ebbe un grande successo e suscitò ulteriori critiche da parte dei fan del gioco attivi in rete. La questione prese il nome di "TSR Debate" o "TSR vs. The Internet", mentre la sigla TSR venne ironicamente ridefinita come sigla di "They Sue Regularly" ("Loro denunciano regolarmente"). Alla fine degli anni novanta, pochi mesi prima della bancarotta, sul sito della TSR iniziarono a comparire come liberamente scaricabili alcuni vecchi moduli fuori produzione e alcune trascrizioni di articoli delle riviste Dragon e Dungeon (in diversi casi si trattava delle succitate trascrizioni illegali che nel frattempo la TSR aveva raccolto). Dopo l'acquisizione da parte della Wizards of the Coast, sembrava che quest'ultima avesse deciso di riproporre tutti i vecchi prodotti in formato pdf, alcuni (quelli più vecchi e ormai fuori produzione da tempo) gratuitamente sul sito, altri a pagamento con prezzi quasi simbolici (2 o 3 dollari a prodotto). L'idea ebbe tuttavia uno sviluppo altalenante, da un primo momento in cui le vendite venivano gestite direttamente dalla Wizards of the Coast, ma erano limitate solo ad alcune nazioni (l'Italia inizialmente non era tra queste), le operazioni di digitalizzazione e vendita cambiarono più volte gestione tra diverse case editrici e distributori. La Wizards of the Coast in un primo tempo continuò comunque a fornire sul proprio sito web i moduli resi gratuiti (senza tuttavia aggiungerne di nuovi e solo per alcuni anni) e anche materiale inedito di supporto ai prodotti cartacei commerciali più recenti (i web enhancement), per poi rimuovere successivamente il vecchio materiale in occasione del restyling del sito web per l'uscita della quarta edizione.
Principali edizioni dei manuali di gioco
Original D&D e D&D Basic Set
Gary Gygax e Dave Arneson, Dungeons & Dragons - Book 1: Men & Magic, TSR
Gary Gygax e Dave Arneson, Dungeons & Dragons - Book 2: Monsters & Treasure, TSR
Gary Gygax e Dave Arneson, Dungeons & Dragons - Book 3: Underworld & Wilderness Adventures, TSR
Frank Mentzer, Dungeons & Dragons - Immortal rules - set 5, TSR
Aaron Allston, Rules Cyclopedia, TSR
Aaron Allston, Wrath of the Immortals, TSR
D&D Basic Set tradotti in italiano
Frank Mentzer, Dungeons & Dragons - Regole basic - set 1, Editrice Giochi
Frank Mentzer, Dungeons & Dragons - Regole expert - set 2, Editrice Giochi
Frank Mentzer, Dungeons & Dragons - Regole companion - set 3, Editrice Giochi
Frank Mentzer, Dungeons & Dragons - Regole master - set 4, Editrice Giochi
Timothy Brown, Dungeons & Dragons - Il gioco, Editrice Giochi
AD&D
Gary Gygax, Advanced Dungeons & Dragons - Players Handbook, TSR
Gary Gygax, Advanced Dungeons & Dragons - Dungeon Masters Guide, TSR
Gary Gygax, Advanced Dungeons & Dragons - Monster Manual, TSR
Gary Gygax, Advanced Dungeons & Dragons - Monster Manual 2, TSR
AD&D tradotti in italiano
David "Zeb" Cook, Advanced Dungeons & Dragons - Manuale del giocatore - 2' edizione, RIPA
David "Zeb" Cook, Advanced Dungeons & Dragons - Manuale del dungeon masters - 2' edizione, RIPA
Tim Beach, Advanced Dungeons & Dragons - Manuale dei mostri - 2' edizione, RIPA
David "Zeb" Cook, Advanced Dungeons & Dragons - Manuale del giocatore - Edizione italiana, 25 Edition
David "Zeb" Cook, Advanced Dungeons & Dragons - Manuale del dungeon masters - Edizione italiana, 25 Edition
Tim Beach, Advanced Dungeons & Dragons - Manuale dei mostri - Vol 1, 25 Edition
Tim Beach, Advanced Dungeons & Dragons - Manuale dei mostri - Vol 2, 25 Edition
D&D 3ª edizione in italiano
Jonathan Tweet, Monte Cook e Skip Williams, Dungeons and Dragons - Manuale del giocatore, 25 Edition
Jonathan Tweet, Monte Cook e Skip Williams, Dungeons and Dragons - Manuale del dungeon master, 25 Edition
Jonathan Tweet, Monte Cook e Skip Williams, Dungeons and Dragons - Manuale dei Mostri, 25 Edition
Jonathan Tweet, Monte Cook e Skip Williams, Dungeons and Dragons - Manuale del giocatore 3.5, 25 Edition
Jonathan Tweet, Monte Cook e Skip Williams, Dungeons and Dragons - Manuale del dungeon master 3.5, 25 Edition
Jonathan Tweet, Monte Cook e Skip Williams, Dungeons and Dragons - Manuale dei Mostri 3.5, 25 Edition
D&D 4ª edizione in italiano
Rob Heinsoo, Andy Collins e James Wyatt, Dungeons and Dragons - Manuale del giocatore [Eroi Arcani, Divini e Marziali], 25 Edition
James Wyatt, Dungeons and Dragons - Guida del Dungeon Master, 25 Edition
Mike Mearls, Stephen Schubert e James Wyatt, Dungeons and Dragons - Manuale dei Mostri, 25 Edition
Jeremy Crawford, Mike Mearls e James Wyatt, Dungeons and Dragons - Manuale del giocatore 2 [Eroi Arcani, Divini e Primevi], 25 Edition
Rob Heinsoo e Stephen Schubert, Dungeons and Dragons - Manuale dei Mostri 2, 25 Edition
Note
Bibliografia
Voci correlate
Classe (Dungeons & Dragons)
Magia (Dungeons & Dragons)
Cosmologia di Dungeons & Dragons
Arti psioniche
Unearthed Arcana
Manuale del Giocatore
The Complete Book of Humanoids
Guida del Dungeon Master
Manuale dei Mostri
Altri progetti
Collegamenti esterni
Wizard of the Coast, editore di D&D |
1592 | https://it.wikipedia.org/wiki/Daniel%20Rutherford | Daniel Rutherford |
Biografia
Frequentò il corso di medicina all'università della sua città e fu allievo di Joseph Black;
ancora studente collaborò attivamente con gli studi del suo maestro sull'aria fissa (anidride carbonica),
tali studi gli permisero di riconoscere un nuovo tipo di gas (1772),
che chiamò aria flogistificata (azoto).
Conseguì il dottorato nello stesso anno e intraprese viaggi di studio in Inghilterra, Francia e Italia. Ritornato in patria, si dedicò alla professione di medico fino al 1786, anno in cui ottenne la cattedra di botanica all'università di Edimburgo, che mantenne per il resto della vita.
Rutherford fu zio, per parte materna, di Sir Walter Scott.
Altri progetti
Collegamenti esterni |
1593 | https://it.wikipedia.org/wiki/Divorzio%20all%27italiana | Divorzio all'italiana | Divorzio all'italiana è un film italiano del 1961 diretto da Pietro Germi.
Presentato in concorso al Festival di Cannes 1962, vinse il premio come miglior commedia, e ottenne anche tre candidature all'Oscar vincendo la statuetta per la miglior sceneggiatura originale.
Trama
Nella città siciliana di Agramonte vive il barone Ferdinando Cefalù, detto Fefè. L'uomo è coniugato da dodici anni con l'assillante Rosalia, una donna ardente d'amore per lui, ma per la quale ha perso ogni attrazione. Nel frattempo si è innamorato della propria cugina, la sedicenne Angela: la legge italiana non ammette ancora il divorzio, ma è invece previsto ancora il delitto d'onore, un caso di omicidio punito con una pena più mite e molto frequente in Sicilia. Fefè tenta allora disperatamente di trovare alla moglie un amante, per poterli sorprendere insieme, ucciderli, usufruire del beneficio del motivo d'onore e, una volta scontata la lieve pena, sposare finalmente l'amata.
Non ci riesce, ma la sorte gli viene incontro.
In seguito a un litigio con il marito, Rosalia, sentendosi abbandonata, cerca conforto in Carmelo Patanè, un suo vecchio spasimante creduto morto in guerra e poi tornato. Fefè, venuto a sapere della vecchia relazione, favorisce gli incontri e spia i potenziali adulteri, finché un giorno scopre che si sono finalmente dati appuntamento per l'indomani, in occasione dell'arrivo in città del film La dolce vita, che richiama al cinema l'intero paese. Il barone va al cinema, ma nel mezzo della proiezione rincasa, allo scopo di sorprendere gli amanti. Costoro, però, anziché consumare il tradimento, si danno alla fuga.
Venuta a mancare la flagranza, che avrebbe potuto giustificare lo stato d'ira richiesto dalla norma sul delitto d'onore, Fefè si finge malato e incapace di reagire. Si attira così il disprezzo di tutti i concittadini, intenzionalmente, per creare condizioni di disonore sufficienti a giustificare comunque il suo impulsivo gesto.
Nel frattempo lo zio di Ferdinando, Calogero, padre di Angela, muore d'infarto scoprendo casualmente la tresca della figlia con il nipote: al funerale fa la sua apparizione anche Immacolata, moglie di Patanè, che umilia pubblicamente Ferdinando, sputandogli in faccia.
Grazie a don Ciccio Matara, boss locale, il barone viene a conoscenza del luogo dove sono nascosti i fuggiaschi. Giunto sul posto, trova invece soltanto Immacolata, che ha già vendicato il suo onore uccidendo il marito Patanè. A lui non "resta" allora che fare altrettanto con Rosalia.
Condannato a tre anni di carcere, sconta una pena inferiore beneficiando di un'amnistia e torna infine in paese, dove finalmente sposa la bella Angela. Ma, dopo pochi mesi, in viaggio di nozze qualcosa mette già in dubbio la felicità dell'unione: nella scena finale Angela, sdraiata sul ponte di una barca, bacia il neomarito Fefè, mentre con un piede carezza quello del giovane timoniere.
Produzione
Sceneggiatura
La sceneggiatura del film fu scritta da Ennio De Concini, Pietro Germi, Alfredo Giannetti e Agenore Incrocci, quest'ultimo non indicato nei titoli di testa.
Riprese
La gran parte della città fittizia di Agramonte è stata girata nel comune di Ispica, in provincia di Ragusa, nella Sicilia sud-orientale. Altre scene sono state girate nel Ragusano (interno chiesa dentro il Duomo di San Giorgio di Ragusa Ibla) e nel Catanese (scene vista mare al porto di Ognina e scene del cinematografo dentro il teatro Bellini di Adrano).
Doppiaggio
Sia Stefania Sandrelli che Daniela Rocca furono doppiate da Rita Savagnone.
Critica
Con questo film Pietro Germi, dai toni più drammatici dei primi film della sua carriera, passa alla commedia e alla satira. Il successo fu tale che fu proprio parafrasando il titolo di questo film che venne coniato il termine "commedia all'italiana", genere che caratterizzò gran parte della produzione cinematografica italiana degli anni sessanta e settanta del Novecento.
Con un classico schema da commedia all'italiana, Germi adatta e trasforma il romanzo di Giovanni Arpino Un delitto d'onore - in origine appunto una vicenda drammatica ambientata nell'Irpinia degli anni venti - in un ironico e godibilissimo ritratto della mentalità e delle pulsioni di una certa Sicilia di provincia, soprattutto prendendo di mira con un sarcasmo a volte feroce due situazioni di arretratezza legislativa dell'Italia dell'epoca: la mancanza di una legge sul divorzio (che arriverà solo nel 1970), e soprattutto l'anacronistico articolo 587 del codice penale che regolava il delitto d'onore, che verrà abolito soltanto venti anni dopo.
Ne scaturisce una commedia graffiante, retta magistralmente da Marcello Mastroianni, da comprimari di livello come Leopoldo Trieste e Daniela Rocca, e da una giovane Stefania Sandrelli che, grazie a questo film, avrà grande notorietà. Considerato uno dei migliori film della commedia all'italiana, costituirà un modello per molti altri film che negli anni successivi tenteranno di ritrarre ironicamente la mentalità e i costumi dell'Italia meridionale.
Il film è stato inserito nella lista dei 100 film italiani da salvare. Nel 1962 il National Board of Review of Motion Pictures l'ha inserito nella lista dei migliori film stranieri dell'anno.
Premi e riconoscimenti
1963 - Premio Oscar
Miglior sceneggiatura originale a Pietro Germi, Ennio De Concini e Alfredo Giannetti
Candidatura Miglior regia a Pietro Germi
Candidatura Miglior attore protagonista a Marcello Mastroianni
1963 - Golden Globe
Miglior film straniero (Italia)
Miglior attore in un film commedia a Marcello Mastroianni
1963 - BAFTA Awards
Miglior attore straniero a Marcello Mastroianni
Candidatura Miglior film straniero (Italia)
Candidatura Miglior attrice straniera a Daniela Rocca
1962 - Nastro d'argento
Miglior soggetto originale a Pietro Germi, Alfredo Giannetti e Ennio De Concini
Migliore sceneggiatura a Pietro Germi, Alfredo Giannetti e Ennio De Concini
Miglior attore protagonista a Marcello Mastroianni
Candidatura Regista del miglior film a Pietro Germi
Candidatura Miglior produttore a Franco Cristaldi
Candidatura Migliore scenografia a Carlo Egidi
1962 - Globo d'oro
Miglior film a Pietro Germi e Franco Cristaldi
1962 - Festival di Cannes
Prix de la meilleure comédie a Pietro Germi
Candidatura Palma d'oro a Pietro Germi
Citazioni e omaggi
In occasione dei 50 anni dalla vittoria dell'Oscar, a Ispica (l'Agramonte del film) sono state fatte rivivere, in chiave teatrale, alcune scene celebri del film (tra cui la scena del corteo funebre con la banda al seguito oppure la finale sulla barca) interpretate da comparse locali e attori professionisti del teatro di Modica.
Nel 2017 Teatro in Mostra ha prodotto un adattamento teatrale del film di Germi, su drammaturgia di Magdalena Barile e con la regia di Luca Ligato.
Note
Altri progetti
Collegamenti esterni
Film commedia all'italiana
Film ambientati a Catania
Film girati a Catania
Film diretti da Pietro Germi
Globo d'oro al miglior film |
1595 | https://it.wikipedia.org/wiki/Disegno%20industriale | Disegno industriale | Il disegno industriale o design industriale (dall'inglese industrial design, pronuncia inglese [ɪnˈdʌs.tri.əl dɪˈzaɪn]) è l'uso di arti e scienze applicate al fine di migliorare funzionalità e/o usabilità, ergonomia, estetica, produzione e commerciabilità di un prodotto. Il ruolo del designer industriale è dunque quello di sviluppare e concretizzare soluzioni per problemi di forma, utilizzabilità, ergonomia fisica, commercializzazione, sviluppo della marca, e vendite.
La locuzione anglosassone industrial design, grazie alla distinzione terminologica, propria dell'inglese, tra design («progetto») e drawing («disegno») potrebbe essere dunque tradotta in italiano con progettazione; tuttavia l'espressione "disegno industriale" è la traduzione italiana comunemente accettata e ufficialmente adottata dall'Associazione per il Disegno Industriale (ADI), fondata nel 1956.
Il progettista, designer in inglese, non viene comunque detto "disegnatore" (anche per non confonderlo con la figura di chi si limita a ripassare su carta da lucido il disegno di pezzi meccanici) e si preferisce usare il termine inglese.
La definizione ufficiale di disegno industriale, coniata nel 2015 dalla World Design Organization (ex ICSID) in occasione della 29ª assemblea generale a Gwangju (Corea del Sud) può essere tradotta come segue: "Il disegno industriale è un processo strategico di risoluzione dei problemi che guida l'innovazione, crea il successo aziendale e porta a una migliore qualità della vita attraverso prodotti, sistemi, servizi ed esperienze innovative".
Storia
La storia della progettazione industriale è lunga quasi quanto quella della produzione industriale stessa. Esistono diverse ipotesi sulla nascita della disciplina.
Secondo R. De Fusco la progettazione industriale va fatta risalire ai caratteri mobili per la stampa, nella produzione dei quali, i principi fondamentali del prodotto industriale, ossia la standardizzazione e la serialità, trovavano impiego.
La principale la fa risalire al movimento artistico Arts and Crafts, nato in reazione alla rivoluzione industriale nell'Inghilterra del XIX secolo, che determina lo sviluppo delle arti applicate. Il processo artistico-creativo non è fine a sé stesso, ma comincia ad essere adattato alla realizzazione di oggetti d'uso comune. Fondamentali sono le possibilità offerte dai nuovi sistemi di produzione e il progresso nell'uso dei materiali.
La realizzazione degli oggetti esce così dai ristretti ambiti artigianali ed entra nel più economico processo di produzione seriale. Questo consente di accrescere enormemente il numero di pezzi prodotti e le persone che possono averli. La produzione in serie è centrale nella storia del design, anche se non ne è l'unica caratteristica.
Altri autori collocano la nascita del design come professione agli inizi del Novecento, con l'attività dell'architetto tedesco Peter Behrens. L'azienda AEG lo incaricò di progettargli di tutto: dalle fabbriche, ai prodotti, alla comunicazione. Behrens definiva questa attività "riorganizzazione del visibile". La definizione “industrial design” arrivò più tardi, negli anni Quaranta, coniata casualmente: a quanto pare compariva nel documento di un ufficio brevetti americano.
La storia del design caratterizza tutto il XX secolo. Man mano le filosofie progettuali moderne si fondono con i principi della produzione in serie: di un oggetto si pensano contemporaneamente l'aspetto estetico, le funzioni d'uso e le caratteristiche costruttive, collegando questi aspetti in una logica tipicamente moderna e razionalistica. Il designer diventa il controllore creativo di tutto il processo, lavorando a favore di una fruizione il più possibile allargata e quindi democratica del prodotto. Fondamentale, in tal senso, il contributo fornito dalla scuola di arti applicate del Bauhaus, fucina di idee-guida e promotrice di una funzione etica del designer nella società. Nel secondo dopoguerra le tendenze razionalistiche della progettazione si evolvono, e l'incessante aumento della capacità produttiva dell'industria contribuisce a diffondere l'idea di una progettazione che favorisce la deriva consumistica attuale.
Si sono succedute ed esistono numerose scuole di design, che si differenziano per approccio, metodologia progettuale e collocazione geografica, tanto che si sente parlare spesso di design italiano, giapponese, tedesco ecc., ognuno con caratteristiche ben riconoscibili.
Descrizione
Il design industriale ha un significato ampio e tecnico: comprende anche il rapporto tra il prodotto e il suo utilizzatore e l'intero studio del suo processo costruttivo, l'intero progetto di un prodotto, compreso il suo ciclo di vita. Il design di un prodotto è quindi il risultato dell'analisi di tutte le caratteristiche progettuali che definiscono il prodotto stesso. Il design di un oggetto, quindi, racchiude in sé un elevato insieme di studi come l'ergonomia, l'usabilità, la pre-produzione, l'impatto ambientale, la dismissione, i costi, la scelta dei materiali e delle loro proprietà, dei rivestimenti, le proprietà meccaniche e strutturali, ecc.
Il lavoro del designer - la figura professionale di questo settore - va dalla fase di ideazione di un oggetto (concept) a quella finale di produzione, passando per tutti gli stadi intermedi: progettazione, sviluppo e ingegnerizzazione. La sua professionalità, si situa a monte del momento della produzione vera e propria, e si limita alla progettazione di un prototipo, che dovrà essere realizzato successivamente in un numero determinato di pezzi, assolutamente identici l'uno all'altro. La proposta finale risulta dalla valutazione dei diversi fattori della produzione, che implicano la collaborazione di esperti di diverse zone disciplinari contigue: si allude tanto ai fattori relativi all'uso, fruizione e consumo individuale o sociale del prodotto (fattori funzionali, simbolici o culturali), quanto a quelli relativi alla sua produzione (fattori tecnico-economici, tecnico-costruttivi, tecnico-sistemici, tecnico-produttivi e tecnico-distributivi). Possiedono inoltre conoscenze teoriche e tecniche sulla comunicazione visiva, multimedialità e interattività: competenze necessarie per progettare le interfacce di prodotti e servizi.
Le iniziali controversie teoriche sul ruolo del design (sia sul versante estetico sia su quello politico-ideologico) hanno trovato una risolutiva sintesi in una efficace definizione di Tomás Maldonado: «Il design è un'attività progettuale che consiste nel determinare le proprietà formali degli oggetti prodotti industrialmente, per proprietà formali dovendosi intendere non solo le caratteristiche esteriori, ma soprattutto le relazioni funzionali e strutturali che fanno di un oggetto un'unità coerente sia dal punto di vista del produttore sia dell'utente. Poiché, mentre la preoccupazione esclusiva per le caratteristiche esteriori di un oggetto spesso nasconde il desiderio di farlo apparire più attraente o anche di mascherarne le debolezze costitutive, le proprietà formali di un oggetto (...) sono sempre il risultato dell'integrazione di diversi fattori, siano essi di tipo funzionale, culturale, tecnologico o economico».
Tutela del disegno industriale
Diritto d'autore
La tutela ha tendenzialmente ad oggetto solo l'opera in quanto forma espressiva e non il contenuto.
Per il design industriale questo principio viene recuperato considerando che queste opere consistono nella progettazione della forma di prodotti industriali destinati a soddisfare i bisogni della vita pratica (autovetture, elettrodomestici, lampade ecc.) ma che si propongono anche di sintetizzare il piano estetico e quello pratico con l'apporto creativo del designer.
Quindi la tutela delle opere di design conferisce un diritto di esclusiva ai prodotti aventi determinate caratteristiche formali ma che rispondono anche a esigenze funzionali. Il decreto legislativo 95/2001 attuativo della direttiva europea 91/78/CE cita che: “le opere del disegno industriale che presentino di per sé carattere creativo e valore artistico”. Quindi subordina il requisito del valore artistico all'applicazione del diritto d'autore rispetto agli altri casi.
Brevetti
Le invenzioni o i modelli formano, a differenza delle creazioni intellettuali, oggetti del diritto esclusivo solo se sia stato chiesto ed ottenuto un brevetto. La protezione è quindi subordinata ad una normale dichiarazione di volontà del titolare.
L'articolo 31 del decreto legislativo 30/2005 stabilisce che i due requisiti fondamentali che deve possedere un design affinché possa costituire oggetto di registrazione, sono la sua novità ed il suo carattere individuale.
Per novità si intende che nessun design identico o molto simile è stato mai divulgato o depositato o registrato alla data del deposito della domanda di registrazione del medesimo. Per carattere individuale si intende quando si ritiene che il disegno o modello possa causare ad un consumatore sufficientemente informato un'impressione complessiva diversa da quella prodotta da qualsiasi altro disegno o modello precedentemente portato a conoscenza del pubblico (art.33 C.P.I). Non possono costituire oggetto di registrazione come design quelle caratteristiche dell'aspetto che sono determinate unicamente dalla funzione tecnica del prodotto stesso.
Brevetto o diritto d'autore?
Già a partire dalla direttiva europea n. 98/71 si è proposto il tema della cumulabilità delle protezioni, affermando all’art. 17 che i modelli e disegni registrati “sono ammessi a beneficiare della legge sul diritto d’autore Vigente” in ciascuno Stato: il quale “determina l’estensione della protezione e le condizioni alle quali è connessa, compreso il grado di originalità che il disegno o modello deve possedere”. In ambito nazionale è intervenuta al recente introduzione del D.lgs 30/2005 in Italia vigeva il divieto assoluto di tutelare uno stesso modello sia con brevetto per modello che con la protezione derivante dal Diritto d'autore.
Il citato Decreto Legislativo modificando l'art. 2 della Legge sul Diritto d'Autore, ha di fatto eliminato il divieto di accumulo, prevedendo che siano comprese tra le opere protette “... le opere del disegno industriale che presentino di per sé carattere creativo e valore artistico…”. Questa importante modifica è stata confermata nel nuovo codice D.lgs 10 febbraio 2005, n. 30 "Codice della proprietà industriale, a norma dell'articolo 15 della legge 12 dicembre 2002, n. 273" dove secondo l'articolo 40 “se un disegno o modello possiede i requisiti di registrabilità ed al tempo stesso accresce l'utilità dell'oggetto al quale si riferisce, possono essere chiesti contemporaneamente il brevetto per modello di utilità e la registrazione per disegno o modello…”.
Durata della protezione
La tutela del Diritto d'Autore inizia anche per le opere di industrial design nel momento stesso della loro realizzazione e nasce senza alcuna procedura ufficiale di registrazione o concessione. In termini temporali, inoltre, la validità della tutela del Diritto d'Autore è di 70 anni a partire dalla data della morte dell'autore. La tutela brevettuale per il Design Disegni e modelli prevede una durata di cinque anni a decorrere dalla data di presentazione della domanda. Il titolare può ottenere la proroga della durata per uno o più periodi di cinque anni fino ad un massimo di venticinque anni.
Soggetti del diritto
Il decreto legislativo 95/2001 ha inoltre introdotto nel testo della legge 633/1941 l'art. 12 ter, che disciplina il caso in cui un'opera di industrial design sia creata dal lavoratore dipendente nell'esercizio delle sue mansioni: in questa ipotesi i diritti di utilizzazione economica spettano ex lege al datore di lavoro, mentre il lavoratore resta titolare dei diritti morali e, in particolare, del diritto a essere indicato come l'autore di quella creazione.
Note
Bibliografia
Voci correlate
Design
Design italiano
Designer
Progetto
Advanced design
Artigianato
Arti visive
Comunicazione
Brevetto
Ergonomia
Marketing
Streamlining
Usabilità
Premio Compasso d'Oro
Basic design
Diritto d'autore
Blur design
Altri progetti
Collegamenti esterni
UIBM – Ufficio Italiano Brevetti e Marchi |
1599 | https://it.wikipedia.org/wiki/Deuterostomia | Deuterostomia | I deuterostòmi (Deuterostomia , 1908), dal greco: bocca secondaria, rappresentano un gruppo di animali celomati caratterizzati da uno sviluppo embrionale nel quale l'ano si origina dal blastoporo (o nelle sue vicinanze), mentre la bocca si forma all'estremità opposta. Da un punto di vista sistematico sono considerati da alcuni autori un ramo e da altri un superphylum degli Eumetazoa.
Sono anche notoneurali in quanto il cordone nervoso è posto dorsalmente rispetto all'intestino. La circolazione del sangue procede in senso caudo-cefalico nei vasi ventrali, e in senso cefalo-caudale nei vasi dorsali. È presente un cuore ventrale a vari livelli di sviluppo a seconda dei gruppi.
I deuterostomi sono detti anche "enterocelomati", o "celomati enterocelici", per la modalità con cui si forma il celoma durante lo sviluppo dell'organismo: due tasche mesodermiche si originano in seguito ad alcune estroflessioni dellarchenteron, il canale alimentare primitivo della gastrula, per poi staccarsi e fondersi formando così due sacchetti celomatici. Questo processo viene chiamato "enterocelia", e differenzia i deuterostomi dai protostomi, animali nei quali il celoma si forma invece per "schizocelia" e la bocca deriva dalla regione del blastoporo.
La metameria, quando esiste, interessa essenzialmente la muscolatura, lo scheletro assile e il sistema nervoso. Frequentemente esiste un dermascheletro di origine mesodermica. La segmentazione di norma indeterminativa, è per lo più radiale-bilaterale. Il mesoderma si origina da un intero foglietto cellulare, non riconducibile ad una singola cellula iniziale. Stadi larvali precoci tipici sono la dipleurula (assente nei Cordati), con tre paia di vescicole celomatiche (protocele, mesocele e metacele).
Filogenesi
È stato proposto come il più antico deuterostomo noto Saccorhytus coronarius, vissuto approssimativamente 540 milioni di anni fa. I ricercatori ritengono che Saccorhytus sia l'antenato comune di tutti i deuterostomi precedentemente noti.
Phyla tipici e più importanti sono: Echinodermi, Emicordati e Cordati. Contrariamente alla tradizione che riuniva nei deuterostomi anche i Chetognati, studi biomolecolari piuttosto recenti hanno dimostrato che non vi è alcuna relazione filogenetica. Il clade Xenacoelomorpha, inizialmente incluso nei deuterostomi, ora è considerato il clade più basale dei Bilateria, ovvero il sister group dei Nephrozoa, a sua volta composto da deuterostomi e protostomi.
Tassonomia
Appartengono al gruppo o superphylum dei deuterostomi quattro phyla animali, elencati qui di seguito con le loro rispettive classi:
Phylum Hemichordata (Emicordati)
Phylum Echinodermata (Echinodermi)
Subphylum Eleutherozoa (Eleuterozoi)
Superclasse Asterozoa (Asterozoi)
Classe Asteroidea (Asteroidei o Stelle di mare)
Classe Somasteroidea (Somasteroidei)
Superclasse Cryptosyringida (Cryptosyringidi)
Classe Echinoidea (Echinoidei o Ricci di mare)
Classe Holothuroidea (Oloturoidei od Oloturie o Cetrioli di mare)
Classe Ophiuroidea (Ofiuroidei od Ofiure o Stelle serpentine)
Subphylum Crinozoa (Crinozoi)
Classe Crinoidea (Crinoidei o Crinoidi o Gigli di mare)
Phylum Chordata (Cordati)
Subphylum Urochordata (Urocordati o Tunicati)
Subphylum Cephalochordata (Cefalocordati)
Subphylum Vertebrata (Vertebrati)
Infraphylum Agnatha (Agnati o Pesci senza mascelle)
Classe Cephalaspida (Cefalaspidi)
Classe Heterostraci (Eterostraci)
Classe † Anaspida (Anaspidi)
Infraphylum Gnathostomata (Gnatostomi)
Classe Chondrichthyes (Condroitti o Pesci cartilaginei)
Classe Osteichthyes (Osteitti o Pesci ossei)
Classe Sarcopterygii (Sarcopterigi o Pesci dalle pinne carnose)
Classe Amphibia (Anfibi)
Classe Reptilia (Rettili)
Classe Aves (Uccelli)
Classe Mammalia (Mammiferi)
Note
Voci correlate
Celoma
Altri progetti
Collegamenti esterni
Eumetazoi |
1600 | https://it.wikipedia.org/wiki/Demo | Demo | La demo (abbreviazione dell'inglese demonstration) è un campione dimostrativo della produzione di musicisti, scrittori, programmatori o autori in genere.
Prodotta e distribuita dallo stesso autore o da suoi produttori o agenti, solitamente in maniera gratuita, allo scopo di promuovere l'autore presso enti in grado di operare una distribuzione/produzione di più ampio raggio (case editrici, case discografiche, aziende produttrici e così via).
I primi programmi per computer che hanno qualche somiglianza con effetti demo si trovano tra i cosiddetti display hack, con i primi esempi risalenti ai primi anni '50.
Nel 1980 Atari, Inc. iniziò ad utilizzare una demo in loop con effetti visivi e musica per mostrare le caratteristiche dei computer Atari 400/800 nei negozi.
Le demo hanno influenzato aree come l'industria dei giochi per computer e la new media art.
4players.de ha riferito che "numerosi" programmatori di demo e intro, artisti e musicisti sono stati impiegati nell'industria dei giochi. Le aziende di videogiochi con membri di demoscene nello staff includevano Digital Illusions, Starbreeze, Ascaron, 49Games, Remedy, Techland, Lionhead Studios, Bugbear, Digital Reality, Guerrilla Games e Akella.
La musica dei Tracker che fa parte della cultura Demoscene può essere trovata in molti videogiochi della fine degli anni '90 e dei primi anni 2000, come Unreal, Unreal Tournament, Deus Ex, Crusader: No Remorse, One Must Fall: 2097, Jazz Jackrabbit e Uplink.
Musica
La demo rappresenta la selezione di alcuni brani musicali registrati su CD o altro formato digitale (o, più raramente, audiocassetta, ovvero la demo tape, molto diffusa sino alla fine degli anni '90 anche per l'invio alle fanzine o alle riviste musicali specializzate). Generalmente i brani sono registrati con mezzi semi-professionali o dilettantistici e fungono da "biglietto da visita" presso le case discografiche o i produttori musicali.
Secondo quanto dichiarato dalle maggiori case discografiche, il demo dovrebbe essere composto al massimo da tre/quattro brani, dovrebbe essere registrato esclusivamente su CD (o in taluni casi in formato MP3) e dovrebbe essere corredato da un breve curriculum artistico, dai recapiti del musicista e da alcune fotografie in figura intera e viso (preferibilmente il tutto compendiato in una piccola brochure in A4 stampata su carta fotografica).
Le principali major ricevono, in media, dai 50 ai 100 demo ogni giorno e hanno persone adibite appositamente all'ascolto (solitamente il direttore A&R – Artist & Repertoire – o il vice o il talent scout). Ne consegue che le possibilità di risposta sono direttamente proporzionali alla qualità e alla professionalità della proposta inviata, ma anche la fortuna gioca un ruolo importante.
Informatica
Promozione artistica
Con la nascita dei primi home computer si è sviluppata la cultura della demoscene, nella quale singoli artisti o gruppi producono dei campioni dimostrativi per dimostrare le proprie abilità in programmazione, grafica, modellazione 3D ecc. I campioni dimostrativi consistono in una presentazione multimediale non interattiva. La differenza rispetto a un'animazione classica è che la grafica mostrata in una demo viene elaborata in tempo reale tramite complessi algoritmi matematici. Questo fa sì che uno degli aspetti più importanti per determinare la qualità di una demo sia la capacità di sfruttare al meglio la potenza del computer. I demo più moderni sono per lo più composti di animazioni tridimensionali unite ad effetti a due dimensioni.
Ci sono tre tipi principali di demo:
intro 4k: demo di dimensioni molto limitate, generalmente senza musica,
intro 64k: demo di dimensioni limitate,
demo: demo di dimensioni illimitate, libertà assoluta in fatto di contenuti e requisiti tecnici.
La maggior parte dei demo è mostrata durante competizioni in raduni (detti gathering o symposium), frequentati per lo più dagli autori stessi e da loro conoscenti, ma contano spesso varie migliaia di persone. Dopo la competizione i demo sono di solito diffusi gratuitamente su internet.
Alcuni tipi di demo impongono dei limiti atti ad esaltare l'abilità del programmatore nel creare effetti migliori con risorse limitate. La capacità stessa dell'elaboratore può rappresentare un limite entro il quale manifestare la propria capacità.
I limiti cambiano da competizione a competizione, in funzione della macchina utilizzata dai programmatori e dalle scelte organizzative. Quasi tutte le demo ormai sono sviluppate per PC, ma storicamente venivano prodotte per funzionare su C64, Atari e Amiga. Furono prodotti anche demo funzionanti su TO7, BeBox, RISC PC, Macintosh, Amstrad CPC, Gameboy o PlayStation.
Applicazioni
Nei software (videogiochi, applicativi ecc.) il termine può assumere diversi significati.
Una versione demo di un'applicazione è una versione ridotta (generalmente contenente le principali funzioni; ad esempio nei videogiochi è consuetudine inserire i primi livelli ed un numero limitato di personaggi selezionabili), solitamente pubblicata alcuni mesi prima dell'uscita sul mercato del programma completo. Le demo servono come mezzo promozionale; per stimare il gradimento del pubblico; per aiutare l'individuazione di bug, come quelli legati alla compatibilità. Le versioni demo sono solitamente gratuite (la licenza Shareware ha contribuito alla fortuna di titoli come Wolfenstein 3D e Doom), ottenibili tramite download da Bulletin board system (BBS) ed Internet oppure su Compact disc e DVD allegati a riviste specializzate. Tale versione può altresì contenere pressoché tutte le caratteristiche della versione completa, ma avere una scadenza temporale, oltre la quale il software cessa di funzionare.
Molti videogiochi dispongono di una modalità demo che si avvia automaticamente dopo un certo tempo in cui l'utente non abbia premuto alcun tasto mentre si trova nel menù principale. Vengono visualizzate sequenze elaborate in tempo reale, dove tutti i personaggi sono controllati dal computer, oppure viene proposto un breve tutorial, mostrando i tasti associati ai movimenti di base del gioco.
Una Technology demo (generalmente abbreviata in Tech demo), è un prototipo, un esempio grezzo o una versione incompleta di un prodotto creato con lo scopo di mostrarne le caratteristiche e le prestazioni; ad esempio le compagnie videoludiche producono delle tech demo di giochi che non vengono poi sviluppati, ma ad unico scopo di mostrare le qualità di una nuova console. Le Tech demo possono essere usate anche come dimostrazioni per gli investitori, i partner e i giornalisti. Si differenzia dalla versione demo che invece mostra una versione ridotta di un'applicazione già realizzata, o comunque di cui è prevista la pubblicazione, ed è da non confondere con la Demoscene che è da considerarsi una forma a sé stante di computer art.
Note
Voci correlate
Album
Demoscene
Outtake
Programmazione (informatica)
Software
Shareware
Altri progetti
Musica registrata
Generi di pubblicità
Terminologia informatica |
1602 | https://it.wikipedia.org/wiki/Domani%20%28film%202001%29 | Domani (film 2001) | Domani è un film del 2001 scritto e diretto da Francesca Archibugi, presentato nella sezione Un Certain Regard al 54º Festival di Cannes.
Trama
La vicenda è ambientata in un paesino dell'Umbria devastato dal terremoto del 1997 ed è incentrata sulla famiglia del vicesindaco, di sua moglie e i loro figli, su quella di un salumiere e di sua madre, di due giovani amiche, un'insegnante delle medie e un restauratore britannico. In mezzo alla tragedia sono messi in evidenza i piccoli problemi. Emerge la gravità della catastrofe che sembra non avere mai fine.
Produzione
Il film è stato girato a Sellano, in Umbria.
Riconoscimenti
2001 - Nastri d'argento
Candidatura per la migliore attrice non protagonista ad Ornella Muti
Candidatura per la migliore sceneggiatura a Francesca Archibugi
Note
Collegamenti esterni
Film drammatici
Film diretti da Francesca Archibugi
Film ambientati in Umbria
Film girati in Umbria |
1604 | https://it.wikipedia.org/wiki/Diritto%20internazionale | Diritto internazionale | Il diritto internazionale è quella branca del diritto che regola la vita della comunità internazionale. Meno corretta è la definizione di diritto del rapporto tra Stati, perché se è vero, in senso formale, che viene posto in essere tra i vari Stati, in senso materiale non è sempre indirizzato ai rapporti tra questi, ma può anche incidere all'interno delle comunità. Tra le varie tipologie di diritto internazionale possono ad esempio annoverarsi la lex mercatoria e il diritto internazionale privato. Tipica è l'adozione, all'interno di tale branca del diritto, di accordi internazionali sotto forma di trattati internazionali.
Storia
La fine della seconda guerra mondiale ha visto con il Processo di Norimberga per la prima volta individui che avevano ricoperto alti incarichi governativi venire chiamati a rispondere personalmente dei crimini commessi in nome del loro Stato contro altri popoli davanti a un tribunale internazionale, mentre tradizionalmente la responsabilità internazionale è collettiva (diretta contro lo Stato nel suo complesso). Lo Statuto della Corte penale internazionale, recentemente entrato in vigore (ma non ratificato da numerosi Stati, tra cui gli Stati Uniti) fa rientrare nella nozione di crimine internazionale il genocidio, i crimini contro l'umanità (nella definizione rientra pressoché qualsiasi grave delitto commesso su larga scala e in modo sistematico e la pratica dell'apartheid), i crimini di guerra previsti dal diritto internazionale umanitario e la guerra di aggressione.
Alcuni trattati internazionali stipulati nel secondo dopoguerra, come quello della Corte europea dei diritti dell'uomo, prevedono poi la possibilità degli individui di rivolgersi autonomamente a organismi internazionali per far rispettare i propri diritti, senza la mediazione degli Stati. Gli sviluppi recenti del diritto internazionale, in particolare in materia di protezione dei diritti umani, hanno fatto ritenere ad alcuni studiosi che si stia lentamente affermando una soggettività giuridica internazionale degli individui, in rottura con i dettami del diritto internazionale classico.
Descrizione
La principale differenza tra la struttura del diritto internazionale e quella del diritto interno è l'assenza di un'autorità centrale che emani la legge e ne assicuri il rispetto (è questa la cosiddetta "anarchia" della comunità internazionale); inoltre, a partire dalla fine del XIX secolo e, soprattutto, dalla fine della prima guerra mondiale, agli Stati si sono affiancate le Organizzazioni internazionali, mentre con l'inizio della decolonizzazione hanno progressivamente assunto personalità giuridica internazionale i movimenti insurrezionali, purché esercitino il controllo effettivo su una popolazione e un territorio.
All'interno di un ordinamento statale il riconoscimento della personalità giuridica in favore di enti collettivi e organizzazioni comporta che a questi nuovi soggetti si applichi una disciplina speciale, ovvero differente da quella comune destinata a tutelare e promuovere gli interessi degli individui. Nell'ambito dell'ordinamento internazionale, al contrario, la disciplina di diritto comune riguarda invece enti e organizzazioni, in modo particolare gli Stati. Mentre il diritto interno determina i requisiti che enti e organizzazioni devono avere per ottenere il riconoscimento della personalità giuridica, il diritto internazionale non prescrive con che modalità debba essere costituito uno Stato, bensì ne accerta l'esistenza.
ritengono che i recenti sviluppi della materia stiano facendo lentamente emergere una soggettività giuridica internazionale degli individui, posizione contrastata dalla maggior parte della dottrina, che ritiene che la scena internazionale sia ancora dominata dagli Stati e dalle Organizzazioni sovranazionali, malgrado il ruolo sempre più importante svolto dai singoli e dalle ONG. Il riconoscimento della personalità internazionale degli individui si appoggia sul crescente numero di diritti e obblighi internazionali che spettano ai singoli in quanto tali e non in quanto cittadini di uno Stato, come i diritti umani e la responsabilità internazionale individuale (crimini internazionali).
Sinossi generale
Il diritto internazionale è talvolta scolasticamente suddiviso in diritto internazionale pubblico e diritto internazionale privato; secondo tale partizione scolastica, il diritto internazionale pubblico si occupa dei rapporti tra Stati sovrani e tra essi e le Organizzazioni di diritto internazionale; il diritto internazionale privato si occupa invece dei rapporti tra uno Stato e i cittadini privati stranieri, ovvero dei rapporti tra cittadini e Stati stranieri od Organizzazioni internazionali. Questa voce si occupa di quel che viene definito diritto internazionale pubblico. L'essenza del diritto internazionale è il suo essere internazionale, quindi con giurisdizione su una pluralità di Stati o nei luoghi non regolati dalle legislazioni nazionali, ad esempio il mare e il cosmo. Spesso per diritto privato internazionale si intende la discussione su questioni economiche e commerciali che possono ricadere nel diritto commerciale internazionale, regolato da appositi trattati internazionali e da organi preposti delle Nazioni Unite e degli organismi sovranazionali quali la Commissione europea e il Parlamento europeo.
Operare una distinzione netta tra diritto privato e diritto pubblico in ambito internazionale è piuttosto complicato in quanto si parla principalmente del dibattimento di questioni che richiedono la disamina di un complesso di norme più o meno ascrivibili al diritto nazionale ma generalmente riferite al complesso delle norme e dei trattati internazionali che regolano i rapporti tra Stati, le questioni relative a organizzazioni sovranazionali, le dispute 'extraterritoriali' e le relazioni tra società che agiscono in ambito internazionale, ovvero in più nazioni. La suddivisione tra diritto internazionale pubblico e diritto internazionale privato è però contestata da numerosa dottrina. Il diritto internazionale privato, nonostante l'appellativo di internazionale, è infatti l'insieme delle norme di diritto interno (quindi, proprie di un ordinamento statale e promulgate con le modalità previste dall'ordinamento dello Stato stesso) che risolvono i conflitti fra le disposizioni dei diversi ordinamenti giuridici applicabili a un medesimo rapporto, quando esistono collegamenti a più di una legislazione nazionale. Si applicano quindi per il diritto internazionale privato le apposite norme interne (per l'Italia una legge specifica ha riordinato la materia, in precedenza dispersa sui quattro codici).
Ne risulta che le due tipologie si riferiscono a rami dell'ordinamento completamente differenti, il cosiddetto pubblico all'ordinamento della Comunità degli Stati (o internazionale), mentre quello privato all'ordinamento interno di ciascuno Stato.
Per quanto sopra, anche l'appellativo pubblico per il Diritto Internazionale in senso proprio viene criticato, in quanto la definizione di pubblico può afferire soltanto a un ordinamento statuale.
Diritto consuetudinario e diritto convenzionale (o pattizio)
Vista l'assenza di un legislatore universale, in grado di legiferare validamente e in modo vincolante, il diritto internazionale universalmente valido è per lo più diritto consuetudinario, anche se la politica delle organizzazioni internazionali come l'ONU può influenzarne lo sviluppo (ad esempio sull'uso della forza nelle relazioni internazionali). Per entrare a far parte del diritto consuetudinario una regola deve essere accettata almeno da una larga maggioranza degli Stati che comprenda gli Stati più influenti a livello internazionale.
Il diritto convenzionale si basa invece sugli accordi internazionali liberamente stipulati dagli Stati, che si impegnano a rispettarne le disposizioni.
Di norma il diritto pattizio prevale sul diritto consuetudinario (il diritto particolare prevale su quello generale), ma con un'importantissima eccezione per quanto riguarda lo ius cogens. Una norma di ius cogens è una norma consuetudinaria che protegge valori considerati fondamentali e a cui non si può in nessun modo derogare: se due Stati stipulano un trattato in cui si propongono di attuare violazioni dell'integrità di uno Stato terzo o di eseguire azioni considerate crimini internazionali, il trattato stesso è considerato nullo.
Forme, contenuti e procedure per la formazione del diritto convenzionale sono state codificate nella Convenzione di Vienna sul Diritto dei Trattati; nel Preambolo di questa Convenzione si precisa che le regole del diritto internazionale consuetudinario continueranno a regolare le questioni non disciplinate dalle disposizioni della Convenzione stessa, anche perché la Convenzione rappresenta solo un punto di riferimento e non coincide necessariamente con le consuetudini internazionali in materia.
I soggetti
Sono soggetti del diritto internazionale i seguenti enti:
Gli Stati che soddisfino i requisiti della effettività e della indipendenza (intendendosi lo Stato nella sua accezione di Stato-Organizzazione, ossia l'insieme dei governanti e degli apparati di governo);
Le Organizzazioni internazionali, tra le quali in particolare l'ONU, i suoi Organi ausiliari e le Organizzazioni collegate;
La Santa Sede (da non confondersi con lo Stato della Città del Vaticano);
I movimenti che esercitano sostanzialmente il controllo di un territorio e di una popolazione, pur non avendone il controllo formale, come ad es. gli insorti. Mentre per quanto attiene ai movimenti di liberazione a questi non è conferita una vera e propria personalità giuridica quanto il diritto di prendere parte alle riunioni internazionali che trattano di autodeterminazione dei popoli.
La soggettività di alcuni enti è invece in discussione. Sono generalmente non considerati come soggetti del diritto internazionale:
Il Sovrano Ordine di Malta: pur avendo intrattenuto con lo Stato italiano uno scambio di lettere di carattere internazionale e anche se alcuni funzionari dell'ordine godono di immunità diplomatica l'Ordine di Malta non è considerato soggetto di diritto internazionale, anche se a questo ordine è riconosciuta una personalità giuridica internazionale utile allo svolgimento delle sue funzioni assistenziali;
I popoli in sé, pur avendo riconosciuto il diritto di autodeterminazione, non sono considerabili soggetti di diritto internazionale. Essi mancano infatti delle caratteristiche proprie di una stabile organizzazione e della presenza di istituzioni governative;
Le Organizzazioni non governative non sono considerabili soggetti di diritto internazionale anche se molti trattati attribuiscono loro un ruolo internazionale (ad esempio la Croce Rossa);
Parte della dottrina riconosce una limitata soggettività internazionale anche agli individui facendo riferimento al crescente corpo di norme relative al diritto internazionale dei diritti umani, cioè quelle norme del diritto internazionale che tutelano la dignità umana dell'individuo, soprattutto nei confronti dello Stato (da non confondersi col diritto internazionale umanitario che, facendo parte del diritto internazionale bellico, entra in vigore durante i conflitti armati regolando la condotta dei belligeranti), seppure nel moderno diritto penale internazionale è da tener presente che la responsabilità individuale non è collegata a uno stato di guerra e di conseguenza al diritto bellico. Pertanto non è insensato dire che gli individui sono considerabili soggetti del diritto penale internazionale.
Gli Stati
Gli Stati sono i soggetti principali del diritto internazionale; essi devono presentare tre caratteristiche sostanziali:
avere un popolo: gli Stati devono esercitare il loro controllo su una popolazione stanziata in un dato territorio e con una propria coscienza politica senza la necessità che risultino omogenei aspetti quali la cultura, la religione, ecc.;
avere un territorio: gli Stati devono esercitare il loro controllo su uno specifico territorio, non è tuttavia importante che i confini di questo territorio siano esattamente delineati, ma è essenziale poter riconosce un nucleo territoriale nel quale gli Stati abbiano un reale controllo;
avere sovranità reale sul territorio e sul popolo, questa categoria è composta da due tipologie di sovranità.
sovranità interna: è la capacità di uno Stato di esercitare il proprio imperio all'interno del proprio territorio.
sovranità esterna: è la capacità di esercitare il governo di una regione e di un popolo indipendentemente da ingerenze di altri Stati; contraltare di questa caratteristica è il dovere di ogni Stato di non ingerenza nelle competenze governative di un altro Stato. Affinché questa caratteristica sia rispettata occorre insomma che l'ordinamento statale trovi in sé stesso la fonte della propria legittimazione, ovvero senza dipendere giuridicamente da un altro Stato. L'indipendenza (leggi sovranità esterna) si riconosce anche nel caso in cui lo Stato risulti dipendente economicamente o politicamente da un altro Stato: l'importante è comunque che lo Stato conservi la propria autonomia giuridica. Diverso è peraltro il caso in cui la dipendenza economica sia così forte da tradursi in un vero e proprio rapporto di vassallaggio fra i due Stati.
Più in particolare possiamo indicare delle categorie di Stato non propriamente dette che godono o no di soggettività internazionale; a tale proposito possiamo ricordare:
i microstati: seppur il territorio sia poco esteso e la popolazione poco numerosa non vi è alcun dubbio sul fatto che siano soggetti di diritto internazionale (ad esempio Repubblica di San Marino. principato del Liechtenstein, ecc.)
confederazioni di Stati: sono considerabili soggetti di diritto internazionale ma relativamente alle competenze non demandate alle istituzioni confederative; è fuori di dubbio, invece, la soggettività internazionale dei singoli Stati che le compongono. Per confederazione si intende un'associazione di Stati indipendenti (Stati confederati) che delegano l'esercizio di certe competenze (solitamente in materia di difesa e politica estera) a degli organi comuni. Un esempio recente di confederazione è costituito dalla Serbia e Montenegro (2003-2006), mentre non ci si trova invece davanti a una confederazione ai sensi del diritto internazionale nel caso della C.S.I. (Comunità degli Stati Indipendenti), in quanto gli accordi istitutivi e lo statuto non delegano particolari poteri agli organi dell'organizzazione, che hanno solo funzioni di coordinamento delle politiche degli Stati membri.
i cosiddetti Stati fantoccio: non godendo di sovranità esterna non sono considerabili come soggetti di diritto internazionale
Stati federati: non sono considerabili come soggetti di diritto internazionale in quanto delegano ampi poteri all'istituzione federativa (tipicamente competenze internazionali e di difesa) venendo così a mancare la caratteristica della sovranità esterna ad esempio gli Stati federati degli Stati Uniti d'America, degli Stati uniti messicani, della Federazione Russa, i Lander della Repubblica Federale tedesca, i cantoni della Confederazione Elvetica (che pur chiamandosi confederazione in realtà è una federazione), le province dell'Argentina, ecc.
governi in esilio: i governi in esilio, parlando di questa categoria si fa soprattutto riferimento ai governi riparatisi in Inghilterra durante la seconda guerra mondiale non sono da considerarsi soggetti di diritto internazionale perché non godono né di un territorio né della reale possibilità di esercitare sovranità sulla popolazione che vi è stanziata. Ciò nonostante, con l'auspicio che in futuro questi governi rientrino in possesso di popolo e territorio, gli atti internazionali compiuti da questi governi possono ritenersi validi. Tale validità è stata fondata però esclusivamente su considerazioni di tipo politico e non giuridico.
Un'altra valida dottrina tende a considerare lo Stato come Stato-comunità e Stato-organizzazione, per stabilire quale concezione di Stato sia da accettare, e propendendo per la seconda. Si deve constatare quindi che lo Stato in questo caso considerato è uno o più organi dello Stato stesso che esercitino un proprio potere. Secondo questa linea di pensiero non può essere accettata la soggettività internazionale dei governi in esilio o dei Comitati di Liberazione.
La soggettività internazionale
L'acquisto della soggettività internazionale da parte degli Stati, come anche dei movimenti di liberazione e dei movimenti di insurrezione, è legata alla reale manifestazione delle tre caratteristiche di cui sopra (popolazione, territorio, sovranità) in capo a un'organizzazione. Essendo l'ordinamento internazionale atipico, non contemplando cioè un'istituzione normativa e giudiziale, ma lasciando tutto alla libera iniziativa degli Stati e agli accordi che questi pongono in essere tra loro, non può in nessun modo essere delineata una procedura di acquisto della soggettività internazionale. Più in particolare la questione assume un carattere soprattutto politico, in quanto di per sé il riconoscimento di uno Stato da parte di un altro Stato o da parte di istituzioni internazionali ha solo una funzione dichiarativa e non costitutiva, cioè non è essenziale che vi sia riconoscimento da parte degli altri soggetti perché un'istituzione diventi soggetto di diritto internazionale.
Esempio adducibile è lo Stato di Israele che esercita controllo e governo su un territorio e in capo a una popolazione, pur non essendo riconosciuto dalla quasi totalità dei paesi arabi. Ancora, il riconoscimento può essere espresso (dichiarato da altri Stati) o tacito (deducibile dall'inizio di attività di diritto internazionale aventi come controparte il nuovo soggetto, come ad esempio la stipula di un trattato).
Limiti alla sovranità interna
Pur essendo per uno Stato, in linea di principio, lecito amministrare il proprio territorio a piacimento, organizzando liberamente le istituzioni governative e le leggi che regolino la comunità civile, la sovranità dello stesso sul suo territorio conosce diverse limitazioni.
Tali limitazioni si riferiscono in primo luogo al divieto di violare il cosiddetto ius cogens, quell'insieme cioè di consuetudini imperative per ogni Stato in particolare riferimento al rispetto dei diritti umani.
I limiti alla sovranità interna sono:
iniziative volte a promuovere la tutela della dignità umana;
norme su punizione dei crimini internazionali (genocidio, crimini contro l'umanità, crimini contro la pace, crimini di guerra);
limiti relativi a rapporti economici e sociali (dir. internazionale economico);
protezione dell'ambiente;
trattamento stranieri;
trattamento dei diplomatici e degli organi stranieri (vedi sotto);
trattamento degli Stati stranieri;
trattamento delle organizzazioni internazionali;
norme di diritto internazionale marittimo.
Immunità diplomatica
Altra categoria di limitazioni riguarda l'immunità garantita ai funzionari di altri Stati. Il principio sottostante che garantisce una protezione estensiva agli agenti diplomatici di Stati esteri è da ricercarsi nella consuetudine che istituzioni di pari grado non possano citarsi in giudizio e giudicarsi l'una con l'altra (par in parem non habet iudicium).
Questo si riflette nel diritto internazionale nella pratica dell'immunità per i funzionari diplomatici di uno Stato estero, disciplinata dalla Convenzione di Vienna del 1961 entrata in vigore nel 1965. Tale immunità può essere divisa in immunità funzionale o immunità personale.
L'immunità funzionale si applica agli atti che il diplomatico compie nello svolgimento delle sue funzioni e comprende:
Esenzione fiscale (imposte dirette);
immunità giurisdizione penale (esclusa per i consoli in caso di reati gravi);
immunità giurisdizione civile (esclusa per beni immobili o attività economiche non possedute per conto dello Stato per cui il funzionario opera, viene altresì esclusa per le controversie riguardanti le successioni ed eredità);
inviolabilità personale (da atti coercitivi, es. forze di polizia);
inviolabilità domiciliare (non è contemplata l'immunità per violazioni del codice stradale).
Differente è il discorso per quanto riguarda l'immunità personale. Quest'ultima ricopre gli atti cosiddetti jure gestiones del diplomatico, ossia gli atti che il funzionario compie come soggetto privato. In tal caso l'immunità coprirà l'intero arco del suo servizio per poi decadere al termine della sua funzione, una volta lasciato il Paese, e quindi renderà processabile il diplomatico per gli eventuali illeciti commessi nell'arco del tempo di svolgimento delle sue funzioni.
Trattamento degli Stati stranieri
Questa rubrica vuole occuparsi del trattamento riservato allo Stato straniero da parte degli Stati territoriali, soprattutto riguardo alla cosiddetta immunità dalla giurisdizione civile dell'entità statale straniera rispetto ad altri Stati.
La teoria che ha preso piede in dottrina è quella dell'immunità assoluta di cui gode uno Stato straniero dalla giurisdizione di qualsiasi altro Stato, nonostante fonti giurisprudenziali italo-belghe abbiamo avanzato una teoria che inquadrerebbe la divisione degli atti che uno Stato compie in atti jure imperii e atti jure gestiones, facendo ricadere un'immunità ristretta soltanto sugli atti che lo Stato compie nello svolgimento delle sue funzioni (pubbliche), ossia gli atti jure imperii.
Al riguardo è citabile una Convenzione delle Nazioni Unite datata 2004 adottata dall'Assemblea generale e aperta alla firma degli Stati (nessuno Stato aveva ratificato ancora nel 2005). In tale Convenzione si pone come regola generale, di fondo, quella dell'immunità assoluta dalla giurisdizione civile, ponendo come eccezioni quelle in cui si applicherebbe l'immunità ristretta, ovvero:
Transazioni commerciali;
Danni causati a persone o cose;
Proprietà possesso e altri diritti reali;
Controversie vertenti sui rapporti di lavoro.
Le organizzazioni internazionali
Le Organizzazioni Internazionali sono entrate a far parte della comunità internazionale in tempi relativamente recenti. Le prime organizzazioni erano create per scopi specifici e limitati (Unione Postale Universale creata nel 1875, Unione per la protezione della proprietà industriale nel 1883, ecc.). Il primo tentativo per dare un ordinamento unitario alla comunità internazionale fu la creazione, nel 1919, della Società delle Nazioni (SDN), fortemente voluta dal presidente statunitense Woodrow Wilson, che aveva cercato anche di far entrare nel diritto internazionale una serie di importanti principi, solo in parte accettati dalle nazioni europee: innanzitutto il pacifismo e l'autodeterminazione dei popoli (i "quattordici punti").
La Società aveva poteri molto deboli: come se non bastasse gli stessi Stati Uniti non entrarono a farne parte per l'opposizione del Congresso. Nel 1945, l'Organizzazione delle Nazioni Unite (ONU) prese il posto della SDN. L'ispiratore del progetto era di nuovo un presidente statunitense, Franklin Delano Roosevelt, che morì prima della nascita dell'ONU ma che vide le sue idee portate avanti dai suoi ex collaboratori. L'ONU aveva e ha grossi limiti, in buona parte legati al sistema dei veti: per molti anni il sistema di sicurezza collettiva disegnato dalla sua Carta restò paralizzato a causa della guerra fredda, ma in ogni caso la sua nascita ha segnato un passo in avanti importante. Lo Statuto delle Nazioni Unite prevedeva inoltre il divieto dell'uso della forza a livello internazionale, a differenza di quello della SDN.
Gli individui
A seguito del tribunale di Norimberga e di Tokyo, istituiti dalle potenze vincitrici della seconda guerra mondiale per perseguire le gravi violazioni della dignità umana durante la guerra, i singoli soggetti sembrano sempre più essere portatori di diritti, dunque soggetti autonomi del diritto internazionale.
Se prima della seconda guerra mondiale erano gli Stati che con delle convenzioni si impegnavano a tutelare dei diritti in capo agli individui (che rimanevano l'oggetto della convenzione) in tempi recenti si sta affermando la prassi di considerare gli individui come soggetti che godono di diritti e gli Stati come soggetti passivi di obblighi.
A fronte di tali diritti vi è la formazione della possibilità di appellarsi a corti internazionali deputate alla loro tutela.
Ci si ritrova anche nel diritto internazionale dunque a parlare di diritto soggettivo degli individui e di diritto d'azione degli individui.
Diritto soggettivo
Come diritto individuale si intende la capacità dei soggetti di essere portatori di diritti.
La formazione di consuetudini e di obblighi di origine pattizia che pongono gli Stati nel dovere di riconoscere e rispettare alcuni diritti per propri cittadini, indipendentemente dalle regole interne proprie di ogni ordinamento, è marcata da alcune tappe fondamentali
1945 Tokyo, Norimberga
1993 corte per i crimini in ex Jugoslavia (istituita dal Consiglio di Sicurezza ONU)
1994 corte per i crimini in Ruanda (istituita dal Consiglio di Sicurezza ONU)
1998 (in vigore dal 2002) Corte penale internazionale (con sede all'Aia).
Diritto d'azione legale
È la possibilità di appellarsi e di attivare un'azione legale presso una corte o più in generale di poter reclamare la tutela di un diritto.
Contenuti e funzioni
Funzioni
Si tende a differenziare tre tipi di funzione nell'ambito del diritto internazionale: una funzione normativa, una di accertamento del diritto e infine un'altra di attuazione coattiva delle norme.
La prima riguarda le fonti del diritto internazionale e le varie forme che può assumere, da diritto generico, rivolto a tutti gli Stati, a particolare rivolto soltanto a una cerchia ristretta.
L'accertamento del diritto è essenzialmente di tipo arbitrale, sebbene non manchino esperienze più istituzionalizzate sorte con trattati. Ne deriva che la possibilità di instaurare un contenzioso è di derivazione sostanzialmente pattizia, enorme differenza col diritto interno visto che in questo caso la competenza del giudice discende esclusivamente dalla legge.
L'attuazione coattiva delle norme è una delle note dolenti del diritto internazionale, ricadendo quasi esclusivamente nell'autotutela: anche in questo caso il diritto internazionale si distingue da moltissimi diritti interni, prevedendo questa forma coercitiva soltanto in casi eccezionali.
Per il suo carattere anarchico, la sua poca incidenza giuridica e obbligatorietà, è stato spesso negato carattere giuridico al diritto internazionale: in particolare si farebbe ricadere l'efficacia di quest'ultimo soltanto alla necessità della cooperazione degli operatori di diritto interno per la sua applicazione e all'autolimitazione dello Stato.
Le fonti
Consuetudine: comportamento costantemente e uniformemente ripetuto nel tempo, nella convinzione della sua obbligatorietà. Per aversi una consuetudine è necessaria la presenza di due requisiti fondamentali: - "diuturnitas" (prassi) ovvero il protrarsi nel tempo di un determinato comportamento; - "opinio iuris sive necessitatis" ovvero la convinzione da parte degli Stati della giuridica obbligatorietà di un determinato comportamento.
Accordi, cioè i trattati internazionali.
Fonti previste da accordo: atti di un'organizzazione internazionale, ad esempio le Direttive e i Regolamenti dell'Unione europea o le risoluzioni del Consiglio di Sicurezza dell'ONU, alcuni dei quali sono atti di soft law.
La gerarchia giuridica delle fonti internazionali non è sempre rigida, potendo accadere che una norma di tipo superiore possa essere derogata da una di rango inferiore.
I contenuti
Il cosiddetto diritto consuetudinario cogente, detto anche ius cogens
Le altre consuetudini internazionali, tra le quali si segnala in particolare la consuetudine "pacta sunt servanda"
Gli accordi "universali", fra i quali le dichiarazioni internazionali dei diritti
Gli accordi "regionali"
Gli accordi "bi- e multilaterali"
Le norme internazionali prodotte dalle Organizzazioni internazionali in applicazione del proprio Statuto o comunque di un accordo di delega degli Stati parte.
L'adattamento del diritto interno al diritto internazionale pubblico
L'adattamento automatico: si verifica allorché l'ordinamento interno di uno Stato effettua un rinvio mobile al diritto internazionale. In tal caso al mutare della norma di diritto internazionale muta anche l'ordinamento interno in misura corrispondente. Esempio di adattamento automatico è quello previsto dall'art. 10 della Costituzione italiana che rinvia a tutte le consuetudini di diritto internazionale.
L'adattamento a mezzo di recepimento integrale
L'adattamento a mezzo di ordine di esecuzione
Esistono in materia due procedimenti di adattamento: quello ordinario e quello speciale. L'ordinario prevede una riformulazione della norma internazionale mentre quello speciale un rimando alla stessa. Il ruolo dell'interprete differenzia ancora di più le due procedure ed è molto diverso a seconda del procedimento adottato: mentre nel primo egli si troverà di fronte a una norma che è del tutto simile alle altre norme dell'ordinamento statale nel secondo egli dovrà formulare una ricostruzione della norma internazionale e stabilire se la norma è ancora in vigore sul piano internazionale.
La funzione giurisdizionale internazionale
L'arbitrato fra Stati
L'arbitrato commerciale internazionale
I tribunali internazionali
In particolare: la Corte penale internazionale e la Corte europea dei diritti dell'uomo
Il ruolo del giudice interno nell'applicazione del diritto internazionale.
La corte internazionale di giustizia è uno degli organi principali dell'ONU. Essa opera secondo due procedimenti: quello in sede contenziosa e quello in sede consultiva. La prima prevede la risoluzione di una controversia sorta tra due o più Stati mentre la seconda l'emanazione di un parere su qualsiasi questione giuridica. Possono adire la corte per quanto riguarda la sede contenziosa solo gli Stati mentre in sede consultiva le organizzazioni internazionali.
Violazioni e sanzioni
La violazione di norme di diritto internazionale è fonte di responsabilità degli Stati e degli altri soggetti del diritto internazionale. Nel caso Germania contro Italia, questa violazione è stata consapevolmente assunta dallo Stato italiano: ciò è avvenuto con la sentenza n. 238 del 2014, in cui la Corte costituzionale italiana ha dichiarato la prevalenza dei principi supremi dell'ordinamento giuridico italiano, rispetto all'adempimento della sentenza della Corte internazionale di giustizia sull'immunità dalla giurisdizione internazionale dello Stato estero.
Note
Bibliografia
Luigi Condorelli, Diritto internazionale, Diritto on line, 2014, Treccani
Voci correlate
Crimine internazionale
Crimine di aggressione
Crimine contro l'umanità
Crimine di guerra
Convenzioni dell'Aia del 1899 e del 1907
Convenzioni di Ginevra
Corte penale internazionale
Corte internazionale di giustizia
Diplomazia
Diritto internazionale penale
Diritto internazionale umanitario
Diritto internazionale dei conflitti armati
Diritto bellico
Diritto internazionale privato
Diritti umani
Illecito internazionale
Lex mercatoria
Legittima difesa (diritto internazionale)
Nazioni Unite
Organizzazione internazionale
Principio di reciprocità (diritto)
Riconoscimento (diritto internazionale)
Trattato internazionale
Tribunale internazionale
Altri progetti
Collegamenti esterni
Jura Gentium, Centro di filosofia del diritto internazionale e della politica globale: un punto di vista critico sulla globalizzazione, contiene un elenco di link in tema di diritto internazionale, protezione dei diritti umani ecc.
European journal of International Law: rivista europea di diritto internazionale, in inglese. Anche questo sito include un elenco di link. |
1606 | https://it.wikipedia.org/wiki/Denaro | Denaro | Il denaro o moneta o anche soldi secondo le scienze economiche è uno strumento che può assumere le funzioni di:
mezzo di scambio
unità di conto
riferimento per pagamenti dilazionati
riserva di valore.
Il denaro è uno dei principali argomenti studiati in economia.
Moneta merce
Prima dell'invenzione del denaro lo scambio pacifico diretto di beni contro beni tra sconosciuti avveniva con il baratto, è una modalità semplice con vantaggi e problemi, uno dei quali era costituito dai vincoli di tempo.
La soluzione di scambiare a credito, largamente praticata fra tribù diverse, presupponeva rapporti consolidati, di solito non facili da instaurare né da mantenere. Lo scambio più semplice richiedeva l'immediata contiguità temporale delle consegne. Ma per questo era ovviamente necessario che entrambe le merci fossero disponibili nello stesso tempo e nello stesso spazio, e non era una precondizione da poco. Ad esempio, un baratto di arance contro grano, posti i diversi tempi stagionali di maturazione e dunque di reperibilità, era impossibile, o quantomeno sconsigliabile.
Nel tempo, dal baratto diretto si passò dunque al baratto mediato, attraverso l'uso di una terza merce, di carattere guarentigio, che potesse fungere da "valore-ponte": la moneta merce. Questo consentiva non solo di poter ampliare la possibilità di scambio oltre la contemporaneità di reperimento, ma anche di effettuare scambi indiretti, in cui più di due soggetti scambiavano beni senza che ogni volta chi consegnava un bene ottenesse in cambio un bene di proprio interesse direttamente da chi riceveva il suo. Questa "merce terza" fu nel mondo occidentale ben presto individuata in lavorazioni ben definite di alcuni metalli, il più noto dei quali è l'oro.
Con l'oro, per fare un caso concreto, era possibile vendere qualunque bene nel momento più opportuno, ricevendo in cambio delle monete. Era poi possibile riutilizzare lo stesso oro per comprare un bene deperibile, per esempio grano o vasi, al momento in cui si fosse desiderato farlo oppure quando fosse stato disponibile. Per il grano, dopo il raccolto, e per la ceramica quando fosse arrivata al luogo di mercato.
Il denaro fu quindi introdotto col compito di funzionare da valore-ponte, rendendo tutti i prodotti prima di tutto veramente intercambiabili e in particolare per permettere lo scambio di beni disponibili in momenti diversi dell'anno.
Come effetto secondario sul piano concettuale, ma che divenne altrettanto importante, l'introduzione denaro di fatto consentì di variare i tassi di cambio tra due beni: semplicemente cambiando il momento in cui si vendeva in cambio di denaro il primo bene, e il momento in cui si acquistava in cambio di denaro il secondo bene, si potevano scambiare per esempio due vacche con un numero diverso di pecore agendo sul timing della compra e della vendita.
Merci di scambio
I primi casi di denaro furono oggetti che risultavano utili per il loro valore intrinseco. Ciò era noto come merce di scambio ed includeva qualsiasi prodotto di larga diffusione con un proprio valore; esempi sono stati il bestiame, delle conchiglie rare o i denti di balena.
Anche nei paesi sviluppati, in assenza di altri tipi di denaro, le persone hanno occasionalmente utilizzato come denaro delle merci come il tabacco. L'ultima volta che questo è avvenuto su larga scala è stato immediatamente dopo la Seconda guerra mondiale, con l'uso comune di sigarette come merce di scambio.
Una volta che una merce viene usata come denaro, essa acquisisce un valore che è spesso lievemente differente dal suo valore intrinseco. Il fatto di poter essere utilizzata come denaro aggiunge utilità alla merce, aumentandone, quindi, il valore. Questa utilità aggiuntiva dipende da aspetti sociali ed è influenzata dall'uso che del denaro se ne fa in quella società. Di conseguenza, sebbene le merci di scambio siano reali, il loro valore non è fisso. Un primo esempio è dato dall'oro, che ha acquisito un valore differente in differenti popolazioni, ma in nessuna è stato tanto valorizzato quanto in quelle che lo hanno utilizzato come denaro. Le fluttuazioni del valore di una merce di scambio dipendono molto dalla domanda e dall'offerta corrente e stimata: ad esempio, l'approssimarsi all'esaurimento di una miniera d'oro fa sì che il valore aumenti in vista della prossima riduzione dell'offerta.
Il denaro può essere qualsiasi cosa che le parti considerino scambiabile, ma la praticità delle merci varia notevolmente. Caratteristiche desiderabili per il denaro includono l'essere immagazzinabile per lunghi periodi, avere volumi ridotti per poter essere facilmente trasportato ed essere di difficile reperibilità, in modo da non essere reperibile al di fuori delle attività commerciali. Ancora una volta, la domanda e l'offerta giocano un ruolo chiave nella determinazione del valore. Se un governo stampa più banconote, esso incrementa l'offerta senza un corrispondente incremento del valore. Quindi, il denaro vale meno di prima dell'emissione delle nuove banconote.
Per questi motivi, metalli come oro ed argento sono stati spesso utilizzati come merce di scambio. Comunque, per migliorarne le caratteristiche meccaniche e la lavorabilità, questi metalli sono spesso utilizzati in leghe con metalli meno pregiati, rendendone il valore variabile.
Monetazione standard
Il diaspro nero, comunemente chiamato "pietra di paragone", è una delle principali forme cristalline della silice. L'uso del diaspro nero è ciò che ha aperto la strada al metallo come merce di scambio e moneta. Su una pietra di paragone può essere verificata la purezza di qualsiasi metallo tenero confrontando il colore delle tracce che si formano strofinandovelo sopra, permettendo di risalire rapidamente al contenuto in metallo prezioso. L'oro è un metallo tenero, che è anche difficile da trovare, denso e conservabile. Per questi motivi, l'oro come denaro si diffuse rapidamente dall'Asia Minore, dove venne inizialmente utilizzato, al mondo intero.
L'utilizzo di questo sistema richiede di effettuare diversi passi e qualche conto. La pietra di paragone permette di stimare la quantità di oro in una lega, che deve essere poi moltiplicato per il peso del pezzo di metallo per trovare la quantità di metallo prezioso contenuto.
Per semplificare questo processo venne introdotto il concetto di monetazione standard. Il titolo delle leghe era prefissato, come il peso delle monete coniate, in modo tale che conoscendo l'origine della moneta non era richiesta l'utilizzo di pietre di paragone. Le monete erano tipicamente coniate dai governi con procedimenti rigorosamente protetti e poi marcati con simboli che garantivano il peso ed il valore del metallo.
Sebbene l'argento e l'oro fossero i metalli comunemente usati per coniare monete, non mancò l'utilizzo anche di altri metalli. All'inizio del XVII secolo, la Svezia si trovò in carenza di metalli preziosi e così produsse "piastre" che erano grosse lastre di rame di circa 50 cm di lato, che riportavano l'indicazione del loro valore. La scarsa maneggevolezza di queste piastre contribuì indubbiamente a far sì che la Svezia fosse il primo paese europeo a emettere banconote nel 1661.
Denaro convertibile
Il denaro si è poi evoluto in un sistema di denaro convertibile. Sì è riusciti cioè a ottenere che il denaro di per sé possa avere un valore intrinseco molto più basso del suo valore di scambio, cioè possa essere fatto corrispondere a merci che hanno un valore molto più alto dell'oro e dell'argento o dei metalli di cui è fatta una moneta, oppure allo stesso modo della carta e inchiostro e insieme anche delle ore di lavoro delle persone e dei macchinari con cui è fatta la banconota che si adotta. Il primo sistema fu di garanzia da parte di un ente ritenuto stabile e terzo: Valute cartacee e monete di metallo non prezioso furono coperte dalla promessa di un governo o di una banca di trasformarlo in una determinata quantità di metallo prezioso, come l'argento. Ad esempio, da questo tipo di sistema deriva il termine "British Pound", che era inizialmente una unità monetaria garantita da una libbra ("pound") di argento al 92.5% ("sterling silver"), da cui la valuta "Pound Sterling" (in italiano chiamata lira sterlina).
Per buona parte del XIX e XX secolo, molte valute furono basate su denaro convertibile grazie all'uso del gold standard.
Denaro a corso legale
Il denaro a corso legale è quel denaro non coperto da riserve di altri materiali. Al denaro viene dato un valore grazie al fatto che esiste un'autorità (ad esempio un governo) che agisce come se ne avesse. Se un'organizzazione abbastanza grande emette, usa ed accetta qualcosa come pagamento per fatture o tasse, automaticamente quel qualcosa acquisisce valore, dato che è riconosciuto come mezzo di scambio.
I governi nel tempo sono a volte passati a forme di denaro a corso legale in periodi di bisogno (come, ad esempio, durante delle guerre), sospendendo il servizio da loro offerto di cambio del denaro in oro (o qualsiasi altra cosa il denaro rappresentasse), con effetti sul potere d'acquisto generalmente inferiori a quanto ci si potesse aspettare. Analogamente, anche una riduzione del rapporto di cambio tra moneta ed oro aveva in genere meno effetto del previsto sul potere d'acquisto. Gli Stati Uniti passarono definitivamente al denaro a corso legale nel 1971. Dato che anche le altre valute erano riferite al dollaro statunitense, vi fu automaticamente una moltiplicazione dei paesi che si ritrovarono ad adottare il corso legale.
Denaro a credito
Il denaro a credito spesso esiste in parallelo ad altre forme di denaro, come quello a corso legale o alle merci di scambio, e dal punto di vista dell'utente è indistinguibile da queste. Molto del denaro del mondo occidentale è denaro a credito derivato da valute nazionali a corso legale. Il denaro a credito tende a presentarsi come sottoprodotto della domanda e del prestito di denaro, come mostrato nell'esempio che segue.
Immaginiamo di aver depositato una certa quantità di monete d'oro nel forziere di una banca. La banca può prestare le monete a una seconda persona sulla base della promessa di ripagare le stesse monete con un extra a una certa data. La seconda persona può nel frattempo utilizzare le monete come denaro. Questo mentre noi continuiamo a possederle ed utilizzarle, potendo passarne la proprietà a una terza persona con una richiesta di trasferimento sul conto di quest'ultimo. In quest'esempio è come se vi fosse nuovo denaro creato durante il prestito, in modo tale da permettere a più parti di usare le stesse monete allo stesso tempo. Questo discorso si può estendere a un numero a piacere di nuove parti che possono richiedere e ricevere denaro in prestito, ma per ciascun utente aggiuntivo deve esserci una promessa di restituzione delle monete. L'extra costo previsto nel rimborso, oltre a rappresentare un margine per l'operatore finanziario, serve per dare stabilità al processo, assorbendo eventuali crediti non esigibili. Altro elemento di stabilità dovrebbe essere il rapporto tra depositi e prestiti, in origine equivalente, oggigiorno fissato per ciascuna nazione dalla banca centrale in media con la proporzione sbilanciata di 1:100..
Denaro digitale
Il "denaro digitale" ebbe un momento di voga prima della bolla del 2000. Flooz e Beenz furono particolarmente pubblicizzati come una forma alternative al denaro. Mentre la bolla tecnologica causò l'accorciamento della loro vita, alcune nuove valute digitali (quali ad esempio bitcoin), hanno raggiunto una qualche, sebbene generalmente modesta, diffusione.
Filosofia del denaro
Karl Marx sostiene quella che egli chiama la «potenza sovvertitrice del denaro» intendendo la sua forza nella formazione e trasformazione dei rapporti sociali.
L'analisi di Georg Simmel invece esula dalla funzione meramente economica del denaro, per concentrarsi su quella sociologica e psicologica, che avrebbe condotto all'alienazione dell'individuo e dei valori umani.
Curiosità
Nella Firenze del XIV secolo, la cui parlata avrebbe poi dato origine alla lingua italiana, il termine denaro non aveva il significato generico odierno ma indicava una specifica moneta, di valore pari alla dodicesima parte del soldo e alla duecentoquarantesima parte della lira. Precedentemente la monetazione carolingia aveva previsto invece un'unica moneta legale e il "monometallismo argenteo" Questo significa che veniva coniato il denaro, moneta che non aveva né multipli né sottomultipli. Il denaro era di argento, e quindi nel sistema previsto dalla monetazione carolingia non esistevano altri metalli.
Questo sistema monetario ha regolato la coniazione in Europa per molti secoli, fin quando la rivoluzione francese e gli avvenimenti ad essa collegati, portarono all'affermazione del sistema decimale; fenomeno che non toccò la Gran Bretagna fino al 1971. La lira sterlina o pound sterling, l'unità monetaria britannica, era infatti divisa in venti soldi, o scellini (shilling), ciascuno dei quali valeva dodici denari (penny, al plurale pence). In molte lingue le parole che indicano la moneta in generale spesso derivano dal nome di unità monetarie specifiche: così in italiano soldi, denaro, ma anche svanziche (il pezzo da venti austriaco), palanche, baiocchi, ghelli e quattrini.
Note
Bibliografia
Maria Grazia Turri, La distinzione fra moneta e denaro. Ontologia sociale ed economica, 2009, Carocci editore, ISBN 9788843050833
Voci correlate
Crematistica
Moneta
Pecunia
Valuta
Altri progetti
Collegamenti esterni
Linguistic and Commodity Exchanges by Elmer G. Wiens. Examines the structural differences between barter and monetary commodity exchanges and oral and written linguistic exchanges.
Strumenti di pagamento |
1607 | https://it.wikipedia.org/wiki/Diblasteri | Diblasteri | Sono diblasteri o diblastici gli animali il cui corpo si sviluppa a partire da due foglietti embrionali presenti nella gastrula.
Tali foglietti sono:
lendoderma, che riveste l'archenteron;
lectoderma, esterno.
Embriologia |
1612 | https://it.wikipedia.org/wiki/Disprosio | Disprosio | Il disprosio è l'elemento chimico di numero atomico 66 e il suo simbolo è Dy.
Caratteristiche
Il disprosio è un elemento delle terre rare e ha un aspetto metallico lucente. Relativamente stabile all'aria a temperatura ambiente, si scioglie rapidamente in soluzioni diluite di acidi minerali, liberando idrogeno.
È tenero a sufficienza da poter essere tagliato con un coltello e può essere lavorato senza emissione di scintille, se si ha cura di evitarne il surriscaldamento. Le caratteristiche reologiche del disprosio sono molto influenzate dalla presenza di impurità, anche in tracce.
Applicazioni
Il disprosio trova impiego con il vanadio e altri elementi nella realizzazione di materiali per laser; la sua elevata sezione d'urto d'assorbimento dei neutroni termici e il suo elevato punto di fusione lo rendono potenzialmente utile anche per farne barre di controllo per reattori nucleari. Cementi speciali contenenti ossido di disprosio (noto anche come disprosia) e nichel assorbono facilmente i neutroni senza collassare né contrarsi anche dopo un prolungato bombardamento di neutroni.
Alcuni sali di disprosio e cadmio sono usati come sorgenti di radiazione infrarossa per lo studio delle reazioni nucleari. Il disprosio è impiegato anche nella produzione dei compact disc.
Storia
Il disprosio fu identificato per la prima volta a Parigi nel 1886 da Lecoq. L'elemento puro tuttavia non fu isolato fino agli anni cinquanta, facendo ricorso a tecniche di scambio ionico.
Il nome "disprosio" deriva dal greco δυσπρόσιτος, dysprósitos, "difficile da ottenersi".
Disponibilità
Il disprosio non si trova mai puro in natura, ma lo si deve estrarre dai minerali che lo contengono, come lo xenotime-(Y), lo xenotime-(Yb), la fergusonite, la gadolinite-(Ce), gadolinite-(Y), la euxenite-(Y), il policrasio-(Y), la blomstrandina, la monazite e la bastnasite; spesso è mescolato a erbio, olmio e/o altre terre rare.
Composti
Quasi tutti i composti del disprosio lo vedono nello stato di ossidazione +3 e sono fortemente paramagnetici. I composti più usati sono:
Fluoruri
DyF3
Cloruri
DyCl2
DyCl3
Bromuri
DyBr2
DyBr3
Ioduri
DyI2
DyI3
Ossidi
Dy2O3
Solfuri
Dy2S3
Nitruri
DyN
Isotopi
Ii disprosio è costituito in natura di una miscela di sette isotopi stabili: 156Dy, 158Dy, 160Dy, 161Dy, 162Dy, 163Dy e 164Dy, dei quali il 164Dy è il più abbondante (28,18% del totale). Sono stati trovati altri 28 radioisotopi, di cui i più stabili sono il 154Dy con una emivita di anni, il 159Dy con 144,4 giorni e il 166Dy con 81,6 ore. Tutti i restanti isotopi sono molto radioattivi, con emivite di meno di 10 ore: anzi, la maggioranza ha emivite di meno di 30 secondi. Questo elemento ha anche 5 stati metastabili, di cui i più stabili sono il 165mDy (t½ 1,257 minuti), 147mDy (t½ 55,7 secondi) e 145mDy (t½ 13,6 secondi).
Il modo di decadimento principale prima dell'isotopo stabile più abbondante, il 164Dy, è la cattura elettronica, mentre il modo più frequente dopo di esso è il decadimento beta. Il principale prodotto di decadimento prima del 164Dy sono isotopi di terbio, mentre dopo di esso i prodotti principali sono isotopi di olmio.
Precauzioni
Come per tutti i lantanoidi, anche il disprosio e i suoi composti hanno tossicità bassa o moderata, non ancora studiata approfonditamente. Il disprosio non ha alcun ruolo biologico noto.
Bibliografia
Voci correlate
Lantanoidi
Altri progetti
Collegamenti esterni
Elementi chimici |
1615 | https://it.wikipedia.org/wiki/Dinornis | Dinornis | Il dinornite o moa gigante (gen. Dinornis, Owen 1843) è un uccello estinto appartenente ai dinornitiformi (noti anche come moa). Visse tra il Pleistocene e l'Olocene e si estinse verso il 1500. I suoi resti fossili e subfossili sono stati ritrovati in Nuova Zelanda. È considerato l'uccello più alto mai esistito.
Descrizione
Dinornis potrebbe essere stato uno dei più alti uccelli mai esistiti: le femmine della specie più grande (Dinornis robustus) raggiungevano i 3,6 metri di altezza. Questi uccelli erano anche molto massicci: si stima che potessero raggiungere i 230-240 chilogrammi (Amadon, 1947) o addirittura 278 chilogrammi (Kampbell e Marcus, 1992) a seconda degli studi. Resti delle penne indicano che queste erano marroni o rossicce e simili a capelli, e sembra che ricoprissero la maggior parte del corpo eccetto la parte inferiore delle zampe e gran parte della testa (e una piccola porzione del collo al di sotto della testa). I piedi erano grandi e potenti, mentre il collo era estremamente allungato e permetteva all'animale di raggiungere la vegetazione alta. Rispetto alle dimensioni del corpo, la testa era piccola, con un corto becco appuntito, piatto e leggermente ricurvo. Come tutti i moa, anche Dinornis era privo delle ossa delle ali.
Dimorfismo sessuale
È stato a lungo sospettato che alcune specie di moa costituissero il maschio e la femmina di una sola specie. Ciò è stato confermato dall'analisi con marcatori genetici del DNA estratto da materiale osseo (Huynen et al., 2003). Ad esempio, prima di questi studi vi erano tre specie valide riconosciute di Dinornis: il moa gigante dell'Isola del Sud (D. robustus), il moa gigante dell'Isola del Nord (D. novaezealandiae) e il moa snello (D. struthioides). L'analisi del DNA ha mostrato che tutti gli esemplari di D. struthioides erano in realtà maschi, e tutti i D. robustus erano femmine. Quindi, le tre specie vennero riclassificate come due specie, ognuna delle quali era diffusa in una delle due isole maggiori della Nuova Zelanda. La specie D. robustus, tuttavia, comprende tre distinte linee genetiche e potrebbe essere classificata come varie specie diverse. Dinornis sembra aver avuto il dimorfismo sessuale più pronunciato di tutti i moa: le femmine erano alte circa una volta e mezzo e pesanti il 280% in più degli esemplari maschi (Huynen et al., 2003; Bunce et al., 2003).
Classificazione
Nel 1839 John W. Harris, un commerciante della baia della Povertà con l'hobby del naturalismo, venne in possesso di un pezzo di osso dalla forma insolita lungo 15 centimetri, rinvenuto lungo le rive di un fiume. Harris mostrò l'osso a suo zio, John Rule, un medico di Sydney, il quale lo mandò al famoso paleontologo inglese Richard Owen, che a quel tempo lavorava al Royal College of Surgeons a Londra (Fuller, 1987).
Owen si interrogò riguardo al frammento osseo per quasi quattro anni, al termine dei quali stabilì che si trattava di una parte di un femore di un grande animale; tuttavia, l'osso era stranamente leggero e con una struttura "a nido d'ape". Owen annunciò nel 1843 alla comunità scientifica e al mondo la scoperta di un nuovo uccello gigante estinto simile a uno struzzo, che denominò Dinornis novaezealandiae. La sua deduzione venne ridicolizzata da alcuni membri della comunità scientifica, ma si dimostrò corretta grazie alle successive scoperte di notevoli quantità d'ossa di moa in tutta la Nuova Zelanda, sufficienti a ricostruire gli scheletri di questi uccelli (Fuller, 1987). Nel luglio del 2004, il Museo di Storia Naturale di Londra espose il frammento di osso di moa sulla quale Owen basò la prima descrizione, per celebrare i 200 anni dalla nascita dello studioso, fondatore del museo.
Dinornis è il genere eponimo dei Dinornithiformes, un gruppo di grandi uccelli ratiti inetti al volo altrimenti noti come moa, tipici delle isole della Nuova Zelanda. Dinornis, in particolare, è ritenuto l'unico membro della famiglia Dinornithidae. Di seguito è mostrato un cladogramma tratto dal lavoro di Bunce e colleghi (2003):
Estinzione
Prima dell'arrivo dell'uomo, i moa giganti erano vissuti per circa 40.000 anni con una popolazione ecologicamente stabile. Quando arrivarono i coloni Polinesiani, i moa vennero cacciati attivamente e nel giro di poche centinaia di anni si estinsero (Perry et al., 2014); gli ultimi esemplari scomparvero intorno al 1500. Si suppone che il moa gigante, in particolare, si estinse circa 300 anni prima dell'arrivo degli europei.
Bibliografia
Owen, Richard (1843). "On the remains of Dinornis, an extinct gigantic struthious bird". Proceedings of the Zoological Society of London: 8–10, 144–146.
Amadon, D. (1947). "An estimated weight of the largest known bird". Condor 49: 159–164. doi:10.2307/1364110.
Fuller, Errol (1987). Bunney, Sarah, ed. Extinct Birds. London, England: The Rainbird Publishing Group. ISBN 0-8160-1833-2.
Anderson, Atholl. 1989. Prodigious birds: moas and moa-hunting in prehistoric New Zealand, Cambridge: 1989.
Campbell, Jr., K. E.; Marcus, L. (1992). "The relationship of hindlimb bone dimensions to body weight in birds". Papers in avian paleontology honoring Pierce Brodkorb. Science (Natural History Museum of Los Angeles County) (36): 395–412.
Bunce, Michael; Worthy, Trevor H.; Ford, Tom; Hoppitt, Will; Willerslev, Eske; Drummond, Alexei; Cooper, Alan (2003). "Extreme reversed sexual size dimorphism in the extinct New Zealand moa Dinornis". Nature 425 (6954): 172–175. doi:10.1038/nature01871. PMID 12968178.
Huynen, Leon J.; Millar, Craig D.; Scofield, R. P.; Lambert, David M. (2003). "Nuclear DNA sequences detect species limits in ancient moa". Nature 425 (6954): 175–178. doi:10.1038/nature01838. PMID 12968179.
Baker, Allan J.; Huynen, Leon J.; Haddrath, Oliver; Millar, Craig D.; Lambert, David M. (2005). "Reconstructing the tempo and mode of evolution in an extinct clade of birds with ancient DNA: The giant moas of New Zealand" (PDF). Proceedings of the National Academy of Sciences 102 (23): 8257–8262. doi:10.1073/pnas.0409435102. PMC 1149408. PMID 15928096. Retrieved Feb 14, 2011.
Perry, George L.W.; Wheeler, Andrew B.; Wood, Jamie R.; Wilmshurst, Janet M. (2014). "A high-precision chronology for the rapid extinction of New Zealand moa (Aves, Dinornithiformes)". Quaternary Science Reviews. doi:10.1016/j.quascirev.2014.09.025
Voci correlate
Gigantismo insulare
Uccelli estinti in tempi storici
Altri progetti
Collegamenti esterni
Dinornithidae
Uccelli fossili
Uccelli estinti
Megafauna estinta |
1623 | https://it.wikipedia.org/wiki/Dino%20Meneghin | Dino Meneghin | Alto 2,04 m, giocava nel ruolo di centro. Ha inoltre ricoperto la carica di presidente della Federazione Italiana Pallacanestro dal 2008 al 2013.
Padre di Andrea, anche lui giocatore di pallacanestro, vive a Milano.
Biografia
Carriera cestistica
Club
Approda alla pallacanestro nel 1966 grazie a Nico Messina, responsabile del settore giovanile della Ignis Varese e poi negli anni a venire allenatore della prima squadra. La sua carriera nella serie A1 italiana, iniziata all'età di sedici anni e terminata a quarantaquattro, è un esempio di longevità agonistica, che lo ha portato addirittura a giocare contro suo figlio Andrea in una partita ufficiale di campionato.
Nel campionato italiano ha giocato per Pallacanestro Varese (1966-1981), Olimpia Milano (1981-1990, 1993-1994) e Pallacanestro Trieste (1990-1993), totalizzando 836 partite e segnando 8.580 punti. Ha partecipato a 13 finali di Coppa dei Campioni, vincendone 7. A queste vanno aggiunte 2 Coppe delle Coppe, 1 Coppa Korać e 4 Coppe Intercontinentali. A livello nazionale ha vinto 12 scudetti e 6 Coppe Italia.
Nazionale
Con la nazionale italiana ha partecipato a 4 Olimpiadi (medaglia d'argento a Mosca 1980) ed ha vinto una medaglia d'oro e due di bronzo ai campionati europei. Con la maglia della nazionale italiana è sceso in campo 272 volte (secondo in classifica di presenze dietro a Pierluigi Marzorati che arrivò a 277) e ha realizzato 2845 punti (secondo in classifica dopo Antonello Riva che ne ha realizzati 3775).
Dopo il ritiro
Appese le scarpe al chiodo, Dino si è diviso tra l'Olimpia e la nazionale, sempre come team manager. Dal 2004 collabora anche con SKY Sport nella redazione basket, seppur con un ruolo marginale.
Il 30 settembre 2008 è stato nominato dalla Giunta Nazionale del CONI commissario straordinario della Federazione Italiana Pallacanestro in seguito alle dimissioni di Fausto Maifredi da presidente.
Successivamente ha accettato di candidarsi alla presidenza della FIP e il 7 febbraio 2009 è stato eletto Presidente della Federazione Italiana Pallacanestro con 4375 voti. Ha ricoperto l'incarico fino al gennaio 2013.
Il 17 dicembre 2016 è stato nominato da Gianni Petrucci presidente onorario della FIP.
Riconoscimenti
Nel 1991 la rivista Giganti del Basket lo ha eletto più grande giocatore europeo di tutti i tempi. Il 5 settembre 2003 è diventato il primo giocatore italiano a entrare nel Naismith Memorial Basketball Hall of Fame, il maggiore riconoscimento alla carriera che un giocatore di pallacanestro possa ricevere. In assoluto, è il secondo italiano inserito nella Hall of Fame (il primo, nel 1994, fu Cesare Rubini, il quale, pur avendo un passato da giocatore, ottenne il riconoscimento in qualità di allenatore).
Meneghin fa anche parte della FIBA Hall of Fame e dell'Italia Basket Hall of Fame. È stato inoltre il primo italiano ad essere scelto dalla NBA: nel 1970 fu chiamato all'11º giro (182º assoluto) dagli Atlanta Hawks, ma non giocò mai nel campionato professionistico statunitense.
Nel 2008 Dino Meneghin ha ricevuto in premio dal Comune di Alano di Piave le chiavi della città, con la motivazione di aver fatto grande Alano nel mondo con la sua abilità. Nel maggio 2015, una targa a lui dedicata fu inserita nella Walk of Fame dello sport italiano a Roma, riservata agli ex-atleti italiani che si sono distinti in campo internazionale.
Il 30 gennaio 2018 è stato insignito della cittadinanza onoraria di Varese.
Il 19 novembre 2019 l'Olimpia Milano ritira la maglia numero 11 durante una partita in casa di Eurolega giocata al Forum.
Palmarès
Club
Competizioni nazionali
Pall. Varese: 1968-69, 1969-70, 1970-71, 1972-73, 1973-74, 1976-77, 1977-78
Olimpia Milano: 1981-82, 1984-85, 1985-86, 1986-87, 1988-89
Pall. Varese: 1968-69, 1969-70, 1970-71, 1973
Olimpia Milano: 1985-86, 1986-87
Competizioni internazionali
(record)
Pall. Varese: 1969-70, 1971-72, 1972-73, 1974-75, 1975-76
Olimpia Milano: 1986-87, 1987-88
Pall. Varese: 1966-67, 1979-80
Olimpia Milano: 1984-85
Pall. Varese: 1970, 1973
Olimpia Milano: 1987
Nazionale
Francia 1983
Germania Ovest 1971, Jugoslavia 1975
Olimpiadi
Mosca 1980
Onorificenze
Galleria d'immagini
Note
Altri progetti
Collegamenti esterni
Vincitori di medaglia d'argento olimpica per l'Italia
Commendatori OMRI
Presidenti della FIP
Membri dell'Italia Basket Hall of Fame
Membri del Naismith Memorial Basketball Hall of Fame
Membri del FIBA Hall of Fame
Cestisti della Nazionale italiana
Politici del Partito Socialista Democratico Italiano |
1626 | https://it.wikipedia.org/wiki/Duluth | Duluth |
Geografia
Stati Uniti d'America
Duluth – città della contea di Gwinnett, Georgia
Duluth – capoluogo della contea di St. Louis, Minnesota
Duluth – comunità non incorporata del Nebraska
Duluth – census-designated place della contea di Clark, Washington
Letteratura
Duluth: tutta l'America in una città (Duluth) – romanzo di Gore Vidal del 1983 |
1629 | https://it.wikipedia.org/wiki/Dubnio | Dubnio | Il dubnio è l'elemento chimico della tavola periodica che ha come simbolo Db e come numero atomico 105.
È un elemento sintetico, altamente radioattivo, il cui isotopo più stabile (Db-268) ha una emivita di 1,2 giorni.
Questo elemento non ha al momento applicazioni pratiche e le sue proprietà sono poco conosciute.
Storia
Il dubnio (il nome deriva da Dubna, in Russia) venne scoperto nel 1968 da un gruppo di ricerca russo dell'Istituto unito per la ricerca nucleare a Dubna. Nel 1970 un'équipe di ricercatori diretta da Albert Ghiorso dell'università di Berkeley identificò con certezza l'elemento 105.
L'elemento venne sintetizzato bombardando un atomo di californio-249 con un raggio di nuclei d'azoto a in un acceleratore di particelle.
Gli atomi dell'elemento 105 furono individuati definitivamente il 5 marzo 1970 ma ci sono prove che questo elemento era già stato ottenuto un anno prima, usando lo stesso metodo.
Gli scienziati di Berkeley successivamente cercarono di confermare la scoperta sovietica usando metodi più sofisticati, ma senza successo.
Proposero anche di battezzare il nuovo elemento hahnio (Ha), in onore dello scienziato tedesco Otto Hahn (1879-1968).
Di conseguenza questo fu il nome utilizzato dalla maggioranza degli scienziati americani e dell'Europa occidentale.
Una controversia sul nome dell'elemento sorse in seguito alla protesta degli scienziati russi.
L'Unione internazionale di chimica pura e applicata (IUPAC) quindi adottò unnilpentio (Unp) come nome temporaneo dell'elemento.
Comunque nel 1997 la disputa si risolse con l'adozione del nome attuale, dubnio (Db), derivato dalla città russa che ospita l'istituto di ricerca nucleare dove l'elemento fu scoperto.
Isotopi
Il dubnio, avendo un numero atomico di 105, è un elemento superpesante; come tutti gli elementi con numeri atomici così alti, è molto instabile. L'isotopo del dubnio più duraturo conosciuto, 268Db, ha un'emivita di circa un giorno. Non sono stati osservati isotopi stabili e un calcolo del 2012 di JINR ha suggerito che le emivite di tutti gli isotopi di dubnio non supererebbero significativamente il giorno. Il dubnio può essere ottenuto solo mediante produzione artificiale.
La breve emivita del dubnio ne limita l'utilizzo durante gli esperimenti. Ciò reso inoltre più difficile dal fatto che gli isotopi più stabili sono i più difficili da sintetizzare. Gli elementi con un numero atomico inferiore hanno isotopi stabili con un rapporto neutroni-protoni inferiore rispetto a quelli con numero atomico più elevato, il che significa che il bersaglio e i nuclei del fascio che potrebbero essere impiegati per creare l'elemento superpesante hanno meno neutroni del necessario per formare questi isotopi più stabili . (Diverse tecniche basate sulla cattura rapida dei neutroni e sulle reazioni di trasferimento sono state prese in considerazione a partire dagli anni 2010, ma quelle basate sulla collisione di un nucleo grande e piccolo sono quelle più significative).
In ogni esperimento possono essere prodotti solo pochi atomi di 268Db e quindi gli intervalli di tempo misurati variano in modo significativo durante il processo. Durante tre esperimenti, sono stati creati 23 atomi in totale, con un'emivita risultante di 28+11−4 ore. Il secondo isotopo più stabile, 270Db, è stato prodotto in quantità ancora minori: tre atomi in totale, con durate di 33,4 ore, 1,3 ore e 1,6 ore. Questi due sono gli isotopi più pesanti del dubnio fino ad oggi, ed entrambi sono stati prodotti come un risultato del decadimento dei nuclei più pesanti 288Mc e 294Ts piuttosto che direttamente, perché gli esperimenti che li hanno prodotti sono stati originariamente progettati a Dubna per fasci di 48Ca. Per la sua massa, 48Ca ha di gran lunga il più grande eccesso di neutroni di tutti i nuclei praticamente stabili, sia quantitativi che relativi, il che aiuta a sintetizzare nuclei superpesanti con più neutroni, ma questo guadagno è compensato dalla minore probabilità di fusione per numeri atomici elevati.
Note
Bibliografia
Altri progetti
Collegamenti esterni
Elementi chimici
Metalli |
1630 | https://it.wikipedia.org/wiki/Derivata | Derivata | In matematica, la funzione derivata di una funzione rappresenta il tasso di cambiamento di una funzione rispetto a una variabile, vale a dire la misura di quanto il valore di una funzione cambi al variare del suo argomento. Più informalmente, la derivata misura la crescita (o decrescita) che avrebbe una funzione in uno specifico punto spostandosi di pochissimo dal punto considerato.
La derivata di una funzione in un punto , nel caso di funzioni a una variabile nel campo reale, corrisponde alla pendenza della retta tangente al grafico della funzione nel punto e ne rappresenta la migliore approssimazione lineare. Nel caso in cui la derivata esista (cioè la funzione sia derivabile) in ogni punto del dominio, la si può vedere a sua volta come una funzione che associa a ogni punto proprio la derivata in quel punto.
Il concetto di derivata è, insieme a quello di integrale, uno dei cardini dell'analisi matematica e del calcolo infinitesimale. Il significato pratico di derivata è il tasso di variazione di una certa grandezza presa in considerazione. Un esempio molto noto di derivata è la variazione della posizione di un oggetto rispetto al tempo, chiamata velocità istantanea.
Descrizione
La derivata di una funzione in un punto è il valore del coefficiente angolare della retta tangente alla curva nel punto, cioè la tangente trigonometrica dell'angolo formato dalla tangente in un punto della curva di equazione e l'asse delle ascisse. Se la derivata di una funzione in un punto è , la retta tangente al grafico della funzione è parallela all'asse delle ascisse, mentre se il limite mediante cui si calcola la derivata in un punto è infinito la retta tangente al grafico della funzione è parallela all'asse delle ordinate. La funzione derivata si ricava con una serie di operazioni algebriche note come regole di derivazione, applicabili universalmente a tutte le funzioni derivabili.
Nel caso di funzioni di più variabili la tangente in un punto alla curva della funzione non è unica, ma varia a seconda della direzione scelta. Non si può più quindi definire una sola funzione delle stesse variabili indipendenti che renda conto della pendenza del grafico della funzione in un punto: si ricorre allora alle derivate parziali della funzione, cioè ai coefficienti angolari di tangenti considerate lungo direzioni parallele agli assi che rappresentano le variabili indipendenti.
Le derivate parziali sono in numero pari alle variabili stesse, e una loro notevole proprietà è che se la funzione è sufficientemente "regolare" (cioè differenziabile) è possibile calcolarne la tangente lungo una direzione qualunque con una combinazione lineare delle derivate parziali stesse. Questo è possibile perché l'operatore di derivazione è un operatore lineare, e quindi la derivata di una combinazione lineare di funzioni derivabili è la combinazione lineare delle derivate delle singole funzioni, e la derivata del prodotto di uno scalare per una funzione è il prodotto dello scalare per la derivata della funzione.
Definizione
La nozione di derivata si introduce, nel caso di funzione a una variabile indipendente nel campo reale, considerando una funzione reale di variabile reale e un punto del suo dominio. La derivata di in è definita come il numero uguale al limite del rapporto incrementale al tendere a 0 dell'incremento, sotto l'ipotesi che tale limite esista e sia finito. In modo esplicito, detto l'incremento, una funzione definita in un intorno di si dice derivabile nel punto se esiste ed è finito il limite:
e il valore di questo limite è la derivata della funzione nel punto . Se la funzione è derivabile in ogni punto di un dato intervallo , allora si dice che essa è derivabile in e la funzione che associa a ogni punto la derivata di è la funzione derivata di .
Derivata complessa
Nonostante il caso più semplice sia quello delle funzioni reali, la definizione di derivata trova la sua collocazione più naturale nell'ambito dell'analisi complessa, dove, applicata alle funzioni di variabile complessa, prende il nome di derivata complessa. Detto un sottoinsieme aperto del piano complesso, una funzione complessa è differenziabile in senso complesso in un punto se esiste il limite:
Tale limite va inteso in relazione alla topologia del piano. In altre parole, per ogni successione di numeri complessi che converge a , il rapporto incrementale deve tendere a un medesimo numero, indicato con Se è differenziabile in senso complesso in ogni punto , si dice che è una funzione olomorfa su .
Relazione tra derivata reale e complessa
La relazione tra la differenziabilità di funzioni reali e funzioni complesse è data dal fatto che se una funzione complessa:
è olomorfa allora e possiedono derivata parziale prima rispetto a e e soddisfano le equazioni di Cauchy-Riemann:
In modo equivalente, la derivata di Wirtinger di rispetto al complesso coniugato di è nulla.
Derivata destra e derivata sinistra
La derivata destra di in è il numero:
Analogamente, la derivata sinistra di in è il numero:
Una funzione è derivabile in se e solo se esistono finite e uguali le derivate destra e sinistra. Queste permettono inoltre di definire la derivabilità su un intervallo non aperto: se è definita ad esempio nell'intervallo chiuso , si dice che è derivabile in se è derivabile in ogni punto interno e se esistono le derivate destra e sinistra rispettivamente negli estremi e .
Le derivate destre e sinistre sono un caso particolare in della derivata direzionale di Dini nelle direzioni parallele e versi concordi a e (per rispettivamente derivata destra e sinistra). Infatti in tutti i punti, visti come vettori in uno spazio vettoriale di dimensione , sono paralleli e possono essere solo di verso concorde o discorde.
Notazioni
La prima notazione di derivata nel punto che compare storicamente è:
ancora oggi usata in fisica. In alternativa, secondo la notazione di Lagrange viene indicata con:
secondo la notazione di Cauchy - Eulero con:
o più recentemente, per sottolineare che la derivata ha come argomento una funzione e non un punto, con
secondo la notazione di Leibniz con:
e secondo la notazione di Newton con:
Derivata parziale
Nel caso di una funzione di più variabili, l'incremento della funzione rispetto a una sola variabile è la derivata parziale della funzione rispetto a tale variabile. Data una funzione vettoriale di più variabili definita su un insieme aperto dello spazio euclideo , dette e le basi canoniche di e rispettivamente, la funzione può essere scritta nel seguente modo:
La componente -esima della funzione è allora:
Si definisce derivata parziale di rispetto alla variabile il limite:
Tale limite è a volte chiamato limite del rapporto incrementale di nel punto , e viene denotato anche con . La derivata parziale di una funzione, o nel caso di funzione vettoriale di una sua componente, si effettua quindi considerando le variabili diverse da quella rispetto a cui si vuole derivare come costanti e calcolandone il rapporto incrementale.
Derivata direzionale
La derivata direzionale di una funzione scalare lungo un vettore unitario è la funzione definita dal limite:
Se la funzione è differenziabile in , allora la derivata direzionale esiste lungo ogni vettore unitario e si ha:
dove al secondo membro rappresenta il gradiente di e il prodotto scalare euclideo. In la derivata direzionale di rappresenta la variazione di lungo .
Generalizzazioni della derivata
Differenziabilità di una funzione
Una funzione differenziabile in un punto è una funzione che può essere approssimata da una trasformazione lineare nel punto. Affinché ciò si verifichi è necessario che tutte le derivate parziali calcolate nel punto esistano, ovvero esistono finiti i limiti dei rapporti incrementali direzionali (dunque, se una funzione è differenziabile in un punto allora è derivabile nel punto). La proprietà di differenziabilità di una funzione consente di generalizzare il concetto di funzione derivabile a funzioni vettoriali di variabile vettoriale, e permette di individuare per ogni punto del suo grafico un iperpiano tangente.
Una funzione definita su un insieme aperto dello spazio euclideo è detta differenziabile in un punto del dominio se esiste una applicazione lineare tale che valga l'approssimazione:
dove si annulla all'annullarsi dell'incremento . Tale condizione si può scrivere in modo equivalente:
Se la funzione è differenziabile in , l'applicazione è rappresentata dalla matrice jacobiana .
Il vettore:
si chiama differenziale di in e è la derivata totale della funzione .
La funzione è infine differenziabile se lo è in ogni punto del dominio. In particolare, il teorema del differenziale totale afferma che una funzione è differenziabile in un punto se tutte le derivate parziali esistono in un intorno del punto per ogni componente della funzione e se sono inoltre funzioni continue. Se inoltre l'applicazione che associa a è continua, la funzione si dice differenziabile con continuità.
Continuità e derivabilità
Il teorema di continuità asserisce che se è derivabile in allora è anche continua in .
Non vale il teorema che si ottiene invertendo le ipotesi con le tesi: ad esempio, la funzione è continua su tutto il dominio, ma non è derivabile nel punto , perché limite destro e limite sinistro del rapporto incrementale non coincidono. La continuità di una funzione è quindi condizione necessaria, ma non sufficiente, per determinarne la derivabilità. Una funzione può inoltre essere derivabile (e quindi continua) in un punto , ma essere discontinua in ogni punto intorno a . Questo accade per funzioni come:
essendo l'insieme dei numeri razionali e l'insieme dei numeri reali, mentre il simbolo "\" denota la differenza tra insiemi. La funzione in esame ammette derivata in (vale il limite del rapporto incrementale) ma non è continua in nessun punto eccetto lo . Notiamo che se invece una funzione è due volte derivabile in un punto, allora è continua in un intorno di quel punto.
Per mostrare che se è derivabile in allora è continua in , si considera l'uguaglianza precedente:
da cui:
Quindi la funzione è continua in . La stima lineare della funzione attorno a costituisce una migliore approssimazione rispetto a:
garantita dalla sola continuità (qui ). Se la funzione è derivabile in si può "scomporre" l'infinitesimo in un termine lineare e un infinitesimo di ordine superiore. Il teorema di Lagrange fornisce una diversa approssimazione (sempre lineare) nell'ipotesi che la funzione sia derivabile in un intorno di :
per tutti gli in tale intorno, e con un dato punto in (o , se è un intorno sinistro). Benché ora l'approssimazione sia "esatta" (non ci sono termini infinitesimi che vengono trascurati), il teorema non è in grado di mostrare per quale sia vera l'uguaglianza.
Funzioni non derivabili
Una funzione continua può essere non derivabile. Ad esempio, una funzione continua può non essere derivabile in un punto isolato del dominio, in presenza di un punto angoloso, una cuspide o un flesso a tangente verticale. Esistono anche funzioni continue che presentano forme più complesse di non derivabilità, come ad esempio la funzione di Cantor. La funzione di Weierstrass è una funzione reale di variabile reale che ha la proprietà di essere continua in ogni punto ma di non essere derivabile in nessuno.
Teoremi
Vengono enunciati di seguito alcuni teoremi e risultati significativi.
Regole di derivazione
Siano e funzioni reali di variabile reale derivabili, e sia l'operazione di derivazione rispetto a :
Regola della somma (linearità):
Regola del prodotto (o di Leibniz):
Regola del quoziente:
Regola della funzione reciproca:
Regola della funzione inversa:
con:
Regola della catena:
Teorema di Fermat
Sia una funzione derivabile, e quindi continua, in un punto interno al dominio. Se è un punto di massimo o di minimo per la funzione allora la derivata della funzione in è nulla, cioè .
Non è indispensabile che sia interno al dominio, essendo sufficiente che si tratti di un punto di accumulazione da destra e da sinistra per il dominio, mentre è essenziale porre che la funzione sia derivabile nel punto in quanto non è possibile dedurne la derivabilità dalle altre ipotesi del teorema. Ogni punto in cui si annulla (cioè è uguale a zero) è chiamato punto stazionario. I massimi e minimi relativi sono chiamati punti stazionari di .
Questo teorema è molto usato nello studio di funzione, in quanto definisce la possibilità di avere un punto di massimo o di minimo dove la funzione derivata si annulla.
Teorema di Rolle
Sia una funzione continua nell'intervallo chiuso e derivabile nell'intervallo aperto . Se allora esiste almeno un punto in cui la derivata prima si annulla.
Teorema di Lagrange
Sia una funzione continua in e derivabile nell'intervallo aperto . Allora esiste almeno un punto tale per cui:
Il teorema afferma che esiste almeno un punto del grafico della funzione in cui la retta tangente ha coefficiente angolare uguale a quello della corda della retta passante per i punti e . Si tratta di una generalizzazione del teorema di Rolle che analizza il caso in cui è diverso da .
Teorema di Cauchy
Siano e funzioni continue in e derivabili in con diversa da 0 per ogni punto dell'intervallo. Allora esiste almeno un punto tale per cui:
Considerando in particolare la funzione , si ottiene l'affermazione del teorema di Lagrange.
Con il teorema di Cauchy è inoltre possibile dimostrare la regola di de l'Hôpital.
Monotonia a partire dalla derivata
Sia continua in e derivabile in . Allora:
Per ogni si ha se e solo se la funzione è crescente in .
Per ogni si ha se e solo se la funzione è decrescente in .
La funzione può non essere strettamente crescente (o decrescente), e il teorema è direttamente ricavabile dall'enunciato di Lagrange.
Analogamente, valgono anche i fatti seguenti:
Se per ogni si ha allora la funzione è strettamente crescente in .
Se per ogni si ha allora la funzione è strettamente decrescente in .
Una funzione strettamente crescente non ha necessariamente derivata ovunque positiva. Ad esempio, è strettamente crescente, ma ha derivata nulla nell'origine, dove c'è un punto di flesso.
Il teorema della funzione costante afferma che una funzione è costante in un intervallo se e solo se è derivabile e la derivata è ovunque nulla nell'intervallo. Mentre la condizione necessaria è conseguenza della definizione di derivata (la derivata di una costante è uguale a zero), la sufficienza segue dal teorema di Lagrange.
Derivate di ordine superiore
La derivata -esima di una funzione è la funzione che si ottiene derivando successivamente volte la funzione . Si definiscono così la derivata seconda, terza, e così via; e si usa generalmente una delle seguenti notazioni:
Una funzione derivabile non è necessariamente derivabile volte. Ad esempio, la funzione ha una derivata prima, ma non una seconda: infatti, la derivata di è , che non è a sua volta derivabile nell'origine.
La classe delle funzioni derivabili volte e la cui derivata -esima è continua si indica con .
Convessità
Sia derivabile. Allora è convessa se e solo se è crescente in . Se possiede derivata seconda, allora la convessità della funzione è data dalla disequazione:
Il cambiamento di segno della derivata seconda determina quindi un cambiamento di convessità della funzione e un relativo punto di flesso.
Significato geometrico della derivata
Il valore della derivata di calcolata in ha un significato geometrico: è il coefficiente angolare della retta tangente alla curva rappresentata dal grafico di nel punto di coordinate . In altre parole, la derivata è il valore della tangente trigonometrica dell'angolo (convesso) che la retta tangente in al grafico della funzione forma con l'asse delle ascisse (a patto che tale angolo non sia retto).
L'equazione della retta tangente in risulta:
Più precisamente, se è derivabile nel punto , allora esiste una funzione definita in un intorno di tale che:
con:
e tale formula è l'espansione di Taylor di troncata al termine di primo grado. Si dice che è un infinitesimo di ordine superiore alla funzione , e con questo si vuole esprimere l'idea che il termine fornisce un contributo che diventa trascurabile rispetto agli altri termini quando ci si avvicina a . Si può anche dire che una funzione derivabile in è approssimabile linearmente intorno a con la sua retta tangente in tale punto.
Se si definisce infatti , avente lo stesso dominio di , come:
si verifica che:
Ricordando che per allora , e quindi . Sostituendo questa ultima uguaglianza con la precedente equazione si ha:
Esempio
Una funzione espressa come serie di potenze con raggio di convergenza è continua e derivabile su tutto l'intervallo . La derivata può essere calcolata derivando termine a termine la serie nel modo seguente:
Tuttavia, in una serie di potenze si preferisce che sia l'indice della potenza, quindi utilizzando uno shift diventa:
Questo tipo di derivata è importante per lo sviluppo di Taylor e Maclaurin.
Note
Bibliografia
Paolo Marcellini, Carlo Sbordone: Analisi Matematica Uno, Liguori Editore, 1998, ISBN 9788820728199
Nicola Fusco, Paolo Marcellini, Carlo Sbordone: Lezioni di Analisi Matematica Due, Zanichelli, 2020, ISBN 9788808520203
Abramowitz, M. and Stegun, I. A. (Eds.). Handbook of Mathematical Functions with Formulas, Graphs, and Mathematical Tables, 9th printing. New York: Dover, p. 11, 1972.
Amend, B. Camp FoxTrot. Kansas City, MO: Andrews McMeel, p. 19, 1998.
Beyer, W. H. Derivatives. CRC Standard Mathematical Tables, 28th ed. Boca Raton, FL: CRC Press, pp. 229–232, 19
Voci correlate
Approssimazione lineare
Classe C di una funzione
Derivata mista
Derivata parziale
Derivata direzionale
Derivata simmetrica
Derivata totale
Derivazione complessa
Funzione differenziabile
Funzione olomorfa
Generalizzazioni della derivata
Gradiente
Integrale
Matrice jacobiana
Notazione per la differenziazione
Rapporto incrementale
Regole di derivazione
Sviluppo di Taylor
Altri progetti
Collegamenti esterni
WIMS Function Calculator calcolo delle derivate online; questo sito permette anche di fare esercizi interattivi
Online Derivatives Calculator.
Limite, derivate, integrali Directory con varie risorse sulle derivate
Operatori lineari |
1633 | https://it.wikipedia.org/wiki/Diabolik | Diabolik | Diabolik (AFI: o ; secondo il sito ufficiale, tuttavia, la pronuncia corretta è la prima) è un personaggio dei fumetti, creato nel 1962 da Angela e Luciana Giussani e protagonista dell'omonima testata pubblicata dalla casa editrice milanese Astorina.
In poco tempo raggiunse alte tirature arrivando a diventare un fenomeno di costume studiato da sociologi ed esperti di comunicazione. Ha portato alla nascita del genere del fumetto nero italiano del quale è stato il precursore generando numerosi epigoni a partire dal 1964, quando il fenomeno esplose, pubblicati nel caratteristico formato libretto tascabile che la testata fece diventare famoso e imitato dopo aver esordito in edicola nel novembre 1962; viene da allora edito senza interruzioni e ha superato nel 2022 i 900 numeri pubblicati. I primi numeri della serie hanno raggiunto elevate quotazioni nel mercato del collezionismo. Il personaggio ha poi avuto tre trasposizioni cinematograficheː la prima nel 1968 diretta dal regista Mario Bava, la seconda nel 2021 diretta dai Manetti Bros., cui è seguito un sequel nel 2022 realizzato dagli stessi autori, una serie animata e un vasto merchandising. Dal 1962 ha venduto quasi 150 milioni di copie.
Edizioni tradotte sono state pubblicate in molti paesi europei, americani e africani. Il successo del personaggio è tale da generare anche parodie sia a fumetti, come Cattivik, personaggio creato da Bonvi nel 1965, e Paperinik, creato da Elisa Penna, Guido Martina e Giovan Battista Carpi per la Walt Disney Company Italia nel 1969, sia cinematografiche, come Arrriva Dorellik diretto da Steno o Sadik, episodio del film Thrilling. Il personaggio è stato impiegato come testimonial per campagne sociali e in spot pubblicitari commerciali.
Storia editoriale
Il personaggio venne creato da Angela Giussani, autrice anche delle prime sceneggiature che, a partire dal n. 14, venne affiancata per la realizzazione delle storie dalla sorella minore Luciana. La serie ha esordito nel novembre 1962 edita dalla casa editrice Astorina che ne continua le pubblicazioni da oltre cinquanta anni; i primi quattro anni la pubblicazione venne divisa in due serie, la prima edita dal 1962 al 1964 e la seconda nel 1965 mentre dal 1966 la suddivisione viene fatta per annate. Alle sceneggiature, oltre alle sorelle Giussani, si sono alternati autori come Giancarlo Berardi, Pier Carpi, Alfredo Castelli, Nino Cannata, Giancarlo Malagutti e molti altri come Mario Gomboli, direttore della casa editrice e Patricia Martinelli, precedente direttore della testata; alla realizzazione grafica del personaggio si sono alternati nel tempo diversi disegnatori fra i quali: Angelo Zarcone (autore solo del primo numero), Sergio Zaniboni, Brenno Fiumali (autore anche della prima copertina), Enzo Facciolo, Elio Silvestri, Franco Paludetti, Remo Berselli (creatore anche della testata), "Kalissa" Giacobini, Flavio Bozzoli, Lino Jeva, Eros Kara, Luigi Marchesi (ridisegna tra l'altro il primo numero per la ristampa), Giorgio Montorio, Glauco Coretti, Giancarlo Alessandrini, Leo Cimpellin, Giovanni Freghieri, Carlo Peroni e altri come Mario Cubbino, Gabriele Pennacchioli.
Il formato degli albi di Diabolik, di piccola dimensione per poter essere tascabili (11,5x16,9 cm), venne ideato per venire incontro alle esigenze dei pendolari che Angela Giussani osservava ogni mattina da casa sua nelle vicinanze della stazione e divenne lo standard anche per tutti gli epigoni.
Il primo numero ha una copertina realizzata da Brenno Fiumali, mentre la storia venne disegnata da un autore indicato solo per cognome: Zarcone (di cui, curiosamente, da allora si persero le tracce). La trama è congegnata in modo che il lettore non sa all'inizio chi sia veramente Diabolik, che diviene una figura inquietante e imprevedibile. Tuttavia, l'iniziale riscontro delle vendite non fu soddisfacente e si decise di pubblicare il numero successivo solo dopo tre mesi, nel febbraio del 1963. Il terzo numero viene pubblicato nel mese di marzo; è il primo a essere disegnato in maniera professionale da Luigi Marchesi e vede l'esordio della sua spalla fissa, Eva Kant.
Il primo distributore fu la Ingoglia, piccola azienda di Milano alla quale la Astorina affidò la distribuzione dei primi 17 albi della serie per poi passare alla Sodip che lo distribuirà negli anni a venire; col passaggio al nuovo distributore, da agosto 1964, vennero ristampati anche i primi 17 numeri della serie che sono quindi una seconda edizione; i primi due albi vennero anche ridisegnati e la copertina del primo numero presenta piccole differenze rispetto all'originale. Durante gli anni, per le richieste dei lettori, all'interno della serie regolare vennero riproposti i primi numeri della serie fino a quando non si decise di pubblicare una nuova collana per riproporre la ristampa dell'intera serie dall'inizio, Diabolik R, edita dal 1978 e giunta a settembre 2018 al n. 687 affiancata poi da una seconda, Diabolik SWIISSS, edita dal 1994. L'albo inedito ha il dorso rosso, la prima ristampa bianco e la seconda nero.
La serie è stata pubblicata anche all'estero: Argentina, Brasile, Colombia, Finlandia, Belgio, Messico, Francia, Germania, Danimarca (con il nome di "Satano"), Grecia, Israele, Paesi Bassi, Polonia, Romania, Spagna, Stati Uniti e Jugoslavia. Nel 2009 è stata pubblicata una storia ("Il Re del Terrore") tradotta in esperanto.
DK
Nel 2012 viene presentato al Lucca Comics un volume intitolato "DK: work in progress", nel quale solo il primo capitolo si mostrava completo di disegni e colori e due capitoli erano stati realizzati solo a china, seguiti poi da sessanta tavole a matita e venti pagine di sceneggiatura. Dell'ultimo capitolo era stato indicato solo il soggetto. Nell'aprile 2013 la storia completa è stata pubblicata su Il grande Diabolik con il titolo "DK: Io so chi non sono".
Nel novembre 2015, l'Astorina ha presentato un nuovo progetto editoriale intitolato DK che presenta una versione alternativa del personaggio pubblicato a colori nel formato tipico dei fumetti americani e venduto nelle librerie composto da 2 stagioni. Tutte le storie complete sono state raccolte in un unico volume intitolato DK. L'altro Diabolik edito da Oscar Ink.
Genesi del personaggio
Angela Giussani, moglie dell'editore Gino Sansoni, all'interno della casa editrice del marito, l'Astoria, aveva creato una propria casa editrice che aveva battezzato Astorina. Ricercando una idea che potesse risultare vincente ebbe l'intuizione di realizzare un fumetto con un formato tascabile, che fosse di facile lettura per i pendolari e che fosse poi possibile riporre in tasca. Il pubblico prescelto, i pendolari dal ritorno dal lavoro, avrebbe potuto essere interessato a leggere qualcosa che fosse coinvolgente ma di facile lettura e di breve durata, per poter essere letto per intero durante un breve viaggio in treno e inoltre doveva costare poco.
Per capire poi i gusti dei potenziali lettori,
All'epoca riviste come Grand Hotel riscuotevano un successo notevole pubblicando storie a tinte forti a fumetti e la Giussani, ispirandosi anche alla tradizione editoriale del marito (che sin dagli anni cinquanta aveva pubblicato con successo romanzi che solleticavano la curiosità del tempo tramite titoli morbosi e copertine allusive) aveva capito che, per attirare l'attenzione dei potenziali lettori, doveva puntare su questi elementi creando un personaggio che intimorisse il lettore suscitando però anche ammirazione per la genialità e la temerarietà. Qualcosa di simile esisteva già: Fantômas, geniale ladro e assassino, personaggio creato da Pierre Souvestre e Marcel Allain, e protagonista di una serie di romanzi d'appendice di inizio Novecento in cui si faceva beffe delle forze dell'ordine e dissimulava la propria identità attraverso efficaci travestimenti; Non a caso, nel romanzo Diabolik: la lunga notte, il nome Souvestre viene assegnato a un contrabbandiere che viene ucciso da Diabolik.
L'origine di Diabolik si può ricercare nei romanzi di appendice pubblicati a puntate nei quotidiani francesi, i quali erano solitamente storie di facile consumo spesso a tinte forti con intrighi, delitti e rapimenti: non solo Fantômas, al quale Angela Giussani si ispirerà per creare Diabolik, ma anche Arsène Lupin e Rocambole furono protagonisti di grande richiamo della narrativa popolare ottocentesca. Alla fine degli anni cinquanta e nei primi sessanta altre testate avevano raggiunto un certo successo, come quelle della Casa Editrice Universo, che pubblicava feuilleton a fumetti dalle tinte forti; e proprio da queste trasse ispirazione la Giussani, la quale attinse altresì alla tradizione editoriale del marito, che era riuscito a raggiungere il successo pubblicando titoli nei quali si poneva l'accento su aspetti torbidi e morbosi. Serviva quindi un personaggio che incutesse paura ma anche che suscitasse ammirazione per la sua genialità e audacia. Nel novembre 1962, ispirato a Fantômas e a Fantax, un altro personaggio dei fumetti creato in Francia nel 1946, venne creato Diabolik, un personaggio che avrebbe rilanciato con successo il fumetto nero in Italia, anche se non mancarono controversie rispetto alla morale dell'epoca. La copertina del primo numero della serie rappresentava una donna in primo piano che urlava di terrore e riportava termini come "brivido", "diabolico" e "terrore", oltre alla dicitura «per adulti». L'importanza di questa serie a fumetti è quella di aver permesso lo svecchiamento e lo scardinamento di un sistema nel giro di pochi anni. Si decise inoltre di non contestualizzare in maniera precisa e riconoscibile le storie, ma ambientarle in un mondo immaginario con scenari indefinibili, e perciò molto è lasciato nell'indeterminatezza e molte domande sono lasciate senza risposta, come le origini stesse del personaggio, raccontate solo nel 1968 dopo ben 107 numeri nell'albo Diabolik chi sei?. Nelle prime storie del personaggio vengono riprese intere sequenze presenti nei romanzi di Fantômas, così come la tecnica dell'analessi tipica di certi romanzi d'appendice. Fantômas era un criminale con le stesse doti di ladro gentiluomo di Lupin, ma con una malvagità che mancava in quest'ultimo. I lettori venivano anche attirati da titoli espliciti come L'impiccato senza volto, La campana di sangue o La bara vuota, ma anche dalla genialità del protagonista e dal cinismo con cui uccideva riuscendo sempre a sfuggire alla giustizia; tutte caratteristiche che si ritrovano decenni dopo in Diabolik. L'apparizione del poliziotto Juve e il giovane giornalista Fando sono solo alcune delle molte citazioni di Fantomas che si ritrovano nei fumetti Diabolik, i quali successivamente si baseranno su soggetti e ispirazioni originali.
Relativamente alla scelta del nome, nel febbraio 1962 uscì il film Totò diabolicus diretto da Steno; la pellicola è precedente all'esordio di Diabolik nel novembre 1962, e pertanto non è da ritenersi una parodia del genere, ma più probabilmente si ispirava a un vero fatto di cronaca avvenuto a Torino nel 1958 e nel quale un misterioso assassino lasciò sul luogo del delitto una lettera nella quale si firmava Diabolich. Probabilmente l'assassino si era ispirato a sua volta al romanzo del giallista Bill Skyline (al secolo Italo Fasan) dal titolo Uccidevano di notte e il cui protagonista si faceva chiamare Diabolic (senza l'acca finale). Inizialmente il personaggio avrebbe dovuto chiamarsi Diabolicus, che ricordava Nostradamus, poi però si preferì scriverlo con la lettera «K», perché Angela la riteneva più adatta a un personaggio come quello che aveva in mente; il nome di Eva Kant venne scelto sempre da Angela la quale, per conseguire il diploma all'istituto magistrale, aveva presentato una tesina sul filosofo Immanuel Kant, del quale amava il pensiero filosofico; il personaggio di Ginko deve il suo nome a quello del marito di Angela, Gino Sansoni, alla quale venne aggiunta una «K» in mezzo.
Per i tratti di Diabolik la Giussani prese spunto dall'attore Robert Taylor, mentre per quelli di Eva Kant dalla principessa di Monaco Grace Kelly.
Biografia del personaggio
Il personaggio di Diabolik è inizialmente un ladro molto spietato, un assassino che riesce quasi sempre a portare a compimento i suoi piani criminali. Fidanzato inizialmente con Elisabeth Gay, incontra poi la meravigliosa Eva Kant, che diverrà la sua compagna di vita oltre che sua fidatissima complice, derubando senza scrupoli ricche famiglie, banche o altri personaggi arricchitisi a loro volta spesso in maniera illecita; con i proventi delle rapine si garantiscono una vita agiata, oltre a finanziare nuovi e complessi piani criminosi. Col tempo il personaggio acquisirà una sua morale diventando più umano ma sempre rimanendo un criminale; anche la sua spalla, Eva Kant, evolve col tempo divenendo da amante sottomessa a complice indispensabile.
Le origini del personaggio vengono rivelate nel n. 5 del 1968, Diabolik, chi sei?. In seguito, altri albi (sia regolari che fuoriserie) narreranno particolari e avventure di Diabolik accadute durante la sua infanzia, adolescenza e giovinezza, contribuendo a spiegarne il carattere e le scelte di vita; in particolare, la collana "Il Grande Diabolik" pubblica storie ambientate nel passato del personaggio. Il resto della biografia è raccontata da alcuni albi della serie regolare e dagli albi speciali della serie Il grande Diabolik. Il nome anagrafico di Diabolik è ignoto. Di lui si sa che fu l'unico sopravvissuto di un naufragio e che venne ritrovato, poco più che neonato, su una scialuppa alla deriva al largo di un'isola popolata da alcuni pescatori e dai membri di una banda criminale guidata da un boss chiamato King. Insieme al bambino furono ritrovati alcuni documenti dal contenuto tuttora ignoto ma della massima importanza, che portarono King a decidere di non eliminarlo ma di tenerlo con sé, accettando che crescesse sull'isola accudito un po' da tutti i membri dell'organizzazione che si riferivano a lui chiamandolo semplicemente il ragazzo. Diabolik ha trascorso i primi 22 anni della sua vita sull'isola di King girando liberamente per il quartier generale, dimostrando fin da piccolo un'intelligenza prodigiosa. Il ragazzo viene apprezzato da tutti e tutti gli insegnano qualcosa: da Dempur impara a tagliare pietre preziose e a riconoscere i falsi a vista d'occhio, dall'ingegner Suanda apprende i segreti del mondo dei motori, ma soprattutto grazie allo scienziato Wolf si appassiona alle scienze, in particolare la chimica in cui dimostra un talento unico. Durante la sua adolescenza viene a sapere dell'esistenza nella giungla di una terribile pantera nera chiamata Diabolik che terrorizza i pescatori e i membri della banda. Scopre inoltre che il pericoloso animale è l'unico che King non è mai stato in grado di uccidere, arrivando a proibire a chiunque di avvicinarsi alla zona in cui abitualmente vive. Diabolik vuole vedere l'animale con i propri occhi, ma viene scoperto da uno scagnozzo di King mentre si addentra nella zona proibita: per farlo tacere, il futuro criminale commette il primo omicidio della sua vita, riuscendo a realizzare una messa in scena per fare in modo che l'omicidio sembri opera della pantera. Diabolik scopre che la pantera esce solo di notte e approfitta di una eclissi per vederla, rimanendo incantato dalla sua agilità nei movimenti e delle sue letali movenze aggraziate. Purtroppo Diabolik scopre che anche King ha avuto la stessa idea e approfittando dell'eclissi uccide la pantera per poi imbalsamarla. Da quel momento il futuro Re del Crimine inizia a provare una profonda avversione per King, arrivando a studiare e realizzare anni dopo un piano per derubare il boss di ogni avere ed ucciderlo proprio di fronte alla grande pantera imbalsamata. Dopo aver derubato e ucciso King il ragazzo scappa dall'isola, ma viene rintracciato dagli uomini della banda, desiderosi di vendicare il loro capo, mentre cerca di vendere parte dei gioielli ad un ricettatore in oriente. Dopo una dura colluttazione viene salvato da un contrabbandiere di nome Ronin, che notando le potenzialità del giovane gli offre di entrare a far parte della propria scuola, luogo dove vige una rigida disciplina che tempra i migliori soldati e assassini mercenari del pianeta. Nella scuola il ragazzo adotta definitivamente il nome di Diabolik e si sottopone ai duri insegnamenti, intessendo anche una relazione con una ragazza, anche lei allieva, di nome Jin. Nel periodo gli vengono insegnate numerose tecniche che in seguito faranno parte della sua attività, come i mille trucchi che utilizza per seminare i nemici e il lancio del pugnale (in cui già eccelleva e che perfezionerà grazie ai consigli di Ronin). Affinerà anche il suo stile di combattimento, in precedenza efficace ma decisamente grezzo e non al livello degli avversari più forti, con lo studio di tutte le principali arti marziali. Inoltre, in questa scuola adotterà il famoso costume nero modificando la divisa rituale per poter essere più libero nei movimenti. Le cose precipitano e Jin, gelosa del talento di Diabolik, decide di ucciderlo e derubarlo. Diabolik riesce però a sconfiggere l'avversaria e ucciderla a malincuore. Poco tempo dopo la scuola viene distrutta e tutti gli allievi e i maestri, compreso Ronin, vengono uccisi da Walter Dorian, un criminale di Clerville sosia di Diabolik. Come unico sopravvissuto, Diabolik in apparenza uccide il criminale, impossessandosi della sua Jaguar E-Type e di tutte le sue proprietà ed assumendone l'identità.
Avendo perso l'unico amico della sua vita, Diabolik abbandona la scuola e, dopo aver perfezionato le sue maschere, si trasferisce a Clerville, dove Walter Dorian aveva parecchi possedimenti. In questa città incontrerà Natasha Morgan, potente boss a capo di una grande organizzazione criminale. Tra i due si instaurerà un rapporto singolare: la donna, affascinata dai suoi modi, lo aiuterà a perfezionare le sue tecniche criminali. Più avanti i due si separeranno, ma Natasha, segretamente innamorata di lui, verrà catturata dai suoi nemici e portata di forza su un aereo. La donna riuscirà però a chiudersi in cabina pilotaggio e, capendo di essere spacciata, si suicida facendo schiantare l'aereo, non prima di aver inviato un messaggio in cui dichiara che il dirottamento è opera di Diabolik. Questo gesto, pur non compiuto da lui in persona, gli sarà per sempre attribuito e contribuirà a far nascere il mito del "Re del Terrore".
Poco tempo dopo Diabolik tornerà in Oriente, nel Deccan. Qui avviene il primo incontro tra lui e Ginko. L'ispettore, sulle tracce di trafficanti di droga, avrà il primo faccia a faccia col criminale e da quel momento inizia la loro eterna sfida. Poco tempo dopo, Ginko lo cattura, senza sapere che il criminale indossa una delle sue maschere (non ancora note alla polizia) e lo rinchiude nel carcere di massima sicurezza di Asen, da cui nessun detenuto è mai riuscito a fuggire. Tuttavia proprio grazie alle sue maschere, Diabolik riesce a fuggire poco tempo dopo semplicemente togliendosi la maschera e uscendo col suo volto normale, allora ancora sconosciuto.
Sempre nel Deccan Diabolik inizierà a ordire il colpo raccontato nel primo episodio della serie, Il re del terrore, che vede come vittime la famiglia Garian. Con un abile gioco di maschere e intrighi, Diabolik (sotto lo pseudonimo di Walter Dorian) rovina l'intera nobile casata. Farà la prima apparizione Gustavo Garian, che nei primi numeri sarà una sorta di assistente di Ginko. Nel primo numero facciamo anche la conoscenza di Elisabeth Gay, la prima ragazza di Diabolik, bella ma molto ingenua, che crede che il suo amante sia un ricco uomo d'affari. Sarà Elisabeth a scoprire la vera identità di "Walter" e a denunciarlo nel terzo numero, L'arresto di Diabolik. Sempre nel terzo numero fa la sua prima apparizione Eva che, dopo la denuncia di Elisabeth, salva il ladro dalla ghigliottina, facendo giustiziare al suo posto un fastidioso pretendente.
Poteri e abilità
Diabolik è un genio del crimine, del travestimento, nell'assassinio e nelle tecniche furtive, un eccellente tattico e stratega, un esperto ipnotizzatore, un poliglotta e dotato in analisi e deduzioni. Ha una memoria eidetica. È al culmine della condizione fisica, con forza, resistenza, agilità, riflessi e velocità incredibili, ed è un esperto nel combattimento corpo a corpo e nell'uso di coltelli da combattimento, oltre che a essere un pilota e un tiratore eccellente. Suo segno distintivo sono i terribili occhi di ghiaccio; quello sguardo rivela tutta la sua spietatezza e crudeltà. Apparso già dal primo numero, diventerà poi un vero e proprio simbolo. Celebre il suo detto: "Diabolik non perdona".
Altamente istruito in vari campi della conoscenza, ha una vasta conoscenza scientifica e una massima esperienza nel campo della chimica, e ha una grande abilità nell'uso di armi, veleni, droghe e alta tecnologia. Conosce il codice Morse ed è un grande conoscitore d'arte e oggetti preziosi.
Gadget e armi
Il personaggio usa raramente armi da fuoco. È abilissimo nell'uso del pugnale nel cui lancio, spesso infallibile, è divenuto l'icona. Eva Kant fa uso in genere della pistola a dardi celata in un tubetto con la quale, all'occorrenza può lanciare aghi narcotizzanti o avvelenati, ma è abile nell'uso delle armi da fuoco tra cui la carabina di precisione.
Diabolik è esperto in tutte le tipologie di sostanze psicotrope avendo appreso sull'isola del magnate Mr King, dove ha trascorso l'infanzia e l'adolescenza. Tali armi possono stordire l'avversario e addirittura annullargli la volontà e la resistenza. Egli fa uso di altre armi di sua creazione come capsule di narcotico e di gas mortale, armi dalle quali si protegge assuefandosi ai veleni e facendo uso di filtri nascosti. Il personaggio si avvale di numerosi rifugi inaccessibili agli estranei, per mezzo di trappole tecnologiche di vario tipo. Si avvale di diverse auto Jaguar E-Type del 1962, provviste dei congegni più disparati per contrastare gli avversari. La sua fama è ormai tale da incutere terrore nella notte alla sola vista della sua sagoma nera. Diabolik è noto come: Il re del terrore, L'inafferrabile criminale, Il genio del delitto, L'assassino fantasma, L'assassino dai 1000 volti, Il genio della rapina, Il genio della fuga, Il genio del male, Il maledetto criminale, L'invincibile criminale, L'uomo dai 1000 trucchi, L'uomo senza legge, espressioni che diventano spesso il titolo di diversi numeri.
Le maschere con le quali il personaggio camuffa la propria identità sono un elemento essenziale delle trame. Sono composte da una sostanza artificiale che simula la pelle umana e grazie alla quale riesce a replicare le fattezze delle sue vittime grazie alla straordinaria abilità nel modellarla riuscendo a riprodurre perfettamente i lineamenti di un volto. Questa sostanza è una resina vegetale proveniente da una piccola isola immaginaria i cui abitanti sono legati a Diabolik da un sentimento di riconoscenza. Successivamente è riuscito a sintetizzarla in laboratorio. La polizia di Clerville è addestrata a effettuare il controllo approfondito del volto del sospetto in modo da individuarne il camuffamento.
Comprimari
Elizabeth "Tina" Gay: infermiera con la quale Diabolik instaurerà una breve relazione dopo averla conosciuta in ospedale. Nel terzo episodio della serie, dopo una lunga serie di indagini scoprirà chi è in realtà l'uomo del quale si è innamorata e lo denuncerà. Finirà rinchiusa in un manicomio.
Eva Kant: esordisce nel terzo numero della serie (L'arresto di Diabolik) e trova subito in Diabolik il compagno di vita ideale; Era la vedova di Lord Antony Kant e conosce Diabolik quando lo scopre mentre lui sta tentando di rubarle un anello. Diventa la sua compagna e partecipa attivamente ai suoi crimini. Col tempo il personaggio si è evoluto: nelle prime storie la donna aveva un ruolo decisamente subalterno a Diabolik, e spesso veniva ritratta mentre si disperava per essersi trovata in una vita da incubo, dalla quale non può fuggire per il grande amore da lei nutrito per il grande criminale. In un albo, Diabolik arriva addirittura a tentare di strangolarla dopo una sua disobbedienza (salvo poi retrocedere in nome del suo amore). Col tempo però il rapporto uomo-donna e di partnership tra Diabolik ed Eva è divenuto via via di perfetta uguaglianza, diversamente da quanto accade nella quasi totalità dei rapporti tra partner in altri fumetti. Lady Kant è diventata la controparte ideale di Diabolik, mutuando da lui i caratteri fondamentali del suo essere; lo stesso è accaduto a lui, che ha acquisito dalla sua donna alcuni lati del suo carattere. Eva si è inoltre imposta al lettore come modello di stile, in particolare per la sua indipendenza e negli anni è apparsa come icona visiva nella pubblicità e nella moda femminile, ma soprattutto come moderno modello di femminilità (caratteristica accentuata in particolare nel periodo compreso tra la fine degli anni sessanta e gli anni settanta).
Ginko: è un poliziotto intelligente, determinato e integerrimo, è estremamente leale con il proprio avversario e ha tentato di catturare Diabolik per moltissimo tempo. Arrestare Diabolik sarebbe stato il suo sogno, la sua ragione di vita, arrivando talvolta assai vicina alla meta ma Diabolik ed Eva Kant riescono sempre a farla franca.
Gustavo Garian: è il figlio di un ricco antiquario (la prima vittima del Re del Terrore) e il miglior amico dell'ispettore Ginko; è il primo personaggio comparso nel fumetto ed il primo a pronunciare il nome Diabolik;
Altea di Vallenberg: Altea di Vallenberg, nata Von Waller, è la compagna di Ginko. È la vedova del duca di Vallenberg, cugino del re del Beglait. Vede la sua evoluzione da personaggio spalla di Ginko, confidente dei pensieri come in passato era il ruolo di Gustavo Garian, a una degna compagna dell'ispettore, portando il rapporto ad un'ottima specularità di quello tra Diabolik ed Eva Kant, coi quali peraltro collabora in alcuni frangenti quasi sempre in per salvare o proteggere Ginko stesso o altre persone a lei care.
King: è un ricco magnate proprietario dell'isola in cui cresce Diabolik, capo di una grossa organizzazione criminale che opera in tutto il mondo contrabbandando oggetti di valore; viene ucciso dallo stesso Diabolik che aveva capito che King lo avrebbe eliminato a sua volta per rubargli il segreto della realizzazione delle maschere. Comparirà in seguito in altre storie, ma solo come flashback o ricordo di Diabolik.
Walter Dorian: l'unica sua apparizione avviene nel 2006 nel Grande Diabolik primaverile, mentre il suo nome, usato da Diabolik, è presente solo nei primi tre numeri della serie. Si tratta della prima identità falsa usata da Diabolik. L'identità falsa viene smascherata nel terzo numero e per i successivi quarant'anni non si sentirà più quel nome. Walter Dorian era un boss di Clerville che operava nel Deccan. Ronin, amico di Diabolik, fece l'errore di indagare sul suo conto e Dorian si vendicò uccidendo lui, i suoi allievi e distruggendo la scuola di arti marziali. Diabolik sapeva che costui era il suo sosia perfetto e decise di prenderne il posto. Dopo essere stato assalito, e quasi ucciso, Dorian finisce in mano a un esercito, che lo tiene prigioniero per moltissimi anni. Una volta libero torna a Clerville, dove, dopo aver reso nota la verità sul suo conto, si scontrerà con Diabolik.
Ambientazioni
Il fumetto è ambientato a Clerville, uno stato fittizio in cui Diabolik ed Eva Kant risiedono e compiono le loro attività criminali. È presumibilmente situato nella regione Provenza-Alpi-Costa Azzurra, più precisamente nell'attuale dipartimento francese del Var. La capitale è Clerville; la seconda città, Ghenf, è sul mare. Lo Stato confina con altre nazioni immaginarie: Beglait, Rennert, Ferland, Banglait e Wilburg. Dal Beglait, un ex-stato monarchico, attualmente repubblica ma con una forte persistenza della nobiltà negli affari di stato proviene Altea di Vallenberg.
Nella parte marittima, oltre al porto di Ghenf si trovano alcune piccole isole, votate al turismo. Nell'interno, le zone pianeggianti si alternano a quelle montuose (Grande Catena di Vernan) e lacustri (il lago Cristallo, ad est di Clerville, è il più grande). Un'ottima rete stradale, autostradale e ferroviaria mette in comunicazione i centri più importanti; operano due aeroporti internazionali. Le industrie principali sono quelle estrattive, della lavorazione dei diamanti (in concorrenza con Amsterdam), ma sono sviluppati pure i settori finanziari, commerciali e del turismo. La religione prevalente è il Cristianesimo, benché nella capitale si trovino solo tre luoghi di culto. La lingua parlata è un singolare misto di francese e italiano, ma alcuni termini risentono dell'inglese e del tedesco, a causa dei tanti visitatori anglosassoni.
Nei primi numeri della serie, il personaggio agiva a Marsiglia, poi le autrici decisero di inventare una città nuova, per evitare continue documentazioni sulla città ed essere libere di aggiungere località, laghi, fiumi, montagne ed opere costruite dall'uomo come dighe e cliniche private. Sembra che le sorelle Giussani si siano ispirate alla città di Parigi, così come del resto lo stato di Clerville appare chiaramente ispirato alla Francia ed agli Stati posti nella sua regione geografica (il Principato di Monaco, il Granducato del Lussemburgo ed il Belgio). In seguito, le Giussani adotteranno la stessa tecnica per paesi stranieri vicini, come il Beglait (dove Ginko incontrerà Altea) o il Rennert, e lontani come il Deccan o la metropoli asiatica Gau Long (analoga a Hong Kong).
Clerville
Oggi la città Clerville è modernissima, con alberghi di lusso, il casinò, ristoranti raffinati, negozi lussuosi, gioiellerie fornitissime, locali per svago e divertimento, il teatro, la biblioteca, prestigiose banche, musei (nella raccolta statale, la sezione dell'Antico Egitto è terza per importanza dopo quelle de Il Cairo e Torino). Troviamo i palazzi del parlamento, il tribunale, la sede della polizia (il regno dell'ispettore Ginko) e le carceri. La periferia è simile a quella di altri grandi centri abitati, abitata da spacciatori di stupefacenti, prostitute e prostituti, criminali di ogni tipo. Ha una rete stradale efficiente, la stazione ferroviaria e la metropolitana e un capiente labirinto fognario (assai utile a Diabolik per i suoi spostamenti o fughe). I nomi delle strade sono romantici e dedicati soprattutto ad alberi e fiori: il viale dei Platani, arteria fondamentale per la vita cittadina, nasconde verosimilmente vari rifugi di Diabolik. A Clerville i nomi sono frequentemente italiani, i cognomi francesi. Ci sono persone ricche e benestanti, sia oneste che criminali, che divengono vittime dei piani del personaggio; sono presenti molti criminali e una forte organizzazione criminale simile alla mafia che in molti casi posseggono ricchezze delle quali Diabolik tenta di impadronirsi. Non mancano episodi in cui la vittima è una persona facoltosa ma onesta di Clerville. Vengono stampati francobolli locali e giornali, tra cui La Gazzetta di Clerville, la moneta circolante è l'euro dal 2002; la moneta precedente non è mai stata nominata, ad eccezione che nel n. 2 (L'inafferrabile criminale), dove l'avvocato Bonard presta a Payot, un poliziotto, 100000 lire e Diabolik, travestito da Bonard, a pagina 95 dice «Ecco qui le 100 mila Lire, me le renderai quando potrai». A Clerville è ancora in vigore la pena capitale e spesso Diabolik ha rischiato di finire ghigliottinato. In tempi recenti si è aperto un dibattito sociale sull'eventualità di sopprimerla, ma non per Diabolik. Prima dell'attuale forma di governo repubblicana vigeva la monarchia.
Ghenf
Ghenf (Genf è il nome in lingua tedesca di Ginevra) è una città costruita su un panoramico promontorio sul mare. Ha il porto più frequentato dello stato; tale ambiente portuale favorisce i traffici della malavita: locali malfamati, altri selettivi, ospitano personaggi privi di scrupoli. Diabolik e Eva spesso li frequentano per scoprire attività illecite e lucrative. Ghenf, sotto l'apparenza tranquilla e laboriosa, nasconde, pertanto, una vita notturna costellata di crimini, giochi d'azzardo, squallida prostituzione e covo di bande malavitose.
Altre località
Balliet, il più rinomato luogo di villeggiatura con vasta spiaggia.
Banfort, con il porto e la casa da gioco.
Bellair, noto centro climatico invernale.
Boltin, con interessanti resti dell'acquedotto romano.
Carmol, famosa per la spiaggetta dove le tartarughe depongono le uova.
Cervo (monte), per gli amanti dello sci.
Clemon, piccolo villaggio sulla costa abitato da pescatori con le stradine in acciottolato e il porticciolo (Agguato sul fondo 1968).
Colleverde, luogo in cui vive Bettina (Angoscia 1966)
Cristallo (lago), al centro vi è un'isoletta con un castello.
Esterre, città mineraria (ferro, carbone), sede di una fonderia.
Gabbiani (isola dei), con una torre di avvistamento.
Isburg, sulla cosiddetta Costa bianca.
Leron, apprezzata località balneare.
Montvert, paese sulle colline di Clerville.
Sendon, sede di uno dei più importanti mercati di diamanti del mondo.
Nel novembre 2005, la casa editrice Astorina ha pubblicato la Guida turistica di Clerville, un volume che contiene la mappa intera dello stato e della sua capitale, con tutti i riferimenti agli oltre settecento episodi.
Controversie
Il terzo numero della prima serie, L'arresto di Diabolik, pubblicato nel marzo 1963, fu causa di una prima serie di denunce e processi penali dei quali furono oggetto Diabolik e altri epigoni negli anni sessanta. Angela Giussani, al fine di promuovere la nuova testata, aveva avuto l'idea di distribuirne copie omaggio ai ragazzi delle scuole medie e questo venne visto come un tentativo di traviamento della gioventù. Ne seguì un processo che, il 6 luglio 1964, assolse Angela Giussani dal reato di incitamento alla corruzione anche perché, si legge nella motivazione della sentenza, nella copertina il personaggio compariva con le manette ai polsi e sullo sfondo di una lugubre ghigliottina, la qual cosa induceva a pensare che il criminale avrebbe pagato per le sue colpe.
Altri media
Cinema
Diabolik regia di Mario Bava (1968). La pellicola, che all'epoca non ebbe un notevole successo in Italia, fu molto apprezzata dai Cahiers du Cinéma ed è diventata un piccolo culto all'estero;
Diabolik sono io, documentario, regia di Giancarlo Soldi (2019);
Diabolik regia dei Manetti Bros (2021), tratto dal fumetto nº3 L'arresto di Diabolik. Il film segna un nuovo inizio per il personaggio ed è il primo capitolo di una trilogia. Diabolik è interpretato da Luca Marinelli, affiancato da Miriam Leone nei panni di Eva Kant e Valerio Mastandrea in quelli dell'ispettore Ginko. Il film racconta del primo storico incontro tra Diabolik ed Eva e l'inizio della sua rivalità con Ginko.
Nel sequel Diabolik - Ginko all'attacco! uscito nel 2022, sempre diretto dai Manetti Bros, Diabolik è interpretato da Giacomo Gianniotti, che sostituisce Marinelli.
Narrativa
Romanzi di Diabolik: collana mensile esordita nel 1969 distribuita in edicola nel formato ad albo di circa 150 pagine; pubblicava romanzi scritti da vari sceneggiatori della testata principale, a volte riprendendo soggetti già usati per le storie a fumetti e ampliati con dettagli e sotto-trame varie mentre altre volte si trattava di soggetti originali. La testata chiuse dopo trenta numeri nel 1971.
Successivamente, Diabolik ed Eva Kant sono protagonisti di quattro romanzi scritti da Andrea Carlo Cappi:
Diabolik: La lunga notte: Diabolik vuole rubare cinque talismani disseminati nel mondo; sulla sua strada trova, oltre a Ginko, i servizi segreti di Clerville, gangster orientali e occidentali, una potente triade della immaginaria città di Gau Long e un misterioso miliardario che sembra a conoscenza di molti segreti rimasti sepolti nel passato del personaggio;
Diabolik: Alba di sangue: dopo un colpo alla zecca di Stato andato storto, Diabolik è costretto a lavorare per i servizi segreti che hanno Eva in ostaggio; il viaggio lo porterà fino agli antipodi del mondo, ma anche nel passato di Clerville, quando era sotto una dittatura che i responsabili dei servizi, su ordine di membri del governo, vogliono riportare al potere;
Diabolik: L'ora del castigo: una temibile trafficante di armi, Valentina Piaget, vuole vendicarsi di Diabolik; dopo un primo tentativo non riuscito, Diabolik manda la sua compagna nella repubblica del Rennert e progetta di infiltrarsi nella tana del nemico per ottenere due scopi: la vendetta e il furto;
Eva Kant: Il giorno della vendetta: Eva, ormai esperta al punto di poter agire in modo indipendente, compie uno spettacolare furto nel Rennert, per allontanare l'attenzione da lui e per dimostrargli la sua abilità; ma Valentina Piaget la attende al varco, come pure Ginko e la polizia del Rennert.
Io sono Diabolik
Kid. Il ragazzo che voleva essere Diabolik
Diabolik. Il romanzo del film
Radio
Diabolik è stato protagonista nel 2000 del primo radiofumetto trasmesso dalla Rai a puntate su Rai Radio 2, con l'adattamento di Armando Traverso e la regia di Arturo Villone. Le voci di Diabolik ed Eva Kant erano quelle di Luca Ward e Roberta Greganti;
in occasione dei quaranta anni del personaggio, nel 2002 è stato anche trasmesso un audiofumetto tratto dal remake del primo episodio della serie con la regia di Arturo Villone.
Televisione
Diabolik (Diabolik: Track of the Panther), 2000: prodotta da Saban International, con la collaborazione con M6 e Fox Television, composta da 40 episodi di 24 minuti.
Il 26 settembre 2012 Sky Cinema annunciò ufficialmente la produzione di Diabolik - La serie. Venne prodotto un trailer che fu presentato il 9 novembre nel Museo della scienza e della tecnica di Milano, in occasione della mostra "Cinquant'anni vissuti diabolikamente". Il promo venne prodotto dalla Frame by Frame e fu diretto da Marco Pianigiani, il protagonista fu interpretato dal nuotatore Lorenzo Benatti e il costume fu opera di Lorenzo Ceccotti (LRNZ) in collaborazione con la Solido3D. La serie sarebbe dovuta uscire nel 2015, ma il progetto non si finalizzò.
Videogiochi
Alcuni videogiochi sviluppati dalla software house italiana Simulmondo all'inizio degli anni 1990 per Amiga;
Diabolik: The Original Sin (2007) sviluppato dalla software house italiana Artematica; un'avventura grafica completamente in 3D.
Merchandising
Giochi da tavolo
Diabolik, primi anni sessanta, DIALE editore.
Caccia a Diabolik, 1994, G.E.MI editore. Diabolik, aiutato da Eva Kant, effettua una rapina e deve sfuggire a Ginko.
Diabolik - colpi e indagini, 2021, Pendragon Game Studio editore.
Diabolik - storie: la lama della vendetta, 2021, Pendragon Game Studio editore (tratto dalla storia pubblicata su n. 4, Anno LVII 2018)
Altro
Statue in resina di marmo a tiratura limitata dedicate al personaggio. Prodotte nel 2007, ogni statua è dotata di certificato di garanzia e autenticità autografato da Mario Gomboli, direttore della casa editrice Astorina;
linea di borse e accessori dedicate al personaggio, per l'uomo, e a Eva Kant, per la donna prodotte nel 2009.
20 uscite in edicola con cadenza settimanale edite nel 2018 da Hachette composte da statuine in resina più fascicolo (Diabolik, Eva Kant, Ginko, Altea di Vallenberg, King, Bettina Ramblè, Gustavo Garian, Elisabeth Gay, Diabolik, Eva Kant, La Pantera Nera Diabolik, Sibilla Navcenko, Ronin, Saverio Hardy, Dolores, Jonas, Natasha Morgan, Wolf, Suanda, Generale Volpone).
Diabolik Track Of The Panther, album di figurine del cartone animato, 2001, Panini (con 180 figurine).
Le figurine di Diabolik, album di figurine, 1976, Super Raf Editore (con 256 figurine). Contiene la storia breve inedita Rapina colossale.
Diabolik. Il re del terrore, album di figurine, 2017, Panini, stesso album del 1976 ma ampliato (con 276 figurine e 36 card). Ristampato nel 2021 con sovracopertina nera.
I mille volti di Diabolik, album di figurine, 2022, Panini (con 276 figurine e 50 card). Contiene le storie brevi Senza tempo (inedita) e La regola.
Influenza culturale
Cinema
Nel 1967 è uscito un film parodistico ispirato al personaggio, Arrriva Dorellik, diretto da Steno. Il personaggio fu interpretato da Johnny Dorelli.
Musica
Diabolik - brano musicale di Betty Curtis del 1966
Diabolik - brano musicale dei Bolero del 2012
Nel videoclip di Amore impossibile (regia di Lamberto Bava) dei Tiromancino, i protagonisti sono Diabolik (Daniel McVicar), Eva Kant (Claudia Gerini) e come cameo lo stesso John Phillip Law, già Diabolik nel film del 1968, nella parte del "guardiano del museo".
Il videoclip Body Movin''' dei Beastie Boys riprende il personaggio attraverso una parodia del film del 1968 utilizzandone degli spezzoni.
TV
Il personaggio è comparso in spot pubblicitari commerciali, come quelli della Securmark, del Crodino e della Renault Twingo. Negli anni novanta ha avuto anche una parodia all'interno di Bim bum bam intitolata Bobbik''.
Fumetti
Cattivik - personaggio dei fumetti creato nel 1965 da Bonvi e disegnato poi da Silver e ispirato a Diabolik e ad altri fumetti neri del panorama italiano di quegli anni.
Paperinik (in seguito conosciuto anche come PK) e Paperinika - creati rispettivamente da Elisa Penna, Guido Martina, Giovan Battista Carpi e Giorgio Cavazzano per la Walt Disney Company Italia, rispettivamente nel 1969 e nel 1973, sono le identità segrete dei personaggi dei fumetti Paperino e Paperina. Anche i personaggi di Fantomius (che darà a Paperino l'idea di diventare Paperinik) e della sua compagna Dolly Paprika sono un'evidente citazione di Diabolik ed Eva Kant.
Note
Bibliografia
catalogo della mostra omonima
catalogo della mostra omonima
catalogo della mostra omonima
catalogo della mostra omonima
libro-catalogo della mostra dedicata a Gino Marchesi
Voci correlate
Fumetto nero italiano
Altri progetti
Collegamenti esterni
Fumettoteca Alessandro Callegati "Calle" - Forlì, Ricordo Diaboliko
Ladri immaginari
Assassini immaginari |
1636 | https://it.wikipedia.org/wiki/David%20Cox%20%28statistico%29 | David Cox (statistico) |
Biografia
Formazione
Cox si laureò in matematica all'Università di Cambridge e conseguì nel 1949 il dottorato di ricerca presso l'università di Leeds.
Carriera
Durante la seconda guerra mondiale lavorò dal 1944 al 1946 per il Royal Aircraft Establishment, dal 1946 al 1950 per l'industria della lana.
Nel 1950 iniziò la carriera accademica come lettore presso l'Università di Cambridge; dal 1956 fu lettore e poi professore di Statistica al Birkbeck College di Londra. Nel 1966 iniziò a insegnare all'Imperial College London e nel 1988 all'Università di Oxford.
I suoi contributi alla disciplina della statistica furono numerosi, includendo la regressione logistica e la regressione di Cox.
Dal 1966 al 1991 fu editore di Biometrika.
Dal 1979 al 1981 fu presidente della Bernoulli Society e dal 1980 al 1982 presidente della Royal Statistical Society. Dal 1995 al 1997 fu presidente dell'Istituto Internazionale di Statistica.
Nel 2002 divenne membro onorario a vita della International Biometric Society.
Morte
È morto il 18 gennaio 2022, all'età di 97 anni.
Vita privata
Nel 1947 Cox si sposò con Joyce Drummond, da cui ebbe quattro figli.
Opere
Estimation by double sampling, in Biometrika, 1952
Some problems connected with statistical inference, in Ann. Math. Statist., 1958
Planning of experiments, 1958
The foundations of statistical inference (con G. Barnard), 1961
Renewal Theory, 1962
An analysis of transformations (con G. E. P. Box), in J. R. Statist. Soc. series B, 1964
The Theory of Stochastic Processes (con H. D. Miller), 1965
Statistical Analysis of Series of Events (con P.A.W.Lewis), 1966
Analysis of binary data, 1970, seconda edizione 1989 con E. J. Snell
Regression models and life tables, in J. R. Statist. Soc. series B, 1972
Theoretical Statistics (con D.V.Hinkley), 1974
Partial likelihood, in Biometrika, 1975
Point Processes (con V. Isham), 1979
Local ancillarity, in Biometrika, 1980
Interaction, in International Statistical Review, 1984
Analysis of Survival Data (con D. Oakes), 1984
Asymptotic techniques for use in statistics (con O. E. Barndorff-Nielsen) 1989
Inference and asymptotics (con O. E. Barndorff-Nielsen) 1994
Multivariate dependencies (con N. Wermuth), 1996
Components of variance (con P. J. Solomon), 2002
Premi
1961 - Guy Medal in Silver, Royal Statistical Society
1973 - Guy Medal in Gold, Royal Statistical Society
1984 - Weldon Memorial Prize, University of Oxford
1990 - Kettering Prize and Gold Medal for Cancer Research
1992 - Max Planck Forschungspreise
1998 - Marvin Zelen leadership award, Harvard University
2010 - Medaglia Copley
Note
Voci correlate
Richard Threlkeld Cox
Altri progetti
Collegamenti esterni
David Cox - Oxford University Statistics
Medaglia Guy d'argento
Medaglia Guy d'oro
Studenti dell'Università di Cambridge
Professori dell'Università di Oxford |
1644 | https://it.wikipedia.org/wiki/Diagramma%20Hertzsprung-Russell | Diagramma Hertzsprung-Russell | Il diagramma Hertzsprung-Russell, in genere abbreviato in diagramma H-R (dal nome dei due astronomi, Ejnar Hertzsprung e Henry Norris Russell, che verso il 1910 lo idearono indipendentemente) è uno "strumento" teorico che mette in relazione la temperatura efficace (riportata in ascissa) e la luminosità (riportata in ordinata) delle stelle. Nel diagramma la temperatura efficace Te aumenta spostandosi verso sinistra lungo l'ascissa mentre la luminosità cresce salendo lungo l'ordinata. Le due grandezze sono quantità fisiche che dipendono strettamente dalle caratteristiche intrinseche della stella (massa, età e composizione chimica), non sono misurabili direttamente dall'osservatore, ma possono essere derivate attraverso modelli fisici.
Poiché esistono legami tra la temperatura efficace di una stella e il suo indice di colore, e tra la luminosità della stessa e la sua magnitudine apparente (o assoluta), è possibile ottenere una "versione osservativa" del diagramma H-R detta diagramma colore-magnitudine, che mette in relazione due quantità misurabili direttamente dall'osservatore: il colore della stella e la sua magnitudine. La relazione tra temperatura-indice di colore e luminosità-magnitudine assoluta comporta che nel cosìddetto diagramma colore-magnitudine la magnitudine decresce lungo l'ordinata (al contrario della luminosità) mentre l'indice di colore aumenti verso destra (a differenza della temperatura efficace) lungo l'ascissa. L'esatta trasformazione da diagramma H-R a diagramma colore-magnitudine non è comunque semplice e dipende da fattori osservativi e teorici: distanza, età, composizione chimica, gravità superficiale e struttura interna e atmosferica della stella.
A cosa serve
Il diagramma H-R viene utilizzato per comprendere l'evoluzione stellare e le caratteristiche fisiche delle singole stelle e degli agglomerati stellari: ammassi aperti, ammassi globulari e galassie. Grazie al diagramma H-R è possibile: confrontare le predizioni teoriche dei modelli di evoluzione stellare con le osservazioni per verificare l'accuratezza delle prime; determinare l'età, la composizione chimica e la distanza di una popolazione stellare; derivare la storia della formazione stellare di un agglomerato di stelle.
Come funziona
Da un primo esame del diagramma H-R si osserva immediatamente come le stelle tendano a posizionarsi in regioni ben distinte: la struttura evolutiva predominante è la diagonale che parte dall'angolo in alto a sinistra (dove si trovano le stelle più massicce, calde e luminose) verso l'angolo in basso a destra (dove si posizionano le stelle meno massicce, più fredde e meno luminose), chiamata la sequenza principale di età zero. In basso a sinistra si trova la sequenza delle nane bianche, in quanto sono corpi celesti con alte temperature efficaci ma poco luminose; mentre sopra la sequenza principale, verso destra, si dispongono le giganti rosse e le supergiganti, in quanto sono corpi celesti molto luminosi ma a basse temperature.
Bibliografia
V. Castellani, P. Giannone, Evoluzione stellare, Edizioni Sistema, Roma, 1973 h.h.
V. Castellani, Astrofisica Stellare, Zanichelli editore, 1985
A. Braccesi, Dalle stelle all'universo, Zanichelli editore, 2000, ISBN 88-08-09655-6
J. Rossi, Dalle stelle della Terra, Edizione sistema, Napoli, 2002 G.F.
Voci correlate
Sequenza principale
Ramo delle subgiganti
Ramo delle giganti rosse
Ramo asintotico delle giganti
Ramo orizzontale
Diagramma colore-colore
Punto di turn-off
Evoluzione stellare
Altri progetti
Collegamenti esterni
Diagramma HR e isocrone di ammasso dal testo Fondamenti di Astrofisica Stellare del Prof. Vittorio Castellani
Classificazione stellare
Evoluzione stellare
Hertzsprung-Russell |
1652 | https://it.wikipedia.org/wiki/Dollaro%20statunitense | Dollaro statunitense | Il dollaro statunitense (il simbolo: $, il codice ISO 4217: USD; in inglese: United States dollar, ma chiamato informalmente anche dollar, American dollar o semplicemente buck in patria) è la valuta ufficiale degli Stati Uniti d'America. È anche utilizzato come valuta di riserva al di fuori della nazione.
Il dollaro è diviso in 100 centesimi. Originariamente era ulteriormente suddiviso in mill, utilizzati fino a quando la seconda guerra mondiale non rese l'alluminio troppo costoso per essere utilizzato come metallo da conio (e l'inflazione crescente li rese di valore insignificante). Le denominazioni inferiori a un dollaro sono emesse in moneta, mentre quelle uguali o superiori a un dollaro sono emesse in banconote (esistono sia la moneta sia la banconota da un dollaro, anche se la seconda è più comune). Le banconote moderne sono stampate dalla Federal Reserve fin dal 1929. Le banconote con denominazione superiore ai non sono più stampate dal 1946.
Il Dollaro statunitense ha cominciato ad assumere un ruolo importante come valuta di riserva da dopo la prima guerra mondiale, per poi spodestare definitivamente la Sterlina britannica con gli accordi di Bretton Woods.
Storia
Il dollaro venne unanimemente scelto come unità monetaria degli Stati Uniti il 6 luglio 1785. Fu la prima volta che una nazione adottava un sistema decimale per la valuta.
Fino al 1791 il valore del dollaro era legato a quello dell'argento o dell'oro o a una combinazione dei due. Dal 1792 al 1873 il dollaro era supportato liberamente da oro e argento, in rapporto di 15 a 1, con un sistema chiamato bimetallismo. Attraverso una serie di cambiamenti legislativi avvenuti tra il 1873 e il 1900, l'importanza dell'argento fu via via diminuita fino all'adozione formale del gold standard. Il gold standard sopravvisse, con molte modifiche fino al 1971.
Abraham Lincoln autorizzò nel 1862 l'emissione di valuta a nome del governo Federale, valuta che era supportata dal dollaro spagnolo, durante la guerra di secessione americana. Queste banconote, conosciute come greenbacks per il colore verde del retro, diedero inizio alla tradizione statunitense di stampare la valuta in verde. Contrariamente alle altre nazioni tutte le banconote statunitensi sono state stampate con lo stesso colore per la maggior parte del XX secolo.
Per aumentare la quantità di moneta circolante (in particolare al fine di ridurre i "silver certificate" e lasciar spazio ai Federal Reserve Note) in un'economia in espansione, il 4 giugno 1963, il presidente John Fitzgerald Kennedy firmò l'ordine esecutivo 11110 che dava al Ministero del Tesoro il potere "di emettere certificati sull'argento contro qualsiasi riserva d'argento, argento o dollari d'argento normali che erano nel Tesoro". Dopo l'assassinio del Presidente Kennedy, avvenuto 171 giorni più tardi, l'ordine esecutivo 11110 cadde in disuso e tutte le banconote emesse dal governo furono man mano ritirate dal mercato.
Il 13 maggio 2003, la Federal Reserve annuncia l'introduzione di una banconota da 20 $ a colori (la prima dal 1905). La scelta è dettata dalla necessità di contrastare la crescente contraffazione. Le nuove banconote sono entrate in circolazione il 9 ottobre 2003. Altre banconote da 10 $ e 50 $ sono state introdotte nel 2004 e 2005, ognuna con differenti schemi di colori.
Monete
Banconote
Uso internazionale del dollaro statunitense
Alcune nazioni al di fuori della giurisdizione statunitense usano il dollaro statunitense (USD) come valuta ufficiale. Queste nazioni includono: Ecuador, El Salvador, Palau, Timor Est, Panama e gli Stati Federati di Micronesia. L'Argentina usò un tasso di cambio fisso 1:1 tra il peso argentino e il dollaro statunitense dal 1991 al 2002. Il tasso di cambio del dollaro di Hong Kong è stato mantenuto fisso fino ai primi anni ottanta, e il renminbi usato dalla Repubblica Popolare Cinese è stato informalmente ancorato al dollaro fin dalla metà degli anni novanta.
Il dollaro è inoltre usato come unità valutaria standard sui mercati internazionali per la quotazione di beni come l'oro e il petrolio.
La moneta tipo dopo la seconda guerra mondiale
Luglio 1944: dalla Conferenza di Bretton Woods sorgono il Fondo Monetario Internazionale e la Banca internazionale per la ricostruzione e lo sviluppo (poi assorbita nella Banca Mondiale). L'Unione Sovietica decide di non partecipare al sistema a causa della debolezza in cui si viene a trovare alla fine della guerra.
Dopo la seconda guerra mondiale, gli USA accumularono una notevole riserva di oro, chiesto in pagamento degli aiuti del piano Marshall.
20 aprile 1933: Roosevelt emanò l'atto di emergenza per la attività bancarie, il quale ritirava gli USA dal sistema monetario aureo. Ottenne così due risultati: impedire la convertibilità delle banconote in oro per i cittadini statunitensi, permettendo però ai paesi stranieri di convertire i loro dollari in oro in qualsiasi momento, e rendere illegale la proprietà privata di oro, con l'eccezione dei collezionisti di monete rare. In pratica, nel sistema finanziario statunitense ci fu uno spostamento da un sistema di rendiconto che prevedeva l'oro come barriera al debito in eccesso, a un sistema nel quale non c'era nessun rendiconto.
Nel 1933, Roosevelt avvia il New Deal, un programma di spesa pubblica in disavanzo sostenuto dalla teoria keynesiana e quasi interamente finanziato con debiti dello Stato verso banche private. John Maynard Keynes pubblica nel 1936 il suo libro fondamentale (The general theory of employment, interest and money), ma già in passato era influente economista e consigliere personale di Roosevelt. Si crea la prima componente del debito pubblico cui seguirà quello di imprese e privati cittadini, in crescita dopo gli anni '70. Tale debito (di Stato, imprese e cittadini) pone oggi il dollaro a rischio di svalutazione.
Sempre negli anni trenta, comincia la doppia quotazione dell'oro: internamente agli Stati Uniti e agli altri Stati il prezzo viene determinato dal mercato; per le transazioni internazionali il prezzo dell'oro è quello fisso di 35 dollari/oncia degli accordi di Bretton Woods.
A partire dagli anni trenta, ininterrottamente fino a oggi, l'oro come il petrolio si comprano e vendono esclusivamente in dollari alle borse di Londra e New York.
Sotto Bretton Woods, era d'obbligo tenere i dollari a riserva e dunque era nota la somma di dollari in possesso delle banche straniere, quantità prevalente della massa di dollari esistente fuori dagli USA. Inoltre, i dollari circolanti in USA (come ogni moneta circolante dentro uno Stato) erano un dato disponibile poiché la massa monetaria era ed è decisa dalla FED. Al tempo di Roosevelt era già risaputo che le once d'oro dichiarate nella riserva della FED non erano sufficienti né a convertire il totale dei dollari esistente (dentro e fuori USA), né quelli in possesso di stranieri. Nemmeno una forte svalutazione da 30 a 300 dollari/oncia avrebbe reso Bretton Woods un sistema di cambi sostenibile. Era chiaro che prima o poi la convertibilità sarebbe finita; l'aumento successivo dell'emissione di dollari (da convertire) accelerò questo processo.
Il provvedimento di Roosevelt parlò, infatti, di Gold Window (chiusa da Nixon 40 anni dopo) come periodo di transizione per il ripagamento di una parte dei dollari in possesso di investitori stranieri (quelli che l'oro disponibile poteva ripagare).
Con la guerra in Vietnam e la crescita economica di Germania e Giappone, gli USA necessitano di finanziamenti eccezionali; l'indebitamento a causa delle guerre costrinse a coniare ingenti quantità di dollari e a svalutare la moneta, fissando un cambio inferiore rispetto all'oncia d'oro (e quindi alle altre valute) perché la riserva d'oro doveva bastare per una massa circolante di moneta molto più alta.
Per tentare di mantenere il sistema creato a Bretton Woods, si organizza un pool di banche centrali che mantengono il corso del cambio del dollaro sull'oro a 35 $ l'oncia, comprando titoli di Stato USA in caso di perdita e vendendoli in caso di risalita. La Francia si ritira dal pool nel 1967.
15 agosto 1971: il presidente statunitense Richard Nixon annuncia che nemmeno i dollari degli stranieri sono più convertibili in oro (il cosiddetto "Nixon Shock"). La soppressione della convertibilità totale del dollaro in oro è per alcuni una dichiarazione implicita di bancarotta.
Dopo la guerra del Vietnam, vi era ormai più moneta circolante che riserve di metallo nella banca centrale che non poteva più assicurare la convertibilità della moneta in oro (ovvero che un ipotetico cittadino si presentasse alla Banca centrale, restituisse la banconota in dollari e chiedesse in cambio un'analoga quantità d'oro). Il gold standard poneva fine agli accordi di Bretton Woods con un'uscita unilaterale degli Stati Uniti.
Di quegli accordi, continuava però a valere l'obbligo di tenere i dollari a riserva. Gli Stati stranieri non potevano spendere i dollari di cui erano in possesso, chiederne il cambio con la moneta nazionale né con l'oro; potevano investirli nelle banche statunitensi oppure in Treasury Bond USA.
La coniazione di dollari aveva subito una forte crescita per finanziare i conflitti statunitensi nel dopoguerra (una guerra ogni due anni, dopo il 1945), con una crescita più marcata per la guerra in Vietnam. Il gold standard causa immediatamente una rivalutazione del marco e dello yen.
Contestuale è la crisi petrolifera del 1973-'74. I Paesi OPEC ridussero drasticamente la produzione di petrolio, causando una crisi energetica mondiale. Il prezzo al barile e delle importazioni quadruplicò. All'epoca il petrolio si commerciava soltanto in dollari: con la crisi petrolifera, quadruplicò la domanda mondiale di dollari (a parità di fabbisogni) e il cambio del dollaro si risollevò notevolmente, dopo il crollo detto prima su marco e yen a seguito del gold standard. Prima e dopo il gold standard e la crisi energetica, i Paesi OPEC continuarono a farsi pagare il petrolio in dollari e a investire i petrodollari nelle banche e titoli di stato statunitensi. Non si trattò affatto di uno scontro fra mondo arabo e USA. I Paesi arabi non scelsero di vendere il loro petrolio in una moneta diversa dal dollaro, nemmeno dopo il gold standard. Prima del '74 la maggior parte dei petrodollari tornavano in USA ed erano convertiti in oro. Dopo il '74, i produttori arabi cominciarono a investirli in Treasury Bond e in banche statunitensi, sostenendo il cambio del dollaro attuale.
Alcuni eventi hanno segnato la storia del dollaro dagli anni '80 in poi:
13 marzo 1979: creazione del Sistema monetario europeo (SME) e definizione dell'ECU per ridurre i margini di fluttuazione delle monete europee tra loro. Contemporaneamente, la Riserva Federale statunitense inaugura una politica del "dollaro forte" con il deciso aumento dei tassi d'interesse a causa del contemporaneo inizio della seconda crisi petrolifera. Partito da un cambio di 1:4 rispetto al franco, il dollaro arriva al valore di 10:4 nel 1985.
Settembre 1985: accordi del Plaza (dal nome dell'hotel dove ebbe luogo la riunione), miranti a far abbassare il valore del dollaro; seguono alle gravi crisi legate al debito estero nell'America latina.
1º gennaio 1999: nascita dell'Euro (che andava a sostituire l'ECU stesso, con cambio 1:1). Ricomincia la politica di deprezzamento del dollaro, per favorire l'economia interna statunitense.
Il dollaro resta la principale valuta di riserva. Secondo l'economista Paul Samuelson, la richiesta di dollari all'estero permette agli Stati Uniti di mantenere un deficit commerciale persistente senza avere un deprezzamento della valuta o un riaggiustamento dei flussi commerciali.
Diversamente dal collocarsi su un nuovo punto di equilibrio previsto dal concetto di bilancia commerciale, il dollaro non si è svalutato nella misura prevista. Il tasso di cambio con le altre monete è poco sensibile a questo deficit della bilancia commerciale se commisurato a quanto ammonta il saldo esportazioni-importazioni.
Gli Uffici di Cambio (che dipendono dalle Banche Centrali) dei Paesi esportatori verso gli USA raccolgono i dollari che fatturano le loro multinazionali (in USA vendono le merci contro moneta locale, dollari) e li mettono nella riserva (di valuta estera) della Banca centrale; la Banca Centrale non chiede di cambiare i dollari nella moneta nazionale, ma li mette in circolazione per comprare petrolio; i Paesi produttori di petrolio non chiedono alla FED di cambiare i petrodollari nella moneta locale dei Paesi Arabi, ma tengono i proventi del petrolio in conti correnti denominati in dollari e in buona parte investiti in titoli del Tesoro e azioni USA.
Fondamentalmente i dollari emessi non si presentano al cambio condizionando il valore del dollaro sulle altre monete. D'altra parte sono investiti in titoli di lungo termine o in azioni che non vengono scambiate a forte frequenza: per cui quei dollari non sono nemmeno moneta circolante che produrrebbe inflazione rientrando in America.
Gli accordi di Bretton Woods imponevano alle banche centrali di tutto il mondo di tenere dollari a riserva senza poterli cambiare presso la Federal Reserve in cambio della moneta nazionale. Dal gold standard di Nixon, gli accordi di Bretton Woods non sono più in vigore; tuttavia, il dollaro è ancora la principale moneta di riserva (51% delle riserve mondiali in valuta estera) poiché il petrolio è contrattato esclusivamente in dollari presso l'International Petroleum Exchange (IPE) di Londra o la NYTMEX di New York.
In queste borse si stabilisce il prezzo al barile ed è possibile agli operatori acquistare partite di petrolio e gas. Le banche centrali devono tenere notevoli quantità di dollari per gli approvvigionamenti nazionali.
Dedollarizzazione
Con l'inizio del XXI secolo, nel mondo si va affermando una certa tendenza alla dedollarizzazione, ovvero a voler sostituire il Dollaro statunitense con altre valute sia per il commercio internazionale che come valuta di riserva o per altri usi.
Europa, Iran e Russia
Di recente l'Iran ha in progetto l'apertura di una borsa in cui la compravendita della merce petrolifera avverrà in euro, una valuta alla quale non corrisponde un deficit commerciale così elevato. Dal marzo 2007 alcune banche iraniane trattano in euro le transazioni commerciali. Analoghe decisioni erano al vaglio di paesi come Libia e Venezuela.A seguito dell'istituzione sanzioni degli Stati Uniti contro l'Iran, l'Unione Europea ha creato nel 2019 l'INSTEX, una società di progetto che fornisce un sistema per commerciare con l'Iran aggirando le sanzioni stesse. Esso è entrato in attività nel 2020.
Pare che anche il presidente Putin intenda realizzare una borsa per la compravendita in rubli del petrolio e gas della Russia. Dal luglio 2006 la Banca Centrale Russa ha avviato la convertibilità del rublo verso le altre divise. Nel 2017 è stato creato l'SPFS, alternativo allo SWIFT.
Cina
Nel 2015 la Cina ha fondato il CIPS, un'alternativa allo SWIFT e già in uso da oltre 100 paesi. Nel corso degli ultimi anni, diverse nazioni stanno cominciando a commerciare con la Cina con le rispettive valute nazionali o con il Renminbi: la Russia e il Giappone dal 2011, l'Iran e il Venezuela dal 2018 e vi sono alcune fonti per cui anche l'Arabia Saudita starebbe stipulando accordi per vendere il petrolio e il gas alla Cina stessa in renmibi.
India
Il commercio tra India e Russia avveniva con le rispettive valute nazionali già dai tempi dell'Unione Sovietica. Nel marzo 2022 è stato annunciato un rinnovato accordo per il commercio tra i due paesi con le rispettive valute nazionali.
Controversie
Raffigurazioni femminili
Sia le banconote che le monete del dollaro statunitense non hanno raffigurazioni femminili. Il presidente degli Stati Uniti nel marzo 2015 prese l'impegno di seguire la questione, dopo aver ricevuto una lettera di una bambina del Massachusetts, che scrisse alla Casa Bianca chiedendone i motivi. In seguito all'invio della lettera, nacque l'organizzazione no-profit Women on 20s che si pone come obiettivo di influenzare le scelte sui futuri volti raffigurati sui dollari statunitensi.
Galleria d'immagini
Note
Voci correlate
Banconote del dollaro statunitense
Simbolo del dollaro
Altri progetti
Collegamenti esterni
Storia economica americana di Giovanni Favero
Stati Uniti
Valute americane
Valute asiatiche
Valute oceaniane |
1654 | https://it.wikipedia.org/wiki/Dollaro%20australiano | Dollaro australiano | Il dollaro australiano è la valuta ufficiale dell'Australia, dei diversi territori dipendenti dell'Australia (isola di Natale, isole Cocos (Keeling), Isole Heard e McDonald, isola Norfolk) ma anche delle Kiribati, delle Tuvalu e di Nauru, tre stati indipendenti. Il codice ISO 4217 è AUD, anche se è usanza di scriverla di solito A$ o addirittura $ senza distinguerla dal dollaro americano.
Il dollaro australiano, diviso in 100 cent, è stato introdotto il 14 febbraio 1966, non solo per rimpiazzare la sterlina australiana (già da tempo distinta dalla sterlina inglese) ma anche per introdurre il sistema decimale. Robert Menzies avrebbe desiderato chiamare la valuta Royal, e vennero proposti anche altri nomi come l'Australe.
Banconote
Fin dalla fine degli anni 1980 le banconote australiane sono fatte di plastica, per la precisione polipropilene. Hanno una «finestra» trasparente con una immagine semi-olografica, come misura di sicurezza contro la contraffazione. La prima di queste fu una banconota sperimentale da 10 $ che mostrava uno scenario aborigeno. Le banconote australiane furono le prime al mondo con queste caratteristiche. Precedentemente venivano stampate su carta.
L'Australia è stato il primo paese a produrre banconote polimeriche, più specificamente realizzate in polimero di polipropilene, prodotte da Note Printing Australia. Queste rivoluzionarie banconote in polimero sono più pulite delle note di carta, sono più resistenti e facilmente riciclabili.
La prima banconota in polimero è stata emessa nel 1988 come banconota da $10 per commemorare il bicentenario dell'insediamento europeo in Australia. La nota raffigurava su un lato un giovane aborigeno maschio con body paint, con altri elementi della cultura aborigena. Sul retro c'era la nave Supply della First Fleet, con uno sfondo di Sydney Cove, oltre a un gruppo di persone per illustrare i diversi background da cui l'Australia si è evoluta nel corso di 200 anni.
Tutte le banconote sono prodotte dalla Banca Nazionale dell'Australia. Le monete australiane dalla Royal Australian Mint.
Emissioni
Ci sono state due principali emissioni di valuta. La prima, in carta, fu emessa nel 1966, con le seguenti denominazioni:
1 dollaro – Elisabetta II (fronte); arte aborigena (retro)
2 dollari – John Macarthur (fronte); William Farrer (retro)
5 dollari – Joseph Banks (fronte); Caroline Chisholm (retro)
10 dollari – Francis Greenway (fronte); Henry Lawson (retro)
20 dollari – Sir Charles Kingsford Smith (fronte); Lawrence Hargrave (retro)
50 dollari (emessa nel 1973) - Howard Florey (fronte); John Clunies-Ross (retro)
100 dollari (emessa nel 1984) - Douglas Mawson (fronte); John Tebbutt (retro)
Le banconote di plastica e le monete emesse durante gli anni ottanta e novanta e che sono correntemente in uso:
1 dollaro (emessa nel 1984) - moneta rappresentante cinque canguri e Elisabetta II
2 dollari – moneta rappresentante un anziano aborigeno e Elisabetta II
5 dollari – Elisabetta II (fronte); Parliament House e vecchia Parliament House (retro). Nel 2001 venne emessa una banconota commemorativa del centenario della federazione, raffigurante Sir Henry Parkes (fronte) e Catherine Helen Spence (retro).
10 dollari (emessa nel 1993) - Banjo Paterson (fronte); Dame Mary Gilmore (retro)
20 dollari (emessa nel 1994) - Mary Reibey (fronte); John Flynn (retro)
50 dollari (emessa nel 1995) - David Unaipon (fronte); Edith Cowan (retro)
100 dollari (emessa nel 1996) - Dame Nellie Melba (fronte); Sir John Monash (retro)
La nuova banconota di 5 dollari non rappresenterà Carlo III ma un aborigeno (fronte) e il parlamento (retro).
Le monete con frazioni di dollaro raffigurano animali australiani sul fronte e il monarca sul retro:
2 cent – moneta in rame raffigurante un clamidosauro
5 cent – piccola moneta d'argento raffigurante un'echidna
10 cent – un uccello lira
20 cent – un ornitorinco
50 cent – un canguro e un emù che reggono lo stemma dell'Australia. Questa grossa moneta è dodecagonale, in rame-nickel, e sostituì una moneta tonda d'argento che divenne rapidamente più preziosa per il suo contenuto in argento che per il suo valore nominale.
Le monete da 1 cent e 2 cent in rame sono state abolite nel 1991.
Le Kiribati, le Tuvalu e Nauru dispongono di serie limitate di monete specifiche, per lo più commemorative, come quella emessa nel 1979 dalla Royal Mint per le Kiribati (tutte con lo stemma nazionale e la leggenda Kiribati 1979): 1 dollaro (piroga a bilanciere), 50 cent (frutto di pandano, Pandanus), 20 cent (delfini Tursiops), 10 cent (frutto dell'albero del pane, Artocarpus), 5 cent (lucertola geko Gehyra), 2 cent (pianta di Cyrtosperma) e 1 cent (Fregata minor).
Note
Altri progetti
Collegamenti esterni
Economia dell'Australia
Australia
Valute oceaniane |
1655 | https://it.wikipedia.org/wiki/Dollaro%20canadese | Dollaro canadese | Il dollaro canadese (il simbolo: $, il codice ISO 4217: CAD; in inglese: canadian dollar, in francese: dollar canadien) è la valuta del Canada. È suddiviso in 100 cent. Il dollaro è stato in vigore per la gran parte della storia del Canada.
Storia
Il Canada decise di usare il dollaro al posto della sterlina inglese a causa della diffusione del dollaro spagnolo nel Nord America fra il XVIII e l'inizio del XIX secolo, e a causa della standardizzazione del dollaro statunitense. La regione corrispondente all'odierno Québec, in particolare, favorì il dollaro (la Banca di Montréal emise banconote in dollari nel 1817), mentre le colonie atlantiche, che avevano legami più forti con la Gran Bretagna erano meno entusiaste. Le Province del Canada dichiararono che tutti i conti sarebbero stati tenuti in dollari il 1º gennaio 1858, e ordinarono l'emissione dei primi dollari canadesi ufficiali nello stesso anno. Le colonie, che si sarebbero in seguito unite nella Confederazione Canadese, adottarono progressivamente un sistema decimale negli anni seguenti.
Infine, il governo passò lo Uniform Currency Act nell'aprile 1871, sostituendo le valute delle varie province con un dollaro canadese comune a tutte. Il gold standard fu abolito definitivamente il 10 aprile 1933.
La valuta canadese
I canadesi usano monete e banconote con denominazione simile a quelle statunitensi. Infatti, storicamente, le dimensioni delle monete inferiori a 50 cent sono identiche a quelle statunitensi, a causa del fatto che entrambe le nazioni usavano il dollaro spagnolo come base.
Le monete canadesi sono emesse dalla Royal Canadian Mint o, in francese, la Monnaie royale canadienne, con produzione a Winnipeg. Le banconote sono emesse dalla Banca del Canada e stampate a Ottawa. Sia le monete sia le banconote riportano le due lingue ufficiali del paese: inglese e francese.
Il più significativo tra gli sviluppi recenti della valuta canadese è stato il ritiro delle banconote da 1 $ e da 2 $, rispettivamente nel 1987 e nel 1996, e la loro sostituzione con monete. Le monete da 1 $ sono colloquialmente chiamate loonies, dal nome inglese (common loon) della strolaga maggiore che vi è raffigurata, e il nome viene spesso usato per riferirsi alla valuta in generale. La moneta da 2 $, che raffigura un orso polare, viene detta per analogia twonies (o toonies).
La Bank of Canada ha recentemente introdotto una nuova serie di banconote, a cominciare dal 10 $ del 2001 e dal 5 $ del 2002, chiamate Canadian Journey. Questa serie raffigura elementi della tradizione canadese e brani di letteratura canadese.
Inoltre, tra il 2000 e il 2002, la Royal Canadian Mint ha alterato la composizione delle proprie monete. La lega al 99% di nichel per le monete argentate e quella da 1 $, e la lega al 98,4% di zinco del penny, sono state sostituite con acciaio placcato; questa misura presa per ridurre i costi di produzione, ha creato problemi di compatibilità tra le nuove monete e apparecchiature tipo telefoni pubblici o distributori automatici.
Tutte le banconote misurano 152,4 × 69,85 mm.
Note
Altri progetti
Collegamenti esterni
Canada
Economia del Canada
Valute americane |
1656 | https://it.wikipedia.org/wiki/Debugging | Debugging | Il debugging (o semplicemente debug) o depurazione, in informatica, nell'ambito dello sviluppo software, indica l'attività che consiste nell'individuazione e correzione da parte del programmatore di uno o più errori (bug) rilevati nel software, direttamente in fase di programmazione oppure a seguito della fase di testing o dell'utilizzo finale del programma stesso.
L'attività di debug è una delle operazioni più importanti e difficili per la messa a punto di un programma, spesso estremamente complicata per la complessità dei software in uso e delicata per il pericolo di introdurre nuovi errori o comportamenti difformi da quelli desiderati nel tentativo di correggere quelli per cui si è svolta l'attività di debug.
Operazioni di base
Sebbene ogni sessione di debug sia unica e costituisca una storia a sé, alcuni principi generici sono applicabili a tutte le sessioni di debug. In particolare, per il debug di applicazioni software, in genere si possono riconoscere cinque fasi nel debug:
identificazione del bug
individuazione del componente in cui è presente il bug
individuazione della causa del bug
progettazione di una correzione per il bug
implementazione e testing della suddetta correzione
Rilevazione dell'errore
Mentre gli errori di sintassi sono tipicamente evidenziati dall'IDE, alla fine della stesura del codice il programmatore opera una seconda fase di test valutando se l'output del programma è quello atteso compilando/interpretando ed eseguendo il codice. All'eventuale rilevazione dell'errore di semantica e di runtime segue la fase di debugging, ossia di individuazione della parte di software, a volte molto complesso, nella quale si annida l'errore. Spesso tale operazione viene svolta dal programmatore di pari passo con la stesura del codice stesso, testando continuamente il codice ed evitando così l'accumulo degli errori.
Questa attività è supportata da programmi specifici (debugger) messi a disposizione dall'IDE grazie anche all'uso di breakpoint su linee di codice e dai messaggi di standard error emessi nei file di log (es. rilevamento eccezioni nelle console dell'IDE), che indicano e mostrano allo sviluppatore l'esecuzione, istruzione per istruzione, del programma, permettendo nel contempo l'analisi dei dati trattati dal programma stesso. In assenza di tali strumenti per le attività di debugging, si ricorre alla più semplice, ma anche meno efficace tecnica di stampare a video o su file le istruzioni che il programma sta eseguendo, inserendo a tal scopo nel codice delle istruzioni di debug che evidenzino il punto di arrivo dell'esecuzione del programma fino all'errore. Sempre a questo scopo, il programmatore può, con l'ausilio dei commenti, far eseguire solo alcune parti del codice o al contrario non far eseguire particolari parti del codice, sospette di causare l'errore. Una volta individuato l'errore nel codice il programmatore corregge l'errore in maniera iterativa finché il programma non fa ciò che è desiderato.
Una terza fase di debug è quella che il programmatore deve risolvere quando il software prodotto è stato mandato in fase di testing o collaudo al rispettivo team ed è stato rimandato indietro con la lista dei difetti riscontrati; in genere in questi casi molto spesso sono presenti errori nella stesura o interpretazione delle specifiche rispetto a ciò che è realmente desiderato senza andare in errore.
Una quarta fase di debug può avvenire quando in fase di utilizzo del programma da parte dell'utente finale questi riscontra delle anomalie; in genere in questi casi si ingenera un errore con relativo messaggio che viene inviato tramite Internet alla casa produttrice del software che aggiornerà periodicamente con nuove release senza errori o aggiornamenti il prodotto (es. Windows).
Accorgimenti per accelerare il processo di debug
Corretto atteggiamento mentale
È necessario fare autocritica, e accettare il fatto che il programma non si comporta come dovrebbe e che si è fatto un errore, cosa del tutto normale e frequente in fase di sviluppo; se tutto fosse stato previsto e non ci fossero errori, il programma funzionerebbe correttamente, ma spesso questo risultato non si ottiene quasi mai alla prima stesura del codice, ma solo per successive modifiche e correzioni. Tale atteggiamento mentale incrementa significativamente la possibilità di trovare e risolvere dei bug.
Usare file di log
Oltre all'uso della console dell'IDE è opportuno creare uno o più file di log che può risultare molto utile per verificare se il programma funziona come previsto, e cosa succede prima, dopo e durante il verificarsi del malfunzionamento.
Fare attenzione all'input fornito al programma
Tutti gli input forniti dall'utente devono essere validati prima sintatticamente e successivamente anche semanticamente dal programma prima di essere elaborati. Ciò migliora anche la sicurezza del programma.
Memorizzare le tipologie di errori
Nel caso si siano già scritti dei programmi simili e ci si sia trovati a bug simili a quello attuale, è buona norma, sulla scorta dell'esperienza, cercare di ricordare l'errore commesso e la soluzione adottata.
Accorgimenti per ridurre la necessità di debug
Disegno del codice
Disegnare accuratamente le strutture dati e le funzioni nella programmazione strutturata e le classi in quella orientata agli oggetti è il sistema migliore per ridurre gli errori nel codice e nel facilitare l'individuazione dell'errore nel caso il programma non funzioni correttamente.
Leggibilità del codice
L'utilizzo di convenzioni chiare per i nomi delle variabili, funzioni, classi, metodi e costanti, così come quello di nomi parlanti, ovvero che rendano chiaro l'utilizzo di una componente e, soprattutto, evitare di riutilizzare la stessa componente per scopi diversi, rende più chiaro e leggibile il codice anche a fronte di una ricerca di errori.
Commenti
I commenti sono fondamentali, soprattutto se il codice viene scritto a più mani. In particolare, il commento deve dare un valore aggiunto all'istruzione. Ad esempio, se l'istruzione è
lordo = tara + netto ;
non ha senso scrivere un commento come
/* il peso lordo è uguale a quello netto più la tara */
perché si evince già dal nome delle variabili. Un commento come
/* "tara" è una costante definita nel file costanti.php */
è sicuramente molto più utile.
Voci correlate
Bug
Debugger
Test strutturale
Sistema di sviluppo
Troubleshooting
Collegamenti esterni |
1657 | https://it.wikipedia.org/wiki/Document%20Type%20Definition | Document Type Definition | Il Document Type Definition (letteralmente "definizione del tipo di documento", noto anche con l'acronimo DTD) è uno strumento utilizzato dai programmatori il cui scopo è quello di definire le componenti ammesse nella costruzione di un documento XML.
Il termine non è utilizzato soltanto per i documenti XML, ma anche per tutti i documenti derivati dall'SGML (di cui peraltro XML vuole essere una semplificazione che ne mantiene la potenza riducendone la complessità) tra cui celeberrimo è l'HTML.
In SGML un DTD è necessario per la validazione del documento. Anche in XML un documento è valido se presenta un DTD ed è possibile validarlo usando il DTD.
Tuttavia XML permette anche documenti ben formati, ovvero documenti che, pur essendo privi di DTD, presentano una struttura sufficientemente regolare e comprensibile da poter essere controllata.
Il DTD si può dichiarare all'interno di uno stesso documento XML (dichiarazione inline).
Cosa fa un DTD
Definisce gli elementi leciti all'interno del documento. Non si possono usare altri elementi se non quelli definiti. Una specie di "vocabolario" per i file che lo useranno.
Definisce la struttura di ogni elemento. La struttura indica cosa può contenere ciascun elemento, l'ordine, la quantità di elementi che possono comparire e se sono opzionali o obbligatori. Una specie di "grammatica".
Dichiara una serie di attributi per ogni elemento e che valori possono o devono assumere questi attributi.
Fornisce infine alcuni meccanismi per semplificare la gestione del documento, come la possibilità di dichiarare entity e la possibilità di importare parti di altri DTD.
Inoltre il DTD serve ad un parser per controllare la correttezza di un documento (well formed).
Esempio
Il seguente DTD:
<!ELEMENT persona (nome, cognome)>
<!ELEMENT nome (#PCDATA)>
<!ELEMENT cognome (#PCDATA)>
definisce una struttura così composta:
<persona>
<nome>Mario</nome>
<cognome>Rossi</cognome>
</persona>
Sintassi DTD
Un DTD è opzionale e può essere specificato all'inizio di un documento XML, inoltre può essere specificato se le definizioni sono interne od esterne al documento XML.
DTD interno:
<!DOCTYPE Report [ ...
]>
DTD esterno:
<!DOCTYPE Report SYSTEM “Report.dtd”>
<!DOCTYPE Report PUBLIC “Report.dtd”>
Elemento di DTD
Ciascun elemento deve essere dichiarato in una DTD con dichiarazioni di tipo di elemento. Tali dichiarazioni hanno la forma:
<!ELEMENT nome-elemento ( modello di contenuto )>
Esempio:
<?xml version = "1.0"?>
<!DOCTYPE nota [
<!ELEMENT nota (#PCDATA)>
]>
<nota>Ricordati di acquistare il latte tornando a casa</nota>
#PCDATA
PCDATA è una parola chiave riservata alla DTD per "Parsed Character Data", che indica del testo generico.
PCDATA indica che l'elemento contiene dati di testo leggibili da un analizzatore XML ed elaborati opportunamente. Se ci sono marcatori nei PCDATA, possono influenzare l'analisi sintattica del documento.
Parola chiave ANY
Si può definire un certo elemento sapendolo certamente non vuoto (cioè contiene elementi o testo o entrambi), ma senza conoscere
esattamente il modello di contenuto. Nella DTD si può usare allora la parola chiave ANY per dichiarare che il contenuto di quell'elemento può essere qualsiasi cosa.
Sintassi
<!ELEMENT nome ANY>
Esempio:
<?xml version = "1.0"?>
<!DOCTYPE nota[
<!ELEMENT nota ANY>
<!ELEMENT numero EMPTY>
<!ELEMENT messaggio (#PCDATA)>
<!ELEMENT data EMPTY>
]>
<nota>
<numero />
<messaggio> Ricordati di comprare il latte tornando a casa</messaggio>
<data />
</nota>
Contenuto misto dell'elemento
Se si vuole definire una regola che consenta a un elemento di contenere testo o altri elementi in qualche combinazione si usa un modello a contenuto misto.
Sintassi
<!ELEMENT nome (#PCDATA | figlio)*>
Esempio
<?xml version = "1.0"?>
<!DOCTYPE nota[
<!ELEMENT nota (#PCDATA | numero | messaggio | data )*>
<!ELEMENT numero EMPTY>
<!ELEMENT messaggio ( #PCDATA )>
<!ELEMENT data EMPTY>
]>
<nota>Nota importante
<numero />
<messaggio>Ricordati di comprare il latte tornando a casa</messaggio>
<data />
</nota>
Elementi annidati
Gli elementi possono essere contenitori per altri elementi (elementi annidati).
L'elemento radice di un documento XML normalmente è di questo tipo. Esempio:
<?xml version = "1.0"?>
<!DOCTYPE nota [
<!ELEMENT nota ( messaggio )>
<!ELEMENT messaggio ( #PCDATA)>
]>
<nota>
<messaggio> Ricordati di comprare il latte tornando a
casa</messaggio>
</nota>
La definizione DTD prevede dapprima la dichiarazione dell'elemento radice e tra parentesi tonde l'elenco degli elementi annidati, e dopo la dichiarazione per ogni elemento annidato.
Elemento vuoto
Gli elementi vuoti normalmente vengono usati come
segnaposto, o per fornire valori di attributi necessari che non
modificano propriamente altri elementi. La parola chiave EMPTY nel modello di contenuto di un elemento dichiara che è un elemento vuoto. Esempio:
<?xml version = "1.0"?>
<!DOCTYPE nota [
<!ELEMENT nota (numero, messaggio)>
<!ELEMENT numero EMPTY>
<!ELEMENT messaggio(#PCDATA)>
]>
<nota>
<numero />
<messaggio> Ricordati di comprare il latte tornando a casa</messaggio>
</nota>
Attributo
Le dichiarazioni di attributo hanno la forma seguente:
<!ATTLIST nome-elemento
nome-attributo1 (tipo) valori_predefiniti
nome-attributo2 (tipo) valori_predefiniti>
In una DTD si dichiarano tre tipi fondamentali di attributi:
Stringhe, indicate dalla parola chiave CDATA (CDATA è solo testo, ma testo che l'analizzatore sintattico non tenta di elaborare; i caratteri di marcatura, come le parentesi angolari, vengono ignorati nei segmenti CDATA, ma risolti nei segmenti PCDATA.)
Attributi tokenizzati, indicati da token dichiarati
Attributi enumerati, per i quali viene indicata una serie di valori validi fra cui scegliere
Valori predefiniti degli attributi
#REQUIRED Specifica che l'attributo è obbligatorio
#FIXED Fornisce una dichiarazione di costante per il valore di un attributo. Se il valore è diverso da quello dichiarato, il documento non è valido
#IMPLIED L'attributo è facoltativo. Cioè, se l'attributo non appare nell'elemento, l'applicazione di elaborazione può usare qualsiasi valore (se necessario).
Esempio:
<?xml version = "1.0"?>
<!DOCTYPE nota [
<!ELEMENT nota (messaggio)>
<!ELEMENT messaggio (#PCDATA)>
<!ATTLIST messaggio
numero CDATA #REQUIRED
data CDATA #REQUIRED>]>
<nota>
<messaggio numero="10" data="140305">
Ricordati di comprare il latte tornando a casa
</messaggio>
</nota>
La parola chiave CDATA consente l'inclusione nella stringa di qualsiasi carattere, fuorché , e .
Attributi tokenizzati
Le opzioni tokenizzate danno il modo per limitare i valori permessi per gli attributi. Per esempio, possiamo volere che ciascun elemento abbia un identificativo unico, oppure permettere che un attributo possa avere solo uno o due valori diversi.
Tipi di attributi tokenizzati nelle DTD:
ID Identifica in modo univoco un elemento
IDREF Punta ad un elemento che ha un attributo ID
IDREFS Punta a più elementi che hanno un attributo ID. Gli attributi puntati sono elencati separati da uno spazio
ENTITIES Fa riferimento a una entità esterna non analizzata sintatticamente
NMTOKEN definisce qualche limitazione ai caratteri accettabili nei contenuti XML;
in particolare, limita i dati alle stesse regole usate nelle convenzioni sui nomi di elemento XML Il tipo di attributo name token, cioè NMTOKEN, restringe i valori validi a quelli costituiti da lettere, cifre, punti, trattini, virgole e sottolineature.
Esempio
<?xml version = "1.0"?>
<!DOCTYPE nota [
<!ELEMENT nota ( messaggio+, risultato+)>
<!ELEMENT messaggio (#PCDATA)>
<!ATTLIST messaggio
numero ID #REQUIRED
da CDATA #REQUIRED>
<!ELEMENT risultato (#PCDATA)>
<!ATTLIST risultato
msg IDREF #IMPLIED>
]>
<nota>
<messaggio numero="a1" da="Pippo">Ricordati di comprare il latte tornando a
casa</messaggio>
<messaggio numero="a2" da="Pluto">Ho bisogno di aiuto per i compiti a casa
</messaggio>
<risultato msg="a1">il latte era scaduto</risultato>
<risultato msg="a1">sono andato in un altro negozio</risultato>
<risultato msg="a2">ho finito presto i compiti</risultato>
</nota>
Attributi enumerati
Gli attributi di tipo enumerato descrivono un elenco di valori possibili per l'attributo valutato. Perché sia soddisfatto il requisito della validità, l'attributo deve avere uno dei valori presenti nell'elenco; in ogni altro caso viene considerato non valido. I valori enumerati sono separati da un carattere "pipe" (|), che è interpretato come "or" logico dal processore XML.
Esempio:
<!ATTLIST messaggio
Avviso ( basso | normale | urgente) “basso”>
Indicatori di occorrenza
Nella DTD vengono utilizzati dei simboli che predispongono il parsing a contare le occorrenze di un oggetto.
(es. ) Questo operatore di sequenza separa i membri di una lista che richiede l'uso sequenziale di tutti i membri della lista (a seguito da b, seguito da c)
| (es. a|b|c) Questo è un operatore di scelta, che separa membri di una lista quando è richiesto l'uso di uno e uno solo dei membri (a o b o c).
La mancanza di un simbolo indica una occorrenza necessaria (uno e uno solo di dati).
designa una occorrenza facoltativa (zero o uno).
indica un'occorrenza obbligatoria e ripetibile (uno o più).
indica un'occorrenza facoltativa e ripetibile (zero, uno o più).
Collegamenti esterni
Guida semplice in 15 lezioni
Standard informatici basati su XML
Standard Internet |
1658 | https://it.wikipedia.org/wiki/Dollaro%20neozelandese | Dollaro neozelandese | Il dollaro neozelandese è la valuta ufficiale della Nuova Zelanda e delle Isole Cook. Venne introdotto nel 1967 per sostituire la sterlina neozelandese, e passare al sistema decimale. Il codice ISO 4217 è NZD viene anche abbreviato con NZ$.
Il dollaro neozelandese è suddiviso in 100 cent. La valuta è disponibile in monete e banconote. Le denominazioni disponibili sono, in ordine decrescente:
100 dollari – banconota
50 dollari – banconota
20 dollari – banconota
10 dollari – banconota
5 dollari – banconota
2 dollari – moneta
1 dollari – moneta
50 cent – moneta
20 cent – moneta
10 cent – moneta
5 cent – moneta
Monete e banconote
Prima del 30 aprile 1990 erano in circolazione anche monete da 1 e 2 centesimi, che vennero ritirate suscitando qualche controversia. Ad ogni modo, le moderne transazioni (carte di credito, assegni, ecc.) non richiedono necessariamente importi multipli di 5 cent, e i neozelandesi si sono adattati rapidamente al cambio.
La mancanza di monete da 1 e 2 cent implica che i pagamenti in contanti vengono arrotondati ai 5 cent più vicini.
Le banconote neozelandesi, dal 1999, vengono stampate su polimero plastico invece che su carta convenzionale.
Tra i principali vantaggi del nuovo materiale figurano la difficoltà di contraffazione e la resistenza all'acqua.
Altri progetti
Collegamenti esterni
Nuova Zelanda
Economia della Nuova Zelanda
Valute oceaniane |
1662 | https://it.wikipedia.org/wiki/Educazione | Educazione | L'educazione (dal verbo latino educĕre o educare, entrambi con il significato di «trarre fuori») è l'attività, influenzata nei diversi periodi storici dalle varie culture, volta allo sviluppo e alla formazione di conoscenze e facoltà mentali, sociali e comportamentali in un individuo.
Il termine è spesso ritenuto complementare a insegnamento o istruzione anche se quest'ultima tende a indicare metodologie più spiccatamente "trasmissive" dei saperi. Tuttavia, sebbene le strategie istruzionali possano essere parte di un percorso educativo, il significato di educazione è più ampio e mira a estrapolare e potenziare anche qualità e competenze inespresse.
Se dal punto di vista etimologico il significato della parola appare chiaro, nella lingua italiana il suo utilizzo, rispetto a termini come istruzione o formazione, è talvolta equivoco anche in testi normativi e pedagogici.
In italiano il termine educato è anche sinonimo di un individuo che segua una condotta sociale corretta rispetto a norme non necessariamente codificate (benché di generale condivisione), le cosiddette "buone maniere" quali la "gentilezza", l'"urbanità", ecc. Un altro motivo di confusione è dovuto al diverso uso che si fa del termine educazione in altre lingue (ad es. nella lingua inglese con "education" si tende spesso a indicare "istruzione"). La stretta connessione che c'è tra il sapere acquisito da un individuo e il suo comportamento rendono le due parole apparentemente sinonime in vari contesti.
Esistono tre tipi di educazione: la formale, la non formale e l'informale. La prima disciplina che studiò sistematicamente i problemi dell'educazione fu la pedagogia, che si concentrò sull'educazione infantile. In tempi moderni nacquero poi le scienze dell'educazione e della formazione, che trattarono anche l'educazione continua in età adulta, rendendo questa accezione di "formazione" un sinonimo di educazione.
Storia
L'evoluzione della cultura e della società umana sono strettamente legate al processo di acquisizione di conoscenza unitamente a quello di costruzione e trasmissione di saperi. Nelle società preletterate la trasmissione attraverso le diverse generazioni avveniva mediante la memorizzazione delle tradizioni orali e l'imitazione. L'invenzione della scrittura rese maggiormente possibile non solo la preservazione, ma anche la diffusione del sapere. Ciò contribuì a trasformare sensibilmente i processi educativi e diede l'opportunità di emergere alle prime esperienze di educazione formale. Forme di scolarizzazione di questo tipo esistevano nell'antico Egitto già in un periodo compreso tra il 3000 e il 500 a.C.
Il termine educazione è strettamente legato a quello di pedagogia, disciplina che, secondo la moderna accezione, si occupa del suo studio sistematico.
Nella Grecia antica del 400 a.C., il sistema educativo denominato paideia ad Atene e agoghé a Sparta, coinvolgeva non solo le istituzioni scolastiche ma riguardava la partecipazione alla cultura greca nel suo complesso.
Secondo la filosofia socratico-platonica, imparare altro non è che un "tirar fuori" una conoscenza, che già esiste nell'individuo e che deve essere "condotta fuori" tramite un processo adatto, e-ducere («trarre da» in latino). Col Metodo socratico della maieutica, esposto da Platone nel Teeteto, attraverso l'arte della dialettica, paragonata da Socrate a quella della levatrice di "far partorire", il filosofo permetteva all'allievo di "tirar fuori" pensieri personali, appartenenti a una conoscenza già da esso posseduta. Tale metodo si opponeva a quello di coloro che volevano invece, tramite la retorica e la persuasione, imporre le proprie vedute agli altri come facevano i Sofisti.
Nel 350 a.C. il filosofo greco Aristotele, nella sua Politica, sosteneva che "l'educazione deve essere un oggetto di controllo pubblico, non privato".
Il modello greco della paideia venne in seguito ripreso e diffuso dai Romani, dai quali ricevette la sua forma umanistica occidentale più nota, e fatto proprio con vari adattamenti dai pensatori medievali e rinascimentali.
Nel 1631 il pedagogista ceco Comenio, nel suo Didactica magna ritiene che, al momento della nascita, la natura conferisca al bambino unicamente i "semi della scienza, della moralità e della religiosità", ma questi diventano di proprietà di ogni uomo soltanto attraverso l'educazione. Secondo il suo pensiero l'educazione è un'attività necessaria a stimolare questi "semi", che hanno quindi la potenzialità di guidare il processo di "umanizzazione": "l'uomo non può divenire tale fino a quando non è educato".
Per il filosofo inglese John Locke (1632-1704), l'educazione si attua grazie all'intervento e alla sorveglianza interpersonale che si stabilisce tra il precettore e il bambino.
Il filosofo tedesco Immanuel Kant (1724-1804) apprezza il fatto che l'educazione sfrutti la natura umana a beneficio della società: "è piacevole pensare che l'umanità si svilupperà meglio per mezzo dell'istruzione e che potrà arrivare a dare forma e a convivere con la differenza. Questa prospettiva rivela una felicità futura per l'umanità."
Con il filosofo statunitense Emerson (1803-1882) e le scuole a lui ispirate, invece, l'educazione si prospetta anzitutto come autoeducazione e come autocoltivazione che dura per tutta la vita.
Dal 1910 si diffusero, dapprima negli Stati Uniti, le metodologie educative proposte dalla pedagogista italiana Maria Montessori che posero in evidenza la libertà del bambino, come base per la creatività già presente nella sua natura e dalla quale deve emergere la disciplina.
Nel 1919 il filosofo austriaco Rudolf Steiner propone una teoria educativa nota come "Educazione Steineriana" o "Waldorf" nella quale l'apprendimento è interdisciplinare e integra elementi di operatività artistici e concettuali. L'approccio enfatizza il ruolo dell'immaginazione nell'educazione sviluppandosi in un percorso basato sulla libertà, creatività, moralità e responsabilità integrate nell'individuo.
Nel 1918 lo statunitense John Franklin Bobbitt nel volume The Curriculum introduce nell'educazione il concetto di curriculum (o "curricolo") e lo spiega come «il corso degli atti e delle esperienze attraverso le quali un bambino diventa adulto». Il termine curriculum come "corso di esperienze formative" pervade anche l'opera di John Dewey (che era in disaccordo con Bobbitt su molti punti essenziali) e che poneva l'accento sul concetto di esperienza ed in particolare sull'esperienza sociale che nasce dall'interazione tra l'uomo e l'ambiente dal quale si sviluppa il pensiero dell'individuo
La ricerca-azione o (action research) teorizzata negli anni quaranta dallo psicologo tedesco Kurt Lewin e le teorie dellaction learning proposta dal britannico Reg Revans (Revans, R. 1983) negli anni cinquanta diedero un importante contributo nello spostamento dell'attenzione dalla teoria educativa alla prassi.
Il comportamentismo e le correnti comportamentisteLa tecnologia dell'insegnamento, trad. Lidia Magliano, introduzione di Cesare Scurati, Brescia: La Scuola, 1970 da un lato, introdussero il concetto che "le cose che fa un organismo, inclusi l'agire, il pensare e il percepire, siano da considerarsi comportamenti" mentre il cognitivismo a sua volta, pose tra l'altro l'accento sugli obiettivi. Si venne a delineare maggiormente l'idea di un processo di apprendimento evidenziato da una serie di comportamenti espliciti del discente al fine di dimostrare l'avvenuto raggiungimento di obiettivi specifici, eventualmente previsti da un "programma" predefinito.
I concetti di project management, l'epistemologia genetica (proposta negli anni cinquanta dallo svizzero Jean Piaget) nonché le correnti costruttivisteJean Piaget, La costruzione del reale nel bambino, 1973, La Nuova Italia, Firenze ISBN 88-221-0672-5, (titolo originale: La construction du réel chez l'enfant, 1937).Maturana, H.R., Varela, F.J., 1987, L'albero della conoscenza, Milano, Garzanti [El árbol del conocimiento, 1984] insieme a quelle costruzioniste di Seymour Papert1993 - The Children's Machine: Rethinking School in the Age of the Computer. New York: Basic Books. I bambini e il computer, Rizzoli, Milano. 1994 contribuiscono a modificare ulteriormente il concetto di processo educativo. Questo, da atto fondamentalmente impegnato alla trasmissione di nozioni e semplici istruzioni, diventa un percorso complessivo, mirante a favorire la costruzione della conoscenza.
Gradualmente, nei processi di educazione formale, l'utilizzo del "programma" diventa una prassi importante. Il concetto di "programma" viene poi sostituito da quello di "progetto educativo" e in particolare dalla "progettazione educativa per competenze" si descrivono non solo i saperi da "trasmettere" ma anche i percorsi educativi da attuare per rendere possibile la formazione delle competenze che dovranno essere acquisite dai discenti. Intendendo per competenza la capacità di applicare determinate conoscenze in uno specifico contesto, al fine di raggiungere dei risultati previsti, mediante l'adozione di comportamenti adeguati.
Partendo dal concetto di scaffolding, termine usato come metafora per indicare l'intervento di una persona più esperta e utilizzato per la prima volta in ambito psicologico da Jerome Bruner, David Wood e Gail Ross nel 1976 nell'educazione individualizzata si afferma in Italia il cosiddetto "sfondo integratore", metodologia di progettazione educativa utilizzata nell'ambito dell'integrazione scolastica di alunni con disabilità.
Tale strumento considera anche la teoria di “zona di sviluppo prossimale” teorizzata da Lev Semënovič Vygotskij, e rivolge particolare attenzione all'organizzazione degli elementi dell'ambiente (soprattutto spazi, materiali, tempi) e all'utilizzo di elementi mediatori o organizzatori delle attività (in linea con la pedagogia istituzionale). La prima elaborazione del costrutto è contenuta in (Zanelli, 1986).
Notevole impatto sulle teorie dell'educazione ha avuto la teoria delle intelligenze multiple (theory of multiple intelligences) proposta da Howard Gardner nel 1983 che, considerando priva di fondamento la vecchia concezione di intelligenza come un fattore unitario misurabile tramite il Quoziente d'intelligenza (Q. I.), identifica almeno sette manifestazioni differenziate di "intelligenza", ognuna deputata a differenti settori dell'attività umana.
Diritti umani
L'educazione è un diritto universalmente riconosciuto. Per l'educazione formale in particolare, esistono norme che stabiliscono precise garanzie:
A livello mondiale gli stati membri dell'ONU nel 1948 sottoscrivono la Dichiarazione universale dei diritti umani che con l'articolo 26 garantisce il diritto all'istruzione. Con la Convenzione Contro la Discriminazione nell'Istruzione: l'UNESCO stabilisce nel 1960 che una parte importante del diritto all'istruzione consiste nella mancanza di discriminazione. Nel 1966 la Convenzione Internazionale sui Diritti Civili e Politici (ICESCR) dell'ONU del 1966 ribadisce il diritto all'istruzione per tutti nell'art. 13.
A livello europeo sin dal 1953 la Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali con l'art. 2 del primo protocollo obbliga tutti i Paesi firmatari a garantire forme di educazione appropriate ai propri cittadini. Tale diritto è garantito anche dalla Carta sociale europea, convenzione del Consiglio d'Europa, firmata nel 1961 e rivista nel 1996.
A livello nazionale quasi tutti i Paesi possiedono legislazioni che garantiscono le fondamentali forme di educazione ai propri cittadini anche se non tutti riescono ad applicarle pienamente. L'Italia nella sua Costituzione stabilisce nell'articolo 33 e soprattutto nell'articolo 34, la garanzia di una scuola aperta a tutti e di istruzione inferiore gratuita e obbligatoria da impartirsi per almeno otto anni. L'obbligo di frequenza e la gratuità non riguardano, al contrario, l'istruzione superiore e quella di livello universitario. La legge fondamentale della Repubblica Italiana stabilisce inoltre che «Enti e privati hanno il diritto di istituire scuole ed istituti di educazione, senza oneri per lo Stato».
Il processo educativo
È un processo che nelle istituzioni dell'educazione formale richiede un apposito progetto educativo che viene utilizzato anche da organizzazioni volontaristiche come lo scautismo. Generalmente può esplicarsi in presenza di diverse tipologie di specifici contesti, attori e azioni:
Contesti:
Istituzioni educative formali (scuole, Accademie, Università) non formali (famiglia, amici, contesti culturali vari), informali (associazioni, club, società sportive, ecc.).
Attori:
Sia gli studenti sia il personale delle istituzioni educative formali sono considerati utenti (utenti esterni e utenti interni) all'organizzazione educativa in quanto soggetti che, in diverse forme, qualità e quantità fruiscono di servizi. Essi sono sottoposti a degli obblighi e doveri e sono tutelati da speciali diritti. L'UNESCO, ha stabilito sin dal 1960 il diritto allo studio degli studenti e nel 1996 le "Raccomandazioni relative allo status degli insegnanti" (Recommendation concerning the status of teachers). Quasi tutti i Paesi del mondo (ma non l'Italia) festeggiano inoltre il 5 ottobre la "Giornata mondiale dell'insegnante" (World Teachers' Day) come proposto dall'UNESCO.
Discenti (alunni o studenti) (come figure singole o come comunità di apprendimento): coloro che fruiscono dell'azione educativa.
Docenti (come singole figure professionali, appartenenti alla categoria dei lavoratori della conoscenza, o come comunità docente): termine generico riferito a coloro che impartiscono l'azione educativa nei sistemi formali. Nel caso dei sistemi non formali saranno le famiglie o gli educatori unici, i nonni e altri familiari, gli amici, ecc. Compagni di associazioni, squadre sportive, ecc. nel caso dei sistemi informali.
Educatori infantili: coloro che operano nelle strutture prescolastiche.
Maestri elementari: coloro che esercitano le loro attività di insegnamenti nella scuola primaria.
Professori: coloro che esercitano attività di insegnamento in una scuola di grado superiore (scuola secondaria di primo e di secondo grado, università e istituti superiori) come esperti di una disciplina.
Educatori professionali socio-pedagogici: coloro che svolgono attività educativa, formativa e pedagogica formale, non formale e informale, nelle varie fasi della vita, in una prospettiva di crescita personale e sociale.
Educatori professionali socio-sanitari: coloro che svolgono la loro attività in ambito socio-sanitario all'interno di un progetto terapeutico.
Formatori: coloro che preparano le persone a svolgere un'attività, una professione o comunque a iniziare un cambiamento personale.
Tutor/Istruttori: coloro che svolgono un ruolo "cerniera" tra le esigenze degli allievi e dei docenti all'interno di un corso di formazione. Tra le varie tipologie si ricordano il Tutor d'aula, il Tutor aziendale, il Tutor FAD e il Tutor dei Circoli di studio, ecc.
Animatori socio-educativi: coloro che si inseriscono all'interno di una comunità di apprendimento al fine di rafforzare o supportare, anche dal punto di vista motivazionale, una parte di un intervento educativo.
Azioni:
"Educare": azione attraverso la quale gli individui sviluppano o perfezionano facoltà e attitudini intellettuali, sociali e fisiche.
"Istruire": azione attraverso la quale idee o concetti vengono trasmessi da parte di un insegnante o di un tutor.
"Insegnare": azioni di uno specifico operatore (insegnante o docente nel caso dei sistemi formali) di mettere in atto specifici percorsi di apprendimento.
Nel caso delle istituzioni educative dei sistemi formali le azioni professionali dei docenti fanno riferimento a tecniche, metodologie e insiemi di pratiche della:
Didattica: che è la disciplina della pratica educativa e dell'insegnamento. Che si differenzia dalla matetica che è la disciplina che studia l'apprendimento.
Si è evidenziato come il processo educativo sia molto più ampio e distinto rispetto a quello dell'istruzione, intesa come insieme delle tecniche e delle pratiche per mezzo delle quali a un individuo vengono trasmesse nozioni teoriche o tecnico-operativo di una disciplina, di un'arte o di un'attività. Ciononostante oggi si tende a riconoscere alle fasi di istruzione la loro specificità e importanza all'interno di processi educativi volti a favorire contemporaneamente la formazione di autonomia, senso critico, e dialogico, potenziando le capacità esplorative dell'intelligenza e la creatività.
Il processo educativo, qui rappresentato in modo schematico, è in realtà un fenomeno di tipo complesso a causa delle molte variabili coinvolte, alcune delle quali di difficile controllabilità. Possiede inoltre forme di retroazione tra le quali quella più tipica si instaura tra docente-discente e mette spesso in atto processi di apprendimento reciproco. In queste fasi anche colui che insegna "impara" a insegnare.
Esistono fondamentalmente tre categorie o sistemi di educazione: i sistemi "formali", quelli "non formali" e quelli "informali".
Sistemi di educazione formale
È quella che si svolge nei luoghi formali cioè deputati e formalmente riconosciuti come un sistema scolastico, dalla scuola primaria all'università, insieme con una svariata serie di istituti specializzati o di formazione tecnica e professionale:
Nel mondo: nella maggior parte dei Paesi l'educazione dell'individuo è affidata, oltre che alle diverse agenzie dell'educazione non-formale e informale, ai diversi gradi della scuola pubblica con variabili livelli di obbligatorietà di frequenza.
In Italia: nell'ordinamento scolastico italiano la cosiddetta "scuola dell'obbligo" è suddivisa in cinque anni di scuola elementare e tre di scuola media. La frequenza scolastica è obbligatoria dal compimento del sesto anno di età fino al sedicesimo. Dopo il titolo finale dell'obbligo (che una volta era la licenza media, mentre oggi è il diploma conclusivo di primo ciclo di studi) scatta il diritto-dovere di istruzione e formazione, previsto dalla legge n. 53/2003, per assolvere al quale è possibile iscriversi a una scuola secondaria superiore oppure intraprendere percorsi di formazione e lavoro o alternanza scuola-lavoro. La scuola pubblica nell'ordinamento amministrativo italiano veniva classicamente indicata come "Pubblica Istruzione". In seguito all'allargamento dell'apporto statale alla scuola anche in forma di contributi per le scuole private (confessionali e no), si è tolta l'accezione "pubblica" per l'indicazione dell'istituzione scolastica. Lo stesso ex Ministero della pubblica istruzione ("MPI") è stato ribattezzato Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca ("MIUR"), accorpando così il settore istituzionale dell'università, fino ad allora MIUR. Nel 2006 sono stati ripristinati due ministeri distinti denominati Ministero della pubblica istruzione ("MPI") e Ministero dell'università e della ricerca ("MiUR").
Educazione prescolare
A fianco dell'educazione prescolare tradizionale, che segue il metodo montessoriano, in Italia nella seconda metà del Novecento si è sviluppato un approccio educativo per la fascia zero-sei anni che ha riscosso l'attenzione di pedagogisti, psicologi e studiosi di settore di tutto il mondo (Jerome Bruner, Howard Gardner, Gianni Rodari, James Heckman, ecc.). Si tratta del Reggio Emilia Approach, che ha visto la figura-simbolo di Loris Malaguzzi come ispiratore.
In particolare il Reggio Emilia approach è una filosofia educativa che si fonda sull'immagine di un bambino e, in generale, di un essere umano portatori di forti potenzialità di sviluppo e soggetti di diritti, che apprendono, crescono nella relazione con gli altri.
Questo progetto educativo globale, che viene portato avanti nelle Scuole e nei Nidi d'infanzia del Comune di Reggio Emilia e al quale si ispirano scuole di tutto il mondo, si fonda su alcuni tratti distintivi: la partecipazione delle famiglie, il lavoro collegiale di tutto il personale, l'importanza dell'ambiente educativo, la presenza dell'atelier e della figura dell'atelierista, della cucina interna, il coordinamento pedagogico e didattico.
Seguendo la centralità dei “cento linguaggi” di cui l'essere umano è dotato, tramite gli spazi atelier viene offerta quotidianamente ai bambini la possibilità di avere incontri con più materiali, più linguaggi, più punti di vista, di avere contemporaneamente attive le mani, il pensiero e le emozioni, valorizzando l'espressività e la creatività di ciascun bambino e dei bambini in gruppo.
Educazione scolastica
Sistemi di educazione non formale
Sono tutte quelle "attività educative organizzate" al di fuori del sistema di educazione formale. L'Unione Europea si è dotata di un programma, chiamato Gioventù in Azione (dal 2014 incluso nel più articolato Programma Erasmus+), per finanziare attività educative non formali per i giovani cittadini dei Paesi membri. Pur essendo riconosciuti dall'Unione europea, al pari di quelle formali, come strumenti per raggiungere le 8 Competenze chiave , i sistemi di educazione non formale, però, non rivestono in Italia lo stesso riconoscimento del sistema formale. Queste attività sono spesso organizzate da enti o associazioni che possono rilasciare certificati di frequenza, ma non titoli o qualifiche di studio formalmente riconosciute. Lo stesso programma Gioventù in Azione rilascia ai partecipanti alle sue attività l'attestato Youthpass, che pur essendo riconosciuto in diversi altri Paesi europei e garantendo ad esempio crediti formativi del sistema educativo formale a chi partecipa a occasioni di educazione non formale, in Italia non dà diritto ad alcun riconoscimento formale.
Sistemi di educazione informale
Sono tutti quei processi per mezzo dei quali, anche inconsapevolmente, si originano nell'individuo fenomeni educativi. Questo evento, altrettanto importante e spesso legato alla quotidianità, permette l'acquisizione di alcuni valori fondamentali, di molte abilità anche sociali e di conoscenze che potranno rivelarsi basilari nelle scelte di vita future. La famiglia, le conoscenze, il contesto sociale, i mass media unitamente alla qualità del contesto culturale sono variabili importanti di questo aspetto dell'educazione.
Modelli e metodologie educative
Apprendimento cooperativo o cooperative learning.
Questo tipo di approccio all’insegnamento trova la sua origine intorno agli anni ’80 del secolo scorso. Tra gli autori ad aver spiccato per la creazione in Minnesota, di un metodo che costituirà la base dei principi del Cooperative Learning, chiamato Learning Together, si trovano David W. Johnson e Roger T. Johnson.
In Italia due autori, Comoglio e Cardoso, definirono delle condizioni per l’applicazione del Cooperative Learning in classe. Ogni partecipante dovrà essere consapevole di trovarsi in un ambiente di insegnamento in cui ognuno avrà la propria influenza sugli altri componenti, per cui tutti saranno responsabili del successo del gruppo. In questo contesto di cooperazione è fondamentale che ci sia un aiuto reciproco, in cui ci si sproni a vicenda per migliorare le prestazioni, perciò sarà fondamentale utilizzare competenze socialmente efficienti (leadeship, problem solving, decision-making, gestione dei conflitti).
La leadership non verrà attribuita a singoli partecipanti ma ognuno avrà il suo ruolo fondamentale per la riuscita del compito.
L’insegnante deve predisporre la formazione del gruppo di lavoro affinché funzioni, e rendere al corrente degli obiettivi specifici che ogni partecipante dovrà raggiungere. Infine, saranno messe a punto le valutazioni di cui si discuterà per trovarne punti di forza e di criticità.
Assalto mentale o brain storming.
L’assalto mentale, o brainstorming (letteralmente “tempesta di cervelli”), è una tecnica, utilizzata anche in ambito educativo-didattico, ma soprattutto nel contesto lavorativo gestionale e pubblicitario che ha lo scopo di raccogliere idee diverse per giungere a una soluzione a una problematica posta in partenza da colui che gestisce la conversazione.
Le diverse idee verranno raccolte e scritte su una lavagna, si procederà con l’analisi di queste discutendone una risposta omogenea e obiettiva.
La tecnica del brainstorming, sebbene fosse diffusa già dai tempi del Medioevo in altre forme, cominciò la sua diffusione intorno agli anni '50 del 1900 grazie a un pubblicitario: Alex F. Osborne.
Nell’ambito educativo è una metodologia che trova numerose approvazioni in quanto permette agli studenti di mantenere la concentrazione su un determinato argomento, poiché viene richiesta la propria opinione che consentirà di creare una definizione univoca del concetto posto in partenza.
Tavola rotonda (Circle time)
Il circle time è una metodologia spesso utilizzata nella scuola dell’infanzia che sfruttando la metafora della tavola rotonda in cui ognuno seduto all’interno di un cerchio occupa una posizione importante, nessuno avrà la posizione di leader, solamente l’insegnante avrà il ruolo di conduttore della discussione.
Il tempo del cerchio sviluppa nel bambino competenze sociali e affettive.
L’insegnante chiederà ai bambini di disporsi ponendo le sedie in modo da formare un cerchio e si servirà di un oggetto di qualsiasi natura per gestire i turni all’interno della conversazione. È bene scegliere un momento della giornata o un giorno della settimana in cui verrà svolto.
Il conduttore dovrà aiutare i partecipanti a esprimere sentimenti riguardanti situazioni vissute nella loro vita, punti di vista su argomenti: questo aspetto permette al singolo bambino di sviluppare consapevolezza di sé.
Imparare facendo. Learning by doing
Il learning by doing è una metodologia didattica messa a punto da John Dewey, il quale fondò a Chicago una scuola per bambini dai 6 agli 11 anni, nella facoltà di psicologia dell’Università, per testare l’apprendimento fondato sull’esperienza diretta.
Dewey abbandona l’insegnamento ormai superato basato sulla didattica frontale.
L’insegnante deve individuare un obiettivo che riesca a motivare la partecipazione dei bambini, questi ultimi dovranno sperimentare sulle conoscenze utilizzando le loro potenzialità acquisite in precedenza.
Il bambino dovrà sviluppare il pensiero divergente, agendo direttamente sugli apprendimenti i quali verranno interiorizzati riuscendo in tal senso ad applicare le conoscenze acquisite in ambiti differenti da quelli sperimentati inizialmente.
L'imparare facendo può essere applicato alle attività laboratoriali scolastiche, infatti, la visione del laboratorio povero, che esulando dallo spazio fisico è soprattutto un luogo mentale, costituisce una scelta metodologica da sperimentare in modo sistemico e può divenire buona prassi di insegnamento secondo una modalità learning by doing applicata agli stessi docenti. Elemento di innovazione pertanto sarà anche la possibilità di realizzare i kit insieme ai colleghi fruitori del percorso formativo.
Lezione frontale
La lezione frontale è una metodologia formativa che permette la trasmissione di saperi teorici.
L’insegnante inizialmente espone concetti utilizzando prettamente modelli, successivamente lascia la parola agli uditori affinché chiedano chiarimenti.
Durante una didattica frontale si possono utilizzare anche strumenti, quali manuali, libri di testo o supporti multimediali per la fruizione di materiali online.
Risoluzione problematiche (Problem solving)
Il problem solving è una metodologia che vede l’apprendimento come un processo che conduce il soggetto alla soluzione di problemi, attraverso il pensiero divergente. In ambito didattico questo tipo di tecnica è utilizzata prettamente per l’insegnamento della matematica.
Nel problem solving si individuano degli elementi caratterizzanti. Inizialmente il soggetto si trova davanti allo studio del problema, deve comprendere cosa ha di fronte e raccogliere il maggior numero possibile di informazioni, successivamente si farà una previsione si metteranno a punto gli strumenti e i tempi necessari.
Dopodiché inizierà la fase vera e propria della ricerca in cui si studieranno cause, conoscenze e dati.
Nel mentre si monitoreranno i risultati, se è necessario cambiare metodo o si sta percorrendo una strada che porterà a un esito positivo. Dopo il monitoraggio ci sarà lo studio dei risultati.
Gioco di ruolo (Role playing)
Role playing o gioco di ruolo nasce inizialmente come terapia psicologica per la gestione delle emozioni, è utilizzata tuttora soprattutto in ambito didattico e costituisce quindi una metodologia educativa che ha lo scopo di permettere al soggetto protagonista dell’apprendimento di immedesimarsi nel ruolo di un particolare personaggio. Secondo i principi del learning by doing questo consente di acquisire, interiorizzandolo, uno specifico apprendimento.
Apprendimento integrato di lingua e contenuti
Il CLIL (Content Language Integrate Learning, apprendimento integrato di lingua e contenuti) è una metodologia educativa sviluppatasi in Finlandia e in Olanda che ha lo scopo di trasmettere contenuti in inglese, in questo caso si riesce a unire trasmissione di apprendimenti e acquisizione o perfezionamento di una lingua differente da quella madre. Attualmente dal 2010 si è introdotto lo studio di una disciplina in lingua straniera per i Licei e gli Istituti tecnici, e di due nei Licei Linguistici a partire dal terzo e quarto anno.
La lingua deve essere calibrata sulle conoscenze degli studenti, altrimenti lo studio della disciplina non avrebbe successo, l’insegnante a tal proposito dovrà tradurre passando da una lingua all’altra attraverso il code-switching, nel caso gli alunni mostrassero criticità.
Flip teaching
Il modello educativo del flip teaching consiste prevalentemente nel capovolgere la didattica, far svolgere il lavoro che di solito gli studenti svolgono a casa, a scuola e viceversa.
Gli alunni familiarizzeranno con i contenuti da acquisire nelle proprie case, successivamente a scuola porranno all'insegnante domande che avranno preparato nella prima fase dell’apprendimento. Successivamente l’insegnante fornirà attività fondate sulla ricerca attiva e sul problem solving, rivestendo il ruolo di guida che darà aiuti nel caso fossero richiesti. Il Flip Teaching permette perciò una personalizzazione dell’apprendimento, in quanto ogni alunno approfondirà i concetti che non avrà compreso.
La metodologia si basa prevalentemente sull’uso di dispositivi elettronici quali computer o tablet, sia per la fase di studio individuale sia per quella di ricerca attiva. Per questo mostra delle criticità in quanto si potrebbero ridurre i rapporti umani.
Educazione e problematiche di genere
Alcuni orientamenti pedagogici ripropongono di dare spazio all'educazione differenziata separando fisicamente i due sessi, in tutte o in alcune fasi dell'azione educativa. Secondo i promotori di queste metologie, gli studenti dei due generi trarrebbero diversi benefici dall'inserimento in classi o gruppi di apprendimento composti da persone dello stesso sesso.
Educazione per sordi
Bambini e ragazzi appartenenti alla comunità sorda necessitano di pedagogia speciale.
È possibile insegnare loro attraverso la lingua dei segni, l'oralismo oppure entrambi.
Principali temi
Educazione all'ambiente
Educazione alla società
Educazione stradale
L'educazione stradale riguarda il rispetto delle regole definite nel Codice della strada per una usufruizione sicura della strada da parte di automobilisti (rispetto di semafori, precedenze, limiti di velocità, ecc.) e pedoni (semafori, divieti di attraversamento, ecc.). Se il termine è stato coniato per le regole attuali, già ben prima dell'invenzione del motore a scoppio esistevano delle regole, anche se molto più semplici e talvolta usate per non causare dispute. Ad esempio Alessandro Manzoni, ne I promessi sposi narra di Fra Cristoforo, autore di un delitto causato da una disputa per una precedenza tra pedoni nobili. Anche se il fatto è di fantasia, esso descrive le regole applicate all'epoca e un avvenimento verosimile. Anche i Romani avevano regole simili, e verosimilmente gran parte delle civiltà che hanno costruito delle strade.
Educazione alla salute ed all'igiene
Non sempre è scontato conoscere il proprio corpo, ciò che gli fa bene o gli è nocivo. La conoscenza di tutto ciò che fa bene (e male) al corpo rientra nell'ambito dell'igiene. Con tale termine ci si riferisce abitualmente solo alla pulizia personale e dei cibi per evitare il proliferare di batteri nocivi; in realtà il senso di questa parola è più ampia e può includere tutte quelle abitudini da acquisire per non nuocere al proprio organismo, inclusa l'ergonomia.
Educazione fisica
È quella branca dell'educazione che utilizza attività motorie e sportive a fini formativi. Il corpo umano ha bisogno di movimento, sia per una corretta crescita, sia per il mantenimento di valide condizioni di salute. Se in passato la vita meno sedentaria favoriva l'acquisizione di corretti stili di vita attiva, le società post-industrializzate, informatizzate e globalizzate, mortificano la dimensione corporea dell'uomo nello sviluppo armonico della persona. Negli ultimi dieci anni in Occidente è segnalato in aumento il numero di obesi e di sovrappeso, specie in età giovanile, effetto dell'ipocinesia.
Nelle scuole le potenzialità positive del corpo vengono sviluppate talvolta direttamente con l'ausilio di esercitazioni finalizzate, talaltra ricorrendo alla pratica di sport quali ginnastica, pallavolo, corsa e simili. Un particolare aspetto dell'educazione fisica è l'ergonomia, ovvero l'assunzione delle posture più efficaci e igieniche.
Educazione sessuale
Un ramo particolare dell'educazione alla conoscenza del proprio corpo è l'educazione sessuale, principalmente perché talvolta certi argomenti non sono trattati per pudore nelle società più evolute, e inoltre per le differenze tra uomo e donna che si ritrovano ad avere problemi e necessità diverse. Essa va dalla conoscenza dell'apparato riproduttivo e quindi la relativa igiene, il ciclo mestruale e una conoscenza della trasmissione (e quindi prevenzione) delle cosiddette malattie veneree.
Educazione alimentare
Educazione tecnica
L'educazione tecnica mira a dare la mentalità e delle conoscenze tecniche per affrontare semplici problemi. Ad esempio la conoscenza di semplici macchine (come le leve) se ci si trova nella situazione di dover spostare pesi. Tali conoscenze costituiscono la base per ogni studio approfondito di materie correlate alla tecnologia.
Educazione all'arte
Educazione linguistica
Educazione alla matematica
Educazione alla scienza
Educazione all'immagine
Educazione a livello europeo ed internazionale
L'idea di armonizzare i sistemi educativi europei, nasce fin dall'avvento della Comunità europea ma inizia a realizzarsi solo negli anni novanta. Nel 1999 il Processo di Bologna avvia un percorso di uniformazione dei sistemi scolastici che porta nel 2010 al varo dello Spazio europeo dell'istruzione superiore.
Nel mondo, l'Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE) si occupa di dare una valutazione dei sistemi di istruzione nei vari paesi.
Note
Bibliografia
Barrio J.M. (2005) (ed.), Educación diferenciada, una opción razonable, Pamplona, Eunsa.
Calvo M. (2005), El derecho a una educación diferenciada, Córdoba, Almuzara.
Dunkin M. J. (1987), Teachers' sex, in Dunkin M.j. (ed.), International encyclopedia of teaching and teacher education, Oxford, Pergamon Press.
Foster, V. (1998) “Education: A site of desire and threat for Australian girls” in MacKinnon A. – Elqvist-Saltzman I. & Prentice A. (Eds) Education into the 21st Century: dangerous terrain for women? London: Falmer Press.
Gels F. L. – Boston M.B. – Hoffman N. (1985) Sex of authority role models and achievement by men and women: Leadership performance and recognition, Journal of Personality and Social Psychology, 49, 635-656.
Giesen H. (1992), Die bedeutung der koedukation fùr die genese der studienfa chwahl, in “Zeitschrift fùr pàdagogik”, 38, 67-81.
Hannover B. (1997) Die bedeutung des pubertdren reifestatus fùr die herausbildung informeller interaktionsgruppen in koedukativen klassen und in machenschulklassen, in “Zeitechrift fur padagogische psychologie”, 11, 3-13.
Hughes, J. – Sandler, B. (1988) Peer Harassment, Hassles for Women on Campus. Washington: Association of American Colleges.
Lawrie, L. – Brown, T. (1992) “Sex stereotypes, school subject preferences and career aspirations as a function of single/missed sex schooling and presence/absence of an opposite sex sibling”. British Journal of Educational Psychology 62, 132-138.
Li Q., Teacher's beliefs and gender differences in mathematics: a review, in «Educational research», 1999, 41, 63-76.
Monaco N. M. – Gaier E.L. (1992), Single-sex versus coeducational environment and achievement in adolescent females, in «Adolescence», 27, 578-594.
Montessori, Maria (1970) Come educare il potenziale umano, Milano, Garzanti, 1970 (I edizione inglese con il titolo To educate the human potential, 1947).
Montessori, Maria, (1950) L'autoeducazione, Milano Garzanti, (The Montessori-Pierson Estates, 1962).ISBN 978-88-11-67472-6
Noe R.A. (1998) Women and mentoring: A review and research agenda, Academy of Management Review, 13,65-70.
Revans, Reginald W. (1983). The ABC of action learning''. Bromley: Chartwell-Bratt Studentlitteratur.
Sarah, E. – Scott, M. – Spender, D. (1980) “The education of feminists: the case for single-sex schools” in D. Spender – E. Sarah (Eds) Learning to Lose: sexism in education. London: The Women's Press.
Spender, D. (1982) Invisible Women: the schooling scandal. London: Writers and Readers Press.
Tiedemann J. – Faber G. (1994), Madchen und Grundschulmathematik: ergebnisse einer vierjahrigen langsschnittuntersuchung zu ausgewalten geschlechtsbezogenen unterschieden in der Leistungsentwicklung, in «Zeitschrift fur Entwicklungspsychologie und Padagogische Psychologie», 26, 101-111.
Vidal E. (2006) (ed.), Diferentes, iguales, ¿juntos? Educación diferenciada, Barcelona, Ariel.
Zanelli, Paolo - Uno 'sfondo' per integrare, Bologna, Cappelli (1986)
Aldo Domenico Ficara - L’ebook per divulgare attività laboratoriali innovative 2021
Voci correlate Conoscenza, Processi cognitivi e filosofia della mente, il prodottoConoscenza / Conoscenza tacita / Intelligenza / Neurone / Neuroni specchio / Filosofia della mente / Cognizione / Processo cognitivo / Scienze cognitive / Psicologia cognitiva / Jerome Bruner / Psicologia dell'educazione / Psicologia dello sviluppo / Psicopedagogia / Pedagogia / Storia della pedagogia / Pedagogia speciale / Pedagogia sperimentale / Pedagogia istituzionale / Motivazione (psicologia) / Problem finding / Problem solving / Ricerca - azione / ScaffoldingApprendimento, Didattica, Matetica, Pedagogia e Scienze dell'educazioneApprendimento / Apprendimento basato sui problemi / Apprendimento cooperativo / Apprendimento collaborativo / Apprendimento cooperativo in aula / Action learning / Apprendimento ancorato / Apprendimento situato / Andragogia / Processo educativo / Educazione permanente / Educazione aperta / Educazione omogenea / Contesto educativo / Coeducazione / Edutainment / Metodo Suzuki / Formazione / Apprendistato / Apprendistato cognitivo / Didattica / Matetica / Metodo socraticoTeorie, metodi di apprendimentoMaria Montessori //Metodo Montessori / Rudolf Steiner / Antroposofia / Pedagogia Waldorf / Costruttivismo (psicologia) / George Kelly / Jean Piaget / Humberto Maturana / Ernst von Glasersfeld / Francisco Varela / Heinz von Foerster / Niklas Luhmann / Paul Watzlawick / Lev Semënovič Vygotskij / Gregory Bateson / Ludwig Wittgenstein / Costruzionismo (teoria dell'apprendimento) / Seymour Papert / Loris Malaguzzi Tipizzaizione Educazione //Educazione differenziata / Educazione interculturale /Educazione omogeneaApprendimento a Distanza e Tecnologie della comunicazioneSocietà dell'informazione / Knowledge management / Formazione a distanza / E-learning / Glossario di e-learning / Interaction design in ambienti e-learning / Tic / Informatizzazione / Telematica / Architettura telematica / M-learning / Società italiana di e-learning / ENIS / Computer Based Training / Tutoriale / Progettazione della formazione / ITALC / Economia della conoscenza / Learning management system / Docebo / Moodle / Progetto SLOOP / Courseware / Tecnologia educativaValutazioneDocimologia / Valutazione / Verifica / Misurazione / Controllo / Prove strutturate di valutazioneIstituzioni educativeScuola / Scuola privata / Scuola dell'infanzia / Scuola primaria in Italia / Scuola secondaria di primo grado in Italia / Scuola secondaria di secondo grado in Italia / Scuola professionale / Seminario / Istruzione superioreProgettazione e organizzazioneProgetto / Organizzazione / Strumenti organizzatori del contesto educativoAttoriStudente / Docente / Professore / Formatore / Educatore / Educatore professionale socio pedagogico / Educatore professionale socio sanitario / Educatore della famiglia / Tutor / Tutor di formazione / Tutor dei Circoli di studio / Dirigente scolastico / RicercatoreComportamento, competenze, aspetti sociali dell'apprendimentoComportamento / Comportamentismo / Burrhus Skinner / Condizionamento classico / Condizionamento operante / Competenza / Sociologia / Apprendimento collaborativo / Peer tutoring / Groupware / Comunità di azione / Comunità di pratica / Comunità di pratica virtuale / Comunità di circostanza / Comunità di intenti / Comunità di interesse / Comunità di posizioneIntegrazione educativaSfondo integratore / Educazione differenziataAspetti linguistici e interculturaliImmersione linguistica e lingue veicolari nell'apprendimento / Intercultura / Educazione interculturaleRegole, Legislazioni e istanze sociali'''
Galateo / Galateo overo de' costumi / Statuto delle studentesse e degli studenti
Altri progetti
Collegamenti esterni
Infanzia |
1663 | https://it.wikipedia.org/wiki/Esperto | Esperto | Un esperto, nel senso di competente, è una persona alla quale, per motivo di professione oppure per una comunque acquisita competenza ed esperienza su una data materia, viene richiesto di fornire pareri scientifici su argomenti di dettaglio.
L'opposto di esperto è inesperto, anche conosciuto come neòfita, mentre dilettante è opposto di professionista, mentre qualcuno che occupa un grado inferiore di comprensione dell'argomento è conosciuto come tecnico e spesso utilizzato per assistere l'esperto.
Descrizione generale
Una persona può essere un esperto in un campo e dilettante in un altro. Il concetto di esperto e di esperienza sono discussi nel campo dell'epistemologia sotto il nome di conoscenza esperta.
Nei campi specifici, la definizione di esperto è stabilita dal consenso degli altri specialisti e non è necessario per un individuo avere qualifiche professionali o accademiche per essere definito un esperto.
Per esempio un pastore con 50 anni di esperienza viene considerato esperto nell'ammaestrare cani o prendersi cura delle pecore. Un altro esempio dall'informatica si trova quando un sistema esperto addestrato dagli uomini può alle volte essere considerato un esperto e superare gli esseri umani in particolari compiti.
Il termine è largamente usato in modo informale, quando una persona viene qualificata come 'esperto' per sostenere il valore relativo della loro opinione, quando non ci sono criteri oggettivi per sapere quanto lo sia veramente.
La maggior parte dell'esperienza viene generalmente accumulata con l'avanzare del tempo, sebbene si possa esperire anche un singolo evento repentino. Il termine viene generalmente utilizzato in riferimento al cosiddetto know-how ovvero alla conoscenza procedurale, piuttosto che alla conoscenza proposizionale.
La storia del termine "esperienza" si allinea molto da vicino con il concetto di esperimento.
In filosofia, il termine è invece utilizzato spesso in riferimento alla "conoscenza empirica", ovvero "conoscenza a posteriori". Si è soliti chiamare esperto una persona che abbia saputo trarre profitto dalle sue od altrui vicissitudini personali, migliorando così le sue capacità di decisione.
Le principali qualità degli esperti sembrano essere il notevole sviluppo delle abilità percettivo-attentive, la capacità di semplificare, quella di selezionare le situazioni dal punto di vista decisionale, una maggior creatività, il ricorso ad automatismi cognitivi, la capacità di reazione alle eccezioni a strategie.
Tra gli ostacoli che impediscono un valido processo di soluzione dei problemi (cioè il formarsi dell'esperto) figurano l'indecisione, l'abitudine (vale a dire la persistenza di una disposizione abituale verso una soluzione che magari è stata valida un tempo, ma non lo è più attualmente), l'incapacità di scorgere alternative.
Immediatezza dell'esperienza
Un'esperienza è detta "di prima mano" quando è riportata direttamente da colui che l'ha compiuta (ad esempio, il testimone oculare di un certo accadimento). Nonostante la preziosità di un siffatto tipo di esperienza, esso non è esente dagli errori tipicamente provocati dalla percezione sensoriale e dall'interpretazione personale.
Un'esperienza di seconda mano, per contro, può possedere alcuni utili pregi: può esser stata verificata a partire dalle esperienze di più di una persona, e può così risentire delle reciproche correzioni offerte dal confronto di più punti di vista.
Quando l'esperienza comincia a essere di terza mano, la lontananza della fonte originale rende l'informazione poco affidabile, relegandola nel "sentito dire".
Etimologia
Come ha notato il filosofo Michel Serres la saggezza multimillenaria delle lingue greco-latine ha forgiato il termine «esperienza» servendosi di due preposizioni: «ex» (= da), che significa la partenza, l'allontanamento, il distacco più o meno volontario dall'ambiente familiare, usuale o iniziale e «per», che designa il viaggio attraverso un ambiente, un mondo nuovo. L'esperienza significativa scaturisce da questo movimento duplice – intreccio di distacco e di peregrinazione – e comporta sempre dei rischi. Per questo il termine esperienza s'apparenta al termine "pericolo", con cui condivide una radice.
Anche l'espressione tedesca che designa l'esperienza – Erfahrung – racchiude in sé il motivo del viaggio (Fahrt) e quindi la duplice idea della partenza e della peregrinazione.
Note
Voci correlate
Competenza
Esperienza
Altri progetti
Sociologia |
1666 | https://it.wikipedia.org/wiki/Eurasia | Eurasia | LEurasia è un'area continentale (talvolta considerata un supercontinente) comprendente l'Europa () e l'Asia .
Posta principalmente nell'emisfero settentrionale e orientale, è delimitata dall'Oceano Atlantico a ovest, l'Oceano Pacifico a est, l'Oceano Artico a nord, l'Africa, il Mar Mediterraneo e l'Oceano Indiano a sud. Solitamente l'Europa e Asia vengono considerate come due continenti distinti per motivi storici, culturali, linguistici ed etnici; il confine tra i due continenti, pertanto, è convenzionale e segue gli Urali, il fiume Ural, la costa del mar Caspio e lo spartiacque del Gran Caucaso o, in alternativa a quest'ultimo, la depressione del Kuma-Manyč.
Geografia
Europa e Asia sono un'unica massa continentale, non avendo una netta separazione geologica e geografica. Non esiste pertanto un confine tra Europa e Asia universalmente riconosciuto. L'Eurasia copre circa 55 milioni di chilometri quadrati (21 milioni di miglia quadrate), ovvero circa il 36,2% della superficie totale della Terra.
L'istmo di Suez unisce l'Eurasia all'Africa; si parla infatti di Eurafrasia o Continente Antico, termine in contrapposizione con Nuovo Continente o Nuovo Mondo, composto dalle due Americhe, e con Nuovissimo Continente, l'Oceania.
Geologia
In geologia, l'Eurasia è spesso considerata come un singolo megablocco rigido, ma questa tesi è oggetto di dibattito. L'Eurasia si è formata tra 375 e 325 milioni di anni fa con la fusione di Siberia, Kazakhstania e Baltica, che si è unita alla Laurentia (oggi Nord America), formando l'Euramerica.
Montagne
Tutte le 100 montagne più alte della Terra si trovano in Eurasia, nelle catene montuose dell'Himalaya, del Karakoram, dell'Hindu Kush, del Pamir, dell'Hengduan e del Tian Shan. Tutte le vette sopra i 7.000 metri si trovano in queste catene montuose e nel Transhimalaya. Altre catene montuose includono il Kunlun, l'Hindu Raj e le montagne del Caucaso. Il sistema alpino-himalayano si estende per 15.000 km attraverso l'Eurasia meridionale, da Giava nel sud-est asiatico marittimo alla penisola iberica nell'Europa occidentale, comprese le catene dell'Himalaya, del Karakoram, dell'Hindu Kush, dell'Elbrus, del Caucaso e delle Alpi. Le lunghe catene al di fuori della cintura alpina comprendono la Siberia orientale, l'Altai, la Scandinavia, il Tsinling, i Ghati occidentali, i Vindhya, i Byrranga e la catena Annamita.
Geopolitica
Nell'elaborazione di Karl Haushofer il blocco continentale costituito da Europa ed Asia rappresentava una prospettiva geostrategica contrapposta alla talassocrazia angloamericana. Non si è trattato, tuttavia, di una prospettazione soltanto della dottrina militare germanica: una corrente culturale e storico-politica che guarda ad Oriente, rimarcando la radice comune euroasiatica, è presente anche in Russia e nel turanismo panturco.
Note
Voci correlate
Grande Medio Oriente
Heartland (geopolitica)
Polo Euroasiatico dell'Inaccessibilità
Rimland
Altri progetti
Collegamenti esterni
Articoli di geopolitica.info sull'area geopolitica dell'Eurasia: https://web.archive.org/web/20150802032106/http://www.geopolitica.info/archivio/eur-asia/
Geografia dell'Europa
Geografia dell'Asia
Geopolitica
Continenti |
1668 | https://it.wikipedia.org/wiki/Enciclopedia | Enciclopedia | Lenciclopedia è un'opera di consultazione che raccoglie voci informative o critiche «secondo un sistema logico e organico, o anche sotto forma di voci singole distribuite in ordine alfabetico», riguardanti l'intero campo della conoscenza umana o un suo determinato ambito.
Il termine latino rinascimentale encyclopædia deriva dall'espressione greca di Plinio il Vecchio ἐγκύκλιος παιδεία (enkýklios paidéia), letteralmente "istruzione circolare", ossia completa, in grado di comprendere tutte le discipline. Tale espressione fu successivamente ripresa in latino da Quintiliano nella Institutio oratoria e compare nel senso moderno del termine per la prima volta nella Encyclopaedia Cursus Philosophici septem tomis distincta (1630) di Johann Heinrich Alsted.
Le opere enciclopediche esistono da circa anni: la più antica che si è tramandata, la Naturalis historia, fu scritta nel I secolo da Plinio il Vecchio. L'enciclopedia moderna si è evoluta dai dizionari intorno al XVII secolo. La più nota e importante fra le prime enciclopedie della Storia è lEncyclopédie di Diderot e d'Alembert, pubblicata a Parigi nella seconda metà del XVIII secolo.
Storicamente, alcune enciclopedie erano contenute in un singolo volume, ma, successivamente, alcune divennero enormi opere in numerosi volumi, come lEnciclopedia Britannica o la più voluminosa, lEnciclopedia universal ilustrada europeo-americana.
Alcune moderne enciclopedie, come Wikipedia, che è la più diffusa, sono digitali e liberamente disponibili.
Etimologia
La parola enciclopedia viene dal greco, ma la forma ἐγκυκλοπαιδεία (enkyklopaidéia) non esiste nel linguaggio classico, che ha solo l'espressione ἐγκύκλιος παιδεία (Strabone, Plutarco, Ateneo; letteralmente: "educazione che abbraccia l'intero ciclo", cioè "insieme di dottrine che formano un'educazione completa"); e Plutarco, in questo senso, adopera anche l'espressione τὰ ἐγκύκλια (ta enkýklia). Tra i Latini, Vitruvio traduce solo a metà l'espressione greca e parla di encyclios disciplina (I, 1 e VI, pref.), mentre Plinio e Quintiliano (I, 10) usano le parole greche. Quel che si riteneva formasse il ciclo completo della cultura variò, naturalmente, coi tempi. Giovanni Zonara (sec. XI) spiega il senso della parola ἐγκύκλιος: "la grammatica, la poetica, la retorica, la filosofia, la matematica e semplicemente ogni arte e scienza, perché i dotti le percorrono come un circolo" e Giovanni Tzetzes (sec. XII), citando le Vitae Philosophorum di Porfirio (III secolo d.C.) dice che τὰ ἐγκύκλια μαϑήματα (ta enkýklia mathèmata) sono la grammatica, la retorica e la poetica e le quattro arti subordinate: aritmetica, musica, geometria e astronomia (Chil., XI, 257); cioè le sette discipline del Trivio e Quadrivio medievali.
Sembra che il primo tra i moderni a usare la parola enciclopedia sia stato in Inghilterra sir Thomas Elyot in The Governour (Londra 1531). Come titolo di un libro, la parola enciclopedia sotto la forma κυκλοπαιδεία - rimasta viva nell'inglese - si trova per la prima volta sul frontespizio delle opere dell'umanista fiammingo Joachim Sterck van Ringelbergh, edizione di Basilea 1541: Lucubrationes vel potius absolutissima κυκλοπαιδεία. Del pari a Basilea, nel 1559, pubblicò un'opera intitolata Encyclopediae seu Orbis disciplinarum... epistemon il teologo croato Paolo Skalić di Lika, ma il vero autore del significato moderno di enciclopedia è Johann Heinrich Alsted.
In Italia il primo lessicografo che registri la voce enciclopedia, nel senso di "dottrina universale" è Gian Pietro Bergantini nella sua opera Voci italiane d'autori approvati dalla Crusca, nel vocabolario d'essa non registrate (Venezia 1745), sulla fede delle Lettere (Venezia 1608) del cassinese D. Angelo Grillo, delle Prediche dette nel Palazzo Apostolico (Roma 1659-74) del padre Giovanni Paolo Oliva, che fu l'undicesimo preposito generale della Compagnia di Gesù, e poi di Benedetto Fioretti e del cardinal Pietro Sforza Pallavicino. Il primo a registrare che enciclopedia "nell'uso si dice per dizionario enciclopedico" è l'abate Francesco Alberti di Villanova (Dizionario universale enciclopedico della lingua italiana, Lucca 1797-1805); ma già Diderot e D'Alembert avevano pubblicato la Encyclopédie, e attraverso l'uso francese il nuovo significato era penetrato in Italia.
Storia
Prime opere enciclopediche
L'essere umano ha svolto attività enciclopedica, intesa come sforzo per dare forma sistematica alle proprie conoscenze, per gran parte della sua storia, almeno da quando si è affermato il pensiero razionale e scientifico a scapito delle descrizioni a carattere epico e religioso. Questo passaggio si individua generalmente nell'antica Grecia.
Spesso si indica in Aristotele il primo enciclopedista, poiché egli, oltre a fondare filosoficamente tutti i rami del sapere, ha anche accumulato molte informazioni, soprattutto di carattere naturalistico, ma anche sociale, come la descrizione delle costituzioni delle città greche. Non si limitò ad un lavoro meramente nozionistico e descrittivo-contemplativo, ma si spinse a una comparazione di diritto, usi, costumi e tradizioni, traendone teorie storiche e giudizi di valore, per stabilire un ordine sociale del regno umano in tutto conforme all'ordine (divino e) naturale degli altri regni esistenti.
Certamente l'opera di Aristotele è stata la più completa della Grecia classica, tuttavia la strutturazione di tutti i rami del sapere fu il fine al quale tesero quasi tutti gli altri filosofi antichi.
Fra gli altri autori versatili del mondo greco si deve citare almeno Eraclide Pontico.
In ambito romano si considera che la prima opera enciclopedica siano i Libri ad Marcum filium di Catone il Censore. L'erudito romano per antonomasia fu Marco Terenzio Varrone, le cui opere ebbero carattere enciclopedico, le Antiquitates e soprattutto i Disciplinarum libri IX, opera perduta e di cui sono rimasti solo frammenti: tuttavia queste opere sono andate perdute e ne rimangono solo frammenti citati da altri autori antichi. Perciò tra gli enciclopedisti romani il più importante è di fatto Plinio il Vecchio (I secolo), che scrisse la Naturalis historia (lett. "la storia naturale", ma anche "Osservazione della natura"), una descrizione in trentasette volumi del mondo della natura che rimase estremamente popolare nell'Europa occidentale per gran parte del Medioevo e fu la base di molte successive enciclopedie. Altri compilatori romani furono Aulo Cornelio Celso e Gaio Giulio Solino.
Dal Medio Evo al Rinascimento
Nel periodo medioevale era particolarmente apprezzato organizzare le nozioni: tipiche le raccolte, le summae, i trésors. Nell'età antica e medioevale tipicamente si è concepita la realtà come un insieme finito e quindi interamente descrivibile. È solo in epoca moderna che si inizia a pensare al sapere possibile sulla base dei nuovi metodi di ricerca o più semplicemente al sapere esistente.
Notevole influsso sul pensiero medievale ebbe il trattato De nuptiis Philologiae et Mercurii ("Delle nozze della Filologia con Mercurio") scritto da Marziano Capella in età tardo-romana (IV-V secolo), che, con la sua classificazione delle sette arti liberali (del "trivio" e del "quadrivio") costituisce una specie di enciclopedia dell'erudizione classica.
La prima enciclopedia dell'era cristiana furono le Istituzioni di Cassiodoro (560) che ispirarono lEtymologiae o Origines (636) di Isidoro di Siviglia, la quale divenne l'opera enciclopedica più influente dell'alto Medioevo. Queste opere servirono, a loro volta, come base alle compilazioni redatte intorno all'830 da Rabano Mauro, la più famosa delle quali è il De universo o De rerum naturis. Fra i codici della celebre abbazia di San Colombano di Bobbio si annovera il Glossarium Bobiense, compilato dallo Scriptorium di Bobbio nel IX secolo è una delle prime enciclopedie ante litteram dell'alto medioevo.
Le enciclopedie bizantine erano compendi di notizie relativi sia alla Grecia antica sia a quella bizantina. La Biblioteca del patriarca Fozio I di Costantinopoli (IX secolo) fu la prima opera bizantina che si potesse chiamare enciclopedia. Ma la più importante enciclopedia bizantina è considerato il lessico Suda, di autore forse omonimo, redatto intorno al 1000. Sotto la Dinastia macedone ci fu un fiorire dell'enciclopedismo bizantino che portò alla stesura di una vera e propria enciclopedia del sapere agronomico chiamato Geoponica, significativamente attribuito allo stesso imperatore Costantino VII Porfirogenito.
Fra le prime enciclopedie dell'Occidente basso medioevale fu il Didascalicon di Ugo di San Vittore; elaborato in ambiente monastico, ebbe tuttavia larga diffusione anche nelle scuole cittadine. Questo fatto e la complessità della tematica presente su questa opera, fanno riflettere sulla simbiosi fra i due poli di cultura (da una parte la campagna con il monastero, dall'altra la città con la cattedrale) che talvolta vengono contrapposti in modo troppo drastico e semplificatorio.
L'opera più importante dell'inizio del basso medioevo fu tuttavia lImago mundi di Onorio Augustodunense, scritta verso il 1110: trattava di geografia, astrologia, astronomia e storia e fu tradotta in francese, italiano e spagnolo.
Fra le enciclopedie più popolari del basso Medioevo si ricordano il De natura rerum (o Liber de natura rerum) (1246) di Thomas de Cantimpré e il De proprietatibus rerum (1240) di Bartolomeo Anglico che fu tradotto in mantovano all'inizio del Trecento. Il Liber floridus (1120) di Lambert de Saint-Omer e lHortus deliciarum (1175) di Errada di Landsberg sono famosi soprattutto per le illustrazioni. L'opera più ambiziosa e completa di questo periodo fu tuttavia lo Speculum Majus (1260) di Vincenzo di Beauvais, con più di tre milioni di parole. Di pochi anni successiva allo Speculum Majus è la prima enciclopedia in lingua volgare, ovvero Li livres duo Trésor scritto in francese dal fiorentino Brunetto Latini. Essa era in effetti una riduzione dello Speculum ad uso delle classi mercantili che non conoscevano il latino.
Tra le prime raccolte arabo-musulmane del sapere nel Medioevo vi sono numerose opere onnicomprensive e un certo sviluppo di quelli che oggi si chiamano metodo scientifico, metodo storiografico e riferimenti. Tra le opere più ricordate vi sono lEnciclopedia dei Fratelli della Purezza (al-Risāla al-Jāmiʿa, 52 volumi), d'impianto ismailiteggiante, un'enciclopedia della scienza di Abu Bakr al-Razi, la prolifica produzione del mutazilita al-Kindi (di circa 270 libri) e due opere di Avicenna: Il libro della guarigione e Il canone della medicina, il secondo adottato come standard per secoli nell'insegnamento della medicina anche in Europa. Vanno ricordate inoltre le opere di storia universale (o sociologia) degli Ashariti, al-Ṭabarī, al-Masʿūdī, Ibn Rusta, Ibn al-Athir e Ibn Khaldun, la cui Muqaddima (i "Prolegomeni" a quella che si proponeva di essere una "storia universale") contiene avvertenze sull'affidabilità dei resoconti scritti che rimangono applicabili fino ai giorni nostri. Questi studiosi ebbero un'incalcolabile influenza sui metodi di ricerca e di stesura, dovuti in parte alla pratica islamica dell'isnād che enfatizzava la fedeltà ai resoconti scritti, la verifica delle fonti e l'indagine critica.
L'enorme opera Quattro libri dei Sung, redatta nell'XI secolo sotto la Dinastia Song (960–1279), è la raccolta delle prime grandi enciclopedie cinesi, la quarta delle quali, intitolata Primo guscio di tartaruga dell'Archivio, è composta da 9,4 milioni di ideogrammi raccolti in volumi. Nella stessa epoca visse il grande scienziato e statista Shen Kuo (1031–1095) che nel 1088 scrisse l'enciclopedia Mengxi bitan.
L'imperatore cinese Yongle della dinastia Ming soprintese alla compilazione dellEnciclopedia Yongle, una delle più estese enciclopedie della storia, che fu completata nel 1408 e comprendeva oltre 370 milioni di caratteri cinesi in volumi manoscritti, dei quali 400 circa sono sopravvissuti fino ad oggi. Sotto la successiva dinastia Qing l'imperatore Qianlong compose personalmente poesie come parte di una biblioteca di 4,7 milioni di pagine in 4 divisioni, compresi migliaia di saggi, chiamata lo Siku Quanshu che è probabilmente la più grande collezione di libri della storia. È istruttivo comparare il suo titolo per questo sapere, Guardando le onde in un Mare Sacro, ad un titolo in stile occidentale per tutta la conoscenza.
È nota l'esistenza di opere enciclopediche in Giappone dal IX secolo, sia come imitazione di enciclopedie cinesi, che come opere originali.
Questi libri erano tutti copiati a mano e pertanto erano estremamente costosi. Conseguentemente erano scarsamente diffusi, generalmente appartenevano ad istituzioni: sovrani, cattedrali, conventi, monasteri. Di qui derivava anche la loro impostazione: erano scritti generalmente per coloro che dovevano estenderne il sapere, piuttosto che per coloro che le dovevano consultare (con qualche eccezione nel campo della medicina).
Nel Rinascimento si introdussero due cambiamenti che avvicinarono molto le enciclopedie a quelle attualmente conosciute. Innanzitutto l'invenzione della stampa permise una diffusione assai maggiore. In particolare ogni intellettuale adesso poteva possedere una copia personale.
La prima enciclopedia rinascimentale è spesso indicata nel De expetendis et fugiendis rebus di Giorgio Valla, pubblicata postuma nel 1501 dalla tipografia di Aldo Manuzio; in questa l'autore non si limitò a compilare nozioni desunte dai suoi studi e ripartite in trattazioni sistematiche, ma inserì anche numerose traduzioni da opere antiche. Dei 49 libri dell'opera, 19 trattavano di matematica. L'opera era organizzata secondo lo schema delle arti liberali, integrato da alcune altre discipline.
La Margarita philosophica scritta dal certosino tedesco Gregor Reisch e stampata nel 1503, era una tipica enciclopedia rinascimentale, ordinata secondo il modello delle sette arti liberali. Probabilmente fu la prima enciclopedia espressamente concepita per essere stampata.
Nei successivi due secoli furono pubblicate molte altre opere di compilazione erudita. Alcune di esse portavano, per la prima volta - e questo è il secondo cambiamento - il titolo di Enciclopedia. Questo termine era stato coniato dagli umanisti per significare lo "insieme completo delle conoscenze". In realtà si trattava di una lettura errata delle loro copie dei testi di Plinio e soprattutto di Quintiliano, che univa le due parole greche enkyklios paideia in una sola. La prima opera con questo titolo è la Encyclopedia orbisque doctrinarum, hoc est omnium artium, scientiarum, ipsius philosophiae index ac divisio scritta da Giovanni Aventino nel 1517, seguita dalle Lucubrationes vel potius absolutissima kyklopaideia di Joachimus Fortius Ringelbergius del 1541 e dalla Encyclopedia seu orbis disciplinarum tam sacrarum quam prophanarum epistemon di Pavao Skalić del 1559.
Tuttavia, la più completa enciclopedia del Rinascimento è considerata la Encyclopaedia septem tomis distincta in sette volumi pubblicata nel 1630 da Johann Heinrich Alsted.
In ambito britannico il medico e filosofo inglese sir Thomas Browne utilizzò specificamente il termine encyclopaedia nel 1646 nella prefazione al lettore per descrivere la sua opera Pseudodoxia Epidemica o Errori volgari, una serie di confutazioni di errori comuni della sua epoca. Browne strutturò la sua enciclopedia sullo schema collaudato di quelle del Rinascimento, la cosiddetta "scala della creazione", che ascende una scala gerarchica attraverso il mondo minerale, vegetale, animale, umano, planetario e cosmologico. Il compendio di Browne passò attraverso non meno di cinque edizioni, ognuna rivista e incrementata; l'ultima edizione apparve nel 1672. Le Pseudodoxia Epidemica furono tradotte in francese, olandese, tedesco e latino.
Spesso viene considerata quale ultima enciclopedia umanistica il Lexicon Universale di Johann Jacob Hofmann pubblicato in due edizioni, la prima nel 1677 e la seconda nel 1698. Si tratta in effetti di un'opera a cavallo di due epoche, in quanto da un lato è ancora scritta in latino, dall'altro segue già l'ordine alfabetico.
Settecento
L'ultimo passaggio verso la forma dell'enciclopedie come le conosciamo oggi fu l'affermazione dell'organizzazione degli argomenti secondo l'ordine alfabetico. In questo senso le enciclopedie del Settecento non derivarono direttamente da quelle rinascimentali, che seguivano ancora un ordinamento per materie (come le sette arti liberali o la "scala della creazione"). Le enciclopedie moderne furono piuttosto lo sviluppo e l'ampliamento dei dizionari specialistici, scritti in lingua moderna a partire dalla fine del Seicento, e destinati ad un pubblico meno colto di quello delle enciclopedie. Queste opere avevano la forma e il nome di dizionari. In realtà esse approfondivano le voci ad un livello che potremmo definire di un "dizionario enciclopedico".
Le grand dictionaire historique di Louis Moréri fu pubblicato nel 1674. Nel 1690 apparve postumo a Rotterdam il Dictionnaire universel des arts et des sciences di Antoine Furetière. Sette anni dopo fu edito il Dictionnaire historique et critique di Pierre Bayle. Nel 1704 l'inglese John Harris pubblicò il Lexicon technicum in lingua inglese, nel quale non si spiegavano solo i termini utilizzati nelle arti e nelle scienze, ma anche le stesse arti e scienze. Isaac Newton vi contribuì con il suo unico testo pubblicato relativo alla chimica. Nel 1721 apparve lAllgemeines lexikon der Künste und Wißenschaften di Johann Theodor Jablonski.
Nel corso del Settecento iniziò a sentirsi l'esigenza di grandi opere in varie decine di volumi che potessero descrivere tutto il sapere. Quasi tutte ripresero il titolo rinascimentale di Enciclopedia.
La prima enciclopedia generale a stampa ordinata alfabeticamente apparve all'inizio del Settecento. Si trattava della Biblioteca universale sacro-profana del francescano Vincenzo Maria Coronelli, di cui furono pubblicati (a Venezia) solo i primi sette dei ben 45 volumi progettati. Di tale opera non rimangono che alcuni volumi sparsi nelle biblioteche europee.
Analogamente fra il 1731 e il 1750 vide la luce il Großes vollständiges Universallexikon aller Künste und Wißenschaften in 64 volumi, attribuito a Johann Heinrich Zedler. Queste due opere, tuttavia, non furono molto originali.
Zedler fu accusato di plagio. A Lipsia e ad Halle, egli aveva pubblicato la più monumentale enciclopedia in lingua tedesca del XVIII secolo. Per la prima volta, furono integrate le biografie di personalità illustri e di artisti viventi. I soggetti tematici coperti dall'enciclopedia universale comprendevano anche argomenti dii interesse quotidiano, come l'artigianato, le pulizie o il commercio, trattati con la medesima dignità dei contenuti prettamente più scientifici. Fu uno dei primi testi enciclopedici ad ottenere il privilegio reale, un'efficace forma di tutela del diritto d'autore contemplata all'epoca, in un'area geografica la cui estensione comprendeva il Regno di Prussia, la Francia, l'odierna Russia europea.
Dal punto di vista organizzativo, fu la prima enciclopedia a suddividere i contenuti fra i vari redattori e contributori a vario titolo, non per ordine di lettera, ma per argomento, secondo le rispettive competenze specialistiche di ciascuno. Da un certo momento in poi, parte delle voci fu inviata dagli autori all'editore in modo anonimo, una modalità innovativa per quel tempo. Anche il finanziamento dell'opera risulta originale per la scelta di vendere di alcuni volumi ad una lotteria, piuttosto che per la prenotazione delle copie conclusa prima ancora che fosse completata la stesura della serie, anticipando in qualche modo il moderno crowdsourcing. Tale modello di business consentiva di verificare il reale interesse di pubblico pe rl'opera e la sua fattibilità economica, avendo disponibilità liquide adeguate a pareggiare i costi fissi prima della loro manifestazione temporale.
Maggiore successo ebbe la Cyclopaedia (o Dizionario universale delle arti e delle scienze) pubblicata da Ephraim Chambers nel 1728. Si trattava di un dizionario enciclopedico in due volumi. Tuttavia, esso conteneva un'ampia gamma di voci, era organizzato alfabeticamente, si affidava al contributo di molti autori e comprendeva l'innovazione di inserire riferimenti incrociati tra le sezioni all'interno delle voci. Per questo Chambers è considerato il padre dell'enciclopedia moderna. La Cyclopedia divenne il modello di ogni successiva enciclopedia, in quanto fu tradotta e imitata. La traduzione italiana apparve a Napoli nel 1747.
Strette, seppure prudenti, furono le relazioni del movimento enciclopedico con l'Illuminismo, con lo spirito di apertura alla conoscenza, all'istruzione, alla consapevolezza della varietà e relatività dei punti di vista, pur nell'universalità della ragione e della natura umana.
Inizialmente era stato concepito come traduzione francese del lavoro di Chambers anche il Dizionario ragionato delle scienze, delle arti e dei mestieri, universalmente noto come Encyclopédie, pubblicato a Parigi a partire dal 1751. Quest'opera è certamente la più nota e importante delle prime enciclopedie, notevole per la sua vastità, per la qualità di alcuni contributi e soprattutto per il suo impatto politico e culturale negli anni che condussero alla Rivoluzione francese. L'ambizioso progetto era stato affidato a Denis Diderot con la collaborazione dei più prestigiosi intellettuali del tempo (Voltaire, d'Alembert, Rousseau, Quesnay ecc.); tuttavia l'opera, accanto ai contributi dei maggiori pensatori francesi dell'epoca, dedicava molto spazio alle informazioni di tipo tecnico, relative alle diverse attività produttive.
LEncyclopédie, edita da d'Alembert e Diderot, fu pubblicata in 17 volumi di voci (distribuiti dal 1751 al 1765) e 11 volumi di illustrazioni (distribuiti dal 1762 al 1772). Cinque volumi di materiale supplementare e due volumi d'indici, sotto la supervisione di altri editori, furono distribuiti dal 1776 al 1780 da Charles-Joseph Panckoucke di Parigi. DellEncyclopédie furono successivamente stampate altre quattro edizioni, di cui due in Italia: quella del 1758-1776 a Lucca e quella del 1770-1778 a Livorno.
LEncyclopédie a sua volta ispirò la Encyclopædia Britannica, che ebbe inizi modesti a Edimburgo: la prima edizione, distribuita tra il 1768 e il 1771, era composta di appena tre volumi completati affrettatamente – A-B, C-L e M-Z – per un totale di pagine. Nel 1797, quando fu completata la terza edizione, era stata espansa a 18 volumi che si occupavano di un'ampia gamma di argomenti, con voci fornite da un insieme di autorità nel loro campo.
Il Brockhaus Konversations-Lexikon fu pubblicato a Lipsia dal 1796 al 1808 in 6 volumi. Parallelamente ad altre enciclopedie del XVIII secolo, l'ambito fu espanso oltre quello delle precedenti pubblicazioni, nello sforzo di essere onnicomprensivo. Ma l'opera non era intesa per un uso scientifico, bensì per divulgare i risultati delle ricerche e delle scoperte in una forma semplice e popolare senza eccessivi dettagli. Questo formato, in contrasto con quello dellEncyclopædia Britannica, fu ampiamente imitato da successive enciclopedie del XIX secolo in Gran Bretagna, negli Stati Uniti, in Francia, in Spagna, in Italia e in altri paesi. Delle enciclopedie che ebbero una certa influenza tra la fine del XVIII secolo e l'inizio del XIX, l'enciclopedia Brockhaus è forse la più simile, nella forma, alle enciclopedie moderne.
Ottocento
I primi anni del XIX secolo videro il fiorire di enciclopedie pubblicate in Europa e in America. In Francia non fu ripubblicata lEncyclopédie. Il suo posto fu riempito prima dallEncyclopédie Méthodique ordinata per materie in 157 volumi più 53 di tavole, edita dallo stesso Panckoucke fra il 1782 e il 1832, e poi dalla Encyclopédie moderne. Dictionnaire abregé des sciences, des lettres, des arts, de l'industrie, de l'agriculture et du commerce in 30 volumi pubblicata dall'editore Firmin Didot di Parigi nel 1853. In Germania fra il 1839 e il 1855 apparve Das große Conversations-Lexicon für die gebildeten Stände in 52 volumi curata da Joseph Meyer di Gotha, che è rimasta l'enciclopedia più prestigiosa in tedesco. In Inghilterra la Rees's Cyclopædia in 39 volumi (Londra e Filadelfia 1802–1819) conteneva una mole di informazioni riguardanti la rivoluzione industriale e scientifica dell'epoca. Una caratteristica di queste pubblicazioni era l'alta qualità delle illustrazioni fatte da incisori e disegnatori specializzati.
Il Grand dictionnaire universel du XIXe siècle in 17 volumi e i suoi supplementi furono pubblicati in Francia da Pierre Larousse fra il 1866 e il 1890. La casa editrice Larousse sarebbe rimasta la più famosa casa editrice francese di opere enciclopediche. Fra il 1898 e il 1907 vide la luce il Nouveau Larousse illustré. Fra il 1960 e il 1964 uscì il Grand Larousse Encyclopédique in 10 volumi. e infine nel 1971-1978 è uscita la Grande Encyclopédie Larousse in 21 volumi.
Accanto a queste grandi opere, la crescita dell'educazione popolare e gli Istituti Industriali, spinti dalla Società per la Diffusione della Conoscenza Utile, portarono alla produzione della Penny Cyclopædia (1833-1846) che, come il suo titolo suggerisce, fu distribuita in numeri settimanali al costo di un penny come un giornale. Questo modello delle enciclopedie a dispense, accessibile ai ceti medio-bassi, fu imitato in tutta Europa. In Italia l'enciclopedia di questo tipo che ebbe maggiore diffusione fu lEnciclopedia Popolare Sonzogno pubblicata a cavallo fra Ottocento e Novecento.
A metà dell'Ottocento il numero delle enciclopedie aumentò nettamente, in quanto nelle maggiori lingue cominciarono ad apparire nuove opere in concorrenza fra di loro e di diversi formati.
Inoltre iniziarono ad essere pubblicate enciclopedie anche in altre lingue.
In proposito si possono citare lEnciclopedia moderna pubblicata a Madrid nel 1851-1855 in 37 volumi; il Winkler Prins in olandese del 1870-1882; il Nordisk familjebok in lingua svedese edito nel 1876-1899 che era costituito da 20 volumi; il Salmonsens Konversationsleksikon in danese del 1893-1907 in 26 volumi; e infine il Dizionario Enciclopedico Brockhaus ed Efron in ben 86 volumi, pubblicato fra il 1890 e il 1907 in russo.
Novecento
Nel 1911 fu pubblicata l'undicesima edizione dellEnciclopedia Britannica, che viene generalmente considerata la migliore edizione di questa longeva enciclopedia. Questa edizione ha anche segnato il passaggio della redazione da Edimburgo a Chicago.
Nel frattempo la casa editrice Espasa di Barcellona aveva iniziato la pubblicazione della sua Enciclopedia universal ilustrada europeo-americana (1908-1930). Essa si compone di 70 volumi più numerose appendici di aggiornamento e indici. Tuttora ristampata, si vanta di essere la più estesa enciclopedia moderna e rimane l'enciclopedia di riferimento in lingua spagnola.
Nel 1917 venne pubblicata a Chicago la prima edizione della World Book Encyclopedia. Attualmente questa enciclopedia, molto popolare nei paesi anglosassoni, conta 22 volumi ed è secondo l'editore l'enciclopedia su carta più venduta al mondo. Nel 1961 venne pubblicata un'edizione per non vedenti in caratteri Braille.
La Grande enciclopedia sovietica pubblicata a partire dal 1926 in tre distinte edizioni, rispettivamente di 65, 50 e 30 volumi, rappresentò l'enciclopedia di riferimento del mondo marxista e fu perciò tradotta anche in inglese e greco.
Nello stesso periodo in Italia si iniziò a pensare alla creazione di un'enciclopedia universale, sul modello di quelle inglesi e francesi, ma i primi tentativi non furono coronati da successo. Nel 1925 fu fondato a Roma l'Istituto dell'Enciclopedia Italiana intitolato a Giovanni Treccani per la realizzazione dellEnciclopedia Italiana di scienze, lettere ed arti; il filosofo Giovanni Gentile fu nominato direttore scientifico e si dedicò ad invitare e coordinare studiosi italiani di tutti i campi e di tutti gli orientamenti per la realizzazione dell'opera. Numerosi e importanti furono i contributi, tra tutti si ricordano Enrico Fermi per la fisica e Guglielmo Marconi per le telecomunicazioni; quest'ultimo nel 1933 assunse la presidenza dell'Istituto Treccani. La prima edizione dell'opera fu completata, a livello redazionale, nel 1937. Le voci dell'Enciclopedia furono pubblicate negli opuscoli della Biblioteca della Enciclopedia Italiana tra il 1932 e il 1943.
Altra opera di particolare rilievo in Italia fu quella della casa editrice UTET, che nel periodo 1933-'39 pubblicò il Grande Dizionario Enciclopedico, fondato dal prof. Pietro Fedele, pubblicata inizialmente in dieci volumi e periodicamente aggiornata fino alla quarta edizione (1984-'91).
Nel 1936 apparve lEnciclopedia Bompiani in due volumi, che divenne la più popolare enciclopedia italiana per famiglie per alcuni decenni, e che nelle edizioni del dopoguerra aumentò gradualmente di dimensioni.
Fra il 1935 e il 1960 venne pubblicata a Lisbona e Rio de Janeiro la Grande enciclopédia portuguesa e brasileira in 40 volumi, che rimane la maggior enciclopedia in lingua portoghese.
Nel 1952, la Federico Motta Editore pubblica in Italia la prima edizione dell'omonima enciclopedia universale.
Nel 1962 nacque la Wielka Encyklopedia PWN. A partire dal 2001 è uscita la nuova edizione post-comunista, che rappresenta tuttora la enciclopedia di riferimento in polacco.
Negli anni sessanta il raggiunto benessere da parte della maggioranza degli italiani e l'espansione dell'obbligo scolastico alla scuola media ampliarono grandemente il mercato delle enciclopedie. In particolare ritornarono in voga le enciclopedie a fascicoli, ora indirizzate soprattutto ai ragazzi in età scolare, fra le quali la più famosa fu Conoscere pubblicata dalla Fratelli Fabbri Editori. Nel 1962 nacquero anche le Garzantine, che rappresentarono un nuovo modello di enciclopedia per famiglia, tuttora popolare. Nello stesso anno iniziò anche la pubblicazione dellEnciclopedia Universo in 12 volumi a cura dell'Istituto Geografico De Agostini. La Rizzoli tradusse e integrò tra il 1966 e il 1970 l'enciclopedia francese della Larousse, venduta sempre a fascicoli o in abbonamento, come Rizzoli-Larousse, fino al 2000. Tale enciclopedia fu edita dal 1998 al 2003 anche in formato CD-ROM.
Alla fine degli anni settanta nacquero, invece, due opere che avevano l'ambizione di rappresentare un'alternativa allEnciclopedia Treccani, sentita come ormai obsoleta da molti intellettuali: la Enciclopedia Einaudi del 1977 in 15 volumi, costruita per monografie intorno a poche parole chiave, e la Enciclopedia Europea Garzanti del 1979 in 12 volumi.
Negli stessi anni in Francia si sentì il bisogno di un'enciclopedia che competesse con le maggiori enciclopedie mondiali, in particolare con la Britannica. E proprio con una compartecipazione di questa istituzione fra il 1968 e il 1975 venne pubblicata lEncyclopædia Universalis in francese, la cui edizione più aggiornata, la sesta, è quella del 2009 in 30 volumi.
Nel corso del Novecento si sono inoltre affermate molte autorevoli enciclopedie relative a particolari ambiti culturali. Fra le più famose si possono citare la Catholic Encyclopedia, lEncyclopaedia Judaica, lEncyclopædia of Islam e la Realencyclopädie der classischen Altertumswissenschaft edita da August Friedrich Pauly e successivamente da Georg Wissowa.
Le enciclopedie sono essenzialmente derivate da materiale già esistente e, particolarmente nel XIX secolo, erano comuni tra gli editori gli atti di plagio indiscriminato. Le moderne enciclopedie non sono tuttavia meri compendi di sempre maggiori dimensioni, che includono tutto ciò che è venuto prima: per fare spazio agli argomenti moderni, doveva essere regolarmente scartato del materiale prezioso per un uso storico, quantomeno prima dell'avvento delle enciclopedie digitali e in particolare quelle sul web, che non dipendono da un supporto fisico per la distribuzione. Inoltre le opinioni e la visione del mondo di una particolare generazione possono essere osservate nel modo di scrivere un'enciclopedia in un determinato momento storico; per queste ragioni le vecchie enciclopedie sono un'utile fonte di informazioni storiche, in particolare per registrare i cambiamenti nel campo scientifico e tecnologico.
Era digitale
L'introduzione della tecnologia digitale - l'inizio dell'era digitale negli anni settanta - comportò un ammodernamento delle tecniche di composizione e stampa, ma non rivoluzionò immediatamente il settore delle enciclopedie, che continuarono a essere stampate e distribuite su carta per i due decenni successivi. Per modificare radicalmente il medium fu necessario attendere che i personal computer si fossero diffusi e che le memorie di massa si fossero evolute fino a produrre un supporto abbastanza capiente da contenere l'ingente quantità di dati costituita da una enciclopedia, notevolmente maggiore quando al testo vengono associate immagini e contenuti multimediali come brani audio e video.
Fu infatti solo negli anni novanta del XX secolo che si iniziarono a pubblicare enciclopedie generaliste su CD-ROM (una tecnologia introdotta negli anni ottanta) da utilizzare con i personal computer casalinghi. L'edizione digitale dell'enciclopedia Grolier fu pioniera, mentre Encarta della Microsoft è stata il prodotto più importante e tipico di questa nuova tendenza, in quanto non aveva una edizione stampata. Le voci erano arricchite con contenuti multimediali audio e video così come con numerose immagini di alta qualità. Dello stesso tipo è l'enciclopedia multimediale Omnia De Agostini, in varie edizioni, suddivisa a seconda delle aree tematiche.
Un singolo CD-ROM non era tuttavia sufficientemente capiente per contenere i 12-20 volumi di una tradizionale enciclopedia generalista, incluse le immagini. Questo comportò inizialmente la necessità, da parte degli editori, di selezionare i contenuti da distribuire nell'edizione digitale rispetto a quella cartacea, in modo da fare spazio anche a immagini e contenuti multimediali, o in alternativa di distribuire l'enciclopedia su numerosi CD-ROM. La sostituzione del CD-ROM con il più capiente DVD-ROM come supporto permise in parte di superare il problema, ma è stato solo con la diffusione delle enciclopedie online che venne risolto definitivamente il problema dello spazio per lo stoccaggio dei dati, grazie alla diffusione del World Wide Web a partire dalla metà degli anni novanta.
Agli inizi del XXI secolo dunque un numero crescente di enciclopedie sono state rese fruibili anche per la consultazione on-line, che in genere veniva resa disponibile all'utente dietro registrazione e pagamento di un abbonamento. Negli anni successivi quasi tutte le maggiori enciclopedie smisero di essere pubblicate su carta.
Contrariamente a quanto era sempre accaduto nelle enciclopedie tradizionali, compilate da un certo numero di scrittori a contrattoin genere persone con una cultura accademicala natura interattiva di Internet ha permesso nel primo decennio del XXI secolo la creazione di progetti quali Wikipedia, Everything2 e Open Site, detti "open content" - basati sul crowdsourcing, sulla collaborazione spontanea di un gran numero di utenti - che permettono a chiunque di espandere, rimuovere o modificare il loro contenuto. Wikipediala più grande enciclopedia mai scritta, nata nel 2001ha prodotto oltre 30 milioni di voci (aprile 2014) in più di 280 lingue il cui contenuto è pubblicato sotto una licenza copyleft, che ne consente la distribuzione e il riutilizzo a chiunque e per qualsiasi scopo.
Le voci di Wikipedia tuttavia non sono necessariamente sottoposte a revisione da parte di esperti e molte voci, in effetti, possono risultare banali o contenere errori di varia natura. Dubbi legittimi sono stati sollevati riguardo l'accuratezza delle informazioni raccolte in generale mediante progetti open source, anche se nel 2005 la rivista scientifica Nature ha effettuato uno studio comparativo tra voci scientifiche di Wikipedia e dell'Enciclopedia Britannica, in cui si rilevava un'analoga quantità di errori.
Nonostante queste critiche, la gratuità e facilità di consultazione delle enciclopedie open content, oltre al loro incessante aggiornamento, ha quasi completamente fatto uscire dal mercato le enciclopedie informatiche a pagamento, fra cui anche Encarta, la cui ultima edizione risale al 2009, e la stessa Omnia la cui ultima edizione risale al 2010.
Enciclopedie mondiali congetturali: dal World Brain al World Wide Web
Già prima dell'avvento dell'informatica e di Internet, alcuni ipotizzarono che attraverso l'uso di nuove tecnologie si sarebbe potuta migliorare la diffusione della conoscenza creando nuove forme di enciclopedia. Tali idee rimasero in larga parte congetturali, ma ebbero una certa influenza.
Nel periodo tra la prima e seconda guerra mondiale, l'enciclopedia divenne un popolare strumento educativo. Nel campo culturale dell'internazionalismo, il pioniere della documentazione Paul Otlet ridefinì l'enciclopedia come un prodotto documentario e "multimediale".
Dagli inizi del Novecento Otlet lavorò con l'ingegnere Robert Goldschmidt alla memorizzazione dei dati bibliografici su microfilm (tecnica allora nota come "microfotografia"); alla fine del 1920 tentò con dei colleghi di creare una nuova forma di enciclopedia interamente stampata su microfilm, lEncyclopedia Universalis Mundaneum.
A partire dal 1936 un altro internazionalista, lo scrittore britannico H. G. Wells - rimasto noto per le sue opere di anticipazione scientifica a sfondo sociale - sviluppò l'idea di una nuova forma di enciclopedia: un "cervello mondiale" (World Brain), cui dedicò un libro nel 1938. Nelle idee di Wells, si trattava di nuova "enciclopedia mondiale", libera, sintetica, autorevole, permanente, che avrebbe aiutato i cittadini del mondo a fare il miglior uso delle risorse informative universali e reso il miglior contributo alla pace tra le nazioni. Uno degli obiettivi del congresso mondiale della documentazione universale, tenutosi a Parigi nel 1937, fu proprio quello di discutere le idee di Wells sul cervello mondiale e i loro metodi di attuazione.
Vannevar Bush, nel suo fondamentale saggio As We May Think del 1945, propose di creare una innovativa macchina ipertestuale, il Memex, affermando inoltre che "appariranno forme totalmente nuove di enciclopedia, già confezionate con una rete di percorsi associativi che le attraversano, pronte per essere immesse nel memex e ivi potenziate."
Bush, come prima di lui Otlet e Wells, ipotizzava di utilizzare i microfilm (la tecnologia più avanzata all'epoca per immagazzinare informazioni), ma nessuno dei tre poté vedere realizzate le sue idee.
Nel 1962, Arthur C. Clarke previde che la costruzione di quello che Wells aveva chiamato il "Cervello mondiale" si sarebbe svolta in due fasi, la prima delle quali sarebbe stata la costruzione della "Biblioteca mondiale" (World Library), che è fondamentalmente il concetto di Wells di un'enciclopedia universale accessibile a tutti da casa propria su terminali computerizzati; Clarke predisse che questa fase si sarebbe instaurata (almeno nei paesi sviluppati) entro il 2000; la seconda fase sarebbe stata la creazione di un supercomputer dotato di un'avanzata intelligenza artificiale (entro il 2100).
Alcuni autori di fantascienza hanno immaginato in varie forme la creazione di un'enciclopedia universale che raccogliesse le conoscenze e il sapere di una futura civiltà (umana o aliena) estesa su tutta la galassia, a partire appunto dall'Enciclopedia galattica di Isaac Asimov nei romanzi del ciclo della Fondazione, pubblicati dal 1951.
Negli anni novanta alcuni studiosi hanno visto il nascente World Wide Web come un'estensione del "cervello mondiale" a cui gli individui possono accedere tramite i personal computer, o lo sviluppo stesso del Web in un cervello globale. Richard Stallman nel 1999 dichiarò che "Il World Wide Web ha le potenzialità per svilupparsi in un'enciclopedia universale che copra tutti i campi della conoscenza", influenzando in seguito Nupedia, un progetto di enciclopedia online del 2000 da cui nacque l'anno successivo Wikipedia.
Caratteristiche generali
L'illuminista francese Denis Diderot affermò che lo scopo dell'enciclopedia è:
Le enciclopedie sono divise in voci, o lemmi, cui si accede solitamente in ordine alfabetico. Le voci di una enciclopedia sono più lunghe e più dettagliate di quelle dei dizionari; a differenza delle voci di un dizionario, che si concentrano sulle informazioni linguistiche sui termini, le voci di una enciclopedia si concentrano in genere su cose e concetti per illustrare il soggetto che dà il nome alla voce.
Gli elementi cardinali che definiscono i caratteri di un'enciclopedia sono quattro:
la specificità e la settorialità degli argomenti trattati;
la loro intertestualizzazione;
il metodo d'organizzazione;
i criteri di redazione delle voci.
Enciclopedie generaliste ed enciclopedie specializzate
Le enciclopedie possono distinguersi in "generaliste" (o "universali"), contenenti voci di differenti e innumerevoli campi d'interesse (lEnciclopedia Treccani e lEnciclopedia Britannica sono tra gli esempi più noti), rivolte al pubblico più vasto, o possono essere specializzate in un unico campo di interesse, così come un'enciclopedia medica, scientifica, filosofica o poetica. Ci sono anche enciclopedie che coprono una grande varietà di argomenti e aspetti di una data cultura con una prospettiva oggettiva del gruppo etnico, politico o religioso, come la Grande enciclopedia sovietica, la Jewish Encyclopedia o la Catholic Encyclopedia.
Le opere enciclopediche hanno lo scopo di trasmettere le conoscenze più significative accumulate in relazione al soggetto in questione. Opere di questo tipo sono state pianificate e sono state tentate nel corso di maggior parte della storia umana, ma il termine enciclopedia è stato usato per la prima volta solo nel XVI secolo. Le prime enciclopedie generaliste che sono riuscite a essere sia autorevoli sia esaustive nella trattazione apparvero nel XVIII secolo. Ogni opera enciclopedica è, chiaramente, una versione sintetizzata di tutta la conoscenza, e le opere variano per vastità e per approfondimento. Il pubblico di destinazione può influenzare la trattazione: un'enciclopedia pensata per bambini, ad esempio, sarà più ridotta di una per gli adulti.
Organizzazione dei contenuti
La disposizione sistematica del materiale è essenziale per rendere l'enciclopedia uno strumento di consultazione fruibile. Storicamente, si sono distinti due metodi di allestire le enciclopedie cartacee: il metodo alfabetico, che consiste in voci distinte, organizzate in base all'ordine alfabetico, o la disposizione in categorie ordinate gerarchicamente. Il primo metodo è quello a tutt'oggi maggiormente utilizzato, anche se la fluidità dei media elettronici consente delle possibilità di ricerca, rinvio e indicizzazione prima inimmaginabili. L'epigrafe di Orazio sulla prima di copertina della Encyclopédie del XVIII secolo trasmette efficacemente l'importanza della struttura di un'enciclopedia: '"Che grazia possono aggiungere agli argomenti banali il potere dell'ordine e del collegamento."
Le enciclopedie moderne sono in genere dotate di un indice analitico (come la Encyclopædia Britannica Eleventh Edition) per facilitare la ricerca dei contenuti.
L'attuale multimedialità ha esercitato una crescente influenza nella raccolta, verifica, sintesi e presentazione di ogni genere di informazione. Progetti come Wikipedia (gratuita) e Encarta (a pagamento) sono esempi di nuove forme di enciclopedia, che rendono il reperimento di informazioni più semplice e immediato.
L'enciclopedia, per come la conosciamo oggi, si è sviluppata dal dizionario nel corso del XVIII secolo. Un dizionario si concentra in primo luogo sulle parole e sulle loro definizioni e solitamente fornisce poche informazioni sul contesto in cui esse vengono usate e su come esse entrino in contatto con altri settori del sapere. Tuttavia alcune opere che hanno nel titolo "dizionario" in pratica risultano spesso più simili ad un'enciclopedia, specialmente quelle che trattano ambiti settoriali.
Le enciclopedie spesso contengono anche numerose illustrazioni e carte geografiche, oltre che bibliografie e statistiche.
Formati
Enciclopedie digitali
La struttura di un'enciclopedia e il suo essere in naturale evoluzione sono proprietà particolarmente adatte a un formato per computer, fruibile su supporti di memorizzazione locale o in rete; di conseguenza tutte le maggiori enciclopedie stampate hanno adottato uno o più di questi metodi di distribuzione entro la fine del XX secolo. Tali pubblicazioni (basate prima su supporti CD-ROM e poi su DVD) hanno il vantaggio di essere prodotte a basso costo ed essere facilmente trasportabili; al contrario della forma stampata in genere includono contenuti multimediali, quali animazioni, registrazioni audio e registrazioni video. Un altro significativo beneficio di questa nuova forma è costituito dai collegamenti ipertestuali tra voci concettualmente legate tra loro, il che permette di rendere assai più rapida la consultazione. Le enciclopedie consultabili in rete hanno tutti questi vantaggi, con quello aggiuntivo di essere (potenzialmente) dinamiche: nuove informazioni possono essere mostrate quasi immediatamente, piuttosto che dover attendere la successiva pubblicazione su un supporto fisico. In più, con il procedere delle opportunità tecniche, si prestano ad agevoli traduzioni in tutte le lingue.
Per fornire aggiornamenti tra le nuove edizioni numerose enciclopedie su carta pubblicavano tradizionalmente dei supplementi annuali, come soluzione parziale al problema del mantenersi aggiornate, ma questo metodo richiedeva ovviamente al lettore lo sforzo aggiuntivo di verificare le voci sia sui volumi originali che sui supplementi annuali. Alcune enciclopedie basate su formato digitale e consultabili attraverso un personal computer offrono la possibilità di aggiornamenti online, sulla base di una registrazione a pagamento; in questo caso gli aggiornamenti sono integrati con il contenuto già disponibile.
L'informazione in un'enciclopedia stampata necessita di una qualche forma di struttura indicizzata. Tradizionalmente il metodo impiegato è quello di presentare le informazioni ordinate alfabeticamente secondo il titolo della voce. Tuttavia, con l'avvento dei formati dinamici digitali, la necessità di imporre una struttura predeterminata è teoricamente venuta meno. Nondimeno, la maggior parte delle enciclopedie in formato digitale offre un insieme di strategie di organizzazione delle voci, ad esempio per area di categorizzazione dell'oggetto o per ordine alfabetico. La Rete ha offerto infine la possibilità di sperimentare nuove modalità di interazione con il lettore, sino al punto di renderlo compartecipe della redazione dei contenuti, come nel caso della giovane e pur promettente Wikipedia.
Note
Bibliografia
Per approfondimenti:
Albertazzi, Marco, Enciclopedie medievali. Storia e stili di un genere, nuova ed. ampliata (La Finestra editrice, Lavis 2013). ISBN 978-88-95925-50-9
Cevolini, Alberto, Letteratura e società: il genere "enciclopedia", La bibliofilìa, a. 108, n. 3, 2006, pp. 281–308.
Collison, Robert, Encyclopaedias: Their History Throughout the Ages, 2nd ed. (New York, Londra: Hafner, 1966)
Darnton, Robert, The business of enlightenment: a publishing history of the Encyclopédie, 1775-1800 (Cambridge: Belknap Press, 1979) ISBN 0-674-08785-2
Umberto Eco, Dall'albero al labirinto, (Milano: Bompiani, 2007)
Kafker, Frank A. (ed.), Notable encyclopedias of the seventeenth and eighteenth centuries: nine predecessors of the Encyclopédie (Oxford: Voltaire Foundation, 1981) ISBN
Kafker, Frank A. (ed.), Notable encyclopedias of the late eighteenth century: eleven successors of the Encyclopédie (Oxford: Voltaire Foundation, 1994) ISBN
Tega, Walter (a cura di), L'unità del sapere e l'ideale enciclopedico nel pensiero moderno (Bologna: Il Mulino, 1983)
Walsh, S. Padraig, Anglo-American general encyclopedias: a historical bibliography, 1703-1967 (New York: Bowker, 1968, 270 pp.) Includes an historical bibliography, arranged alphabetically, with brief notes on the history of many encyclopedias; a chronology; indexes by editor and publisher; bibliography; and 18 pages of notes from a 1965 American Library Association symposium on encyclopedias.
Yeo, Richard R., Encyclopaedic visions: scientific dictionaries and enlightenment culture (Cambridge, New York: Cambridge University Press, 2001) ISBN 0-521-65191-3
Voci correlate
Dizionario
Dizionario enciclopedico
Dizionario biografico
Encyclopédie
Enciclopedia galattica
Enciclopedismo
Falso lemma
Lessicologia
Lessicografia
Opera letteraria
Wikipedia
Altri progetti
Enzyklothek. Historische Nachschlagewerke - Digital library
Collegamenti esterni
Università del Wisconsin – elencate per categoria
(verificare le date di ultimo aggiornamento)
Enciclopedie storiche disponibili online
(in ordine cronologico di prima edizione)
Cyclopaedia, or, An universal dictionary of arts and sciences, 1728, con il supplemento del 1753, digitalizzata dal Digital Collections Center dell'Università del Wisconsin
Ciclopedia ovvero Dizionario universale delle arti e delle scienze, che contiene una esposizione de' termini, ed una relazion delle cose significate da' medesimi nelle arti liberali e meccaniche, e nelle scienze umane e divine [...] Tradotto dall'inglese, e di molti articoli accresciuto da Giuseppe Maria Secondo in otto tomi, Napoli 1747
L'Encyclopédie ou dictionnaire raisonné des sciences, des arts et des métiers, 1751-1765
Oekonomische Encyklopädie oder allgemeines System der Staats- Stadt- Haus- und Landwirthschaft (Enciclopedia economica di Johann Georg Kruenitz), 1773-1858,
Penny cyclopaedia of the Society for the Diffusion of Useful Knowledge (alcuni volumi), 1833-1846
Encyclopædia Americana, 1851, Francis Lieber ed. (Boston: Mussey & Co.) at the University of Michigan Making of America site
The American Cyclopædia, 1873-1876, George Ripley ed. (New York: D. Appleton and Company)
Nordisk Familjebok - Konversationslexikon och Realencyklopedi, 1876-1926
Meyers Konversations-Lexikon 4ª ed. 1885-1892
Jewish Encyclopedia, 1901-1906 |
1669 | https://it.wikipedia.org/wiki/Egna | Egna | Egna (Neumarkt in tedesco) è un comune italiano di abitanti della provincia autonoma di Bolzano in Trentino-Alto Adige. È inoltre un comune mercato e rientra nella guida dei Borghi più belli d'Italia per la regione Trentino-Alto Adige.
Geografia fisica
Oltre ad essere il centro principale del subcomprensorio della Bassa Atesina è il capoluogo amministrativo e culturale del comprensorio Oltradige-Bassa Atesina, nonostante sia solo il terzo comune per popolazione, dopo Laives e Appiano.
Il borgo è situato in fondovalle, a 214 , sulla sinistra orografica dell'Adige, a circa 25 km a sud di Bolzano.
Fuori dal suo centro ha una stazione ferroviaria, nella quale fermano solo i treni regionali, e uno svincolo autostradale sull'A22.
Origini del nome
Il nome Egna deriva dalla antica mansio Endidae, una mansio o stazione di posta romana sulla Via Claudia Augusta: scavi archeologici hanno portato alla luce un sito ben conservato, che oggi si può visitare. Divenuto Enna nel 1018 e E(n)gna nel 1170, dopo un incendio il paese fu ricostruito dal vescovo Corrado nel 1189 con il nome di burgum novum de Egna. Nel 1260 fu noto col nome di Novum Forum, attorno al Trecento è divenuto Neuwenmarcht e nel 1327 Neumarkt.
Storia
Il piccolo centro è un tipico borgo mercantile di fondazione altomedievale, istituito nel 1189 dal vescovo Corrado di Trento. Già nel Duecento i conti del Tirolo subentrarono ai vescovi nella gestione del potere territoriale, facendo del distretto giudiziale di Egna (Landgericht Enn-Kaldiff) una delle loro basi nella val d'Adige. Nel contempo concentrarono i loro investimenti a Bolzano, lasciando così quasi intatto l'impressione antica che ancora oggi il borgo offre.
Nel XIII secolo Sofia degli Ezzelini, figlia di Ecelino II il Monaco, sposerà il nobile Enrico III da Egna (Enn). È nativo di Egna Camillo Zancani, uno dei Mille di Garibaldi.
Nel 1946 è passato dalla provincia autonoma di Trento alla provincia autonoma di Bolzano in seguito all'accordo De Gasperi-Gruber.
Simboli
Lo stemma è partito, a destra è raffigurata la luna crescente d'argento su sfondo rosso; a sinistra una croce patente rossa, con le braccia scorciate, su sfondo argento. In un documento del 1395 Alberto d'Austria, fratello di Rodolfo IV d'Asburgo concedeva al villaggio, allora denominato Newnmarkt, l'uso dell'insegna. Lo stemma è stato adottato nel 1967.
Monumenti e luoghi d'interesse
Architetture religiose
Chiesa di San Nicolò Vescovo, chiesa parrocchiale tardogotica rimodellata nel 1461 dal costruttore Hans Feur di Vipiteno
Chiesa di Santa Maria in Villa, tardogotica, restaurata e riconsacrata nel 1956.
Architetture civili
Portici (Lauben) che caratterizzano il borgo.
Palazzo Griesfeld, settecentesco.
Presso la frazione di Laghetti si incontrano due strutture interessanti: la prima è il cosiddetto Klösterle, l'ospizio di San Floriano, la seconda struttura risulta essere in relazione alla prima: si tratta della chiesa di San Floriano.
Società
Ripartizione linguistica
All'ultimo censimento prima dell'entrata in vigore del Pacchetto per l'Alto Adige, nel 1971, il comune era ancora a maggioranza di lingua italiana (50,03%). Nel 1981 il gruppo linguistico italiano era già calato al 39,43%.
La popolazione al censimento del 2011 è in maggioranza di madrelingua tedesca e in minoranza di madrelingua italiana. Pressoché insignificante la componente ladina.
Evoluzione demografica
Amministrazione
Gemellaggi
Note
Bibliografia
Gianni Faustini, Egna sotto il fascismo - una microstoria dall'annessione alla Liberazione, in «Archivio Trentino di storia contemporanea» 1991, pp. 61–84.
Paolo Valente, L'associazionismo culturale ad Egna, Provincia autonoma di Bolzano, Bolzano 2005
Josef Fontana, Neumarkt 1848–1970: ein Beitrag zur Zeitgeschichte des Unterlandes, Bolzano, Athesia, 1993. ISBN 88-7014-732-0
Hannes Obermair, Die Urkunden des Dekanatsarchives Neumarkt (Südtirol) 1297–1841 (Schlern-Schriften, 289), Innsbruck, Wagner, 1993. ISBN 3-7030-0261-1
Neumarkt an der Etsch: Vergangenheit und Gegenwart. A cura del Verein für die Ortspflege Neumarkt, Egna, 1997.
Josef Nössing, Città minori in Trentino e Alto Adige - una visita guidata nella storia di Ala, Rovereto ed Egna, Bolzano, Archivio Provinciale di Bolzano, 2005.
Voci correlate
Stazione di Egna-Termeno
Tenuta Baron Longo
Altri progetti
Collegamenti esterni |
1670 | https://it.wikipedia.org/wiki/Etna%20%28disambigua%29 | Etna (disambigua) |
Astronomia
Etna – satellite di Giove
11249 Etna – asteroide della fascia principale
Mitologia
Etna – figura della mitologia greca
Arti
Etna – album musicale del gruppo omonimo
Etna – gruppo jazz fusion, rock progressivo italiano
Etna film – società di produzione cinematografica italiana
Geografia
Italia
Etna – vulcano della Sicilia
Etna - nome italiano dell'antica città di Aitna, ai piedi del vulcano
Stati Uniti d'America
Etna – città della Contea di Siskiyou, California
Etna – città della Contea di Penobscot, Maine
Etna – località della Contea di Grafton, New Hampshire
Etna – borough della Contea di Allegheny, Pennsylvania
Etna – census-designated place della Contea di Lincoln, Wyoming
Navi
– corvetta bombardiera del Regno delle Due Sicilie
Classe Etna – nave da rifornimento della Marina Militare
– pirocorvetta della Regia Marina
Etna – incrociatore protetto della Regia Marina del 1885
– incrociatore antiaereo della Regia Marina, affondato a Trieste nel 1941 e mai completato
Etna – nave da guerra della Marina Militare
Persone
Donato Etna (1858-1938) – militare e politico italiano
Giacomo Etna, pseudonimo di Vincenzo Musco (1895-1963) – scrittore, giornalista, saggista critico d'arte, romanziere e poeta italiano
Storia militare
224º Reggimento fanteria "Etna" – reggimento dell'Esercito Italiano
Divisione "Etna" – divisione antiparacadutisti e contraerei della GNR
167ª Legione Camicie nere "Etna" – legione della MVSN
Altro
Cirneco dell'Etna – razza canina originaria della Sicilia
Etna – vino italiano
Etna Trasporti – società di trasporto pubblico
Monte Etna (DOP) – olio di oliva
Etna – varietà italiana di peperoncino originario della Sicilia
Pagine correlate
Aetna |
1671 | https://it.wikipedia.org/wiki/Economia%20domestica | Economia domestica | Leconomia domestica o familiare è la scienza che studia il modo di produzione domestico (acronimo: MDP), ovvero le varie modalità per la conduzione degli aspetti pratici della vita di un nucleo familiare e di una comunità.
Esempi
Esempi classici di economie domestiche: << il kraal in Africa occidentale; le ‘’casbe’’ nell’Africa nordoccidentale; la famiglia patriarcale ebrea; la tenuta greca dei tempi di Aristotele; la famiglia romana; il feudo medioevale o la tipica famiglia contadina diffusa in tutto il mondo prima della vendita generalizzata dei suoi prodotti sui mercati.>>
Aspetti istituzionali
Italia
In Italia l'economia domestica a partire dalla riforma Gentile fu materia di insegnamento della scuola media inferiore, nella nuova scuola media unificata istituita dal 1963 la denominazione muta nel nuovo insegnamento delle Applicazioni tecniche, differenziato in maschile e femminile, che sarà impartito fino al 1977 quando muta con l'appellativo di Educazione tecnica, che non si diversifica più in relazione al sesso degli alunni.
È materia di insegnamento del sistema di istruzione tecnica e formazione professionali ad indirizzo sociale e sanitario: tecnici dei servizi sociosanitari e operatori sociosanitari, come precedentemente lo era dei corsi di istruzione Tecnica Femminile, con l'abilitazione all'esercizio della professione di "Insegnante di Educazione Tecnica" e di "Economia domestica e di Comunità" (Diploma ad Indirizzo Generale dell'Istituto Tecnico Femminile) e professioni connesse alla “organizzazione, gestione, coordinamento e controllo di refettori scolastici e mense aziendali, case di cura, case di riposo, asili nido, soggiorni estivi, convitti ecc.”
I concorsi ed i corsi per l'ammissione nel profilo professionale di insegnante di economia domestica prevedono come programma di riferimento le tecniche e le esercitazioni pratiche dei servizi di cucina e di ospitalità, impartite negli ISTITUTI TECNICI FEMMINILI.
Corea del sud
In Corea del Sud, l'economia domestica è denominata 가정과학, gajeong-gwahak, che in italiano si può rendere con scienze della famiglia. La disciplina fu introdotta dai missionari occidentali alla fine del XIX secolo. Nel 1929, la Ewha Womans University di Seoul istituì il primo dipartimento universitario di scienze della famiglia.
Note
Bibliografia
Angelica Cioccari Solichon, L'amica di casa: trattato di economia domestica ad uso delle giovinette italiane, Lugano, Tip. Veladini, 1864, 1ª edizione.
Altri progetti
Collegamenti esterni |
1673 | https://it.wikipedia.org/wiki/Euro | Euro | Leuro (simbolo: €, codice ISO 4217: EUR; AFI: ; plurale invariabile oppure, meno comunemente, "euri") è la valuta ufficiale dei paesi della zona euro e quella unica attualmente adottata da 20 dei 27 Stati membri dell'Unione aderenti all'Unione economica e monetaria dell'Unione europea (UEM). La moneta è suddivisa in 100 centesimi.
Il nome euro venne scelto al termine del Consiglio Europeo di Madrid del dicembre 1995, per poi essere introdotto in sostituzione dell'ECU (European Currency Unit, Unità di conto europea) il 1º gennaio 1999 con un cambio 1:1. La circolazione monetaria ebbe effettivamente inizio il 1º gennaio 2002 nei primi dodici Paesi che l'adottarono.
L'ultima nazione ad aver adottato la valuta è stata la Croazia il 1º gennaio 2023, in precedenza vi furono Lettonia e Lituania, rispettivamente il 1º gennaio 2014 e il 1º gennaio 2015.
Il complesso di questi Paesi, detto informalmente zona euro (o anche eurozona o eurolandia), conta una popolazione di oltre 346 milioni di abitanti; prendendo in considerazione anche quei paesi terzi che utilizzano divise legate all'euro, la moneta unica interessa direttamente oltre 480 milioni di persone in tutto il mondo. In aggiunta ai membri dell'eurozona, la moneta unica europea è utilizzata anche in altri sei Stati europei: quattro microstati (Andorra, Città del Vaticano, Principato di Monaco e San Marino) hanno adottato l'euro in virtù delle preesistenti condizioni di unione monetaria con Paesi membri della UE, mentre l'adozione da parte del Montenegro e del Kosovo è stata unilaterale.
L'euro è amministrato dalla Banca centrale europea (BCE), con sede a Francoforte sul Meno, e dal Sistema europeo delle banche centrali; il primo organismo è responsabile unico delle politiche monetarie comuni, mentre coopera con il secondo per quanto riguarda il conio e la distribuzione di banconote e monete negli stati membri.
L'euro è la moneta ufficiale anche in tutti i dipartimenti d'oltremare e le collettività d'oltremare francesi: Mayotte (Africa), Riunione (Africa), Guadalupa (Nord America), Martinica (Nordamerica), Saint-Pierre e Miquelon (Nord America), Saint Barthélemy (Nord America), Saint-Martin (Nord America), Guyana francese (Sudamerica) e nelle Terre australi e antartiche francesi. L'euro è la valuta corrente anche a Ceuta e Melilla, città autonome spagnole in nord Africa, nelle Canarie, comunità autonoma della Spagna, nei possedimenti spagnoli del nord Africa (Plazas de soberanía) e nelle regioni autonome del Portogallo Azzorre e Madera.
Storia
Le fasi di transizione dalle monete locali all'euro vennero stabilite dalle disposizioni del Trattato di Maastricht del 1992 relative alla creazione dell'Unione economica e monetaria. La nascita ufficiale della moneta unica europea avvenne il 1º gennaio 1999, con un comunicato del Consiglio dei Ministri europei. Il debutto dell'euro sui mercati finanziari risale al 1999, mentre la circolazione monetaria ebbe effettivamente inizio il 1º gennaio 2002 nei dodici Paesi dell'Unione che per primi hanno adottato la nuova valuta.
In fase di accettazione, vennero compresi anche gli stati membri i cui parametri avevano dimostrato la tendenza a poter rientrare nel medio periodo all'interno dei criteri stabiliti dal Trattato. In particolare, all'Italia e al Belgio fu permesso di adottare subito l'euro anche in presenza di un rapporto debito/PIL largamente superiore al 60%. Fra i paesi che avevano chiesto l'adesione alla moneta unica sin dal suo esordio, la Grecia era l'unica che non rispettava nessuno dei criteri stabiliti; fu comunque ammessa due anni dopo, il 1º gennaio 2001, e l'introduzione fisica della nuova valuta nel paese avvenne contemporaneamente rispetto agli altri undici Paesi.
I tassi di cambio tra le varie divise nazionali e l'euro furono determinati dal Consiglio europeo in base ai loro valori sul mercato al 31 dicembre 1998, in modo che un ECU (European Currency Unit, Unità di valuta europea) fosse pari a un euro. Essi non furono stabiliti in una data precedente a causa della composizione particolare dell'ECU, il quale era una unità di conto che dipendeva da un paniere di valute comprendenti anche quelle che, come la sterlina inglese, non avrebbero fatto parte dell'euro.
In Italia l'euro venne sperimentato per la prima volta nei comuni di Fiesole e Pontassieve per sei mesi a partire dal 1º ottobre 1999.
Nome e simbolo
Il nome "euro" fu adottato dal Consiglio europeo di Madrid del dicembre 1995 per rimpiazzare la sigla ECU (dall'acronimo inglese European Currency Unit, o "Unità di conto europea"), sino a quel momento utilizzata nei trattati e che dal 1978 indicava una valuta scritturale di uso interbancario. Il nome doveva essere semplice, unico e invariabile. È probabile che tale denominazione derivi dall'uso, invalso negli ambienti finanziari britannici, di riferirsi alla vecchia moneta scritturale con l'espressione Euro-currency, dove Euro sta per European: si tratterebbe dunque di un anglicismo, anche se in Italia viene percepito come un accorciamento, in analogia con altre parole che, con composizione neoclassica, usano il confisso euro-, tratto da Europa (europarlamentare, eurovisione ecc.).
In alcune lingue si usa normalmente il plurale o il partitivo del nome (esempio: Spagna, Francia, Portogallo), nonostante il sostantivo "euro" sulla cartamoneta resti neutrale e non mostri forme plurali.
La denominazione ecu, indicata nell'articolo 3º del trattato di Maastricht, fu scartata per diverse ragioni linguistiche. Aveva un senso in inglese, la lingua nella quale era espresso, e in francese, perché la parola écu vuol dire scudo, che era un'antica moneta della Francia. La denominazione, quindi, non aveva alcun richiamo per gli altri paesi. Ci fu poi il "problema della vacca tedesca": i tedeschi avrebbero dovuto chiamare un ecu ein Ecu, che suonava come eine Kuh, cioè, appunto, "una mucca".
Il codice internazionale a tre lettere (in base allo standard ISO 4217) dell'euro è EUR. È stato disegnato anche un simbolo (glifo) speciale per l'euro (€). Dopo che un sondaggio pubblico aveva ristretto la scelta a due, fu la Commissione europea a fare la scelta finale. Il vincitore era ispirato dalla lettera greca epsilon (ε), così come a una versione stilizzata della lettera "E".
L'euro è rappresentato nel set di caratteri Unicode (esadecimale 20AC o decimale 8364, codice mnemonico HTML: €) così come nelle versioni aggiornate dei tradizionali set di caratteri latini. Le nazioni occidentali dovrebbero passare dall'ISO 8859-1 (Latin 1) all'ISO 8859-15 (Latin 9) o, ancora meglio, a UTF-8 per poter rappresentare questo carattere.
Il "nome unico" ha in realtà due varianti: la prima riguarda la lingua greca, la seconda la lingua bulgara. La Grecia ottenne subito di poter chiamare la moneta unica Ευρώ in caratteri ellenici. La Bulgaria ottenne durante le negoziazioni per il Trattato di Lisbona di chiamare la moneta unica Евро, in caratteri cirillici.
Monete e banconote
Monete
Dal 2002 sono in circolazione monete metalliche con otto diversi valori:
monete da 1, 2 e 5 centesimi, di colore rame, in acciaio ricoperto di rame;
monete da 10, 20 e 50 centesimi, di colore oro, in oro nordico;
monete da 1 e 2 euro, bimetalliche, di colore argento/oro.
Ciascuna moneta è caratterizzata da un lato comune a tutti i Paesi che hanno adottato l'euro. L'effigie sull'altro lato è di competenza sia dei singoli stati che hanno adottato l'euro sia di quelli che possono coniare monete in virtù di accordi bilaterali con l'Unione europea tramite Italia e Francia, ovvero San Marino, Città del Vaticano, Principato di Monaco e dal 2015 anche il Principato di Andorra. Pertanto, senza considerare quelle commemorative, sono in circolazione 184 diverse monete.
La Finlandia ha deciso di non produrre e di non far circolare le monete da 1 e 2 centesimi, a eccezione di piccole quantità per il collezionismo. Dal 2004 anche i Paesi Bassi non immettono in circolazione monete da 1 e 2 centesimi; tuttavia quelle in circolazione, benché poco utilizzate, mantengono corso legale. Ciononostante, le monete di tale valore coniate in altri paesi continuano naturalmente ad avere valore legale all'interno di tutta l'eurozona.
A partire dal 2018, anche l'Italia ha cessato di produrre monete da 1 e 2 centesimi, in seguito all'articolo 13-quater della Legge 21 giugno 2017, n. 96. La manovra è tesa al contenimento della spesa pubblica e il risparmio generato è destinato all'ammortamento dei titoli di Stato italiani.
Banconote
Le banconote euro, a differenza delle monete, sono caratterizzate da un aspetto unico valido in tutta la zona euro e sono disponibili in sette tagli, ognuno con colore e dimensione diverse: 5, 10, 20, 50, 100, 200 e 500 euro.
Ogni taglio presenta una particolare tematica architettonica e storica nel contesto europeo; inoltre gli stili architettonici sono ordinati cronologicamente: più aumenta l'importo della banconota e più l'architettura rappresentata sarà moderna. Per ogni tematica, il fronte della banconota presenta delle porte o delle finestre, mentre il retro raffigura dei ponti.
Considerato gli elevati importi che le banconote rappresentano e la potenzialità dell'euro di poter essere utilizzata come valuta di riserva internazionale, nella fase di progettazione è stato deciso di applicare sofisticate tecnologie anti-contraffazione. Ogni banca centrale dell'Unione monetaria europea è responsabile per la stampa di uno o due tagli.
Ogni taglio reca la firma del presidente della BCE:
Il 4 maggio 2016 la Banca centrale europea ha deciso di sospendere la produzione della banconota da 500 euro la cui emissione è stata interrotta il 27 gennaio 2019 da tutte le banche centrali ad eccezione della Deutsche Bundesbank e della Oesterreichische Nationalbank che hanno terminato il 27 aprile 2019.
Le banconote da 500 euro che restano in circolazione continuano ad avere corso legale e possono pertanto essere usate come mezzo di pagamento o come riserva di valore per il risparmio. Inoltre. le banche, i cambiavalute e i vari operatori commerciali possono reimmetterle in circolazione, infatti, anche questa banconota mantiene il suo valore e potrà essere cambiata in qualsiasi momento presso le banche centrali dei Paesi della zona euro.
In Italia chiunque versi in banca o in posta banconote da 500 euro per importi unitari superiori ai può essere segnalato in base alla normativa antiriciclaggio
Dal 2013 è in corso di emissione la Serie Europa, che ha sostituito la precedente anno per anno fino al 2019.
Reato di contraffazione
Il punto 3 dell'articolo 2 della decisione della Banca centrale europea 4/2003 deroga l'articolo sul delitto di contraffazione, la cui pena può cambiare da stato a stato, e determina alcuni casi particolari in cui la riproduzione è consentita.
Italia
L'Articolo 460 del Codice Penale italiano, relativo alla Contraffazione di carta filigranata in uso per la fabbricazione di carte di pubblico credito o di valori di bollo, sancisce:
La zona euro
Al 2023 gli Stati membri che partecipano all'euro sono venti: l'insieme di queste nazioni viene frequentemente definito eurozona o eurolandia.
Al 2023, sette dei ventisette Stati membri dell'Unione europea non adottano ancora l'euro come valuta ufficiale. Tra di essi la Danimarca, che in seguito a un referendum ha respinto la possibilità di adottare l'euro e la Svezia, che pur avendo aderito all'UE nel 1995 sta continuando a usare la corona svedese, anche perché nel 2003 un referendum bocciò l'adozione della moneta unica. Tutti gli altri paesi sono destinati a confluire nella zona euro non appena i parametri macroeconomici stabiliti dal trattato ne permetteranno l'ingresso.
Requisiti
Per poter partecipare alla nuova valuta, gli stati membri dovevano rispettare i seguenti criteri, informalmente detti parametri di Maastricht:
un deficit pari o inferiore al 3% del prodotto interno lordo;
un rapporto debito pubblico/PIL inferiore al 60%;
un tasso di inflazione non superiore di oltre 1,5 punti percentuali rispetto a quello medio dei tre stati membri a più bassa inflazione;
tassi d'interesse a lungo termine non superiori di oltre 2 punti percentuali rispetto alla media dei tre stati membri a più bassa inflazione;
appartenenza per almeno un biennio al sistema monetario europeo.
Allargamento della zona euro
L'euro è entrato in vigore per la prima volta il 1º gennaio 1999 in undici degli allora quindici Stati membri dell'Unione; a questi si aggiunse la Grecia, che rientrò nei parametri economici richiesti nel 2000 e fu ammessa nell'eurozona il 1º gennaio 2001. In questi primi dodici Stati l'euro entrò ufficialmente in circolazione il 1º gennaio 2002 sotto forma di monete e banconote.
Nel 2006 un tredicesimo Stato, la Slovenia, entrata nell'Unione nel 2004 dimostrò di possedere i parametri economici necessari per l'adesione alla moneta comune e fu ammessa nella zona euro il 1º gennaio 2007. Pochi giorni dopo, il 15 gennaio, il tallero sloveno fu ufficialmente considerato fuori corso. Con procedura analoga, nel 2007 Malta e Cipro, in virtù dei propri parametri macroeconomici soddisfacenti, vennero a loro volta ammessi nella zona euro. L'introduzione della divisa comune nelle due isole mediterranee avvenne il 1º gennaio 2008; il 1º gennaio 2009 fu invece la volta della Slovacchia.
Nel 2010 l'Estonia fu la prima delle repubbliche baltiche a soddisfare i requisiti economici richiesti dall'Unione europea e la sua richiesta di adesione alla moneta unica venne accettata con effetto dal 1º gennaio 2011. Il 1º gennaio 2014 anche la Lettonia adottò l'euro come valuta ufficiale, diventando così il diciottesimo paese dell'eurozona e il secondo del gruppo degli Stati baltici ex URSS. Il 23 luglio 2014, dopo aver verificato il rispetto dei requisiti economici da parte del Paese, il Consiglio accettò la richiesta della Lituania di adottare l'euro. La moneta entrò in circolazione nella repubblica baltica il 1º gennaio 2015.
Nel 2022 è stato riconosciuto che anche la Croazia soddisfaceva i parametri di Maastricht; così la sua richiesta di adozione della moneta unica è stata accettata e l'euro è entrato in circolazione nel paese ex-jugoslavo il 1º gennaio 2023.
L'eurogruppo e la SEPA
Le questioni connesse strettamente all'unione economica e monetaria vengono discusse da un organismo apposito chiamato Eurogruppo, che si riunisce informalmente prima delle riunioni dell'Ecofin e a cui partecipano solo gli stati membri dell'eurozona.
Dal gennaio 2008 è poi entrata in vigore l'Area unica dei pagamenti in euro, detta anche SEPA, iniziativa tesa ad armonizzare nell'area i bonifici, gli incassi e l'uso delle carte, rendendo sempre più efficiente, sicuro e conveniente il mercato elettronico.
Effetti della moneta unica
L'effetto principale dell'introduzione della moneta unica è l'eliminazione dei rischi e costi di cambio, puntando a creare una optimum currency area (OCA); viene inoltre incrementata l'interdipendenza economica e una facilitazione del commercio tra stati membri, apportando benefici a tutti i cittadini dell'eurozona, in quanto l'incremento dei commerci è storicamente una delle forze guida della crescita economica.
Inoltre, la moneta unica si inserisce nel piano a lungo termine di un mercato unico all'interno dell'Unione.
Un secondo effetto è una riduzione nelle fluttuazioni dei prezzi, ovvero un maggior contenimento dell'inflazione (puntando a mantenerla al 2%) a vantaggio dei grandi detentori di capitali.
In alcuni Stati (tra cui l'Italia, Francia, Paesi Bassi, Germania, Austria, Grecia) hanno preso piede movimenti politici cosiddetti Euroscettici che chiedono o una revisione dei Trattati internazionali (specialmente riguardanti il MES e il Fiscal Compact) oppure un ritorno alla valuta nazionale con svalutazione della moneta per rendere competitivi, col tasso di cambio, i prodotti per l'esportazione.
Se da un lato questo potrebbe, in teoria, facilitare l'esportazione, per via del nuovo tasso di cambio, dall'altro lato - secondo alcune teorie - gli effetti dell'inflazione annullerebbero questa competitività. Salirebbero infatti, sempre per effetto del nuovo tasso di cambio, il costo dei beni e delle materie prime importate e il costo dell'energia e di conseguenza anche il costo di produzione dei beni interni prodotti e anche dei beni esportati. L'aumento dei prezzi poi, come conseguenza, avrebbe un impatto sui redditi con la perdita del potere d'acquisto delle retribuzioni e quindi la riduzione del salario reale. Questo provocherebbe, a sua volta, una caduta della domanda d'acquisto interna con la diminuzione della crescita economica e di conseguenza anche un aumento della disoccupazione con i relativi effetti, da questa prodotti, a peggiorare ulteriormente il calo di domanda d'acquisto e della produzione. D'altro canto, è stato fatto notare che in alcuni paesi dell'eurozona, dal 2009 al 2014, si è già registrata una caduta dei salari reali superiore a tutti i cali delle retribuzioni verificatisi nell'ultimo trentennio a seguito di abbandoni di regimi valutari.
Tassi di cambio dell'euro
Dopo l'introduzione dell'euro, il tasso di scambio con le altre valute, specialmente il dollaro, scese pesantemente. Alla sua introduzione nel 1999, l'euro era scambiato a . Da lì scese a fine 2000 fino a , per poi risalire all'inizio del 2001 fino a . Riprese a scendere fino al minimo storico sotto nel luglio 2001. Alla luce degli scandali contabili delle aziende statunitensi (Enron, MCI Worldcom) le due valute raggiunsero la parità il 15 luglio 2002, e per la fine dello stesso anno l'euro raggiunse gli .
Si è speculato che la forza dell'euro rispetto al dollaro potrebbe incoraggiarne l'uso come valuta di riserva. Il 23 maggio 2003, l'euro sorpassò la quota iniziale di e a dicembre 2004 arrivò a superare gli . Parte della forza dell'euro era dovuta ai tassi di interesse, che in quel periodo erano più alti in Europa rispetto agli Stati Uniti, e al deficit sempre crescente della bilancia commerciale statunitense. Nonostante la Federal Reserve abbia aumentato il tasso di sconto nel corso del 2005, per far fronte a un probabile rischio d'inflazione, il dollaro non è riuscito a migliorare il tasso di cambio con la moneta europea. Dal luglio del 2007 la crisi del mercato immobiliare statunitense ha ulteriormente indebolito la posizione della moneta americana che è giunta ad aver un tasso di cambio pari .
A seguito della decisione intrapresa il 18 settembre 2007 dalla Federal Reserve di ridurre il tasso di sconto di 50 punti base allo scopo di affrontare la crisi di liquidità dovuta ai mutui subprime, il dollaro si è avviato su un percorso di lenta discesa del suo tasso di cambio. Come conseguenza di questa politica, ripetutasi nei mesi successivi, dalla seconda metà di settembre la moneta europea ha inanellato una serie di record storici nei confronti di quella statunitense, arrivando a toccare la quotazione di il 15 luglio 2008.
A partire dall'inizio del 2008 l'euro ha intrapreso un sentiero di ascesa anche nei confronti della sterlina inglese che ha portato la valuta continentale a raggiungere diversi record storici, l'ultimo dei quali si è verificato il 30 dicembre 2008 a . Nei mesi seguenti, invece, la tendenza è stata invertita nei confronti di tutte le monete internazionali fino a toccare, ad esempio, gli 1,2037 dollari per euro nel giugno 2010. In seguito, il cambio con la moneta statunitense è risalito fino a toccare gli 1,3810 dollari per euro alla fine di ottobre 2011. Nel luglio 2017 è stato rotto al rialzo un periodo di consolidamento che durava da più di due anni (gennaio 2015), proprio grazie alla politica di QE.
Critiche all'euro
Critiche economiche all'euro
Le critiche alla moneta unica derivano da economisti appartenenti a diverse scuole di pensiero.
I differenziali di inflazione che si sono verificati già dai primissimi anni di adozione della moneta unica avrebbero portato una diminuzione della competitività in particolare dei Paesi dell'Europa meridionale, che in assenza di flessibilità del cambio e dei trasferimenti di cui sopra, non permetterebbe loro di reggere il passo dei paesi nordici. Questo meccanismo avrebbe anche contribuito a fomentare i debiti privati e pubblici dei paesi che ne hanno sofferto, i quali li avrebbero peggiorati con politiche deflazionistiche e disinflazionistiche intraprese per ristabilire la minata competitività.
I fautori di questa teoria si rifanno principalmente al Ciclo di Frenkel, basandosi sulla similitudine fra alcuni avvenimenti intercorsi nell'eurozona degli ultimi anni e nell'Argentina durante il cambio fisso col dollaro.
L'altra grande critica alla moneta unica riguarda invece l'austerità che sarebbe implicitamente imposta dai trattati che la regolano. Secondo i critici, di stampo prevalentemente keynesiano, i limiti di spesa imposti dal Trattato di Maastricht prima e dal Fiscal compact poi renderebbero difficile per gli stati in recessione una futura crescita duratura, condannandoli a una stagnazione e disoccupazione quasi strutturale. Essi sostengono che per non sforare tali parametri (ad esempio quello che obbliga gli stati a non oltrepassare un rapporto del 3% tra deficit e PIL, con prospettiva di un futuro pareggio di bilancio), i governi dovranno aumentare la tassazione e/o ridurre i servizi a disposizione dei propri cittadini, aggravando quindi lo stato delle loro economie già provate.
Critiche ad aspetti procedurali dell'introduzione dell'euro
Personalità che si sono pronunciate contro l'euro
Tra i principali economisti a livello internazionale ve ne sono molti che avanzano, o hanno avanzato in passato, forti riserve sugli effetti e sul rapporto costi/benefici della moneta unica, tanto da considerarne l'adozione un fatto più o meno negativo. Tra questi vi sono Roger Bootle (economista della City di Londra), vincitore nel 2012 del Wolfson Economics Prize per lo studio di fattibilità economica sullo smantellamento della zona euro, Dominick Salvatore (professore alla Fordham University di New York), Rudi Dornbusch (già professore al Massachusetts Institute of Technology), Martin Feldstein (professore alla Università di Harvard) e i premi Nobel Milton Friedman, Amartya Sen, Joseph Stiglitz, Paul Krugman, Christopher Pissarides (inizialmente sostenitore dell'euro) e James Mirrlees.
In diversi Paesi europei esiste e si sta allargando un dibattito sull'opportunità di mantenere l'adesione all'euro e all'eurozona. Tra i politici, gli economisti, gli accademici maggiormente critici, o addirittura contrari, nei confronti dell'adozione dell'euro si hanno gli ex ministri economici Paolo Savona (già professore di economia alla LUISS e professore presso l'Università degli Studi Guglielmo Marconi), Giuseppe Guarino (già professore di giurisprudenza alla Sapienza Università di Roma), Giorgio La Malfa (già professore di economia all'Università di Catania), Vincenzo Scotti, l'ex commissario europeo Frits Bolkestein, Hans-Olaf Henkel (già presidente della Confindustria Tedesca), e gli economisti Alberto Bagnai (professore di economia all'Università di Pescara), Claudio Borghi, Luigi Zingales (professore presso la University of Chicago Booth School of Business), Antoni Soy (professore all'Università di Barcellona), Jean-Pierre Vesperini (professore all'Università di Rouen), Brigitte Granville (professoressa alla Queen Mary University di Londra), Peter Oppenheimer (già professore all'Università di Oxford) e Sergio Cesaratto (professore di Politica Economica all'Università di Siena).
Altri studiosi, come Emiliano Brancaccio della Università del Sannio, hanno segnalato che in caso di tracollo dell'Unione monetaria esisterebbero modalità alternative di gestione dell'abbandono dell'euro, ognuna delle quali ricadrebbe in modi diversi sulle diverse classi sociali. Questa tesi è stata riproposta nel "monito degli economisti" pubblicato nel 2013 sul Financial Times.
Critiche all'euro e partiti euroscettici
Le considerazioni degli economisti hanno portato molti partiti europei a schierarsi su posizioni euro-scettiche o euro-critiche, particolarmente dopo la grande recessione e le successive stagnazioni e stag-deflazioni in cui si sono trovate molte nazioni dell'eurozona. Con le elezioni del 2014 si sono formati nel parlamento europeo due gruppi chiamati Europa delle Nazioni e della Libertà ed Europa della Libertà e della Democrazia Diretta, i cui membri si sono spesi spesso a favore di un abbandono dell'area valutaria. Esponenti di spicco del primo gruppo sono il leader della Lega Nord Matteo Salvini e la segretaria del Front National Marine Le Pen; nel secondo gruppo, invece, sono confluiti fra gli altri Beppe Grillo e Nigel Farage, esponenti di spicco rispettivamente del Movimento 5 Stelle in Italia e del partito indipendentista britannico.
Dal fronte opposto, il gruppi Sinistra Unitaria Europea/Sinistra Verde Nordica non propone un ritorno alle monete nazionali, ma sostiene una forte revisione della politica di austerità che si è accompagnata all'adozione della moneta unica. Ne fanno parte il leader di Syriza Alexīs Tsipras e quello di Podemos Pablo Iglesias Turrión.
Questi tre gruppi parlamentari hanno conquistato in totale 134 seggi, poco meno di un quinto dell'emiciclo di Bruxelles.
Vi sono, poi, Paesi in cui l'idea di una moneta unica fra nazioni non ha mai preso largamente piede nel sistema politico nazionale, tra cui la Svezia (che ha addirittura adottato delle strategie per evitare l'aggancio della corona svedese alla moneta europea e, quindi, essere costretta a introdurla) e svariati Paesi dell'Est.
Note
Bibliografia
A. Simonazzi, F. Vianello, “Liberalizzazione finanziaria, moneta unica europea e occupazione”, in: F.R. Pizzuti (a cura di), Globalizzazione, istituzioni e coesione sociale, Donzelli, Roma, 1999, ISBN 978-88-86175-46-3.
D. Moro, La gabbia dell'Euro. Perché uscirne è internazionalista e di sinistra, Imprimatur, Reggio Emilia, 2018.
Riferimenti normativi
Art. 155 della
Voci correlate
Allargamento della zona euro
Area unica dei pagamenti in euro
Area valutaria ottimale
Banconote euro
Cooperazione rafforzata
Eurogruppo
Eurizzazione
Euroscetticismo
EuroBillTracker
Monete euro
Opt-out nell'Unione europea
Parametri di Maastricht
Questioni linguistiche relative all'euro
SEPA
Sistema monetario europeo
Simbolo dell'euro
Storia dell'integrazione europea
Unione economica e monetaria dell'Unione europea
Unità di conto europea
Valute dell'Unione europea
Zona euro
Precedenti unioni monetarie
Unione monetaria latina
Unione monetaria scandinava
Altre unioni monetarie
Afro (valuta)
Altri progetti
Collegamenti esterni
Unione Europea - Euro
Commissione Europea - Zona Euro
Banca centrale europea - Euro
Banca centrale europea - Tasso di cambio
Banche centrali dell'eurozona
Unione europea: Banca centrale europea
Austria: Oesterreichische Nationalbank
Belgio: Nationale Bank van België / Banque Nationale de Belgique
Croazia: Hrvatska narodna banka
Cipro: Κεντρική Τράπεζα της Κύπρου
Estonia: Eesti Pank
Finlandia: Suomen Pankki
Francia: Banque de France
Germania: Deutsche Bundesbank
Grecia: Τράπεζα της Ελλάδος
Irlanda: Central Bank of Ireland
Italia: Banca d'Italia
Lettonia: Latvijas Banka
Lituania: Lietuvos Bankas
Lussemburgo: Banque Centrale du Luxembourg
Malta: Central Bank of Malta
Paesi Bassi: De Nederlandsche Bank
Portogallo: Banco de Portugal
Slovacchia: Národná banka Slovenska
Slovenia: Banka Slovenije
Spagna: Banco de España
Altre banche centrali
Bulgaria: Българска Народна Банка
Danimarca: Danmarks Nationalbank
Polonia: Narodowy Bank Polski
Regno Unito: Bank of England
Repubblica Ceca: Česká Národní Banka
Romania: Banca Naţională a României
Svezia: Sveriges Riksbank
Ungheria: Magyar Nemzeti Bank
Altri
Simboli europei
Unioni monetarie
Valute americane
Valute africane
Monetazioni europee
Valute europee |
1674 | https://it.wikipedia.org/wiki/Eclittica | Eclittica | L'eclittica è il percorso apparente che il Sole compie in un anno rispetto allo sfondo della sfera celeste. Si tratta dell'intersezione della sfera celeste con il piano geometrico, detto piano eclittico o piano dell'eclittica, su cui giace l'orbita terrestre. È dunque il cerchio massimo della sfera celeste geocentrica di raggio pari alla distanza tra il centro del Sole e il centro della Terra.
Il nome deriva da eclissi poiché è sul piano dell'eclittica che si produce l'allineamento di tre astri, tipico di tale fenomeno astronomico. Il piano eclittico andrebbe distinto dal piano eclittico invariabile che è perpendicolare al vettore somma dei momenti angolari di tutti i piani orbitali planetari, tra i quali il momento angolare di quello di Giove è il principale contributore nel sistema solare. Attualmente il piano eclittico è inclinato rispetto al piano eclittico invariabile di circa 3°.
Eclittica ed equatore celeste
Poiché l'asse di rotazione della Terra non è perpendicolare al suo piano orbitale, il piano equatoriale non è parallelo al piano dell'eclittica, ma forma con esso un angolo di circa 23° 27' noto come inclinazione dell'eclittica.
Le intersezioni dei due piani con la sfera celeste sono cerchi massimi noti come equatore celeste ed eclittica. La linea d'intersezione tra i due piani definisce due punti equinoziali diametralmente opposti sulla sfera celeste. L'equinozio in cui il Sole passa da sud a nord dell'equatore celeste (cioè l'equinozio di primavera) viene chiamato punto vernale, punto γ o primo punto di Ariete. Questa nomenclatura si riferisce a quando l'equinozio di primavera cadeva all'interno della costellazione dell'Ariete. Per questo punto e per i poli celesti passa il coluro equinoziale.
La longitudine eclittica è tipicamente indicata con la lettera λ, si misura da questo punto da 0° a 360° verso est. La latitudine eclittica, usualmente indicata con la lettera β si misura da +90° a nord a -90° a sud. Lo stesso punto di intersezione definisce anche l'origine del sistema di coordinate equatoriali, chiamata ascensione retta misurata da 0 a 24 ore sempre verso est e tipicamente indicata con α o A.R., e la declinazione, tipicamente indicata con δ sempre misurata da +90° a nord a -90° a sud. Semplici formule di rotazione permettono una conversione da α, δ a λ, β e viceversa (vedi sistema di coordinate eclittiche).
La posizione dei punti equinoziali sulla sfera celeste varia lentamente a causa della precessione dell'asse terrestre, per questo motivo chiamata precessione degli equinozi, e della sua nutazione.
Eclittica e stelle
L'eclittica funge da centro di una regione chiamata lo zodiaco che costituisce una banda di 9° da entrambi i lati. Tradizionalmente, questa regione viene divisa in 12 segni, ognuno di 30° di longitudine. Secondo la tradizione, questi segni prendono il nome da 12 delle 13 costellazioni che si trovano a cavallo dell'eclittica. Gli astronomi moderni tipicamente usano oggi altri sistemi di coordinate (vedi sotto).
La posizione dell'equinozio di primavera non è fissa fra le stelle, ma determinata dalla precessione lunisolare che lentamente si sposta verso ovest sull'eclittica con una velocità di un 1° ogni 72 anni. Può essere anche percepito uno spostamento molto più piccolo verso nord/sud, (la precessione planetaria, lungo l'equatore, risultante da una rotazione del piano dell'eclittica). Detto altrimenti, le stelle si spostano verso est (incrementando la loro longitudine) rispetto agli equinozi — in altre parole, rispetto alle coordinate dell'eclittica e (spesso) anche alle coordinate equatoriali.
Usando gli attuali confini ufficiali della costellazione dello IAU — e tenendo conto sia della variabile velocità di precessione che della rotazione dell'eclittica — gli equinozi si spostano attraverso le costellazioni negli anni del calendario astronomico giuliano (dove l'anno 0 = 1 a.C., -1 = 2 a.C., ecc.) come segue:
L'equinozio di marzo passava dal Toro all'Ariete nell'anno -1865, poi ai Pesci nell'anno -67, passerà all'Aquario nell'anno 2597, e poi nel Capricorno nel 4312. È passato lungo (ma non dentro) un "angolo" del Cetus a 0°10' di distanza nell'anno 1489.
Il solstizio di giugno passava dal Leone nel Cancro nell'anno -1458, passò nei Gemelli nell'anno -10, passò nel Toro nel dicembre del 1989, passerà nell'Ariete nell'anno 4609.
L'equinozio di settembre passava dalla Bilancia nella Vergine nell'anno -729, passerà nel Leone nell'anno 2439.
Il solstizio di dicembre passava dal Capricorno nel Sagittario nell'anno -130, passerà nell'Ofiuco nell'anno 2269, e passerà nello Scorpione nel 3597.
Eclittica e Sole
A causa delle influenze perturbatrici di altri pianeti sull'orbita terrestre, il Sole vero non è sempre esattamente sull'eclittica, ma può trovarsi alcuni arcosecondi a nord o sud di essa. È perciò il centro del sole medio che delinea il suo cammino. Poiché la Terra impiega un anno per fare una rivoluzione completa attorno al Sole, anche la posizione apparente del Sole impiega lo stesso lasso di tempo per fare un giro completo dell'intera eclittica. Con poco più di 365 giorni all'anno, il Sole si muove quasi di 1° verso est ogni giorno (direzione di longitudine in aumento).
Questo moto annuale non va confuso con il moto giornaliero del Sole (e delle stelle e dell'intera sfera celeste) verso ovest lungo l'equatore. Infatti, mentre le stelle necessitano di circa 23 h e 56 m e 04,09 s per completare il giorno siderale, il Sole, che nel frattempo si è spostato di 1° verso est, ha bisogno di 236 secondi in più per completare il suo giro, facendo sì che il giorno solare misuri 24 ore.
Poiché la distanza fra il Sole e Terra varia leggermente durante l'anno, la velocità con cui il Sole si muove sull'eclittica è anch'essa variabile. Per esempio, nel corso di un anno, il Sole si trova a nord dell'equatore celeste per circa 186,40 giorni e a sud dell'equatore per circa 178,24 giorni.
Il Sole medio attraversa l'equatore celeste verso il 20 di marzo nel momento dell'equinozio di primavera, quando la sua declinazione, l'ascensione retta e la longitudine eclittica sono uguali a zero (la latitudine eclittica del Sole è sempre uguale a zero). L'equinozio di marzo segna l'inizio della primavera nell'emisfero settentrionale e l'autunno in quello meridionale. La data e l'ora effettive variano di anno in anno a causa del verificarsi dell'anno bisestile. Si è anche spostato lentamente nel corso dei secoli a causa delle imperfezioni insite nel calendario gregoriano.
I 90° di longitudine eclittica, a 6 ore di ascensione retta e con una declinazione settentrionale uguale alla obliquità dell'eclittica (23,44°), vengono raggiunti dal Sole intorno al 21 giugno. Questo è il solstizio di giugno o solstizio d'estate nell'emisfero settentrionale e il solstizio d'inverno nell'emisfero meridionale. È anche il primo punto del Cancro e il momento in cui il Sole si trova esattamente sulla verticale (allo Zenit) nel tropico del Cancro.
I 180° di longitudine eclittica, 12 ore di ascensione retta, vengono raggiunti intorno al 22 settembre e segnano il secondo equinozio o il primo punto della Bilancia. A causa delle perturbazioni dell'orbita terrestre, il momento in cui il Sole reale attraversa l'equatore può essere di molti minuti prima o dopo. La declinazione più meridionale del sole viene raggiunta al 270° di longitudine eclittica, 18 ore di ascensione retta al primo punto del segno del Capricorno intorno al 21 dicembre.
In ogni caso si deve porre in rilievo che sebbene questi segni tradizionali (nell'astrologia occidentale) hanno dato i loro nomi ai solstizi ed equinozi, in realtà, (come risulta dalla lista del precedente capitolo) i punti cardinali sono al presente situati rispettivamente nelle costellazioni dei Pesci, Toro, Vergine e Sagittario, a causa della Precessione degli equinozi.
Eclittica e pianeti
La maggior parte dei pianeti percorre orbite intorno al Sole che si trovano quasi nello stesso piano orbitale della Terra, differendo di pochi gradi al massimo, pertanto essi appaiono sempre vicini all'eclittica quando vengono osservati nel cielo. Mercurio con un'inclinazione orbitale di 7° è un'eccezione. Plutone, a 17°, era precedentemente un'eccezione fino a che esso non fu riclassificato come un pianeta nano, ma altri corpi nel sistema solare hanno anche delle più grandi inclinazioni orbitali (per es. Eris a 44° e Pallas a 34°). Stranamente, la Terra ha l'orbita più inclinata di tutti gli otto pianeti maggiori relativamente all'equatore del Sole.
La linea di intersezione del piano dell'eclittica e un altro piano orbitale di un pianeta è chiamata la linea nodale di quel pianeta, e i punti di intersezione della linea nodale sulla sfera celeste sono il nodo ascendente (dove il pianeta attraversa l'eclittica da sud a nord) e il nodo discendente diametralmente opposto. Soltanto quando un pianeta inferiore passa attraverso uno dei suoi nodi può avere luogo un transito al di sopra del Sole. Transiti, specialmente per Venere, sono abbastanza rari, poiché l'orbita terrestre è più inclinata di quelle dei due pianeti più interni.
L'inclinazione e le linee nodali, come quasi tutti gli altri elementi orbitali, mutano lentamente nell'arco di secoli a causa delle perturbazioni di altri pianeti.
Eclittica e Luna
L'orbita della Luna è inclinata di circa 5° sull'eclittica. Neppure la sua linea nodale permane fissa, ma retrocede (si muove verso ovest) su una orbita completa ogni 18,6 anni. Questo è la causa della nutazione e immobilità lunare (lunar standstill). La luna attraversa l'eclittica circa due volte al mese. Se questo succede durante la luna nuova, accade un'eclissi solare, mentre durante la luna piena un'eclissi lunare. Questo era il modo in cui gli antichi potevano tracciare l'eclittica lungo il cielo; essi segnavano i posti dove le eclissi sarebbero potute accadere.
Eclittica e coordinate stellari
Fino al XVII secolo in Europa, le mappe stellari e le posizioni nei cataloghi delle stelle erano sempre date dalle coordinate eclittiche; in Cina, invece, gli astronomi impiegarono un sistema equatoriale nei loro cataloghi. Fu solo quando gli astronomi incominciarono a usare i telescopi e a misurare le posizioni delle stelle con gli orologi che le coordinate equatoriali entrarono in uso anche in Europa, e ciò accade in modo così completo che, al giorno d'oggi, le coordinate eclittiche non vengono più utilizzate. Tuttavia, questo cambiamento ha comportato anche alcuni svantaggi, in particolare nell'osservazione dei pianeti. Infatti, una congiunzione planetaria sarebbe molto più esplicativamente descritta dalle coordinate eclittiche piuttosto che equatoriali.
Etimologia
Il termine “eclittica”, che propriamente è un aggettivo, deriva dall’espressione greca ἐκλειπτική τροχιά, ekleiptikè trokià, in latino līnĕa ĕcliptĭca, cioè linea eclittica, linea delle eclissi (da ἔκλειψις, ékleipsis, in latino ĕclipsis, cioè abbandono, mancamento, scomparsa, e quindi eclissi). Quindi: linea della sfera celeste dove avvengono le eclissi.
Note
Altri progetti
Collegamenti esterni
Astronomia sferica |
1676 | https://it.wikipedia.org/wiki/Interazione%20elettromagnetica | Interazione elettromagnetica | L'interazione elettromagnetica è l'interazione tra oggetti che possiedono carica elettrica, una delle quattro interazioni fondamentali. È responsabile del campo elettromagnetico, che rappresenta l'interazione in ogni punto dello spazio e si propaga sotto forma di onda elettromagnetica alla velocità della luce.
L'elettromagnetismo è la branca della fisica classica che studia l'interazione elettromagnetica e costituisce una teoria fondamentale che ha permesso di spiegare fenomeni naturali come l'elettricità, il magnetismo e la luce; è il primo esempio di unificazione di due diverse forze, quella elettrica e quella magnetica. La forza elettromagnetica ammette come caso particolare i fenomeni elettrostatici (ad es. l'elettricità) e i fenomeni magnetostatici (ad es. il magnetismo) e ad essa si possono ricondurre molti altri fenomeni fisici macroscopici quali ad esempio l'attrito, lo spostamento di un corpo a mezzo di una forza di contatto, ecc. L'elettrodinamica classica è la teoria dei campi elettromagnetici generati dalle correnti elettriche, includendo i principi della relatività ristretta. L'elettrodinamica quantistica è la teoria quantistica del campo elettromagnetico, descritta nell'ambito del Modello standard.
Dalla teoria elettromagnetica si originano importanti branche teorico-applicative riguardanti le correnti elettriche, attraverso la teoria dei circuiti, l'elettrotecnica e l'elettronica.
Storia
La teoria dell'elettromagnetismo è stata sviluppata a partire dal XIX secolo e nasce dall'osservazione di una correlazione tra i fenomeni dell'elettricità e del magnetismo, che prima di allora erano stati scoperti e trattati separatamente.
L'elettricità è stata scoperta in seguito all'evidenza sperimentale dell'attrazione o la repulsione tra corpi dotati di carica elettrica, corrispondente a due stati di elettrizzazione della materia, detti positivo e negativo: corpi elettrizzati entrambi positivamente o entrambi negativamente si respingono, mentre corpi elettrizzati in modo opposto si attraggono.A partire da questo fatto, nella seconda metà del diciottesimo secolo Charles Augustin de Coulomb formulò la legge di Coulomb, che quantifica la forza elettrica attrattiva o repulsiva che due corpi puntiformi carichi elettricamente si scambiano a distanza. A partire da tale legge è possibile affermare che un corpo carico elettricamente produce nello spazio circostante un campo elettrico tale per cui, se si introduce una carica elettrica, questa risente l'effetto di una forza, detta forza di Coulomb, direttamente proporzionale al prodotto delle due cariche e inversamente proporzionale al quadrato della loro distanza.
Parallelamente, l'esistenza del magnetismo naturale nella materia era noto già agli antichi greci nel V - VI secolo a.C., anche se probabilmente era già stato scoperto nell'antica Cina dove si dice fosse già in uso un rudimentale prototipo di bussola magnetica. Gli antichi avevano scoperto la capacità di alcuni minerali, come la magnetite, di attrarre la limatura di ferro o piccoli oggetti ferrosi. Tra i più importanti studi medievali sull'argomento vi è l'epistola De Magnete di Pietro Peregrino di Maricourt, del 1296, che introduce il concetto e la terminologia dei due poli, Nord e Sud, della calamita, e propone l'esperimento della calamita spezzata. Nel 1600 apparve il De magnete di William Gilbert, che rimase a lungo il testo di riferimento sul tema del magnetismo, anche se i primi studi quantitativi sui fenomeni magnetostatici si possono far risalire alla fine del Settecento - inizio dell'Ottocento ad opera dei francesi Biot e Savart e, successivamente, di Ampère, sempre in Francia.
Una prima correlazione tra elettricità e magnetismo fu ipotizzata dal fisico danese Hans Christian Ørsted, che eseguendo un esperimento già effettuato diciotto anni prima da Gian Domenico Romagnosi, noto come esperimento di Ørsted, osservò che un filo percorso da corrente elettrica generava attorno a sé un campo magnetico. In seguito, il chimico britannico Michael Faraday condusse una simile esperienza, ribattezzata esperimento di Faraday, per mezzo della quale dimostrò che un conduttore percorso da corrente immerso in un campo magnetico è soggetto ad una forza. La formulazione matematica della forza esercitata da un campo magnetico sulla corrente elettrica è infine dovuta a André-Marie Ampère, che tramite l'esperimento di Ampère concluse che tra due fili di lunghezza e distanza , percorsi rispettivamente da una corrente di intensità e , si esercita una forza il cui modulo è in unità CGS:
La forza fra i due fili è attrattiva se le correnti scorrono nello stesso verso, repulsiva se scorrono in versi opposti. Fu chiaro allora che l'unica sorgente del campo magnetostatico sono cariche in moto, ovvero una corrente elettrica.
Infine James Clerk Maxwell, unificando in modo organico i due fenomeni, formulò le omonime equazioni, che descrivono i fenomeni magnetostatici, elettrostatici, magnetodinamici ed elettrodinamici classici.
Elettromagnetismo classico
Il campo elettromagnetico è un campo tensoriale dato dalla combinazione del campo elettrico e del campo magnetico ed è responsabile dell'interazione elettromagnetica; classicamente è descritto dalle equazioni di Maxwell e dalla forza di Lorentz. È generato nello spazio dalla presenza di cariche elettriche
Il campo elettrico
Il campo elettrostatico è un campo di forze conservativo generato nello spazio dalla presenza di cariche elettriche stazionarie. Il vettore campo elettrico in un punto è definito come il rapporto tra la forza elettrica generata dal campo su un oggetto carico e la carica dell'oggetto stesso:
La legge di Coulomb afferma che una carica puntiforme posta in , genera un campo elettrico, in un punto , definito dalla seguente espressione:
dove è la costante dielettrica caratteristica del materiale in cui si propaga il campo.
Il campo elettrico è descritto anche dal potenziale elettrico (V), definito come il valore dell'energia potenziale (U) di una carica elettrica posta in un punto dello spazio divisa per la carica stessa. L'energia potenziale della carica è quindi l'energia che la carica possiede a causa della sua posizione all'interno del campo elettrico. Il potenziale elettrico è definito dalla seguente formula:
Il potenziale è dunque una quantità scalare, e l'unità di misura del potenziale elettrico è il volt. Tra due punti A e B di una regione di spazio sede di un campo elettrico c'è una differenza di potenziale di 1 V se la forza elettrica compie il lavoro di 1 J per portare una carica di 1 C dal punto A al punto B.
Essendo il campo elettrico conservativo, è sempre possibile definire una funzione scalare , Il potenziale elettrico, il cui gradiente, cambiato di segno, coincide con il campo:
Il campo magnetico
Il campo magnetico è un campo vettoriale non conservativo generato da cariche in moto. Il campo magnetico agisce su oggetti carichi in moto attraverso una forza, detta forza di Lorentz, data da:
dove indica il prodotto vettoriale, è la carica elettrica dell'oggetto e è la velocità della carica.
Il campo magnetico non compie lavoro, come conseguenza dell'espressione della forza di Lorentz, che è sempre perpendicolare alla direzione della velocità della carica. Inoltre, è descritto da un potenziale vettoriale definito formalmente dalla relazione:
ovvero è il rotore di .
Poiché la divergenza di un rotore è nulla, deve avere divergenza nulla:
Il potenziale vettore di un campo è definito a meno di un gradiente di una funzione poiché il rotore del gradiente è sempre nullo.
Equazioni di Maxwell
Le equazioni di Maxwell sono un sistema di quattro equazioni differenziali alle derivate parziali lineari, che governano l'evoluzione spaziale e temporale del campo elettromagnetico. Si tratta di equazioni che, sintetizzando la legge di Gauss, la legge di Faraday e la legge di Ampère, unificano il concetto di campo elettrico e di campo magnetico all'interno del più ampio concetto di campo elettromagnetico.
Nel caso più generale, in cui i campi dipendono dalle coordinate spaziali e dal tempo, la forma differenziale delle equazioni di Maxwell è:
dove ed sono rispettivamente il campo elettrico ed il campo magnetico in un materiale, è la densità di carica elettrica e la densità di corrente elettrica.
Le equazioni di Maxwell, insieme alla forza di Lorentz, descrivono completamente l'interazione elettromagnetica classica, ovvero come una carica in movimento interagisce con un'altra carica in movimento.
Il campo elettromagnetico
L'elettrodinamica classica studia il campo elettromagnetico tenendo conto dei principi della teoria della relatività, che nella teoria classica dell'elettromagnetismo vengono trascurati. Il campo, nel caso più generale, è generato da una distribuzione di carica elettrica e corrente elettrica variabili nel tempo.
Gli effetti generati dal comportamento dinamico di cariche e correnti furono studiati da Pierre Simon Laplace, Michael Faraday, Heinrich Lenz e molti altri già dagli inizi dell'ottocento, tuttavia uno studio coerente e logicamente completo dei fenomeni elettromagnetici può essere effettuato solamente a partire dalla teoria della relatività. L'elettrodinamica classica utilizza il formalismo dei tensori e dei quadrivettori per scrivere le equazioni di Maxwell in forma covariante per le trasformazioni di Lorentz, introducendo un quadripotenziale che estende i potenziali scalare e vettore del caso stazionario: in questo modo cariche e correnti elettriche vengono descritte dal quadrivettore densità di corrente elettrica dove la parte temporale del quadrivettore è data dalla densità di carica, moltiplicata per la velocità della luce c, e la parte spaziale dalla densità di corrente elettrica.
Il quadripotenziale che descrive il campo elettromagnetico è costituito da una parte spaziale data dal potenziale vettore , relativo al campo magnetico, e una parte temporale data dal potenziale scalare del campo elettrico:
A partire dal quadripotenziale si possono definire i campi nel seguente modo:
Inserendo tali espressioni nelle equazioni di Maxwell, la legge di Faraday e la legge di Gauss magnetica si riducono ad identità, mentre le restanti due equazioni assumono la forma:
Tali espressioni sono equivalenti alle equazioni di Maxwell.
Onde elettromagnetiche
La radiazione elettromagnetica è un fenomeno ondulatorio che descrive la propagazione nello spazio del campo elettromagnetico. Si tratta della propagazione contemporanea del campo elettrico e del campo magnetico, oscillanti in piani tra loro ortogonali. La radiazione elettromagnetica si propaga alla velocità della luce in direzione ortogonale ai due campi, ed è descritta dall'equazione delle onde:
che per i due campi risulta essere:
dove è la velocità della luce. Una riscrittura più compatta è data da:
dove è l'operatore iperbolico di d'Alembert:
Tale equazione, che descrive la propagazione nello spazio del campo elettromagnetico, può essere ricavata dalle equazioni di Maxwell.
Teoria di gauge
All'interno delle equazioni di Maxwell, ogni grado di libertà in una data configurazione del campo elettromagnetico ha un proprio effetto misurabile sul moto di eventuali cariche di prova poste nelle vicinanze. Tuttavia, esse sono caratterizzate dal fatto che l'espressione dei campi rimane invariata se i potenziali subiscono la seguente trasformazione:
La descrizione del campo per mezzo dei potenziali è pertanto caratterizzata dal fatto che le espressioni dei potenziali si possono modificare in modo da lasciare inalterata l'espressione dei campi che ne risulta. Una particolare scelta del potenziale scalare o del potenziale vettore è un potenziale di gauge, ed una funzione scalare utilizzata per cambiare il gauge è detta funzione di gauge.
In elettrodinamica solitamente si ricorre all'utilizzo del gauge di Lorenz, una scelta dei potenziali tale da soddisfare una determinata condizione, detta condizione di Lorenz:
Tale condizione ha la proprietà di essere Lorentz invariante e di rispettare i gradi di libertà forniti dalle trasformazioni di gauge: se i potenziali soddisfano la condizione di Lorenz si dice che essi appartengono al gauge di Lorenz La condizione di Lorenz è una proprietà imposta al potenziale elettromagnetico utilizzata nel calcolo di campi elettromagnetici variabili nel tempo attraverso i potenziali ritardati.
La condizione di Lorenz impone che debba soddisfare l'equazione:
.
Le equazioni Maxwell nel gauge di Lorenz sono scritte come:
dove è l'operatore di d'Alembert.
Il tensore elettromagnetico
La descrizione covariante del campo elettromagnetico nel vuoto viene svolta nell'ambito del gauge di Lorenz poiché la condizione di Lorenz ha la proprietà di essere Lorentz invariante e di rispettare i gradi di libertà forniti dalle trasformazioni di gauge. A partire dal quadripotenziale è possibile scrivere un tensore doppio di campo elettromagnetico :
Il tensore elettromagnetico è un tensore antisimmetrico del second'ordine, covariante e la sua traccia è nulla:
Attraverso questa notazione si possono sintetizzare a coppie le equazioni di Maxwell. Le due equazioni vettoriali non omogenee si riducono a:
mentre le equazioni omogenee sono:
Sorgenti variabili nel tempo
I potenziali ritardati descrivono i potenziali nel caso in cui distribuzione di carica e corrente presente, sorgente del campo, sia variabile nel tempo. Si tratta delle espressioni dei potenziali utilizzata quando non è possibile utilizzare l'approssimazione secondo cui la propagazione dell'interazione elettromagnetica sia istantanea. Ponendo di trovarsi nel vuoto, nel gauge di Lorenz i potenziali ritardati assumono la forma:
dove è la densità di carica, è la densità di corrente, la distanza del punto di osservazione del campo dall'elemento di volume su cui si effettua l'integrazione e:
è il tempo ritardato.
I potenziali ritardati sono la soluzione dell'equazione delle onde per i potenziali e , e questo consente di scrivere l'equazione delle onde per i campi nel vuoto. La relativa soluzione al tempo ritardato fornisce l'espressione preliminare per i campi, la cui scrittura esplicita è fornita dalle equazioni di Jefimenko.
Elettrodinamica quantistica
L'elettrodinamica quantistica è una teoria quantistica del campo elettromagnetico che descrive i fenomeni che coinvolgono particelle elettricamente cariche interagenti per mezzo della forza elettromagnetica, ed è stata definita il gioiello della fisica per le sue predizioni estremamente accurate di quantità come il momento magnetico anomalo del muone, e lo spostamento di Lamb-Retherford dei livelli energetici dell'idrogeno.
Matematicamente l'elettrodinamica quantistica ha la struttura di una teoria di gauge abeliana con un gruppo di gauge U(1): fisicamente questo significa che le particelle cariche interagiscono fra loro attraverso lo scambio di particelle a massa nulla dette fotoni. Considerando i potenziali come operatori di campo si ottiene la quantizzazione del campo elettromagnetico, e sostituendo nelle equazioni del gauge di Lorenz si ottiene:
Se si vuole descrivere l'interazione tra campi elettromagnetici con l'equazione di Dirac, le densità di carica e di corrente sono:
dove sono le prime tre matrici di Dirac. Si possono così scrivere le equazioni di Maxwell come:
Tale formulazione è alla base dell'elettrodinamica quantistica.
Spettro elettromagnetico
L'insieme delle frequenze elettromagnetiche è detto spettro elettromagnetico che comprende al suo interno la luce visibile.
Unità elettriche nel sistema internazionale
Note
Bibliografia
Evgenij Lifšic, Lev Davidovič Landau, Lev Petrovich Pitaevskii (1993): Electrodynamics of Continuous Media. Course of Theoretical Physics volume 8, 2nd ed., Elsevier, ISBN 0-7506-2634-8
Joseph Edminister (1994): Schaum's Outline of Electromagnetics, 2nd ed., McGraw-Hill, ISBN 0-07-021234-1, pp. 256
David J. Griffiths (1998): Introduction to Electrodynamics, 3rd ed., Prentice Hall, ISBN 0-13-805326-X, pp. 576
D. A. Bromley (1998): Classical Electrodynamics, Springer, ISBN 0-387-94799-X, pp. 555
Voci correlate
Campo elettrico
Campo elettromagnetico
Campo magnetico
Carica elettrica
Corrente elettrica
Elettrostatica
Equazioni di Maxwell
Forza di Lorentz
Gauge di Lorenz
Legge di Biot-Savart
Legge di Faraday
Modello standard (fisica)
Onda (fisica)
Potenziale di Liénard-Wiechert
Potenziale elettrico
Potenziale magnetico
Potenziali ritardati
Quadripotenziale
Tensore elettromagnetico
Teoria di gauge
Trasformazione di Lorentz
Personaggi
Charles Augustin de Coulomb
Alessandro Volta
Luigi Galvani
Michael Faraday
Carlo Matteucci
Jean-Baptiste Biot
Félix Savart
Franz Ernst Neumann
Heinrich Lenz
Georg Ohm
Galileo Ferraris
André-Marie Ampère
Joseph Henry
Gustav Robert Kirchhoff
Hans Christian Ørsted
Hendrik Lorentz
Heinrich Rudolf Hertz
James Clerk Maxwell
Eugenio Beltrami
Augusto Righi
Benjamin Franklin
Guglielmo Marconi
Nikola Tesla
Altri progetti
Collegamenti esterni
James Clerk Maxwell, A treatise on electricity and magnetism (t.1) (Clarendon Press, Oxford, 1881)
James Clerk Maxwell, A treatise on electricity and magnetism (t.2) (Clarendon Press, Oxford, 1881)
O. Heaviside, Electromagnetic Theory (t. 1) (The Electrician printing company, London, 1894-1912)
O. Heaviside, Electromagnetic Theory (t. 2) (The Electrician printing company, London, 1894-1912)
O. Heaviside, Electromagnetic Theory (t. 3) (The Electrician printing company, London, 1894-1912)
Harry Bateman The mathematical analysis of electrical and optical wave-motion on the basis of Maxwell's equations (Cambridge University Press, 1915)
Leigh Page An introduction to electrodynamics from the staindpoint of the electron theory (Ginn & co., Boston, 1922)
Max Mason e Warren Weaver The Electromagnetic Field (University of Chicago Press, 1929)
J. A. Stratton Electromagnetic Theory (McGrawHill, New York, 1941)
Radionistics.com Fisica delle onde radio ed ingegneria radioelettronica.
La Legge di Lenz all'opera.
Elettromagnetismo
Forza
Interazioni fondamentali |
1678 | https://it.wikipedia.org/wiki/Etna%20%28divinit%C3%A0%29 | Etna (divinità) | Etna è una dea della mitologia greca.
Era considerata figlia di Urano e Gea e diede il nome all'omonimo vulcano, le cui distruttive eruzioni erano causate dal drago Tifone, che viveva nelle sue viscere.
La Sicilia, terra di vulcani e frumento, era causa di dispute tra Efesto e Demetra, dei rispettivamente del fuoco e delle messi. Etna fece da arbitro. Viene a volte ritenuta madre dei Palici.
Note
Bibliografia
Collegamenti esterni
Divinità greche
Etna
Efesto |
1679 | https://it.wikipedia.org/wiki/Eleonora%20d%27Arborea | Eleonora d'Arborea | Gli aragonesi, successivi dominatori della Sardegna, estesero l'ambito territoriale di applicazione della Carta de Logu a quasi tutta l'isola. La normativa rimase in vigore per secoli, fino alla sostituzione col codice di Carlo Felice di Savoia (il 16 aprile 1827), ormai alle soglie della fusione perfetta con la terraferma sabauda e del Risorgimento.
Il significato simbolico che localmente è attribuito alla figura e alla reggenza di Eleonora è evidenziato dal fatto che il giudicato d'Arborea è stato l'ultimo Stato sardo autoctono a essere ceduto a regnanti esterni all'isola. Questo fa sì che, soprattutto nell'ambito dell'indipendentismo sardo, sia spesso vista come principale eroina nazionale della Sardegna, assieme a Giovanni Maria Angioy.
Biografia
Primi anni
Eleonora nacque a Molins de Rei (Catalogna, regno d'Aragona), intorno al 1347, da Mariano IV dei de Serra Bas e dalla nobile catalana Timbora di Roccaberti, figlia del visconte Dalmazio. Sorella di Ugone e di Beatrice, visse i primi anni della giovinezza ad Oristano e nel castello del Goceano. Quando nel 1347 morì il giudice Pietro III di Arborea senza discendenti, la Corona de Logu del giudicato (un'assemblea dei notabili, prelati, funzionari delle città e dei villaggi) elesse il padre di Eleonora Mariano IV, fratello dello scomparso, che resse il giudicato dal 1347 al 1376.
Relazioni dinastiche
Eleonora sposò prima del 1376 il quarantenne Brancaleone Doria, dell'influente casato genovese. Il suo matrimonio rientrava nel più generale disegno di un'alleanza tra gli Arborea ed i Doria, che già controllavano vasti territori della Sardegna in funzione antiaragonese. Dopo le nozze, abitò a Castelgenovese (l'attuale Castelsardo), dove si dice nacquero i figli Federico e Mariano, e a Genova.
Sembra ormai accertato che nel 1382 Eleonora abbia elargito un prestito di 4.000 fiorini d'oro a Nicolò Guarco, doge della Repubblica di Genova, e che questi da parte sua s'impegnasse a restituire la somma nel termine di dieci anni; in caso contrario, avrebbe pagato il doppio. Accessoriamente fu sottoscritta la condizione che, se nel frattempo fosse pervenuto alla pubertà Federico (primogenito di Eleonora), la figlia del doge Bianchina avrebbe dovuto sposarlo e, nel caso che tale matrimonio non si fosse potuto celebrare (per causa di morte o altro caso fortuito), l'atto sarebbe diventato nullo.
Un simile prestito ad una potente famiglia di Genova, e questa clausola del contratto, segnalano un disegno dinastico di Eleonora la quale, accordando tal credito, insieme mantenne alto il prestigio della sua stirpe e riconobbe l'importanza degli interessi dei liguri. In più, pose le basi per un'alleanza che le avrebbe consentito il ricorso a risorse logistiche e di collegamento (mediante la potente flotta doriana) presso buona parte dei porti del Mediterraneo. In sostanza, si immise con rango paritario nel gioco della politica europea.
L'assassinio nel 1383 del fratello Ugone III e della figlia Benedetta pose immediati problemi di successione. Questa morte improvvisa e violenta poteva avere diverse motivazioni e giovare a vari interessi. I pretendenti al trono arborense erano i figli delle sorelle dello scomparso giudice, Beatrice ed Eleonora. Ma Beatrice era morta nel 1377 e il suo erede, lontano. Eleonora più vicina e presente si diede da fare per assicurare l'elezione da parte della Corona de Logu al proprio giovanissimo figlio. Recenti studi (vedasi voce Mariano IV, in "Dizionario Biografico degli Italiani", vol. 70/2007), sulla base di una lettera di Aimerico VI di Narbona, marito di Beatrice, al re Pietro IV d'Aragona, in cui reclamava il trono arborense per il figlio Guglielmo I (Archivi Reali di Barcellona), subito dopo la morte di Ugone III), accertano che Eleonora fu la terzogenita di Mariano e di Timbora.
Le ragioni esterne del delitto erano quelle degli aragonesi e dei nemici di Arborea, le interne potevano individuarsi nel malcontento delle classi dei proprietari e dei mercanti, in reazione all'atteggiamento autoritario di Ugone III e per le vessatorie contribuzioni (necessarie a mantenere i mercenari tedeschi, provenzali e borgognoni).
La successione al giudicato di Arborea
In questo clima di crisi e di malcontento, con l'Aragona già scopertamente intenzionata a conquistare l'intera isola, nel 1383 Eleonora scrisse al re una relazione sulle condizioni della Sardegna e chiese appunto che riconoscesse il proprio figlio Federico come legittimo successore di Ugone. Inviò quindi il marito Brancaleone a trattare direttamente col sovrano. Al tempo stesso inviò una missiva alla regina, chiedendole di intercedere presso il consorte a favore del figlio perché potesse così terminare il disordine che regnava nell'isola.
Eleonora intendeva riunire nelle mani del figlio quei due terzi della Sardegna che Ugone, prima della sua uccisione, aveva occupato. Questo disegno insospettì il re, che non ritenne conveniente avere una famiglia tanto potente nel suo regno, tanto più che non essendoci erede diretto maschio di Ugone, quei possedimenti, "iuxta morem italicum", avrebbero dovuto essere incamerati dal fisco.Brancaleone fu trattenuto col pretesto di farlo rientrare in Sardegna non appena una flotta fosse stata allestita, ma effettivamente era divenuto un vero e proprio ostaggio (e strumento di pressione contro la giudicessa ribelle).
Eleonora non si perse d'animo e confermò la sua politica di guerra: partì all'azione e non appena fece rientro ad Oristano, punì i congiurati e si autoproclamò giudicessa di Arborea secondo le disposizioni dettate dal nonno Ugone II, per cui le donne potevano succedere al trono in mancanza di eredi maschi. In pratica, la prassi elettiva era l'opposto dell'infeudazione regia e discordava dalla linea politica aragonese. Gli Arborea richiamavano invece la loro antica autonomia di origine alto medievale e l'esercizio di una piena sovranità nei propri territori, situazione spesso contestata o non riconosciuta dal regno d'Aragona.
Eleonora era infatti molto preoccupata perché anche il cognato Aymeric VI de Narbonne (1341-1388), vedovo di sua sorella Beatrice, si era industriato presso il re Pietro IV di Aragona per convincerlo a riconoscere come giudice d'Arborea il figlio Guglielmo I (1388-97).
La ragione che il visconte portava avanti consisteva nel determinante fatto che la moglie era la secondogenita di Mariano IV e di Timbora di Roccaberti, dopo Ugone III e prima, dunque, di Eleonora. La successione spettava pertanto ai Narbona-de Serra Bas, come detto e documentato sopra: il fatto che le si diede il nome della madre di Timbora, Beatrice, è, inoltre, un'ulteriore prova.
Il monarca aragonese, infine, decise che all'assassinato sovrano d'Arborea subentrasse il nipote Federico, primogenito di Eleonora (che avrebbe tenuto la reggenza) e di Brancaleone Doria (che fece imprigionare).
La politica di Eleonora d'Arborea
Per quanto riguarda la politica, la prassi e gli orientamenti di governo, la giudicessa, dunque, si riallacciò direttamente all'esperienza del padre, abbandonando definitivamente la politica autoritaria del fratello Ugone III, garantì la difesa della sovranità e dei confini territoriali del giudicato e attuò un'opera di riordino e di sistemazione definitiva degli ordinamenti e degli istituti giuridici locali, revisionando la Carta de Logu a suo tempo promulgata dal padre.
Eleonora non mostrò mai la visione assolutista del signore al vertice di un'oligarchia e lontano dalle ragioni del popolo, ma piuttosto quella di chi ritiene di avere la propria legittimazione a regnare proprio nel popolo. Per ragioni politiche, venivano contestati gli stessi diritti alla successione, addotto il pretesto che gli Arborea erano figli "bastardi", ma le ragioni dinastiche sembrarono avere per lei minor valore della legittimazione popolare e, semmai, avrebbero avuto vigore per quella parte dei territori ricevuti dal re a titolo personale e non per quelli che facevano parte del giudicato.
Gli interessi della giudicessa furono legati a quelli dello Stato con un nodo gordiano e fu sempre lei a riportare la legge e l'ordine per porre un freno al dilagare della violenza dei sardi durante la guerra. Le regole, le leggi garantirono la pace, cioè l'ordine nel tempo, il futuro.
Il controllo del potere fu per Eleonora un punto vitale, la scelta tra la vita e la morte. Dopo essere riuscita a completare il progetto del padre di riunire quasi tutta l'isola sotto il suo scettro di giudicessa reggente, tenendo in scacco e ricacciando ai margini dell'isola (in alcune fortezze sulla costa) le truppe aragonesi, vide crollare il suo progetto in seguito a un'imprevedibile incognita della sorte: la peste, che consegnò senza combattere la Sardegna agli aragonesi. Negli ultimi anni Eleonora si mise un po' in disparte dalla politica attiva, lasciandola al marito e al giovane figlio Mariano V, che era succeduto al fratello Federico. Secondo la tradizione la giudicessa morì, intorno al 1404, forse di peste, in un luogo imprecisato: anche sulla sua tomba si possono fare solo supposizioni.
La Carta de Logu
Una delle azioni più notevoli svolte da Eleonora durante il suo regno fu l'aggiornamento della Carta de Logu, a suo tempo promulgata dal padre e rivista dal fratello, con la quale diede una sistemazione stabile e duratura agli ordinamenti ed agli istituti giuridici del regno. Nella Carta vi è l'apertura alla modernità di talune norme e la saggezza giuridica che contiene elementi della tradizione romano-canonica, di quella bizantina, della giurisprudenza bolognese e del pensiero dei glossatori della stessa cultura curiale catalana, soprattutto dell'elaborazione giuridica locale delle consuetudini sarde compiute dal diritto sardo di tipo municipale.
I sovrani di Arborea, nel reagire ai tentativi di infeudazione aragonese, emanarono una nuova disciplina giuridica nei loro territori, che pure erano in uno stato di perenne agitazione politica. Tale normativa si segnalò come la componente di una più vasta politica tesa allo sviluppo del giudicato arborense e fu nettamente avanzata rispetto alle legislazioni giuridiche ed amministrative del tempo.
Eleonora dimostrò con la sua reggenza di voler uscire dal Medioevo puntando anche sulla liberazione dei servi, i lieros, e di voler adibire alla propria lotta di tipo nazionale, oltre alle truppe mercenarie, quelle costituite dai suoi concittadini.
Si tratta del periodo in cui il concetto di Sardegna territoriale sta per mutare in quello statuale, con l'Isola divisa in varie entità politiche sovrane. I quattro regni giudicali di Càlari, Torres, Gallura e Arborea, sono complesse singolari costruzioni istituzionali. Piuttosto che da elementi preesistenti, essi sembrano avere origine dalla "capacità dei Sardi, liberi da dominazioni straniere ad autogestirsi" mediante forme complesse quali quelle del sistema curatoriale, l'amministrazione assembleare delle coronas de logu.
Le prerogative regie giudicali, che non sono riscontrabili in nessun territorio continentale di formazione bizantina o barbarica, hanno una connotazione tale da togliere importanza alla matrice di provenienza e ne fanno una originale organizzazione di governo.Come tutti gli stati centrali, l'Arborea dovette sempre combattere per non soccombere alle pressioni degli stati confinanti.
Le residenze di Eleonora d'Arborea
Problema a lungo dibattuto è quello della residenza di Eleonora d'Arborea. Ormai è accertato che nacque in Catalogna (terra di origine della madre Timbora), nel Castellciurò.
Sebbene Oristano sia spesso definita la città di Eleonora e sia tutt'oggi visibile nel centro cittadino un edificio che viene tradizionalmente chiamato la "casa di Eleonora", non sopravvivono nella "capitale" arborense resti visibili dell'antica reggia giudicale, se non nel vasto edificio adibito a caserma. La stessa casa di Eleonora è di epoca posteriore alla giudicessa.
In realtà parlare della residenza di Eleonora d'Arborea è quantomeno problematico, avendo la giudicessa trascorso gran parte della sua vita tra l'Aragona, l'odierna Castelsardo (forse l'unica città che potrebbe fregiarsi a ragione del titolo di città di Eleonora), la "capitale" Oristano e altre ville del suo regno, quando non era impegnata sul campo in azioni militari.
Per quanto abbia senso, la residenza ufficiale di Eleonora è identificabile con una casa-fortezza che sorgeva nel sito dell'ex carcere di Oristano, nell'attuale piazza Manno, nei pressi della cosiddetta e ormai scomparsa Porta Mari. Tale residenza viene nominata per la prima volta nel 1335, nel testamento del giudice Ugone II, dal quale apprendiamo la localizzazione del palazzo giudicale su un lato della piazza della Maioria, l'attuale piazza Manno.
Data la scarsità di fonti dell'epoca, tuttavia – le quali fanno spesso riferimento ad altre ville, ed in particolare Cabras, in relazione alla giudicessa d'Arborea –
La stessa Oristano, peraltro, non rivestì il ruolo di capitale sin dal principio dell'era giudicale. Se nei primi secoli dell'epoca giudicale il principale centro del nascente Stato era ancora Tharros, il primo giudice di Arborea, Pietro di Zori, non era neppure di origine tharrense, bensì proveniva da Zuri, un piccolo villaggio del centro della Sardegna. Si suole tuttavia affermare che dopo l'abbandono di Tharros (avvenuto, secondo la convenzione storiografica, attorno al 1070), la sede giudicale sarebbe stata trasferita ad Oristano, che da quel momento in poi avrebbe assunto il ruolo di sede privilegiata di residenza.
Fino al regno di Mariano II, il centro del potere dell'Arborea era ancora Tharros, mentre Oristano era solo una delle tante ville nelle quali i giudici possedevano una domus. Ville nelle quali i regoli risiedevano per periodi più o meno lunghi, attendendo agli affari del regno, e che - di conseguenza - finivano con l'ospitare tutta la corte. La tradizione che vuole Oristano capitale sin dal 1070 poggia su una base storiografica quantomeno incerta: attorno al 1580, lo storico sardo Giovanni Francesco Fara afferma di aver potuto consultare un antico manoscritto, di cui peraltro non è sopravvissuta traccia, nel quale si affermava che attorno al 1070 l'arcivescovo di Arborea avrebbe trasferito da Tharros a Oristano la sede vescovile e le massime autorità ecclesiastiche del giudicato di Arborea. Nessun accenno si faceva nel medesimo documento alle autorità civili ed in particolare alla corte giudicale, tanto da far nascere il sospetto che, almeno per i primi secoli attorno all'anno 1000, Oristano fosse prevalentemente un polo ecclesiastico piuttosto che politico.
Si acquista certezza dell'esistenza di un palazzo giudicale ad Oristano solo nel 1263, allorquando un palatium iudicis Arboreae è documentato nella cronaca dell'arrivo in Oristano dell'arcivescovo di Pisa Federico Visconti,
, in una lenta fase di arretramento del potere politico dalle coste verso l'interno lungo l'asse viario che si snodava tra la laguna di Mistras e il lago di Pontis, prima di condurre verso il Campidano e i paesi dell'interno.
Un processo di abbandono della costa non né lineare né immediato: le tracce di numerose rovine tra i campi coltivati, e gli stessi toponimi lasciati nel Sinis (San Salvatore, Sant'Agostino, San Giorgio, San Saturno), sono spie di un passato ricco di villaggi e di edifici religiosi ormai scomparsi che si sono succeduti nei primi secoli del Medioevo giudicale. Si trattava di piccoli agglomerati sorti nelle vicinanze di luoghi di culto o monasteri. Tra questi emergeva quello di San Giorgio, nel Sinis, che sorgeva nei pressi dell'odierna San Salvatore. I sigilli giudicali ritrovati in tale area erano parte del ricco archivio del monastero, ed indicano il ruolo di primo piano che il villaggio di San Giorgio rivestì nella fase di passaggio dalla dominazione bizantina alla società giudicale.
Mariano II, però, forte della supremazia politica sull'isola, che aveva conquistato anche grazie ad un abile gioco diplomatico con Genova e Pisa, si preoccupò di rafforzare il suo regno anche dal punto di vista difensivo: fortificò i castelli di confine, stabilì definitivamente la sua capitale a Oristano e, negli anni tra il 1290 e il 1293, eresse la poderosa cinta muraria che circondava la città, di cui sono ancora visibili un breve tratto di mura nei pressi dell'attuale via Cagliari e le due torri superstiti di San Cristoforo (Porta Manna) e di Portixedda.
Se a partire dalla seconda metà del Duecento e per i due secoli successivi non vi sono più dubbi sul ruolo di Oristano quale capitale stabile del giudicato di Arborea, sono invece numerosi i paesi che si contendono l'onore di aver ospitato, almeno per un breve periodo, Eleonora e la sua corte, tra cui San Gavino Monreale e il castello di Monreale, nei dintorni di Sardara.
La fama acquisita nei secoli dalla giudicessa è infatti tale che qualunque testimonianza risalente all'antichità viene immediatamente associata al suo nome.
È questo ad esempio il caso di Sa Muralla di Narbolia, un muraglione di massi che si trova nei pressi della chiesa parrocchiale, su un dosso in posizione strategica a dominio della valle del Rio Cunzau, e che viene indicato da una tradizione ottocentesca come il rudere di un castello di Eleonora d'Arborea, ma potrebbe trattersi dei resti di un avamposto fenicio-punico, eretto lungo una delle vie d'accesso al Montiferru per difendere Tharros e le pianure dall'assalto degli abitanti delle montagne. Farebbe quindi parte di quella linea difensiva che comprendeva anche Su Casteddu 'ecciudi Fordongianus e il castello di Medusa a Samugheo.
Al di là della capitale Oristano - in cui peraltro Eleonora soggiornò stabilmente solo per brevi periodi - e del castello Doria a Castelgenovese (dove, probabilmente, nacquero i due figli), alcuni avanzano l'ipotesi di un soggiorno della giudicessa nel castello di Sanluri, dovuto probabilmente a motivi di ordine militare, essendo tale fortezza l'ultimo avamposto dell'Arborea ai confini col giudicato di Cagliari. L'importanza di Sanluri quale avamposto militare è testimoniata, del resto, dal fatto che proprio attorno alla città ed al suo castello si consumò la cosiddetta battaglia di Sanluri del 1409 che chiuse definitivamente il sipario sul giudicato di Arborea. Lo stesso castello è oggi intitolato a Eleonora d'Arborea e all'interno viene mostrata la presunta sala del trono di Eleonora. In realtà i dati storici paiono escludere tale ipotesi. Se infatti il castello di Sanluri fu costruito dai giudici di Oristano a guardia della frontiera meridionale dell'Arborea, tuttavia esso, all'epoca di Eleonora, era in mano agli aragonesi che ne avevano fatto la testa di ponte per la definitiva conquista della Sardegna. Il castello di Sanluri, infatti, fu edificato, o meglio potenziato, in seguito a un regio decreto del 27 luglio 1355. La costruzione fu voluta da Pietro IV di Aragona per fronteggiare il vicino maniero di Monreale, nei pressi di Sardara, dove stavano di stanza le truppe arborensi, impegnate ormai da due anni nella guerra contro l'invasore iberico. Grazie all'ubicazione strategica, la rilevanza militare del castello andò aumentando nella seconda metà del XIV secolo, con la definitiva rottura dei rapporti tra Pietro IV e Mariano IV d'Arborea. Il presidio assunse allora un ruolo decisivo nelle vicende belliche tra Aragona ed Arborea, che terminarono con la totale sconfitta di quest'ultima e la totale conquista della Sardegna da parte dei catalani, fra la battaglia di Sanluri nel 1409 e la fine del marchesato di Oristano nel 1478.
Se quindi si può a ragione escludere che il castello di Sanluri abbia ospitato la corte di Eleonora, si può viceversa ipotizzare che la giudicessa abbia più volte soggiornato nei castelli della frontiera meridionale del suo regno, come la fortezza di Monreale nei pressi di Sardara e il castello di Marmilla in prossimità di Las Plassas. Non a caso lo studioso Francesco Cesare Casula, nei primi anni ottanta, individuò, nella chiesa di San Gavino Monreale, a pochi chilometri dal castello di Monreale a Sardara, gli altorilievi rappresentanti gli unici ritratti coevi di Eleonora, Mariano IV, Ugone III e Brancaleone Doria. Sempre in quel periodo furono, altresì, rintracciati quattro presunti denari d'Arborea (con i simboli giudicali) che, se autentici, proverebbero l'esistenza di una zecca autonoma durante i regni di Mariano IV e di Ugone III. Uno in particolare, in mistura, espone l'albero deradicato arborense (al rovescio, una sottile croce) e sarebbe stato battuto durante il giudicato di Ugone III. Il clima di continua ostilità tra l'Arborea e l'Aragona, invero, rendeva improbabile l'uso della moneta dell'avversario.
La tradizione, tuttavia, corroborata da numerose testimonianze storiche, ha sempre identificato la residenza estiva di Eleonora d'Arborea, (così come e soprattutto dei giudici a lei precedenti) con il castello di Masone de Capras, affacciato sulla riva orientale dello stagno di Mar'e Pontis, di cui sopravvivono solo i resti di un muraglione alle spalle della pieve di Santa Maria Assunta. In questa fortezza la giudicessa di Arborea, dopo aver invocato la protezione della Vergine, avrebbe promulgato la Carta de Logu attorno al 1392. Rappresentanti del paese di Masone de Capras erano presenti anche alla Corona de Logu che stabilì la breve pace tra Eleonora d'Arborea e Giovanni I d'Aragona. Tale castello o villa o domus, viene citato per la prima volta nei documenti nel 1102, quando il giudice Torbeno accordò alla propria madre Nibata (o Niibata) la rendita della Villa de Capras. Ella dotò la domus di Masone de Capras di terre, servi e bestiame, disponendo che questa residenza, così quella - anch'essa ormai scomparsa - di Nuraghe Nighellu (oggi Nuraxinieddu, altra sede giudicale temporanea), non potesse mai essere alienata, restando in perpetuo ai giudici di Arborea. In cambio Nibata stabilì che il possessore di Masone de Capras dovesse avere l'onere perpetuo di offrire dei tributi alla chiesa di Santa Maria di Cabras ed a quella di San Marco nel Sinis. Cosa che fa intendere che già all'epoca esisteva a Cabras una chiesa dedicata a Santa Maria, da identificare forse con la stessa cappella del castello, forse con l'attuale chiesa dello Spirito Santo nel centro cittadino, forse ancora con un precedente edificio che sorgeva sul sito dell'attuale pieve, non distante dalla fortezza. E fa intendere anche che, ancora in quel periodo, Tharros non era stata del tutto abbandonata per i paesi dell'interno, visto che la chiesa di San Marco altro non era che l'antica basilica di San Marco, di cui sopravvivono pochi resti nell'area archeologica di Tharros. Secondo altri studiosi, tale chiesa sarebbe da identificare con l'attuale basilica di San Giovanni di Sinis, chiesa alla quale è tuttora legato il titolo vacante di vescovo di Tharros. Il che, tuttavia, lascia comunque intendere che la città di Tharros era ancora abitata all'epoca di Nibata, e che sin da allora la basilica di San Giovanni di Sinis era inserita tra le pertinenze della villa di Cabras.
Se la tradizione identifica il castello di Cabras con la residenza estiva degli Arborea, anche i documenti storici successivi a Nibata sembrano avvalorare questa tesi, suggerendo che la domus di Cabras fungesse anche e soprattutto da sede di rappresentanza. Nel castello di Cabras, i giudici di Arborea stipulavano trattati, ricevevano ambasciatori, notai e anche le alte personalità genovesi nel periodo di alleanza con la repubblica di Genova. Assai noto tra i tanti è l'atto stipulato nel 1132 nella curia di Cabras dal notaio genovese Buongiovanni Coinardo, col quale il giudice Comita di Arborea affidava sé e il proprio figlio Barisone nelle mani di Ottone Contardo, console di Genova, fiducioso che tutto il suo regno sarebbe stato adeguatamente protetto e difeso dai genovesi. La domus di Masone de Capras, costruita in epoca bizantina, su un precedente impianto di epoca romana e forse nuragica, costituiva, oltre che una residenza vera e propria, anche un avamposto difensivo a cavallo tra l'area del Sinis e la valle del Tirso, e si era col tempo sviluppata in un'autentica fortezza. Lo stesso paese, sorto nel punto di incontro delle antiche strade che da Tharros conducevano da un lato a Othoca verso sud e dall'altro a Cornus verso nord, si era sviluppato sul sito di un'antica mansio, una stazione di posta di epoca romana, da alcuni identificata con lo stesso castello. Il borgo era in posizione più arretrata rispetto alla fortezza, da cui era evidentemente protetto.
Il ritratto e la tomba
Gli aragonesi, conquistata l'intera isola, distrussero o portarono a Barcellona l'archivio del giudicato di Arborea: per timore che potesse ripetersi un'epopea come quella verificatasi, furono occultati anche i ritratti giudicali e le tombe degli ultimi sovrani. Risulta insolito che, all'inizio del Quattrocento, non fossero visibili dipinti raffiguranti almeno gli ultimi tre giudici Mariano IV, Ugone III ed Eleonora. L'unica immagine arrivata fino ai giorni nostri è quella di un giovane Mariano effigiato nel polittico trecentesco ubicato nella chiesa di San Nicola ad Ottana. Il testamento di Ugone II prevedeva, inoltre, che il luogo di sepoltura dei de Serra-Bas fosse la cappella di San Bartolomeo (non più esistente) nella cattedrale di Oristano: il solo sepolcro sopravvissuto, nel monastero di Santa Chiara, è quello di Costanza di Saluzzo, consorte di Pietro III, cui succedette il fratello minore Mariano IV.
Gli storici Bianca Pitzorno e Francesco Cesare Casula - biografi moderni di Eleonora -, in mancanza di prove anche sulla sua data di morte, in virtù del metodo storico indiziario e deduttivo, ipotizzano che la giudicessa sia stata sepolta nel duomo oristanese (dopo i rifacimenti e le nuove pavimentazioni è ormai arduo rintracciare la tomba) o soprattutto nella chiesa di San Gavino Martire, a San Gavino Monreale, vicino al castello di Monreale, presso Sardara, in cui sovente soggiornava, tesi avvalorata anche dal ricercatore Antonio Casti.
Nel 1981, il prof. Casula scoprì sui quattro peducci pensili dell'abside della suddetta chiesa le sembianze coeve di Eleonora, di suo padre, del fratello e del marito Brancaleone Doria. Il ritratto di san Gavino rappresenta una donna non particolarmente avvenente, con una presunta cicatrice sulla guancia destra: questo spiegherebbe la presenza dei lunghi capelli sciolti, il suo tardivo matrimonio, dopo la sorella Beatrice, con un vedovo più anziano e figlio naturale. La successione a Ugone III spettava appunto agli eredi della viscontessa di Narbona, in quanto secondogenita: il fatto poi che, insieme al giudice, fosse stata assassinata la giovane erede Benedetta, allontanerebbe i sospetti del delitto dagli aragonesi che non ne avrebbero tratto alcun vantaggio, come ribadisce la Pitzorno.
I quadri che rappresentano Eleonora - uno addirittura ritrae Giovanna la Pazza, vissuta un secolo dopo di lei - sono generalmente simili e si ispirano a quest'ultimo. Soltanto l'abbigliamento e i monili, di gusto iberico, erano tipici dell'epoca. Sono, pertanto, ritratti di fantasia, realizzati nell'Ottocento dal pittore bondenese Antonio Benini (1835-1911), dal cagliaritano Antonio Caboni (1786-1874), dal napoletano Bartolomeo Castagnola (1600); solo uno, ormai scomparso, rinvenuto presso un rigattiere sardo, parrebbe interessante e simile alle fattezze del busto di san Gavino.
Nonostante la notorietà della giudicessa d'Arborea, soltanto due monumenti la ricordano. Il primo, inaugurato il 22 maggio 1881 nell'omonima piazza di Oristano, è una statua accademica e commemorativa, opera dello scultore fiorentino Ulisse Cambi (1807-1895): viene considerata una sua interpretazione personale, priva di valore documentario. Il secondo, invece, realizzato in terracotta, suscita maggiore attenzione: fu scolpito nel 1881 dall'oristanese Vandalino Casu (1821-1894), artista e ricco possidente, e si può ancora ammirare nel giardino della sua Villa Eleonora, poi adibita a casa di cura.
Riferimenti nelle scienze
Il Falco eleonorae (in italiano Falco della regina), un rapace ampiamente diffuso nel bacino del mediterraneo, prende il nome dalla sovrana sarda, autrice di un'apposita norma preposta alla sua tutela dal bracconaggio.
Stranamente, solo in italiano non si ricorda in modo specifico Eleonora d'Arborea, mentre in tutte le principali lingue viene chiamato con il suo nome. In francese si chiama Faucon d'Éléonore, in inglese Eleonora's Falcon, in spagnolo Halcón de Eleonor e anche in tedesco è Eleonorenfalke.
Riferimenti nella cultura di massa
Letteratura
Giuseppe Dessì, Eleonora d’Arborea, racconto drammatico in quattro atti, (prefazione di Nicola Turi), Ilisso, Nuoro, 2010.
Eleonora compare come personaggio del romanzo Rex tremendae maiestatis di Valerio Evangelisti.
Filmografia
Eleonora d'Arborea, con Rosalba Piras, regia di Salvatore Sardu (2009).
Note
Bibliografia
AA. VV., Cabras, Sulle sponde di Mar'e Pontis, Amilcare Pizzi Editore, Milano, 1995.
Mohammed Mustafa Bazama, Arabi e Sardi nel Medioevo, EDES, Cagliari, 1988.
Camillo Bellieni, Eleonora d'Arborea, Editore: Ilisso (collana Scrittori di Sardegna), 2004. ISBN 978-88-87825-91-6 .
Alberto Caocci, La Sardegna, Mursia, Milano, 1984.
Raimondo Carta Raspi, Mariano IV d'Arborea, Il Nuraghe, Cagliari 1934.
Raimondo Carta Raspi, Storia della Sardegna, Mursia, Milano 1981.
Angelo Castellaccio-Mariano Sollai, Monete e monetazione giudicale: la scoperta dei denari d'Arborea, 2D Editrice Mediterranea, Pisa 1986.
Antonio Casti, Lionnòra in Santu 'Engu, G&M Artigrafiche, San Gavino Monreale 2012.
Francesco Casula, Uomini e donne di Sardegna, pp. 31–58, Alfa, Quartu Sant'Elena 2010.
Frantziscu Casula, Leonora d'Arborea, Alfa, Quartu Sant'elena 2006.
Francesco Casula, Letteratura e civiltà della Sardegna, volume I, Grafica del Parteolla, Dolianova 2011.
Francesco Cesare Casula, Eleonora regina del regno d'Arborea, Carlo Delfino, Sassari 2002.
Alessandra Cioppi, Battaglie e protagonisti della Sardegna medioevale, AM-D, Cagliari 2008.
Rita Coruzzi, La giudicessa, Piemme, 2021.
Condaghe di Santa Maria di Bonarcado, Cagliari, Biblioteca Universitaria, consultabile online su .
Franco Cuccu, La città dei Giudici, vol. I, S'Alvure, Oristano 1996.
Alberto Della Marmora, Itinéraire de l'Ile de Sardaigne, pour faire suite au Voyage en cette contrée, tome I-II, Turin, Fréres Bocca, 1860.
Id., Itinerario nell'Isola di Sardegna, tradotto e compendiato dal can. Giovanni Spano, Cagliari, 1868.
Angela Donati-Raimondo Zucca, L'ipogeo di San Salvatore, Carlo Delfino Editore, Sassari 1992.
Giovanni Francesco Fara, De Rebus Sardois, a cura di E. Cadoni, Gallizzi, Sassari 1992.
Alfredo Ingegno-Rossella Sanna, La Casa di Eleonora, S'Alvure, Oristano 1994.
Libro Storico della Pieve di S. Maria, Archivi della Chiesa S. Maria Vergine Assunta, Cabras (OR).
Giuseppe Manno, Storia di Sardegna, 2005.
Maurizio Marongiu, Eleonora d'Arborea, Società Editoriale Italiana, Cagliari 1928.
Mariano IV d'Arborea in "Dizionario Biografico degli Italiani", vol. 70, Treccani, Roma 2007.
Barbara e Richard Mearns, Biographies for Birdwatchers. ISBN 0-12-487422-3.
Giuseppe Murtas, Eleonora d'Arborea ed i cento anni del suo monumento, S'Alvure, Oristano 1997.
Gian Giacomo Ortu, La Sardegna dei Giudici, Il Maestrale, Nuoro 2005.
Enrico Piras, Considerazioni su una presunta monetazione arborense, Biblioteca Francescana Sarda, quaderni di numismatica, Oristano 1992.
Bianca Pitzorno, Vita di Eleonora d'Arborea, principessa medievale di Sardegna, Camunia, Milano 1984.
Bianca Pitzorno, Vita di Eleonora d'Arborea, principessa medievale di Sardegna, Mondadori, Milano 2010, ISBN 978-88-04-59714-8.
Francesca Segni Pulvirenti–Aldo Sari, Storia dell'arte in Sardegna, Architettura tardogotica e d'influsso rinascimentale, Nuoro, Illisso Edizioni, 1994, pagg. 60-62. Breve scheda su .
Pier Francesco Simbula, Storia e forme di un insediamento medievale, in AA VV, Cabras, Sulle sponde di Mar'e Pontis, a cura di Gino Camboni, Amilcare Pizzi Editore, Cinisello Balsamo, 1995.
Giuseppe Spiga, Guida al "Pantheon" degli Arborea a San Gavino Monreale, Carlo Delfino, Sassari 1992.
Paul Valery, Voyages en Corse, a l'île d'Elbe, et en Sardaigne, Paris, Librairie de L. Bourgeois-Maze, 1837. Su .
Ruggero Soru, Sardinia Story, Carlo Delfino Editore, 1994.
Voci correlate
Beatrice d'Arborea
Brancaleone Doria
Carta de Logu
De Serra Bas
Giudicato d'Arborea
Mariano IV d'Arborea
Timbora di Roccaberti
Benedetta d’Arborea
Ugone III di Arborea
Altri progetti
Collegamenti esterni
Morti in Sardegna
Giudici di Arborea
Regine
Reggenti |
1680 | https://it.wikipedia.org/wiki/Erminio%20Macario | Erminio Macario | Considerato dai critici come l'inventore del cinema comico italiano, nella sua lunga carriera ha lavorato a oltre cinquanta spettacoli teatrali tra teatro di varietà, riviste, commedie musicali e spettacoli di prosa. Raggiunse presto il successo e lanciò numerose soubrette. Prestò la sua maschera oltre che al cinema anche alla televisione, adottando spesso il piemontese per i suoi personaggi e le sue macchiette.
Biografia
Gli esordi
Nato da una famiglia molto povera e numerosa, in via Botero 1 a Torino, quarto e ultimo figlio di Giovanni Macario e Albertina Berti, iniziò a recitare fin da bambino nella filodrammatica della scuola, presto interrotta per lavorare e aiutare la famiglia. Fra un mestiere e l'altro, tra cui anche un anno di apprendistato nella fabbrica FIAT (1918), nel 1920, a 18 anni, decise di entrare in una compagnia di "scavalcamontagne", termine con cui erano definite nel piemontese le formazioni di paese che rappresentavano drammi e farse nei giorni di fiera, e affrontò il suo primo vero pubblico, esordendo su un palco di paese presso Belgioioso, in provincia di Pavia. Nel 1921 esordì nel teatro di prosa e, nel 1924, in quello di varietà, all'interno della compagnia di "balli e pantomime" di Giovanni Molasso. Il suo debutto con il ruolo di "secondo comico" fu al Teatro Romano di Torino con le riviste Sei solo stasera e Senza complimenti; dal settembre 1924 fu poi a Milano con Il pupo giallo e Vengo con questa mia di Piero Mazzuccato, seguite nel 1925 da Tam-Tam di Carlo Rota e Arcobaleno di Mazzuccato e Carlo Veneziani. Per Macario, oltre che un salto di professionalità, fu l'occasione per apprendere e sviluppare la sua naturale inclinazione all'arte mimica.
Anni venti
Nel 1925 viene notato dalla famosa soubrette Isa Bluette, che lo scrittura nella sua compagnia come "comico grottesco", permettendogli di esordire a Torino con Valigia delle Indie, di Ripp e Bel-Ami (pseudonimi di Luigi Miaglia e Anacleto Francini). Gradatamente Macario costruisce una comicità personale, fatta di una maschera clownesca, le cui caratteristiche più appariscenti erano un ciuffo di capelli sulla fronte, gli occhi arrotondati e la camminata ciondolante. Ma intuisce anche che il successo di uno spettacolo dipendeva soprattutto dalla presenza sulla scena di donne avvenenti. Macario rimase con Isa Bluette per quattro anni, acquistando via via sempre maggior notorietà e guadagnandosi prima il titolo di "comico" e finalmente il nome "in ditta" (1929). Sempre nel 1929 firmò la sua prima rivista come autore, Paese che vai, in collaborazione con Enrico M. Chiappo.
Anni trenta
Nel 1930 fondò una sua compagnia teatrale, con la quale avrebbe girato l'Italia dal 1930 al 1965 e, tranne qualche escursione nell'avanspettacolo, sarebbe rimasta una delle compagnie di rivista più longeve del teatro italiano. Nel 1936 fu insieme a Hilda Springher ed Enzo Turco in una serie di riviste di Bel-Ami ed andò in scena anche al Teatro Reinach di Parma. Nel 1937 scritturò Wanda Osiris, con cui fece coppia negli spettacoli di genere mettendo in scena la rivista Piroscafo giallo, di Macario, Ripp e Bel-Ami.
A partire dal 1937, ogni anno presentò una nuova rivista con sempre nuove attrici bellissime e brillanti (che scritturava in sostituzione delle ballerine, nel tentativo di innovare il genere). Tra le tante attrici lanciate da Macario si ricordano Tina De Mola, Olga Villi, Isa Barzizza, le sorelle Nava (Pinuccia, Diana, Lisetta e Tonini), Elena Giusti, Lily Granado, Marisa Maresca, Lauretta Masiero, Dorian Gray, Flora Lillo, Marisa Del Frate, Lucy D'Albert, Valeria Fabrizi, Sandra Mondaini e Lea Padovani, apprezzate in seguito come attrici cinematografiche.
Nel 1938 nacque il grande amore per la bellissima Giulia Dardanelli, allora sedicenne, che ben presto divenne quel che lui definì la sua seconda moglie, non ottenendo l'annullamento del precedente matrimonio (il divorzio non esisteva) con la coreografa Maria Giuliano. Nel 1951, a Parigi, i due si sposarono in occasione della rappresentazione della rivista Votate per Venere. Intanto, dalla loro unione erano già nati due bambini, Alberto (1943) pittore, artista visivo, attore e scrittore, e Mauro (1947), divenuto poi regista, poeta, scrittore (nonché biografo del padre).
Grazie alle sue rilevanti doti sceniche e mimiche, a una comicità giocata sul clownesco e sul nonsense, e alla presenza di un sempre sostenuto numero di procaci e sfavillanti soubrette, in breve tempo Macario divenne il protagonista più famoso della rivista italiana, tanto da essere consacrato come il "Re della rivista". I suoi spettacoli, a parte la sua comicità, restano esemplari per la ricchezza delle scene, i costumi sfarzosi, le musiche brillanti e per il corpo di ballo.
Parallelamente al teatro, nei primi anni trenta Macario iniziò a recitare anche per il cinema. Dopo un breve ruolo nel film muto Sole di Blasetti esordì come protagonista nel 1933 con il film Aria di paese (di cui firmò anche la sceneggiatura), che si rivelerà una esperienza poco fortunata. Il secondo tentativo, Imputato, alzatevi! (1939, regia di Mario Mattoli e soggetto di Vittorio Metz e Marcello Marchesi), invece avrà molto più successo. Forse proprio con questo film, per la prima volta nella storia del cinema italiano, si può parlare di comicità surreale. Seguirono poi i film Lo vedi come sei... lo vedi come sei? (1939), Il pirata sono io! (1940) e Non me lo dire! (1940). In questi ultimi quattro film Federico Fellini collaborò come gagman alle sceneggiature.
Anni quaranta e cinquanta
Per tutti gli anni quaranta Macario proseguì la sua attività in teatro, sfornando un successo dietro l'altro come le riviste Amleto, che ne dici? (1944), Febbre azzurra (1944-1945), Follie d'Amleto (1946), Le educande di San Babila (1948), Oklabama (1949) e La bisbetica sognata (1950). Nel 1951, una tournée trionfale in Francia con la sontuosa rivista Votate per Venere (protagonista interpretata da Nory Morgan) fu suggellata dalla presenza fra il pubblico parigino delle più note personalità francesi; si narra che il presidente francese avesse imposto che l'attore fosse scortato da guardie repubblicane in alta uniforme.
Dalla metà degli anni cinquanta, tuttavia, le riviste cedono il posto alle nuove commedie musicali, mentre si affermano nuovi gusti e tendenze. Dopo il record di incassi raggiunto con Made in Italy (1953, che segnò anche il suo ritorno in coppia con Wanda Osiris) e Tutte donne meno io (1955, in cui Macario era l'unico uomo circondato da ben quaranta donne), il comico piemontese si dedicò alla commedia musicale. Accanto a primedonne quali Sandra Mondaini e Marisa Del Frate, realizzò spettacoli come L'uomo si conquista la domenica (1955), Non sparate alla cicogna (1957) di Ruggero Maccari e Mario Amendola, E tu, biondina (1957) e Chiamate Arturo 777 (1958) di Bruno Corbucci e Giovanni Grimaldi.
Il successo sul grande schermo continuò ad arridergli fino all'inizio degli anni cinquanta, prima con il campione di incassi Come persi la guerra (1947) e poi con L'eroe della strada (1948) e Come scopersi l'America (1949), tutti diretti da Carlo Borghesio e prodotti da Luigi Rovere. La sua formula spettacolare, tuttavia, restava sempre più adatta al teatro di rivista e alla commedia musicale, che esaltavano la sua candida e innocente maschera attraverso le "prepotenze" sulla sua fedele spalla Carlo Rizzo e soprattutto attraverso il sottinteso erotico delle sue "donnine".
Tornato a Roma, Macario tentò di estendere le sue attività teatrali alla produzione cinematografica, realizzando il film Io, Amleto (1952). Il film si rivelerà essere un disastro, ma nonostante le forti perdite l'artista non si diede per vinto e con le sue riviste successive continuò a riscuotere un grande successo di pubblico e di botteghino. Successivamente Macario prese parte a molti altri film, senza esserne più però il protagonista assoluto, tranne in rari e sporadici tentativi che non sortirono il seguito sperato.
Nel 1957, il regista e scrittore Mario Soldati lo volle per il suo Italia piccola per un ruolo drammatico. Seppure inconsueto, Macario offrì una prova eccellente e dimostrò ancora una volta notevole versatilità.
Anni sessanta
Dal 1959 al 1963 recitò in ben sei film con Totò: La cambiale (1959), Totò di notte n. 1 (1962), Lo smemorato di Collegno (1962), Totò contro i quattro (1963), Il monaco di Monza (1963) e Totò sexy (1963). In questi film Macario svolse un ruolo di spalla per Totò, ponendosi al suo servizio sul set. Fu proprio l'attore napoletano, che già cominciava a soffrire dei primi problemi alla vista, ad esprimere il desiderio di avere al suo fianco Macario, amico fidato con cui stabilire in tranquillità i tempi delle battute e delle gag. Il risultato ottenuto fu una serie di duetti, con un Totò ancora più irruente di fronte al tipico balbettìo di Macario.
Anni settanta
Abbandonata la rivista, Macario si dedicò soprattutto al teatro di prosa, distinguendosi anche in ruoli drammatici e facendo qualche incursione nel teatro in lingua piemontese. Anche qui ottenne un grande successo con una rivisitazione del famoso testo piemontese Le miserie 'd Monsù Travet, messo in scena allo Stabile di Torino nel 1970.
Gli anni settanta, in cui Macario si dedicò alla trasposizione televisiva di alcune sue commedie di successo, sono ricchi di impegno nel campo della prosa e della commedia musicale. Fra i numerosi lavori di quel periodo, sono da ricordare Achille Ciabotto medico condotto (1971-1972), Carlin Cerutti sarto per tutti (1974), il film Il piatto piange (1974) di Paolo Nuzzi e Due sul pianerottolo (1975-1976), grandissimo successo a teatro accanto a Rita Pavone (da cui nel 1976 fu ricavato l'omonimo film di Mario Amendola, prodotto sempre da Luigi Rovere, il produttore che lo lanciò al successo alla fine degli anni quaranta; il quarantesimo e ultimo interpretato da Macario).
Negli ultimi anni l'attore torinese si impegnò nella realizzazione di un proprio teatro, "La Bomboniera", in via Santa Teresa 10 a Torino, che inaugurò nel 1977 con la commedia tratta da Molière Sganarello medicosifaperdire, scritta da suo figlio Mauro e Carlo Maria Pensa. La scelta del titolo non fu del tutto casuale: Macario aveva infatti da tempo espresso il desiderio di poter recitare Molière in un teatro tutto suo, tanto che fu spesso chiamato anche "Teatro Macario". Negli anni novanta il teatro fu poi diretto dall'attore Pier Giorgio Gili e alla sua morte fu convertito in una discoteca col nome di "Theatrò".
In televisione fu tra i protagonisti di Carosello fino al suo congedo, che avvenne nel 1977. Da ricordare lo storico spot della Galup di cui fu testimonial.
Nel 1974 fu protagonista della puntata di Milleluci, con Mina e Raffaella Carrà, dedicata al genere del varietà. Nel 1975 fu protagonista di un varietà in televisione, Macario uno e due. Nel 1978 la Rai gli tributò un altro varietà, Macario più, sei puntate tra prosa e rivista in cui l'attore ripercorse le tappe della sua lunga carriera all'insegna di un umorismo gentile, immediato e popolare. Nel 1979 fu il protagonista per un mese dello spettacolo televisivo (Rai 2) Buonasera con... Erminio Macario, per la regia del figlio Mauro.
La morte e il dopo
Durante l'ultima replica della sua ultima fatica teatrale, Oplà, giochiamo insieme, Macario accusò un malessere che si scoprirà essere un sintomo di un tumore. Il 26 marzo 1980 Erminio Macario morì in una clinica torinese a 77 anni, assistito fino all'ultimo dalla moglie Giulia Dardanelli. I funerali avvennero in una chiesa gremita di gente, San Dalmazzo di via Garibaldi, la mattina del 28 marzo 1980, e la salma venne trasportata al cimitero monumentale di Torino, dove ancora oggi riposa.
Dopo la sua morte il comico non fu apprezzabilmente valutato come si sarebbe dovuto, soprattutto dalla sua città. Non gli fu dedicata nessuna via, piazza o monumento se non, in recenti anni, soltanto dai vicini comuni periferici di Grugliasco e Trofarello e, in seguito, dai comuni di Roma, Ragusa e San Giovanni Rotondo. Nel 1993, poi, ne fu addirittura profanata la tomba. La rivisitazione della sua vita e delle sue opere fu soprattutto ad opera di moglie, figli, parenti e amici che nel 2002, in occasione del centenario della sua nascita, fondarono l'Associazione Culturale Erminio Macario "MacarioCult".
Nel 2022 il MiSE ne omaggia i centoventi anni della nascita curando l'emissione di un francobollo celebrativo.
Filmografia
Sole, regia di Alessandro Blasetti (1929)
Aria di paese, regia di Eugenio De Liguoro (1933)
Imputato, alzatevi!, regia di Mario Mattoli (1939)
Lo vedi come sei... lo vedi come sei?, regia di Mario Mattoli (1939)
Il pirata sono io!, regia di Mario Mattoli (1940)
Non me lo dire!, regia di Mario Mattoli (1940)
Il chiromante, regia di Oreste Biancoli (1941)
Il vagabondo, regia di Carlo Borghesio (1941)
Il fanciullo del West, regia di Giorgio Ferroni (1942)
La zia di Carlo, regia di Alfredo Guarini (1943)
Macario contro Zagomar, regia di Giorgio Ferroni (1944)
Il cinema delle meraviglie, regia di Pietro Francisci (1945)
L'innocente Casimiro, regia di Carlo Campogalliani (1945)
Come persi la guerra, regia di Carlo Borghesio (1947)
L'eroe della strada, regia di Carlo Borghesio (1948)
Come scopersi l'America, regia di Carlo Borghesio (1949)
Il monello della strada, regia di Carlo Borghesio (1950)
Adamo ed Eva, regia di Mario Mattoli (1950)
Io, Amleto, regia di Giorgio Simonelli (1952)
Agenzia matrimoniale, regia di Giorgio Pàstina (1952)
La famiglia Passaguai fa fortuna, regia di Aldo Fabrizi (1952)
Io, mia moglie e la vacca (Ma femme, ma vache et moi), regia di Jean-Devaivre (1952)
Carosello del varietà, regia di Aldo Quinti e Aldo Bonaldi (1955)
Italia piccola, regia di Mario Soldati (1957)
La cambiale, regia di Camillo Mastrocinque (1959)
I quattro monaci, regia di Carlo Ludovico Bragaglia (1962)
Totò di notte n. 1, regia di Mario Amendola (1962)
Uno strano tipo, regia di Lucio Fulci (1962)
Lo smemorato di Collegno, regia di Sergio Corbucci (1962)
I 4 tassisti, regia di Giorgio Bianchi (1963)
I quattro moschettieri, regia di Carlo Ludovico Bragaglia (1963)
Avventura al motel, regia di Renato Polselli (1963)
Il giorno più corto, regia di Sergio Corbucci (1963)
Totò sexy, regia di Mario Amendola (1963)
Totò contro i quattro, regia di Steno (1963)
Il monaco di Monza, regia di Sergio Corbucci (1963)
I nuvoloni, regia di Amasi Damiani (1964)
Lisa dagli occhi blu, regia di Bruno Corbucci (1969)
Nel giorno del Signore, regia di Bruno Corbucci (1970)
Il prode Anselmo e il suo scudiero, regia di Bruno Corbucci (1973)
Il piatto piange, regia di Paolo Nuzzi (1974)
Due sul pianerottolo, regia di Mario Amendola (1976)
Riviste e commedie musicali
Sei solo stasera, di Giovanni Molasso (1924).
Senza complimenti, di Giovanni Molasso (1924).
Il pupo giallo, di Piero Mazzuccato (1924).
Vengo con questa mia, di Piero Mazzuccato (1924).
Tam-Tam, di Carlo Rota (1925).
Arcobaleno, di Piero Mazzucato e Carlo Veneziani (1925).
Valigia delle indie, di Ripp e Bel-Ami (1925).
Paese che vai, di Erminio Macario ed Enrico M. Chiappo (1929).
Mondo allegro, di Bel-Ami (1936)
Il piroscafo giallo, di Erminio Macario, Ripp e Bel-Ami (1937).
Follie d’America , di Erminio Macario, Regia di Erminio Macario (1938).
Amleto, che ne dici?, di Erminio Macario e Mario Amendola (1944).
Febbre azzurra, di Mario Amendola (1944-'45).
Follie d'Amleto, di Mario Amendola (1946) con Lia Origoni.
Le educande di San Babila, di Mario Amendola (1948).
Ocklabama, di Ruggero Maccari e Mario Amendola (1949).
La bisbetica sognata, di Enrico Bassano (1950).
Votate per Venere, di Orio Vergani e Dino Falconi (1951).
Pericolo rosa, 1953
Tutte donne meno io, di Scarnicci e Tarabusi, 1954
Made in Italy di Giovannini e Garinei con Macario e Wanda Osiris, 1955
L'uomo si conquista la domenica, di Ruggero Maccari e Mario Amendola (1956).
Non sparate alla cicogna, di Ruggero Maccari e Mario Amendola (1957).
E tu, biondina, di Ruggero Maccari e Mario Amendola (1958).
Chiamate Arturo 777, di Bruno Corbucci e Giovanni Grimaldi (1959).
Una storia in blue-jeans di Bruno Corbucci e Giovanni Grimaldi, con Macario, Carlo Campanini, Valeria Fabrizi. (1960)
Undici sopra un ramo, di Ernesto Caballo,
Masaniello, commedia musicale con Macario, Nino Taranto, Miranda Martino ('62-'63)
Febbre azzurra di Mario Amendola (riedizione) 1965
Le 6 mogli di Erminio VIII, di Mario Amendola e Bruno Corbucci (1966).
Pop a tempo di beat, di Raffaele Cile e Dino Mazzucco (1967).
Miserie 'd Monsù Travet, di Vittorio Bersezio (1970).
Bastian contrari, di Vittorio Bersezio (1971).
Achille Ciabotto medico condotto, di Mario Amendola e Bruno Corbucci (1971-'72).
" Un regolamento di conti " di Mauro Macario (1971)
Carlin Cerutti sarto per tutti, di Mario Amendola e Bruno Corbucci (1974).
Due sul pianerottolo, di Mario Amendola e Bruno Corbucci (1975-'76).
Anche le figlie di Maria portano i jeans, di M. Marchesi e G. Palazio (1976).
" Sganarello medicosifaperdire " di C.M. Pensa e Mauro Macario (1977)
" Licenza di ridere " di Mauro Macario (1977)
Oplà, giochiamo insieme, di Mauro Macario (1979)
Edizioni home video
Erminio Macario [e altri], La rivista di Macario. Torino: La Stampa, 2005-2006. - Collezione di libri e DVD comprendente:
Macario sono io!, di Erminio Macario
Febbre azzurra, di Erminio Macario, Mario Amendola, Pasquale Frustaci
Oklabama, di Erminio Macario, Ruggero Maccari, Carlo Rizzo
E tu biondina, sceneggiatura di Erminio Macario da una commedia di Mario Amendola e Ruggero Maccari. Follie d'Amleto, commedia musicale di Erminio Macario [e altri].
Chiamate Arturo 777, sceneggiatura di Erminio Macario, Bruno Corbucci, Giovanni Grimaldi
Erminio Macario [e altri], Tutto Macario : il teatro. Roma: RAITrade, 2007. - Collezione di video in DVD, comprendente:
La felicità 'd Monsù Guma, regia di Massimo Scaglione; sceneggiatura di Federico Garelli; libera rielaborazione e adattamento televisivo di Belisario Randone. Il figlio di Gribuja, regia di Massimo Scaglione; sceneggiatura da un canovaccio popolare cuneese rielaborato da Massimo Scaglione;
Che quarantotto in casa Ciabotto di Mario Amendola, Bruno Corbucci ed Erminio Macario, regia di Vito Molinari . Le bastonate del servo, di Erminio Macario
Due sul pianerottolo di Mario Amendola, Bruno Corbucci ed Erminio Macario, regia di Vito Molinari;
Stazione di servizio di Mario Amendola, Bruno Corbucci ed Erminio Macario, regia di Vito Molinari;
Pautasso Antonio esperto di matrimonio, di Mario Amendola, Bruno Corbucci ed Erminio Macario;
Il gallo del cortile, commedia in un atto di Mario Amendola, Bruno Corbucci ed Erminio Macario;
Achille ciabotto medico condotto, commedia in due atti di Mario Amendola, Bruno Corbucci ed Erminio Macario;
Carlin Cerutti sarto per tutti, di Mario Amendola, Bruno Corbucci ed Erminio Macario, regia di Vito Molinari. Il cuoco e il segretario, sceneggiatura di Erminio Macario e Mario Amendola da una farsa di Eugène Scribe
Erminio Macario [e altri], Tutto Macario: la rivista. Milano: Fabbri; Roma: RAITrade, 2007 - Collezione di video in DVD, comprendente:
E tu biondina, regia di Vito Molinari; sceneggiatura di Erminio Macario da una commedia di Mario Amendola e Ruggero Maccari; musiche di Giovanni D'Anzi
Oklabama, regia di Vito Molinari; sceneggiatura di Erminio Macario, Ruggero Maccari, Carlo Rizzo; musiche di Castorina, Di Francesco, Trinca
Febbre azzurra, commedia musicale di Erminio Macario, Mario Amendola, Pasquale Frustaci, regia di Vito Molinari . Follie d'Amleto, commedia musicale di Erminio Macario [e altri], regia di Vito Molinari
Chiamate Arturo 777, sceneggiatura di Bruno Corbucci, Giovanni Grimaldi, musiche di Mario Bertolazzi, regia di Vito Molinari
La vedova allegra di Victor Léon e Leo Stein; adattamento televisivo di Mario Landi, Bruno Corbucci, Majolo; musiche di Franz Lehár; regia di Mario Landi
Varietà radiofonici Rai
Il mondo con me, rivista di Dino Falconi e Angelo Frattini, con Erminio Macario e la Compagnia di rivista di Milano, regia di Giulio Scarnicci, trasmessa il 22 ottobre 1953.
La vedova allegra, di Leon e Stein, musica di Franz Lehár, regia di Mario Landi, trasmessa il 12 giugno 1955.
Prosa televisiva Rai
Carlo Alberto, farsa con Carlo Campanini, Tatiana Farnese, Tonino Micheluzzi, Gilberto Mazzi, Vivi Gioi, Erminio Macario, Linda Sini, regia di Macario e Lino Procacci, trasmessa il 13 agosto 1959.
Discografia parziale
33 giri
1971 – Le miserie 'd monssù Travet (Cetra, LPB 35039)
1971 – Finestre sul Po (Cetra, LPB 35040)
1973 – Le sei mogli di Erminio VIII (International Tv Record, 062)
78 giri
1937 – Vidi il Danubio... (Non era blu)/Cose che capitano... (La voce del padrone, HN 1258)
1940 – Camminando sotto la pioggia/Sempre Pierrot (Odeon, GO 20186)
1941 – La gagarella del Biffi Scala/Duar (fa no el bauscia) (La voce del padrone, HN 1984)
1941 – Il tamburo della banda D'Affori/La giava del tabacco) (La voce del padrone, HN 2020)
45 giri
1971 – Lady Laura/Uomo solo (Italdisc, IT 222)
1973 – Turin, Turin/La voce degli anni (Cetra, SP 1501)
1976 – Sanremo Sanremo/La recita è finita (RCA Italiana, TPBO 1201)
1979 – Ciao nonnino/Indovina, indovinello (Durium, Ld Al 8062)
Libri
Lo vedi come sei? - La parola a Macario, Milano, Sonzogno, 1941
Come nasce un comico, Torino, Tipografia teatrale torinese, [s.d.]
Macario story, Torino, Arti Grafiche Garino, 1971
Teatro di Macario, Torino, Tipografia teatrale torinese, 1980
Note
Bibliografia
Mauro Macario, Album di Macario : Fotostoria emozionale, Ivrea, Priuli & Verlucca, 1981.
Maurizio Ternavasio, Macario : Vita di un comico, Torino, Lindau, 1998 – ISBN 978-88-7180-241-1.
M. Macario, Macario, un comico caduto dalla luna, Milano, Baldini & Castoldi, 1998 – ISBN 88-8089-527-3.
Massimo Scaglione, Saluti e baci - L'Italia del varietà e dell'avanspettacolo, Torino, Ediz. La Stampa, 2001.
M. Macario, Ballerina di fila, Reggio Emilia, Aliberti, 2004 – ISBN 88-7424-047-3.
M. Macario, Macario mio padre, Pasian di Prato, Campanotto Editore, 2007 – ISBN 978-88-4560-503-1.
Altri progetti
Collegamenti esterni
Comici italiani
Conduttori televisivi di Rai 1 degli anni 1970
Conduttori televisivi di Rai 2 degli anni 1970
Cantanti da musical
Attori teatrali italiani
Attori cinematografici italiani
Attori radiofonici italiani
Attori televisivi italiani |
1682 | https://it.wikipedia.org/wiki/Aeroporti%20in%20Italia | Aeroporti in Italia | Gli aeroporti in Italia sono variamente distribuiti nelle varie regioni italiane, e a ciascuno di essi è assegnato un codice aeroportuale ICAO.
Il nome, nel caso di aeroporti aperti al traffico civile, è quello della documentazione ufficiale prodotta dall'Ente nazionale per l'aviazione civile (ENAC). Gli aeroporti sono raggruppati distinguendo tra quelli certificati dall'ENAC, presenti nelle liste ENAC e non presenti nelle liste ENAC. Il numero totale di aeroporti è 126.
Questo elenco non comprende eliporti e idroscali, anche se inclusi nelle liste ENAC.
Abruzzo
Aeroporti certificati ENAC
Aeroporto di Pescara (PSR, LIBP)
Altri aeroporti ENAC
Aeroporto di L'Aquila-Parchi (QAQ, LIAP)
Calabria
Aeroporti certificati ENAC
Aeroporto di Lamezia Terme (SUF, LICA)
Aeroporto di Reggio Calabria (REG, LICR)
Aeroporto di Crotone (CRV, LIBC)
Altri aeroporti
Aeroporto di Scalea (LICK)
Aeroporto ed eliporto militare di Vibo Valentia (LIBJ)
Campania
Aeroporti certificati ENAC
Aeroporto di Napoli-Capodichino (NAP, LIRN)
Aeroporto di Salerno-Costa d'Amalfi (QSR, LIRI)
Altri aeroporti ENAC
Aeroporto di Capua (LIAU)
Militari autorizzati al traffico civile
Aeroporto di Benevento-Olivola (LIRO)
Aeroporto di Grazzanise (QTC, LIRM)
Emilia-Romagna
Aeroporti certificati ENAC
Aeroporto di Bologna-Borgo Panigale (BLQ, LIPE)
Aeroporto di Parma (PMF, LIMP)
Aeroporto di Rimini-Miramare (RMI, LIPR)
Aeroporto di Forlì (FRL, LIPK)
Altri aeroporti ENAC
Aeroporto di Carpi-Budrione (LIDU)
Aeroporto di Ferrara-San Luca (LIPF)
Aeroporto di Lugo (LIDG)
Aeroporto di Modena (ZMO, LIPM)
Aeroporto di Pavullo nel Frignano (LIDP)
Aeroporto di Prati Vecchi d'Aguscello (LIDV)
Aeroporto di Ravenna (RAN, LIDR)
Aeroporto di Reggio Emilia (QIE, LIDE)
Altri aeroporti
Aeroporto di Cervia-Pisignano (LIPC)
Aeroporto di Piacenza-San Damiano (LIMS)
Base aerea di Poggio Renatico (LIVK)
Friuli Venezia Giulia
Aeroporti certificati ENAC
Aeroporto di Trieste-Ronchi dei Legionari (TRS, LIPQ)
Altri aeroporti ENAC
Aeroporto di Udine-Campoformido (UD CAMPOFR, LIPD)
Aeroporto di Gorizia (LIPG)
Altri aeroporti
Base aerea di Aviano (AVB, LIPA)
Aeroporto di Casarsa (LIDK)
Aeroporto di Rivolto (RIV, LIPI)
Lazio
Aeroporti certificati ENAC
Aeroporto di Roma-Ciampino (CIA, LIRA)
Aeroporto di Roma-Fiumicino (FCO, LIRF)
Altri aeroporti ENAC
Aeroporto di Aquino (LIAQ)
Aeroporto di Guidonia (LIRG)
Aeroporto di Latina (QLT, LIRL)
Aeroporto di Rieti (QRT, LIQN)
Aeroporto di Roma-Urbe (QIU, LIRU)
Aeroporto di Viterbo (VTR, LIRV)
Altri aeroporti
Aeroporto di Frosinone (QFR, LIRH)
Aeroporto di Furbara (LIAR)
Aeroporto di Pratica di Mare (LIRE)
Aeroporto di Roma-Centocelle (LIRC)
Liguria
Aeroporti certificati ENAC
Aeroporto di Albenga-Riviera Airport (ALL, LIMG)
Aeroporto di Genova-Sestri (GOA, LIMJ)
Altri aeroporti ENAC
Aeroporto di Sarzana-Luni (QLP, LIQW)
Lombardia
Aeroporti certificati ENAC
Aeroporto di Bergamo-Orio al Serio (BGY, LIME)
Aeroporto di Brescia-Montichiari (VBS, LIPO)
Aeroporto di Milano-Linate (LIN, LIML)
Aeroporto di Milano-Malpensa (MXP, LIMC)
Altri aeroporti ENAC
Aeroporto di Alzate Brianza (LILB)
Aeroporto di Bresso (QIB, LIMB)
Aeroporto di Calcinate del Pesce (LILC)
Aeroporto di Cremona-Migliaro (LILR)
Aeroporto di Mantova-Migliaretto (LIDM)
Aeroporto di Valbrembo (LILV)
Aeroporto di Varese-Venegono (QIV, LILN)
Aeroporto di Vergiate (LILG)
Aeroporto di Voghera-Rivanazzano (LILH)
Altri aeroporti
Aeroporto di Ghedi (LIPL)
Marche
Aeroporti certificati ENAC
Aeroporto di Ancona-Falconara (AOI, LIPY)
Altri aeroporti ENAC
Aeroporto di Fano (IT-FAO, LIDF)
Piemonte
Aeroporti certificati ENAC
Aeroporto di Cuneo-Levaldigi (CUF, LIMZ)
Aeroporto di Torino-Caselle (TRN, LIMF)
Aeroporto di Biella-Cerrione (BLA, LILE)
Altri aeroporti ENAC
Aeroporto di Alessandria (LILA)
Aeroporto di Casale Monferrato (LILM)
Aeroporto di Novi Ligure (LIMR)
Aeroporto di Torino-Aeritalia (QIA, LIMA)
Aeroporto di Vercelli (LILI)
Altri aeroporti
Aeroporto di Cameri (LIMN)
Aeroporto di Venaria Reale (LILW)
Puglia
Aeroporti certificati ENAC
Aeroporto di Bari-Karol Wojtyla (BRI, LIBD)
Aeroporto di Brindisi-Casale (BDS, LIBR)
Aeroporto di Foggia (FOG, LIBF)
Aeroporto di Taranto-Grottaglie (TAR, LIBG)
Altri aeroporti ENAC
Aeroporto di Lecce-San Cataldo (LINL)
Altri aeroporti
Aeroporto di Amendola (LIBA)
Aeroporto di Gioia del Colle (LIBV)
Aeroporto di Lecce-Galatina (LCC, LIBN)
Sardegna
Aeroporti certificati ENAC
Aeroporto di Alghero-Fertilia (AHO, LIEA)
Aeroporto di Cagliari-Elmas (CAG, LIEE)
Aeroporto di Olbia-Costa Smeralda (OLB, LIEO)
Altri aeroporti
Aeroporto di Decimomannu (DCI, LIED)
Aeroporto di Olbia-Venafiorita (LIEV)
Aeroporto di Oristano-Fenosu (FNU, LIER)
Aeroporto di Tortolì-Arbatax (TTB, LIET)
Sicilia
Aeroporti certificati ENAC
Aeroporto di Catania-Fontanarossa (CTA, LICC)
Aeroporto di Comiso (CIY, LICB)
Aeroporto di Lampedusa (LMP, LICD)
Aeroporto di Palermo-Punta Raisi (PMO, LICJ)
Aeroporto di Pantelleria (PNL, LICG)
Aeroporto di Trapani-Birgi (TPS, LICT)
Altri aeroporti ENAC
Aeroporto di Palermo-Boccadifalco (LICP)
Altri aeroporti
Base aerea di Sigonella (NSY, LICZ)
Toscana
Aeroporti certificati ENAC
Aeroporto di Firenze-Peretola (FLR, LIRQ)
Aeroporto di Grosseto (GRS, LIRS)
Aeroporto di Marina di Campo (EBA, LIRJ)
Aeroporto di Pisa-San Giusto (PSA, LIRP)
Altri aeroporti ENAC
Aeroporto di Arezzo (LIQB)
Aeroporto di Lucca-Tassignano (LCV, LIQL)
Aeroporto di Massa-Cinquale (QMM, LILQ)
Aeroporto di Siena-Ampugnano (SAY, LIQS)
Altri aeroporti
Aeroporto di Pontedera (LIAT)
Trentino-Alto Adige
Aeroporti certificati ENAC
Aeroporto di Bolzano (BZO, LIPB)
Altri aeroporti ENAC
Aeroporto di Trento-Mattarello (QIT, LIDT)
Altri aeroporti
Aeroporto di Dobbiaco (LIVD)
Umbria
Aeroporti certificati ENAC
Aeroporto di Perugia (PEG, LIRZ)
Altri aeroporti ENAC
Aeroporto di Foligno (LIAF)
Altri aeroporti
Aeroporto di Terni-Alvaro Leonardi (QIL, LIAA)
Valle d'Aosta
Aeroporti certificati ENAC
Aeroporto di Aosta (AOT, LIMW)
Veneto
Aeroporti certificati ENAC
Aeroporto di Treviso-Sant'Angelo (TSF, LIPH)
Aeroporto di Venezia-Marco Polo (VCE, LIPZ)
Aeroporto di Verona-Villafranca (VRN, LIPX)
Altri aeroporti ENAC
Aeroporto di Asiago (LIDA)
Aeroporto di Belluno (BLX, LIDB)
Aeroporto di Legnago (LIDL)
Aeroporto di Padova (QIP, LIPU)
Aeroporto di Thiene (LIDH)
Aeroporto di Venezia-Lido (LIPV)
Aeroporto di Verona-Boscomantico (QBS, LIPN)
Altri aeroporti
Aeroporto di Ca' Negra (LIDC)
Aeroporto di Cortina d'Ampezzo-Fiames (LIDI)
Aeroporto di Treviso-Istrana (LIPS)
Note
Voci correlate
Assaeroporti
Aeroporti d'Italia per traffico merci
Aeroporti d'Italia per traffico passeggeri
Codici ICAO L#LI Italia
Ente nazionale per l'aviazione civile
ENAV
Altri progetti
Collegamenti esterni
Liste relative all'Italia
Italia
Trasporti in Italia |
1686 | https://it.wikipedia.org/wiki/Cronologia%20dei%20linguaggi%20di%20programmazione | Cronologia dei linguaggi di programmazione | Questo è un elenco cronologico dei linguaggi di programmazione per ordine di apparizione. Di ognuno viene riportato l'eventuale predecessore, l'anno in cui è apparso, il nome del linguaggio stesso, l'autore (se noto) e, in alcuni casi, l'azienda dove è stato sviluppato.
Prima degli anni '50
Anni '50
Anni '60
Anni '70
Anni '80
Anni '90
Anni 2000
Anni 2010
Note
Voci correlate
Linguaggio di programmazione
Storia del computer
Collegamenti esterni
Linguaggi di programmazione
Linguaggi di programmazione |
1688 | https://it.wikipedia.org/wiki/Lista%20dei%20papi | Lista dei papi | Questa è la lista dei papi ordinata per date di regno, secondo la cronologia ufficiale della Chiesa cattolica.
Note sulla numerazione dei papi
Papa Stefano (II), che morì prima di essere consacrato, è compreso nella lista, ma senza numero, essendo stato cancellato dall'Annuario pontificio nel 1961. Il suo successore continua la numerazione assumendone lo stesso nome e numero.
Papa Marino I e papa Marino II sono stati considerati rispettivamente come papa Martino II e papa Martino III fino al 1947.
L'antipapa Dono II (in latino Donus), che si dice abbia regnato dal dicembre 973 al marzo 974, non è mai esistito. Ciò è dovuto alla confusione del titolo dominus (signore) col nome proprio. Venne considerato papa legittimo fino al 1947.
Papa Silvestro III venne considerato antipapa fino al 1947.
Papa Benedetto IX è stato eletto papa tre volte in tre momenti diversi della sua vita ed è l'unico caso di pontefice più volte regnante ad essere contato con tre diversi numeri: egli è infatti il 145º, 147º e 150º papa della Chiesa cattolica.
Gli antipapi Felice II (355-365), Cristoforo (903-904), Giovanni XVI (997-998), Bonifacio VII (974; 984-985), Benedetto X (1058-1059), Alessandro V (1409-1410) e Giovanni XXIII (1410-1415) vennero considerati papi legittimi fino al 1947, causando così dei vuoti nella lista ufficiale dei pontefici.
Non è mai esistito un papa Giovanni XX. Alcuni storici dell'XI secolo credevano che fosse esistito un papa di nome Giovanni XIV bis tra l'antipapa Bonifacio VII e il vero papa Giovanni XV; quindi, la serie di papi da Giovanni XV a Giovanni XIX venne erroneamente numerata da XVI a XX. Successivamente questi pontefici sono stati rinumerati da XV a XIX, ma i papi da Giovanni XXI a Giovanni XXIII vennero numerati tenendo conto di questo errore. Tuttavia, visto il loro uso ormai consolidato, è improbabile che vengano fatte ulteriori rettifiche.
Contrariamente alla consuetudine tipica di molte monarchie occidentali, quando un papa porta un nome mai scelto da nessuno dei suoi predecessori, non include mai il numerale "I", che invece viene attribuito solo in seguito, quando un successore assume un nome identico. Per questo motivo, ad esempio, il cardinale Jorge Mario Bergoglio, dopo l'elezione a papa, è noto come papa Francesco, e non come "Francesco I". Ha fatto però eccezione Giovanni Paolo I, il cui nome comprese il numerale fin dall'inizio.
I millennio
I secolo
II secolo
III secolo
IV secolo
V secolo
VI secolo
VII secolo
VIII secolo
IX secolo
X secolo
II millennio
XI secolo
XII secolo
XIII secolo
XIV secolo
XV secolo
XVI secolo
XVII secolo
XVIII secolo
XIX secolo
XX secolo
III millennio
XXI secolo
Statistiche
Statistiche generali
Due papi (Stefano II e Adriano V) morirono prima della cerimonia di incoronazione. In realtà Stefano prima dell'elezione era solo sacerdote e non è quindi incluso nell'elenco ufficiale dei papi, mentre Adriano era un diacono.
Ottantadue papi sono venerati come santi, undici papi sono stati beatificati, mentre per altri tre è in corso il processo di beatificazione (Benedetto XIII, Pio VII e Pio XII).
Due papi hanno ricevuto il titolo di dottore della Chiesa: Leone Magno e Gregorio Magno.
Sono quattordici i papi morti dopo la fine del loro ministero: Clemente I, Ponziano, Silverio, Stefano VI, Romano, Leone V, Giovanni X, Benedetto V, Silvestro III, Gregorio VI, Benedetto IX, Celestino V, Gregorio XII, Benedetto XVI. Di questi solo Celestino V e Benedetto XVI rinunciarono volontariamente al ministero petrino, gli altri lo fecero sotto pressioni esterne. È incerto se Giovanni XVIII si sia dimesso o se sia morto in carica.
Sette papi hanno avuto la propria sede ad Avignone invece che a Roma: Clemente V, Giovanni XXII, Benedetto XII, Clemente VI, Innocenzo VI, Urbano V, Gregorio XI.
Clemente X, nato nel 1590 ed eletto nel 1670, è il papa di età nota più anziano al momento dell’elezione (79 anni e 290 giorni). Celestino V, nato in data sconosciuta tra il 1209 ed il 1215, è stato eletto tra i 79 e gli 85 anni. Agatone (678-681) sarebbe stato eletto a 103 anni.
Il papa più giovane al momento dell’elezione risulta essere Benedetto IX, eletto per la prima volta nel 1032 (non si conosce l’età esatta, che deve essere compresa tra i 18 e i 25 anni).
Il papa più longevo alla fine del suo ministero è Leone XIII (morto nel 1903 a 93 anni, 4 mesi e 18 giorni) mentre il papa più longevo in assoluto è Benedetto XVI (morto nel 2022 a 95 anni, 8 mesi e 15 giorni).
Innocenzo III fu il primo papa a usare lo stemma pontificale.
Niccolò III fu il primo papa ad abitare stabilmente in Vaticano.
Benedetto XII fu il primo papa a usare la tiara sormontata da tre corone (triregno), mentre l'ultimo è stato Paolo VI (tuttavia la tiara sarà sostituita dalla mitra nello stemma papale solo nel 2005, con Benedetto XVI).
I primi papi ad essere eletti in un conclave furono Innocenzo III e Gregorio X, mentre il primo ad essere eletto nella Cappella Sistina fu Alessandro VI.
Damaso I fu il primo vescovo di Roma a essere ufficialmente definito come "papa" dai suoi contemporanei.
Nomi più usati
Tra i nomi scelti dai vari papi che si sono susseguiti nel tempo, i più usati, i più comuni, sono:
Giovanni: furono 21 a scegliere questo nome, nonostante il conteggio canonico sia giunto a XXIII a causa di un errore di numerazione (non vi fu un papa Giovanni XX e Giovanni XVI è considerato un antipapa), più tre antipapi e due papi mai esistiti:
Papa Giovanni I;
Papa Giovanni II;
Papa Giovanni III;
Papa Giovanni IV;
Papa Giovanni V;
Papa Giovanni VI;
Papa Giovanni VII;
Antipapa Giovanni VIII;
Papa Giovanni VIII;
Papa Giovanni IX;
Papa Giovanni X;
Papa Giovanni XI;
Papa Giovanni XII;
Papa Giovanni XIII;
Papa Giovanni XIV;
Papa Giovanni XIV bis (mai esistito);
Papa Giovanni XV;
Antipapa Giovanni XVI;
Papa Giovanni XVII;
Papa Giovanni XVIII;
Papa Giovanni XIX;
Papa Giovanni XX (mai esistito);
Papa Giovanni XXI;
Papa Giovanni XXII;
Antipapa Giovanni XXIII;
Papa Giovanni XXIII.
Gregorio: furono 16 a scegliere questo nome:
Papa Gregorio I;
Papa Gregorio II;
Papa Gregorio III;
Papa Gregorio IV;
Papa Gregorio V;
Papa Gregorio VI;
Papa Gregorio VII;
Papa Gregorio VIII;
Papa Gregorio IX;
Papa Gregorio X;
Papa Gregorio XI;
Papa Gregorio XII;
Papa Gregorio XIII;
Papa Gregorio XIV;
Papa Gregorio XV;
Papa Gregorio XVI.
Benedetto: furono 15 a scegliere questo nome più due antipapi:
Papa Benedetto I;
Papa Benedetto II;
Papa Benedetto III;
Papa Benedetto IV;
Papa Benedetto V;
Papa Benedetto VI;
Papa Benedetto VII;
Papa Benedetto VIII;
Papa Benedetto IX;
Antipapa Benedetto X;
Papa Benedetto XI;
Papa Benedetto XII;
Antipapa Benedetto XIII;
Papa Benedetto XIII;
Papa Benedetto XIV;
Papa Benedetto XV;
Papa Benedetto XVI.
Clemente: furono 14 a scegliere questo nome:
Papa Clemente I;
Papa Clemente II;
Papa Clemente III;
Papa Clemente IV;
Papa Clemente V;
Papa Clemente VI;
Papa Clemente VII;
Papa Clemente VIII;
Papa Clemente IX;
Papa Clemente X;
Papa Clemente XI;
Papa Clemente XII;
Papa Clemente XIII;
Papa Clemente XIV.
Innocenzo: furono 13 a scegliere questo nome:
Papa Innocenzo I;
Papa Innocenzo II;
Papa Innocenzo III;
Papa Innocenzo IV;
Papa Innocenzo V;
Papa Innocenzo VI;
Papa Innocenzo VII;
Papa Innocenzo VIII;
Papa Innocenzo IX;
Papa Innocenzo X;
Papa Innocenzo XI;
Papa Innocenzo XII;
Papa Innocenzo XIII.
Leone: furono 13 a scegliere questo nome:
Papa Leone I;
Papa Leone II;
Papa Leone III;
Papa Leone IV;
Papa Leone V;
Papa Leone VI;
Papa Leone VII;
Papa Leone VIII;
Papa Leone IX;
Papa Leone X;
Papa Leone XI;
Papa Leone XII;
Papa Leone XIII.
Pio: furono 12 a scegliere questo nome:
Papa Pio I;
Papa Pio II;
Papa Pio III;
Papa Pio IV;
Papa Pio V;
Papa Pio VI;
Papa Pio VII;
Papa Pio VIII;
Papa Pio IX;
Papa Pio X;
Papa Pio XI;
Papa Pio XII.
Papi per appartenenza a ordini religiosi
Trentasei membri di ordini religiosi sono stati eletti al soglio pontificio.
Diciassette benedettini: sedici dell'Ordine di San Benedetto, Gregorio I, Bonifacio IV, Adeodato II, Leone IV, Giovanni IX, Leone VII, Stefano IX, Gregorio VII, Vittore III, Urbano II, Pasquale II, Gelasio II, Celestino V, Clemente VI, Urbano V e Pio VII, più il camaldolese Gregorio XVI.
Sette canonici regolari: Zaccaria, Eugenio IV, Onorio II, Innocenzo II, Lucio II, Gregorio VIII e Adriano IV;
Cinque francescani, di cui tre precedenti la divisione formale dell'Ordine del 1517: Niccolò IV, Sisto IV e Giulio II; due successivi la divisione, entrambi conventuali: Sisto V e Clemente XIV.
Quattro domenicani: Innocenzo V, Benedetto XI, Pio V e Benedetto XIII.
Due cistercensi: Eugenio III e Benedetto XII.
Un gesuita: Francesco.
Papi per provenienza
In considerazione dello sviluppo solo tardivo del concetto di nazione, l'elencazione seguente è basata su criteri geografici e linguistici:
Europa
Da questo continente sono stati eletti 252 papi:
217 dall'Italia, ultimo dei quali Giovanni Paolo I;
16 dall'area francese:
13 dalla Francia: Silvestro II, Urbano II, Callisto II, Urbano IV, Clemente IV, Martino IV, Clemente V, Giovanni XXII, Benedetto XII, Clemente VI, Innocenzo VI, Urbano V e Gregorio XI;
2 dalla Savoia prima che fosse annessa alla Francia: Niccolò II e Innocenzo V;
1 dalla Lorena (quando era parte del Sacro Romano Impero Germanico): Stefano IX;
6 dall'area tedesca: Gregorio V, Clemente II, Damaso II, Leone IX, Vittore II e Benedetto XVI;
4 dall'area dell'Oriente cristiano (o greco-cattolico): Cleto, Igino, Eleuterio e Sisto II;
4 dalla Penisola iberica:
2 dall'odierno Portogallo: Damaso I (Spagna romana) e Giovanni XXI (Regno del Portogallo);
2 dall'odierna Spagna: Callisto III e Alessandro VI (entrambi dalla Corona d'Aragona);
2 dalla Dalmazia: Caio e Giovanni IV;
1 dall'Inghilterra: Adriano IV;
1 dai Paesi Bassi: Adriano VI;
1 dalla Polonia: Giovanni Paolo II.
Asia
Da questo continente sono stati eletti 10 papi:
5 dalla Siria: Aniceto, Giovanni V, Sisinnio, Costantino e Gregorio III;
3 dalla Terra santa: Pietro, Evaristo e Teodoro I;
2 dall'Asia minore: Conone e Giovanni VI.
Africa
Da questo continente sono stati eletti tre papi:
3 dall'Africa romana (Libia, Tunisia, Algeria): Vittore I, Milziade e Gelasio I.
Americhe
Da questo continente è stato eletto un solo papa:
1 dall'Argentina: Francesco.
Pontificati per secolo
Ad oggi il secolo con più pontificati è stato il X con ben 22 papati, mentre quello con meno pontificati oltre al secolo corrente con ancora due pontificati sono a pari merito il I e il XIX con 5 papati.
Pontefici più volte regnanti
Nel corso dei secoli ci sono stati casi di pontefici che hanno regnato per più di una volta.
Giovanni XII e Leone VIII
Vi è una controversia per quanto riguarda i papi Giovanni XII e Leone VIII, entrambi in carica per due volte: il primo fu deposto dall'imperatore Ottone I il 4 dicembre 963, quando gli succedette Leone. Tuttavia Giovanni XII ridivenne papa due mesi dopo, quando il 26 febbraio 964 depose Leone VIII, reinsediò sé stesso e scomunicò il rivale. Morto Giovanni il 14 maggio 964 e rimasto Leone, deposto e dimesso dallo stato clericale, fu eletto Benedetto V. Il deposto e ormai semplice laico Leone, però, per volere di Ottone I, il 23 giugno 964 riuscì a reinsediarsi, deponendo Benedetto V.
Una più corretta successione di questi tre papi sarebbe: Giovanni XII (955-964), Benedetto V (964), Leone VIII (964-965), facendo durare il pontificato di Giovanni tutta la sua vita senza contare la sua (forse invalida) deposizione, e facendo partire quello di Leone solo dalla deposizione/abdicazione di Benedetto.
Benedetto IX
Molto peculiare è invece il caso di Benedetto IX, che fu papa per tre volte tra il 1032 e il 1048: una prima volta tra il 1032 e il 1044, fino a quando fu costretto all'esilio; tornò in carica il 10 aprile 1045, condannando il suo successore Silvestro III come antipapa e usurpatore; poi, il 1º maggio successivo, vendette la carica al prete Giovanni "Graziano" de' Graziani, suo padrino, che prese il nome di Gregorio VI; fu poi rieletto un'altra volta quando quest'ultimo ammise il peccato di simonia, venendo però deposto poco dopo dall'imperatore Enrico III, che al suo posto nominò Damaso II.
Durata dei pontificati
I pontificati più lunghi
Secondo i dati della Chiesa cattolica (in ordine decrescente di durata gli undici pontificati più lunghi):
Pietro apostolo (dal 33 al 67): circa 34 anni (circa giorni).
Papa Pio IX (dal 1846 al 1878): 31 anni, 7 mesi e 23 giorni ( giorni).
Papa Giovanni Paolo II (dal 1978 al 2005): 26 anni, 5 mesi e 17 giorni ( giorni).
Papa Leone XIII (dal 1878 al 1903): 25 anni, 4 mesi e 29 giorni ( giorni).
Papa Pio VI (dal 1775 al 1799): 24 anni, 6 mesi e 14 giorni ( giorni).
Papa Adriano I (dal 772 al 795): 23 anni, 10 mesi e 25 giorni ( giorni).
Papa Pio VII (dal 1800 al 1823): 23 anni, 5 mesi e 6 giorni ( giorni).
Papa Alessandro III (dal 1159 al 1181): 21 anni, 11 mesi e 2 giorni ( giorni).
Papa Silvestro I (dal 314 al 335): 21 anni, 11 mesi e 1 giorno ( giorni).
Papa Leone I (dal 440 al 461): 21 anni, 1 mese e 13 giorni ( giorni).
Papa Urbano VIII (dal 1623 al 1644): 20 anni, 11 mesi e 23 giorni ( giorni).
La Chiesa cattolica definisce Pietro apostolo il primo papa. Occorre considerare che il papa è il vescovo di Roma, e quindi il pontificato di Pietro non dovrebbe avere inizio subito dopo l'ascensione di Gesù al cielo, ma solo da quando Pietro si stabilì a Roma, divenendo il capo (vescovo) dei cristiani di Roma. In tal caso il periodo di papato di Pietro apostolo si riduce a circa venticinque anni (il periodo che si presume sia stato quello della sua permanenza nell'Urbe). Pertanto la classifica dei pontificati più lunghi inizia con Pio IX e prosegue con Giovanni Paolo II al secondo posto. Pietro si porterebbe al quarto posto, dopo papa Leone XIII.
Degno di nota è anche l'antipapa Benedetto XIII, che regnò nel periodo dello Scisma d'Occidente ad Avignone per 28 anni, 7 mesi e 12 giorni. Naturalmente non è inserito nella presente lista poiché, nonostante si proclamò tale sino alla morte, non fu mai papa legittimo della Chiesa cattolica.
I pontificati più brevi
Secondo i dati della Chiesa cattolica (in ordine crescente di durata gli undici pontificati più brevi):
Papa Urbano VII (15 settembre - 27 settembre 1590): 12 giorni.
Papa Bonifacio VI (10 aprile - 26 aprile 896): 16 giorni.
Papa Celestino IV (25 ottobre - 10 novembre 1241): 16 giorni.
Papa Sisinnio (15 gennaio - 4 febbraio 708): 20 giorni.
Papa Teodoro II (dicembre 897): 20 giorni circa.
Papa Marcello II (10 aprile - 1º maggio 1555): 22 giorni.
Papa Damaso II (17 luglio - 9 agosto 1048): 23 giorni.
Papa Pio III (22 settembre - 18 ottobre 1503): 26 giorni.
Papa Leone XI (1º aprile - 27 aprile 1605): 26 giorni.
Papa Giovanni Paolo I (26 agosto - 28 settembre 1978): 33 giorni.
Papa Benedetto V (22 maggio - 23 giugno 964): 33 giorni
Il primato di pontificato più breve sarebbe in realtà da attribuire a papa Stefano (II) e non a papa Urbano VII, poiché la sua durata fu di soli 4 giorni: morto per ictus, Stefano, che era semplice presbitero, non fece in tempo ad essere consacrato vescovo. Fu escluso dalla lista dei papi per secoli, reinserito, e poi di nuovo escluso dal 1961, provocando a volte qualche incongruenza nell'elenco dei papi di nome Stefano che lo hanno seguito.
Tra i pontificati più brevi è da ricordare anche quello di Celestino V, che rinunciò al suo ruolo pastorale dopo appena 100 giorni dall'elezione.
Si narra pure che il nipote di papa Gregorio X, il cardinale Vicedomino Vicedomini, fosse stato eletto papa il 5 settembre 1276, nel terzo conclave susseguente alla morte dello zio (dopo Innocenzo V e Adriano V eletti e morti lo stesso anno), ma che non avesse accettato subito il suo ministero, chiedendo un giorno per decidere ma manifestando a priori l'intenzione di voler prendere il nome di Gregorio XI. La notte stessa, però, morì. Giustamente non è annoverato nella storiografia ufficiale dei Pontefici della Chiesa cattolica, non avendo egli ancora accettato l'ufficio apostolico prima di morire, anche se il decesso subito dopo l'elezione è stato fino ad ora un fatto unico nella storia del papato.
Adriano V, papa per 39 giorni nel 1276, morì prima di poter essere ordinato sacerdote.
Papi più longevi alla fine del ministero
Leone XIII (nato il 2 marzo 1810, eletto il 20 febbraio 1878 e morto il 20 luglio 1903): 93 anni, 4 mesi e 18 giorni.
Clemente XII (nato il 7 aprile 1652, eletto il 12 luglio 1730 e morto il 6 febbraio 1740): 87 anni, 9 mesi e 29 giorni.
Francesco (nato il 17 dicembre 1936, eletto il 13 marzo 2013): (al ).
Clemente X (nato il 13 luglio 1590, eletto il 29 aprile 1670 e morto il 22 luglio 1676): 86 anni e 9 giorni.
Benedetto XVI (nato il 16 aprile 1927, eletto il 19 aprile 2005, in carica fino al 28 febbraio 2013): 85 anni, 10 mesi e 12 giorni.
Pio IX (nato il 13 maggio 1792, eletto il 16 giugno 1846 e morto il 7 febbraio 1878): 85 anni, 8 mesi e 25 giorni.
Innocenzo XII (nato il 13 marzo 1615, eletto il 22 luglio 1691 e morto il 27 settembre 1700): 85 anni, 6 mesi e 14 giorni.
Giovanni Paolo II (nato il 18 maggio 1920, eletto il 16 ottobre 1978 e morto il 2 aprile 2005): 84 anni, 10 mesi e 15 giorni.
Il papa più longevo in assoluto sarebbe Benedetto XVI, se non si fosse dimesso il 28 febbraio 2013. Come papa emerito ha superato il record di longevità detenuto da Leone XIII essendo morto all'età di 95 anni, 8 mesi e 15 giorni il 31 dicembre 2022.
Altri papi che hanno raggiunto un'età notevole, superando anche la soglia degli 80 anni sono: Lucio III, Celestino III, Celestino V, Giovanni XXII e Gregorio XII. Di questi però non si hanno notizie certe sulla data di nascita e per questo motivo non possono essere inseriti con precisione nell'elenco precedente.
Degno di nota è anche il caso di Agatone, la cui leggenda agiografica narra che al momento della sua elezione a papa, avvenuta il 27 giugno 678, avesse 103 anni; al momento della morte, avvenuta il 10 gennaio 681, avrebbe dovuto quindi averne 106. Nonostante fosse sicuramente in età avanzata e pur essendo possibile il raggiungimento di tale traguardo, anche se improbabile, non esistono tuttavia dati certi a convalida di questo caso.
Papi venerati dalla Chiesa cattolica
La Chiesa cattolica venera 82 papi come santi, 11 come beati, 1 come venerabile e 2 come servi di Dio (aggiornamento al 4 settembre 2022, data dell'ultima variazione).
Leggende e profezie
Elezione del cardinale Vicedomini
Secondo una leggenda, al conclave del luglio 1276, nel quale fu eletto papa Adriano V, inizialmente la maggior parte dei voti furono a favore dell'elezione del cardinale Vicedomino Vicedomini, parente del defunto papa Gregorio X. Egli, però, sarebbe deceduto il giorno dopo l'elezione, senza che essa potesse essere formalizzata.
Elezione del cardinale Siri
Secondo una teoria complottista e del tutto infondata, nel conclave del 1958 che elesse papa Giovanni XXIII sarebbe stato inizialmente eletto al soglio pontificio con il nome di "Gregorio XVII" il cardinale Giuseppe Siri, cardinale molto vicino alle posizioni del precedente papa Pio XII, ma sarebbe stato costretto a rinunciare.
Profezia di Malachia
Nel 1595 Arnoldo Wion, un monaco benedettino, ritrovò e inserì un particolare scritto all'interno della sua opera 'Lignum vitae', noto come la profezia dei Sovrani Pontefici (Prophetia de Summis Pontificibus), o più comunemente Profezia di Malachia, attribuendolo a san Malachia, vissuto nel XII secolo. Secondo Wion, Malachia avrebbe redatto una sorta di elenco cronologico dei Papi, a partire da Celestino II. Le brevi frasi in latino, ognuna di esse associata a un papa, li descrivono piuttosto bene proprio fino agli anni in cui si dice che fu ritrovata questa profezia. Subito dopo le descrizioni appaiono essere piuttosto vaghe. Dopo l'ultimo papa, il centoundicesimo, Malachia avrebbe preannunciato anche la fine del mondo con questa frase: "La città dai sette colli sarà distrutta e il Giudice terribile giudicherà il popolo". E l'ultimo successore di Pietro, stando alla lista e alle indicazioni riportate da Malachia, sarebbe Pietro Romano.
Note
Riferimenti
Bibliografia
Voci correlate
Liber Pontificalis
Papa
Antipapa
Conclave
Nome pontificale
Rinuncia all'ufficio di romano pontefice
Papi venerati dalla Chiesa cattolica
Sovrani
Habemus Papam
Conclave
Chiesa cattolica
Profezia di Malachia
Altri progetti
Collegamenti esterni
Elenco dei Papi dal sito della Santa Sede
Dove sono sepolti tutti i papi (Da TGCOM)
Papi
Papi
Liste di capi di Stato in Europa
Papi
Diocesi di Roma
Papato |
1691 | https://it.wikipedia.org/wiki/Egon%20Pearson | Egon Pearson | È stato un importante statistico, figlio dell'ancora più celebre statistico Karl Pearson e di Maria Sharpe, con una sorella di tre anni maggiore (Sigrid Loetitia) e una di tre anni minore (Helga Sharpe).
La formazione
Frequenta prima la Dragon School Oxford (dal 1907 al 1909) e poi il Winchester College, dove conseguì il graduate nel 1914.
Nel 1914, per via di problemi di salute (anche al cuore) evita il reclutamento per la prima guerra mondiale, e comincia lo studio della matematica al Trinity College di Cambridge; a causa di un'influenza non riesce a studiare fino alla fine dell'anno accademico.
Dopo questo primo anno lascia il Trinity College per lavorare all'Ammiragliato e al Ministero della Navigazione.
Nel 1919, conseguito il first degree, si interessa di astronomia ed in particolare di fisica solare, ma si rivolge poi alla statistica in seguito alla frequenza di corsi sulla teoria degli errori.
Dal 1921 lavora presso il Dipartimento di statistica applicata dell'University College di Londra (dipartimento fondato da suo padre nel 1911).
Nel 1924 diventa assistant editor di Biometrika.
Il 1925 è l'anno di svolta, in quanto grazie al Rockefeller Research Fellowship per gli anni 1925-1927 Jerzy Neyman svolge il primo anno al dipartimento di statistica applicata (il secondo a Parigi), e inizia l'amicizia tra Egon Pearson e Jerzy Neyman. Nello stesso periodo comincia ad avere scambi epistolari con William Sealy Gosset.
Grazie anche a questi importanti contatti sviluppa con Neyman tra il 1926 e 1933 l'approccio detto appunto di "Neyman-Pearson" (con la pubblicazione di On the Problem of the Most Efficient Tests of Statistical Hypotheses nel 1933).
I suoi contributi nell'ambito della robustezza statistica sono influenzati dalla corrispondenza con Gosset, e facilitati dalle simulazioni rese possibili dalle tavole di numeri casuali pubblicati da Tipett tra il 1925 e il 1927.
Nel 1931 visita gli Stati Uniti e tiene dei corsi nello Iowa, oltre a discutere con Walter A. Shewhart di controllo della qualità; stimoli che lo porteranno a fondare la Industrial and Agricultural Research Section della Royal Statistical Society.
Svolse un importante ruolo nella ricerca applicata all'agricoltura e all'industria; contribuì in modo significativo all'attività del British Standards Institution, nonché allo sviluppo dell'utilizzo del controllo di qualità; diventò uno dei fondatori della Società di Ricerca Operativa britannica (1948).
Nel 1934 si sposa con Eileen, con la quale avrà due figlie.
Dopo la morte di suo padre (nel 1936) revisiona le sue tavole statistiche (Tables for Statisticians and Biometricians, del 1914), lavoro molto impegnativo cominciato assieme a H.O.Hartley, e che vedrà pubblicato il primo volume solo nel 1954 e il secondo nel 1972.
I nuovi impegni familiari e la morte di suo padre allontanano in parte Egon Pearson dalla ricerca.
Durante la seconda guerra mondiale lavora per l'Ordinance Board per l'analisi statistica di dati riguardanti i danni ai velivoli da guerra e temi similari.
L'ambiente di lavoro migliora nettamente quando nel 1943 Ronald Fisher lascia l'istituzione (per andare successivamente a Cambridge), e si attenuano così le tensioni legate al fatto che R. A. Fisher era acerrimo avversario di suo padre Karl Pearson.
Nel 1949 sua moglie muore di polmonite, colpendolo fortemente nei sentimenti.
Divenne direttore del Dipartimento di Statistica all'University College di Londra, incarico che mantenne fino al 1961. Cessa di essere managing editor di Biometrika nel 1966.
Pubblicazioni
On the Use and Interpretation of certain Test Criteria for the Purposes of Statistical Inference (coautore Jerzy Neyman in Biometrika, 1928)
The History of statistics in the XVIIth and XVIIIth centuries (1929). Versione commentata di un ciclo di conferenze di suo padre
On the Problem of the Most Efficient Tests of Statistical Hypotheses (coautore Jerzy Neyman, 1933)
Karl Pearson: an appreciation of some aspects of his life and work (1938)
Selected papers (1966)
Studies in the history of statistics and probability (1969, coautore Maurice George Kendall)
Voci correlate
Jerzy Neyman
Biometrika
Collegamenti esterni
Medaglia Guy d'oro |
1693 | https://it.wikipedia.org/wiki/Prefissi%20telefonici%20internazionali | Prefissi telefonici internazionali | Questo è un elenco dei prefissi telefonici internazionali di diversi paesi. I numeri sono assegnati dall'Unione internazionale delle telecomunicazioni (ITU) nello standard E.164.
Zona 1: America settentrionale e Isole dei Caraibi
+1
Stati Uniti d'America e suoi territori
Canada
Molti, ma non tutti gli Stati caraibici. Ognuno di questi stati utilizza uno o più differenti prefissi di area (area codes in inglese):
+1 242: Bahamas
+1 246: Barbados
+1 264: Anguilla
+1 268: Antigua e Barbuda
+1 284: Isole Vergini britanniche
+1 340: Isole Vergini Americane
+1 345: Isole Cayman
+1 441: Bermuda
+1 473: Grenada
+1 649: Turks e Caicos
+1 658, +1 876: Giamaica
+1 664: Montserrat
+1 721: Sint Maarten
+1 758: Saint Lucia
+1 767: Dominica
+1 784: Saint Vincent e Grenadine
+1 787, +1 939: Porto Rico
+1 809, +1 829, +1 849: Repubblica Dominicana
+1 868: Trinidad e Tobago
+1 869: Saint Kitts e Nevis
Alcuni territori in Oceania:
+1 670: Isole Marianne Settentrionali
+1 671: Guam
+1 684: Samoa Americane
Zona 2: Principalmente Africa
+20: Egitto
+210: riservato al Marocco ma non attivato
+211: Sudan del Sud - in precedenza era in elenco come "riservato al Marocco"
+212: Marocco
+213: Algeria
+214: riservato all'Algeria ma non attivato
+215: riservato all'Algeria ma non attivato
+216: Tunisia
+217: riservato alla Tunisia ma non attivato
+218: Libia
+219: riservato alla Libia ma non attivato
+220: Gambia
+221: Senegal
+222: Mauritania
+223: Mali
+224: Guinea
+225: Costa d'Avorio
+226: Burkina Faso
+227: Niger
+228: Togo
+229: Benin
+230: Mauritius
+231: Liberia
+232: Sierra Leone
+233: Ghana
+234: Nigeria
+235: Ciad
+236: Repubblica Centrafricana
+237: Camerun
+238: Capo Verde
+239: São Tomé e Príncipe
+240: Guinea Equatoriale
+241: Gabon
+242: Repubblica del Congo (Brazzaville)
+243: Repubblica Democratica del Congo (Kinshasa, precedentemente detta Zaire)
+244: Angola
+245: Guinea-Bissau
+246: Diego Garcia
+247: Isola Ascensione
+248: Seychelles
+249: Sudan
+250: Ruanda
+251: Etiopia
+252: Somalia
+253: Gibuti
+254: Kenya
+255: Tanzania
+256: Uganda
+257: Burundi
+258: Mozambico
+259: Zanzibar – mai implementato (vedi +255 Tanzania)
+260: Zambia
+261: Madagascar
+262: La Riunione e Mayotte
+263: Zimbabwe
+264: Namibia
+265: Malawi
+266: Lesotho
+267: Botswana
+268: eSwatini
+269: Comore
+27: Sudafrica
+290: Sant'Elena
+291: Eritrea
+295: dismesso (era assegnato a San Marino, che ora usa +378)
+297: Aruba
+298: Fær Øer
+299: Groenlandia
Zona 3: Europa
+30: Grecia
+31: Paesi Bassi
+32: Belgio
+33: Francia
+34: Spagna
+350: Gibilterra
+351: Portogallo
+352: Lussemburgo
+353: Irlanda
+354: Islanda
+355: Albania
+356: Malta
+357: Cipro
+358: Finlandia
+359: Bulgaria
+36: Ungheria
+37: era usato dalla Repubblica Democratica Tedesca. In tali regioni si usa adesso il codice +49 della Germania riunificata
+370: Lituania
+371: Lettonia
+372: Estonia
+373: Moldavia
+374: Armenia
+375: Bielorussia
+376: Andorra
+377: Principato di Monaco
+378: San Marino
+379: assegnato a Città del Vaticano, ma non attivato (viene invece usato +39 06, il prefisso di Roma)
+38: era usato dalla Jugoslavia
+380: Ucraina
+381: Serbia
+382: Montenegro
+383: Kosovo
+385: Croazia
+386: Slovenia
+387: Bosnia ed Erzegovina
+388: dismesso (era in elenco come "Spazio di numerazione telefonica europeo – Servizi Europei")
+389: Macedonia del Nord
+39: Italia
Zona 4: Europa
+40: Romania
+41: Svizzera
+42: era usato dalla Cecoslovacchia
+420: Repubblica Ceca
+421: Slovacchia
+423: Liechtenstein
+43: Austria
+44: Regno Unito
+45: Danimarca
+46: Svezia
+47: Norvegia
+48: Polonia
+49: Germania
Zona 5: Messico, America centrale e meridionale, Indie occidentali
+500: Isole Falkland
+501: Belize
+502: Guatemala
+503: El Salvador
+504: Honduras
+505: Nicaragua
+506: Costa Rica
+507: Panama
+508: Saint-Pierre e Miquelon
+509: Haiti
+51: Perù
+52: Messico
+53: Cuba
+54: Argentina
+55: Brasile
+56: Cile
+57: Colombia
+58: Venezuela
+590: Guadalupa
+591: Bolivia
+592: Guyana
+593: Ecuador
+594: Guyana francese
+595: Paraguay
+596: Martinica
+597: Suriname
+598: Uruguay
+599: era usato dalle Antille Olandesi ora divise in:
+599 3: Sint Eustatius
+599 4: Saba
+599 5: dismesso (era Sint Maarten, che ora usa +1 721)
+599 7: Bonaire
+599 8: dismesso (era Aruba, che ora usa +297)
+599 9: Curaçao
Zona 6: Oceano Pacifico meridionale e Oceania
+60: Malaysia
+61: Australia
+62: Indonesia
+63: Filippine
+64: Nuova Zelanda
+65: Singapore
+66: Thailandia
+670: Timor Est – in precedenza era assegnato alle Isole Marianne Settentrionali, che ora usano +1 670
+671: dismesso (era assegnato a Guam, che ora usa +1 671)
+672: Territori Australiani Esterni: Antartide, Isola di Natale, Isole Cocos (Keeling) e Isola Norfolk
+673: Brunei
+674: Nauru
+675: Papua Nuova Guinea
+676: Tonga
+677: Isole Salomone
+678: Vanuatu
+679: Figi
+680: Palau
+681: Wallis e Futuna
+682: Isole Cook
+683: Niue
+684: dismesso (era assegnato alle Samoa Americane, che ora usano +1 684)
+685: Samoa
+686: Kiribati, Isole Gilbert
+687: Nuova Caledonia
+688: Tuvalu, Isole Ellice
+689: Polinesia francese
+690: Tokelau
+691: Stati Federati di Micronesia
+692: Isole Marshall
Zona 7: Russia
+7: Russia
Zona 8: Asia orientale e Servizi Speciali
+800: International Freephone
+808: riservato per Shared Cost Services / Isola di Wake
+81: Giappone
+82: Corea del Sud
+84: Vietnam
+850: Corea del Nord
+852: Hong Kong
+853: Macao
+855: Cambogia
+856: Laos
+86: Cina
+870: Servizio Inmarsat "SNAC"
+871, +872, +873, +874: dismessi (costituivano la suddivisione in aree del servizio Inmarsat, ora confluite in +870)
+875: riservato per il Servizio Mobile Marittimo
+876: riservato per il Servizio Mobile Marittimo
+877: riservato per il Servizio Mobile Marittimo
+878: Universal Personal Telecommunications services
+879: riservato per il Servizio Mobile Marittimo
+880: Bangladesh
+881: Mobile Satellite System
+882: International Networks
+883: International Networks (es. iNum)
+886: Taiwan
+888: riservato per l'Ufficio delle Nazioni Unite per gli affari umanitari (Office for the Coordination of Humanitarian Affairs , OCHA)
Zona 9: Asia occidentale e meridionale, Medio Oriente
+90: Turchia
+91: India
+92: Pakistan
+93: Afghanistan
+94: Sri Lanka
+95: Birmania
+960: Maldive
+961: Libano
+962: Giordania
+963: Siria
+964: Iraq
+965: Kuwait
+966: Arabia Saudita
+967: Yemen
+968: Oman
+969: dismesso - era usato dalla Repubblica Democratica dello Yemen, ora unificata con lo Yemen (+967)
+970: Stato di Palestina
+971: Emirati Arabi Uniti
+972: Israele
+973: Bahrein
+974: Qatar
+975: Bhutan
+976: Mongolia
+977: Nepal
+978: dismesso (era assegnato a Dubai, che ora usa +971)
+979: International Premium Rate Service. In precedenza era assegnato a Abu Dhabi, che ora usa +971
+98: Iran
+991: International Telecommunications Public Correspondence Service trial (ITPCS)
+992: Tagikistan
+993: Turkmenistan
+994: Azerbaigian
+995: Georgia
+996: Kirghizistan
+997: Kazakistan
+998: Uzbekistan
+999: Repubblica dell'Artsakh
Note
Voci correlate
Prefisso telefonico
Prefissi telefonici italiani
Operatori di telefonia mobile in Italia
Altri progetti
Collegamenti esterni
Internazionali
Liste di tecnologia |
1695 | https://it.wikipedia.org/wiki/Esperanto | Esperanto | Lesperanto è una lingua artificiale, sviluppata tra il 1872 e il 1887 dall'oculista polacco di origini ebraiche Ludwik Lejzer Zamenhof. È la più conosciuta e utilizzata tra le lingue ausiliarie internazionali (LAI). Presentata nel Primo Libro (Unua libro - Varsavia, 1887) come Lingvo Internacia ("lingua internazionale"), prese in seguito il nome esperanto ("colui che spera", "sperante") dallo pseudonimo di "Doktoro Esperanto", utilizzato dal suo inventore.
Scopo della lingua è di far dialogare i diversi popoli cercando di creare tra di essi comprensione e pace con una seconda lingua semplice, ma espressiva, appartenente all'umanità e non a un popolo. Un effetto di ciò sarebbe quello di proteggere gli idiomi "minori", altrimenti condannati all'estinzione dalla forza delle lingue delle nazioni più forti. Per questo motivo l'esperanto è stato ed è spesso protagonista di dibattiti riguardanti la cosiddetta democrazia linguistica.
Le regole della grammatica dell'esperanto sono state scelte da quelle di varie lingue studiate da Zamenhof, affinché fossero semplici da imparare e nel contempo potessero dare a questa lingua la stessa espressività di una lingua etnica; esse non prevedono eccezioni. Anche i vocaboli derivano da idiomi preesistenti, alcuni (specie quelli introdotti di recente) da lingue non indoeuropee come il giapponese, ma in gran parte da latino, lingue romanze (in particolare italiano e francese), lingue germaniche (tedesco e inglese) e lingue slave (russo e polacco).
Vari studi hanno dimostrato che si tratta di una lingua semplice da imparare anche da autodidatti e in età adulta, per via delle forme regolari, mentre altri dimostrano come dei ragazzi che hanno studiato l'esperanto apprendano più facilmente un'altra lingua straniera. Lo studio di due anni di esperanto nelle scuole come propedeutico a una lingua straniera viene detto "metodo Paderborn" perché la sua efficacia è stata dimostrata nell'università tedesca di Paderborn.
L'espressività dell'esperanto, simile a quella delle lingue naturali, è dimostrata dalla traduzione di opere di notevole spessore letterario. La cultura originale esperantista ha prodotto e produce in tutte le arti: dalla poesia alla prosa fino al teatro e alla musica. La logica con cui è stata creata minimizza l'ambiguità, per cui si presta a essere usata in informatica, nel ramo della linguistica computazionale, per il riconoscimento automatico del linguaggio.
La tradizione dell'esperanto in Polonia e in Croazia è stata dichiarata patrimonio culturale immateriale.
Ci sono proposte per usare l'esperanto come lingua franca per i lavori nel Parlamento europeo, principalmente per motivi economici o per evitare che si vada verso una o più lingue nazionali. Tuttavia finora l'Unione europea giustifica l'attuale politica multilinguista che prevede l'uso di 24 lingue ufficiali, per motivi di trasparenza, non senza critiche da parte di chi sospetta che tale politica stia in realtà portando verso il solo inglese o, al più, al trilinguismo.
Ideali
L'assunto di Zamenhof è che l'assenza o difficoltà di dialogo dovuta alle differenze linguistiche crea incomprensioni, ed è stata causa di violenza più volte nel corso della storia. Egli chiamò l'esperanto dapprima Lingvo Internacia (pronunciata ), poiché aveva come scopo quello di essere usata come lingua tra le diverse nazioni che così avrebbero potuto dialogare e comprendersi a vicenda, proteggendo le lingue minori e quindi la differenza linguistica. Rispetto alla nazione che "presta" o impone la propria lingua per le comunicazioni internazionali si ha in genere sudditanza culturale e differenze di capacità espressiva tra i nativi di tale lingua e tutti gli altri. Il livello dei non nativi varia in base soprattutto allo sforzo economico e alla quantità di tempo effettuato per l'apprendimento che solo pochi possono permettersi (ad esempio corsi o viaggi all'estero per perfezionare le lingue apprese) causando maggiori disagi alle parti più povere della popolazione. È per questo che la sua principale caratteristica dal punto di vista ideologico è la neutralità, in quanto dovrebbe essere imparata come seconda lingua (e non in sostituzione alla propria) per il contatto e la comprensione reciproca solo tra genti di lingue diverse e, contrariamente a quanto ancora oggi alcuni pensano, non ha mai voluto imporsi come lingua unica mondiale sopprimendo le altre. Inoltre, il suo uso esclusivamente come seconda lingua è necessario, perché un uso come prima lingua in diverse regioni geografiche porterebbe a diverse varianti (dovute alla naturale evoluzione del parlato) compromettendo a lungo andare la comprensione reciproca internazionale, fine primo dell'esperanto.
Gli ideali del movimento sono riassunti nella Dichiarazione di Boulogne e il Manifesto di Praga, nei quali viene posto l'accento sulla neutralità del movimento rispetto a ogni tipo di organizzazione o corrente (politica, religiosa o di altro tipo) e ribadita l'indipendenza di ogni esperantista dal movimento. Infatti è definito esperantista semplicemente chi impara la lingua, a prescindere dagli usi fatti, dalla condivisione degli ideali o dall'aderenza al movimento.
Simboli
Un riassunto abbastanza chiaro sul carattere della lingua è dato dalla bandiera dell'esperanto, che è formata da un fondo verde che sull'angolo superiore sinistro presenta un riquadro bianco nel quale sta una stella verde a 5 punte (la bandiera per questo è anche detta verda stelo, stella verde). La stella a cinque punte rappresenta i cinque continenti abitati, il colore verde la speranza di un futuro migliore, mentre il bianco rappresenta la neutralità e la pace.
Tra vari simboli di limitato successo, un'altra bandiera ideata da un esperantista brasiliano nel 1987 è invece ampiamente conosciuta. È detta Jubilea, e rappresenta due "e" verdi disposte simmetricamente su fondo bianco a rappresentare il mondo. I colori sono anche qui il bianco e il verde, con i medesimi significati della bandiera più tradizionale.
A parte alcune preferenze entrambe le bandiere sono riconosciute dagli esperantisti, anche se la più nota e usata è la tradizionale verda stelo.
Storia
La genesi dell'esperanto non può che essere legata alla storia di Zamenhof. Egli passò la sua infanzia a Białystok, attualmente in Polonia ma che a quei tempi era nella provincia baltica della Lituania e quindi appartenente all'Impero russo, dove convivevano diversi gruppi etnici. Queste divisioni etniche e culturali che sfociavano spesso in violenza erano quindi fonti di dolore per lui sin da bambino, portandolo all'idea che una lingua condivisa potesse aiutare i vari gruppi a comunicare. Affinché le diverse minoranze fossero messe alla pari, la lingua con cui avrebbero dovuto comunicare non avrebbe dovuto sostituire le varie lingue, né sarebbe dovuta appartenere a nessuno dei gruppi in discordia (il più forte), ma avrebbe dovuto essere neutra. Per capire meglio la situazione basta leggere quanto lo stesso Zamenhof scriveva:
Origine: il lavoro del giovane Lejzer
Zamenhof conosceva la difficoltà che ha l'apprendimento di una lingua straniera, egli stesso usava quotidianamente russo e polacco, conosceva l'ebraico insegnatogli dal padre e infine studiò greco e latino, tedesco, francese e inglese in quanto studente di ginnasio (che frequentò a Varsavia, dove nel frattempo si era trasferito). Egli quindi usò il suo bagaglio linguistico per creare una lingua semplice che richiedesse un impiego di risorse economiche alla portata di tutti. Quindi, dopo aver lavorato per alcuni anni e aver creato diversi stadi di evoluzione della lingua (protoesperanto) dei quali poco ci resta, arrivò per due volte a un completamento della sua lingua internazionale. La prima volta che festeggiò la fine del suo lavoro fu nel 1878 in occasione del suo diciannovesimo compleanno, giorno in cui lesse ai suoi compagni di scuola una breve poesia scritta nella sua nuova lingua. Poiché i suoi appunti vennero bruciati dal padre, che vedeva la passione del figlio come una distrazione dagli studi di medicina, dovette riprendere il lavoro in seguito, giungendo alla lingua definitiva nel 1887. In questo anno pubblicò, inizialmente in russo, con lo pseudonimo “Doktoro Esperanto” (Dottor Sperante) lInternacia lingvo, un'opera che segnò l'inizio della diffusione della lingua internazionale (lo pseudonimo usato per la firma dell'opera diede poi il nome alla lingua stessa pubblicata). L'opera, comunemente nota come Unua libro, è menzionata nella Cronologia Generale degli eventi più importanti della storia del mondo e fu stampata in 3000 esemplari. Si tratta di un volume oggi rarissimo. Le copie conosciute sono solo quattro, tre delle quali presenti nelle seguenti istituzioni: Biblioteca Nazionale Austriaca, Biblioteca dell’Università di Varsavia, Biblioteca di stato russa. L’unica copia conosciuta in possesso di un cittadino privato, è quella del bibliofilo italiano Paolo Barbieri. Una quinta copia, un tempo presente in Germania, venne trasferita durante il periodo nazista dalla Royal Saxony Library alla Biblioteca di Stato di Berlino. Nonostante sia menzionata nel catalogo della biblioteca, questa copia non è fisicamente presente e probabilmente fu perduta durante la seconda guerra mondiale.
Grazie alla diffusione di quest'opera e di altre grammatiche, alla sua semplicità ma soprattutto ai suoi ideali, la lingua internazionale cominciò a diffondersi in tutta Europa tra intellettuali e persone comuni, che diedero vita al movimento esperantista. La comunità fu fondamentale per l'evoluzione della lingua che, grazie all'uso, acquistò naturalezza e cominciò ad avere tratti più definiti e un carattere proprio. Anche se non si può dirlo con certezza, il primo esperantista italiano è considerato Daniele Marignoni, il quale imparò la lingua internazionale circa un anno dopo la nascita dell'esperanto (fra il 1888 e il 1889) e già nel 1890 pubblicò la prima grammatica di esperanto in italiano.
Diffusione: la comunità esperantista
Nel 1905 a Boulogne-sur-Mer in Francia esperantisti provenienti da 20 Paesi si riunirono per trattare alcuni problemi e usarono esclusivamente l'esperanto, dimostrandone per la prima volta l'efficacia. Da questo momento in poi la storia dell'esperanto è passata da Zamenhof alla comunità degli esperantisti, che hanno fatto evolvere la lingua a patto di non modificare i punti essenziali fissati nel Fundamento de Esperanto, presentato in occasione del congresso per evitare la divisione della lingua. Alla fine di tale congresso fu anche redatta la Dichiarazione di Boulogne (o Dichiarazione sull'essenza dell'esperantismo) in cui si ribadisce che l'esperanto è proprietà del mondo intero e che inoltre deve essere libero da ogni tipo di strumentalizzazione o ideologia politica, religiosa o di altro genere.
La rapidità dell'espansione del movimento subì vari duri colpi nel corso della prima guerra mondiale, ma soprattutto nella seconda guerra mondiale a causa di Hitler, che riteneva l'esperanto la lingua degli ebrei (infatti Zamenhof era ebreo), ma anche nella Russia di Stalin (e più recentemente, nell'Iraq di Saddam Hussein). Nel secondo dopoguerra (eccetto dove gli esperantisti erano ancora perseguitati) il movimento riprese vigore, ma subendo la forza a livello internazionale del francese prima e soprattutto dell'inglese poi, data la forza e l'influenza degli Stati Uniti d'America sulla scena internazionale.
Nel 1954 l'UNESCO alla sua Conferenza Generale che si tenne a Montevideo, considerando i risultati raggiunti dall'esperanto nel campo degli interscambi intellettuali internazionali e per l'avvicinamento dei popoli del mondo, riconosceva che tali risultati rispondono ai suoi scopi e ideali. Nella stessa risoluzione l'UNESCO incarica il Direttore Generale di seguire l'evoluzione dell'utilizzo dell'esperanto nella scienza, nell'educazione e nella cultura, e a questo scopo di collaborare con l'Universala Esperanto-Asocio (la principale associazione che riconosce gli esperantisti) negli ambiti che interessano entrambe le associazioni. Sempre l'UNESCO si riespresse a favore dell'esperanto nel 1985 a Sofia, dove a differenza di quanto dichiarato a Montevideo il testo raccomandava anche a organizzazioni non governative e agli Stati Membri di curare la diffusione della lingua internazionale.
Nel 1996 a Praga fu pubblicato l'omonimo Manifesto, che pone l'accento sui diritti linguistici che le politiche internazionali non rispetterebbero.
L'esperantismo oggi
Si stima che siano presenti esperantofoni in almeno 120 paesi nel mondo, principalmente in Europa, Brasile e Cina. Secondo le ricerche del prof. Sidney Spence Culbert dell'Università di Washington, 1,6 milioni di persone parlano l'esperanto a "livello 3 di lingua straniera". Questo livello designa una competenza linguistica in cui si sia in grado di sostenere una conversazione in lingua che vada al di là delle frasi di circostanza. Ethnologue afferma inoltre che tra 200 e 2000 persone parlano l'esperanto come madrelingua (in esperanto: denaskaj Esperanto-parolantoj). Le stime sembrano confermate dai dati statistici sull'uso di alcuni siti web esperantisti. Ad esempio statistiche di un noto corso autodidattico (Kurso de Esperanto) relative al mese di settembre 2009 contano che il corso è stato scaricato circa 6.900 volte, ma non è possibile sapere quante persone effettivamente lo hanno concluso. Il 28 maggio 2015 è stata lanciata la versione per l'esperanto di Duolingo, un corso di lingue in rete pensato per i dispositivi mobili. Nonostante la prima versione fosse solo in inglese (i progetti per la traduzione in spagnolo e altre lingue sono partiti alcuni mesi dopo), il 21 agosto 2015 c'è stata l'iscrizione del esimo corsista, mentre ad un anno dal lancio gli iscritti (attivi e non) erano più di .
Grazie alle associazioni esperantiste, alla diffusione delle grammatiche e recentemente anche per opera di Internet il numero di esperantisti è in aumento. La regolarità, la semplicità e la forte produttività dell'esperanto permettono al discente (anche autodidatta) di raggiungere un livello di competenza linguistica soddisfacente in un tempo molto minore rispetto a qualsiasi lingua etnica; si stima che siano necessari meno di sei mesi di studio per avere una buona padronanza dell'esperanto, contro gli anni di studio di altre lingue per raggiungere lo stesso livello.
Allo scopo di sviluppare e diffondere la cultura della lingua, ogni anno l'Associazione universale esperanto organizza in una diversa località il Congresso universale di esperanto, cui partecipano solitamente tra i e i esperantisti dei diversi angoli del pianeta. A tale appuntamento si sommano una serie di congressi e incontri di minore rilievo, organizzati da associazioni esperantiste di vario ordine e grado, e talvolta riservati a categorie specifiche: ad esempio, l'Internacia Junulara Kongreso è il principale evento rivolto principalmente ai giovani esperantofoni; l'IKUE-Kongreso è un incontro a tema cattolico; e così via.
Anche in Italia vengono organizzati annualmente molti incontri in cui viene utilizzata la lingua esperanto. I più importanti sono il Congresso di esperanto in Italia, organizzato dalla Federazione esperantista italiana, e il Festival giovanile internazionale organizzato dalla Gioventù esperantista italiana.
Gli incontri, nazionali e non, creano quella che è anche un'attrattiva non ufficiale della lingua. Per facilitare gli spostamenti, servizi come Pasporta Servo raccolgono gli indirizzi di tutti gli esperantisti che sono disposti a ospitare gratuitamente coloro che conoscono la lingua internazionale.
Nel mondo esistono specifiche comunità locali che hanno adottato l'esperanto come lingua di comunicazione. Famose per i loro scopi umanitari sono la comunità Bona Espero in Brasile e l'ONLUS Changamano in Africa.
Tra le organizzazioni esperantiste, recentemente è emersa la Civitas esperantica (Esperanta civito), in contrasto con le organizzazioni esperantiste tradizionali poiché si propone come scopo il riconoscimento della comunità esperantofona come identità culturale transnazionale.
Fonologia, alfabeto e ortografia
L'esperanto possiede 23 consonanti e cinque vocali; a ciascun fonema della lingua corrisponde una lettera, così da avere la massima trasparenza fonologica possibile ed evitare ambiguità. Tra le consonanti, due sono approssimanti o semivocali, ossia la "j" e la "ŭ", presenti esclusivamente nei dittonghi. La variabilità nella pronuncia è molto ristretta, tuttavia è possibile che si realizzino delle varianti combinatorie come quando la "n" (pronunciata di solito come la [n] dell'alfabeto fonetico internazionale), è seguita da consonante velare e spontaneamente si assimila ad essa, con realizzazione [ŋ]. In ogni caso è opportuno evitare la confusione con altri fonemi. La presenza di sole cinque vocali garantisce la reciproca comprensione anche se queste sono pronunciate in modo più aperto o più chiuso (rispetto ai fonemi di riferimento) da parlanti di diversa provenienza.
L'accento tonico nelle parole plurisillabiche è posto sempre sulla penultima sillaba, quindi non è necessario ricorrere a segni grafici per gli accenti.
La scrittura dell'esperanto è perfettamente monogrammatica: a ogni grafema corrisponde un fonema e viceversa. Poiché lo spazio fonetico dell'esperanto (cioè l'insieme dei suoni usati nella sua fonetica) è composto da 28 elementi, Zamenhof introdusse due segni diacritici. Il primo è il circonflesso (^) presente nelle tastiere delle macchine per scrivere del suo tempo, basate sull'alfabeto del francese, per creare nuove lettere: "ĉ, ĝ, ĥ, ĵ, ŝ". Il secondo è il segno di breve, impiegato per creare la lettera "ŭ" che indica una "u semiconsonantica" (come la "u" di uomo /'wɔmo/). Le lettere "q, w, x, y" sono utilizzate solo nelle espressioni matematiche (in particolare la "x" viene usata nel sistema di scrittura "cx" descritto in seguito).
Problemi delle lettere speciali al computer e loro soluzioni
Le lettere con segni diacritici hanno dato alcuni problemi pratici per la loro rappresentazione. Dapprima il problema si pose per le macchine per scrivere che non sempre erano fornite di tali segni, mentre più di recente con i computer fu ereditata la problematicità della scrittura e dell'invio di queste informazioni con sistemi non tutti atti a poterle scrivere o visualizzare. Il problema sussiste ancora oggi per i vecchi sistemi informatici che non adottano Unicode. Le soluzioni adottate e ancora diffuse prevedono la traslitterazione delle lettere con cappellino con dei digrammi (due lettere lette come una sola) sacrificando la biunivocità suono-lettera. Ogni digramma è formato dalla lettera senza segno diacritico e una data lettera che la segue, la quale indica che la lettera precedente avrebbe dovuto avere un segno in testa; di solito la lettera usata per i digrammi è la "x", perché non fa parte dell'alfabeto esperanto ("X-sistemo" o "Ikso-sistemo" traducibile in "sistema X") oppure la "h", che è esteticamente più gradevole ("H-sistemo" o "sistemo-H"), inventato dallo stesso Zamenhof; apparve nel Fundamento de Esperanto e fu adottato sin dal primo Congresso Universale di Esperanto).
Di recente grazie alla diffusione di Unicode altre soluzioni permettono la scrittura e l'invio delle lettere tradizionali dell'alfabeto esperantista anche al computer, per cui si può prevedere una drastica riduzione dell'uso dei sistemi cx e ch entro non molti anni. È il caso di programmi che sostituiscono automaticamente i digrammi del sistema "cx" e/o "ch" con le lettere tradizionali con segno grafico, o permettono di personalizzare la mappatura della tastiera, a seconda dei vari sistemi operativi (vedere nota). Quasi ogni distribuzione Linux recente permette addirittura la localizzazione completa dell'interfaccia utente del sistema operativo in esperanto come per altre lingue, ad esempio per le versioni basate su Debian o Ubuntu.
Cirillizzazione
Durante l'epoca sovietica, gli esperantisti dell'Est scrivevano frequentemente nella lingua internazionale usando i caratteri cirillici, giacché le macchine per scrivere provviste di lettere latine erano poco comuni. Ai giorni nostri, l'alfabeto cirillico non è più necessario per scrivere in esperanto. Può essere usato, tuttavia, per trascrivere i testi dei manuali di esperanto destinati ai popoli le cui lingue usano questo sistema (cioè la metà delle lingue slave, in quanto l'altra metà usa l'alfabeto latino, ad eccezione del serbocroato che usa entrambi gli alfabeti).
Il sistema qui descritto ha origine bielorusse, russe e serbe.
Grammatica
Come detto in precedenza, Zamenhof creò una grammatica minimale basandosi su lingue etniche parlate quotidianamente, dalle quali ricavò il lessico e le regole di grammatica. È per tale motivo che molti preferiscono definirla lingua "pianificata" piuttosto che artificiale: ogni regola esiste in una qualche lingua naturale. Era probabilmente affascinato dalla povertà di flessione della lingua inglese, che influenzò specie i verbi. Di seguito sono dati brevi cenni di grammatica.
Articolo, preposizioni e congiunzioni
Sono parti sintattiche del discorso in esperanto, cioè relativi alla struttura logica e sintattica della frase:
Articolo: esiste un solo articolo, sia per il plurale sia per il singolare, cioè la. Non esistono gli articoli indeterminativi: se qualcosa è indeterminato, semplicemente non si pone l'articolo. Perciò, "floro" significa "fiore", "un fiore", mentre "la floro" significa "il fiore".
Preposizioni: ogni preposizione viene usata in modo logico per formare un certo numero di complementi logicamente affini.
Congiunzioni: si comportano in modo simile alle congiunzioni italiane.
Parti ricavate da radice: sostantivi, aggettivi, verbi e avverbi
Le parti semantiche del discorso sono quelle che sono ricavate da una radice lessicale che contiene un significato generico che di per sé non è né nome, né aggettivo, avverbio o verbo, ma dalla quale si possono ricavare dette parti del discorso. Contrariamente alla maggior parte delle lingue esistenti, la marcatura sintattica delle parole, cioè la possibilità di capire l'appartenenza delle parole stesse a una categoria grammaticale è trasparente e viene data dall'ultima vocale della parola stessa. Si considerino, ad esempio, le parti derivate dalla radice "muzik-", contenente l'idea generale di musica:
muziko = musica (sostantivo)
muzika = musicale (aggettivo)
muzike = musicalmente (avverbio)
muziki = far musica (verbo all'infinito)
Verbi: i modi e tempi dei verbi si distinguono dalle desinenze, che non cambiano in base alla persona ma solo per modo e tempo, senza bisogno di ausiliari. Questo è stato ottenuto semplificando l'inglese, che a differenza dell'esperanto cambia la voce verbale per adattarla alla terza persona singolare, e usa alcuni ausiliari per cambiare modo verbale e per comporre le forme negativa e interrogativa (do, would, let, shall/will...), anch'essi eventualmente adattati alla terza persona. Di conseguenza vige anche in esperanto l'obbligo di indicare il soggetto (a meno che il verbo non sia impersonale, come i verbi meteorologici: "pluvas" = "piove", anche se, in certi casi, è possibile usare il pronome impersonale "oni"). Esiste anche la coniugazione composta, ma si forma logicamente conoscendo il significato dei participi (aggettivi derivati dai verbi) e combinandoli con il verbo essere ("esti"). Non esistono verbi irregolari.
Sostantivi e aggettivi: come in italiano, gli aggettivi si accordano ai sostantivi per numero, ma lo stesso non vale per il genere (che in esperanto si applica solo per i sostantivi che indicano cose sessuate). Il plurale si forma per entrambi aggiungendo una "-j" alla fine della parola (muzikoj = musiche; muzikaj = musicali) e l'aggettivo può indifferentemente precedere o seguire il sostantivo. Entrambi vengono marcati con una "-n" finale se sono complemento oggetto (aŭskulti bonan muzikon = ascoltare buona musica; havi la samajn muzikajn gustojn = avere gli stessi gusti musicali): tale marcatura è definita caso accusativo e permette di permutare l'ordine delle parole nella frase senza perderne il senso.
Avverbi: si comportano in modo simile agli avverbi in italiano e quindi non possono variare né per genere né per numero.
Pronomi
Anche i pronomi prendono la desinenza dell'accusativo. Nel caso dei pronomi personali, se sono marcati dall'accusativo equivalgono ai nostri pronomi complemento (mi = io; min = me), mentre se si aggiunge la desinenza dell'aggettivo "-a", si ottengono gli aggettivi possessivi (mia = mio).
I pronomi sono:
mi, io
ci, tu (sostituito da vi nell'uso corrente)
li, egli
ŝi, ella
ĝi, esso (riferito a cose, animali, ma talvolta anche a bambini piccoli)
ni, noi
vi, voi
ili, essi
Esistono anche due pronomi particolari che non hanno nessuna corrispondenza nella lingua italiana:
oni, derivato dall'"on" francese e simile al "si" impersonale dell'italiano;
si, usato per indicare che la persona che compie l'azione è la stessa che la subisce; per esempio "Li lavas lin" e "Li lavas sin" si traducono rispettivamente con "lui lava lui" (un altro uomo) e "lui si lava" (lava sé stesso).
Esclamazioni
Le esclamazioni (o interiezioni) sono espressioni che indicano stati d'animo in genere improvvisi. Non esiste una terminazione specifica che le distingua, ma possono essere agglutinate per formare altre parole. Ad esempio "Fi!" esclamazione che si traduce in italiano con esclamazioni tipo: "Vergogna!", "È uno scandalo!" è usato anche come prefisso in senso negativo per parole che indicano cose moralmente discutibili: "fidomo" (casa di malaffare), "fivorto" (parolaccia).
Ordine delle parole
L'ordine delle parole dell'esperanto è piuttosto libero, grazie all'accusativo e alla libertà di porre gli aggettivi prima o dopo i nomi. Esso viene deciso in genere dalle origini del parlante o - più in particolare - dall'enfasi che si vuole dare alle componenti di una frase variandone l'ordine senza compromettere la sua comprensibilità della frase. Sebbene vi sia tale libertà l'ordine delle componenti usato prevalentemente è Soggetto-Verbo-Oggetto. Per quanto riguarda l'ordine di sostantivi e aggettivi, statisticamente c'è più spesso che in passato l'anteposizione dell'aggettivo determinante (o più aggettivi determinanti) al sostantivo determinato. Ad esempio, Zamenhof scriveva "lingvo internacia" (ordine Sostantivo-Aggettivo), mentre oggi nella comunità esperantofona si tende più che in passato a dire "internacia lingvo" (ordine Aggettivo-Sostantivo), forse per l'aumentare di esperantisti provenienti da Paesi con lingue germaniche.
Provenienza del lessico
Le radici lessicali dell'esperanto sono scelte in base al principio della massima internazionalità.
I parlanti o coloro che hanno studiato una lingua europea tra quelle usate per ricavare il lessico, troveranno vari riferimenti:
dal latino e dalle lingue romanze:
dal latino: abio; facila; sed; tamen; okulo; peti (abete; facile; ma; eppure; occhio; chiedere per avere)
dal francese: dimanĉo; fermi; ĉe; frapi; ĉevalo (domenica; chiudere; presso; percuotere; cavallo)
dall'italiano: ĉielo; fari; voĉo; amiko; ankaŭ (cielo; fare; voce; amico; anche)
dallo spagnolo: esperi, gaŭĉo, sombrero, toreadoro (sperare, gaucho, sombrero, torero)
dal portoghese: saŭdado (saudade)
dalle lingue germaniche:
dal tedesco: hundo; biero; jaro; monato; nur; vorto (cane; birra; anno; mese; semplicemente; parola)
dall'inglese: suno; birdo; fiŝo; ŝipo; blua; ofta (sole; uccello; pesce; nave; blu; frequente)
dalle lingue slave:
dal polacco: barĉo; celo; ĉu; luti; moŝto (minestra tipica slava; scopo; congiunzione e particella avverbiale interrogativa; saldare; "don" onorifico)
dal russo: barakti; krom; vosto (dibattersi; fuorché; coda)
da altre lingue indoeuropee:
dal greco: apoteko; hepato; kaj; politiko (farmacia; fegato; e; politica)
dal lituano: du; ju; tuj (due; ovviamente; adesso)
dal sanscrito: budho; nirvano; pado (Budda; nirvana; mulattiera)
dalle lingue ugrofinniche:
dalle lingue sami: boaco; jojko (renna; tradizionale canto lappone)
dal finlandese: lirli; saŭno (scrosciare lievemente; sauna)
dall'ungherese: ĉako; ĉardo; ĉardaŝo (sciaccò; ciarda; csárdás)
dalle lingue semitiche:
ebraico: kabalo (cabala)
dall'arabo: kadio; kaido; aŭ; magazeno; matraco; admiralo (cadì; caid; oppure; deposito; materasso; ammiraglio)
da altre lingue:
dal giapponese: animeo; cunamo; zeno; katano; hajko; haŝio; hibakŝo; samurajo (anime; tsunami; Zen; katana; haiku; bacchette-posata; samurai)
dal cinese: kungfuo, maĝango, toŭfuo (kung fu, Mah Jong, tōfu).
Come si può notare dall'elenco, l'esperanto preferisce i calchi piuttosto che i prestiti, cioè si preferisce l'adattamento delle parole straniere alla sua morfologia (per esempio gli aggettivi sono adattati per finire in -a), fonologia e alfabeto. Nel suo periodo di vita il lessico si è arricchito anche di parole provenienti da lingue non indoeuropee, come il giapponese o lo swahili. Infatti il lessico deve essere aggiornato nel caso in cui sorge il bisogno di un termine nuovo che esprima un significato ancora non presente. Se possibile si fa uso di combinazioni di radici esistenti, ad esempio "internet" si è tradotto letteralmente: "interreto", ovvero rete in mezzo (inter reto), in altri casi si calca la parola dalla lingua d'origine come è successo ad esempio, per i concetti nuovi necessari per la terminologia di filosofie orientali. Le parole sono poi ufficializzate e pubblicate nei dizionari (attualmente su internet, in precedenza su carta).
Non tutte le parole nell'esperanto hanno un significato direttamente deducibile da altre lingue. Alcune di esse sono idiomismi nativi dell'esperanto, nate nell'"Esperantujo" (la comunità esperantista), per proposta di Zamenhof o per la naturale evoluzione della lingua tra i parlanti dell'esperanto:
edzo = marito
ĝi = esso/a (per indicare cose asessuate, o anche qualcuno il cui sesso è irrilevante/sconosciuto)
kabei = comportarsi come Kabe (Kazimierz Bein): abiurare l'esperantismo
NIFO (Ne-Identigita Flug-Objekto) = UFO
I punti dai quali la grammatica della lingua internazionale non può prescindere vennero fissati da Zamenhof nell'''Unua Libro sotto forma di 16 regole. Tutti coloro che escono da queste regole - salvo per quanto riguarda l'aspetto grafemico, cioè l'uso di alfabeti non appartenenti al Fundamento - escono dalla collettività esperantica, e hanno portato a esperanti riformati (cosiddetti esperantidi), dei quali oggi sopravvive soltanto l'Ido. La morfologia e la sintassi furono desunte dai primi testi del fondatore e sono state poi sviluppate dalla comunità dei parlanti.
Classificazione
Non è semplice dare una classificazione linguistica per le lingue pianificate come l'esperanto, che prendono caratteristiche da lingue diverse. In quanto lingua artificiale con lo scopo di facilitare la comprensione internazionale fa parte delle lingue ausiliarie internazionali. Considerandola come lingua in quanto tale, la sua struttura e il lessico la fanno collocare nel gruppo delle lingue indoeuropee, ma la sua morfologia prevalentemente agglutinante la porta ai margini di questo gruppo, avvicinandola a lingue come l'ungherese, il turco o il giapponese.
Essendo modellato quasi esclusivamente su lingue europee dà un certo vantaggio a coloro che hanno studiato o parlano una lingua indoeuropea per l'apprendimento del lessico, viceversa la morfologia può aiutare i parlanti di alcune lingue non indoeuropee.
Usi pratici della lingua
L'esperanto ha avuto usi anche al di fuori della comunità esperantista in diverse circostanze. In passato ci sono state anche proposte per usarlo come lingua di stato, ad esempio nel Moresnet, inoltre è stato effettivamente usato nella brevissima vita della Repubblica dell'Isola delle Rose.
Uso in sperimentazioni didattiche
L'esperanto si è rivelato un ottimo strumento didattico per l'apprendimento delle lingue straniere nonché della grammatica della propria lingua madre. Ripetuti esperimenti sono stati fatti per usare l'esperanto come lingua propedeutica per una seconda lingua straniera sotto l'intuizione di persone che lo avevano imparato e hanno cominciato a comprendere meglio argomenti di grammatica e le lingue straniere. Il metodo di far studiare ai bambini o ragazzi l'esperanto per un paio d'anni prima di apprendere un'altra lingua, guadagnando tempo anche rispetto a chi inizia a studiare la lingua straniera sin dall'inizio è però detto Metodo Paderborn dal nome dell'università dove lavorava il professor Helmar Frank che condusse un esperimento più rigoroso rispetto ai precedenti.
Usi e riconoscimenti da enti nazionali e internazionali
A partire dagli anni novanta nella CEE e attualmente nell'UE si discute per l'uso dell'esperanto negli organi europei, per risparmiare ingenti spese in traduzione, diminuire l'ambiguità delle leggi europee e non favorire i legali o i cittadini di alcun Paese discriminandone altri. Il problema dal punto di vista prettamente economico verte sul fatto che con l'attuale sistema si spende il 40% di bilancio in traduzioni per 23 lingue ufficiali, infatti un documento può essere redatto in una lingua qualsiasi e poi deve essere tradotto in tutte; una lingua di lavoro consentirebbe a ogni Paese di avere solo traduttori specializzati in tale lingua per la traduzione nella lingua locale. L'ultimo dei rapporti economici a proposito è dell'economista François Grin (tradotto in italiano col titolo L'insegnamento delle lingue straniere come politica pubblica), docente all'Accademia di Ginevra, che quantifica in 25 miliardi di Euro il risparmio annuale se l'esperanto fosse usato come lingua di lavoro, del quale si avvantaggerebbero anche Gran Bretagna e Irlanda (nonostante la sola Gran Bretagna guadagni grazie alla sua egemonia qualcosa come il 3% del P. I.L. dell'UE). Il cosiddetto rapporto Grin è giunto a una conclusione favorevole all'esperanto confrontando tre scenari di lingue ufficiali: trilinguismo (supponendo francese, inglese e tedesco), tutto inglese, e l'esperanto; i punti presi in considerazione sono stati principalmente i risvolti economici, a seguire quelli didattici e le eventuali discriminazioni degli europei non parlanti la lingua o le lingue ufficiali. D'altra parte, l'Unione europea «non ritiene necessaria l'introduzione di un'unica lingua franca o un numero ridotto di lingue scelte arbitrariamente e incomprensibili alla maggioranza dei cittadini dell'Unione» giustificando la mole di lavoro dovuta alle traduzioni considerando giusto che ogni Paese membro possa prendere conoscenza degli atti legislativi nella propria lingua direttamente tradotti dagli organi europei piuttosto che ottenerli nell'unica o poche lingue di lavoro e tradurli nella propria. Altri invece criticano tale multilinguismo sostenendo che sia solo di facciata e nasconderebbe una politica che in realtà porterebbe al solo inglese o poche lingue.
Nel febbraio 2010 otto parlamentari britannici propongono l'Associazione Mondiale di Esperanto come candidata al Premio Nobel per la pace, fatto ritenuto molto incoraggiante proprio per la nazione dal quale proviene. Già nel 2007 dei parlamentari svizzeri avevano candidato l'Associazione Universale Esperanto (UEA) al premio Nobel per la pace, per le iniziative umanitarie.
Nel 1993 fu istituita una commissione per l'esperanto nelle scuole italiane, affinché i giovani, dopo uno studio di questa lingua, potessero imparare con maggiore dimestichezza le lingue straniere. Nel 1995 una circolare fu mandata attraverso il Bollettino Ufficiale della Pubblica Istruzione, con la diffusione del documento conclusivo della Commissione sull'esperanto, contenente i risultati di numerosi studi, italiani e stranieri sulla valenza propedeutica dell'esperanto nell'apprendimento delle lingue straniere.
Le varie associazioni esperantiste organizzano spesso convegni e incontri ludico-culturali di vario genere. I viaggi per partecipare a tali attività all'estero possono avvantaggiarsi della possibilità di essere ospitati da altri esperantisti, minimizzando le spese di vitto e alloggio.
La Chiesa cattolica ha tradotto il messale in esperanto. Inoltre da anni i papi danno gli auguri di Natale e Pasqua in esperanto, come penultima lingua prima del latino in occasione del tradizionale Urbi et orbi. Una volta al mese viene inoltre celebrata la Santa Messa in esperanto presso la Chiesa di San Tomaso di Milano..
L'esperanto è presente nei totem per prenotare il turno di accesso agli sportelli della Agenzia delle Entrate insieme all'italiano e a 4 altre lingue (francese, inglese, sloveno e tedesco)
Il 20 novembre 2014, il ministro polacco della cultura Małgorzata Omilanowska ha approvato l'inserimento della lingua esperanto nel patrimonio culturale immateriale della Polonia.
L'11 febbraio 2019, il Ministero della Cultura croato ha riconosciuto la tradizione dell'esperanto come eredità culturale immateriale della Croazia.
Mondo accademico, scienza e nuove tecnologie
L'Universala Esperanto-Asocio tiene aggiornato il lessico dell'esperanto con i nuovi termini che la scienza richiede, specie nel campo delle tecnologie informatiche, per poter continuare a pubblicare ricerche in tale lingua.
L'esperanto è anche la lingua di apprendimento in un'università, l'Accademia Internazionale delle Scienze (Akademio Internacia de la Sciencoj) di San Marino, che di recente ha organizzato sessioni di studio in Romania (Sibiu), Bulgaria (Karlov) e Slovacchia (Komárno). L'Università degli studi di Milano ha attivato una rivista di interlinguistica e filosofia dei linguaggi artificiali, chiamata InKoj, che prevede l'esperanto come lingua obbligatoria a fronte di tutti gli articoli pubblicati.
Per quanto riguarda la lingua dell'interfaccia grafica del computer, ci sono numerosi sistemi operativi GNU/Linux che danno il supporto a questa lingua. Ad esempio, esistono localizzazioni in esperanto per software libero di uso comune, come OpenOffice e LibreOffice o il browser Mozilla Firefox. Per quanto riguarda la localizzazione in ambito proprietario, per il sistema operativo Windows Vista è stata creata una localizzazione non ufficiale, e nell'ambito del freeware collegato a questo sistema operativo c'è anche il programma di compressione dei dati IZArc che ne è provvisto. Il motore di ricerca Google offre la possibilità di effettuare ricerche localizzate in lingua esperanto mentre il progetto Dmoz contiene un elenco aggiornato di categorie di collegamenti in lingua esperanto. A partire dal 23 febbraio 2012 Google ha implementato il suo prodotto Google Translate aggiungendo l'esperanto, che diventa la 64° lingua supportata dal traduttore automatico.
Esiste almeno un progetto di creazione di un'ontologia informatica (fondamentale per l'introduzione della semantica nel web semantico) contenente il lessico dell'esperanto in linguaggio OWL, che permetterà di fare ricerche in internet anche in esperanto usando un linguaggio più "naturale".
I progetti della Fondazione Wikimedia in esperanto, tra cui Wikipedia (nella quale è contenuto questo articolo) sono qualitativamente i più ricchi tra tutti i progetti analoghi di altre lingue artificiali, superando per quantità anche molte lingue nazionali.
Grazie a internet, l'Esperanto ha potuto usufruire di nuove possibilità per la sua diffusione e la fruizione. Oltre ai corsi in rete (KIREK, Lernu!, Kurso de Esperanto e simili), oltre ai siti dedicati alla letteratura e alla sua storia, oltre ai portali delle associazioni nazionali e internazionali, oggi si è visto un fiorire di radio, sia come web radio (Muzaiko, la Muse Dancejo) sia come podcast (es: Radio Verda) interamente in lingua Esperanto, svincolandosi così dalla condizione di semplice programma di palinsesto nelle emittenti internazionali e guadagnando una propria identità.
L'esperanto nel cinema
Sinora sono stati realizzati due lungometraggi in esperanto. Il primo è un film poliziesco di produzione francese del 1964: Angoroj (Angosce), diretto da Jacques-Louis Mahé. In seguito al fiasco commerciale del film, Mahé cadde in depressione e ne distrusse quasi tutte le copie. Se ne salvarono solo due, oggi detenute da due associazioni esperantiste, e l'originale recuperata dalla cooperativa culturale esperantista LF-koop che ha riedito il filmato nel 1991. Il secondo lungometraggio è Incubus, un film d'orrore americano del 1965 realizzato da Leslie Stevens e interpretato, tra gli altri, da William Shatner. Anche questo rischiò di andare perduto in seguito a un incendio che ne distrusse anche l'originale. Ne fu trovata una copia sottotitolata in francese alla cinémathèque française, che ne permise la redistribuzione. La scelta dell'esperanto per questo film è stata squisitamente artistica, perché il regista voleva creare un'atmosfera particolare, e ne ha proibito qualsiasi doppiaggio.
Nel 2011 esce il documentario sull'esperanto The Universal Language (La universala lingvo) del documentarista statunitense candidato al Premio Oscar Sam Green, con interviste in inglese ed esperanto e sottotitoli in ben 16 lingue.
In modo meno evidente si è fatto uso dell'esperanto anche in altre pellicole. Ad esempio nel film Il grande dittatore di Charlie Chaplin (1940), tra le iscrizioni con nomi di fantasia dei negozi del ghetto ebraico molte sono chiaramente in esperanto. Più di recente nel film di fantascienza Gattaca del 1997, gli annunci all'interno del centro spaziale omonimo sono in esperanto, per non dare riferimenti geografico-culturali. Anche in Blade: Trinity l'esperanto appare un certo numero di volte nel film, specie nelle insegne, e in una scena in cui viene visto il film Incubus. Nel film Street Fighter - Sfida finale, nel paese di Shadaloo si usa l'esperanto come lingua madre, mentre una canzone è cantata in questa lingua da un gruppo di soldati del generale Bison. Poche frasi in esperanto sono state pronunziate anche in una scena del film Captain Fantastic del 2016, quando due delle figlie del protagonista (Ben Cash) interpretato da Viggo Mortensen discutono tra loro.
Una scritta in esperanto (mi prenos vin kun mi: ti prenderò con me) è inoltre presente su di uno striscione nel video ufficiale della canzone Ti porto via con me di Lorenzo Jovanotti. Ne El Secreto de Puente Viejo appare il personaggio di Regalado (puntate 942-945), un esperantista che tenterà di insegnare a Puente Viejo la lingua.
La lingua parlata
L'uso quotidiano dei parlanti ha portato all'inserimento nel vocabolario di alcune parolacce. Inoltre modi di dire sono stati sviluppati naturalmente e poi sono stati riconosciuti ufficialmente. Ad esempio, un modo di dire non derivato da altre lingue è l'uso del verbo krokodili, che letteralmente significa "coccodrillare", ma che in esperanto indica l'azione compiuta da coloro che, trovandosi in un gruppo composto da persone di nazionalità diversa, ma dove tutti capiscono e parlano una certa lingua (in genere l'esperanto), passano alla propria lingua nazionale privando gli altri del piacere di seguire il loro discorso. Inoltre il linguaggio scientifico-matematico in esperanto è praticamente equivalente a quello delle altre lingue.
Lingua dei segni internazionale
Il problema di comunicazione da parte di persone sorde è notoriamente risolto mediante lingue dei segni, cioè linguaggi creati appositamente per chi non sa parlare ma può usare le mani per esprimere pensieri complessi. Come per le lingue etniche ci sono varie lingue dei segni, e anche queste spesso non sono intelligibili reciprocamente. Una soluzione proposta di lingua dei segni internazionale viene dal mondo esperantista, ed è il signuno, lingua dei segni basata sulle radici lessicali dell'esperanto.
Esempi di testo in lingua
Come estratto di lingua qui di seguito vi sono il Padre nostro e l'inizio di Le avventure di Pinocchio di Carlo Collodi, nelle versioni in esperanto e in italiano:
Il Padre nostro è un brano molto significativo poiché mette in evidenza varie caratteristiche della lingua, come i correlativi, modi verbali come l'indicativo e il volitivo, e la derivazione di parole mediante l'agglutinazione di affissi, ad esempio da ŝuldo (debito) deriva ŝuldanto ("debitante", debitore); dall'aggettivo libera (libero/a) deriva il verbo liberigi (rendere liberi, liberare); oppure come si ottiene il contrario di bono (bene) aggiungendo il prefisso mal-, ottenendo malbono (male).
Un altro pezzo può far capire l'aspetto della lingua anche nella prosa, quindi di seguito si presenta l'inizio di Le avventure di Pinocchio:
La prima cosa a risaltare anche per chi non conosce la lingua è forse il diverso uso dell'articolo (in esperanto non esiste quello indeterminativo). Si noti anche la traduzione della parola "ragazzi" che in esperanto non diventa "knaboj" ("ragazzi" in senso letterale, cioè solo maschi) ma geknaboj ("ragazzi e ragazze": il prefisso ge- indica che il gruppo è di ambosessi).
Frasi semplici
Critiche e discussioni
Oltre che lingua più famosa, l'esperanto è la lingua ausiliaria internazionale (in seguito LAI) che più ha fatto e fa discutere sia esperantisti che non. In seguito sono riportate le discussioni più comuni riguardanti le LAI in generale, o direttamente l'esperanto. Se l'esperanto di oggi è praticamente quello di Zamenhof, alcune critiche hanno invece causato veri e propri scismi, che hanno dato vita ai cosiddetti esperantidi. Di seguito ci sono le critiche più importanti sull'argomento Anche contenente varie discussioni su aspetti e critiche.
Critiche generali sulle lingue ausiliarie internazionali (LAI)
Molte persone ritengono che una lingua sia qualcosa di vivo, ed effettivamente essa si evolve, può cambiare o estinguersi ed è paragonabile a una specie vivente (non un essere vivente). A causa di tale paragone, alcuni ritengono impossibile "dar vita" a una lingua artificiale. L'esperienza con varie LAI invece ha dimostrato che quando sono state effettivamente usate si sono evolute e hanno talvolta trovato nuovi mezzi espressivi con l'espandersi della comunità, e analizzando i 4 significati del termine "naturale" in linguistica, non si trova alcuna definizione che potrebbe scientificamente creare una distinzione tra l'esperanto e un'altra lingua e per estensione, le altre LAI adottabili da una comunità dopo la loro creazione e uso. La fase iniziale per la "vita" di una LAI, ovvero il pieno apprendimento di essa da parte dei bambini madrelingua, è ben documentata. Inoltre, la teoria della grammatica universale sulla quale si basano le teorie linguistiche di Noam Chomsky, sostiene che una qualsiasi lingua possa essere appresa e usata se contiene:
un insieme di parole (lessico)
una grammatica (regole assimilabili dal cervello umano) che permetta di usare il lessico per esprimere concetti.
Se ha tali caratteristiche, una LAI è psicolinguisticamente simile alle lingue naturali e quindi dovrebbe comportarsi come esse. Tuttavia, una conseguenza dell'evoluzione di una LAI sarebbe la separazione in dialetti che col tempo pregiudicherebbero la comprensione, per cui si auspica solo l'uso della LAI come seconda lingua internazionale (comunicazione tra parlanti di lingue diverse), affiancandola alle lingue storico-naturali (comunicazione tra locutori dello stesso idioma), cosa che dovrebbe mantenerla stabile in modo simile a come successo per secoli alla lingua italiana.
Gli oppositori alle LAI contestano spesso che una lingua ausiliaria internazionale non ha un popolo, e quindi una cultura. Coloro che le sostengono affermano che una lingua del genere debba far dialogare, e non necessariamente imporre una cultura. Riferendosi alla letteratura invece, può valere per molte lingue artificiali l'essere rimaste inutilizzate, ma esiste una letteratura per le lingue ausiliarie che hanno avuto più successo, talvolta anche di notevole valore artistico.
Altre discussioni in generale sono dovute al fatto che la tolleranza nei confronti delle imperfezioni presenti nelle lingue ausiliarie internazionali è minore rispetto a quella nei confronti delle imperfezioni e irregolarità presenti nelle lingue etniche (come verbi irregolari, in genere evitati nelle lingue artificiali). Le risposte a questo genere di critiche sono generalmente basate sul fatto che nessuna lingua internazionale può essere perfetta e accettata da tutti indistintamente, quindi è inevitabile dover giungere a compromessi su alcuni punti.
Critiche e dibattiti che riguardano direttamente l'esperanto
Solitamente facendo riferimento soprattutto al latino e alle lingue romanze, i sostenitori delle lingue naturalizzate sostengono che l'esperanto non è direttamente conforme alle grandi lingue europee. Ad esempio, i vocaboli o parole derivate come "malsanulejo" potrebbero essere sostituite con un più europeo "hospitalo" (per la parola "ospedale"). Di contro, la modifica verso una maggiore europeizzazione renderebbe l'esperanto più facile per gli europei da un punto di vista lessicale, ma allo stesso tempo più difficile per i non europei, i quali dovrebbero imparare molte forme "europee" separatamente invece di ricavarle logicamente dalla radiceClaude Piron, La bona lingvo (La lingua buona) trattato sulla lingua, 1989.
Dall'altra parte l'esperanto viene spesso criticato perché troppo europeo. Le sue radici lessicali provengono principalmente dalle lingue europee parlate o studiate da Zamenhof (vedi sopra); ciò secondo i critici ne sminuirebbe la neutralità. Secondo gli esperantisti l'esperanto, dal punto di vista morfologico e grammaticale, si avvicina più al giapponese, al turco o alle lingue bantu che a molte delle lingue europee, in quanto ha una struttura agglutinante; quanto al lessico, era praticamente impossibile, ai tempi di Zamenhof, avere accesso al lessico di altre lingue lontane, oppure creare una lingua basata sulle migliaia di idiomi esistenti. In più, l'esperanto non appartiene a nessuna potenza politica o economica, e questo è -almeno dal punto di vista economico e politico- una garanzia di neutralità nel pratico, dal momento che nessuna potenza si avvantaggia da esso nel senso che nessuno può beneficiare di turismo linguistico, o vantare l'accento "perfetto" per cui viene favorito nell'insegnamento o nell'assunzione in posti di lavoro che richiedono l'uso della lingua internazionale.
Karl Brugmann e August Leskien hanno polemizzato sulla presenza di due parole in esperanto per "chiesa": Eklezio (Chiesa, istituzione) e preĝejo (chiesa, luogo di culto), mentre altre lingue come l'italiano e l'inglese hanno un solo termine. A detta degli esperantisti, la presenza del binomio mostra l'attenzione alla filantropia propria dell'esperanto, infatti, preĝejo può indicare un luogo di culto di ogni religione indipendentemente dall'ideologia e dal credo del parlante.
L'indicazione del genere in esperanto non è simmetrica, ed è quindi considerata talvolta come sessismo linguistico da chi lo critica. Alcune radici hanno origine maschile e sono rese femminili, mentre le varianti maschili sono usate anche per indicare cose o esseri il cui sesso non è noto; anche dall'altro lato c'è la presenza di radici femminili (anche se in numero minore rispetto a quelle maschili). A difesa, la maggiore simmetria nei pronomi rispetto ad altre lingue che lo renderebbero più "politicamente corretto": l'uso del pronome "ĝi" per le persone il cui sesso è sconosciuto/nascosto; o l'uso del prefisso "ge-" per i sostantivi che indicano gruppi composti da ambosessi. Resta l'asimmetria per i sostantivi, per la quale sono state proposte delle riforme per la formazione del genere, alcune abbastanza note, sebbene nessuna sia stata ancora ufficializzata (attualmente vengono osservate le tendenze dei parlanti).
Oggetto di critiche è la presenza di un caso per indicare il complemento oggetto, cioè si sostiene che la desinenza dell'accusativo "-n" si sarebbe potuta evitare, stabilendo un ordine fisso dei costituenti, ad esempio l'ordine Soggetto Verbo Oggetto, che è il più tipico delle lingue europee. Ma a difesa di ciò, l'accusativo è ritenuto necessario per dare la grande libertà nell'ordine delle parole tipica di questa lingua, che quindi può anche non seguire un ordine prefissato (secondo l'enfasi o le tendenze naturali della propria lingua madre) senza perdere chiarezza.
Si criticano i segni diacritici su alcune lettere dell'alfabeto dell'esperanto, non facili da scrivere al computer (problema parecchio sentito specie da quando la posta elettronica ha un uso massiccio). Tuttavia, 26 lettere non erano sufficienti per rappresentare i 28 fonemi dell'esperanto così da poter mantenere il paradigma: "a ogni suono una lettera, a ogni lettera un suono". Sono stati ideati quindi sistemi di scrittura che prevedono particolari coppie di lettere invece delle singole lettere esperantiste. Questo punto cessa di essere critico man mano che vengono sostituiti i nodi di internet che non usano sistemi operativi con codifica Unicode, uno dei fondamenti per il futuro Web semantico, e con la diffusione dell'uso di programmi che permettono la scrittura dell'esperanto con una qualsiasi tastiera.
Esperantisti e simpatizzanti famosi
L'esperanto ha come patrona santa Ildegarda di Bingen, una mistica medievale tedesca proclamata Dottore della Chiesa nell'ottobre 2012; ella infatti creò la lingua ignota, lingua artificiale che a differenza dell'esperanto doveva avere usi mistici. Tra i personaggi più famosi che si sono espressi a favore dell'esperanto, o sono stati effettivamente esperantisti, si possono ricordare:
Albert Einstein
Lev Nikolaevič Tolstoj
Oscar Luigi ScalfaroPrefazione a F. PENNACCHIETTI, Due vite, due lingue. Trentennale del Gruppo Esperantista Vercellese. Centenario dell'Esperanto. Vercelli, 1987. Consultabile all'indirizzo: https://www.accademiadellescienze.it/media/1213/download
Enzo Biagi
Stefano La Colla, paleografo ed esperantista
Umberto EcoIntervista a Umberto Eco alla rivista "L'esperanto" 9/1993, pagg. 22, 23 dichiarò: «Si è insegnato l'esperanto in pessime condizioni durante qualche decennio, ed ecco che degli esseri umani si amano in esperanto. Si è insegnato il latino per secoli, in modo molto intensivo, ma potete essere certi che anche un prete e una religiosa, se fanno l'amore, non l'useranno in tale circostanza. Tirate voi stessi le conclusioni!»
Edmondo De Amicis
Alessandro Bausani, islamista italiano.
Itamar Ben Avi, primo parlante nativo dell'ebraico in epoca moderna
Bruno Migliorini, a lungo presidente dell'Accademia della Crusca
Elio Migliorini, geografo, fratello di Bruno Migliorini
Tullio De Mauro, linguistaT. DE MAURO (testo orale raccolto da F. GOBBO), "Democrazia linguistica ed esperanto", Università di Amsterdam, 2017
Romain Rolland, scrittore, premio Nobel per la letteratura.
Franz Jonas, Presidente dell'Austria nel periodo 1965-1974.
J. R. R. Tolkien
Antoine de Maximy
I papi Giovanni XXIII, Pio X, Paolo VI, Giovanni Paolo II
Padre Kolbe
Carlo Minnaja
Jules Verne
Rudolf Diesel
Reinhard Selten, premio Nobel per l'economia, esperantista come racconta nella sua , sito dedicato ai premi Nobel
Eugenio Bennato
Robert Baden-Powell, fondatore dello scautismo
Ebenezer Howard, urbanista inglese, creatore della città giardino
Enrico Carlo Noë, insegnante e stenografo ceco vissuto in Italia
L'esperanto nella cultura di massa
Cinema
Il film horror Incubus (1965) è girato interamente in lingua esperanto. La pellicola ha come attore protagonista William Shatner, noto al grande pubblico per il ruolo di Capitano Kirk nella saga di Star Trek.
In una scena del film Captain Fantastic (2016) è presente un dialogo in lingua esperanto.
Il regista messicano Alfonso Cuarón simpatizza per l'esperantoComunicato stampa della Federazione Esperantista Italiana, 27 febbraio 2019 e ha chiamato la sua casa di produzione Esperanto Filmoj. Nei titoli di testa del film Roma (2018) appare a schermo intero una dicitura in lingua: “Filmo produktita de Esperanto Filmoj” ("film prodotto da Esperanto Filmoj").
Nella stagione 25, episodio 12, de I Simpson, il preside Skinner rivolge alcune frasi in esperanto al giardiniere Willie.
Nel film d'animazione Patema Inverted, l'ending nei titoli di coda è cantata da Estelle Micheau in esperanto.
Il film L'incredibile storia dell'Isola delle Rose tratta della storia vera dell'Isola delle Rose, la piattaforma artificiale creata dall'ingegnere Giorgio Rosa, che le diede come lingua ufficiale l'esperanto.
In tutta la durata del film Gattaca, gli annunci riportati dagli altoparlanti, per esempio allo spazioporto, sono in lingua esperanto.
Musica
La canzone Rumore di niente di Francesco De Gregori inizia con un riferimento alla lingua esperanto.
Nel video ufficiale di Ti porto via con me (Jovanotti) appare uno striscione col titolo tradotto in esperanto (Mi prenos vin kun mi).
Il celebre brano Con te partirò è stato tradotto ed eseguito anche in esperanto. La versione è stata accolta con entusiasmo da Andrea Bocelli.
Televisione
Internacia Televido, primo, e fino ad ora, unico canale televisivo dedicato interamente alle trasmissioni in lingua esperanto
Letteratura
Tra gli scrittori e poeti più noti che hanno scritto in esperanto:
William Auld
Julio Baghy
Kazimierz Bein (detto "Kabe")
Clarence Bicknell
Marjorie Boulton
Jorge Camacho
Fernando de Diego
Antoni Grabowski
Kálmán Kalocsay
Li Shijun (pseudonimo: "Laŭlum")
Miyamoto Masao
Abel Montagut
István Nemere
Claude Piron
Edmond Privat
Reto Rossetti
Raymond Schwartz
Giorgio Silfer
Spomenka Štimec
Gaston Waringhien
Ludwik Lejzer Zamenhof
Tra di essi, William Auld, poeta scozzese, dal 1999 al 2006 è stato candidato al Premio Nobel per la letteratura. Dal 2007 al 2018 il candidato al Premio Nobel per la letteratura è stato Baldur Ragnarsson, poeta islandese, nominato dall'Associazione degli Scrittori Esperantofoni (Esperantlingva Verkista Asocio). Alla morte di quest'ultimo (2018) il "PEN Club Esperanto" ha nominato candidato l'italo-svizzero Giorgio Silfer.
Tra gli scrittori italiani possiamo ricordare:
Clelia Conterno
Enrico Dondi
Lina Gabrielli
Luigi Giambene
Giovanni Peterlongo, che ha tradotto la Divina Commedia in esperanto (nel 1963 la prima pubblicazione).
Giorgio Silfer, attuale candidato al Premio Nobel per la letteratura.
Note
Bibliografia
Generale
Umberto Eco, La ricerca della lingua perfetta nella cultura europea. Ed. Laterza, Roma-Bari, 1993, Fare l'Europa, ISBN 88-420-4287-0
Roman Dobrzyński, Via Zamenhof, creatore dell'Esperanto. Conversazione con Louis Christophe Zaleski-Zamenhof, Traduz. Michela Lipari e Filippo Franceschi, prefazione Davide Astori, Firenze, Giuntina, ISBN 978-88-8057-350-0
Pierre Janton. Esperanto. Lingua, letteratura, movimento. Cooperativa Ed. Esperanto. 1996. ISBN 88-85872-07-7
Francesco Amerio; G. Bonvecchiato; Gian Carlo Fighiera. Esperanto: dati e fatti. FEI Fondo Marelli. 2002. ISBN 88-85872-11-5
Giordano Formizzi, Le radici culturali dell'esperanto. La pedagogia di Giovanni Amos Comenio. Gabrielli Editori. 2006. ISBN 88-6099-007-6
Carlo Minnaja. L'esperanto in Italia. Alla ricerca della democrazia linguistica. Il Poligrafo. 2007. ISBN 88-7115-546-7
Ulrich Lins. La lingua pericolosa. Storia delle persecuzioni contro l'esperanto sotto Hitler e Stalin. Traccedizioni. 1990. ISBN 88-7205-000-6. Distribuito da Edistudio.
Irene Bignardi. Le piccole utopie, Feltrinelli 2003 ISBN 88-07-17083-3
Ludwik Lejzer Zamenhof. Letero al N. Borovko ("Lettera a N. Borovko"), 1895. (Tra le numerose ripubblicazioni, la Esperanto Association of North America la ripubblicò nel 1931 con codice ASIN B000891FP2)
William Auld. La fenomeno Esperanto ("Il fenomeno esperanto"). Rotterdam. UEA. 1988
Claude Piron. La bona lingvo (La lingua buona) trattato sull'uso corretto del lessico esperantista e altre buone abitudini, Paperback, 1989. ISBN 978-963-571-294-6
Claude Piron. Psikologiaj reagoj al Esperanto (Reazioni psicologiche all'Esperanto) (saggio 1988)
Edmond Privat. Vivo de Zamenhof (Vita di Zamenhof), ELibro, 2001. ISBN 91-7303-127-5
Sulla grammatica e il lessico
Ludwik Lejzer Zamenhof. Internacia lingvo, 1887 (Tra le ripubblicazioni, quella della Universala Esperanto-Asocio del 1954 ha codice ASIN B0000CJ1VA)
L.L. Zamenhof. Unua Libro (Primo libro), 1905 (Le ristampe dellUnua Libro non hanno codice ISBN)
L.L. Zamenhof. Fundamento de Esperanto. Edistudio. 1991. ISBN 88-7036-046-6
René de Saussure. Fundamentaj reguloj de la vort-teorio en esperanto (Regole fondamentali della teoria lessicale in esperanto). ELibro. 2003 ISBN 91-7303-191-7
Roger Imbert; Tibor Sekelj; Ivica Spoliarek. Esperanto. Introduzione alla lingua internazionale. Cooperativa Ed. Esperanto. 1993. ISBN 88-85872-03-4
Carlo Minnaja. Vocabolario italiano-esperanto. Cooperativa Ed. Esperanto. 1996. ISBN 88-85872-05-0
Katalin Smidéliusz. Analisi comparativa del lessico italiano-esperanto-ungherese. Cooperativa Ed. Esperanto. 1997. ISBN 88-85872-09-3
Bruno Migliorini, Manuale di esperanto, San Vito al Tagliamento, Edizioni Paolet, 1922
Sull'insegnamento dell'esperanto nelle scuole
The League of Nations and Esperanto - 1921-1922, British Esperanto Association, Londra, 1922, pag. 12.
Ippolito Piatti, La Conferenza di Ginevra e il problema della introduzione dell'Esperanto nelle Scuole, edizione Società Esperantiste Milanesi, Milano, 1922, pag. 8 (interessante in particolar modo per i riassunti statistici).
La Conferenza Internazionale per l'insegnamento dell'Esperanto nelle scuole, ne L'esperanto, anno 9, n. 5, pagg. 98-106, Verona - San Vito al Tagliamento, aprile 1922.
Ecole des Sciences de l'Education (Institut Jean-Jacques Rousseau), Conférence Internazionale pour l'Enseignement de l'Espéranto dans les Ecoles - réunie au Secrétariat de la Société des Nations - du 18 au 20 Avril 1922 - Compie-rendu sommaire en francais, Ginevra, 1922.
Schroeter, Esperanto und weltliche Schule, in Die freie Schule, anno 111 n. 30, Herne, luglio 1923, pagg. 127-128.
Amedeo Benedetti, I libri per l'infanzia in Esperanto, in LG Argomenti'', a. XLV, n. 3, lug.-sett. 2009, pp. 56–60.
Voci correlate
Amikeca Reto
Biblioteca Nazionale di Esperanto
Biblioteche di esperanto
Edistudio
ESP-Disk
Esperantido
Lega Internazionale Insegnanti di Esperanto (ILEI)
Esperantologia
Esperanto Radikala Asocio
Europa Democrazia Esperanto
Federazione Esperantista Italiana
Interlinguistica
Museo dell'Esperanto a Svitavy (Repubblica ceca)
Museo di esperanto a Vienna
Sennacieca Asocio Tutmonda
Tutmonda Esperantista Junulara Organizo
Dizionario italiano-esperanto
Plena Ilustrita Vortaro de Esperanto
Altri progetti
Collegamenti esterni
Universala Esperanto-Asocio, l'associazione esperantista mondiale
Federazione Esperantista Italiana, l'associazione esperantista italiana
Corso gratuito KIREK di lingua esperanto
Corso internazionale gratuito Saluton!
L'esperanto nella scienza all'epoca di internet del Prof. Amri Wandel
Versione adattata per il web del dizionario italiano-esperanto di Carlo Minnaja, e versione scaricabile (scritta nel linguaggio multipiattaforma Tcl: hVortaro)
Corso gratuito di Esperanto dalla lingua inglese (c'è anche da Spagnolo, Francese e Portoghese) sul sito Duolingo
Esperanto |
1697 | https://it.wikipedia.org/wiki/Ernst%20Abbe | Ernst Abbe |
Biografia
Nato in una famiglia di umili origini, dal 1865 al 1896 fu professore di fisica all'Università di Jena e, dal 1878, fu anche direttore dell'osservatorio astronomico omonimo della città tedesca.
I suoi studi, rivolti prevalentemente all'ottica, gli fecero conoscere nel 1866 Carl Zeiss, a cui si associò nel 1875, assumendo la dirigenza della società di vetri ottici (sia per filtri sia per lenti) alla morte di quest'ultimo.
Una volta rimasto di fatto l'unico padrone della società, decise di rivoluzionarne la struttura organizzativa trasformandola in una cooperativa, che aveva tra i suoi membri, oltre che ai lavoratori, anche enti locali della zona e l'università di Jena.
Si devono a lui molti progressi nell'ottica strumentale. Importanti i diversi vari dispositivi dal lui inventati che perfezionarono l'uso del microscopio, fra gli altri, il condensatore di Abbe e il prisma di Abbe, quest'ultimo adoperato come camera chiara. Si dedicò al perfezionamento delle lenti e degli apparecchi ottici (come l'oculare ortoscopico).
Fu inventore di un rifrattometro che porta il suo nome (rifrattometro di Abbe).
A lui si deve anche la scoperta della variabile casuale Chi Quadrato (χ²)
analizzando la sommatoria di variabili casuali normali standardizzate e indipendenti, che produce una nuova variabile casuale, la χ² appunto.
Nonostante il successo professionale ed economico, Abbe non dimenticò le sue origini e si fece promotore di numerose iniziative a favore degli strati più poveri della popolazione.
Onorificenze
Riconoscimenti
Gli è stato dedicato un asteroide, 5224 Abbe e lo stadio della città di Jena, l'Ernst-Abbe-Sportfeld.
Note
Voci correlate
Errore di Abbe
Condizione di Abbe
Numero di Abbe
Oculare ortoscopico di Abbe
L'azienda Carl Zeiss
Cratere Abbe
Ernst-Abbe-Sportfeld, lo stadio di Jena a lui intitolato.
Altri progetti
Collegamenti esterni
Professori dell'Università di Jena
Studenti dell'Università di Jena
Membri dell'Accademia Prussiana delle Scienze |
1700 | https://it.wikipedia.org/wiki/Piante%20officinali%20spontanee | Piante officinali spontanee | Elenco delle piante officinali spontanee soggette alle disposizioni della legge 6 gennaio 1931 n. 99., indicato con il Regio decreto n. 772, 26 maggio 1932, oggi abrogato. Si tratta delle piante incluse nella farmacopea ufficiale e che quindi, teoricamente, le farmacie dovrebbero avere in assortimento. L'elenco è stato rimaneggiato molte volte dal 1932 a oggi, soprattutto per escluderne alcune voci, di volta in volta sostituite da farmaci più facilmente reperibili e conservabili. Molto diverso è l'assortimento reperibile nelle erboristerie che riflette gli usi popolari ed esclude rigorosamente le piante velenose che in questo elenco sono ben nove.
Elenco
Note
Voci correlate
Koehler's Medizinal-Pflanzen
Pianta officinale
Pianta medicinale
Specie botaniche spontanee
Piante officinali spontanee |
1701 | https://it.wikipedia.org/wiki/Emilio%20Salgari | Emilio Salgari | Autore straordinariamente prolifico, è ricordato soprattutto per aver creato le saghe d'avventura del ciclo indo-malese (o ciclo dei pirati della Malesia, del quale è protagonista il suo personaggio più celebre, Sandokan) e dei corsari delle Antille (in cui spicca il personaggio del Corsaro Nero). Scrisse anche romanzi storici, come Cartagine in fiamme, e diverse storie fantastiche, come Le meraviglie del Duemila in cui prefigura la società di allora a distanza di un secolo, un romanzo scientifico precursore della fantascienza in Italia. Molte sue opere hanno avuto trasposizioni cinematografiche e televisive.
La popolarità di Salgari è testimoniata anche dalla grande diffusione di apocrifi: oltre un centinaio le opere pubblicate col suo nome in realtà scritte da altri romanzieri.
Biografia
I primi anni
Nacque a Verona il 21 agosto 1862 da madre veneziana, Luigia Gradara (1830-1887), e padre veronese, Luigi Salgari (1826-1889), commerciante di tessuti presso Porta Borsari a Verona, e fu battezzato il 7 settembre nella chiesa di S. Eufemia. Crebbe poi in Valpolicella, nel comune di Negrar, in frazione Tomenighe di Sotto, poi abbandonata per trasferirsi nell'attuale "Ca' Salgàri". A partire dal 1878 studiò poi al Regio Istituto Tecnico e Nautico "Paolo Sarpi" di Venezia, ma non arrivò mai a essere capitano di marina come avrebbe voluto. Abbandonati gli studi al secondo corso nel 1881, tornò a Verona per intraprendere l'attività giornalistica.
Esordio
Ispirato dai racconti avventurosi di Assollant, Louis Boussenard, del capitano Mayne-Reid e dai libri storici e anche romanzeschi dell'orientalista Louis Jacolliot, Salgàri esordì come scrittore nelle appendici dei giornali. La sua prima opera pubblicata fu un racconto, I selvaggi della Papuasia, scritto all'età di vent'anni e in quattro puntate apparso, sul settimanale milanese La Valigia, con la sigla S.E. Tra il 15 settembre e il 12 ottobre 1883 pubblicò a puntate sul giornale veronese La Nuova Arena il romanzo Tay-See (riedito poi in volume con il titolo La Rosa del Dong-Giang nel 1897), quindi sullo stesso giornale il romanzo La tigre della Malesia (riedito come Le tigri di Mompracem), che riscosse un notevole successo, ma dal quale non ebbe alcun ritorno economico significativo, seguito da La favorita del Mahdi (1883-1884), scritto otto anni prima. Sempre nel 1883 divenne redattore del giornale stesso. Svolse un'intensa attività con gli pseudonimi Ammiragliador ed Emilius. Due anni dopo diventò redattore de L'Arena. Il 25 settembre 1885 arrivò a sfidare a duello un collega del quotidiano rivale l'Adige.
Nel 1887 morì la madre, mentre il 27 novembre 1889 vi fu il suicidio del padre che, credendosi malato di una malattia incurabile, si gettò dalla finestra di casa. Qualche anno dopo, il 30 gennaio 1892, Emilio sposò Ida Peruzzi (1866-1922), un'attrice di teatro; dopo la nascita della figlia primogenita Fatima (1893-1914), i Salgari decisero di trasferirsi in Piemonte, dove Emilio aveva trovato un contratto con l'editore Speirani e, stabilitisi inizialmente a Ivrea nel 1894, vissero poi in una casa di piazza Pinelli a Cuorgnè e successivamente nella vicina Alpette. In questo periodo nacquero altri tre figli: Nadir (1896-1936), Romero (1899-1931) e Omar (1901-1963). Verso la fine del 1897, l'editore Anton Donath, con cui aveva iniziato a collaborare, lo convinse a trasferirsi a Genova e la famiglia si sistemò a Casa Rebora, nel quartiere di Sampierdarena. Durante il soggiorno ligure scrisse Il Corsaro Nero, pubblicato nel 1898 e considerato il capolavoro di Emilio Salgari. Qui strinse anche amicizia con Giuseppe Garuti, in arte Pipein Gamba, che fu uno dei primi illustratori dei suoi lavori.
La vita a Torino
Nel 1900, richiamato dall'editore Speirani, Salgari si trasferì, con moglie e figli, definitivamente a Torino, in corso Casale, prima al civico 298 e poi al 205. Da qui Salgari poteva facilmente raggiungere in tram la biblioteca civica centrale, dove trovava mappe e racconti di viaggi esotici che costituivano la base e lo spunto per le sue storie. Tra il 1892 e il 1898 pubblicò una trentina di opere, di cui 16 nel solo triennio 1894-1896: tra queste, sempre con Speirani, Il tesoro del presidente del Paraguay, Le novelle marinaresche di Mastro Catrame, Il re della montagna, Attraverso l'Atlantico in pallone e I naufragatori dell'Oregon. Il motivo di tutto questo lavoro erano i debiti che Salgari continuava ad accumulare; nel 1896 lo scrittore firmò un altro contratto con l'editore genovese Donath e nel 1906 anche con il fiorentino Bemporad.
Il 3 aprile 1897, su proposta della regina d'Italia Margherita di Savoia, Salgari venne insignito dalla Real Casa del titolo di "Cavaliere dell'Ordine della Corona d'Italia". Ciononostante, la sua situazione economica non migliorò; a partire dal 1903 - quando la moglie iniziò a dare segni di follia - si moltiplicarono i debiti per potere pagare le cure. Nel 1910 la salute mentale della donna peggiorò ulteriormente e fu costretta a entrare in manicomio.
Nella sua vita Salgari fu un "viaggiatore virtuale": il creatore della Tigre di Mompracem viaggiò pochissimo, ma fu un "divoratore di atlanti e dizionari", grazie ai quali inventò più di 1.300 personaggi, basando ogni suo libro su scrupolosi approfondimenti, e scontrandosi con gli editori dell'epoca a causa di gravi problemi economici.
Declino e morte
I contratti di lavoro obbligarono Salgari a scrivere tre libri l'anno e, per mantenere quei ritmi, fu costretto a scrivere tre pagine al giorno. A causa del conseguente stress scriveva fumando un centinaio di sigarette al giorno e beveva un bicchiere di vino marsala dopo l'altro. Inoltre dirigeva contemporaneamente un periodico di viaggi. Più che un problema di sottocompensi in proporzione alla mole di lavoro il suo esaurimento nervoso fu dovuto soprattutto alla fatica e alla stanchezza. Non solo non guadagnava, ma non era nemmeno considerato dai circoli letterari dell'epoca, ultimo smacco alla sua dignità. All'amico pittore Gamba scriveva nel 1909:
I suoi nervi non ressero. A ciò si aggiunse la nostalgia della moglie, ricoverata da mesi in manicomio. Stressato e umiliato rimase da solo e con i figli da accudire. Sempre più depresso, nel 1909 tentò per la prima volta il suicidio, gettandosi sopra una spada, ma venne salvato in tempo dalla figlia Fatima. Poi, l'ultima intervista, quella di un giornalista, tal Antonio Casulli, inviato de Il Mattino di Napoli, che incontrò Salgari nel dicembre 1910, e che anni più tardi dichiarò di avere respirato nella sua casa un'atmosfera come minimo triste e malinconica.
Infine decise di tentare nuovamente di togliersi la vita la mattina di martedì 25 aprile 1911. Salgari lasciò sul tavolo tre lettere note (ma pare che le lettere fossero 13 e i destinatari delle altre lettere abbiano via via smentito e poi confermato che le lettere esistessero, ma il contenuto è rimasto ignoto) e uscì da casa prendendo il suo solito tram con in tasca un rasoio. Le lettere erano indirizzate ai figli, ai direttori di giornali, ai suoi editori. Ai figli Omar, Nadir, Romero e Fatima scrisse:
Li informava poi su dove avrebbero potuto trovare il suo cadavere, ovvero in uno dei "burroncelli" del bosco di Val San Martino, sopra la chiesetta della Madonna del Pilone, la zona collinare che sovrasta il corso Casale di Torino, dove con la famiglia andava solitamente a fare i pic-nic. La zona esatta è quella del parco di Villa Rey, nei pressi dell'omonimo ex campeggio cittadino. A trovarlo morto non furono i figli, bensì Luigia Quirico, una lavandaia ventiseienne che era andata nel bosco per fare legna. Il corpo di Salgari presentava la gola e il ventre squarciati in modo atroce. In mano stringeva ancora il rasoio. Si uccise come avrebbe potuto uccidersi uno dei suoi personaggi, in una sorta di seppuku, con gli occhi rivolti al sole che si leva. I suoi funerali avvennero al Parco del Valentino, ma passarono inosservati perché in quei giorni Torino era impegnata a inaugurare l'imminente festa del 50º Anniversario dell'Unità d'Italia e dell'Esposizione internazionale. La sua tomba, provvista di dedica, fu subito traslata nel famedio del cimitero monumentale di Verona.
Discendenti
Altre tragedie colpirono successivamente anche la moglie e i figli dello scrittore. Nel 1914 Fatima, giovanissima, rimase vittima della tubercolosi, mentre nel 1922 la moglie Ida morì in manicomio. Nel 1931 fu di nuovo il suicidio la causa della morte dell'altro figlio, Romero. Nel 1936, per le ferite di un tragico incidente in moto, perse poi la vita Nadir, tenente di complemento del Regio Esercito. Un'intervista, conservata nelle teche di Rai Storia del 1957, ritrae l'ultimogenito figlio vivo Omar, che racconta alle telecamere della vita di suo padre, e che a sua volta pubblicò romanzi avventurosi. Tuttavia anche Omar in seguito si suicidò, gettandosi dal secondo piano del suo alloggio del quartiere San Donato, a Torino, il 5 novembre 1963. L'ultimo discendente dello scrittore, il pronipote Romero jr. Salgari (1959-2022), era noto alla cronaca perché nel 1984 uccise a coltellate a Montà d'Alba, in provincia di Cuneo, un'anziana pensionata di 72 anni a causa di un banale rimprovero.
Produzione romanzesca
Salgari deve la sua popolarità a un'impressionante produzione romanzesca, con ottanta opere (più di 200, considerando anche i racconti) distinte in vari cicli avventurosi, che vanno a costruire svariati universi narrativi e innumerevoli personaggi (tra cui alcuni di grande successo, come Sandokan, Yanez de Gomera e il Corsaro Nero), tutti di originale creazione dello scrittore, tranne che in un caso. Il romanzo del 1896 (ristampato in volume nel 1911) I predoni del gran deserto, infatti, fu scritto come seguito di un'opera altrui (Vita eccentrica di Vincenzina Ghirardi Fabiani). Generalmente i personaggi salgariani risultano inseriti in un accurato contesto storico; la ricostruzione delle informazioni riguardanti le vicende istituzionali dei paesi da lui descritti non si limita, per esempio, alla figura di James Brooke, il raja bianco di Sarawak.
Seri studi condotti dalla storica olandese Bianca Maria Gerlich (i cui lavori sono stati pubblicati da autorevoli riviste scientifiche quali Archipel nei Paesi Bassi e Oriente Moderno in Italia) hanno infatti permesso di ricostruire le fonti storiche e geografiche lette e utilizzate nelle biblioteche dal grande scrittore di romanzi d'avventura.
Salgari stesso pubblicò con vari pseudonimi numerose opere, spinto da motivazioni diverse, la più nota delle quali fu l'urgenza di aggirare la clausola contrattuale di esclusiva che lo teneva legato all'editore Donath. Tuttavia per lo stesso Donath pubblicò, sotto lo pseudonimo di Enrico Bertolini, tre romanzi nonché diversi racconti e testi di vario genere; in questo caso si sarebbe trattato di una precauzione utilizzata quando, incalzato da contratti e scadenze, lo scrittore usava più del dovuto elementi tratti da opere altrui (come nel caso di Le caverne dei diamanti, una libera versione del romanzo Le miniere di re Salomone di Henry Rider Haggard).
Salgari è stato citato inoltre come uno dei principali precursori della fantascienza in Italia. Benché all'epoca fosse definito il "Verne italiano", in realtà lo scrittore veronese - secondo Gianfranco De Turris - "non era molto portato per la speculazione avveniristica e raramente inserì nel complesso delle sue opere marchingegni e macchinari che andassero oltre la tecnologia del proprio tempo". L'eccezione più notevole è costituita dal suo romanzo Le meraviglie del duemila (1907), considerato il testo più importante della "protofantascienza" italiana. Questo romanzo ambientato nel futuro, inizialmente edito nel 1907 con l'editore Bemporad e firmato per motivi contrattuali con lo pseudonimo di Guido Altieri, fu successivamente ampliato e ripubblicato a firma di Salgari per l'editore Donath. Le altre opere di Salgari non sono mai ambientate oltre la sua epoca, benché in vari altri romanzi salgariani vi siano spunti fantascientifici alla Verne.
Opere
Cronologia delle opere, suddivise per cicli narrativi.
Ciclo dei pirati della Malesia
La tigre della Malesia, ne La Nuova Arena, nn. 10-12, 1883, 1-3, 1884. Poi Le tigri di Mompracem, Genova, Donath, 1900.
Gli strangolatori del Gange, ne Il Telefono, 10 gennaio-15 aprile 1887. Poi I misteri della jungla nera, Genova, Donath, 1895.
I pirati della Malesia, Genova, Donath, 1896.
Le due tigri, Genova, Donath, 1904.
Il Re del Mare, Genova, Donath, 1906.
Alla conquista di un impero, Genova, Donath, 1907.
Sandokan alla riscossa, Firenze, Bemporad, 1907.
La riconquista di Mompracem, Firenze, Bemporad, 1908.
Il bramino dell'Assam, Firenze, Bemporad, 1911.
La caduta di un impero, Firenze, Bemporad, 1911.
La rivincita di Yanez, Firenze, Bemporad, 1913.
Ciclo dei corsari delle Antille
Il Corsaro Nero, Genova, Donath, 1898.
La regina dei Caraibi, Genova, Donath, 1901.
Jolanda, la figlia del Corsaro Nero, Genova, Donath, 1905.
Il figlio del Corsaro Rosso, Firenze, Bemporad, 1908.
Gli ultimi filibustieri, Firenze, Bemporad, 1908.
Ciclo dei corsari delle Bermude
I corsari delle Bermude, Firenze, Bemporad, 1909.
La crociera della Tuonante, Firenze, Bemporad, 1910.
Straordinarie avventure di Testa di Pietra, Firenze, Bemporad, 1915.
Ciclo del Far West
Sulle frontiere del Far-West, Firenze, Bemporad, 1908.
La scotennatrice, Firenze, Bemporad, 1909.
Le selve ardenti, Firenze, Bemporad, 1910.
Cicli minori
I due marinai
Il tesoro del presidente del Paraguay, Torino, Speirani, 1894.
Il continente misterioso. Avventure nell'Australia, Torino, Paravia, 1894.
Il Fiore delle Perle
Le stragi delle Filippine, Genova, Donath, 1897.
Il Fiore delle Perle, Genova, Donath, 1901.
I figli dell'aria
I figli dell'aria, Genova, Donath, 1904.
Il re dell'aria, Firenze, Bemporad, 1907.
Capitan Tempesta
Capitan Tempesta, Genova, Donath, 1905.
Il leone di Damasco, Firenze, Bemporad, 1910.
Avventure in India
Il capitano della Djumna, Genova, Donath, 1897.
La montagna di luce, Genova, Donath, 1902.
La Perla Sanguinosa, Genova, Donath, 1905.
Avventure africane
La favorita del Mahdi, Milano, Guigoni, 1887.
I drammi della schiavitù, Roma, Voghera, 1896.
La Costa d'Avorio, Genova, Donath, 1898.
Le caverne dei diamanti, Genova, Donath, 1899. (libera riduzione del romanzo Le miniere di re Salomone di Henry R. Haggard)
Avventure straordinarie d'un marinaio in Africa, come E. Bertolini, Genova, Donath, 1899.
La montagna d'oro. Avventure nell'Africa centrale, come Guido Altieri, Palermo, Biondo, 1901. (noto anche come Il treno volante, Milano, Sonzogno, 1926)
La giraffa bianca, come G. Landucci, Livorno, Belforte, 1902.
I predoni del Sahara, Genova, Donath, 1903.
Le pantere di Algeri, Genova, Donath, 1903.
Sull'Atlante, Firenze, Bemporad, 1907.
I briganti del Riff, Firenze, Bemporad, 1911.
I predoni del gran deserto, ne Il Novelliere Illustrato, 29 novembre-27 dicembre 1896; poi Napoli, Urania, 1911.
Avventure in Russia
Gli orrori della Siberia, Genova, Donath, 1900.
Le Aquile della steppa, Genova, Donath, 1907.
Fantascienza
Le meraviglie del duemila, Firenze, Bemporad, 1907.
Romanzi storici
Le figlie dei Faraoni, Genova, Donath, 1905.
Cartagine in fiamme, Genova, Donath, 1908.
Avventure in Persia
Il re della montagna. Romanzo persiano, Torino, Speirani, 1895.
Romanzi d'Oriente
La scimitarra di Budda, Milano, Treves, 1892.
I naufragatori dell'Oregon, Torino, Speirani, 1896.
Le stragi della China. Grande romanzo di avventure nell'estremo Oriente, come Guido Altieri, Palermo, Biondo, 1901. Poi Il sotterraneo della morte, Palermo, Biondo, 1902.
Sul mare delle perle. Il marajah di Jafnapatam, come G. Landucci, Livorno, Belforte, 1903.
La città del re lebbroso, Genova, Donath, 1904.
La gemma del fiume rosso, come G. Landucci, Livorno, Belforte, 1904.
L'eroina di Port Arthur. Avventure russo-giapponesi, come Guido Altieri, Torino, Speirani, 1904. (noto anche come La naufragatrice, Milano, Sonzogno, 1924.)
Romanzi in Oceania
I pescatori di trepang, Milano, Cogliati, 1896.
I Robinson italiani, Genova, Donath, 1896.
Il tesoro della Montagna Azzurra, Firenze, Bemporad, 1907.
Romanzi di mare
I pescatori di balene, Milano, Treves, 1894.
Un dramma nell'Oceano Pacifico, Firenze, Bemporad, 1895.
Attraverso l'Atlantico in pallone, Torino, Speirani, 1896.
Gli scorridori del mare, come Romero, Genova, Donath, 1900.
I solitari dell'Oceano, Genova, Donath, 1904.
Romanzi del Far West
Il re della prateria, Firenze, Bemporad, 1896.
Il figlio del cacciatore d'orsi, come A. Permini, Genova, Donath, 1899.
Avventure fra le pelli-rosse, come G. Landucci, Torino, Paravia, 1900.
I minatori dell'Alaska, Genova, Donath, 1900.
La Sovrana del Campo d'Oro, Genova, Donath, 1905.
Romanzi tra i ghiacci
Al Polo Australe in velocipede, Torino, Paravia, 1896.
Nel paese dei ghiacci, Torino, Paravia, 1896. (Comprende i racconti: I naufraghi dello Spitzberg e I cacciatori di foche della Baia di Baffin)
Al Polo Nord, Genova, Donath, 1898.
La "Stella polare" e il suo viaggio avventuroso, Genova, Donath, 1901. (anche come Verso l'Artide con la Stella Polare, Milano, Vallardi, 1929.)
La Stella dell'Araucania, Genova, Armanino, 1906.
Una sfida al Polo, Firenze, Bemporad, 1909.
Romanzi nelle Americhe
I naufraghi del Poplador, Milano, Treves, 1895.
La città dell'oro, Milano, Treves, 1898.
La capitana del Yucatan, Genova, Donath, 1899.
L'uomo di fuoco, Genova, Donath, 1904.
Duemila leghe sotto l'America, Milano, Guigoni, 1888; rivisto, aggiornato e riedito come Il tesoro misterioso, Como, Società editrice Roma, 1907.
Romanzi in Italia
I naviganti della Meloria, come E. Bertolini, Genova, Donath, 1902.
Racconti
Tay-See, ne La Nuova Arena, nn. 9-10, 1883; poi La rosa del Dong-Giang. Novella cocincinese, Livorno, Belforte, 1897.
Le novelle marinaresche di Mastro Catrame, Torino, Speirani, 1894; riedito come Il vascello maledetto, Milano, Casa ed. Italiana, 1909. (volume di racconti)
Le grandi pesche nei mari australi, Torino, Speirani, 1904.
I racconti della bibliotechina aurea illustrata (1900-1906)
Storie rosse, Firenze, Bemporad, 1910. (contiene 15 capitoli tratti da altrettanti romanzi di Salgàri raccolti e ordinati da Achille Lanzi)
Autobiografia
La Bohème italiana; Una vendetta malese, Firenze, Bemporad, 1909.
Traduzioni
Valor di fanciulla, di Fernand Calmettes (Torino, Paravia, 1895) - il traduttore viene indicato come Enrico Salgàri.
Spada al Vento, di Henry de Brisay (Torino, Paravia, 1895).
Apocrifi
La popolarità delle opere di Salgari è provata anche dalla grande diffusione di apocrifi: più di un centinaio, che editori privi di scrupoli gli attribuirono, generalmente in accordo con gli eredi. I più famosi furono i cinque romanzi a firma congiunta Luigi Motta-Emilio Salgari - in realtà scritti da Motta o da Emilio Moretto - e quelli commissionati dagli eredi Nadir e Omar ad alcuni ghostwriter come Giovanni Bertinetti - il più prolifico autore di apocrifi salgariani - e Americo Greco. Un altro autore di apocrifi fu Renzo Chiarelli.
Tra i più rilevanti romanzi apocrifi quelli elencati di seguito completano il ciclo salgariano dei Corsari delle Antille:
Il Corsaro Rosso, Casa editrice Impero, 1941. (Non ci sono copie in tale data), scritto in realtà da Americo Greco.
Il Corsaro Verde, Casa editrice Impero, 1945, scritto in realtà da Sandro Cassone.
Le ultime imprese del Corsaro Nero, Sonzogno, 1941, autore originale sconosciuto.
La figlia del Corsaro Verde, Sonzogno, 1941, scritto in realtà da Renzo Chiarelli.
Inoltre, celeberrimo, José il Peruviano: che, ancora nel '47, l'editrice Marzocco attribuiva a Salgari (a cura di suo figlio Nadir). La ristampa pirata di questi ed altri falsi salgariani, fonda una vasta, tumultuosa e non del tutto esplorata biblioteca dell'immaginario più deteriore.
Filmografia
In ordine alfabetico-cronologico i film tratti dalle opere salgariane (parziale):
Il corsaro nero, regia di Vitale De Stefano (1921)
Jolanda, la figlia del Corsaro Nero, regia di Vitale De Stefano (1921)
La regina dei Caraibi, regia di Vitale De Stefano (1921)
Gli ultimi filibustieri, regia di Vitale De Stefano (1921)
Il corsaro rosso, regia di Vitale De Stefano (1921)
Il figlio del Corsaro Rosso, regia di Vitale De Stefano (1921)
Il corsaro nero, regia di Rodolfo Ferro (1928) film incompleto
Il corsaro nero, regia di Amleto Palermi (1937)
I pirati della Malesia, regia di Enrico Guazzoni (1941)
La figlia del Corsaro Verde, regia di Enrico Guazzoni (1941)
Le due tigri, regia di Giorgio Simonelli (1941)
Capitan Tempesta, regia di Corrado D'Errico e Umberto Scarpelli (1942)
Il leone di Damasco, regia di Corrado D'Errico ed Enrico Guazzoni (1942)
I cavalieri del deserto/Gli ultimi tuareg, regia di Osvaldo Valenti (1942) film incompiuto
Gli ultimi filibustieri, regia di Marco Elter (1943)
Il figlio del corsaro rosso, regia di Marco Elter (1943)
El Corsaro Negro, regia di Chano Urueta (1944)
I tre corsari, regia di Mario Soldati (1952)
Jolanda, la figlia del Corsaro Nero, regia di Mario Soldati (1953)
Il tesoro del Bengala, regia di Gianni Vernuccio (1953)
I misteri della jungla nera, regia di Gian Paolo Callegari e Ralph Murphy (1954)
La vendetta dei Tughs, regia di Gian Paolo Callegari e Ralph Murphy (1954)
Il figlio del corsaro rosso, regia di Primo Zeglio (1959)
Cartagine in fiamme, regia di Carmine Gallone (1959)
Morgan il pirata, regia di Primo Zeglio (1960)
Sandokan, la tigre di Mompracem, regia di Umberto Lenzi (1963)
I pirati della Malesia, regia di Umberto Lenzi (1964)
Sandokan alla riscossa, regia di Luigi Capuano (1964)
Sandokan contro il leopardo di Sarawak, regia di Luigi Capuano (1964)
I misteri della giungla nera, regia di Luigi Capuano (1964)
La montagna di luce, regia di Umberto Lenzi (1965)
L'avventuriero della Tortuga, regia di Luigi Capuano (1965)
I predoni del Sahara, regia di Guido Malatesta (1965)
Le tigri di Mompracem, regia di Mario Sequi (1970)
Il corsaro nero, regia di Lorenzo Gicca Palli (1971)
Sandokan, regia di Sergio Sollima (1976) - Sceneggiato TV in 6 puntate
Il corsaro nero, regia di Sergio Sollima (1976)
La tigre è ancora viva: Sandokan alla riscossa!, regia di Sergio Sollima (1977)
Il segreto del Sahara, regia di Alberto Negrin (1987) - Miniserie TV in 4 puntate
I misteri della giungla nera, regia di Kevin Connor (1991) - Miniserie TV in 3 puntate
Il ritorno di Sandokan, regia di Enzo G. Castellari (1996) - Miniserie TV in 4 puntate
L'elefante bianco, regia di Gianfranco Albano (1998) - Miniserie TV in 2 puntate
Intitolazioni
L'asteroide 1998 UC23 è stato denominato 27094 Salgari.
Nel 2011 Alitalia ha dedicato allo scrittore uno dei suoi Airbus A320-216 (EI-DSF).
Influenza culturale
Che Guevara da giovane lesse ben 62 opere dello scrittore veronese.
Alfredo Castelli ha scritto nel 2010 una storia a fumetti di Martin Mystère ispirata a un romanzo incompiuto dello scrittore, Il leone del Transvaal.
Nel 1995 il primo coreografo, ballerino e regista Daniel Ezralow realizza lo spettacolo multimediale Salgari, con musiche originali di Ludovico Einaudi.
La cantante Rossana Casale ha inciso la canzone intitolata Salgari, contenuta nell'album Incoerente jazz.
Il cantante dialettale comasco Davide Van De Sfroos ha intitolato una sua canzone, e l'album omonimo in cui essa è contenuta, Yanez, come uno dei più famosi personaggi del ciclo indo-malese. Per coincidenza la canzone è stata presentata al Festival di Sanremo nel centesimo anniversario dalla morte di Salgari (2011).
Nel 2011 lo scrittore messicano Paco Ignacio Taibo II ha pubblicato un romanzo dichiaratamente salgariano, dal titolo Ritornano le tigri della Malesia.
Nel 2012 Paolo Bacilieri pubblica per Coconino Press la graphic novel Sweet Salgari sulla vita dello scrittore.
Nel 2015 il regista e scrittore Corrado Farina pubblica per Daniela Piazza Editore Vita segreta di Emilio Salgari, una "autobiografia immaginaria"; è la terza volta che torna sul personaggio, dopo il cortometraggio Salgari della nostra infanzia (1971) e il romanzo Giallo antico (1999).
Onorificenze
Note
Bibliografia
Scrivere l'avventura: Emilio Salgari, Atti del convegno nazionale di Torino, marzo 1980, Torino, Quaderni dell'assessorato per la cultura, 1981. Ora in edizione elettronica allegato a «La penna che non si spezza».
Antonio Piromalli, Motivi di narrativa popolare nel ciclo dei «Pirati della Malesia» da Letteratura e cultura popolare, Firenze, Olschki, 1983.
Bruno Traversetti, Introduzione a Salgari, Roma-Bari, Laterza, 1989.
Corrado Farina, Giallo antico, Torino, Fògola, 1999 (romanzo).
Claudio Gallo, La penna e la spada. Il furioso Giannelli e la libera brigata de "La Nuova Arena" (1882-1886), Verona, Gemma Editco, 2000.
Felice Pozzo, Emilio Salgari e dintorni, premessa di Antonio Palermo, Napoli, Liguori, 2000.
Ann Lawson Lucas, La ricerca dell'ignoto. I romanzi d'avventura di Emilio Salgari, Firenze, Olschki, 2000.
come
Vittorio Sarti, Bibliografia Salgariana, Libreria Malavasi, Milano, 1990.
Vittorio Sarti, Nuova Bibliografia Salgariana, Sergio Pignatone Editore, Torino, 1994.
Silvino Gonzato, Emilio Salgari. Demoni, amori e tragedie di un capitano che navigò solo con la fantasia, Vicenza, Neri Pozza 1995.
O. Nalesini, L'Asia Sud-orientale nella cultura italiana. Bibliografia analitica ragionata, 1475-2005. Roma, Istituto Italiano per l'Africa e l'Oriente, 2009, pp. 350–362.
Un po' prima della fine? Ultimi romanzi di Salgari tra novità e ripetizione (1908-1915), a cura di Luciano Curreri e Fabrizio Foni, Roma, Luca Sossella Editore, 2009.
Quaderni d'Altri Tempi, Al di fuori l'uragano, e qua io, Salgari!, A. VII, n. 31, 2011
Fabrizio Foni e Claudio Gallo, Letteratura e immagine nel romance salgariano
Corinne D'Angelo, L'Italia e gli italiani nelle opere di Emilio Salgari
Sergio Brancato, L'ambigua epica della giovane Italia
Vittorio Frigerio, Dall'Aquila Bianca all'Aquila della Notte
Adolfo Fattori, I Fear The Body Electric: lo spleen, l'elettricità e il "nervosismo sociale"
Gennaro Fucile, Voucher, totem e bamboo
Claudio Gallo e Giuseppe Bonomi, Emilio Salgari, la macchina dei sogni, Presentazione di Mino Milani, Milano, BUR Rizzoli, 2011.
Massimo Carloni, Salgari, salgariani e falsi Salgari, in AA. VV., Salgari, salgariani e falsi Salgari. Pirati, Corsari e Uomini del West, Senigallia, Fondazione Rosellini, 2011.
Ernesto Ferrero, Disegnare il vento. L'ultimo viaggio del capitano Salgari, Torino, Einaudi, 2011 (romanzo).
Simonetta Satragni Petruzzi, Salgari e il melodramma. GIi echi dell'Opera nell'opera di Salgari, Roma, Il cubo, 2011.
«La penna che non si spezza». Emilio Salgari a cent'anni dalla morte, Convegno di studi (Torino, 11-13 maggio 2011), a cura di Clara Allasia e Laura Nay, Alessandria, Edizioni dell'Orso, 2012, ISBN 88-6274-372-6. Contiene l'edizione elettronica del Convegno del 1980.
Paolo Bacilieri, Sweet Salgari, Bologna, Coconino Press, 2012.
Elio Manzi, Geografie salgariane, Torino, Viglongo, 2013.
Corrado Farina, Vita segreta di Emilio Salgari, Torino, Daniela Piazza, 2015 (romanzo)
Ann Lawson Lucas, Emilio Salgari. Una mitologia moderna tra letteratura, politica, società Vol. I. Fine secolo. 1883-1915. Le verità di una vita letteraria, Firenze, Olschki, 2017.
Voci correlate
Storia della fantascienza italiana
Altri progetti
Collegamenti esterni
Autori di avventura
Cavalieri dell'Ordine della Corona d'Italia
Morti per seppuku
Scrittori di fantascienza italiani
Scrittori per ragazzi |
1703 | https://it.wikipedia.org/wiki/Enrico%20Bompiani | Enrico Bompiani |
Biografia
Compì gli studi a Roma e si laureò in matematica presso l'Università "La Sapienza" il 5 luglio 1910, discutendo una tesi concernente un problema geometrico di carattere proiettivo/differenziale nello spazio a quattro dimensioni, con il matematico Guido Castelnuovo, al quale oggi è intitolato l'Istituto di Matematica de La Sapienza. Fu proprio Enrico Bompiani, direttore dell'Istituto medesimo dal 1939 al 1959, a presentare la proposta di questa intitolazione, a nome dei colleghi matematici, in occasione della commemorazione del Castelnuovo nel 1954.
Dal 1911 al 1913 e dal 1917 al 1922 Enrico Bompiani fu assistente alla cattedra di Geometria analitica e proiettiva tenuta dal Castelnuovo nel medesimo ateneo. Negli anni 1913-1915 fu assistente alla cattedra di Geometria proiettiva e descrittiva all'Università di Pavia e fu ivi professore interno dell'Istituto Matematico.
Nel 1914 conseguì la libera docenza in "Geometria analitica" e nel 1918 ottenne il diploma di ingegneria aeronautica all'École supérieure d'aéronautique di Parigi. Partecipò alla prima guerra mondiale nell'arma dell'aeronautica militare.
Negli anni 1919 e 1920 fu professore incaricato, presso la Facoltà di Scienze, del "Corso di integrazione di Geometria analitica e proiettiva" e nell'anno 1920 - 1921 del Corso di Analisi matematica presso la Scuola Superiore di Architettura a Roma.
Vinto il concorso a cattedra per l'algebra e la geometria del 1920, nel 1922 fu chiamato alla cattedra di "Geometria analitica e proiettiva" del Politecnico di Milano. Dal 1923 al 1927 ricoprì la cattedra di "Geometria proiettiva e descrittiva" dell'Università di Bologna, ove fu anche incaricato per i corsi di "Applicazione di Geometria descrittiva" e di "Geometria superiore". Nel 1927 la Facoltà di Scienze dell'Università La Sapienza di Roma lo chiamò, su proposta di Guido Castelnuovo, a ricoprire la cattedra di "Geometria descrittiva", lasciata libera da Giulio Pittarelli. Enrico Bompiani tenne questo posto fino alla fine della sua carriera, nel 1959, alternando l'insegnamento della Geometria descrittiva con quello della Geometria analitica e proiettiva.
Nel 1931 ebbe l'incarico di "Analisi superiore"; tenne poi per molti anni l'incarico dell'insegnamento di "Geometria differenziale". Fu professore emerito dal 1964.
La vastissima produzione scientifica di Enrico Bompiani è costituita da oltre 320 pubblicazioni. Esse riguardano principalmente la Geometria differenziale e la Topologia differenziale. Degni di nota particolare gli sviluppi da lui dati alla Teoria degli elementi differenziali, sia lineari che a più dimensioni.
L'attività scientifica di Enrico Bompiani ebbe numerosi ed ambiti riconoscimenti sia in campo nazionale che internazionale. Ricevette il Premio per la Matematica dalla Fondazione Besso (1923); la Medaglia d'oro dell'Accademia nazionale delle scienze, detta dei XL (1926); il Premio reale per la Matematica conferito dall'Accademia Nazionale dei Lincei (1938); la Stella d'oro al merito della Scuola (13 settembre 1942); la Medaglia d'oro del Presidente della Repubblica (2 giugno 1956); la Medaglia d'oro per il 50.mo anniversario della fondazione dell'Unione matematica italiana (1972). Fu dottore Honoris causa dell'Università di Groninga (Paesi Bassi, 8 luglio 1964), dell'Università di Bologna (23 giugno 1966) e dell'Università di Iași (Romania, maggio 1970).
Fu membro di numerose Accademie italiane e straniere:
Accademia delle scienze dell'Istituto di Bologna (11 gennaio 1925); Accademia Nazionale dei Lincei (Socio corrispondente luglio 1935, Socio Nazionale 4 febbraio 1948); Accademia di Romania (Bucarest); Istituto Lombardo Accademia di Scienze e Lettere (Milano); Accademia delle Scienze di Torino (16 luglio 1937); Societé Royale des Sciences de Liège (21 maggio 1951); Accademia Nazionale delle Scienze detta dei XL (13 giugno 1951); Akademie der Wissenschaften di Vienna (17 maggio 1955); Académie Nationale des Sciences, Lettres et Beaux Arts de Belgique (Bruxelles, 19 giugno 1956); "Membre honorifique de la Republique Populaire Roumaine" (febbraio 1965).
Fu anche membro di numerosi comitati scientifici o di redazione:
Comitato per la Matematica e la Fisica del Consiglio Nazionale delle Ricerche (Roma 1926 - 1965); Istituto nazionale di alta matematica, INdAM (dal 1941); Annali di Matematica pura ed applicata (Bologna); Circolo Matematico di Palermo; Rendiconti di Matematica e delle sue applicazioni, (Roma dal 1926); Bollettino dell'Unione Matematica Italiana (Bologna); Zentralblatt fur Mathematik (Berlino); Archiv der Mathematik (Friburgo); Compositio Mathematica (Groninga); Tensor Society (Sapporo); Series on Pure and Applied Mathematics (Londra).
Dal 1938 al 1949 fu vice presidente dell'Unione Matematica Italiana, presidente dal 1949 al 1952 e presidente onorario dal 1952.
Dal 1951 al 1956 fu segretario dell'Unione matematica internazionale.
Dal 1948 al 1960 fu membro della Commissione Americana per gli scambi culturali con l'Italia (Programma Fulbright).
Ha tenuto numerosi corsi e conferenze in Italia e all'estero: in Europa, negli Stati Uniti e in India.
Fu per la prima volta negli Stati Uniti nel 1930, in qualità di professore visitatore presso l'Università di Chicago, dove ritornò nel 1934. Subito dopo la seconda guerra mondiale fu professore visitatore alla Missouri University di Kansas City (1946) e successivamente all'Università di Pittsburgh (Pennsylvania 1947 - 1961), della quale fu anche "A.W. Mellon Professor" dal 1959 al 1961. Dei corsi tenuti negli Stati Uniti da Enrico Bompiani restano alcuni volumi di lezioni di Geometria differenziale (Chicago 1930 e Pittsburgh 1948 e 1949).
Nel 1954 fondò il Centro internazionale matematico estivo (CIME), del quale rimase direttore sino al 1974. L'attività di questo centro, che si è avvalso dell'opera dei migliori specialisti in campo internazionale, è stata, e continua ad essere, di grandissimo aiuto e giovamento per i giovani matematici italiani e stranieri.
Tra i suoi allievi va menzionato Fabio Conforto.
Voci correlate
Scuola italiana di geometria algebrica
Altri progetti
Collegamenti esterni
Biografia SISM
Bibliografia, Roma
Bibliografia , Palermo
Accademici dei Lincei
Membri dell'Istituto Lombardo Accademia di Scienze e Lettere
Membri dell'Accademia delle Scienze di Torino
Professori della Sapienza - Università di Roma |
1706 | https://it.wikipedia.org/wiki/Est | Est | Lest è uno dei quattro punti o direzioni cardinali, è opposto all'ovest ed è perpendicolare a nord e sud. È sinonimo di «oriente» e «levante».
Per un osservatore ubicato sulla superficie terrestre, l'est è la direzione sull'orizzonte indicante il punto dal quale sorge il Sole agli equinozi (21 marzo, 23 settembre).
Terminologia
Il termine Est spesso si riferisce alle nazioni poste ad oriente rispetto all'Europa. Quando viene usato in questo senso esso può, a seconda del contesto, riferirsi ad Europa orientale, Medio Oriente, Estremo Oriente, Sud-est asiatico o all'Asia in generale. Questo significato della parola può anche rimandare a quello generico di civiltà orientale.
Significato culturale
L'oriente ha sempre simboleggiato la nascita e la crescita, la sorgente della luce, intesa in senso metaforico come l'illuminazione della conoscenza che dissipa le tenebre dell'ignoranza. Per questo la maggior parte dei templi, delle chiese e dei luoghi di culto in generale, come sosteneva Vitruvio, erano rivolti verso est. Il verbo «orientare» che ne deriva, non a caso, alludeva alla disposizione di questi edifici verso il sorgere del Sole.
Analogamente nella massoneria, il Maestro della Loggia siede ad Oriente, che simboleggia il mondo spirituale, invisibile agli occhi, ma da cui proviene la luce, contrapposto a quello concreto e materiale in cui essa tramonta. Anche alcuni trattati alchemici, intitolati significativamente Aurora Consurgens, cioè «aurora nascente», accennavano con questa espressione al risveglio iniziatico delle facoltà latenti dell'uomo.
Fra le età della vita l'est corrisponde all'infanzia e all'adolescenza, tra i quattro elementi classici all'aria, fra i temperamenti umorali al sanguigno, tra le parti della giornata al mattino, nelle carte degli arcani minori al seme di spade, tra le fasi dell'opera alchemica allalbedo.
Nell'astrologia occidentale l'est è il punto che in un tema natale determina l'ascendente, cioè l'inizio della prima casa, ed il segno zodiacale che rappresenta l'aspetto dell'individuo, l'approccio al mondo, e la «prima impressione» che si dà agli altri circa il proprio modo di essere.
Mitologia
Nella mitologia norrena esisteva un nano posto a est che reggeva la volta celeste: Austri.
Note
Voci correlate
Alba
Aurora
Grande Oriente
Oriente
Rosa dei venti
Altri progetti
Collegamenti esterni
Punti cardinali |
1712 | https://it.wikipedia.org/wiki/Enna | Enna | Enna (Castruggiuvanni in ) è un comune italiano di abitanti, capoluogo dell'omonimo libero consorzio comunale in Sicilia.
Fu denominata Castrogiovanni (Castrojanni) fino al 1927, anno in cui riprese l'antico nome di Enna. La città è stata definita Urbs Inexpugnabilis dai romani per la sua imprendibilità.
Nei tre millenni precedenti è stata roccaforte quasi inespugnabile di siculi, greci, romani, bizantini, arabi, normanni, svevi e aragonesi. I suoi principali monumenti storici sono il castello, la torre di Federico II, la Rocca di Cerere ed il duomo. È sede dell'Università Kore.
Geografia fisica
Enna sorge nella parte più elevata di un'ampia dorsale montuosa, che svetta sulla valle del Dittaino a 931 m d'altitudine. Tale dorsale, avente forma di V dolce o, secondo altre interpretazioni, di ferro di cavallo, si trova proprio nel centro geografico della Sicilia indicato con precisione dall'obelisco della Chiesa di Montesalvo nel quartiere Monte, il cosiddetto antico umbilicus Siciliae. I rilievi che circondano Enna fanno parte della catena dei monti Erei, montagne calcaree e arenacee poco sviluppate in altezza, che costituiscono la maggiore presenza orografica della provincia ennese.
Il versante settentrionale del monte su cui Enna poggia è molto ripido con un maggiore dislivello rispetto agli altri ed è ammantato da un ampio bosco. Quello meridionale, invece, è notevolmente urbanizzato, legando fra loro la città alta e quella bassa, che si sviluppa ai piedi dell'altopiano.
Il comune di Enna rientra tra i primi 30 comuni più estesi d'Italia: il suo territorio occupa infatti una superficie di 357,14 km². La porzione centro-occidentale della Provincia, costituita prevalentemente da rilievi aventi altitudine estremamente variabile, compresa tra la minima di 230 m s.l.m. e la massima di 990 m, corrisponde alla cima del monte su cui sorge la città e dove originariamente aveva sede l'acropoli antica.
Circa 10 km a sud del centro storico si trova il lago Pergusa, a 677 m s.l.m., caratterizzato da un bacino endoreico, importante luogo di sosta e svernamento per decine di specie di avifauna. Attorno alle rive del lago si snoda l'omonimo circuito automobilistico.
I fiumi che scorrono nel territorio di Enna hanno principalmente carattere torrentizio, tranne il Dittaino, affluente del Simeto, e l'Imera meridionale o Salso.
Enna è comunemente suddivisa in due "macro-aree": Enna Alta ed Enna Bassa, cui si aggiunge Pergusa, che ne è una frazione. Tutte e tre le aree sono nettamente separate dal punto di vista geografico.
Enna Alta
Enna Alta sorge su un altipiano tra i 900 ed i 990 m d'altitudine, che svetta isolato al centro degli Erei, dominando la valle del Dittaino a est e la valle del Salso a ovest. L'altipiano ennese ha forma di triangolo irregolare: i versanti settentrionale e occidentale sono i più ripidi e scoscesi, con strapiombi fino a 400 m sulle vallate sottostanti. A sud, invece, si apre il profondo solco vallivo del Pisciotto, storico asse di penetrazione al monte, e altre vallette che si dipartono da esso, lungo le quali si sono sviluppati nei secoli i quartieri popolari, come Valverde. Il centro storico si è da sempre sviluppato sulla parte più alta del monte, nel versante nordorientale; sono presenti pittoresche scalinate tra gli stretti vicoli di matrice araba che scendono, tortuose, dal centro ai rioni più bassi. L'altipiano ennese misura, approssimativamente, 2 km lungo il fronte nord, 1 km in quello ovest e 1,5 km in quello sud. La leggenda vuole che il sito fosse scelto oltre 3000 anni fa dai Sicani, che vi introdussero il culto di Cerere, perché ben protetto come sito militare e roccaforte. La posizione strategica consentiva di avere una visuale molto ampia del territorio circostante. Di questa presenza rimane testimonianza nella la rocca di Cerere, un'emergenza rocciosa su cui sorgeva il santuario di Demetra (nome greco di Cerere).
Il monte ennese, benché isolato, offre 5 sorgenti d'acqua: una è stata inglobata nella Villa Farina, un'altra sgorga dalla viva roccia tra le scalette di via Canalicchio. Sgorga acqua dalla roccia anche nella parete meridionale del Castello di Lombardia. Quest'abbondanza di sorgenti aiutò Enna a resistere ai lunghi assedi tesi al tempo dei Romani e degli Arabi che nell'859 guidati da un traditore cristiano, riuscirono a penetrare nella città attraverso la rete fognaria.
Enna alta, fino al primo dopoguerra, fu per lungo tempo l'unico insediamento urbano del capoluogo ereo. La sua saturazione urbana ha portato nel Novecento alla nascita di Enna Bassa.
Nel settore orientale si trova il quartiere Lombardia che prende nome dall'imponente omonimo castello, non lontano dal Duomo di Enna, dai Musei Alessi, Archeologico di Palazzo Varisano, un po' più lontano dal museo "Fede e Tradizione" di recente costituzione nei locali della chiesa San Leonardo Abate, Il centro storico si snoda lungo Via Roma lungo la quale sorgono ampie piazze, tra cui il cosiddetto Belvedere comprendente piazza Francesco Crispi e il viale Guglielmo Marconi fino alla confluenza con via Alessandro Volta; numerose sono le chiese e monumenti. Lungo tale via sorgono le sedi delle principali istituzioni (provincia, comune, prefettura, genio civile), il teatro, banche e assicurazioni. A sud vi sono le aree urbane più basse rispetto al centro storico, Valverde, il quartiere più vecchio, con viuzze strette e tortuose, bagli e ponti, e Fundrisi altrettanto antico.
Il Monte è il quartiere più moderno ed è attraversato dai viali Armando Diaz e IV Novembre, che si incrociano con via Libertà (terminale della centrale via Roma) in uno dei più trafficati quadrivi della città. Vi si trovano, la Torre ottagonale di Federico II, la Chiesa Santa Maria di Gesù in Montesalvo con l'obelisco che indica il centro geografico della Sicilia, lo Stadio Comunale Generale Gaeta. In questa area, un tempo occupata da un bosco di roveri, dei quali rimane un unico esemplare in Via Cavalieri di Vittorio Veneto, su una motta naturale sorge la ottagonale Torre di Federico II, importante monumento svevo.
Enna deve la nomea di Belvedere di Sicilia in quanto sorge in cima a un monte, in una terrazza naturale che sporge al centro dell'isola, senza catene montuose abbastanza vicine o alte da chiudere la vista. Nei giorni più limpidi, lo sguardo spazia ininterrotto, in linea d'aria, per circa 30 km verso nord (si scorge Nicosia, alle falde dei Nebrodi), per altrettanti verso est (fino ad Agira e alla zona industriale di Dittaino) e verso ovest (si intravede Caltanissetta), e per quasi 15 km verso sud (si vede Pergusa ed il suo lago, e Valguarnera Caropepe).
Punti panoramici principali:
il Belvedere Marconi, che si apre a nord includendo per intero il paesaggio dall'Etna alle Madonie
il viale Paolo e Caterina Savoca, che ne è la continuazione fino al Castello di Lombardia
il viale Nino Savarese, che cinge il castello e permette pertanto di passare dal panorama a nord a quello a sud
la Torre delle Aquile del Castello, il punto panoramico più completo, che svetta da oltre 1000 m d'altezza a 360° sul panorama a nord, est, sud, e ad ovest domina tutta Enna (si vede chiaramente anche la Torre di Federico II) e, dietro di essa, lascia intravedere Caltanissetta
la Rocca di Cerere, ultimo sperone orientale dell'akropolis di Henna, da cui il panorama si apre a nord, est e sud, mentre a ovest si ha una veduta del Castello di Lombardia
via Porta Palermo o Porta Reale, arco che si apre in via Roma nei pressi del Duomo inquadrando Calascibetta
il Corso Sicilia, che dà verso nord su Calascibetta
la Torre di Federico II, dalla cui cima si domina Enna e le vallate sottostanti, nell'antica residenza estiva dell'imperatore Federico.
Enna Bassa
Enna Bassa si è sviluppata sulle colline a valle di Enna sul versante sud, ad un'altitudine variabile intorno ai 700 m s.l.m. partendo dal quadrivio Sant'Anna attorno al quale sorgeva un piccolissimo nucleo di case, attorno alla chiesetta di Sant'Anna. Dagli anni sessanta in poi si sono sviluppati gradatamente quartieri residenziali, aree commerciali, uffici e attività varie. La nascita dell'Università ha avuto un ulteriore effetto propulsivo. Nel quadrivio originario si incrociano tre strade statali e una provinciale.
Pergusa
Pergusa è una frazione della città e dista 10 km dal centro. Ha una popolazione residente assai ridotta (circa mille abitanti) ma è presente una sviluppata edilizia di villeggiatura e buona parte delle strutture ricettive e turistiche quali hotel, bed and breakfast e agriturismi, molti dei quali affacciati sul lago, principale meta turistica della località. La Riserva Naturale Speciale Lago di Pergusa ingloba il piccolo abitato del villaggio e vanta una ricca avifauna che sverna, transita o risiede nell'area. La Riserva comprende il bacino del Lago Pergusa, di 1,8 km² e l'ampia area che lo circonda che comprende la Selva Pergusina, una pineta attrezzata, il giuncheto e altre aree di pregio naturalistico. La frazione dà il nome ad un circuito automobilistico, l'Autodromo di Pergusa, nel quale venne disputata l'unica edizione del Gran Premio del Mediterraneo di Formula 1 il 27 agosto 1961.
Clima
Il clima di Enna è caratterizzato da inverni freddi e umidi ed estati calde, anche se meno calde rispetto a tutti gli altri capoluoghi siciliani, per via della sua altitudine. Frequentissima è la nebbia, presente per ben 140 giorni all'anno, che rende Enna il capoluogo di provincia più nebbioso d'Italia.
Il clima più mite ha reso Enna un buon rifugio dalle torride estati siciliane: l'imperatore Federico II di Svevia vi costruì l'omonima torre come residenza estiva.
Le medie si riferiscono al trentennio 1971-2000 per l'Organizzazione Mondiale della Meteorologia:
Particolari valori climatici
Si riferiscono al trentennio 1960-1990 secondo l'Organizzazione Mondiale della Meteorologia.
La temperatura minima registrata ad Enna dall'ultimo dopoguerra è di -5,8 °C, nel gennaio 1962, valore sfiorato anche nei mesi di febbraio e marzo 1956 con -5,4 °C. L'agosto 1958 fu il più freddo in assoluto, con una minima di 10 °C. La massima è stata registrata nel luglio del 1988, quando il termometro toccò i 41 °C. In assoluto la temperatura più alta registrata in inverno è stata 21,2 °C nel dicembre 1989. Per quanto riguarda le precipitazioni, l'agosto 1999 fu il mese più piovoso, con 253 mm di pioggia caduta, mentre il mese più siccitoso fu il settembre del 1988, quando si ebbero precipitazioni quattro volte inferiori, pari cioè a 58,8 mm.
Origini del nome
Il nome Enna è stato introdotto nel 1927 con il processo di rinominazione fascista, che riprendeva ove possibile gli antichi nomi dell'età classica. Fino a quella data infatti il comune di Enna era chiamato in siciliano Castrugiuvanni, italianizzato in Castrogiovanni.
L'origine del toponimo antico potrebbe derivare da un sostrato pregreco, sovente ipotizzato in uno sicano o siculo. Quel che è certo è che in greco antico l'insediamento era noto con il nome di Ἔννα (Énna), successivamente latinizzato presso in Henna (o meno frequentemente Hennae).
Durante la dominazione araba ha assunto invece la nominazione strategico-militare di "fortezza di Enna", cioè di qaṣr (قَصْر). Il vecchio toponimo siciliano di Castrianni trarrebbe infatti origine nella locuzione Qasr Yānī o Qasryānnih, da intendersi quindi come un cambiamento fono-morfologico di *qasr-enna A tal proposito anche Letojanni sembra condividere la medesima desinenza.
Dall'XI secolo fino appunto al 1927, attraverso le contaminazioni linguistiche degli altri popoli che hanno dominato nei secoli l'isola, si è dunque passati, con il tramite della latinizzazione effettuata dai Normanni, alla forma di Castrum Ioannes dalla quale sono poi scaturiti il siciliano Castrianni e l'italiano Castrogiovanni. Entrambe queste forme sono ancora oggi diffuse sotto forma di cognomi.
Storia
Enna ha origini incerte antecedenti all'influsso greco risalenti al XIV secolo a.C.: un villaggio, una necropoli e un tempio risalenti al Neolitico sono stati rinvenuti sui colli attorno al Lago di Pergusa, ed in particolare sul colle detto di Cozzo Matrice. Diversi altri insediamenti nascono durante l'età del rame e poi del bronzo sulle colline che circondano l'altura ennese. Tra essi, in parte già indagati, i centri anonimi di Capodarso, Juculia, Contrada Rossi. Nell'XI secolo a.C. genti che possono essere identificate con il popolo sicano, si stabilirono sull'altura. Da recenti ritrovamenti, il primo insediamento può porsi durante l'età del rame lungo la vallata del Torcicoda, il torrente che scaturisce dai pendii meridionali della città, e che da sempre rappresenta la principale via di penetrazione verso l'altipiano.
Durante la dominazione greca la polis certamente aveva già il toponimo Henna che parrebbe di origine preindoeuropea e che, nonostante diverse ipotesi, appare del tutto incomprensibile dal punto di vista etimologico. Era rinomata in tutta la Sicilia per il tempio e il culto di Demetra, la Cerere dei romani. Nel 396 a.C. passò in mano ai Siracusani e nel 212 a.C. ai Romani. Durante la prima guerra servile 136-132 a.C. fu governata dallo schiavo siriano Euno che partendo da questa acropoli conquistò l'intera Sicilia orientale.
Dopo la dominazione romana, Henna diventò un fiorente centro bizantino dell'isola e successivamente arabo. Da questi ultimi fu rinominata Qaṣr Yānī poi, conquistata e riedificata dai Normanni, il nome arabo della città viene foneticamente latinizzato in 'Castrogiovanni'. Nella sollevazione antiangioina del Vespro siciliano, la città ebbe un grande ruolo e riuscì per qualche tempo a divenire libero comune con istituzioni repubblicane. Diventata l'isola aragonese, fu proprio uno degli sovrani aragonesi, Federico III di Sicilia, a fare di Enna, grazie alla sua posizione di città inespugnabile, un centro fiorente, sovente sede della corte, rinnovandone l'architettura con numerosi monumenti in stile gotico catalano, che caratterizzano il centro storico.
Sotto la monarchia ispanica e in seguito dei Borbone, la città, che faceva parte del demanio della corona, ancora fiorente nel corso del XVI e XVII secolo, iniziò un lento declino anche per le frequenti carestie. Persa l'occasione di diventare sede di diocesi - fu preferita per la sua posizione geografica e altimetrica Piazza Armerina - con l'unità d'Italia la città riuscì ad inserirsi nel nascente mercato nazionale grazie alla ferrovia che attraversava il suo territorio e che garantiva accessibilità e sbocchi portuali alla produzione delle sue miniere di zolfo.
Nel 1927 Benito Mussolini costituì Castrogiovanni capoluogo di provincia, staccandolo dalla Provincia di Caltanissetta. Esso fu preferito a Caltagirone e a Piazza Armerina, che erano legate a Sturzo e al partito popolare. Esaltandone antichi fasti legati al suo mitico passato classico - il mito di Proserpina innanzitutto - sul finire dello stesso anno ripristinò l'antico nome di Enna.
Nel 2004 è diventata sede del quarto polo universitario siciliano.
Monumenti e luoghi d'interesse
Grazie alla sua lunga storia Enna può vantare un notevole patrimonio monumentale. La maggior parte dei luoghi d'interesse sorge lungo l'asse della via Roma che percorre tutto il centro storico della città; l'itinerario parte da piazza Neglia, dove sorge la chiesa di san Tommaso e, passando per le cinque piazze più grandi, termina al castello di Lombardia, il monumento più importante.
Architetture civili
Palazzo Varisano
Palazzo Varisano sorge in piazza Mazzini, a ridosso della chiesa di San Michele; l'edificio è del XVIII secolo, costruito sui resti di una struttura cinquecentesca che lascia ancora traccia di sé nei locali dei piani terreni. Ospita le sale del Museo Archeologico Regionale che espone nelle sue sale pregevoli manufatti archeologici connessi alle antiche società che animarono le contrade del territorio ennese. Il palazzo è appartenuto nel corso dei secoli alle famiglie nobili dei Leto di Capodarso, dei Petroso e dei Varisano, da cui ha preso il nome; negli anni settanta del XX secolo è stato acquistato dalla Regione Siciliana e poi ceduto al Comune di Enna. La struttura viene ricordata nelle cronache storiche poiché il 13 agosto 1863, Giuseppe Garibaldi, vi avrebbe pronunciato il celebre discorso terminato con la frase o Roma o morte.
Palazzo Pollicarini
Palazzo fortificato in stile gotico-catalano, la cui costruzione è riconducibile ai primi del XVI secolo, si affaccia sulla piazza Napoleone Colajanni. È stato dimora, nei secoli, di numerose famiglie notabili quali i Falanga, i Petroso e i Notarbartolo. È organizzato su più livelli; al piano nobile si trovano i locali di rappresentanza e dimora (tra cui la sala Magna) e al piano terra i locali dei servizi; il locale sottotetto era dedicato alla servitù. Cornici, arabeschi e stemmi caratterizzano la struttura; in particolare la cornice che divide il piano terra dal il nobile è dotata di tre finestre ornate da pizzi in pietra.
Architetture militari
Castello di Lombardia
Il castello di Lombardia sorge sul terreno in cui, nel V secolo a.C., sussisteva un santuario dedicato a Cerere. Sostituito da un castrum sotto i bizantini, in epoca normanna si trasformò in castello. Il nome deriva dai fanti lombardi che lo occuparono al seguito della regina Adelaide del Monferrato, moglie di Ruggero I di Sicilia.
Delle 20 torri iniziali, la Torre Pisana è la meglio conservata. .
La posizione del castello offre un panorama vastissimo, che spazia dalle Madonie all'Etna, sono visibili il lago di Pergusa e due i bacini artificiali (Nicoletti e Morello), e buona parte della Sicilia centro-orientale. Un tempo era sede, in estate, di concerti e spettacoli teatrali, presso il vasto recinto di San Nicola o degli Armati che .
Non lontano dal castello sorge la Rocca di Cerere costruita in direzione del sole nascente; sin dal primo insediamento del XIV secolo a.C. fu un luogo di culto e divenne parte integrante del vicino santuario: si intravede ancora l'ara sacrificale utilizzata per oltre mille anni, da Sicani, Greci e Romani, per il culto della dea delle messi, Demetra o Cerere. L'area è lo sperone orientale di Enna.
Torre Ottagonale, detta di Federico II
La torre, di forma ottagonale, compare nei registri del catasto urbano di Castrogiovanni, conservati presso l’Archivio di Stato di Enna, sempre con il nome di “Torre di Alcontres”.
A decretare la paternità di Federico II di Svevia, che l’avrebbe fatta edificare nella prima metà del XIII secolo, fu Giuseppe Agnello nel 1935, seppur in mancanza di fonti documentarie che comprovassero tale ipotesi.
Invero, è più probabile l'ipotesi secondo cui a ristrutturare la Torre ottagonale di Enna fosse stato Federico III d'Aragona, terzogenito di Pietro III d'Aragona, incoronato “re di Sicilia” nel 1296.
Ma la fondazione della torre, in mancanza di opportune indagini archeologiche, potrebbe risalire ad un'epoca assai più remota.
La torre sorge in cima a una collinetta alberata, sede dell'omonima Villa Comunale. Dalla sua sommità lo sguardo spazia su tutta la città alta e sulle valli sottostanti, fino all'orizzonte.
Porta di Janniscuru
La porta di Janniscuru è l'unica rimasta delle 6 antiche porte di accesso alla città edificata nel periodo arabo-normanno, poste lungo le mura di cinta (che in più epoche furono erette) attorno allurbs inexpugnabilis e di cui rimane lieve traccia sulle pendici del monte. Le altre porte caddero in rovina o furono abbattute quando Enna fu eretta capoluogo di provincia per ampliare le strade di accesso alla città.
La Porta di Janniscuru si trova nel quartiere di Fundrisi, fuori dal circuito turistico ordinario del capoluogo. Si presenta massiccia e con un arco a tutto sesto ed è circondata dalle grotte con necropoli che si arroccano sul monte.
Architetture religiose
La città è ricca di chiese e conventi ereditati dal suo lungo passato di dominazione spagnola e borbonica le cui tracce sono evidenti nell'architettura urbana di alcuni dei monumenti più significativi dal punto di vista religioso. ; ne sopravvivono più di 35.
Duomo
Il Duomo di Enna è un notevole esempio di architettura ecclesiastica medievale: costruito nel Trecento e profondamente rinnovato circa due secoli dopo, presenta imponenti colonnati corinzi, tre navate e tre absidi. La facciata è maestosa, con torre campanaria la cui campana è di notevole mole. All'interno pregiate tele e lampadari.
Tra le opere custodite, affreschi del Borremans. Il Duomo è il punto culminante delle celebrazioni della Settimana Santa di Enna.
Santuario di Papardura
Il santuario di Papardura Superiore è una chiesa arroccata su un'area rocciosa ricca di grotte, alcune visitabili. Presenta un prospetto esterno austero, con rosone, ma all'interno la sua ricchezza decorativa è una notevole espressione del barocco della Sicilia centrale. Vi sono concentrati, un soffitto ligneo intarsiato, dodici statue degli Apostoli, numerose tele e affreschi del Borremans, pittore fiammingo, e stucchi del Seicento della scuola di Giacomo Serpotta.
Chiesa dello Spirito Santo
La chiesa dello Spirito Santo è parte di un antico complesso bizantino, dapprima restaurato nel 1320 ad opera dei frati Minori Conventuali dell'Ordine di San Francesco che vi risiedettero fino al 1393, quando si videro affidati i locali dei palazzi confiscati ai signori Andrea Chiaramonte e Scaloro degli Uberti, poi diventati chiesa e convento di San Francesco d'Assisi.
Essa è sempre stata annessa alla parrocchia di San Bartolomeo Apostolo nonostante agli inizi del Novecento fosse ancora in mani private. È stata riaperta al culto nel 2009 in seguito all'intervento del Comune di Enna e della Venerabile Confraternita dello Spirito Santo, della quale è sede.
Su una roccia vicino alla chiesa si trova un campanile a vela, mentre nella parte posteriore era posta anticamente una torre di avvistamento, data la posizione strategica per la difesa della città, sovrastante la vicina Porta di Janniscuru. La struttura fu parzialmente adattata dai frati minori per le esigenze del convento, costituendo probabilmente anche un refettorio, mentre le celle-dormitori vennero scavate nelle grotte accanto alla chiesa.
Entrando, a sinistra, si trova la cappella dello Spirito Santo, con l'effigie della Trinità portata in processione in diverse occasioni dalla confraternita. La cappella di destra accoglie una statua di Maria Addolorata mentre nella cappella del corridoio laterale destro è stata posta nel 2011 una statua raffigurante il "Cristo alla colonna". L'interno presenta una conformazione simile a quella della Santa Casa di Loreto, con una finestrella che volge lo sguardo verso l'altare maggiore, dove è collocata la Vergine Nera di Loreto.
Vi si festeggiano il Triduo e la Solennità della Pentecoste e quella di Maria Santissima Assunta il 15 agosto.
Chiesa di San Leonardo Abate
La chiesa di S. Leonardo abate, conosciuta come "A Chisa 'a Passioni" risale al 1400 come si rileva dagli atti. L'interno ad unica navata è molto semplice ed è costituito da un altare maggiore e da quattro nicchie laterali; in esse si trovano i simulacri dei Santi Cosma e Damiano, della Madonna del Giglio, di San Leonardo Abate e della vergine di Fatima. Nella più importante è contenuto il simulacro dell'Ecce homo, fulcro essenziale per la settimana Santa; in tale periodo è meta di pellegrinaggio.
Un campanile medievale sovrasta la struttura.
Vi si celebrano le festività dell'Ecce Homo (Domenica delle Palme) e la festa della Madonna di Fatima (13 maggio).
Rocca di Cerere
La Rocca di Cerere è uno dei luoghi più famosi e rappresentativi di Enna, esso lega la città all'antico culto di Cerere particolarmente presente nella zona essendo l'ennese il luogo in cui avvenne il rapimento di Persefone da parte del dio Ade. Il luogo oltre ad essere particolarmente suggestivo per il panorama è ricco di ambienti rupestri e ipogei di varie età.
Villa romana di contrada Geraci
La villa romana di contrada Geraci è una villa romana situata nei pressi della strada provinciale 78 al bivio Rastello-Ramata, nella tenuta Fontanazza. L'elaborata villa faceva parte di una ricca tenuta di 3,5 ettari, uno dei tanti latifondi storicamente segnalati, ma raramente scavati sull'isola. Si trova a circa 15 km dalla Villa Romana del Casale a Piazza Armerina.
Geografia antropica
Urbanistica
Evoluzione architettonica e urbana
Poco o nulla si sa della struttura urbana originaria datale dai Sicani che si arroccarono sulla montagna fuggendo dai Siculi che incalzavano da sud; il primo nucleo del Castello di Lombardia fu probabilmente eretto in questa epoca.
Sempre in questo periodo sulla Rocca di Cerere venne eretto il prestigioso Tempio dedicato alla dea delle messi; del pregevole edificio marmoreo parlò Cicerone notando che custodiva 4 preziose statue trafugate dal pretore Verre nel 77 d.C. Una scalinata ancora attraversabile conduce ai resti dell'ara sacrificale. Il grande sviluppo che Henna conobbe con i Greci è corrisposto a uno sviluppo urbano-architettonico di cui rimane scarsa traccia, giacché i Romani, per prendere Henna (che definirono Urbs Inexpugnabilis) operarono stragi, incendi e devastazioni. Ancora visibili sono le antichissime mura di cinta su alcuni costoni del monte.
Poche tracce rimangono dell'Alto Medioevo mentre dopo il Mille, nel pieno della dominazione araba, si costruì una moschea su quella che è la Chiesa di San Michele, innanzi al Duomo e si verificò un boom edilizio. Con i Normanni, e in seguito, Castrogiovanni si configurò come cittadina medievale, con Duomo gotico, numerose e belle torri di difesa, casupole in pietra, viuzze strette e tortuose, un gigantesco Castello, la Torre di Federico e alcune chiese. Le epoche rinascimentale e barocca, tra XVI e XVIII secolo, mutarono profondamente il volto della città: numerose, magnifiche chiese barocche vennero innalzate e le antiche torri di difesa vennero trasformate in campanili. Il Castello cadde in rovina mentre fioriva l'architettura religiosa.
In tale periodo vennero costruiti palazzi baronali e monastici (barocchi) e la città si espanse in tutto il versante centrale e orientale dell'altipiano mentre in quello occidentale, più aspro e climaticamente rigido, vennero confinati i contadini deportati dal feudo di Fundrisi. Intanto, nascevano, nel Settecento, le 7 porte per l'accesso alla città. Con l'Ottocento molte torri, chiese, monumenti, porte e lo stesso Castello caddero in rovina e alcuni scomparvero a causa dell'asportazione delle loro pietre per costruire case ovunque ci fosse posto: tutto l'altipiano fu edificato. Tra gli edifici più pregevoli di quel periodo, figura il Palazzo dei Benedettini, monastero barocco che contiene elementi gotici. Il monastero, caduto in disuso, è stato oggetto di un finanziamento iniziale di 2,7 milioni di euro per consentirne il restauro e ospitare la sede del Rettorato dell'Università di Enna.
Dopo il 1927, con l'erezione a capoluogo di provincia e l'insediamento di uffici e dipartimenti, anche in vista della visita di Re Vittorio Emanuele III e di Benito Mussolini, interi quartieri vennero rasi al suolo per far posto a strade diritte e ampie, a piazze e a nuovi palazzi. Enna perse la sua immagine di borgo medievale, che conserva solo in alcuni rioni. L'area del Monte (versante ovest) venne in gran parte stravolta da costruzioni e condomini mentre nasceva il nucleo originale di Enna Bassa e Pergusa.
Aree naturali
Ad Enna alta sono presenti tre ville con verde: la villa di Torre di Federico ospitante la sveva torre ottagonale, la villa Pisciotto che prende nome dalla porta antica che ivi costituiva l'accesso alla città e un ampio atrio verde all'interno del Castello di Lombardia.
Enna Bassa ha un impianto urbano molto più arioso e i complessi condominiali sono separati da aree verdi.
A 5 km da Enna è sita la Riserva naturale speciale Lago di Pergusa con la Selva Pergusina (area forestale) e l'unico lago naturale della Sicilia interna, dal quale transita la maggior parte dell'avifauna migratoria isolana.
Società
Evoluzione demografica
(Istat luglio 2009)
L'evoluzione demografica registrata a partire dal 1861 e per quasi un ventennio denota il dato di circa 14.000 abitanti. In seguito all'incremento dell'attività mineraria dello zolfo divenne pressoché doppia al 1901.
La tendenza positiva culminò nei 31 879 ab. del 1921 ma il primo decennio fascista segnò un decisivo crollo che ricondusse la popolazione alla soglia dei 22 000 ab. L'erezione a capoluogo di provincia nel 1926 riportò il trend positivo e nel secondo dopoguerra tornò ai livelli precedenti al fascismo, stabilizzandosi.
Dagli anni settanta agli anni ottanta, un lieve calo della popolazione conseguì a un impoverimento dell'economia, con la chiusura delle miniere di zolfo e di vari uffici, finché nel decennio successivo non si ebbe una nuova crescita, anche da associarsi all'espansione di Enna Bassa e dell'università, grazie alla quale nel 2001 è stato registrato il picco storico del numero di residenti, dopo quello del 1921. Dal 2007 si verifica una flessione della popolazione residente attestandosi intorno 27 900 abitanti
Il Comune di Enna ha una densità di popolazione molto inferiore alla media nazionale e regionale, circa la metà. Al 2006, il dato era di 78,94 ab/km², superiore tuttavia a quello provinciale di 55,63 ab/km². La tendenza generale degli ultimi anni è un lievissimo decremento demografico a Enna alta (che dai 16 662 ab. del 2001 è passata ai 16 543 ab. del 2006) e uno assai più accentuato nelle contrade extraurbane (2 212 ab. nel 2001, dimezzatisi nel giro di 5 anni fino a quota 1 208 ab.), a favore di Enna Bassa che gode al contrario di un aumento della popolazione residente, anch'esso però a livelli trascurabili (9 556 ab. nel 2001, 9 691 nel 2006) e del Villaggio Pergusa (dove i 1 449 abitanti del 2001 sono passati a 1 604 nel 2006).
Dei 27 000 abitanti, la quasi totalità si concentra in una ristretta area urbana comprendente Enna alta, Enna Bassa e il Villaggio Pergusa. Nelle contrade, invece, risiede il 3% circa della popolazione: da ciò si evince che a dispetto di un'area relativamente poco estesa dove risiede il 97% degli abitanti, la minima parte restante si distribuisce su un territorio assai vasto, e pertanto quasi disabitato.
Etnie e minoranze straniere
Gli stranieri residenti nel comune sono , ovvero il 3,54% della popolazione. Di seguito sono riportati i gruppi più consistenti:
Romania, 331
Marocco, 263
Filippine, 81
Tradizioni e folclore
Principali eventi fissi
Festa Patronale Ennese di Maria SS. della Visitazione il 2 luglio:
La patrona di Enna è Maria SS. della Visitazione che si festeggia il 2 luglio: in tale ricorrenza i membri scalzi della omonima confraternita portano, a spalla, la nave d'oro con la statua della Madonna per le vie della città sino ad arrivare alla Chiesa Francescana di Montesalvo dove sosterà per due settimane. La statua della Madonna è adornata con gioielli d'oro offerti da persone devote nell'arco di secoli. Altro appuntamento è l'ultima domenica di agosto con la festa della Madonna di Valverde.
Settimana Santa di Enna:
I festeggiamenti della Settimana Santa di Enna hanno come culmine la solenne processione del Venerdì Santo, durante la quale migliaia di confratelli incappucciati percorrono le vie della città.
Festeggiamenti del Signuruzzu du Lacu (Signore del Lago) sul Lago Pergusa:
La festa si svolge durante la prima settimana di maggio e ha il suo culmine la prima domenica, con la benedizione delle acque del Lago. Seguono i giochi pirotecnici e uno spettacolo di musica leggera o teatrale.
Festa del Beato Girolamo De Angelis sacerdote ennese e compatrono della città:
I festeggiamenti iniziano la penultima domenica di novembre e culminano il 4 e 5 dicembre, con processione e giochi pirotecnici.
Festa della Madonna di Valverde:
La festa della Madonna di Valverde ha origini molto antiche (1300 circa). La Vergine di Valverde fu la prima patrona del popolo Ennese, sino al 1412, anno dell'arrivo del simulacro della Madonna della visitazione in città, patrona della città. La festa ha il suo clou l'ultima domenica di agosto tra processione, luminarie, fuochi pirotecnici e concerti.
Festa della Madonna dei carusi:
Quella della Madonna dei carusi è una delle feste più sentite dal popolo ennese. La festa venne istituita per onorare i giovani operai delle miniere e metterli sotto la protezione di Maria. La festa culmina la prima domenica di settembre, con la processione, i giochi pirotecnici e una kermesse musicale: il festival canoro dei bimbi, in piazza Sant'Agostino, tra il sabato e la domenica della festa.
Festa del SS. Crocifisso di Papardura:
Nel santuario arroccato di Papardura si svolge il 13 e il 14 settembre una delle feste più antiche della città, con la degustazione delle "Cudduredde", la benedizione con una reliquia della Santa Croce, e coincide con la tradizionale fiera di settembre in piazza Europa.
Festa dell'Immacolata:
Processione del Simulacro della Vergine sino al carcere, saluto dei detenuti, ritorno e giochi pirotecnici al Belvedere Marconi.
Fiere e altro
Fiera di maggio e settembre.
Fiera del Bestiame.
Mercato del martedì.
Mercatino rionale di Via Mercato S. Antonio.
Torneo Internazionale della Musica (TIM), semifinali e finali dal 2007.
Stagione motoristica dell'Autodromo di Pergusa.
Stagione concertistica e convegnistica dell'Università Kore di Enna.
Stagione teatrale del Teatro Garibaldi.
Programma natalizio ed estivo.
Cultura
Dal 2022 la città fa parte del progetto del Primo parco mondiale dello stile di vita mediterraneo insieme ad altre 103 città del centro Sicilia.
Istruzione
Università
L'Università Kore di Enna è la più giovane fra le università siciliane; fondata nel 2005 è l'unico istituto universitario fondato in Sicilia dopo l'Unità d'Italia; gli studenti iscritti sono circa 4 052. È stata presieduta dal prof. Cataldo Salerno.
Oltre alla Kore, è presente il Fondo Proserpina, che effettua da remoto alcuni corsi per conto dell'università romena Dunărea de Jos di Galați.
Musei
Il Museo Alessi è situato in locali in stile gotico-catalano, traccia dell'impianto trecentesco originario del Duomo; il progetto di allestimento è stato redatto dall'architetto Andrea Nonis. Il museo espone alcune collezioni di una certa ricchezza, tra cui si segnalano la sezione numismatica, con 4 000 monete greco-romane, alcune collezioni appartenute a famiglie nobili e il Tesoro della Chiesa Madre, che custodisce un vasto ventaglio di pezzi d'oreficeria siciliana, come la Corona della Madonna in oro tempestato di diamanti di Leonardo e Michele Montalbano.
Il Museo Archeologico Regionale di Enna, fondato negli anni 1980, conserva numerosi reperti rinvenuti in diversi siti archeologici della Sicilia interna, tra cui alcuni noti in ambito internazionale, come la città indigena ellenizzata di Morgantina o la celeberrima Villa Romana del Casale di Piazza Armerina.
Il Museo Musical Art 3M raccoglie "opere musicali" esponendo virtualmente i quadri di artisti siciliani o che hanno operato in Sicilia dal XV al XX secolo. Vi sono inoltre mostre fotografiche temporanee ed è sede di iniziative culturali riguardanti arte e tradizioni locali e non.
Cinema
Alcuni dei film girati ad Enna:
Tre giorni d'anarchia (2003), di Vito Zagarrio.
Rosso Malpelo (2007), di Pasquale Scimeca.
La bella società (2009), di Gian Paolo Cugno.
Oblivous Dream (2011), Cortometraggio di Mark Kernel.
Cucina
Sono tipici dell'ennese alcuni prodotti gastronomici di notevole diffusione. Tra questi:
Il Pan del Dittaino, che si fregia del marchio comunitario DOP.
Il piacentino ennese, particolare qualità di formaggio caratterizzata dall'aggiunta di zafferano che gli conferisce gusto e colorazione inconfondibili.
La cassatella di Agira, dolce di pasta di frolla a mezzaluna ripieno di un impasto di cacao, mandorla tritata, scorza di limone ed altri ingredienti.
I vucciddati, dolci di pasta frolla simili alla cassatella di Agira il cui ripieno può essere di fichi secchi, mandorla o marmellata.
Economia
L'economia di Enna è stata nei secoli incentrata nella produzione agricola. A partire dal XVIII secolo ha sviluppata l'estrazione dello zolfo. A Pasquasia è stata per secoli praticata l'estrazione dei sali potassici. L'attività mineraria è andata decadendo lungo tutto il XX secolo e verso la fine dello stesso è stata definitivamente chiusa. Una debole attività turistica è sostenuta dalla presenza delle varie aree di interesse archeologico mentre alcune attività commerciali e artigianali si sono insediate nell'area industriale del fiume Dittaino. Enna ha dichiarato nel 2010 un PIL di 16.260 euro pro capite, piazzandosi tra le province più povere.
Turismo
Il turismo di permanenza breve o media si concentra prevalentemente in estate o durante la Settimana Santa di Enna.
Industria
Infrastrutture e trasporti
Enna, situata al centro dell'isola e in posizione elevata, è accessibile soltanto mediante il trasporto su gomma. Sono numerose le autolinee attive tra Enna e le principali città della Sicilia, in gran parte gestite da due tra le maggiori compagnie siciliane d'autotrasporti, aventi sede ad Enna, la SAIS Autolinee e la Interbus. Queste forniscono anche collegamenti con il resto d'Italia e con alcuni paesi d'Europa. Enna è raggiungibile dall'autostrada A19 Palermo-Catania (E932), mediante lo svincolo omonimo in viadotto, tra i più lunghi della Sicilia. Per raggiungere le due parti, alta e bassa, della città, si deve imboccare la strada statale 117 bis Centrale Sicula.
Il territorio di Enna è attraversato dalla strada statale 117 bis, che la collega a Caltanissetta, dalla strada statale 121 Catanese, che la collega da un lato a Palermo e dall'altro lato a Nicosia ed a Santo Stefano di Camastra, tramite poi la SS 117 Centrale Sicula), dalla strada statale 192 della Valle del Dittaino, che la collega a Catania, dalla strada statale 561 Pergusina, che la collega a Piazza Armerina e a Gela e dalla strada statale 290 di Alimena che la collega a Calascibetta, Alimena e alle Petralie (Petralia Soprana e Petralia Sottana). La strada provinciale 1 assicura gran parte del traffico tra Enna alta ed Enna bassa.
Enna è costeggiata a quota più bassa dalla linea ferroviaria Catania-Palermo, che la collega anche a Caltanissetta e Agrigento. La stazione si trova 5 km a valle del centro storico, ma il movimento delle merci avviene principalmente a Dittaino.
Sei linee di autotrasporto pubblico urbano sono attive ad Enna, gestite dalla SAIS. Di queste, una percorre le vie del centro, mentre le altre collegano quest'ultimo ad Enna Bassa e al Villaggio Pergusa.
Nel 2007 il territorio provinciale disponeva anche di un idroscalo, situato a Leonforte nel lago Nicoletti. L'infrastruttura tuttavia da tempo non è più operativa.
Amministrazione
Gemellaggi
Sport
Impianti sportivi
La città possiede alcuni impianti sportivi; a Pergusa ha sede un circuito automobilistico (Autodromo di Pergusa). Nel 1997 ha ospitato il Ferrari Day con la partecipazione di Michael Schumacher ed altri campioni.
Pergusa ospita anche tre piscine scoperte comunali, un campo di calcio e vari di calcetto. A Enna Bassa è sita la piscina comunale coperta, la pista di Atletica leggera, corsa e ciclismo intitolata a Tino Pregadio e il Palazzetto dello Sport. Campi di tennis, pallavolo, bowling, bocciodromi e altre strutture sportive si trovano ad Enna alta, sede tra l'altro dello Stadio Generale Gaeta di Enna.
Società sportive
La principale squadra di Enna è l'Enna Calcio SCSD, che ha all'attivo due partecipazioni alla Serie C. Nella stagione 2022-2023 milita in Eccellenza e gioca le partite interne allo Stadio Generale Gaeta.
La città possiede due squadre di rugby. Le, Aquile Enna militante nel Campionato di serie C1 regionale e l'Amatori Enna militante nel Campionato di serie C2 regionale. Entrambe giocano le partite interne nel Campo Comunale di Pergusa.
Unico team sportivo cittadino in categoria maggiore è la squadra di pallamano maschile Haenna. Fino all'estate del 2006 in Serie A era presente la squadra di pallamano femminile, la De Gasperi Enna, che ha vinto lo scudetto nel 1999 e nel 2002 e due, Coppa Italia, nel 1998 e nel 2000; in seguito la squadra è fallita dedicandosi solamente al settore giovanile.
Note
Bibliografia
Enna e provincia. Laghi, torri e castelli. Morgantina, Piazza Armerina. La villa romana del Casale. Touring Club Italiano, 2001. ISBN 88-365-1851-6
Maria Concetta Di Natale. I monili della Madonna della Visitazione di Enna. Il Lunario.
Carmelo G. Severino.Nel Cinquecento di Enna, in Demetra/Semestrale d'arte, n.3, dicembre 1992, pp. 41–43.
Carmelo G. Severino. Enna. La città al centro. Gangemi, 1996. ISBN 88-7448-681-2
Anna Maria Corradini. Enna: storia e mitologia attraverso le fonti classiche. Papiro.
Di Matteo; Barbagallo; Guarnaccia; Castellucci. Enna. «Ciao Sicilia - What's on», 1989.
Emilio Barbera; Gino Fabio. Dove nasce la primavera. Le riserve naturali in provincia di Enna. Città Aperta Edizioni, 2001. ISBN 88-8137-018-2
De Francesco M., Pulicanò G., Termine R., Bruni V. Red water in the Lake of Pergusa (Sicily, Enna)
Francesco S. Martino De Spucches. La Storia dei Feudi e dei Titoli Nobiliari di Sicilia dalla loro origine ai nostri giorni. Editore Boccone del Povero 1923
Voci correlate
Enna Alta
Enna Bassa
Villaggio Pergusa
Monti Erei
Valle del Dittaino
Proserpina
Altri progetti
Collegamenti esterni |
1721 | https://it.wikipedia.org/wiki/Edmondo%20De%20Amicis | Edmondo De Amicis | È conosciuto per essere l'autore di Cuore, uno dei libri più popolari della letteratura mondiale per ragazzi.
Biografia
De Amicis nacque nella allora piazza Vittorio Emanuele I, ora intitolata a suo nome, a Oneglia, prima che fosse accorpata a Porto Maurizio e ad altri 9 comuni nell'unica città di Imperia nel 1923. All'età di due anni la sua famiglia si trasferì in Piemonte, dapprima a Cuneo, dove il piccolo Edmondo studiò alle scuole primarie ed al Liceo, quindi a Torino, dove frequentò il collegio Candellero.
Era di famiglia benestante: il padre Francesco (1791-1863), genovese originario del Centro Italia, copriva mansioni di regio banchiere di sali e tabacchi; la madre, Teresa Busseti, originaria dell'Alessandrino, faceva parte dell'alta borghesia. Sia la sua casa ligure (poi diventata sede della Guardia di Finanza) sia quella di Cuneo (poi diventata caserma militare "Carlo Emanuele", ai bastioni di Stura, con vista sul Monviso) erano ampie ed eleganti.
Da soldato a giornalista
A sedici anni entrò nel collegio militare "Candellero" di Torino per preparare gli esami di ammissione all'Accademia militare di Modena, che frequentò fino all'estate del 1865, licenziandosi con il grado di sottotenente. Nel 1866 partecipò alla battaglia di Custoza, assistendo alla sconfitta italiana.
Divenne quindi giornalista militare, trasferendosi a Firenze per assumere la direzione de L'Italia militare, organo ufficiale del Ministero della guerra. Su questo giornale avviò la pubblicazione dei bozzetti militari, poi editi anche in altri giornali e infine raccolti in volume sotto il titolo La vita militare (1868). In un'edizione successiva, dell'anno seguente, vi aggiunse il bozzetto-reportage "L'esercito italiano durante il colera del 1867", che molti interpretarono come un documento autobiografico, frutto di un'esperienza direttamente vissuta durante l'epidemia che colpì soprattutto la Sicilia. Alcuni dizionari biografici e testi di letteratura riportano erroneamente la permanenza di De Amicis in Sicilia nel 1867, mentre invece vi si era recato due anni prima, nel 1865, quando aveva fatto la sua prima guarnigione militare a Messina, ripartendo con il suo reggimento nell'aprile del 1866 per partecipare alla guerra contro l'Austria. Sull'isola sarebbe tornato soltanto nel 1906, su invito del poeta Mario Rapisardi. Il viaggio del De Amicis in Sicilia durante il colera del 1867 fu definitivamente smentito in maniera chiara e incontrovertibile da Piero Meli nel suo articolo Edmondo De Amicis e i fantasmi letterari del colera in Sicilia.
Sempre come giornalista militare, De Amicis collaborò poi con il quotidiano La Nazione di Firenze, per il quale scrisse articoli soprattutto sulla presa di Roma del 1870.
Abbandonato l'esercito, viaggiò e scrisse vari diari di viaggio: Spagna (1872), Ricordi di Londra (1873), Olanda (1874), Marocco (1876), Costantinopoli (1878-1879), Ricordi di Parigi (1879). Significativo fu il viaggio in Argentina, raccontato nel romanzo Sull'Oceano e in una serie di bozzetti dedicati agli emigranti italiani, poi raccolti nel volume In America.
Pinerolo
Dal 1877 De Amicis andò a vivere in Piemonte, viaggiando tra la casa di Torino e quella di Pinerolo, soprattutto durante i mesi estivi, presso l'elegante villa D'Aquiland, chiamata successivamente villa Accusani e quindi denominata La Graziosa (sul viale Gabotto, in quartiere San Maurizio). Qui scrisse Alle porte d'Italia, dedicato alla città e ai territori valligiani circostanti (un esempio per tutti: il capitolo de Le termopili valdesi, ambientato in zona Gheisa d'la tana di Angrogna). Nel 1884 la città di Pinerolo gli conferì la cittadinanza onoraria, con diploma datato 4 aprile.
Cuore
Dal 1884 circa lo scrittore visse nel suo alloggio-studio di Torino, presso il palazzo Perini di piazza San Martino 1 (ora piazza XVIII Dicembre) davanti alla vecchia stazione ferroviaria di Porta Susa, dove ancor oggi una targa lo ricorda. Qui De Amicis, ispirandosi alla vita scolastica dei suoi figli Furio e Ugo, scrisse quella che è considerata la sua più grande opera.
Pubblicato infatti per la prima volta il 18 ottobre 1886 (primo giorno di scuola di quell'anno) come libro per ragazzi, la casa editrice milanese Treves fece uscire Cuore, una raccolta di episodi ambientati tra i compagni di una classe elementare di Torino, provenienti da regioni diverse, e costruito come finzione letteraria di un diario di un ipotetico ragazzo, l'io narrante Enrico Bottini. Il romanzo ebbe subito grande successo, tanto che in pochi mesi si superarono quaranta diversi tipi di edizioni e decine di traduzioni in lingue straniere.
Il libro fu di forte carattere educativo-pedagogico (insieme al successo italiano di soli tre anni prima Le avventure di Pinocchio di Carlo Collodi), molto apprezzato perché ricco di spunti morali attorno ai miti affettivi (da cui il titolo) e patriottici del Risorgimento. Tuttavia fu ampiamente criticato dai cattolici per l'assenza totale di tradizioni religiose (i bambini di Cuore non festeggiano nemmeno il Natale), specchio politico delle aspre controversie tra il Regno d'Italia e papa Pio IX dopo la presa di Roma del 1870.
Dal 1889 De Amicis si avvicinò al socialismo, fino ad aderirvi totalmente nel 1896. Questo mutamento d'indirizzo è visibile nelle sue opere successive, in cui presta molta attenzione alle difficili condizioni delle fasce sociali più povere, superando le idee nazionalistiche che avevano animato Cuore. Amico di Turati, collaborò a giornali legati al Partito socialista, come la Critica Sociale e La lotta di classe.
La sua iniziazione alla massoneria non viene considerata certa da alcuni storici, mentre altri lo ritengono iniziato alla Loggia Concordia di Montevideo, presieduta da D. Triani, presumibilmente all'Obbedienza della Gran Loggia dell'Uruguay. Nel 1895, infatti, fu proprio De Amicis a pronunciare il saluto massone al torinese Giovanni Bovio, in occasione della rappresentazione teatrale del dramma San Paolo, a sua volta interpretato da un altro massone, l'attore Giovanni Emanuel. A tal proposito, alcuni critici sostengono che Cuore sia stato un libro di forte ispirazione massonica, dove si sostituiscono il cattolicesimo degli italiani con la religione laica della Patria, la Chiesa con lo Stato, il fedele con il cittadino, i Comandamenti con i Codici, il Vangelo con lo Statuto, i martiri con gli eroi.
Dopo il successo di Cuore seguirono altri libri, come il già citato Sull'oceano (1889), che racconta le condizioni dei poverissimi emigranti italiani verso l'America, seguito da Il romanzo di un maestro (1890, da cui è stato tratto nel 1959 lo sceneggiato televisivo omonimo), Amore e ginnastica (1892), da cui è stato tratto il film omonimo, La maestrina degli operai (1895) e La carrozza di tutti (1899), ritratto della città di Torino vista da un tram.
A seguire scrisse ancora, per Il grido del popolo di Torino, numerosi articoli d'ispirazione socialista, raccolti successivamente nel libro Questione sociale (1894).
Ultimi anni
Gli ultimi anni furono rattristati sia dalla morte della madre Teresa, alla quale era molto legato, sia dai continui screzi con la moglie Teresa Boassi, che aveva sposato nel 1875. Si scatenavano spesso tra i due delle accese liti, che contribuirono probabilmente al suicidio del figlio maggiore Furio. Questi si sparò nel novembre 1898 un colpo di pistola presso una panchina del parco del Valentino. L'altro figlio, Ugo, si ritirò nella solitudine delle passeggiate in montagna. Non solo questi eventi funesti portarono lo scrittore a cambiare casa, trasferendosi da piazza San Martino in un piccolo studiolo dell'appena terminata via Pietro Micca (al numero 10), ma, qualche anno dopo, ad allontanarsi definitivamente da Torino.
Nel 1903, in occasione della sua elezione a socio dell'Accademia della Crusca, soggiornò brevemente nella città della sua giovinezza, Firenze. Nel 1906 tornò a Catania a trovare il suo collega scrittore ed ex commilitone Mario Rapisardi, immaginando l'incontro come quello di
Il ministro Vittorio Emanuele Orlando lo chiamò, insieme a Fogazzaro, a far parte del Consiglio Superiore dell'Istruzione. Le ultime sue opere furono L'idioma gentile (1905), quindi Ricordi d'un viaggio in Sicilia e Nuovi ritratti letterari e artistici (questi ultimi due poco prima di morire).
Nel 1908, durante un soggiorno a Bordighera, fu colpito da un'emorragia cerebrale e morì in una camera dell'allora hotel Regina, albergo scelto dallo scrittore perché vi aveva abitato pochi anni prima il poeta George MacDonald, che proprio lì aveva fondato il centro culturale letterario Casa Coraggio; l'edificio si trova in via Vittorio Veneto 34, dove due targhe commemorative li ricordano entrambi. Secondo le sue ultime volontà, il suo corpo fu immediatamente traslato e tumulato presso la tomba di famiglia, nel cimitero monumentale di Torino.
Dopo la morte
L'unico figlio rimasto, Ugo, divenne avvocato e fu anche un modesto romanziere. Si sposò con Vittoria Bonifetti, ma non ebbero figli; morì nel 1962 e sua moglie Vittoria nel 1971. La cospicua eredità dei De Amicis (più di due miliardi di lire), che doveva essere destinata sia al Comune di Torino che a borse di studio per studenti poveri, sparì misteriosamente dai conti correnti sul finire degli anni 1960, scatenando delle cause legali.
Sul finire del XX secolo molti lavori di De Amicis furono nuovamente rivalutati, a partire dallo studio delle opere che furono oscurate dal successo di Cuore. Dopo che Italo Calvino ripubblicò il racconto Amore e ginnastica, vari studi critici hanno esplorato gli scritti di quello che è stato chiamato "l'altro De Amicis".
Nel 2011 Alitalia gli ha dedicato uno dei suoi Airbus A320-216 (EI-DSD).
Opere
L'esercito italiano durante il Colera del 1868, Milano, Bernardoni, 1869.
La vita militare. Bozzetti, Milano E Treves 1868.
Racconti militari. Libro di lettura ad uso delle scuole dell'esercito, Firenze, Le Monnier, 1869.
Impressioni di Roma, Firenze, Faverio, 1870.
Spagna, Milano, Cerveteri, 1871; Firenze, Barbera, 1873.
Pagine sparse, Milano, Tipografia editrice lombarda, 1874; 1876.
Novelle, Firenze, Le Monnier, 1872; Milano, Treves, 1879.
Ricordi del 1870-71, Firenze, Barbera, 1872.
Ricordi di Londra, Milano, Treves, 1874.
Olanda, Firenze, Barbera, 1874.
Marocco, Milano, Treves, 1876.
Costantinopoli, Milano, Treves, 1877.
Ricordi di Parigi, Milano, Treves, 1879.
Gli effetti psicologici del vino, Torino, Loescher, 1881.
Ritratti letterari, Milano, Treves, 1881.
Poesie, Milano, Treves, 1881.
Gli amici, Milano, Treves, 1883.
Alle porte d'Italia, Roma, Sommaruga, 1884.
Cuore. Libro per i ragazzi, Milano, Treves, 1886.
Sull'oceano, Milano, Treves, 1889.
Il romanzo di un maestro, Milano, Treves, 1890.
Il vino, Milano, Treves, 1890.
Osservazioni sulla questione sociale. Conferenza detta la sera di giovedì 11 febbraio 1892 all'Associazione universitaria torinese, Torino, Roux, 1892.
Amore e ginnastica, 1892.
Fra scuola e casa. Bozzetti e racconti, Milano, Treves, 1892.
Alle Fanciulle, Reggio Emilia, Caselli, 1894.
Coraggio e costanza. Il viaggiatore Carlo Piaggia, Torino, Paravia, 1895 (1878).
Ai fanciulli irredenti. Padri e figli, Milano, Morosini, 1895.
Ai ragazzi. Discorsi, Milano, Treves, 1895.
La maestrina degli operai, Milano, Treves, 1895.
La lettera anonima, Milano, Treves, 1896.
Il 1º maggio. Discorso tenuto all'Associazione generale degli operai la sera del 1º maggio 1896, Torino, Libreria editrice socialista del Grido del popolo, 1896.
Ai nemici del socialismo, Novara, Repetto, 1896.
Collaboratori del socialismo; Compagno, Milano, Morosoni, 1896.
Nel campo nemico. Lettera a un giovane operaio Socialista, Firenze, Tip. Cooperativa, 1896.
Pensieri e sentimenti di un socialista, Pavia, Tipografia e legatoria cooperativa, 1896.
Socialismo e patria, Milano, Monti, 1896.
Per l'idea. Bozzetti, Novara, Repetto, 1897.
Gli azzurri e i rossi, Torino, Casanova, 1897.
Il socialismo e l'eguaglianza, Diano Marina, Tip. artistica, 1897.
Il socialismo in famiglia. La causa dei disperati, Milano, Ramperti, 1897.
In America, Roma, Voghera, 1897.
Le tre capitali. Torino, Firenze, Roma, Catania, Giannotta, 1898.
La carrozza di tutti, Milano, Treves, 1899.
Lotte civili, Firenze, Nerbini, 1899.
Consigli e moniti, Firenze, Nerbini, 1900.
Memorie, Milano, Treves, 1900.
Il mio ultimo amico, Palermo, Biondo, 1900.
Speranze e glorie. Discorsi, Catania, Giannotta, 1900.
A una signora. Lettera aperta, Firenze, Nerbini, 1902.
Capo d'anno. Pagine parlate, Milano, Treves, 1902.
Nel giardino della follia, Livorno, Belforte, 1902.
Un salotto fiorentino del secolo scorso, Firenze, Barbera, 1902.
Una tempesta in famiglia. Frammento, Valenza, Battezzati, 1904.
Nel regno del Cervino. Nuovi bozzetti e racconti, Milano, Treves, 1905.
L'idioma gentile, Milano, Treves, 1905.
Pagine allegre, Milano, Treves, 1906.
Nel regno dell'amore, Milano, Treves, 1907.
Compagnina. Scenette scritte per essere recitate dai bimbi, Torino, Tip. Cooperativa, 1907.
Per la bellezza di un ideale, Iesi, Tip. Flori, 1907.
Ricordi d'un viaggio in Sicilia, Catania, Giannotta, 1908.
Ultime pagine di Edmondo De Amicis
I, Nuovi ritratti letterari e artistici, Milano, Treves, 1908.
II, Nuovi racconti e bozzetti, Milano, Treves, 1908.
III, Cinematografo cerebrale. Bozzetti umoristici e letterari, Milano, Treves, 1909.
Primo Maggio, Milano, Garzanti, 1980.
La piccola vedetta lombarda, illustrazioni di Paolo d'Altan, Novara, Interlinea edizioni, 2011
Émile Zola. L'uomo, il polemista, lo scrittore, Roma, Ecra, 2019.
Note
Bibliografia
Piero Meli, De Amicis e Rapisardi. Fratelli d'arte, in "La Sicilia", sezione Terza Pagina, Cultura Società Spettacolo, sabato 6 maggio 1995.
Antonio Carrannante, De Amicis nella storia della scuola italiana, in: "Rivista di studi italiani", giugno 2007, pp. 49–68.
Piero Meli, Edmondo De Amicis e i fantasmi letterari del colera in Sicilia, in "La Sicilia", sezione Terza Pagina, Cultura, sabato 22 dicembre 2012, p. 31.
Roberto Ubbidiente, L'Officina del poeta. Studi su Edmondo De Amicis, (Sanssouci - Forschungen zur Romanistik, vol. 4). Berlino, Frank & Timme, 2013.
Luigi Cepparrone, Patria e questione sociale nel primo De Amicis, in Aspettando il Risorgimento. Atti del convegno (Siena, 20-21 novembre 2009), a cura di S. Teucci, Cesati, Firenze, 2010, pp. 109-132, ISBN 978-88-7667-404-4.
Luigi Cepparrone, La ginnastica in condominio. Su «Amore e ginnastica» di De Amicis, in «Studi e problemi di critica testuale», n. 80, aprile 2010, pp. 181-214, ISSN 0049-2361.
Luigi Cepparrone, Gli scritti americani di Edmondo De Amicis, Rubbettino, Soveria Mannelli, 2012, ISBN 978-88-498-3658-5.
Federica Pastorino, De Amicis scrittore dell’“altro mondo”. Le corrispondenze per i quotidiani argentini , in La letteratura degli italiani. Rotte Confini Passaggi. Atti del XIV Congresso Nazionale dell'Associazione degli Italianisti (Genova, 15-18 settembre 2010), a cura di Alberto Beniscelli, Quinto Marini, Luigi Surdich, Novi Ligure, 2012.
Voci correlate
Giovanni Pascoli
Franco Fortini
Venturino Camaiti
Scrittori veristi
Altri progetti
Collegamenti esterni
Edmondo De Amicis: testi con concordanze e liste di frequenza
Edmondo De Amicis e Mario Rapisardi: tratto da "Ricordi d'un viaggio in Sicilia" di Edmondo De Amicis - Catania 1908
Emanuele Damilano, Edmondo De Amicis e Guido Rey ai piedi del Cervino: tratto da Alpidoc nº67, Costarossa Edizioni, settembre 2008.
: in audio MP3 gratuito
Accademici della Crusca
Deputati della X legislatura del Regno d'Italia
Massoni
Politici del Partito Socialista Italiano
Scrittori per ragazzi
Scrittori veristi
Socialisti
Ufficiali del Regio Esercito |
1724 | https://it.wikipedia.org/wiki/Enrico%20Fermi | Enrico Fermi | Noto principalmente per gli studi teorici e sperimentali nell'ambito della meccanica quantistica e della fisica nucleare, tra i suoi maggiori contributi si possono citare la teoria del decadimento beta, la statistica di Fermi-Dirac e i risultati riguardanti le forze nucleari.
Dopo l'attività di ricerca alla guida del gruppo dei cosiddetti "ragazzi di via Panisperna" a Roma, si trasferì negli Stati Uniti, dove progettò e guidò la costruzione del primo reattore nucleare a fissione, che produsse la prima reazione nucleare a catena controllata, e fu uno dei direttori tecnici del Progetto Manhattan, che portò alla realizzazione della bomba atomica. Fu, inoltre, tra i primi ad interessarsi alle potenzialità della simulazione numerica in ambito scientifico, nonché l'iniziatore di una feconda scuola di fisici, tanto in Italia quanto negli Stati Uniti.
Ricevette nel 1938 il premio Nobel per la fisica per «l'identificazione di nuovi elementi della radioattività e la scoperta delle reazioni nucleari mediante neutroni lenti». In suo onore, venne dato il nome a un elemento della tavola periodica, il fermio (simbolo Fm), a un sottomultiplo del metro comunemente usato in fisica atomica e nucleare, il fermi, nonché a una delle due classi di particelle della statistica quantistica, i fermioni.
Biografia
Infanzia e adolescenza
Enrico Fermi nacque a Roma il 29 settembre 1901 da Alberto Fermi, piacentino, ispettore capo presso il Ministero delle poste e dei telegrafi, e da Ida De Gattis, barese, insegnante di scuola elementare nella capitale. Era l'ultimo di tre figli: la sorella primogenita Maria (nata il 12 aprile 1899 e morta il 26 giugno 1959 nel disastro aereo di Olgiate Olona) e il fratello Giulio, maggiore di un anno. Mostrò fin da piccolissimo di possedere una memoria eccezionale e una grande intelligenza, che gli permisero di primeggiare negli studi.
Fin dall'infanzia fu inseparabile dal fratello maggiore, che nel 1915 morì nel corso di un'operazione chirurgica per rimuovere un ascesso della gola. Enrico, per lenire il profondo dolore, si gettò nello studio e completò il ginnasio con un anno di anticipo presso il liceo Umberto I di Roma (oggi liceo classico "Pilo Albertelli").
Una delle prime fonti per soddisfare la sua fame di conoscenza fu un trattato del 1840 trovato al mercato romano di Campo de' Fiori, intitolato Elementorum physicae mathematicae, del padre gesuita Andrea Caraffa, professore del Collegio Romano. Le novecento pagine in latino, comprendenti argomenti di matematica, meccanica classica, astronomia, ottica e acustica, furono studiate approfonditamente dal giovane Fermi, come dimostra il ritrovamento di molti foglietti e annotazioni all'interno dei due tomi.
Importante fu anche la conoscenza di un amico del fratello, Enrico Persico, di un anno più grande e suo compagno di liceo, insieme al quale sviluppò con continue discussioni e, dopo l'iscrizione all'università, con scambi epistolari, le sue conoscenze in fisica e matematica, già stimolate in entrambi da un loro comune insegnante di fisica del liceo, il professor Filippo Eredia. I due amici vinsero, nel 1926, due delle prime tre cattedre di fisica teorica (insieme ad Aldo Pontremoli) istituite in Italia.
Durante gli anni del liceo, conobbe inoltre un collega del padre e amico di famiglia, l'ingegner Adolfo Amidei, il quale, impressionato dalla sua straordinaria intelligenza, ne guidò la formazione, prestandogli diversi trattati di livello universitario che il giovane Fermi lesse con grande passione. In particolare, nel 1914, a tredici anni, ricevette in prestito da Amidei il testo Die Geometrie der Lage di Theodor Reye e il Traité de trigonométrie di Joseph-Alfred Serret; nel '15 gli prestò il Corso di Analisi Algebrica con introduzione al Calcolo Infinitesimale di Ernesto Cesaro e le Lezioni di geometria analitica di Luigi Bianchi; nel '16 le Lezioni di analisi infinitesimale di Ulisse Dini e nel '17 il Traité de mécanique di Siméon-Denis Poisson. Nel 1918 Amidei gli suggerì di iscriversi, anziché alla Sapienza di Roma, all'Università di Pisa e partecipare al concorso per entrare alla prestigiosa Scuola Normale Superiore della stessa città.
Scuola Normale Superiore di Pisa
Per accedere alla prestigiosa università, Fermi dovette superare un concorso con il seguente tema: Caratteri distintivi dei suoni e loro cause. L'argomento fu svolto con straordinaria sicurezza e assoluto possesso dei mezzi matematici. Basandosi su quanto appreso nel trattato di meccanica di Poisson e utilizzando concetti come equazioni differenziali e sviluppo in serie di Fourier, descrisse esaustivamente il carattere del suono analizzando alcuni casi specifici. Il livello del suo svolgimento fu talmente elevato da riuscire sbalorditivo per la commissione esaminatrice. In seguito a un colloquio orale svolto dal prof. Giulio Pittarelli, venne confermata l'eccellenza della preparazione del diciassettenne Fermi, che ottenne il primo posto in graduatoria. Durante il colloquio il prof. Pittarelli si espose, preannunciando al giovane studente romano che sarebbe diventato un importante scienziato.
Fra il 1919 e il 1923 studiò la relatività generale, la meccanica quantistica e la fisica atomica. La sua preparazione in meccanica quantistica raggiunse livelli talmente elevati che Luigi Puccianti, direttore dell'Istituto di Fisica presso la Scuola Normale, gli chiese di organizzare alcuni seminari sul tema. Sempre in questo periodo apprese il calcolo tensoriale, strumento matematico inventato da Gregorio Ricci Curbastro e Tullio Levi-Civita, indispensabile al fine di dimostrare i principi della relatività generale.
Nel 1921, al terzo anno di università, pubblicò i suoi primi due lavori sulla rivista scientifica Nuovo Cimento: Sulla dinamica di un sistema rigido di cariche elettriche in modo transitorio e Sull'elettrostatica di un campo gravitazionale uniforme e sul peso delle masse elettromagnetiche. Il primo di questi lavori portò a una conclusione che poneva in contraddizione il calcolo della massa effettuato nell'ambito della teoria di Lorentz con il principio di equivalenza dell'energia di Einstein. Tale apparente contraddizione venne chiarita l'anno seguente dallo stesso Fermi nell'articolo Correzione di una grave discrepanza fra la teoria elettrodinamica e quella della relativistica delle masse elettromagnetiche. Inerzia e peso dell'elettricità, che apparve prima sulla rivista I rendiconti e in seguito sulla prestigiosa rivista tedesca Physikalische Zeitschrift.
Nel 1922 pubblicò il suo primo importante lavoro sulla rivista Rendiconti dell'Accademia dei Lincei, dal titolo Sopra i fenomeni che avvengono in vicinanza di una linea oraria, dove introduceva per la prima volta quelle che verranno in seguito denominate le coordinate di Fermi, e dimostrò che, in prossimità di una linea oraria, lo spazio si comporta come se fosse euclideo.
Sempre nel 1922 cominciò la sua tesi di laurea sperimentale sulle immagini di diffrazione dei raggi X prodotte da cristalli curvi. È da notare che i tubi per i raggi X furono fabbricati da Fermi insieme ad altri due studenti: Nello Carrara e Franco Rasetti, nell'ambito dei loro esperimenti «liberi» all'interno del laboratorio di fisica presso l'Istituto di fisica della Normale. I tre ragazzi avevano libero accesso al laboratorio e alla biblioteca su permesso del capo dell'istituto stesso. Secondo Franco Rasetti, Fermi dimostrò di essere un fisico completo, svolgendo una tesi sperimentale pur essendo già noto come fisico teorico. Ad ogni modo, sembra che allora Fermi preferisse gli aspetti teorici rispetto a quelli sperimentali: in una lettera all'amico Persico, datata marzo 1922, fa capire che non vedeva l'ora di terminare la tesi per potersi dedicare alla meccanica quantistica. Il 4 luglio dello stesso anno si laureò presso l'ateneo pisano con Luigi Puccianti e il successivo 7 luglio si diplomò pure alla Normale; in entrambi i casi, ottenne la magna cum laude.
Nel 1923, in seguito alla scrittura dell'appendice del libro Fondamenti della relatività einsteiniana di August Kopff, Fermi, specializzatosi ulteriormente nello studio della relatività generale grazie a Giuseppe Armellini e Tullio Levi-Civita, pose per la prima volta l'accento sull'enorme quantità di energia insita nella famosa equazione E=mc², osservazione che può essere vista come il primo vero passo nella direzione della generazione di energia atomica.
Nel 1924 fu iniziato nella Loggia massonica "Adriano Lemmi" del Grande Oriente d'Italia a Roma.
Periodo a Gottinga
Subito dopo la laurea, il giovane Fermi si presentò a Orso Mario Corbino, professore di fisica sperimentale, e, nel 1923, grazie a una borsa di studio, si recò per sei mesi a Gottinga presso la scuola di Max Born. Il periodo a Gottinga non si rivelò molto fruttuoso e le ragioni sembrano essere di vario tipo: c'è chi sostiene che non si trovò a suo agio con lo stile eccessivamente teorico e formale della principale scuola di fisica quantistica dell'epoca, chi, come Emilio Segrè, sostiene che Fermi era da un lato timido e da un lato troppo orgoglioso, e chi, anche, che i suoi colleghi (Born, Heisenberg, Pauli e Jordan) erano forse troppo impegnati con le loro ricerche.
Durante questi sei mesi, piuttosto che occuparsi di risolvere le contraddizioni della cosiddetta old quantum physics, introdotta da Bohr e Sommerfeld e su cui si stavano cimentando i suoi colleghi a Gottinga, preferì studiare i limiti di applicazione ai sistemi atomici del cosiddetto principio delle adiabatiche, enunciato da Paul Ehrenfest, che formulava una delle idee guida per ricavare le condizioni di quantizzazione della old quantum physics.
Nonostante il non perfetto ambientamento, la produzione scientifica di Fermi a Gottinga fu intensa. A un mese dall'arrivo, pubblicò un articolo dal titolo Il principio delle adiabatiche ed i sistemi che non ammettono coordinate angolari, articolo in cui si proponeva di determinare i limiti di validità del principio di Ehrenfest, mostrando che per particolari trasformazioni adiabatiche veniva a perdere la sua base.
Due mesi dopo pubblicò un secondo articolo sulla rivista Physikalische Zeitschrift, dal titolo Dimostrazione che in generale un sistema meccanico normale è quasi ergodico, articolo che attrasse l'attenzione di Ehrenfest.
In questo articolo, dal titolo Alcuni teoremi di meccanica analitica importanti per la teoria dei quanti, Enrico Fermi dimostra la validità del principio di Ehrenfest per determinare le orbite quantiche di un sistema atomico a tre corpi, dimostrando, inoltre, che in sistemi con più di una costante di moto il principio di Ehrenfest non è valido.
Ritorno da Gottinga e periodo a Leida
Tornato da Gottinga, scrisse il suo primo importante contributo alla meccanica quantistica intitolato Sulla probabilità degli stati quantici, lavoro presentato da Corbino all'Accademia dei Lincei il 16 dicembre 1923. In questo lavoro mostra il paradosso della statistica classica in relazione al calcolo della probabilità dei diversi stati quantici di un gas di atomi a temperatura elevata. Secondo la statistica classica i diversi stati quantici di un atomo hanno la medesima probabilità, ipotesi che porta paradossalmente la somma delle probabilità di tutti i possibili stati quantici a infinito, quando la probabilità massima di qualunque sistema è per definizione uguale a 1. La soluzione formale a questa contraddizione era quella di un'ipotesi ad hoc al fine di definire come non possibili tutte le orbite di stati quantici per cui il raggio dell'atomo è maggiore della distanza media tra atomo e atomo. Fermi risolse elegantemente tale paradosso calcolando mediante la termodinamica una legge contenente un fattore che rende trascurabili i contributi della serie con numeri quantici elevati. Tale approccio è noto in letteratura come Fermi-Urey.
Nel gennaio del 1924 Fermi pubblica un lavoro dal titolo Sopra la riflessione e la diffusione della risonanza, in cui sviluppa la teoria del fenomeno della risonanza ottica. Nello stesso mese scrisse anche Considerazioni sulla quantizzazione di sistemi che contengono elementi identici, che rappresenta il primo vero passo verso quella che sarà una delle sue principali scoperte da lì a due anni: la nuova statistica quantistica che porta il nome di statistica di Fermi-Dirac.
Grazie all'interessamento del famoso matematico Vito Volterra, Fermi vinse una borsa di studio della Fondazione Rockefeller per un periodo di studio nell'autunno del 1924 a Leida presso l'istituto diretto da Paul Ehrenfest. Tale scelta deriva in parte dalla scarsa presenza all'epoca in Italia di personalità impegnate nelle ricerche sulla meccanica quantistica.
Nell'estate del 1924 pubblicò un articolo dal titolo Sulla teoria dell'urto fra atomi e corpuscoli elettrici, pubblicato prima in italiano sul Nuovo Cimento e in seguito in tedesco su Zeitschrift für Physik. Tale studio rappresenta il primo importante contributo di Fermi alla cosiddetta old quantum physics. Nell'articolo menzionato, Fermi elaborò un metodo, conosciuto in seguito come metodo dei quanti virtuali o metodo dei fotoni equivalenti, basato sull'analogia fra la ionizzazione di un atomo prodotta da una luce a una opportuna frequenza e quella prodotta da elettroni con sufficiente velocità. Con le sue stesse parole:
Il lavoro, benché fosse stato sperimentalmente provato, trovò forti critiche da parte di Bohr. Fermi fu negativamente colpito da questo episodio e, secondo Emilio Segrè, questo potrebbe essere il motivo per cui Enrico Fermi ha mostrato successivamente un atteggiamento negativo verso le teorie elaborate dai fisici di Gottinga e Copenaghen. Lo stesso Emilio Segrè fa notare che, una volta stabilite in maniera precisa le leggi della meccanica quantistica, il lavoro sopra citato trovò piena giustificazione mediante la teoria delle perturbazioni dipendenti del tempo sviluppata da Dirac.
A Leida, oltre ad approfittare della guida scientifica di Ehrenfest, Fermi ebbe anche modo di conoscere autorità mondiali della fisica, come Einstein e Lorentz, e strinse amicizia con Samuel Goudsmit e Niko Tinbergen.
Le prime impressioni del periodo a Leida sono riportate in una lettera del 23 ottobre 1924 al suo amico Enrico Persico:
Il periodo a Leida fu particolarmente fruttuoso. Nella corrispondenza fra Fermi e Persico si parla delle numerose scoperte fatte da Fermi a Leida. Una su tutte fu descritta in un lavoro pubblicato con il titolo Sopra l'intensità delle righe multiple, dove Fermi ricava le espressioni dell'intensità delle varie componenti delle righe multiple degli spettri atomici di diversi elementi. L'accordo trovato con i dati sperimentali fu migliore di quello di Heisenberg e Sommerfeld nella trattazione teorica del problema.
Ritorno da Leida e inizio della carriera universitaria
Fra il 1924 e 1925 Fermi fu chiamato, su invito del sindaco di Firenze e direttore dell'istituto di fisica Antonio Garbasso, a occupare la cattedra di fisica matematica presso l'ateneo cittadino. Durante questo periodo, iniziò alcune ricerche di fisica atomica con il ritrovato amico Franco Rasetti. I due amici portarono avanti importanti ricerche sperimentali sugli spettri atomici per mezzo di campi a radiofrequenza, e con le stesse parole di Rasetti:
Le ricerche furono anche in qualche modo avventurose, sempre con le parole di Rasetti:
Fra il 1924 e 1925 Fermi cerca di fare carriera universitaria, ben conscio delle sue capacità. Prima partecipa a un concorso a cattedra a Firenze senza aver successo. In seguito, insieme a Volterra, Civita e Corbino, cerca di istituire la prima cattedra di fisica teorica in Italia a Roma. Ma dovrà aspettare un altro anno e mezzo per riuscire in questa impresa.
Nel frattempo tenta di vincere il concorso a Cagliari per la fisica matematica, ma gli viene preferito Giovanni Giorgi, un fisico matematico di vecchia guardia, noto soprattutto per aver proposto il sistema internazionale di unità di misura. Fra i commissari vi erano Volterra e Levi-Civita che votarono per Fermi. La rabbia per la mancata nomina non durò a lungo. Nell'autunno del 1926 Fermi vinse il concorso per occupare il posto della prima cattedra di fisica teorica in Italia, su nomina di Corbino e Garbasso. Nel giudizio finale della commissione giudicante si legge:
La scoperta della statistica delle particelle
Nel periodo precedente e antecedente a questa nomina, Fermi continuò a interessarsi alla meccanica quantistica, ma come riporta lui stesso in una lettera all'amico Persico del 1925, non era convinto della nuova meccanica quantistica o cosiddetta meccanica delle matrici, sviluppata da Born, Heisenberg e Jordan.
Fermi piuttosto, come riporta Emilio Segrè, si lasciò colpire dal lavoro di Schrödinger sulla meccanica ondulatoria. In questo periodo, partendo da un lavoro di Born in cui il formalismo di Schrödinger veniva usato per comprendere urti e diffusione fra le particelle, insieme con una prima interpretazione probabilistica della funzione d'onda, Fermi pubblicò un lavoro dal titolo Sulla meccanica ondulatoria dei processi d'urto. Finalmente, nel dicembre 1925, Fermi scrisse il suo celebre lavoro Sulla quantizzazione del gas perfetto monoatomico, che venne presentato da Corbino alla Accademia dei Lincei e pubblicato in versione ampliata e completa su Zeitschrift für Physik.
In questo lavoro Fermi formula per la prima volta la sua celebre equazione della statistica di Fermi-Dirac, a cui obbediscono le particelle elementari a spin semintero (chiamate in suo onore fermioni), che è oggi nota come statistica antisimmetrica Fermi-Dirac, dal nome dello scienziato inglese Paul Dirac, che seppur in ritardo di circa sei mesi rispetto a Fermi, giunse alle stesse conclusioni. In una lettera inviata da Fermi a Dirac, si legge:
Genesi della statistica delle particelle
Fermi cominciò a occuparsi per la prima volta nel 1923 a Leida quando affrontò la determinazione della costante assoluta dell'entropia per un gas perfetto monoatomico. Tale problema aveva già visto coinvolto prima Otto Sackur e Hugo Martin Tetrode e in seguito Otto Stern. Fermi pubblicò nel 1923 su Rendiconti dell'Accademia dei Lincei un articolo dal titolo Sopra la teoria di Stern della costante assoluta dell'entropia rifiutando la struttura di base della sua teoria, e con le sue parole:
L'anno successivo pubblicò su Nuovo Cimento l'articolo dal titolo Considerazione sulla quantizzazione dei sistemi che contengono elementi identici. In questo articolo Fermi mostra come le regole di quantizzazione di Sommerfeld predicono sì perfettamente le frequenze dello spettro dell'atomo di idrogeno, ma non danno sicurezza alcuna per gli spettri di atomi più complessi. Egli afferma:
Fermi concluse che le regole di quantizzazione di Sommerfeld non bastassero più per ricavare la formula Sackur-Tetrode per l'entropia:
Nel 1925 Wolfgang Pauli enunciò quello che va sotto il nome di principio di esclusione di Pauli. Fermi come ricorda Rasetti
L'obiettivo di Fermi era chiaro: egli voleva
Al fine di poter applicare il principio di esclusione di Pauli per gli elettroni orbitali dell'atomo alle molecole di un gas perfetto, Fermi dovette affrontare il problema della quantizzazione del loro moto. A questo proposito Fermi impose che le molecole del gas fossero soggette a un campo di forze elastiche attrattive tridimensionali sul modello dell'oscillatore armonico. Ricorda Rasetti:
Come conseguenza dell'uso del potenziale armonico, Fermi, sfruttando il principio delle adiabatiche di Ehrenfest, riuscì a stabilire che esiste una temperatura critica al di sotto della quale la statistica di un gas di particelle devia fortemente dalla statistica classica di Boltzmann. In seguito ottenne le espressioni per un gas fortemente degenere (al di sotto della temperatura critica) della pressione e dell'energia di punto zero, e una formula per il calore specifico a volume costante che tende a zero linearmente con la temperatura. Riottenne anche l'equazione classica di un gas perfetto e un valore dell'entropia coincidente con quello di Sackur-Tetrode.
La statistica scoperta da Fermi è del tutto generale, nel senso che vale per un gran numero di particelle. Le particelle scoperte finora possono essere divise in due gruppi: quelle descritte da Fermi, con spin semi intero, denominate fermioni (come il protone, il neutrone e l'elettrone), e quelle con spin intero, dette bosoni (come il fotone), che obbediscono alla statistica di Bose-Einstein. Lo spin determina una funzione d'onda totalmente asimmetrica per i fermioni e totalmente simmetrica per i bosoni. Le relazioni fra le due statistiche quantistiche sono state messe in luce da Dirac. A Fermi invece bisogna dare atto di aver reso il principio di Pauli un principio di fisica generale.
Applicazione della statistica e riconoscimento della sua importanza
Nel dicembre del 1926 il fisico britannico Ralph Fowler applicò la statistica di Fermi-Dirac per un problema di astrofisica riguardante le cosiddette nane bianche. Lo stesso Pauli applicò la statistica per uno studio riguardante sostanze paramagnetiche. Nel 1927, in occasione del centenario della morte di Alessandro Volta, fu organizzato a Como un importante congresso internazionale a cui presero parte tutti i principali scienziati del mondo. Durante tale congresso, Sommerfeld mostrò come una serie di fenomeni termici ed elettrici non interpretabili con le teorie classiche, trovassero immediata spiegazione grazie alla nuova statistica di Fermi-Dirac. Rasetti ricorda:
Nel 1927 lo stesso Fermi applicò la sua stessa statistica al cosiddetto modello atomico di Thomas-Fermi. In tale modello gli elettroni sono ipotizzati essere come un gas degenere di Fermi, mantenuti intorno al nucleo dalla forza coulombiana. Fermi e i suoi allievi usarono tale modello per studiare le proprietà degli atomi che variano regolarmente al variare del numero atomico. A proposito di questo periodo e in generale sul metodo di lavoro di Fermi sono interessanti le parole di Amaldi:
L'Istituto di Via Panisperna e la fisica nucleare italiana
Quando Enrico Fermi occupò la cattedra di fisica teorica a Roma, cercò, congiuntamente con Corbino, di trasformare l'Istituto di via Panisperna in un centro di avanguardia a livello mondiale. In questo contesto Fermi necessitava di collaboratori adatti, al fine di formare il gruppo che più tardi divenne famoso come i "ragazzi di via Panisperna", dal nome della via nella quale erano ubicati i laboratori (ora parte del complesso del Viminale e del Ministero dell'interno). Il primo a essere assunto fu Franco Rasetti, al quale fu assegnato il compito di portare avanti le ricerche nel campo della fisica atomica. In seguito lo stesso Corbino, durante una lezione presso la facoltà di Ingegneria, annunciò che presso il suo istituto vi era posto per chi avesse interesse nella fisica pura.
Così nel 1927-1928 Emilio Segrè, Edoardo Amaldi ed Ettore Majorana completarono il gruppo. Fermi aveva così, grazie anche al forte interessamento di Corbino, la sua scuola formata da allievi giovanissimi, dove, attraverso seminari informali e spesso improvvisati, insegnava i segreti della fisica. Il gruppo dei ragazzi di via Panisperna, all'apice del suo splendore, fu costituito da Amaldi, Bruno Pontecorvo, Rasetti, Segrè, Majorana e dal chimico Oscar D'Agostino. Il gruppo proseguì con i suoi famosi esperimenti fino al 1933, quando Rasetti lasciò l'Italia per il Canada e poi per gli Stati Uniti, Pontecorvo andò in Francia e Segrè preferì andare a insegnare a Palermo.
Segrè ricorda così la maniera di fare lezione al gruppo da parte di Fermi:
L'attività di ricerca del gruppo durante questo periodo è ricordata da Rasetti con le sue stesse parole:
Le ricerche di quel periodo si concentrarono sull'effetto Raman in molecole e cristalli, sugli spettri di assorbimento dei metalli alcalini e sulle strutture iperfini delle righe spettrali. Nel 1929 Fermi e Rasetti compresero che la ricerca sulla spettroscopia e la fisica atomica stava per volgere alla fine, dato che la meccanica quantistica aveva risolto la maggior parte delle questioni aperte. Il nuovo corso del gruppo fu di investigare il nucleo dell'atomo. Corbino, in un celebre discorso intitolato I nuovi compiti della fisica sperimentale, si fece carico davanti alla Società Italiana per il Progresso delle Scienze del progetto di modernizzare la ricerca scientifica in Italia. Rasetti, Fermi e Corbino si fecero pertanto promotori della nuova politica scientifica che doveva basarsi sulla fondazione di laboratori di ricerca ben attrezzati, sulla formazione di ricercatori sia teorici sia sperimentali, e soprattutto sulla concentrazione di finanziamenti, risorse materiali e umane, nei settori più promettenti.
Il nuovo corso veniva così delineato da Corbino:
Il 29 marzo 1929 Fermi è nominato da Mussolini membro della Reale Accademia di Italia e si iscrive al partito fascista. Fermi, in seguito, cercò di ottenere ulteriori finanziamenti per il suo istituto, finanziamenti che arrivarono tramite fondi del CNR e che ammontavano a circa dieci volte il valore medio dei finanziamenti degli altri istituti.
Insieme con Antonio Garbasso evitò che i finanziamenti fossero mal distribuiti e li concentrò sulla fisica nucleare e sulla fisica dei raggi cosmici. Quando Fermi focalizzò le sue ricerche sul nucleo, si era già a conoscenza che la maggior parte dei nuclei esistenti era di natura stabile, e che altri sono radioattivi. In caso di decadimento radioattivo se ne conoscevano di tre tipi: tramite emissione di una particella o tramite l'emissione di una particella , e in genere accompagnati dall'emissione di un fotone . Compito della fisica nucleare era quello di studiare le forze che tengono insieme il nucleo. Infatti, attraverso la meccanica quantistica, si era in grado di spiegare solo, e approssimativamente, l'emissione di particelle .
Al fine di comprendere meglio il problema, Fermi organizzò fra l'11 e il 17 ottobre 1931 un congresso internazionale di fisica nucleare, insieme all'Accademia d'Italia e al CNR, di cui Fermi era segretario del comitato di fisica.
Il congresso fu finanziato con duecentomila lire, una cifra enorme per l'epoca, e aperto con un intervento dello stesso Mussolini. L'organizzazione scientifica del congresso fu affidata a Fermi che personalmente invitò i più grandi scienziati mondiali, definendo direttamente il taglio degli interventi, e chiedendo espressamente di esporre non solo i problemi già risolti, ma soprattutto quelli non risolti.
Il congresso ebbe un'importanza scientifica enorme e vide la partecipazione di Marie Curie, Niels Bohr, Patrick Blochett, Robert Millikan, Arthur Compton, Werner Heisenberg e Wolfgang Pauli. Il congresso fu un catalizzatore di idee e soprattutto mise a fuoco le questioni centrali, teoriche e sperimentali, ancora aperte. Wolfgang Pauli, per esempio, avanzò per la prima volta l'esistenza di una nuova particella, il neutrino, per spiegare gli spettri continui degli atomi radioattivi durante il processo di decadimento . Ipotesi contrastata da Bohr, secondo cui in questo modo si violava la legge di conservazione dell'energia. Al contrario Fermi vedeva l'ipotesi favorevolmente. Il congresso si concluse con le seguenti parole di Corbino:
Tale profezia si rivelò corretta. Nel febbraio del 1932 James Chadwick scoprì al Cavendish Laboratory di Cambridge il neutrone. Nel settembre del 1932 Karl Anderson al CalTech scoprì il positrone, risultato che venne poco dopo confermato da Patrick Blackett e Giuseppe Occhialini a Cambridge, dove crearono coppie elettrone/positrone confermando così la teoria di Dirac. Lo stesso anno Urey, Brickwedde e Murphy scoprirono il deuterio. Nel luglio 1932 una relazione congressuale accennò per la prima volta al neutrino di Pauli.
In seguito alle pubblicazioni di Chadwick sull'esistenza del neutrone, un allievo di Fermi, Ettore Majorana, propose un modello di atomo dove il nucleo era composto dai soli protoni e neutroni, elaborandone una teoria delle forze nucleari che li tengono insieme. Tali forze sono note oggi come forze di Majorana. Nell'ottobre del 1933, durante il settimo congresso Solvay, Pauli si convinse finalmente a pubblicare le sue teorie sul neutrino.
Teoria del decadimento β
Due mesi dopo il convegno Solvay, Fermi pubblicò il suo celebre lavoro sulla teoria del decadimento beta dal titolo: Tentativo di una teoria dei raggi β. Rasetti ne ricostruisce così la genesi:
Nella teoria di Fermi, egli riprendeva l'ipotesi di Pauli del neutrino, e assunse che neutrone e protone fossero due stati differenti dello stesso oggetto, aggiungendo anche l'ipotesi che assumeva che l'elettrone espulso durante il procedimento di decadimento β non preesisteva nel nucleo prima di essere espulso, ma che veniva creato, insieme al neutrino nel processo di decadimento contemporaneamente alla trasformazione di un neutrone in un protone, analogamente a quello che avviene nella formazione di un quanto di luce che accompagna un salto quantico di un atomo. Per costruire la teoria del processo di decadimento beta, processo in cui il numero di particelle leggere non si conserva, Fermi ricorse al formalismo elaborato da Dirac all'interno della sua teoria quantistica della radiazione relativa all'interazione dell'elettrone con il corpo elettromagnetico. All'interno della sua teoria, Dirac descrive gli operatori di costruzione e distruzione che definiscono il processo di annichilimento o creazione di una particella una volta che abbia interagito con il campo elettromagnetico.
Fermi dimostrò che così come l'interazione elettromagnetica produce la conversione di un fotone in una coppia elettrone-positrone, così l'interazione di Fermi, oggi chiamata interazione debole, produce la trasformazione di un neutrone in un protone (o viceversa), accompagnato dalla creazione di un elettrone e di un neutrino.
Al fine di calcolare la probabilità con cui il processo avviene, Fermi costruì la funzione hamiltoniana più semplice e compatibile con le leggi di conservazione e di simmetria. La costante di grandezza che compare nell'hamiltoniana fu determinata da un confronto con dati sperimentali. Tale costante per l'interazione debole ha un significato analogo a quella della gravitazione. Nel suo lavoro, rifiutato dalla rivista Nature, e accettato in seguito prima su Nuovo Cimento, e poi su Zeitschrift für Physik, Fermi calcolò la vita media del decadimento β, l'energia spettrale dell'elettrone emesso e le cosiddette regole di selezione del processo. A proposito di questo lavoro, Segrè ricorda:
La teoria di Fermi aprì un nuovo campo della fisica delle particelle elementari: la fisica delle interazioni deboli.
La scoperta dei neutroni lenti e della fissione nucleare
Il gruppo di Fermi cominciò a lavorare sulla radioattività artificiale in seguito alla scoperta della stessa da parte di Irene Curie e suo marito Frederic Joliot nel gennaio del 1934. Nell'autunno del 1934 Fermi e Rasetti cominciarono la costruzione degli strumenti necessari al fine di studiare la radioattività basata sull'esperienza fatta qualche mese prima da Rasetti al Kaiser Wilhelm Institut für Chemie a Berlino. Insieme costruirono una grande camera a nebbia e uno spettrometro a cristalli per raggi γ e vari contatori Geiger-Müller. Le sorgenti di neutroni vennero fornite e preparate da Giulio Cesare Trabacchi, direttore del laboratorio di fisica dell'Istituto Superiore di Sanità. Al contrario di quanto fatto da Curie e Joliot, Fermi decise di bombardare i nuclei bersagli con neutroni (cariche neutre) anziché con particelle α (cariche positive). Utilizzando come sorgenti di neutroni radon e berillio, Fermi cominciò a bombardare gli elementi del sistema periodico in maniera sistematica, ma solo quando arrivò al fluoro e all'alluminio, il suo contatore Geiger-Müller segnò finalmente i primi conteggi.
I primi risultati positivi vennero inviati alla rivista scientifica del CNR Ricerca Scientifica il 25 marzo del 1934, spiegati da Fermi come un nucleo che una volta soggetto a bersaglio assorbe un neutrone ed emette una particella α, dando luogo a un nuovo elemento radioattivo con numero atomico minore di due unità rispetto a quello di partenza. Fermi scrisse dieci articoli su questo tema, tutti con il titolo Radioattività provocata da bombardamento di neutroni N, con N da 1 a 10. Il gruppo di Fermi lavorò intensamente sulle nuove ricerche, e data la necessità di profonde conoscenze in chimica, decise di assumere Oscar D'Agostino, un chimico che si trovava a Parigi per approfondire le tecniche di radio chimica. Il lavoro procedeva speditamente e i risultati venivano, come detto, pubblicati immediatamente su Ricerca Scientifica. In poco tempo vennero irradiati con neutroni circa 60 elementi e almeno in 40 vennero identificati nuovi elementi radioattivi. Durante la fase di classificazione delle reazioni, il gruppo si accorse che i neutroni davano luogo alla formazione di nuovi nuclei radioattivi praticamente in tutti gli elementi irradiati, indipendentemente dal numero atomico. Scoprirono inoltre che nel caso di atomi leggeri, i radionuclidi prodotti avevano un numero atomico inferiore di una o due unità rispetto al nucleo iniziale mentre nel caso di elementi più pesanti i nuovi elementi erano isotopi del nucleo bombardato.
I risultati vennero interpretati in termini di reazioni nucleari (n, p) o (n,α), ovvero in termini di altezza del potenziale elettrostatico che le particelle cariche (protoni o particelle α) emesse dai nuclei bersaglio devono attraversare, essendo il potenziale elettrostatico minore per atomi leggeri rispetto agli atomi pesanti. I risultati del gruppo di Fermi fecero presto il giro del mondo, e il loro successo può essere riassunto per esempio con le parole di Lord Ernest Rutherford, eminenza dell'epoca nel campo della fisica nucleare:
Fermi e il suo gruppo proseguirono nella loro attività di bombardamento di tutti gli elementi della tavola periodica. Arrivati al numero 90 (torio) e al numero 92 (uranio), osservarono numerosi radionuclidi che erroneamente interpretarono come nuovi elementi.
La loro scoperta venne confermata dai maggiori fisici dell'epoca. I due nuovi elementi vennero denominati esperio e ausonio in onore di due antiche civiltà italiche. La scoperta, che nei piani di Fermi doveva rimanere segreta, venne invece subito resa pubblica da Corbino durante un discorso, dal titolo Risultati e prospettive della fisica moderna, tenuto di fronte all'Accademia dei Lincei alla presenza del re Vittorio Emanuele III. Fermi era contrario a dichiarazioni sensazionalistiche ed era convinto che le spiegazioni da loro date fossero errate. Infatti ciò che il gruppo aveva scoperto non erano due nuovi elementi, ma si trattava della fissione dell'uranio, come fu suggerito dalla chimica tedesca Ida Noddack. Nella seconda metà del 1934, il gruppo decise di passare da uno studio qualitativo delle attività radioattive dei materiali a uno quantitativo.
Lo studio fu assegnato da Fermi ad Amaldi e a Bruno Pontecorvo che si era da poco unito al gruppo. Il primo obiettivo era quello di ottenere risultati ben riproducibili, ma i due si imbatterono in difficoltà enormi, dato che le proprietà dei vari metalli sembravano dipendere fortemente dai materiali su cui la sorgente di neutroni e il campione irradiato venivano disposti. Per la mattina del 20 ottobre 1934 tutto era pronto per un esperimento sistematico per capire l'origine di questi strani fenomeni. Amaldi costruì il castelletto con pareti di piombo e ripeté le misure, collocando la sorgente e il campione d'argento da irradiare secondo varie disposizioni geometriche. L'esperimento consisteva nel bombardare con neutroni un bersaglio costituito da un campione di argento inserendo tra la fonte e il bersaglio un cuneo di piombo allo scopo di distinguere i neutroni "assorbiti" da quelli "diffusi".
In fisica, non sono rari i casi in cui scoperte e invenzioni sono il frutto del "caso fortuito", sotto il quale si cela l'intuizione, la creatività e l'ispirazione dell'autore. Tra i tanti episodi di cui è costellata la storia della scienza uno dei meno noti, ma anche dei più clamorosi, avvenne proprio quella mattina del 20 ottobre 1934 e coinvolse Enrico Fermi durante le sue ricerche sulla radioattività artificiale indotta da neutroni. Fermi si trovava da solo nel laboratorio mentre i suoi collaboratori e allievi erano impegnati in lezioni e sessioni d'esame. Impaziente e irrequieto com'era, decise di avviare subito le procedure previste ma un istante prima di iniziare ebbe un'intuizione e sostituì il cuneo di piombo con un pezzo di paraffina. I risultati, e cioè l'induzione di radioattività artificiale, furono straordinari, ben oltre ogni più rosea previsione, del tutto inaspettati e, al momento, incomprensibili. Fu chiaro in seguito che il successo dell'esperimento si doveva proprio alla paraffina, sostanza ricca di idrogeno, cioè di protoni, che "rallentavano" i neutroni incidenti amplificando la loro efficacia nel determinare la radioattività artificiale. L'esperimento fu ripetuto, per conferma, sostituendo la paraffina con acqua, anch'essa ricca di protoni, ottenendo gli stessi risultati clamorosi.
Emilio Segrè ricorda:
Fermi giustificò immediatamente il tutto nel seguente modo: alla base di tutto stava la definizione di neutroni lenti. Infatti i neutroni venivano rallentati in una serie di urti elastici con i protoni della paraffina aumentando così la loro efficacia nel provocare la radioattività artificiale. Fermi dimostrò come la probabilità di cattura dei neutroni e di produzione delle reazioni nucleari aumentasse con la diminuzione della velocità dei neutroni, cosa inaspettata per l'epoca, visto che si credeva il contrario. Enrico Fermi vinse in seguito a questa scoperta il premio Nobel per la fisica nel 1938. Ma perché allora utilizzò proprio paraffina e perché ebbe questa intuizione apparentemente bizzarra, non è ancora oggi chiaro. Neppure il grande scienziato seppe trovare una risposta e certamente la persona più sorpresa di quella modifica fu proprio lui. Così Subrahmanyan Chandrasekhar, il famoso fisico teorico di origine indiana, ricorda la conversazione che ebbe con Fermi a questo proposito:
La sera stessa Fermi e i suoi colleghi scrissero un breve articolo circa la scoperta per la rivista Ricerca Scientifica. L'articolo venne intitolato Azione di sostanze idrogenate sulla radioattività provocata da neutroni I, in cui gli autori avanzarono come possibile spiegazione:
In seguito a tale scoperta, il gruppo riorganizzò le sue attività di ricerca decidendo di concentrarsi maggiormente sull'effetto dei neutroni lenti piuttosto che sullo studio dei radionuclidi prodotti. La prima ricerca fu di determinare quantitativamente il cosiddetto coefficiente di acquacità che determina di quanto l'immersione in acqua di una sorgente e dei campioni sotto esame aumentasse la radioattività artificiale. Gli esperimenti mostrarono che alcuni elementi avevano una cattura neutronica maggiore di un ordine di grandezza fra 3 e 4 volte maggiore della cosiddetta sezione d'urto geometrica dei nuclei irradiati. Utilizzando la meccanica quantistica, Fermi riuscì a spiegare questo fenomeno, trovando una spiegazione per queste sezioni d'urto anomale e ricavando la legge generale della dipendenza dalla sezione d'urto di cattura dalla velocità dei neutroni incidenti, scoprendo così che, per velocità molto basse, la probabilità di cattura è inversamente proporzionale alla velocità.
Corbino convinse Fermi e i suoi ragazzi a brevettare il processo di produzione di sostanze radioattive artificiali mediante bombardamento di neutroni e l'aumento dell'efficienza del processo stesso dovuto all'uso dei neutroni lenti. Tale brevetto porta la data del 26.10.1935 e fu determinante per il successivo sviluppo dell'energia atomica. L'attività del gruppo proseguì con la ricerca della comprensione del gran numero di attività indotte nel torio e nell'uranio. L'ipotesi su cui si basava la ricerca era che oltre al decadimento β ci fosse un secondo decadimento denominato α, con un'emissione di nuclei di elio. Amaldi venne incaricato da Fermi di procedere con gli esperimenti alla ricerca degli emettitori α, ricerca che fallì, a parte per il caso dell'uranio.
Nell'estate del 1935, il gruppo cominciò a disperdersi. Rasetti si recò alla Columbia University. Segrè fu anch'esso negli USA e, quando tornò in Italia, vinse la cattedra di fisica sperimentale a Palermo. D'Agostino lasciò il gruppo per andare al neo-costituito Istituto di Chimica del CNR. Pontecorvo partì per Parigi per lavorare con i Joliot-Curie. Majorana infine sparì.
Con le parole di Amaldi
Come reazione al pesante clima politico, i ritmi di lavoro divennero forsennati. Amaldi ricorda:
Verso la fine del 1936 la situazione politica in Italia si deteriorò ulteriormente in seguito all'Asse Roma-Berlino fra l'Italia fascista di Mussolini e la Germania nazista di Hitler. Il colpo del KO al gruppo arrivò il 23 gennaio del 1937, quando Corbino morì improvvisamente di polmonite. Fermi ne era il naturale successore alla guida dell'istituto di via Panisperna ma, attraverso manovre politiche, il professor Antonino Lo Surdo riuscì a prendere il posto del defunto Corbino. Il blocco di paraffina utilizzato da Fermi per il suo esperimento del 20 ottobre 1934, recante la sigla "Regio Istituto di Fisica" (RIF), è ancora oggi conservato nel museo del Dipartimento di Fisica dell'Università La Sapienza di Roma.
La fine del gruppo e il Nobel
La scoperta dei neutroni lenti consolidò definitivamente la fama del gruppo di Fermi a livello mondiale. Già nel 1935, il gruppo si era reso conto che le sorgenti al radon-berillio erano molto deboli e che solo un acceleratore di particelle le avrebbe rese più intense. Fermi, intuendone l'importanza, voleva dotare il gruppo di una macchina di questo tipo. Nell'estate del 1935, Rasetti fu inviato a visitare il laboratorio di Robert Millikan a Pasadena e il Radiation Laboratory a Berkeley al fine di studiare le prestazioni degli impianti realizzati presso quei laboratori nel caso si fosse deciso di costruirne uno in Italia. A Pasadena, Rasetti studiò un acceleratore ad alto voltaggio messo a punto da uno studente di Millikan, mentre a Berkeley studiò il ciclotrone inventato da Ernest Lawrence.
La produzione di neutroni del ciclotrone era dell'ordine di 1010 neutroni al secondo, equivalente ai neutroni ottenibili con un chilogrammo di radon mescolato al berillio. Dopo un anno dalla visita di Rasetti, anche Segrè si recò a Berkeley e notò che il ciclotrone era stato nel frattempo enormemente migliorato. Tornato in Italia, abbandonò insieme a Fermi l'idea di costruire un ciclotrone in Italia a causa del costo elevato. Nel novembre 1936, Fermi e Domenico Marotta, direttore dell'Istituto di Sanità pubblica, presentarono la proposta per realizzare un acceleratore di tipo Cockcraft-Walton da 1 MeV, che sarebbe stato realizzato, presso l'Istituto di Sanità pubblica, solo alcuni mesi dopo la fuga di Fermi dall'Italia fascista. Al fine di mantenere la posizione internazionale raggiunta, Fermi presentò il 29 gennaio 1937 una dettagliata proposta per la costituzione di un Istituto di radioattività nazionale:
e continuava sottolineando che:
Fermi non si limitava a sottolineare l'importanza della ricerca di base, ma evidenziava anche le possibili ricadute pratiche:
La richiesta finale da parte di Fermi era di 300 000 lire più 230 000 per le spese di personale e gestione. Nel 1937 lo stesso Fermi si recò a Berkeley per studiare il modo di costruire un ciclotrone economico, ma questa pianificazione non portò a nulla per il crescente isolamento politico e scientifico che Fermi cominciò a subire dopo la morte di Corbino e che si accentuò ulteriormente con l'improvvisa morte di Guglielmo Marconi, che in quanto presidente del CNR e dell'Accademia d'Italia, era un influente e ascoltato protettore del gruppo. Nel maggio 1938, la proposta di Fermi venne definitivamente affossata con la giustificazione che non vi erano soldi a sufficienza. Venne solo concesso un contributo di 150 000 lire per l'anno 1938-1939. Questa decisione segnò la fine del sogno di un ciclotrone italiano e la morte della fisica nucleare italiana, proprio alcuni mesi prima dell'assegnazione del premio Nobel per la fisica.
In questo periodo maturò la decisione (anche in seguito ai continui viaggi effettuati verso gli USA) di lasciare l'Italia per volare oltre oceano, dato che negli USA vi erano finanziamenti adeguati per la ricerca. Come ricorda Segrè:
A ogni modo la situazione europea, con l'annessione dell'Austria da parte della Germania nazista, cominciava a degenerare rapidamente. Nel luglio 1938 cominciò anche la campagna antisemita in Italia con la pubblicazione del manifesto della razza e le successive leggi razziali, per cui Fermi dovette rinunciare alla collaborazione di alcuni suoi assistenti. La stessa moglie di Fermi, Laura Capon (figlia dell'ammiraglio Augusto Capon), essendo ebrea, era soggetta alle persecuzioni razziali imposte dal regime, insieme ai loro figli. La moglie di Fermi ricorda nel libro Atomi in famiglia che la coppia decise di lasciare l'Italia in seguito all'attuazione di quella legge. Lo stesso Fermi era soggetto a controlli di ogni tipo.
Il 10 novembre del 1938, il prof. Enrico Fermi ricevette, all'età di soli trentasette anni, l'annuncio ufficiale del conferimento del premio Nobel. L'illustre scienziato italiano decise che, dopo la consegna del premio a Stoccolma, avrebbe fatto rotta con la famiglia verso gli Stati Uniti, dove la Columbia University di New York lo aveva invitato per una serie di lezioni. Edoardo Amaldi ricostruisce così l'atmosfera che precedette la proclamazione ufficiale dell'assegnazione a Fermi del Nobel:
Un interessante racconto circa il clima intorno alla figura del famoso fisico romano ci viene da un controllo di routine fatto da un informatore del ministro dell'Interno. In seguito alla cerimonia che la Magneti Marelli, società di cui Fermi era consulente scientifico, organizzò per festeggiare il neo premio Nobel, vennero invitate tutte le maggiori autorità cittadine della regione. Dal racconto dell'informatore:
Il 6 dicembre 1938 Fermi partì con il treno per Stoccolma. Alla stazione Termini, la famiglia Fermi fu accompagnata da Rasetti e Amaldi, che riporta gli ultimi momenti con il maestro:
Il 10 dicembre 1938 l'Accademia delle scienze di Stoccolma conferisce il premio Nobel a Enrico Fermi
Il comportamento di Enrico Fermi durante la consegna del premio fece scalpore all'interno dell'informazione del regime fascista. Come ricorda Amaldi:
Nei giorni successivi Otto Hahn e Fritz Strassmann rilevarono, in seguito al bombardamento dell'uranio con neutroni, la presenza di bario radioattivo, cioè di un elemento con numero atomico intermedio (simile alla scoperta del gruppo di Fermi degli elementi con numero atomico superiore denominati esperio e ausonio). I due scienziati tedeschi ipotizzarono per la prima volta la possibile fissione dell'uranio.
La fuga negli Stati Uniti e le prime ricerche
Dopo aver ricevuto il premio Nobel, Fermi andò a Copenaghen da Bohr per imbarcarsi insieme alla moglie Laura Capon il 24 dicembre 1938 sul transatlantico Franconia diretto a New York, dove arrivò il 2 gennaio 1939. Egli rimase in un primo momento a New York presso la Columbia University, dove il 25 gennaio dello stesso anno fece parte di un team sperimentale che nel seminterrato dell'università condusse il primo esperimento di fissione nucleare negli Stati Uniti. Fermi verificò gli esperimenti iniziali di Hahn e Strassmann sulla fissione nucleare con l'aiuto di Dunning e Booth e, trasferitosi a Chicago, cominciò la costruzione della prima pila nucleare, la Chicago Pile-1. In un discorso tenuto nel 1954, quando si pensionò da Presidente della Società Americana di Fisica, ricordò l'inizio del progetto:
Dopo la famosa lettera di Albert Einstein del 1939 (redatta da Leó Szilárd) al Presidente Roosevelt, nella quale, di fronte alla minaccia rappresentata dal regime nazista, veniva sottolineata la possibilità di realizzare una bomba atomica, la Marina stabilì un fondo di 6 000 dollari per la Columbia University, fondo che fu incrementato per il Progetto Manhattan e per il lavoro di Fermi.
Il progetto Manhattan
Nel suo saluto all'American Physical Society, Fermi disse anche:
Fu Fermi così a risolvere il primo grande ostacolo scientifico del Progetto Manhattan, il 2 dicembre 1942 alle 14:20 ora locale, quando sotto le gradinate dello stadio del campus dell'Università di Chicago il gruppo da lui guidato iniziò la prima reazione nucleare a catena auto-alimentata (Chicago Pile-1). Un messaggio in codice ("Il navigatore italiano è giunto nel nuovo mondo") fu inviato dal generale Groves al presidente Roosevelt per avvisarlo che l'esperimento aveva avuto successo. La messa in funzione della Chicago Pile 1 è da tutti considerata come il momento in cui è iniziata l'era dell'energia nucleare.
Fermi fu presente quando il reattore "X-10 Graphite" a Oak Ridge, nel Tennessee, divenne critico nel 1943, e quando il "Reattore B" nel sito di Hanford lo fece l'anno successivo. Al Los Alamos National Laboratory, diresse la divisione F, parte della quale lavorò alla bomba termonucleare "Super" di Edward Teller.
Dopo la resa della Germania l'8 maggio 1945, i dubbi degli scienziati impegnati nel Progetto Manhattan erano cresciuti però di intensità. A Chicago, nei giorni immediatamente successivi alla fine della guerra in Europa, Arthur Compton nominò un comitato per affrontare la questione dell'uso della bomba, formato da vari scienziati del Metallurgical Laboratory, fra i quali lo stesso Szilard, e presieduto da James Franck, un fisico tedesco di grande valore, immigrato negli Stati Uniti per sfuggire alle persecuzioni antisemite dei nazisti. All'inizio di giugno del 1945 il rapporto finale, noto come Rapporto Franck anche se stilato in massima parte da Szilárd, fu recapitato urgentemente al ministro della guerra Henry Stimson perché lo inoltrasse al presidente Truman. Nel rapporto si sconsigliava l'uso delle bombe atomiche contro il Giappone e si suggeriva una dimostrazione incruenta della nuova arma.
Non essendo giunto alcun riscontro al Rapporto Franck, Szilárd decise di scrivere una petizione al presidente Truman, e la fece circolare fra gli scienziati del Metallurgical Laboratory, raccogliendo 53 firme. Ne inviò poi alcune copie ai laboratori di Oak Ridge e di Los Alamos, con una lettera di accompagnamento in cui scriveva: «Per quanto limitata sia la possibilità che la nostra petizione possa influire sul corso degli eventi, io personalmente sento che sarebbe importante se un vasto numero di scienziati che hanno lavorato in questo campo si esprimesse pubblicamente con chiarezza e sicurezza sull'opposizione per motivi morali all'uso di queste bombe nell'attuale fase della guerra», ma a Los Alamos la petizione di Szilárd non venne fatta circolare. Inviata da Szilárd attraverso i canali istituzionali, la petizione non raggiunse mai Truman perché «la questione dell'uso della bomba era stata già pienamente affrontata e risolta dalle autorità competenti».
La decisione fu presa al massimo livello politico, ma Fermi e gli altri leader scientifici del Progetto Manhattan svolsero comunque un ruolo importante nel processo decisionale: due mesi prima, nel maggio del 1945, Truman aveva infatti creato un'apposita commissione, nota come Interim Committee per affrontare la questione dell'eventuale uso della bomba atomica. L'Interim Committee fu affiancato da una commissione scientifica composta da quattro scienziati di primo piano del Progetto Manhattan: Oppenheimer, Fermi, Lawrence e Compton, che avevano la responsabilità delicatissima di dare consigli tecnici sull'uso dell'arma nucleare contro il Giappone. I quattro scienziati ricevettero da Stimson il Rapporto Franck ma non lo trovarono convincente.
La raccomandazione di Fermi e degli altri leader del progetto convinse i membri dell'Interim Committee che approvarono all'unanimità i seguenti provvedimenti:
la bomba dovrà essere usata contro il Giappone al più presto;
dovrà essere usata su un doppio bersaglio, cioè su installazioni militari o impianti bellici circondati o adiacenti ad abitazioni;
dovrà essere usata senza preavviso sulla natura dell'arma.
Era tra gli scienziati presenti al test nucleare Trinity il 16 luglio 1945, la prima esplosione nucleare della storia, dove fu usato il suo "metodo Fermi" per stimare la resa della bomba.
Fermi fu eletto membro dell'Accademia Nazionale delle Scienze degli Stati Uniti nel 1945. Dopo la guerra gli fu offerta e accettò la cattedra di fisica Charles H. Swift presso l'Università di Chicago, e divenne membro del nuovo istituto per gli studi nucleari di quell'università.
Il Progetto Manhattan fu sostituito dalla Commissione per l'energia atomica (AEC) il 1º gennaio 1947 e Fermi fece parte del Comitato consultivo generale, l'influente comitato scientifico presieduto da Robert Oppenheimer. Dopo la detonazione della prima bomba sovietica a fissione nucleare nell'agosto del 1949, si oppose fermamente allo sviluppo di una bomba all'idrogeno, per motivi sia morali sia tecnici.
Ritorno in Italia
Nell'estate del 1949, Fermi tornò brevemente in Italia per partecipare a una conferenza sui raggi cosmici che si tenne a Como dove ebbe modo di rivedere alcuni colleghi e amici tra i quali Amaldi, Bernardini, Pontecorvo, Segrè. Dopo la conferenza, organizzata dall'Accademia dei Lincei, prima di tornare negli USA, Fermi tenne anche alcune lezioni a Roma e Milano. Le lezioni, raccolte dagli assistenti delle due università, furono pubblicate nel 1950.
Fermi tornò nuovamente in Italia, per l'ultima volta, già gravemente malato, pochi mesi prima di morire, nel 1954 per tenere un corso di lezioni sulla fisica dei pioni e dei nucleoni a Varenna presso villa Monastero, sul lago di Como. La stessa villa è ora sede della Scuola internazionale di fisica, intitolata allo scienziato italiano.
Morte
Il 28 novembre 1954 Fermi morì di tumore dello stomaco a Chicago e venne sepolto nel locale Oak Woods Cemetery. Aveva 53 anni. Di lui Eugene Wigner scrisse: «Dieci giorni prima che Fermi morisse mi disse: "Spero che non duri molto". Si è riconciliato perfettamente con il suo destino».
Il professor Edoardo Amaldi ebbe a dire, durante la commemorazione tenuta a classi riunite il 12 marzo 1955 dall'Accademia dei Lincei:
Una lapide commemorativa lo ricorda nella basilica di Santa Croce a Firenze, nota anche come il Tempio dell'itale glorie per le numerose sepolture di artisti, scienziati e personaggi importanti della storia italiana.
Fermi anticipatore dei suoi tempi
Fermi fu un uomo estremamente brillante, dall'inusuale elasticità mentale e senso comune. Fu un teorico veramente dotato di talento, come dimostra la sua teoria sul decadimento beta. Ebbe lo stesso talento anche sul lavoro in laboratorio, procedendo velocemente e con un grande intuito. Sostenne che la sua velocità in laboratorio lo aveva portato al Nobel, dicendo che le stesse scoperte a cui lui era arrivato presto sarebbero state fatte da qualcun altro, e che lui ci era semplicemente arrivato prima.
Nel 1933 propose il suo famoso studio sul decadimento beta alla rivista scientifica Nature, ma l'editore della rivista lo respinse perché « [...] conteneva speculazioni che erano troppo distanti dalla realtà». Per questo, Fermi pubblicò la sua teoria in italiano e in tedesco.
Comprese immediatamente l'importanza dei calcolatori elettronici, come risultò dal problema di Fermi–Pasta–Ulam–Tsingou.
Non dimenticò mai di essere un precursore dei suoi tempi, ed era solito dire ai suoi allievi preferiti: «Non siate mai i primi, cercate di essere secondi».
Opere e alcuni lavori
Introduzione alla fisica atomica, Bologna, Zanichelli, 1928.
Fisica. Ad uso dei licei, 2 voll., Bologna, Zanichelli, 1929; 1937.
Sui momenti magnetici dei nuclei atomici, Roma, Tip. Del Senato, G. Bardi, 1930.
Sul calcolo degli spettri degli ioni, Roma, Tip. Del Senato, G. Bardi, 1930.
L'effetto Raman nelle molecole e nei cristalli, Roma, Reale Accademia D'Italia, 1932.
Sulla Teoria delle strutture iperfini, con Emilio Segrè, Roma, Reale Accademia D'Italia, 1933.
Molecole e cristalli, Bologna, Zanichelli, 1934.
Conferenze di fisica atomica. Raccolte da professori ed assistenti di fisica delle università di Roma e Milano, Roma, Accademia Nazionale dei Lincei, 1950.
Particelle elementari, Torino, Einaudi, 1952; Boringhieri, 1963.
Termodinamica, Torino, Boringhieri, 1958 (traduzione del testo originale Thermodynamics, raccolta di lezioni tenute da E. Fermi nel 1936 presso la Columbia University).
Note e memorie, 2 voll.,
I, Italia 1921-1938, Roma-Chicago, Accademia Nazionale dei Lincei-The University of Chicago press, 1962.
II, United States 1939-1954, Roma-Chicago, Accademia Nazionale dei Lincei-The University of Chicago Press, 1965.
Atomi, nuclei, particelle. Scritti divulgativi ed espositivi, 1923-1952, Torino, Bollati Boringhieri, 2009.
Alcune teorie fisiche. Caorso - Roma, 1919, Piacenza, Tipolito Farnese, 2011 (contiene la riproduzione del taccuino ms. conservato presso la Biblioteca dell'Università di Chicago).
Notes on Quantum Mechanics (Appunti di meccanica quantistica), Chicago, The University of Chicago Press, 1961 (pubblicato postumo).
Allievi famosi di Enrico Fermi
Mario Ageno
Edoardo Amaldi
Herbert Lawrence Anderson
Owen Chamberlain - Premio Nobel 1959
Geoffrey Chew
Jerome Isaac Friedman - Premio Nobel 1990
Murray Gell-Mann - Premio Nobel 1969
Marvin Leonard Goldberger
Richard Lawrence Garwin
David Lazarus
Tsung-Dao Lee - Premio Nobel 1957
Ettore Majorana
Jay Orear
Bruno Pontecorvo
James Rainwater - Premio Nobel 1975
Franco Rasetti
Arthur Rosenfeld
Emilio Segrè - Premio Nobel 1959
Jack Steinberger - Premio Nobel 1988
Sam Treiman
Gian Carlo Wick
Chen Ning Yang - Premio Nobel 1957
Intitolazioni
Fermione.
Fermi, unità di misura.
Problema di Fermi.
Gas di Fermi.
Liquido di Fermi.
Livello di Fermi e di quasi Fermi.
Fermio, elemento nº 100 della tavola periodica.
Cratere Fermi, cratere lunare
Asteroide 8103 Fermi.
Fermi, architettura per GPU.
Centrale nucleare Enrico Fermi.
Acceleratore di particelle lineare (FEL) presso il centro di ricerca Elettra Sincrotrone in prossimità di Trieste.
Satellite GLAST dedicato allo studio dei raggi gamma, chiamato Fermi Gamma-ray Space Telescope.
Riconoscimento presidenziale statunitense Enrico Fermi.
Premio Enrico Fermi della Società italiana di fisica.
Premio Enrico Fermi del Dipartimento dell'Energia degli Stati Uniti d'America.
Laboratorio americano Fermilab.
Dipartimento di fisica della Università di Chicago dove era solito lavorare, ora conosciuto come The Enrico Fermi Institute.
Dipartimento di fisica dell'Università di Pisa, presso il quale ha studiato.
Dipartimento di Ingegneria Nucleare del Politecnico di Milano.
Edificio del dipartimento di fisica della Università degli Studi di Roma "La Sapienza".
Numerose scuole superiori, soprattutto licei scientifici e istituti tecnici, in varie città d'Italia.
Stazione della metropolitana di Roma (Linea B): EUR Fermi.
Capolinea della metropolitana di Torino.
Due francobolli delle poste italiane, il primo nel 1967 da 50 lire e il secondo nel 2001 da 800 lire.
Riconoscimenti
Nel 1926 gli fu assegnata la Medaglia Matteucci;
Nel 1938 gli fu assegnato il premio Nobel per la fisica;
Nel 1947 gli fu assegnata la Medaglia Franklin;
Nel 1953 gli fu assegnato l'Henry Norris Russell Lectureship;
Nel 1954 gli fu assegnata la Medaglia Max Planck.
Filmografia
I ragazzi di via Panisperna.
Il film I ragazzi di via Panisperna venne dedicato a Enrico Fermi e al gruppo di grandi scienziati (Segre, Pontecorvo, Amaldi e Majorana) che raccolse all'istituto di via Panisperna di Roma. Andò in onda per la prima volta in due puntate su Rai2 nel 1990. Oggi è disponibile gratuitamente su RaiPlay.
L'incredibile storia di Enrico Fermi.
Il documentario "L'incredibile storia di Enrico Fermi" venne prodotto dalla RAI per celebrare il centesimo anniversario della nascita dello scienziato. Andò in onda per la prima volta il 18 settembre 2001 su Rai 1 in una puntata di Speciale Superquark.
Note
Annotazioni
Fonti
Bibliografia
Laura Fermi, Atomi in famiglia, Milano, Mondadori, 1954.
Emilio Segrè, Enrico Fermi, fisico. Una biografia scientifica, Bologna, Zanichelli, 1971 (con successive edizioni).
Bruno Pontecorvo, Fermi e la fisica moderna, Roma, Editori Riuniti, 1972.
Gerald Holton, La grande avventura del gruppo Fermi, in: F.L. Cavazza, S.R. Graubard (a cura di), Il caso italiano, 2 voll., Aldo Garzanti Editore, Milano, 1975, Vol. 2, pp. 478–525.
Lanfranco Belloni, Da Fermi a Rubbia. Storia e politica di un successo mondiale della scienza italiana, Milano, Rizzoli, 1988.
Edoardo Amaldi, Da via Panisperna all'America. I fisici italiani e la seconda guerra mondiale, a cura di Giovanni Battimelli e Michelangelo De Maria, Roma, Editori Riuniti, 1997.
Michelangelo De Maria, Fermi. Un fisico da via Panisperna all'America, Milano, I Grandi della Scienza, 1999, supplemento a "Le Scienze" n. 368, aprile 1999
Roberto Vergara Caffarelli, Enrico Fermi. Immagini e documenti, con scritti di Roberto Vergara Caffarelli e Elena Volterrani. Nel Centenario della nascita di Enrico Fermi, La Limonaia — Associazione per la diffusione della cultura scientifica e tecnologica, Pisa, Edizioni PLUS, 2001.
Francesco Cordella, Alberto De Gregorio, Fabio Sebastiani, Enrico Fermi. Gli anni italiani, Roma, Editori Riuniti, 2001. ISBN 88-359-5097-X.
Giulio Maltese, Enrico Fermi in America. Una biografia scientifica: 1938-1954, Bologna, Zanichelli, 2003. ISBN 88-08-07727-6.
Giovanni Battimelli, L'eredità di Fermi. Storia fotografica dal 1927 al 1959 dagli archivi di Edoardo Amaldi, Roma, Editori Riuniti, 2003.
Giuseppe Bruzzaniti, Enrico Fermi. Il genio obbediente, Torino, Einaudi, 2007. ISBN 978-88-06-16682-3.
Giulio Maltese, Il papa e l'inquisitore. Enrico Fermi, Ettore Majorana, via Panisperna, Bologna, Zanichelli, 2010. ISBN 978-88-08-16814-6.
Giorgio Colangelo, Massimo Temporelli, La banda di via Panisperna. Fermi, Majorana e i fisici che hanno cambiato la storia. Milano, Hoepli, 2013, ISBN 978-88-203-5945-4.
Giovanni Battimelli, Maria Grazia Ianniello, Fermi e dintorni. Due secoli di fisica a Roma (1748-1960), Milano, Mondadori Università, 2013.
Francesco Guerra, Nadia Robotti, Enrico Fermi e il quaderno ritrovato. La vera storia della scoperta della radiazione indotta da neutroni, SIF Edizioni, Bologna, 2015 (traduzione inglese per la Springer nel 2018). ISBN 978-88-7438-096-1.
Gino Segrè, Bettina Hoerlin, Il Papa della fisica. Enrico Fermi e la nascita dell'era atomica, Milano, Raffaello Cortina Editore, 2017, ISBN 978-88-603-0948-8.
David N. Schwartz, Enrico Fermi. L’ultimo uomo che sapeva tutto, Milano, Solferino Libri/RCS, 2018, ISBN 978-88-282-0016-1.
Voci correlate
Radioattività
Ragazzi di via Panisperna
Laura Fermi
Paradosso di Fermi
Fisica atomica
Fisica nucleare
Meccanica statistica
Problema di Fermi–Pasta–Ulam–Tsingou
Altri progetti
Collegamenti esterni
Accademici dell'Accademia d'Italia
Accademici italiani negli Stati Uniti d'America
Accademici dei Lincei
Italiani emigrati negli Stati Uniti d'America
Massoni
Personalità commemorate nella Basilica di Santa Croce
Progetto Manhattan
Professori dell'Università degli Studi di Firenze
Professori della Sapienza - Università di Roma
Professori della Columbia University
Scienziati italoamericani
Statistica computazionale
Studenti dell'Università di Pisa
Studenti della Scuola Normale Superiore
Membri dell'Accademia delle Scienze di Torino |
1726 | https://it.wikipedia.org/wiki/Elba | Elba |
Astronomia
2567 Elba – asteroide scoperto nel 1979
Geografia
Elba – fiume dell'Europa centrosettentrionale
Italia
Isola d'Elba – isola dell'arcipelago toscano
Stati Uniti
Elba – città della contea di Coffee, Alabama
Elba – township della contea di Gratiot, Michigan
Elba – township della contea di Lapeer, Michigan
Elba – città della contea di Winona, Minnesota
Elba – villaggio della contea di Howard, Nebraska
Elba – città della contea di Genesee, New York
Elba – città della contea di Dodge, Wisconsin
Onomastica
Elba – nome proprio di persona italiano femminile
Elba – variante spagnola del nome proprio di persona italiano femminile Alba
Persone
Idris Elba – attore britannico
Vini
Elba Aleatico
Elba Ansonica
Elba Vin Santo
Elba Vin Santo Occhio di Pernice
Elba bianco
Elba bianco spumante
Elba rosato
Elba rosso
Elba rosso riserva
Altro
Elba – incrociatore corazzato della Regia Marina
Innocenti Elba – autovettura della Innocenti
Elba – Progetto Federazione Italiana Canottaggio Sedile Fisso |
1728 | https://it.wikipedia.org/wiki/Ecografia | Ecografia | L'ecografia o ecotomografia è un sistema di indagine diagnostica medica che non utilizza radiazioni ionizzanti, ma ultrasuoni e si basa sul principio dell'emissione di eco e della trasmissione delle onde ultrasonore.
Tale metodica viene considerata come esame di base o di filtro rispetto a tecniche di imaging più complesse come CT, imaging a risonanza magnetica, angiografia.
L'ecografia è, in ogni caso, una procedura operatore-dipendente, poiché vengono richieste particolari doti di manualità e spirito di osservazione, oltre a cultura dell'immagine ed esperienza clinica.
Funzionamento
La frequenza degli ultrasuoni utilizzati (che per definizione è superiore ai 20 kHz) varia da 2 MHz a 15 MHz circa, ed è scelta tenendo in considerazione che frequenze maggiori hanno maggiore potere risolutivo dell'immagine, ma penetrano meno in profondità nel soggetto.
Oggi ogni ecografo è dotato delle cosiddette sonde real-time, in cui gli ultrasuoni sono prodotti e raccolti in sequenza in direzioni diverse, tramite modulazioni meccaniche o elettroniche della sonda.
Queste onde sono generate da un cristallo che sfrutta l'effetto piezoelettrico, inserito in una sonda mantenuta a diretto contatto con la pelle del paziente con l'interposizione di un apposito gel (che elimina l'aria interposta tra sonda e cute del paziente, permettendo agli ultrasuoni di penetrare nel segmento anatomico esaminato); la stessa sonda è in grado di raccogliere il segnale di ritorno, che viene opportunamente elaborato da un computer e presentato su un monitor.
Variando l'apertura emittente della sonda, è possibile cambiare il cono di apertura degli ultrasuoni e quindi la profondità fino alla quale il fascio può considerarsi parallelo.
In un tessuto idealmente omogeneo (a impedenza acustica caratteristica costante) l'onda procede attenuandosi in funzione del tipo di tessuto; quando l'onda raggiunge invece un punto di variazione di impedenza acustica, viene in varia misura riflessa, rifratta e diffusa.
La percentuale riflessa (R) porta informazioni sulla differenza di impedenza (Z) tra i due tessuti, ed è pari a:
Il tempo impiegato dall'onda nel percorso di andata, riflessione e ritorno viene fornito al computer, che calcola la profondità da cui è giunta l'eco, ossia della superficie o del punto di discontinuità dell'impedenza acustica, indice di ecostruttura dei tessuti disomogenea. Si possono così individuare le dimensioni dei vari organi e delle loro pareti, ed eventuali zone ipoecogene (con scarso riflesso del segnale ecografico) o iperecogene (con una riflettanza maggiore) all'interno o all'esterno dei vari organi.
Molto importante è il sistema di amplificazione degli echi ed il compenso di profondità.
Amplificazione
Gli echi ricevuti hanno un'ampiezza ridotta rispetto all'eco incidente. La tensione generata dal cristallo a seguito dell'eco di ritorno è molto bassa, deve essere quindi amplificata prima di essere inviata ai sistemi di elaborazione e quindi di presentazione.
Compenso di profondità
A causa dell'attenuazione degli ultrasuoni nel tessuto umano (1 dB/cm/MHz) gli echi provenienti da strutture distali saranno di minor ampiezza rispetto a quelli provenienti da strutture similari ma prossimali. Per compensare ciò è necessario amplificare maggiormente gli echi lontani rispetto a quelli più vicini. Ciò viene svolto da un amplificatore dove il guadagno aumenta in funzione del tempo (T.G.C., Time Gain Compensation) cioè in funzione della profondità di penetrazione.
Configurazione
Sostanzialmente un ecografo è costituito da tre parti:
una sonda che trasmette e riceve il segnale
un sistema elettronico che:
pilota il trasduttore
genera l'impulso di trasmissione
riceve l'eco di ritorno alla sonda
tratta il segnale ricevuto
un sistema di visualizzazione
Sistemi di scansione
I diversi sistemi di scansione forniscono uno specifico formato dell'immagine, che a sua volta deriva dal trasduttore che si usa.
Scansione lineare
Trasduttori lineari; formato dell'immagine rettangolare. Gruppi di elementi (da 5 o 6) facenti parte di una cortina di cristalli (da 64 a 200 o più) posti in maniera contigua, vengono eccitati in successione in maniera da formare una scansione lineare.
Scansione settoriale
Trasduttori settoriali meccanici a singolo cristallo, anulari, array; formato dell'immagine settoriale. Nel caso di un settoriale meccanico (singolo cristallo o anulare) la scansione viene data tramite un sistema di ingranaggi che fa oscillare il cristallo di un settore (normalmente 90°). Durante l'oscillazione il cristallo viene eccitato con una certa tempistica, in maniera da inviare gli impulsi ultrasonori, ricevere gli echi di ritorno e quindi permettere di creare l'immagine ultrasonora all'interno del campo di vista.
Scansione convex
Trasduttori convex; formato dell'immagine a segmento di corona circolare. Nel caso di un trasduttore convex i cristalli vengono eccitati esattamente come nel trasduttore lineare, ma il campo di vista sarà a tronco di cono, dato che i cristalli sono posizionati su una superficie curva.
Modi di elaborazione
Modo A: modulazione di ampiezza
Il metodo A-mode (amplitude mode) è il metodo più basilare, ideato negli anni '40. Ogni eco viene presentata monodimensionalmente, tramite un oscilloscopio millimetrato, come un picco la cui ampiezza corrisponde all'intensità dell'eco stessa.
Ogni eco rappresenta la profondità della struttura riflettente il segnale; tale modalità necessita quindi di una buona conoscenza dell'anatomia delle strutture che giacciono sul percorso del fascio di ultrasuoni.
Al giorno d'oggi trova impiego in pochi campi come l'oculistica, la neurologia e l'ostetricia (valutazione encefalometrica).
Modo B: modulazione di luminosità
Ogni eco viene presentata come un punto luminoso la cui tonalità di grigio è proporzionale all'intensità dell'eco.
Modo M: motion scan
È una rappresentazione in modo B, riferita ad un'unica sezione logitudinaledell'immagine; viene utilizzata allo scopo di visualizzare sullo schermo in tempo reale la posizione variabile di un ostacolo attraverso l'eco da esso prodotta.
Ecografia Doppler
Quando un'onda è riflessa su un oggetto in movimento, la parte riflessa cambia la propria frequenza in funzione della velocità dell'oggetto (effetto Doppler).
L'ammontare del cambiamento della frequenza (ΔF, Doppler shift) dipende dalla velocità del bersaglio.
Frequenza onda incidente; Velocità di propagazione del suono nel tessuto umano (1540 m/s); Velocità di bersaglio; Angolo di incidenza del fascio ultrasonoro con il bersaglio.
Il computer dell'ecografo, conoscendo la differenza di frequenza, può calcolare la velocità del mezzo su cui l'onda si è riflessa, mentre la profondità è nota dal tempo impiegato.
L'informazione della velocità è presentata a monitor con codifica a colori (normalmente rosso e blu) a seconda se si tratti di velocità in avvicinamento o in allontanamento; l'intensità del colore è questa volta legata alla frequenza dell'onda di ritorno; il sistema può fornire anche un segnale udibile che simula il flusso; si tratta comunque di un segnale virtuale che non esiste, utilizzato solo per comodità. Uso tipico è lo studio vascolare.
Sono possibili due modi interpretativi:
Color Doppler: si hanno informazioni sulla velocità media del mezzo; adatto per un volume di studio ampio
Gated Doppler: si ottiene lo spettro di tutte le velocità presenti nel mezzo, con la loro importanza; adatto per uno studio su un particolare.
Ecografia 3D
L'evoluzione più recente è rappresentata dalla tecnica tridimensionale, la quale, a differenza della classica immagine bidimensionale, è basata sull'acquisizione, mediante apposita sonda, di un "volume" di tessuto esaminato. Il volume da studiare viene acquisito e digitalizzato in frazioni di secondo, dopo di che può essere successivamente esaminato sia in bidimensionale, con l'esame di infinite "fette" del campione (sui tre assi x, y e z), oppure in rappresentazione volumetrica, con l'esame del tessuto o dell'organo da studiare, il quale appare sul monitor come un solido che può essere fatto ruotare sui tre assi. In tal modo si evidenzia con particolare chiarezza il suo reale aspetto nelle tre dimensioni.
Con la metodica real time, si aggiunge a tutto ciò l'effetto "movimento", per esempio il feto che si muove nel liquido amniotico.
Un'applicazione della tecnica tridimensionale è rappresentata dal sistema ecografico ABUS (Automated Breast Ultrasound System): questa tecnologia di ecografia in 3D rappresenta un’opzione di screening per le donne con tessuto mammario denso. Essa è in grado di migliorare la diagnosi precoce dei tumori invasivi della mammella rispetto all’utilizzo della sola tomosintesi; il volume 3D e l’accesso multiplanare consentono di analizzare il tumore della mammella in modo accurato, non invasivo, prima di procedere alla vista globale della mammella garantendo inoltre anche la riproducibilità dell'esame.
Mezzo di contrasto
In ecografia può essere usato un mezzo di contrasto endovenoso costituito da microbolle di esafluoruro di zolfo, che aumentano l'ecogenicità del sangue: questa tecnica può essere utilizzata sia per studi di ecografia vascolare, sia per caratterizzare lesioni degli organi addominali (soprattutto del fegato e del rene, a volte anche della milza e del pancreas).
Il mezzo di contrasto ecografico presenta poche controindicazioni (allergia allo zolfo, cardiopatia ischemica) rispetto a quelli utilizzati in TC e risonanza magnetica: pertanto, può essere utilizzato come metodica meno invasiva, considerata anche l'assenza di radiazioni ionizzanti e di radiofrequenze o campi magnetici.
Questa tecnica fu scoperta dal Dr. Raymond Gramiak nel 1968, e chiamata contrast-enhanced ultrasound . Questa tecnica viene usata in particolar modo in ecocardiografia ed in ecografia radiologica.
Le microbolle, grazie al loro diametro, restano confinate nei vasi sanguigni, non riuscendo a fuoriuscire nel liquido interstiziale. Per questa ragione gli agenti di contrasto ecografici sono completamente intravascolari, una caratteristica che li rende un mezzo ideale per rivelare la microvascolarizzazione degli organi durante la diagnostica.
Un tipico utilizzo clinico dell'ecografia a mezzo di contrasto consiste nella localizzazione di tumori metastatici ipervascolari, che esibiscono un assorbimento del contrasto (cinetica della concentrazione delle microbolle nel sangue) più veloce rispetto al tessuto biologico circostante sano. Inoltre l'uso di microbolle specificamente ingegnerizzate per agganciarsi ai capillari tumorali tramite l'espressione biomolecolare delle cellule cancerogene, originariamente create dal Dr. Alexander Klibanov nel 1997, fa prevedere un uso futuro dell'ecografia a mezzo di contrasto per identificare tumori in fase molto precoce.
Altre applicazioni cliniche dell'ecografia a mezzo di contrasto sono ad esempio la delineazione del ventricolo sinistro durante ecocardiografia, per ispezionare visualmente la contrattilità del miocardio a seguito di un infarto.
Infine sono anche emerse applicazioni in analisi quantitativa della perfusione per identificare la risposta del paziente verso un trattamento antitumorale allo stadio precoce (metodologia e studio clinico presentati dal Dr. Nathalie Lassau nel 2011), in modo da poter determinare la migliore terapia oncologica.
Immagine parametrica dei tratti distintivi della vascolarizzazione
Nell'uso oncologico dell'ecografia con mezzo di contrasto, viene utilizzato il metodo inventato dal Dr. Nicolas Rognin nel 2010. Questo metodo è pensato per essere uno strumento di aiuto nella diagnostica dei tessuti tumorali, facilitando la caratterizzazione del tipo di tessuto (benigno o maligno).
Esso è un metodo computazionale per analizzare una sequenza temporale di immagini ecografiche con mezzo di contrasto (sotto forma di videoclip digitale) acquisita durante l'esame ecografico del paziente. Una volta circoscritta la zona tumorale, vengono applicati due stadi di analisi del segnale ai pixel nella zona tumorale:
Calcolo del tratto distintivo della vascolarizzazione (differenza nell'assorbimento del contrasto rispetto al tessuto sano circostante);
Classificazione automatica del tratto distintivo della vascolarizzazione tramite un singolo parametro, codificato con uno dei seguenti colori:
verde, per un segnale continuo più elevato (assorbimento di contrasto maggiore rispetto al tessuto sano circostante)
blu, per un segnale continuo meno elevato (assorbimento di contrasto minore rispetto al tessuto sano circostante)
rosso, per un veloce incremento del segnale (assorbimento di contrasto che avviene prima rispetto al tessuto sano circostante), oppure
giallo, per un veloce decremento del segnale (assorbimento di contrasto che avviene più tardi rispetto al tessuto sano circostante).
Una volta che l'analisi del segnale per ogni pixel è completata, una mappa cromatica del parametro viene mostrata sullo schermo, in modo da riassumere le informazioni vascolari del tumore in una singola immagine, chiamata immagine parametrica.
Questa immagine parametrica viene interpretata dallo specialista in base al colore predominante nel tumore: rosso indica un sospetto di malignità, verde o giallo un'alta probabilità di benignità.
Il beneficio di questo metodo è quello di evitare una biopsia sistematica dei tumori benigni, o l'esposizione del paziente ad una TAC.
Questo metodo è stato dimostrato efficace per la caratterizzazione di tumori epatici. In un contesto di screening dei tumori, questo metodo può essere potenzialmente applicabile ad altri tipi di tumori, come quelli della mammella o tumori prostatici.
Note
Voci correlate
Radiologia
Radiografia computerizzata
Radiografia digitale
Tomografia assiale computerizzata
Medicina nucleare
Angiografia
CMUT
Ecografia ostetrica
Ecografia mammaria
Ecografia della tiroide
Ecografia toracica
Ecografia Doppler
Mezzo di contrasto
Altri progetti
Collegamenti esterni |
1729 | https://it.wikipedia.org/wiki/Eukaryota | Eukaryota | Gli eucarioti (Eukaryota, dal greco εὖ eu «buono» e κάρυον káryon «nucleo») sono uno dei due domini della classificazione tassonomica degli esseri viventi. Costituiscono il dominio più complesso e includono cinque regni: piante, funghi, animali, protisti e cromisti.
Il criterio per la distinzione dall'altro dominio, i procarioti, è la presenza di un nucleo cellulare ben definito, isolato dal resto della cellula tramite una membrana e contenente la maggior parte del materiale genetico rappresentato dal DNA (una parte minore è contenuta nei mitocondri). Gli eucarioti possiedono inoltre un sistema endomembranoso.
Altre differenze tra eucarioti e procarioti
Gli eucarioti si distinguono dai procarioti anche per numerose caratteristiche a livello molecolare. Ad esempio:
Diverse proprietà delle sequenze genomiche regolatrici;
Geni organizzati in introni ed esoni con conseguente processamento (splicing) del trascritto primario;
Trascrizione e traduzione di un trascritto sono eventi separati nello spazio e nel tempo;
I trascritti eucariotici non sono quasi mai policistronici, ossia portano una sola ORF;
Percentuale di DNA non codificante molto più elevata;
DNA associato a istoni;
Diversa percentuale di G-C nel genoma;
Presenza di colesterolo nella membrana cellulare, tranne che nei funghi, nelle piante e in alcuni protisti.
Solo negli eucarioti si ha riproduzione sessuale, che presenta due modi di divisione: la mitosi e la meiosi. La mitosi è il processo di divisione che serve principalmente all'accrescimento e al rinnovo dei tessuti, mentre la meiosi è specifica delle cellule adibite alla riproduzione, dette gameti. Mediante mitosi una cellula fa una copia di sé stessa con lo stesso numero di cromosomi, formando così due cellule diploidi. La meiosi si svolge invece in due sequenze, in cui una cellula diploide, con un metodo caratteristico, si sdoppia in due cellule aploidi (ovvero con una sola copia di ciascun cromosoma) e poi, durante la seconda sequenza, queste due cellule si dividono formando alla fine quattro cellule aploidi.
Origine degli eucarioti
La transizione dai procarioti agli eucarioti ha rappresentato per molti studiosi uno dei passaggi evolutivi più importanti, secondo solo a quello dell'evoluzione delle cellule fotosintetiche. Il problema di come possa essere avvenuto questo passaggio è stato argomento di accese discussioni. Secondo l'ipotesi più diffusa, per circa 2 miliardi di anni, quindi per un tempo maggiore della metà di quello trascorso dall'inizio della vita, sono esistite solo cellule prokaryota. L'origine della cellula eucariota risalirebbe all'incirca a 1,5 miliardi di anni fa in pieno Precambriano, quando alcuni procarioti si stabilirono all'interno di altri organismi in una sorta di "simbiosi interna permanente". Esistono sufficienti prove che gli eucarioti derivano dai procarioti attraverso tale meccanismo di endosimbiosi (Serial Endosymbiosis Theory), ipotizzato in forma completa da Lynn Margulis negli anni sessanta del XX secolo.
Questa origine può essere distinta in due tappe:
la prima comporta la formazione del fagocita primario
la seconda la non-digestione degli organelli (mitocondri, cloroplasti).
Sistematica degli eucarioti
Secondo una tassonomia consolidata (anche se ormai obsoleta per vari aspetti), gli eucarioti pluricellulari venivano ripartiti fra i tre regni delle Piante, dei Funghi e degli Animali, mentre quelli unicellulari venivano di solito riuniti nel regno dei Protisti (Robert Whittaker 1969, Carl Woese 1977).
Successivamente le alghe unicellulari sono state incluse dalla maggioranza degli studiosi nel regno delle Piante e i rimanenti organismi unicellulari sono stati divisi da alcuni scienziati in regni separati: (Chromista e Protozoa secondo Thomas Cavalier-Smith).
Recentemente (per es. Sina et al., 2005 Keeling et al., 2005), sulla base di caratteri strutturali e molecolari, è stato proposto di dividere gli organismi eucarioti in sei grandi gruppi (chiamati supergruppi) accettati universalmente, ma le cui relazioni e la cui monofilia non sono ancora completamente chiarite:
Amoebozoa
Opisthokonta comprendente i vecchi regni Animalia e Fungi
Rhizaria, un piccolo gruppo di protisti con evidenti similarità nel DNA ma scarsa somiglianza morfologica. Ne fanno parte, ad esempio, i foraminiferi e i radiolari
Archaeplastida (comprende il regno Plantae, le alghe rosse, le alghe verdi)
Chromalveolata (comprende, tra gli altri, alghe unicellulari acquatiche componenti del fitoplancton, eterotrofi parassiti di animali, diatomee, alghe brune, oomiceti).
Excavata che comprende diversi protisti flagellati, ad esempio, le Euglena.
Un'ulteriore proposta di classificazione suggerisce che gli organismi eucarioti possano venir suddivisi in due soli grandi cladi sulla base della loro derivazione da organismi ancestrali con uno o due flagelli:
Unikonta (comprende Amoebozoa e Opisthokonta della classificazione precedente)
Bikonta (comprende tutti gli altri cladi)
Un'ulteriore proposta considera invece:
Amoebozoa
Opisthokonta comprendente i vecchi regni Animalia e Fungi
Sar, ne fanno parte, ad esempio, i foraminiferi e i radiolari
Telonemia
Archaeplastida (comprende il regno Plantae, le alghe rosse, le alghe verdi)
Haptista
Cryptista
Picozoa
Ancyromonads
Apusomonads
CRuMs
Breviates
Hemimastigophora
Excavata che comprende diversi protisti flagellati, ad esempio, le Euglena.
Superclassificazione
Legenda:
Mineralia / Abiotic - fattori non viventi (materia ambientale dell'ecosistema)
Biota / Vitae / Eobiontes - fattori viventi (sistemi in uno stato energetico di disequilibrio stazionario in grado di dirigere una serie di reazioni chimiche)
(Arborea: Exobiota) - eventuale vita extraterrestre;
Arborea: Terroa / Terrabiota / Geobiota - vita terrestre;
Aribosa -Organismi biologici non contenenti RNA o DNA, o molecole proteiche capaci di riproduzione;
Xenobiota
Prioni;
Ribosa - viventi basati su RNA o DNA;
Acytota / Aphanobionta - vita non cellulare;
Virus;
Cytota - vita cellulare;
Eukaryota;
Prokaryota.
Note
Bibliografia
Voci correlate
Dominio (biologia)
Peptidasi del segnale
Prokaryota
Regno (biologia)
Altri progetti
Collegamenti esterni
Citologia |
1731 | https://it.wikipedia.org/wiki/Elementi | Elementi | Elementi classici – nelle tradizioni alchemiche, astrologiche e sapienziali, sono i costituenti ultimi dell'universo
Elementi – in filosofia, componenti di un insieme composto
Elementi – trattato geometrico di Euclide
Elementi – trattato matematico di Nicolas Bourbaki
Elementi – album del gruppo musicale italiano Le Orme
Elementi – rivista della Nuova Destra
Pagine correlate
Elemento |
1734 | https://it.wikipedia.org/wiki/Elemento | Elemento | Elemento – in filosofia, componente primo di un insieme composto
Elemento – in alchimia, costituente dell'universo
Elemento – in matematica, oggetto contenuto in un insieme (o più in generale in una classe)
Elemento – concetto della chimica
Elemento – in architettura, struttura che contribuisce a formare un edificio
Pagine correlate
Elementi
Altri progetti |
1736 | https://it.wikipedia.org/wiki/Elemento%20chimico | Elemento chimico | Un elemento chimico è un atomo caratterizzato da un determinato numero di protoni.
Gli elementi chimici sono i costituenti fondamentali delle sostanze e, fino al 2022, ne sono stati scoperti 118, dei quali 20 instabili in quanto radioattivi. Vengono ordinati in base al numero di protoni (numero atomico) nella tavola periodica degli elementi.
Gli atomi dello stesso elemento possono differire per il numero di neutroni e quindi per il numero di massa; gli atomi dello stesso elemento chimico con numero di neutroni differente sono detti "isotopi".
Se una sostanza è costituita da atomi dello stesso elemento viene detta "sostanza elementare" o "sostanza semplice", mentre se è costituita da atomi di elementi differenti viene detta "composta". Spesso le sostanze semplici vengono impropriamente dette "elementi".
Storia
Alcuni filosofi greci avevano ipotizzato che alla base di tutto ci fossero quattro elementi fondamentali ovvero terra, acqua, aria e fuoco, che insieme costituivano tutte le sostanze; questa teoria venne ritenuta valida fino al XV secolo quando Paracelso formulò una teoria alternativa, teoria dei tria prima, secondo la quale i costituenti fondamentali della materia sarebbero invece stati sale, zolfo e mercurio; la differenza con la dottrina precedente stava nel fatto che Paracelso aveva preso spunto dalle fondamentali operazioni chimiche di combustione e distillazione per arrivare alle sue conclusioni.
Solo nel XVII secolo, con l'affermazione della fisica newtoniana, la teoria aristotelica entrò in crisi. I concetti di elemento chimico e composto chimico furono illustrati da Robert Boyle, nel 1661, nel suo libro Il chimico scettico (The Sceptical Chymist). Boyle dimostrò l'inconsistenza sperimentale della teoria aristotelica affermando che le sostanze erano formate da particelle che differiscono tra loro per dimensioni, forma, disposizione e movimento delle stesse.
Tra la fine del 1600 e gli inizi del 1700 si sviluppò un approccio diverso. Ad esempio Georg Ernst Stahl elaborò la teoria del flogisto ma fondamentali risultarono le ricerche di Antoine-Laurent de Lavoisier che lo portarono a ritenere che un elemento fosse una sostanza che non è possibile decomporre mediante l'analisi chimica e realizzando una sua tavola degli elementi che affinò col tempo. John Dalton introdusse successivamente la teoria atomica secondo la quale ciascun atomo è caratterizzato da una diversa densità. Agli elementi noti al tempo di Lavoisier, le ricerche elettrochimiche della prima metà del 1800 ne aggiunsero un'altra quindicina; grazie poi all'introduzione dei metodi spettroscopici a fine 1800 si scoprirono altri elementi grazie anche all'introduzione del sistema periodico degli elementi di Mendeleev. Nuovi metodi di analisi portarono durante il 1900 alla scoperta di nuovi elementi grazie anche allo studio dei gas rari, alla radioattività, all'uso dello spettrografo di massa e agli elementi prodotti artificialmente per trasmutazione nucleare.
Origine degli elementi chimici
Successivamente a una prima fase definita nucleosintesi primordiale, avvenuta precocemente dopo il Big Bang e responsabile della formazione dell'elio, l'origine degli elementi chimici presenti nell'universo si fa usualmente derivare dalla teoria astrofisica del ciclo di vita delle stelle. Stelle di grandi dimensioni terminano la loro esistenza continuando a bruciare carburante nucleare; al cessare del carburante rappresentato dall'idrogeno e al successivo collasso gravitazionale, l'aumento di temperatura innesca successive reazioni nucleari che coinvolgono l'elio per formare altri elementi più pesanti e complessi in una lunga catena di reazioni nucleari che portano alla formazione di tutti gli elementi chimici. L'esplosione finale della stella in una supernova porta alla dispersione nell'universo dei vari elementi.
La tavola periodica e gli isotopi
Gli elementi chimici vengono classificati nella tavola periodica. Gli atomi dello stesso elemento possono differire per il numero di massa (A), ossia per il numero di neutroni (ma non per il numero di protoni, altrimenti non sarebbero atomi dello stesso elemento). Tali varietà sono dette "isotopi". Tale termine deriva dal greco, dove significa "nello stesso posto", in quanto occupano lo stesso posto nella tavola periodica).
Gli elementi rinvenuti sulla Terra sono 98 (dall'idrogeno al californio), dei quali 80 hanno almeno un isotopo stabile, e, a oggi, ne sono stati sintetizzati artificialmente altri 20, quindi in totale sono noti 118 elementi. L'elemento più pesante è l'oganesson, che ha il numero atomico 118. Il tennesso, che ha il numero atomico 117, è stato scoperto nel 2010 da un'équipe di scienziati russi e statunitensi. Il tecnezio, il promezio e i primi 6 elementi transuranici, cioè nettunio, plutonio, americio, curio, berkelio e californio, un tempo ritenuti artificiali in quanto sintetizzati artificialmente, sono stati invece rinvenuti in ultratracce in materiali uraniferi come prodotti rispettivamente di fissione e attivazione.
Si riporta di seguito una tabella che raccoglie alcune informazioni sugli elementi, elencati per numero atomico:
Si riporta di seguito una tabella che raccoglie alcune informazioni sugli elementi, elencati per anno di scoperta:
Per un elenco in ordine alfabetico si veda la relativa categoria.
Note
Bibliografia
Voci correlate
Atomo
Composto chimico
Elementi per numero atomico
Classificazione Goldschmidt
Sostanza pura
Lista di nuclidi
Isola di stabilità
Nome sistematico degli elementi
Scoperta degli elementi chimici
Simbolo chimico
Tavola periodica degli elementi
Altri progetti
Collegamenti esterni
Concetti fondamentali di chimica |
1737 | https://it.wikipedia.org/wiki/Equatore | Equatore | L'equatore è la circonferenza massima della superficie di un corpo celeste perpendicolare all'asse di rotazione e quindi equidistante dai poli. La latitudine dell'equatore è, per definizione, pari a 0°0′0″. L'equatore divide un corpo celeste in due emisferi comunemente detti emisfero boreale ed emisfero australe.
L'equatore terrestre
L'equatore terrestre è la linea immaginaria formata dall'intersezione della superficie della Terra con un piano perpendicolare all'asse di rotazione terrestre e passante per il centro. L'equatore divide la Terra in due emisferi; quello contenente il Polo Nord viene detto emisfero boreale (o emisfero Nord terrestre), mentre quello contenente il Polo Sud è chiamato emisfero australe (o emisfero Sud terrestre). Ai punti posti sull'equatore viene assegnata latitudine 0.
L'equatore terrestre è, con il Circolo Polare Artico, Tropico del Cancro, Tropico del Capricorno e Circolo Polare Antartico, uno dei cinque paralleli di riferimento ed è quello più lungo in assoluto.
La lunghezza dell'equatore terrestre è di circa .
La distanza (geodetica) tra l'equatore e uno dei due poli è dunque di circa
All'equatore il Sole è allo zenit al mezzogiorno degli equinozi (due volte l'anno) e il dì e la notte hanno sempre una durata quasi identica. La fascia attorno all'equatore, delimitata dai due tropici, è quella in cui il Sole, in alcuni periodi dell'anno, si trova allo zenit vero e proprio, ovvero 90 gradi esatti di elevazione sull'orizzonte nel centro preciso del disco solare (anche se il termine zenit è usato per la massima declinazione solare giornaliera e annuale di ciascuna località).
Lungo la linea immaginaria equatoriale il Sole sorge ogni giorno appena prima delle 6:00 e tramonta appena dopo le 18:00 (escludendo l'orario esatto per ogni posto dettato sempre dalla longitudine all'interno del fuso orario ed eventualmente dall'applicazione dell'ora legale durante tutto l'anno); quindi il dì tecnicamente dura impercettibilmente più di dodici ore. Ciò a causa della curvatura della Terra e della presenza dell'atmosfera, difatti in ogni luogo del Mondo il Sole deve raggiungere una declinazione negativa all'orizzonte per tramontarne totalmente dietro. Questa declinazione per il diametro apparente del disco solare assieme alla presenza dell'atmosfera che diffonde la luce equivale mediamente a −0,833 gradi.
Lo stesso passaggio viene percorso all'alba, in senso contrario, quando il Sole da −0,833 gradi passa a 0,27 gradi per sorgere interamente sopra l'orizzonte. Il dì, sulla linea immaginaria equatoriale, tecnicamente varia da poco meno di 12 ore 6 minuti e mezzo a poco più di 12 ore 7 minuti e mezzo. L'inclinazione massima dei raggi è costantemente molto forte e varia da 66, 56 centesimi di grado a 90 gradi (raggiunti due volte nell'esatto centro del disco solare durante gli equinozi) per tutto l'anno. La parabola apparente del disco solare è fortemente accentuata in altezza e molto meno in larghezza all'interno dei 360 gradi della "cupola celeste" (o volta celeste). Nell'ora meridiana il Sole estremamente alto in cielo transita, quasi alla medesima elevazione, dall'Est all'Ovest delle coordinate celesti passando per l'azimut 180 (mezzogiorno) o l'azimut 0 secondo il periodo dell'anno (culmine a Nord), per poi ricalare a picco.
Solo dall'equatore è visibile l'intero cielo, e non esistono stelle circumpolari: tutti gli astri, quindi, tramontano.
Clima
Il clima della fascia equatoriale presenta temperature medie alte e stabili tutto l'anno e in genere con basso scarto tra temperature minime e massime, umidità relativa media molto alta, piogge giornaliere e abbondanti. Man mano che ci si allontana dall'equatore le piogge sono meno frequenti. Grazie alle piogge costanti si è formata la foresta equatoriale.
Territori attraversati dall'equatore
L'equatore attraversa le terre e/o i mari di 13 territori; questi sono:
São Tomé e Príncipe – passa attraverso l'isola di Ilhéu das Rolas.
Gabon
Repubblica del Congo
Repubblica Democratica del Congo
Uganda
Kenya
Somalia
Maldive – non attraversa nessuna terra ma passa nel tratto di mare tra gli atolli di Gaafu Dhaalu e di Gnaviyani.
Indonesia
Sumatra – attraversa anche due piccole isole: Tanah Masa (a ovest) e Lingga (a est)
Borneo
Sulawesi
Halmahera – attraversa anche due piccole isole Kayoa (a ovest) e Gebe (a est).
Kawe – una piccola isola vicino a Waigeo e altre piccole isole.
Kiribati – passa in mare, vicino a diverse isole dell'arcipelago.
Isole Gilbert – attraversa il tratto di mare tra gli atolli di Aranuka e Nonouti.
Sporadi equatoriali – passa tra l'isola Christmas e l'atollo di Malden.
Ecuador – attraversa sia la parte continentale sia le isole della nazione. Qui si trova il punto più elevato raggiunto e l’unico ghiacciaio attraversato dall’equatore.
Galápagos – attraversa l'isola di Isabela.
Colombia
Brasile
Voci correlate
Parallelo (geografia)
Tropico
Tropico del Cancro
Tropico del Capricorno
Polo Nord
Polo Sud
Circolo polare
Circolo polare artico
Circolo polare antartico
Zona climatica
Zona torrida
Zona tropicale
Zona temperata
Zona glaciale
Zona artica
Zona antartica
Meridiano terrestre
Eratostene di Cirene
Raggio terrestre
Null island
Altri progetti
Collegamenti esterni
Paralleli |
1739 | https://it.wikipedia.org/wiki/Echinodermata | Echinodermata | Gli echinodermata (dal greco antico ἐχῖνος, echinos – riccio e δέρμα, derma – pelle) sono un phylum di deuterostomi marini. Il nome deriva dal fatto che essi spesso sono ricoperti da piastre calcaree. L'origine del phylum risale al Cambriano inferiore, le specie viventi sono circa .
Questo phylum si compone di cinque principali tipi di animali: stelle marine, ricci di mare, cetrioli di mare, stelle fragili e crinoidi.
Caratteristiche
Sono organismi bilateri, da larve, mentre gli adulti presentano una simmetria radiale apparente, che è secondaria e parziale.
L'embrione è infatti a simmetria bilaterale e assomiglia a quello dei Cordati. Nel corso della crescita si ha poi uno sviluppo preponderante della porzione sinistra del corpo a spese della destra.
Tutti gli echinodermi esibiscono una struttura esterna a simmetria pentamera in qualche fase della vita: alcuni subiscono ulteriori modificazioni che ripristinano una simmetria bilaterale.
Il sistema nervoso è policentrico.
Gli echinodermi sono celomati deuterostomi strettamente affini a cordati ed emicordati.
In essi, non si differenzia una testa ed i loro corpi tondeggianti sono organizzati con un criterio simile a quello che si usa per costruire una ruota. Dal corpo di questi animali, si dipartono molte appendici di varia fattura. Il giglio di mare assomiglia ad una strana pianta. Esso aderisce al fondo del mare e cerca il cibo facendo ondeggiare i suoi lunghi tentacoli piumosi che possono rinchiudersi come i petali di un fiore. Il cetriolo di mare sta abitualmente appoggiato su un lato del suo corpo allungato e si muove strisciando alla stessa guisa di un verme. Le stelle marine hanno lunghe braccia appuntite. La Ophiothrix, mentre si muove strisciando sul fondo, agita le sue braccia simili a serpentelli.
La maggior parte degli echinodermi è ben protetta contro i predatori. Il loro corpo è rivestito di piastre calcaree e, benché questo rivestimento protettivo possa sembrare rigido, in realtà alcuni animali possono compiere molti movimenti. Gli echinodermi posseggono due diversi sistemi di difesa: gli aculei e i pedicelli.
Gli aculei del riccio di mare sono così lunghi e sottili che esso finisce col sembrare una palla irta di aghi. Proprio come la polvere si raccoglie tra le frange di un tappeto, detriti di varia natura possono fermarsi tra questi aculei. Quando un frammento o un piccolo animale si posa sopra un echinoderma, i pedicelli lo spostano. Soltanto il cetriolo di mare possiede piastre calcaree sparse nel derma che riveste il suo morbido corpo. Per la cattura del cibo, i cetrioli di mare proiettano fuori dal loro corpo dei tentacoli.
Gli echinodermi hanno, all'interno del corpo, un solo sistema di canali acquiferi, che servono loro per respirare, per catturare la preda e per la locomozione. L'acqua, entrando attraverso una piastra forata (piastra madreporica), passa attraverso un complicato sistema di canali connesso con piccoli pedicelli ambulacrali. Ogni pedicello si allarga a formare una piccola sacca o ampolla, mentre all'estremità termina con una ventosa. Siccome l'acqua viene forzata dentro e fuori dal pedicello, questo alternativamente aderisce al terreno quando è gonfio d'acqua e se ne distacca quando si contrae. Ogni animale possiede centinaia di pedicelli ambulacrali, che escono attraverso minuscoli fori del dermascheletro. Quando gli echinodermi si spostano su un fondo sabbioso, i pedicelli ambulacrali non funzionano; perché le ventose possano entrare in azione, occorre che l'animale si muova su un fondo duro, ad esempio roccioso. Le stelle di mare si servono delle ventose anche per aprire le conchiglie dei molluschi.
Gli echinodermi sono animali sprovvisti di occhi ma ugualmente capaci di recepire i segnali luminosi. Le estremità dei pedicelli ambulacrali rappresentano infatti anche la sede su cui sono disposte le cellule fotorecettrici, che cooperano in maniera sinergica e funzionano nel complesso come un unico grande occhio composto.
Quasi tutti questi animali si cibano di piccoli organismi presenti sul fondo del mare. Il cetriolo di mare ed il dollaro della sabbia inghiottono grandi quantità di sabbia, di cui digeriscono solo le particelle di sostanza organica in essa contenute. L'apparato digerente degli echinodermi è semplice e consta di una bocca posta sulla faccia inferiore del corpo dell'animale, mentre l'apertura anale si trova sulla faccia superiore, cioè in posizione diametralmente opposta alla bocca. La bocca e l'ano sono connessi da un tubo digerente. Gli echinodermi respirano per mezzo di tutte le parti assottigliate che sporgono all'esterno. Nei ricci di mare la respirazione avviene anche per mezzo di espansioni digitiformi a pareti sottili e cave dette branchie che si trovano sulla superficie ventrale ove sono presenti anche le pedicellarie.
Il sistema nervoso è rappresentato da un semplice anello di tessuto nervoso, che circonda la bocca e si divide in cordoni nervosi. Un fluido riempie la cavità del corpo e provvede ad irrorare gli organi. Negli echinodermi, si possono distinguere tre diverse parti del corpo; il tubo digerente, la cavità del corpo e la parete esterna.
I sessi sono separati e la fecondazione avviene nell'acqua. La larva degli echinodermi possiede una simmetria bilaterale e il suo sviluppo è molto diverso da quello delle larve degli invertebrati inferiori. Per questo gli echinodermi sono considerati animali alquanto evoluti ed in essi è già possibile stabilire relazioni di parentela con i cordati più primitivi.
Tassonomia
Subphylum Eleutherozoa Bather, 1900
Superclasse Asterozoa von Zittel, 1895
Classe Asteroidea de Blainville, 1830
Classe Ophiuroidea Gray, 1840
Classe †Somasteroidea Spencer, 1951
Superclasse Echinozoa von Zittel 1895
Classe Echinoidea Leske, 1778
Classe Holothuroidea de Blainville, 1834
Subphylum Crinozoa Matsumoto, 1929
Classe Crinoidea Miller, 1821
Note
Voci correlate
Homalozoa
Edrioasteroidea
Altri progetti
Collegamenti esterni |
1741 | https://it.wikipedia.org/wiki/Ecce%20bombo | Ecce bombo | Ecce bombo è un film italiano del 1978, diretto da Nanni Moretti. Il film è stato presentato in concorso al 31º Festival di Cannes.
Trama
Il film descrive le giornate di Michele, studente universitario, i suoi surreali e grotteschi rapporti con i genitori e la sorella minore Valentina, quelli con le ragazze e la sua vita di gruppo cogli amici Mirko, Vito e Goffredo, assieme ai quali aveva militato attivamente nel Movimento Studentesco.
Mirko, un ragazzo assillato da vari problemi, ospita in casa Olga, una ragazza schizofrenica. Vito è un pigro impiegato. Goffredo è uno svogliato studente universitario. Michele aiuta ragazzi liceali a prepararsi all'esame di maturità; i loro passatempi sono quelli ormai consueti della sua generazione: cinema, pizzeria, bottiglieria, ma più spesso si trascorre il tempo seduti al bar senza far niente, tra difficili rapporti sentimentali, scarso dialogo familiare e i microfoni aperti di una radio privata. Michele intrattiene dei rapporti alquanto conflittuali in famiglia, ha una complicata relazione tira e molla con la fidanzata Silvia, che lavora nel cinema come aiuto regista, e in generale ha difficoltà relazionali con le donne.
I quattro, stufi di trascorrere le serate in maniera inconcludente al bar, decidono di tenere riunioni di autocoscienza per risolvere le loro insoddisfazioni, ma finiscono per abbandonarsi a logorroiche divagazioni senza giungere a nulla. L'arrivo dell'estate mette fine all'esperimento, ma i quattro amici continuano a vedersi. Una sera, durante uno dei consueti incontri, tutti insieme decidono di andare da Olga, la voce si sparge tra gli altri ragazzi del bar e del quartiere, ma alla fine, tranne Michele, ognuno si perde per strada, distratto da futili svaghi.
Critica
Come per il suo lungometraggio d'esordio Io sono un autarchico, anche in questo film Moretti fa una satira della generazione post-sessantottina, una generazione tanto incomprensibile quanto l'esclamazione "Ecce bombo" che dà titolo al film. L'espressione riprende maccheronicamente quella biblica Ecce Homo, ponendosi in chiave satirica principalmente nei confronti dei miti nevrotici e impolverati che caratterizzano la generazione stessa. Essa appare esposta alla sofferenza e all'isolamento, condannata a un ripiegamento irrisolto e inconcludente, ma pur sempre vitale nella esigenza del cambiamento e nell'opposizione alle regole dei genitori.
A questi ventenni in crisi non fanno difetto l'autocritica e l'ironia, quando guardano alla propria socialità grottesca e alle mode di facile consumo ‒ le demenziali televisioni private e radio "libere", i rituali delle occupazioni studentesche, le comuni ‒ oppure quando aspettano l'alba su una spiaggia di Ostia per poi scoprire che il sole è sorto alle loro spalle, mentre un robivecchi in bicicletta grida "ecce bombo". È Mirko, in una delle tante riunioni di autocoscienza, a mettere a fuoco la situazione: "Penso che sbagliamo quasi tutto: nei rapporti con le donne, tra noi, con lo studio, in famiglia, nel lavoro".
Nanni-Michele si addentra nei drammi di una realtà giovanile: una generazione che anela al libero amore ma finisce vittima di ruoli borghesi e di una concezione tradizionale della sessualità. Questi giovani che irridono ai luoghi comuni quali quelli di TeleCalifornia, televisione privata ingessata nella sua retorica comunicativa, che poi si avviluppano nei dibattiti notturni delle piccole emittenti radiofoniche locali, sono avvezzi alla critica della società ma fondamentalmente incapaci di cambiare il "sistema".
Produzione
Secondo lungometraggio di Nanni Moretti, il film è stato girato in presa diretta in formato 16 mm, per motivi di risparmio, per essere poi successivamente "gonfiato" in 35 mm per la distribuzione nelle sale. A produrre il film furono gli attori Michele Placido e Flavio Bucci. A tal proposito quest'ultimo ricordò di come il giovane Moretti, dopo essere arrivato a girare addirittura ben 45 ciak a vuoto soltanto per un primo piano del suo stesso volto, gli si rivolse in cerca d'aiuto, chiedendogli che tipo d'inquadratura avrebbe utilizzato al suo posto.
Il titolo del film deriva da uno straccivendolo che andava in giro urlando così, riportato in una delle scene del film. Altri titoli ipotizzati ma scartati per il film furono: Sono stanco delle uova al tegamino, Piccolo gruppo, Delirio d'agosto e Senza caviglie.
Il personaggio dell'attore disperato alla continua ricerca di scritture, nonché poeta improvvisato, è interpretato da Luigi Moretti, padre del regista, che figurerà poi in altre pellicole del figlio. Tra gli altri attori, nei panni di personaggi secondari, figurano anche Augusto Minzolini, quale uno degli amici della sorella di Michele che cercano d'organizzare un'occupazione della loro scuola, e Giampiero Mughini, presente invece in una delle ultime scene del film, dove è ripreso dapprima a commentare un articolo riportante l'esito dei sondaggi elettorali d'allora e poi mentre recita una sorta di brevissimo monologo sulla prostituzione.
Distribuzione
Il film uscì in prima visione in Italia l'8 marzo 1978; fu presentato al London Film Festival nel novembre successivo, mentre fu distribuito in Germania Ovest a partire dal 20 novembre 1980.
Colonna sonora
La colonna sonora del film include la canzone Amare inutilmente (G. Paoli - G. Agate) tratta dall'album Amare per vivere di Gino Paoli (Durium, 1972).
Citazioni e riferimenti
La scena in cui Michele urla «Ma che siamo in un film di Alberto Sordi?!» è stata ripresa da Massimiliano Bruno nel suo film Nessuno mi può giudicare, dove lo xenofobo e razzista Lionello (interpretato da Rocco Papaleo), facendosi praticamente sbattere fuori dall'internet café di Giulio (Raoul Bova) per essersi accanito su un avventore che stava elogiando l'ambiente multietnico della borgata, dicendo «Bianchi, neri, alla fine siamo tutti uguali», urla «Bianchi e neri, siamo tutti uguali?? Ma che siamo in un film di Nanni Moretti?! Te lo meriti Nanni Moretti, te lo meriti!!» proprio come nella famosissima scena del bar.
La stessa scena dell'urlo di Michele su Alberto Sordi viene citata nella canzone Il Bel Canto del gruppo rock alternativo Ministri, nel verso «Ci meritiamo le stragi, altro che Alberto Sordi».
Nel video ufficiale della canzone La mia parte intollerante, Caparezza ed il suo terapista ululano per introdurre un flashback, proprio come fa Michele quando Goffredo, in una delle loro sedute d'autocoscienza, racconta il trauma subito da bambino.
Note
Altri progetti
Collegamenti esterni
Film commedia
Film satirici
Film ambientati a Roma
Film diretti da Nanni Moretti
Vincitori del Premio Ubu |
1743 | https://it.wikipedia.org/wiki/Eccentricit%C3%A0 | Eccentricità | Eccentricità – in matematica, una quantità associata ad una sezione conica
Eccentricità – nella meccanica celeste, uno dei parametri che caratterizzano l'orbita di un corpo celeste
Eccentricità – caratteristica del comportamento umano
Pagine correlate
Eccentrico |
1744 | https://it.wikipedia.org/wiki/Ellisse | Ellisse | In geometria, lellisse (dal greco , 'mancanza') è una curva piana ottenuta intersecando un cono con un piano in modo da produrre una curva chiusa.
Affinché la sezione conica produca una curva chiusa l'inclinazione del piano deve essere superiore a quella della generatrice del cono rispetto al suo asse. Per contro, le due sezioni coniche ottenute con piani aventi inclinazione uguale o inferiore a quella della retta generatrice rispetto all'asse del cono danno vita ad altri due tipi di curve che sono aperte e illimitate: la parabola e l'iperbole.
La circonferenza è un caso speciale di ellisse che si ottiene quando l'intersezione viene fatta con un piano ortogonale all'asse del cono. Un'ellisse è anche il luogo geometrico dei punti del piano per i quali la somma delle distanze da due punti fissi detti "fuochi" rimane costante.
L'ellisse può essere anche la proiezione verticale su un piano orizzontale di una circonferenza appartenente a un piano inclinato: se il piano inclinato forma un angolo con il piano orizzontale, la proiezione verticale della circonferenza è un'ellisse di eccentricità .
Dopo la circonferenza, si tratta della più semplice tra le figure di Lissajous ottenuta dalla composizione dei due moti verticale e orizzontale di tipo sinusoidale della stessa frequenza. In base alle leggi di Keplero, l'orbita di un pianeta è un'ellisse con il Sole che ne occupa uno dei due fuochi.
Elementi di un'ellisse
L'ellisse è una curva simile a un cerchio allungato in una direzione: è un esempio di sezione conica e può essere definita come il luogo dei punti del piano per cui la somma delle distanze da due punti fissi, detti fuochi, rimane costante. Se i due fuochi coincidono si ha una circonferenza, che quindi può essere considerata il caso particolare di ellisse a eccentricità nulla.
È una curva con due assi di simmetria e un centro di simmetria. La distanza tra i punti antipodali dell'ellisse, cioè tra punti simmetrici rispetto al suo centro, è massima lungo l'asse maggiore, che contiene anche i due fuochi, ed è minima lungo l'asse minore perpendicolare a quello maggiore. Il semiasse maggiore è una delle due metà dell'asse maggiore: parte dal centro, passa attraverso un fuoco e arriva all'ellisse. Analogamente il semiasse minore è metà dell'asse minore. I due assi sono per l'ellisse l'equivalente del diametro per la circonferenza, mentre i due semiassi sono l'equivalente del raggio.
La dimensione e la forma di un'ellisse sono determinate da due costanti reali positive, dette convenzionalmente e . La costante maggiore è la lunghezza del semiasse maggiore mentre la costante minore quella del semiasse minore.
Equazioni
L'equazione dell'ellisse si trova uguagliando la somma delle distanze fra i due fuochi e e un punto generico con il doppio del semiasse maggiore:
che equivale a:
In tale equazione, per ottenere un'ellisse non degenere occorre richiedere che ; se si ottiene il segmento .
Per trovare l'equazione "canonica" (o "normale") dell'ellisse, con centro nell'origine e fuochi sull'asse delle (cioè ), si operino le sostituzioni , , , , . Dopo alcuni passaggi si ricava che l'ellisse centrata nell'origine di un sistema di assi cartesiani con l'asse maggiore posto lungo l'asse delle ascisse è definita dall'equazione:
Con questo riferimento i fuochi hanno coordinate ed . La stessa ellisse è rappresentata anche dall'equazione parametrica:
che fa uso delle funzioni trigonometriche seno e coseno.
Eccentricità
L'eccentricità di un'ellisse è compresa tra e ed è il rapporto della distanza tra i due fuochi ed e la lunghezza dell'asse maggiore :
L'eccentricità rende conto della forma più o meno schiacciata dell'ellisse: quando è uguale a , i due fuochi coincidono e l'ellisse degenera in una circonferenza di raggio . Facendo tendere l'eccentricità a , l'ellisse si schiaccia sempre più e quando assume il valore unitario essa degenera in un segmento lungo percorso due volte, quindi il perimetro dell'ellisse è uguale a .
Semilato retto
Il semilato retto di un'ellisse, solitamente denotato dalla lettera , è la distanza tra ciascuno dei fuochi dell'ellisse e i punti sull'ellisse di cui i fuochi sono proiezione ortogonale sull'asse maggiore. È legato ad e dalla formula
Corde e diametri
Come per le altre coniche, anche per l'ellisse vale la proprietà seguente: i punti medi di un fascio di corde parallele sono allineati.
Il segmento che congiunge i punti medi di un fascio di corde parallele prende il nome di diametro dell'ellisse. I punti medi delle corde parallele ad un diametro dell'ellisse costituiscono il diametro coniugato al diametro dato. Due diametri coniugati si intersecano nel centro dell'ellisse. Gli assi di simmetria dell'ellisse sono gli unici diametri coniugati perpendicolari tra loro. La retta tangente ad un'ellisse nell'estremo di un diametro è sempre parallela al diametro coniugato.
Equazione in coordinate polari relative a uno dei fuochi
In coordinate polari, un'ellisse con un fuoco nell'origine e con la coordinata angolare misurata a partire dall'asse maggiore è rappresentata dall'equazione:
dove denota il semilato retto e la coordinata angolare è l'angolo che la retta r passante per forma con l'asse maggiore (vedere figura a lato).
Se si considera la retta passante per il fuoco e la coordinata angolare è l'angolo che la retta passante per forma con l'asse maggiore, l'equazione diviene:
Area
L'area racchiusa da un'ellisse è data da
Tangente a un'ellisse in un suo punto: formula dello sdoppiamento
L'equazione della retta tangente all'ellisse con centro nell'origine in un suo punto è:
Il suo coefficiente angolare è dato da:
Dimostrazione algebrica
Si scriva il seguente sistema non lineare di tre equazioni: la prima è l'equazione dell'ellisse, la seconda impone l'appartenenza all'ellisse del punto , la terza impone il passaggio della tangente per il punto con inclinazione da determinare:
Nella prima e seconda equazione i secondi membri sono uguali a e quindi anche i primi membri saranno tra essi uguali:
Si consideri l'equazione della tangente:
Sostituendo nella prima equazione:
Per la legge di annullamento del prodotto:
Facilmente verificabile poiché il punto appartiene all'ellisse.
Invece nel secondo fattore:
Poiché e :
(coefficiente angolare della retta tangente nel punto )
Si sostituisca la pendenza nell'equazione della retta:
Per ipotesi nel sistema
Quindi:
Dimostrazione differenziale
Una dimostrazione alternativa può essere fatta ricorrendo alla derivata della funzione ellisse nel punto : infatti basta ricordare che la derivata di una funzione in un suo punto coincide con il coefficiente angolare della retta tangente nel punto stesso. Effettuando quindi la derivata rispetto a dell'equazione dell'ellisse si ottiene:
Poiché con il coefficiente angolare , si ottiene
che calcolata nel punto fornisce:
Proprietà tangenziale
Una tangente all'ellisse in un suo punto forma angoli uguali con le rette passanti per e per ciascuno dei due fuochi.
Per dimostrare questa proprietà si può ricorrere al teorema di Erone in base al quale data una retta e due punti ed ad essa esterni, il punto della retta che minimizza la somma è quello per il quale i segmenti e formano angoli uguali con la retta .
Consideriamo a tale scopo un'ellisse con fuochi ed : un suo qualunque punto soddisfa la condizione
Per un qualunque punto interno all'ellisse vale la condizione
Si consideri ora una retta passante per un punto dell'ellisse tale da formare angoli uguali con i segmenti e : per il teorema di Erone, il punto è il punto della retta che rende minima la somma . Ciò implica che la retta è tangente all'ellisse: infatti se così non fosse la retta entrerebbe dentro l'ellisse e detto un suo punto ad essa interno varrebbe la condizione in contrasto con il teorema di Erone per il quale in e non in si sarebbe dovuta registrare la minima somma. Resta così dimostrata l'affermazione iniziale.
Da questo enunciato segue che in un tavolo da biliardo a forma di ellisse una palla lanciata senza effetto da uno dei due fuochi verrà riflessa dal bordo e passerà necessariamente per l'altro fuoco. La stessa cosa si verificherà in uno specchio concavo a forma di ellisse nel quale tutti i raggi luminosi emessi da uno dei due fuochi passeranno necessariamente per l'altro fuoco indipendentemente dalla direzione seguita: da qui deriva il nome di fuochi dati a questi due particolari punti dell'ellisse. Analogamente, in una camera a forma di ellisse le onde sonore che partono da uno dei due fuochi raggiungeranno l'altro da tutte le direzioni e poiché la distanza percorsa nel tragitto da un fuoco all'altro è sempre la stessa le onde arriveranno tutte sincronizzate: questo spiega perché due persone poste nei due fuochi di una stanza ellittica possono comunicare facilmente anche da lunghe distanze, a differenza di due persone più vicine tra loro ma non situate nei fuochi.
Tangente a un'ellisse passante per un suo punto
Si consideri una ellisse di fuochi , e asse maggiore e un punto appartenente all'ellisse. Esistono due metodi grafici per tracciare la tangente in un punto dell'ellisse.
Primo metodo
Tracciare i segmenti e . Tracciare la bisettrice dell'angolo . Tracciare la retta perpendicolare a s nel punto . La retta è la retta tangente cercata.
Basta dimostrare che tale retta soddisfa la proprietà tangenziale precedentemente descritta. Infatti gli angoli e sono congruenti in quanto differenza di angoli rispettivamente congruenti: ai due angoli retti sono sottratti gli angoli e congruenti per la bisettrice.
Secondo metodo
Tracciare la circonferenza di centro e raggio . Tracciare il segmento e prolungarlo fino ad incontrare il punto sulla circonferenza. Tracciare . Tracciare il segmento . Fissare il punto medio di . La retta passante per i punti e è la retta tangente cercata.
Infatti è possibile dimostrare che questa retta soddisfa la proprietà tangenziale precedentemente descritta. in quanto differenza di segmenti congruenti ( e . Quindi il triangolo è isoscele e la mediana relativa alla base è anche bisettrice e dunque gli angoli e sono congruenti. D'altra parte gli angoli e sono congruenti in quanto opposti al vertice. E quindi e sono congruenti per la proprietà transitiva.
Tangenti a un'ellisse passante per un punto esterno
I coefficienti angolari delle tangenti all'ellisse : condotte dal punto a essa esterno si ricavano dalla risoluzione della seguente equazione di secondo grado:
con e .
Dimostrazione
Si traslano l'ellisse e il punto di un vettore , in modo da ottenere l'ellisse : e il punto , con e . Sapendo che nella traslazione si conserva anche il parallelismo, i coefficienti angolari delle tangenti a passanti per sono uguali a quelli delle tangenti a passanti per il punto . Si scrive il sistema di due equazioni con la prima relativa all'equazione dell'ellisse e la seconda relativa al fascio di rette passanti per il punto
Si impone la condizione di tangenza, ossia che il discriminante sia nullo:
Costruzione geometrica delle rette tangenti ad un'ellisse condotte da un punto esterno
È data un'ellisse di fuochi , e asse maggiore , e un punto esterno all'ellisse. Esistono due metodi per tracciare le rette tangenti all'ellisse condotte dal punto esterno .
Primo metodo
Tracciare la circonferenza di centro e raggio . Tracciare la circonferenza di centro e raggio . Le due circonferenze si intersecano nei punti e . Tracciare i segmenti e . Fissare i punti ed di intersezione tra i due segmenti e l'ellisse. Le rette e sono le rette tangenti cercate.
Infatti basta dimostrare che tali rette soddisfano la proprietà tangenziale sopra descritta. Anzitutto si osserva che i triangoli e sono congruenti perché hanno i tre lati ordinatamente congruenti: è in comune, perché raggi della stessa circonferenza e in quanto differenze di segmenti rispettivamente congruenti, infatti e . In particolare gli angoli . D'altra parte anche gli angoli e quindi la proprietà tangenziale è dimostrata.
Secondo metodo
Tracciare la circonferenza di centro e raggio . Tracciare la circonferenza di centro e raggio . Le due circonferenze si intersecano nei punti e . Tracciare i segmenti e . Condurre per la retta perpendicolare al segmento . Condurre per la retta perpendicolare al segmento . Le rette ed sono le rette tangenti cercate.
Dalla dimostrazione precedente si osserva che è bisettrice dell'angolo al vertice del triangolo isoscele e quindi è anche altezza.
Equazione generale di un'ellisse
L'equazione generale dell'ellisse avente i fuochi ed posti in posizione generica sul piano cartesiano e avente il semiasse maggiore denotato con è data da
dove i parametri , , , , ed sono uguali a
Queste equazioni si ricavano dalla definizione metrica di ellisse:
Dalla precedente equazione si eliminano le due radici con due elevamenti al quadrato e infine si uguagliano i coefficienti a quelli dell'equazione generale delle coniche.
Lunghezza
La lunghezza dell'ellisse è:
in cui la funzione è l'integrale ellittico completo di seconda specie ed è l'eccentricità.
Sono state proposte numerose formule approssimate per il calcolo della lunghezza dell'ellisse, che differiscono molto per complessità e accuratezza.
Lo sviluppo in serie è:
Una semplice ma poco raffinata approssimazione per la lunghezza è
che fornisce il risultato esatto quando l'ellisse è una circonferenza, cioè per , mentre dà un risultato approssimato per eccesso negli altri casi. Nel caso limite in cui la formula dà , mentre il valore esatto è . La formula è più precisa per ellissi con bassa eccentricità. Utilizzare questa formula equivale ad assumere che l'ellisse abbia la stessa lunghezza di una circonferenza che ha raggio uguale alla media quadratica dei semiassi dell'ellisse.
Un'approssimazione migliore si ottiene con uno sviluppo in serie nel modo seguente: posto si ha
Anche in questo caso l'approssimazione è migliore per le ellissi di bassa eccentricità.
Due formule approssimate sono dovute a Ramanujan:
Entrambe le formule danno il risultato esatto per una circonferenza e, nel caso generale, l'errore delle due formule è dell'ordine di e di , rispettivamente. Nel caso di ellisse degenere in un segmento (, ) la prima dà , mentre la seconda dà , quando il risultato esatto è .
Metodo della tangente
Fissare i due fuochi e e l'asse maggiore di lunghezza (con ). Costruire una circonferenza di centro e raggio . Fissare sulla circonferenza un punto generico . Tracciare il raggio . Tracciare il segmento e l'asse di tale segmento (retta perpendicolare al segmento passante per il suo punto medio ) che interseca nel punto . Il punto è equidistante da e da in quanto sta sull'asse del segmento . Dunque . D'altra parte e quindi . Quindi è un punto dell'ellisse.
Questo metodo viene detto della tangente in quanto la retta è la tangente all'ellisse nel punto , infatti gode della proprietà tangenziale, precedentemente descritta.
Metodo del giardiniere
In questo caso sono note le lunghezze dei lati del rettangolo circoscritto all'ellisse. La linea rossa nella figura qui accanto sia la corda utilizzata dal "giardiniere" per tracciare l'ellisse.
Nel film Agorà del 2009 Ipazia, interpretata da Rachel Weisz, studiando l'orbita della Terra attorno al Sole traccia sulla sabbia un'ellisse con il metodo del giardiniere. In alcuni momenti si vede anche un cono di Apollonio.
Note
Voci correlate
Coordinate ellittiche
Diametro coniugato
Ellisse del giardiniere
Ellisse di Von Mises
Ellissoide, un'ellisse in tre o più dimensioni.
Iperbole (geometria)
Orbita ellittica
Parabola (geometria)
Rappresentazione matriciale delle coniche
Sezione conica
Sferoide, l'ellissoide ottenuto ruotando un'ellisse attorno al suo asse maggiore o minore.
Superellisse, una generalizzazione dell'ellisse, è più squadrata.
Altri progetti
Collegamenti esterni
Dall'ellisse all'architettura
Sezioni coniche
Curve piane |
1747 | https://it.wikipedia.org/wiki/Energia%20libera | Energia libera | In termodinamica, lenergia libera di un sistema è la quantità di lavoro macroscopico che il sistema può compiere sull'ambiente. Essa è funzione della temperatura, della pressione e della concentrazione della specie chimica considerata .
Lenergia libera parziale molare di una specie chimica a temperatura (T), pressione (p) e composizione costanti all'interno di un sistema a molti componenti è detto potenziale chimico di quella specie.
Descrizione
Secondo la IUPAC un processo che comporta un incremento di energia libera si dice endoergonico o endotermico, se implica diminuzione si dice esoergonico o esotermico.
L'energia libera può essere definita in due modi differenti, ottenendo due differenti funzioni di stato termodinamiche: l'energia libera di Helmholtz e l'energia libera di Gibbs.
Quando un sistema di entità chimiche (molecole, ioni, radicali) subisce un cambiamento, ad esempio per una reazione chimica o per una transizione di fase, ci sono due grandezze che tendono ad avere due comportamenti opposti:
l'energia libera tende a decrescere raggiungendo un minimo (stato di equilibrio);
l'entropia tende a crescere.
Se con U si indica l'energia interna, con T la temperatura e con S l'entropia, questi due comportamenti sono semplicemente scrivibili con la funzione di Helmholtz:
Questa funzione di stato, però, è utilizzabile solo a volume costante (ad esempio in un contenitore chiuso). Se ci si trova, invece, a pressione costante (ad esempio un contenitore aperto, come avviene normalmente in natura), l'entalpia H = U + pV (dove p è la pressione e V il volume) va sostituita all'energia interna U, ottenendo così la quantità che deve essere minima, ovvero la funzione di stato di Gibbs:
In termini matematici, H è la trasformata di Legendre Ḷ(U,V) dell'energia interna U rispetto al volume V.
In un sistema isolato, l'energia libera non può aumentare: rimane costante solo in caso di trasformazioni reversibili, negli altri casi diminuisce.
La diminuzione di G implica l'impossibilità di trasformazioni energetiche con rendimento unitario e quantifica la cosiddetta degradazione dell'energia. Stabilisce anche l'impossibilità di un moto perpetuo di seconda specie. In una reazione chimica o una trasformazione di stato la sua diminuzione è indice della spontaneità del processo a T e p costanti.
In termini matematici A è la trasformata di Legendre Ḷ(U,S) dell'energia interna U rispetto all'entropia S, mentre G è la trasformata di Legendre Ḷ(U,S,V) dell'energia interna U rispetto all'entropia S ed al volume V.
Note
Bibliografia
Voci correlate
Energia interna
Entalpia
Energia libera di Helmholtz
Energia libera di Gibbs
Potenziale chimico
Funzione di stato
Exergia
Reazione endergonica
Collegamenti esterni
Energia
Funzioni di stato |
1748 | https://it.wikipedia.org/wiki/Eddy%20Merckx | Eddy Merckx | Professionista dal 1965 al 1978, soprannominato Il Cannibale per la voglia di vincere sempre e non lasciare nulla agli avversari, è il corridore più vincente della storia del ciclismo, ed è considerato da molti il più forte di tutti i tempi.
Si aggiudicò cinque edizioni del Tour de France (1969, 1970, 1971, 1972 e 1974), record condiviso con Jacques Anquetil, Bernard Hinault e Miguel Indurain, cinque edizioni del Giro d'Italia (1968, 1970, 1972, 1973 e 1974), eguagliando il primato di successi di Alfredo Binda e Fausto Coppi, e una edizione della Vuelta a España, nel 1973.
Tra le corse di un giorno fece invece suoi quattro campionati del mondo su strada, di cui uno per dilettanti (1964) e tre per professionisti (1967, 1971 e 1974), oltre a ventisette classiche, di cui ben diciannove classiche "monumento" (sette Milano-Sanremo, cinque Liegi-Bastogne-Liegi, tre Parigi-Roubaix, due Giri delle Fiandre e due Giri di Lombardia), oltre a tre Frecce Vallone, tre Gand-Wevelgem e due Amstel Gold Race. Per sette anni consecutivi, dal 1969 al 1975, fece suo il Super Prestige Pernod, sorta di coppa del mondo a punti su strada.
Per quanto concerne l'attività su pista fu invece primatista dell'ora su bicicletta tradizionale per ventotto anni, dal 1972 al 2000 (percorse 49,432 km), vincendo inoltre diciassette Sei giorni.
È uno dei sette ciclisti ad aver conquistato tutti i tre Grandi Giri, e l'unico ad essere riuscito a realizzare l'accoppiata Giro-Tour per tre volte (1970, 1972 e 1974); inoltre è l'unico ad aver aggiunto ai tre Grandi Giri la vittoria del Giro di Svizzera, considerato la quarta corsa a tappe per importanza. Nel 1974 vinse, nella stessa stagione, Giro d'Italia, Tour de France e campionato mondiale su strada: soltanto l'irlandese Stephen Roche, nel 1987, è riuscito ad eguagliarlo. È anche uno dei tre corridori ad essere riuscito ad imporsi in tutte le cinque classiche monumento e l'unico ad averle vinte tutte almeno due volte. Al Tour detiene il record di tappe vinte in totale (34, a pari merito con Mark Cavendish) e in una sola edizione (8, a pari merito con Charles Pélissier e Freddy Maertens) e il maggior numero di maglie gialle (111); al Giro vinse invece 25 tappe e vestì di rosa per 77 volte, anche quest'ultimo è un record. Se consideriamo il numero di tappe complessive vinte da Merckx sia al Giro d'Italia sia al Tour de France, il Cannibale detiene un altro record ineguagliato e difficilmente raggiungibile a breve scadenza: 59 tappe (di cui 34 al Tour e 25 al Giro).
Il suo palmarès è considerato da molti inarrivabile: in circa 1800 corse su strada cui prese parte nelle categorie debuttanti, dilettanti e professionisti, Merckx riportò 525 vittorie, di cui 445 tra i professionisti, un record. Jacques Goddet, storico patron del Tour de France, indicò Fausto Coppi come «il più grande» ed Eddy Merckx come «il più forte» ciclista di sempre.
Carriera
Gli esordi e le prime vittorie
Dopo aver praticato calcio e pugilato, Édouard Louis Joseph Merckx si dedicò al ciclismo, al quale si era avvicinato già all'età di otto anni: suo idolo di allora era Stan Ockers, poi tragicamente deceduto in un incidente in pista nel 1956. Merckx acquisì licenza di ciclista debuttante il 23 giugno 1961, all'età di sedici anni, con il club Evere Kerkhoek Sportif, e il mese dopo, precisamente il 16 luglio, fece il proprio esordio a Laeken. Il primo successo targato Merckx arrivò il 1º ottobre dello stesso anno, a Petit-Enghien, seguito nel 1962 da altre 23 vittorie nella medesima categoria, e tra esse il titolo nazionale. L'8 gennaio 1963 prese licenza di corridore dilettante; in quella stagione disputò 72 corse e se ne aggiudicò, tra strada e pista, ben 28, compreso il titolo nazionale di americana per dilettanti (bissato anche nel 1964). L'anno dopo corse 72 gare aggiungendo al proprio palmarès altri 24 successi, il più importante dei quali fu quello nella prova in linea dilettanti ai campionati del mondo su strada di Sallanches. In ottobre si piazzò quindi dodicesimo nella corsa olimpica su strada dei Giochi di Tokyo, dopo aver tentato un attacco nelle fasi finali di gara.
Merckx aprì la stagione 1965 con quattro ulteriori trionfi in gare dilettantistiche. Il 27 aprile 1965, neanche ventenne, ufficializzò il proprio passaggio tra i professionisti, voluto dalla Solo-Superia, squadra belga capitanata da Rik Van Looy e diretta da Hugo Marien. Fece il proprio esordio nella Freccia Vallone, ma fu costretto a ritirarsi dopo cento chilometri. Al Tour de France dello stesso anno Van Looy regalò una vittoria al suo gregario Edward Sels, designandolo così suo naturale successore; Merckx, in breve tempo, fu tuttavia in grado di sovvertire le gerarchie iniziali e al primo anno da pro ottenne nove vittorie su strada, anche se tutte in competizioni di secondo piano, e il secondo posto ai campionati belgi su strada. In quella stagione non poté partecipare alle grandi classiche perché costretto ad assolvere il servizio di leva militare, all'epoca obbligatorio per i belgi. Partecipò tuttavia al suo primo mondiale professionistico, a Lasarte-Orio, ma concluse lontano dai primi (29º).
Nel 1966 si trasferì in Francia, alla Peugeot-BP-Michelin diretta da Gaston Plaud. In quell'annata arrivò per lui, a venti anni di età e dopo il terzo posto alla Omloop Het Volk, il primo successo in una grande classica: alla Milano-Sanremo batté infatti, con una lunga volata, dieci atleti tra cui Adriano Durante e campioni affermati come Raymond Poulidor, Herman Van Springel, Michele Dancelli e Franco Balmamion. Nella stessa stagione debuttò al Giro delle Fiandre, dove subì un incidente dal quale però riuscì a riprendersi nel giro di pochi giorni, e anche alla Parigi-Roubaix, concludendo quindicesimo; fu inoltre dodicesimo ai mondiali su strada del Nürburgring, secondo al Giro di Lombardia, preceduto in una volata a sei dal solo Felice Gimondi, e primo, in coppia con Ferdinand Bracke, nel Trofeo Baracchi.
Nel 1967 fece il bis alla "Classicissima" sanremese: sul traguardo di Via Roma batté allo sprint tre italiani, Motta, Bitossi e Gimondi, facendo segnare anche il nuovo record di velocità media della corsa, 44,805 km/h; successivamente si aggiudicò la Gand-Wevelgem e la Freccia Vallone, e raggiunse il podio sia al Giro delle Fiandre che alla Liegi-Bastogne-Liegi. Già veniva indicato come l'erede di Rik Van Steenbergen e Rik Van Looy, e i più pensavano che fosse un corridore adatto solo alle corse di un giorno, e non alle gare a tappe di tre settimane. Al Giro d'Italia, invece, il fiammingo si mise in luce con la vittoria di due tappe, una al Lido degli Estensi in volata e una sul Blockhaus della Maiella in salita; ciò nonostante non riuscì a dare il meglio, causa una bronchite, si staccò sulle montagne e concluse "solo" nono. Ai campionati del mondo su strada di Heerlen, nei Paesi Bassi, divenne quindi campione del mondo professionisti, dopo il successo di tre anni prima tra i dilettanti; soltanto Jean Aerts e Hans Knecht erano riusciti nell'impresa di vincere la prova in linea in entrambe le categorie. Nella prova in linea iridata, egli superò allo sprint i tre compagni di fuga Jan Janssen, Ramón Sáez e Gianni Motta. Chiuse l'annata bissando, ancora con Bracke, il successo nel Trofeo Baracchi: 26 fu il bottino complessivo di vittorie stagionali su strada per lui.
1968-1970: le tre stagioni alla Faema
1968: il primo trionfo al Giro
Nel 1968 passò tra le file della nuovissima formazione milanese Faema, voluto dal manager Vincenzo Giacotto e dai direttori sportivi Jean Van Buggenhout, suo procuratore fin dall'esordio nei professionisti, e Marino Vigna. Lo seguirono in Italia altri nove ciclisti belgi, tra cui Martin Van Den Bossche, Patrick Sercu e Guido Reybrouck, e al nuovo sodalizio si unì anche un altro atleta affermato, Vittorio Adorni, già vincitore del Giro d'Italia 1965. Nella prima annata con la squadra italiana Merckx mancò il tris alla Sanremo (anche a causa un infortunio rimediato alla Parigi-Nizza), ma fece sua per la prima volta la Parigi-Roubaix, battendo il connazionale Herman Van Springel.
Tra maggio e giugno dominò il Giro d'Italia – batté il compagno di stanza Adorni – diventando il primo belga a vincere la "Corsa Rosa" e ottenendo al contempo il primo di undici successi nei Grand Tours. In quel Giro indossò per tredici giorni la maglia rosa, conquistò quattro tappe e primeggiò pure nella graduatoria dei Gran Premi della Montagna e in quella a punti. Il suo fu strapotere, e lo dimostrano azioni come quella che, sulle Tre Cime di Lavaredo, lo portò ad indossare per la prima volta il simbolo del primato al Giro: quel giorno, sotto la neve delle Dolomiti, andò prima a recuperare nove minuti sul fuggitivo Franco Bitossi e sui suoi quindici compagni d'avventura, e poi staccò di quattro minuti Motta e Zilioli, di sei il rivale Gimondi e la maglia rosa Michele Dancelli, di otto Julio Jiménez. Cominciò in quel momento, a detta di molti, l'era Merckx. Concluse la stagione 1968 con l'ottavo posto ai mondiali di Imola (inseritosi nella fuga vincente, arrivò soltanto ottavo, in chiusura del suo drappello), le vittorie alla Volta Ciclista a Catalunya e alla Tre Valli Varesine e il terzo posto al Giro di Lombardia.
1969: il caso doping e il dominio al Tour
Nel 1969, dopo essersi aggiudicato i campionati europei di americana a Colonia, in coppia con Patrick Sercu, completò il tris alla Milano-Sanremo, eguagliando Fausto Coppi. Decisivo quel giorno fu il suo attacco sulle ultimissime rampe del Poggio e una discesa a tutta verso via Roma: sul traguardo Merckx andò così a precedere di 12" Roger De Vlaeminck e gli altri inseguitori. Ma in quasi tutte le gare di quell'inizio di stagione il fiammingo seppe essere protagonista, dal momento che conquistò anche Parigi-Nizza, Giro delle Fiandre (con 5 minuti su Gimondi e otto su Basso dopo un attacco solitario, sotto la pioggia e il vento, cominciato a 70 chilometri dall'arrivo) e Liegi-Bastogne-Liegi, oltre a piazzarsi secondo alla Roubaix e terzo all'Amstel Gold Race. Stante l'ottima condizione di forma, al Giro d'Italia sembrava avviato verso un altro trionfo, ma così non fu. Prima dell'inizio della diciassettesima tappa che, quel 2 giugno, avrebbe portato il gruppo da Celle Ligure a Pavia, Merckx venne infatti escluso dalla corsa perché trovato positivo, nel controllo antidoping svolto dai commissari dell'UCI il giorno prima, alla fencamfamina, un anfetaminico commercializzato sotto i marchi Ritolin, Reactivan o Euvitol. In quel momento stava vestendo la maglia rosa per il sesto giorno, e aveva già vinto quattro tappe.
La notizia suscitò grande scalpore, e la stampa belga parlò subito di una "macchinazione": per Le Soir l'allontanamento del campione fu un «colpo di teatro» che «decapitava» il Giro, Les Sports sottolineò che Merckx doveva «essere vittima di un complotto», La Lanterne parlò di «scandalo», chiedendosi chi avesse dopato clandestinamente il belga, Le Peuple giudicò «incredibile» la vicenda e La Cité etichettò i fatti come una «mostruosa cabala». Anche in Italia, comunque, quotidiani come Stadio e Il Corriere dello Sport presero le difese del belga, presumendo la sua innocenza e parlando di una «sanzione assurda», sia perché Merckx era il corridore più forte di quegli anni, sia perché la tappa in cui risultò positivo era pianeggiante, quindi non ci sarebbero stati distacchi, se non minimi. La televisione diede risonanza mediatica ai fatti: Sergio Zavoli realizzò in quell'occasione, per il Processo alla tappa, uno dei suoi servizi più celebri, andando ad intervistare il campione in lacrime nella sua stanza d'albergo, la numero 11 dell'Excelsior di Albisola Superiore. Merckx si difese, professò la propria innocenza, parlò di una congiura contro di lui: secondo il belga infatti i controlli si svolsero in modo irregolare, poiché sia le analisi che le controanalisi vennero effettuate senza la presenza di un membro del suo team, che avrebbe potuto difenderlo, avendolo tenuto sotto controllo nei giorni di corsa. Il direttore della corsa, Vincenzo Torriani, cercò di convincere la Federciclismo a lasciar partire il ciclista, ma invano: il belga dovette fare le valigie e, a bordo dell'aereo reale, tornare a casa. La Faema a quel punto decise di effettuare a sua volta un controllo antidoping, al quale Merckx risultò poi negativo, convincendo il direttore Giacotto a non farsi licenziare dalla squadra. Gimondi, a quel punto nuovo leader della generale (inseguiva a 1'41" dal belga), rifiutò di indossare la maglia rosa: vincerà comunque quel Giro.
Doveva essere sospeso per un mese, Merckx, e non avrebbe di conseguenza potuto correre il Tour de France; un'inchiesta ordinata dall'allora presidente UCI Adriano Rodoni (che chiamò in causa anche i ministri degli Esteri di Italia e Belgio, vale a dire Pierre Harmel e Pietro Nenni) stabilì però che il campione di Meensel aveva agito in buona fede e che poteva dunque essere riammesso alle gare, giusto in tempo per la corsa francese. Il fiammingo rientrò così al Tour, cui partecipava per la prima volta, e semplicemente lo dominò, con una grinta mai mostrata prima. Indossò la maglia gialla per venti giorni, staccò il secondo classificato, Roger Pingeon, di ben 17'54" (otto dei quali solo nel tappone pirenaico di Mourenx, durante il quale fu in avanscoperta per 140 km), stabilì il record di scalata del Colle del Galibier e vinse anche la classifica a punti, quella scalatori, quella combinata, il Premio della Combattività e, con la sua Faema, la graduatoria a squadre. Fu durante quel Tour che nacque il soprannome di "Cannibale", presto ripreso da tutti i media: alla figlia dodicenne che gli aveva chiesto come stesse andando la corsa, Christian Raymond, corridore francese della Peugeot-BP, aveva infatti esclamato, riferito a Merckx e al suo dominio: «non ci lascia neanche le briciole!» e lei aveva ribattuto: «ma allora è proprio un cannibale!». Jacques Goddet, direttore della Grande Boucle, in un suo celebre editoriale su L'Équipe, parlò invece dell'esplosione del "Merckxismo".
Ai successivi campionati del mondo, tenutisi sul circuito di Zolder, tuttavia, Merckx preferì ritirarsi durante l'ultima tornata, scarsamente supportato dai compagni di Nazionale e controllato da moltissimi avversari in qualità di favorito. Il 9 settembre seguente, inoltre, il campione fiammingo rischiò di compromettere seriamente la propria carriera, vittima di un incidente durante una prova dietro derny nel velodromo di Blois. Nella caduta, che coinvolse anche la moto che lo guidava – e che risultò fatale per il pilota in sella, l'allenatore ed ex ciclista Fernand Wambst – Merckx si procurò una profonda ferita alla testa, rimanendo a terra privo di sensi. Si riprese, seppur a fatica, in poche settimane, ma gli venne diagnosticato uno spostamento al bacino e una contusione vertebrale, che gli causeranno, nel prosieguo di carriera, un lieve problema di posizionamento in sella e dolori alla schiena (dirà Merckx a tal proposito che prima della caduta pedalare in salita era per lui un piacere, mentre dopo, un continuo dolore). La sua stagione agonistica si concluse con il primo posto nella speciale classifica combinata del Super Prestige Pernod, e con un bilancio di 43 successi.
1970: la prima doppietta Giro-Tour
Nel 1970 fu ancora plurivittorioso nelle classiche di primavera: si aggiudicò infatti Gand-Wevelgem, Parigi-Roubaix con 5'21" sullo specialista Roger De Vlaeminck, che avrebbe poi trionfato quattro volte nella Regina delle classiche; e, successivamente, la Freccia Vallone, concluse inoltre terzo sia al Giro delle Fiandre che alla Liegi-Bastogne-Liegi, oltre a vincere il Giro del Belgio. Ma in quella stagione centrò soprattutto la prima doppietta Giro-Tour, impresa fino ad allora riuscita solo a Fausto Coppi e Jacques Anquetil. La corsa italiana inizialmente non rientrava nei suoi programmi: la vicenda dell'anno precedente lo aveva scosso – la considerò a lungo un affronto – e in Belgio era stato messo in guardia da possibili nuovi trabocchetti. Alla fine, convinto dai dirigenti della Faema e dagli organizzatori, si presentò al via e ancora una volta diede una dimostrazione di forza. Vinse tre tappe, prese la leadership della generale al termine della prima settimana di gara, staccando tutti sulla Cima Polsa nella tappa di Brentonico, e ipotecò il successo due giorni dopo nella cronometro di Treviso: indossò la maglia rosa per un totale di quattordici giorni, e sul podio finale di Bolzano precedette Gimondi di 3'14" e il connazionale (suo futuro gregario) Martin Van Den Bossche. Prima di andare in Francia a vincere conquistò per la prima e unica volta il campionato nazionale belga su strada.
Al Tour dominò dal primo all'ultimo giorno: fece suo il prologo di Limoges, la cronometro a squadre con la sua Faemino-Faema, le frazioni in linea con arrivo a Forest, nel suo Belgio, Divonne-les-Bains, Grenoble e Mont Ventoux (dove ottenne il record sul tempo di scalata), e le cronometro di Divonne-les-Bains, Bordeaux e Parigi, quest'ultima nella giornata conclusiva. In totale, esclusa la cronosquadre, conquistò otto vittorie di tappa, come già aveva fatto il solo Charles Pélissier al Tour 1930 (li eguaglierà Freddy Maertens nel 1976). Fu inoltre di giallo vestito per ventitré tra tappe e semitappe, si aggiudicò pure la classifica del Gran Premio della Montagna, quella combinata e il Premio della Combattività, e nella generale andò a precedere Joop Zoetemelk di quasi tredici minuti. Dopo aver partecipato a numerosi criterium, deluse le attese al campionato mondiale su strada di Leicester, ove, pur partendo da favorito, si piazzò solo ventinovesimo, anche a causa dello scarso sostegno ricevuto dai compagni di Nazionale. In ottobre vinse la Coppa Agostoni – 52 i suoi trionfi in quella stagione – e chiuse quarto, battuto da Motta nella volata per il terzo posto, al Giro di Lombardia, conquistando così il suo secondo Super Prestige Pernod. Sul finire dell'anno colse anche la sua prima vittoria nel ciclocross, al GP Eeklo, in coppia con Eric De Vlaeminck. Nella seconda parte dell'anno Merckx subì diverse cadute, che negli anni successivi penalizzarono le sue prestazioni in salita, tanto che su quel terreno d'ora in poi divenne attaccabile da diversi corridori, e non riuscirà più a vincere la classifica scalatori in nessuno dei Grandi Giri, e fonderà i suoi successivi trionfi sugli altri terreni.
1971-1976: i sei anni alla Molteni
1971: il terzo Tour e il secondo mondiale
Per l'annata 1971 Merckx si trasferì alla Molteni: nella squadra arcorese, attiva nel professionismo dal 1958 sotto la guida degli ex ciclisti Giorgio Albani e Marino Fontana, confluirono anche parte dello staff della Faemino-Faema, tra cui il direttore sportivo Guillaume Driessens, e ben otto gregari del "Cannibale", tra cui Joseph Bruyère, Julien Stevens e Roger Swerts. In apertura di stagione Merckx conquistò il Gran Premio Città di Camaiore, la Het Volk, e vinse in solitaria la sua quarta Milano-Sanremo, dopo aver ripreso e staccato Gimondi sulla salita del Poggio. Dopo aver conquistato il suo secondo Giro del Belgio, fu costretto a saltare la Freccia Vallone a causa di un'influenza; pochi giorni dopo alla Liegi-Bastogne-Liegi, nonostante la scarsa forma fisica, andò all'attacco a oltre 60 km dall'arrivo, venne ripreso da Georges Pintens ma riuscì a batterlo in uno sprint a due che gli valse la seconda vittoria nella "Decana". Albani quell'anno aveva intenzione di farlo esordire al Giro dell'Appennino, una tra le più prestigiose corse del calendario italiano, ma Merckx non accettò mai, nemmeno negli anni successivi, secondo lo stesso Albani per motivi di ingaggio. Nei mesi successivi non partecipò neppure alla Vuelta a España né al Giro d'Italia, vinse invece il Giro del Delfinato (batté Ocaña e Thévenet) e il Midi Libre, presentandosi quindi in gran forma al cinquantottesimo Tour de France.
Ma proprio in quella Grande Boucle Merckx rischiò seriamente, e per la prima volta, di perdere. L'inizio sembrava presagire un andamento "consueto": il fiammingo infatti prese la leadership dopo il prologo a squadre, vinto dalla sua Molteni, e guidò la corsa ininterrottamente, esclusa la semitappa di Basilea (quando, grazie ai piazzamenti, in giallo andò il suo gregario Marinus Wagtmans), per quasi due settimane; questo fino alla decima frazione, quando, per il ritardo accumulato a causa di due forature e una caduta, dovette cedere il simbolo del primato all'olandese Joop Zoetemelk. L'indomani si affrontava l'ultima delle tappe alpine, partenza da Grenoble e arrivo in quota a Orcières-Merlette. Già sulla Côte de Laffrey, la prima delle tre salite in programma, Ocaña, Zoetemelk, Van Impe e Agostinho staccarono tutti: Merckx non reagì prontamente, complice anche la mancanza di alleati in gruppo, e il quartetto prese il largo. A 60 dall'arrivo Ocaña staccò i tre compagni di fuga e si involò verso la vittoria; il "Cannibale", dal canto suo, provò a recuperare qualcosa sull'ultima ascesa, riagguantò solo Agostinho e Zoetemelk ma dovette arrendersi: sul traguardo fu terzo, pagando ben 8'42" al vincitore di giornata, mentre secondo fu Van Impe, a più di sei minuti. La maglia gialla passava proprio sulle spalle di Ocaña, forte di un vantaggio di 8'43" su Zoetemelk e di 9'46" su Merckx.
Dopo la giornata di riposo il belga seppe comunque rispondere, lanciando, insieme ad altri otto atleti, un'incredibile fuga di 250 km che lo portò a recuperare, sul traguardo di Marsiglia, quasi due dei nove minuti che lo separavano dalla maglia gialla. Si arrivò alla quattordicesima frazione, un percorso pirenaico con i colli del Portet-d'Aspet, di Menté e del Portillon, e l'arrivo a Luchon. Quel giorno il fiammingo tentò di nuovo l'attacco, prima sulla salita del Menté, ma senza risultati, poi, sotto un violento nubifragio, in discesa. Fu nella discesa del colle, resa difficile dal fondo stradale bagnato, che Merckx e Ocaña caddero: il primo ripartì subito, mentre lo spagnolo, appena rialzatosi, venne travolto da Zoetemelk e da Agostinho. Ridotto in coma, venne portato via in ambulanza e ricoverato in ospedale a Saint-Gaudens: si riprese in pochi giorni, ma ovviamente fu costretto a ritirarsi e a dire addio alle velleità di vittoria, lasciando a Merckx il primato definitivo. Il fiammingo si dimostrò pur tuttavia capace di legittimare il successo finale, prima nella tappa di Bordeaux – con un attacco da lontano prese ancora tre minuti su tutti i rivali – e poi nella cronometro finale di Parigi, ove inflisse quattro minuti a Thévenet e a Zoetemelk e cinque a Van Impe. Proprio questi ultimi due atleti, nell'ordine, completarono un podio di Parigi che per la terza volta consecutiva vide Merckx in giallo e trionfatore. Il "Cannibale" fece sue in totale quattro tappe e indossò la maglia del primato per diciassette giorni.
Nel finale di stagione, sull'impegnativo tracciato intorno a Mendrisio, in Svizzera, Merckx conquistò anche il suo secondo titolo mondiale su strada. Questa volta, dopo aver fatto selezione ed essere rientrato sui quattro fuggitivi del mattino, scattò a 56 km dall'arrivo insieme ad altri cinque atleti, il connazionale Georges Pintens, il danese Leif Mortensen, il francese Cyrille Guimard e gli italiani Giancarlo Polidori e Felice Gimondi: i primi quattro li staccò al penultimo passaggio sulla salita della Torrazza, l'ultimo, lo storico rivale Gimondi, lo batté invece in una volata a due sul vialone di Vignalunga. Alcune settimane dopo ottenne infine la prima affermazione, in solitaria, nella "Classica delle foglie morte", il Giro di Lombardia, precedendo di oltre tre minuti Bitossi. Chiuse l'anno solare con all'attivo ben cinquantaquattro successi stagionali, un record poi eguagliato, nel 1976, dal solo Freddy Maertens.
1972: la seconda doppietta Giro-Tour e il record dell'ora
Nella primavera 1972 Merckx ottenne la quinta vittoria alla Milano-Sanremo: nell'occasione, dopo uno scatto sul Poggio rintuzzato da Gösta Pettersson, se ne andò in discesa riuscendo ad arrivare al traguardo con una cinquantina di metri di vantaggio sugli inseguitori. A seguire vinse per la prima volta lo Scheldeprijs e la Freccia del Brabante, e per la terza volta sia la Liegi-Bastogne-Liegi che la Freccia Vallone, completando poi, come già fatto nel 1970, la sua seconda personale accoppiata Giro-Tour. Al Giro, una corsa ricca di montagne come da tempo non si vedeva, dovette soprattutto difendersi dagli attacchi del forte scalatore José Manuel Fuente. Già nella quarta tappa, sul Block Haus, il belga perse 2'36" dallo spagnolo, nuova maglia rosa; la risposta non si fece attendere e arrivò, a sorpresa, tre giorni dopo, nella tappa di Catanzaro: l'attacco portato da Gösta Pettersson e dal "Cannibale" permise ai due di infliggere ben 4'13" a Fuente, e al belga di salire in vetta alla generale. Il Tarangu non si arrese, ma la risposta non diede gli effetti sperati: perse infatti ancora 2'36" nella cronometro di Forte dei Marmi, andò in crisi sull'inedito Jafferau e subì quindi un ulteriore sconfitta nella tappa di Livigno. Fuente tentò allora il tutto e per tutto nella breve frazione con arrivo sullo Stelvio, attaccò dopo pochi chilometri e andò a vincere con un vantaggio di 2'05": pochi, e fu così il "Cannibale" a festeggiare il terzo successo al Giro, accompagnato da quattro vittorie di tappa e da quindici giorni in maglia rosa. Il terzo posto, appannaggio dell'altro spagnolo Francisco Galdós, completò un podio finale per la prima volta senza italiani.
In Francia si ripropose ancora la sfida Ocaña-Merckx, con il primo intenzionato a stare a ruota e ad attaccare solo sulle montagne, e il secondo deciso invece a forzare con l'intento di sfibrare subito il rivale. Sui Pirenei, a cominciare dalla tappa di Pau, ebbe inizio il "duello". Ocaña forò sulla discesa dell'Aubisque, Merckx attaccò, lo spagnolo tentò l'inseguimento ma cadde ancora, come l'anno prima, e all'arrivo perse quasi due minuti. L'indomani il belga vinse e prese la maglia gialla, lo spagnolo limitò i danni e la carovana cominciò il trasferimento verso le Alpi. Le prime due tappe alpine non portarono grandi novità in classifica, con Merckx sempre a condurre con tre minuti su un Ocaña nettamente meno incisivo rispetto al 1971; le altre due, la tredicesima, con il Vars e l'Izoard, e la quattordicesima, suddivisa in due frazioni, la prima con il Galibier e la seconda con il Télégraphe, diedero però un'importante scossone alla graduatoria. La maglia gialla infatti si mosse e attaccò i rivali: a Briançon vinse con più di un minuto e mezzo sui vari Gimondi, Poulidor, Van Impe, Ocaña; a Valloire e ad Aix-les-Bains, i traguardi delle due semitappe dell'indomani, inflisse invece un totale di sette minuti e mezzo allo spagnolo. Al termine di quella giornata Ocaña optò per il ritiro, debilitato da un'infezione polmonare. In particolare evidenza in quelle tappe (vinse ad Aix-les-Bains e Le Revard) fu anche il venticinquenne francese Cyrille Guimard, capace di salire, complice la défaillance di Ocaña sul Galibier, al secondo posto nella graduatoria provvisoria: la sua permanenza in classifica non durò molto, anch'egli fu infatti costretto all'abbandono, durante la diciottesima frazione, a causa di persistenti problemi al ginocchio. A Parigi il vincitore fu ancora, per la quarta volta consecutiva, il "Cannibale" Merckx: quell'anno vestì diciassette volte la maglia gialla e fece sue ben sei tappe, lasciando i primi inseguitori, Gimondi e Poulidor, a più di 10 minuti.
Trascorsero solo due settimane e, ai primi di agosto, il fresco vincitore del Tour si presentò, da favorito, al Campionato mondiale su strada di Gap, intenzionato a completare la tripletta Giro-Tour-mondiale e a bissare il titolo iridato. L'attacco finale nella gara iridata venne portato da Franco Bitossi: il belga si lanciò all'inseguimento seguito alla ruota da Marino Basso e da Cyrille Guimard, ma non riuscì a ricucire. Sulla linea d'arrivo solo Basso, con un ultimo colpo di reni, superò Bitossi, mentre Merckx fu quarto, battuto, a chiudere il drappello. Quello del 1972 fu il miglior autunno di sempre per il belga: il 10 settembre vinse la prima edizione del Gran Premio di Mendrisio, il 4 ottobre vinse il Giro dell'Emilia (primo non italiano a conquistare la corsa), il 7 ottobre il Giro di Lombardia, primo non italiano a centrare la doppietta Giro-Lombardia, il 9 il Giro del Piemonte e l'11, in coppia con Roger Swerts, il prestigioso Trofeo Baracchi a cronometro. Il 25 ottobre seguente, nel Velodromo olimpico di Città del Messico, la sua splendida annata, 50 vittorie all'attivo, venne coronata dal nuovo record dell'ora: quel giorno Merckx percorse infatti, in sessanta minuti, la distanza di 49,43195 chilometri, superando di 779 metri quella coperta il 10 ottobre 1968 dal danese Ole Ritter. In una sola prova mise a referto, oltre al primato dell'ora, anche altri otto record, precisamente quelli sulle distanze dei 10, 15, 20, 25, 30, 35, 40 e 45 chilometri. La prestazione sull'ora, pur effettuata senza una preparazione adeguata (aveva concluso l'attività su strada da soli otto giorni) e su una bicicletta tradizionale, resisterà per più di undici anni: soltanto nel gennaio 1984 Francesco Moser sarà in grado di andare oltre, percorrendo, sempre a Città del Messico, 50,808 km. Dopo però che l'UCI dichiarò non più validi i record dell'ora ottenuti con biciclette diverse da quelle tradizionali, con ciò qualificando non più come record dell'ora ma come "migliore prestazione umana" la performance di Francesco Moser a Città del Messico e quelle che lo hanno seguito da parte di altri atleti fino al 2000, in pratica il record di Eddy Merckx è durato ben 28 anni: solo il 27 ottobre 2000 Chris Boardman, su bicicletta tradizionale, riuscì a battere il record del "Cannibale" al velodromo di Manchester per soli 9 m, ottenendo il nuovo record dell'ora con 49,441 km.
1973: la doppietta Vuelta-Giro
La stagione 1973 cominciò per Merckx con i consueti, e numerosi, trionfi nelle classiche: dopo aver saltato la Milano-Sanremo per un attacco di angina tonsillare, dominò infatti la Het Volk, la Gand-Wevelgem, la Parigi-Roubaix, la Liegi-Bastogne-Liegi per la quarta volta e l'Amstel Gold Race. A fine aprile si presentò per la prima volta alla Vuelta a España, convinto dall'ingente somma di denaro messa sul piatto dall'organizzazione in cambio della sua partecipazione. Allo strapotere che presto palesò pure in Spagna provarono ad opporsi Luis Ocaña e Bernard Thévenet, ma la scarsità di montagne e l'abbondanza di abbuoni in quell'edizione della Vuelta non li favorì di certo. Ocaña andò all'attacco in solitaria sulla salita del Puerto de Orduña, ma venne ripreso; Merckx dal canto suo vinse il prologo e ben cinque tappe, vestì la maglia gialla per sette giorni e oltre alla classifica generale finale, in cui precedette di 3'46" e 4'16" proprio Ocaña e Thévenet rispettivamente, fece sue le graduatorie a punti, combinata e degli sprint. Divenne, vincendo la Vuelta 1973, il terzo ciclista, dopo Jacques Anquetil e Felice Gimondi, capace di aggiudicarsi tutti e tre i Grandi Giri.
Meno di un mese dopo vinse il suo quarto Giro d'Italia. In quell'edizione, partita dal suo Belgio, a Verviers, Merckx indossò per venti giorni, dalla prima all'ultima tappa, la maglia rosa, un'impresa riuscita fino ad allora solo a Costante Girardengo e ad Alfredo Binda (nel 1990 anche Gianni Bugno si unirà allo speciale "club"). Nonostante non mancassero avversari di rango come Gimondi, Motta e Fuente, di quella "Corsa rosa" il belga fu autentico padrone, aggiudicandosi ben sei tappe. La frazione con arrivo sul Monte Carpegna fu indicativa del suo dominio: se il solo Battaglin fu in grado di tenere testa e di perdere solo 45", tutti gli altri pretendenti al titolo – Zilioli, Motta, Gimondi, Bitossi – chiusero a più di quattro minuti dal "Cannibale", e Fuente a nove. Alla fine il primo dei battuti risultò ancora una volta Gimondi, a quasi otto minuti di distacco ma con la piccola soddisfazione di aver inflitto 31" alla maglia rosa nella cronometro di Forte dei Marmi. Il "Cannibale" scelse quindi di non partecipare al Tour de France. Prese invece il via al mondiale su strada di Barcellona, e, pur essendosi procurato una ferita al ginocchio nella fasi iniziali della corsa, si fece promotore della decisiva fuga che portò quattro uomini, dei sette che inizialmente ne facevano parte, a giocarsi il titolo: la gara si risolse con il successo allo sprint di Gimondi – una rivincita per lui dopo la sconfitta al Giro – davanti a Freddy Maertens, a Ocaña e allo stesso Merckx.
Il fiammingo si rifece nelle classiche, tra fine settembre e inizio ottobre, aggiudicandosi la Parigi-Bruxelles, il Grand Prix des Nations e, per la terza volta consecutiva, il Giro di Lombardia. Il "mondiale d'autunno", gara conclusiva della stagione, si decise già a sessanta chilometri dall'arrivo: Merckx attaccò, staccò tutti, proseguì in solitaria e giunse sul traguardo di Como con 4'15" sul primo inseguitore, Gimondi. Il risultato ufficiale cambiò quasi un mese dopo: l'8 novembre 1973, infatti, un comunicato dell'Unione Ciclismo Italiano Professionistico annunciò la positività del "Cannibale" al test antidoping effettuato al termine della competizione. Il belga, in quei giorni impegnato nella Sei giorni di Dortmund, ammise subito che l'assunzione di norefedrina, la sostanza incriminata, era stata causata dall'utilizzo di Mucantyl, un farmaco prescrittogli dal medico della Molteni, Angelo Cavalli, al mero fine di curare una lieve forma di bronchite. Nonostante la presunta buona fede il regolamento dell'Unione Ciclistica Internazionale venne applicato senza sconti e il campione belga squalificato per un mese, multato di 150 mila lire e declassato: la vittoria del 67º Lombardia andò così a Gimondi.
1974: la storica tripletta Giro-Tour-mondiale
Nel 1974 Merckx si rifece e centrò una storica tripletta, vincendo nello stesso anno Giro d'Italia, Tour de France e mondiale su strada. La sua stagione non era però cominciata bene. In primavera, cosa che non gli era mai accaduta dal primo anno di professionismo, non aveva vinto alcuna classica di prestigio: aveva infatti saltato la Milano-Sanremo per una bronchite ed era stato "solo" terzo al Giro delle Fiandre, secondo alla Gand-Wevelgem e quarto alla Parigi-Roubaix. Si presentava comunque al Giro d'Italia con il ruolo di favorito d'obbligo: in quella corsa, piena di montagne, venne però messo in seria difficoltà da un giovane scalatore bergamasco, il neoprofessionista Gianbattista Baronchelli. Merckx guidava la classifica con ampio vantaggio durante la sedicesima tappa, con arrivo sul Monte Generoso, quando andò in crisi perdendo oltre due minuti dai rivali Gimondi e Baronchelli. Cruciale fu dunque la ventesima tappa, la più dura di quell'edizione, con arrivo alle Tre Cime di Lavaredo: al mattino il belga guidava la generale con 31" su Gimondi e 41" sul giovane Baronchelli, mentre lo spagnolo Fuente, che pure lo aveva più volte staccato sulle montagne, era più indietro in classifica, avendo perso 10 minuti nella tappa di Sanremo. Proprio Fuente andò all'attacco a otto chilometri dal traguardo; Merckx rispose, Baronchelli tentò un primo allungo, poi di nuovo, a due dall'arrivo: il belga questa volta sembrò andare in crisi, ma proprio negli ultimi metri, con uno sforzo enorme, reagì e riuscì a conservare la maglia rosa per soli 12 secondi. Fu proprio quello il distacco finale a Milano tra il "Cannibale" e GBB, secondo minor margine tra i primi due classificati nella storia della "Corsa Rosa". Merckx, che vinse anche due tappe e fu per nove giorni in rosa, andò comunque ad eguagliare i cinque successi di Alfredo Binda e Fausto Coppi.
Concluso il Giro d'Italia, in giugno si aggiudicò anche il Giro di Svizzera, sua prima e unica affermazione nella corsa, per sottoporsi quindi, il 22 giugno, ad un intervento chirurgico al perineo, il cosiddetto "sopra-sella". Nel successivo Tour de France il belga, complici le assenze di Luis Ocaña, Joop Zoetemelk (entrambi incidentati prima della grande corsa a tappe), Bernard Thevénet e Felice Gimondi, ebbe meno difficoltà ad affermarsi. Conquistò la maglia gialla nel prologo di Brest, la cedette al suo gregario Joseph Bruyère, la riprese e la perse nuovamente, per poi reindossarla dopo aver vinto lo sprint di gruppo a Châlons-sur-Marne, nella settima tappa. Da lì in poi nessuno fu più in grado di togliergli il primato. Sulle Alpi Merckx si aggiudicò due frazioni, senza però staccare né l'ormai trentottenne Poulidor né lo spagnolo Gonzalo Aja, poi venne battuto da Vicente López Carril nel tappone con Télégraphe e Galibier (ma Poulidor quel giorno perse quasi sei minuti dal belga). Sui Pirenei il belga vinse ancora, nella tappa di La Seu d'Urgell, battendo allo sprint tutti i migliori; durante le due giornate seguenti perse però quasi tre minuti dallo scatenato Poulidor, capace di staccarlo sia sull'erta di Pla d'Adet che sul Tourmalet. Le giornate finali di gara furono però un monologo del campione belga, vincitore di tre delle ultime cinque tappe, compresa quella finale sul Velodromo di Vincennes. Pur non dominando, insomma, Merckx fece sue, come nel 1970, otto frazioni, fu per ventidue giorni in maglia gialla, batté di otto minuti il secondo e il terzo classificato, Raymond Poulidor e López Carril, e poté infine festeggiare il quinto successo – eguagliò Jacques Anquetil – in cinque partecipazioni alla Grande Boucle. A fine agosto si aggiudicò per la terza volta, così come già fatto da Alfredo Binda e Rik Van Steenbergen, il titolo mondiale su strada: nell'occasione fu il più forte, andando a riprendere il fuggitivo Bernard Thévenet e staccando quindi gli altri inseguitori. Gli restò a ruota solo Poulidor, ma nella volata a due in vista del traguardo Merckx ebbe facilmente la meglio, vestendo ancora l'iride.
1975-1976: le ultime vittorie nelle classiche
Nel 1975 Merckx ottenne 38 vittorie. La stagione iniziò al meglio: dopo aver rivinto per la quarta volta il Giro di Sardegna, ottenne il sesto successo alla Milano-Sanremo (vinse in una volata a cinque ed eguagliò lo storico record di trionfi di Costante Girardengo), il secondo al Giro delle Fiandre, il quinto alla Liegi-Bastogne-Liegi e il secondo all'Amstel Gold Race, e con due piazzamenti di prestigio quali il secondo posto alla Parigi-Roubaix, alle spalle di Roger De Vlaeminck e dopo aver patito una foratura nel finale, e il terzo alla Freccia Vallone. Come già nel 1971, non partecipò né alla Vuelta de España né, a sorpresa, al Giro d'Italia, prova in cui ambiva a ottenere il sesto successo: debilitato nei giorni precedenti alla gara da un attacco di angina tonsillare, non riuscì a recuperare, dando ufficialmente forfait il giorno prima del via. Il suo obiettivo per la seconda parte di stagione divenne il sesto trionfo al Tour de France, come nessuno aveva mai fatto. Appena prima della partenza venne insignito della croce di Cavaliere della Legion d'Onore francese, poi cominciò la corsa vera. Per le prime cinque giornate fu un giovane Francesco Moser a guidare il gruppo in maglia gialla; al termine della cronometro di Merlin Plage, però, l'italiano dovette abdicare e il primato passò a Merckx. Il belga si ripeté ancora a cronometro aggiudicandosi la frazione di Auch, tenne sui Pirenei – pur perdendo una cinquantina di secondi da Zoetemelk e Thévenet nel tappone con arrivo a Saint-Lary-Soulan – e si presentò ai piedi del Massiccio Centrale con un vantaggio di un minuto e mezzo sul francese della Peugeot e di quasi quattro su Zoetemelk. Nella tappa di Puy-de-Dôme, la seconda sul Massiccio, Thévenet e Van Impe attaccarono e staccarono la maglia gialla sull'erta finale. Merckx si lanciò all'inseguimento, ma a poche centinaia di metri dalla vetta venne colpito all'addome da uno spettatore a bordo strada; nonostante il dolore riuscì a concludere, perdendo "solo" 49 secondi da Van Impe e quindici in meno dal francese, e conservò la maglia. Appena tagliato il traguardo venne anche colto da un attacco di vomito: fu costretto ad assumere prima degli antidolorifici e poi anche degli anticoagulanti, con un ovvio calo delle successive prestazioni.
Il 13 luglio 1975, due giorni dopo quei fatti, si affrontava la Nizza-Pra Loup, 217 chilometri con sei colli da scalare e un dislivello complessivo di 5 266 metri. Sulla quinta delle sei salite, l'Allos, davanti erano rimasti solo in cinque, Gimondi, Thévenet, Van Impe, Zoetemelk e Merckx: proprio la maglia gialla, con uno scatto a 800 metri dalla vetta, scollinò per primo e, dopo una discesa a tutta, si presentò all'inizio dell'ultima ascesa con un minuto e mezzo sui primi inseguitori. Sembrava un vantaggio ragguardevole, ma proprio sulle rampe verso Pra Loup il belga andò improvvisamente in crisi: lo sorpassarono prima un incredulo Gimondi, poi Thévenet, che andrà a vincere la tappa, poi gli altri due del gruppetto. Al traguardo perse ben 1'56" dal francese, nuova maglia gialla. Già l'indomani, sul traguardo di Serre Chevalier, Thévenet fece il bis, staccò tutti i rivali sull'Izoard e inflisse loro ben 2'22", rafforzando il primato. Merckx non riuscì a rimontare, ma anzi cadde nella cronometro di Châtel, procurandosi una frattura alla mandibola: in classifica chiuderà al secondo posto, a 2'47" da Thévenet, per la prima volta battuto al Tour e per l'ultima volta veramente competitivo nella grande corsa a tappe francese. Ai mondiali su strada di Yvoir fu ottavo, dopo aver corso a sostegno di Maertens e De Vlaeminck, e in chiusura di stagione si confermò per la settima e ultima volta leader annuale del Super Prestige Pernod, un record ancora ineguagliato per il mondiale a punti di ciclismo.
Nel 1976 partecipò per l'unica volta in carriera alla Tirreno-Adriatico, piazzandosi secondo alle spalle di De Vlaeminck. Tre giorni dopo le sue vittorie alla Milano-Sanremo diventarono sette, su nove partecipazioni, un record assoluto: quell'anno in Via Roma precedette il neoprofessionista Jean-Luc Vandenbroucke, poi declassato, e Wladimiro Panizza, più staccato. Dopo aver vinto la Setmana Catalana e chiuso al terzo posto il Tour de Romandie, corse ancora il Giro d'Italia, con l'obiettivo del sesto titolo, ma dovette accontentarsi dell'ottava piazza finale: ad aggiudicarsi la gara fu, per la terza volta in carriera, il suo rivale di sempre, Felice Gimondi. In settembre ai campionati del mondo di Ostuni concluse quinto, nella gara vinta dal connazionale Maertens. A fine stagione il bottino delle sue sei annate con la Molteni sarà di ben 246 successi.
Gli ultimi due anni
Nel 1977, dopo l'addio al ciclismo della famiglia Molteni, Merckx si accasò alla Fiat France, squadra diretta da Robert Lelangue, con cui già aveva collaborato alla Molteni, e da Raphaël Géminiani. Il suo inizio di stagione fu molto difficile, e non riuscì a ottenere nessun risultato rilevante, scoprendo inoltre di essere affetto da un virus debilitante; nonostante ciò riuscì ad arrivare sesto alla Liegi-Bastogne-Liegi, ma non poté prendere parte al Giro d'Italia. Nella Freccia Vallone era infatti risultato positivo alla fenilpropanolamina insieme ad altri quindici corridori, per errore del medico Michel Debackere, che aveva ritenuto lecito l'uso di questa sostanza, in quegli anni oggetto di sperimentazione. Dopo aver saltato il Giro ottenne la sua ultima vittoria su strada, al Giro di Svizzera, e si piazzò sesto al Tour de France (a 12'38" dal vincitore Thévenet). Vestì inoltre per la tredicesima volta consecutiva la maglia del Belgio ai campionati mondiali su strada professionisti, a San Cristóbal, nei quali si classificò trentatreesimo, ultimo ma comunque all'arrivo: fu la sua ultima apparizione nella gara iridata. La sua stagione si concluse con la vittoria del titolo europeo di americana, il secondo per lui, e con gli ultimi successi nelle sei giorni (comprese quelle di Berlino e Gand), sempre in coppia con Patrick Sercu.
Passato al team C & A per la stagione 1978, disputò l'ultima gara su strada, l'Omloop van het Waasland a Kemzeke, il 19 marzo di quell'anno, dopodiché nemmeno trentatreenne abbandonò le competizioni agonistiche. L'addio formale alle corse arrivò meno di due mesi dopo, il 18 maggio. Nelle categorie minori prese parte a circa 220 competizioni su strada cogliendo 80 vittorie, 23 tra i debuttanti e 57 tra i dilettanti; tra i professionisti partecipò invece a circa 1580 competizioni su strada ottenendo 445 vittorie, con vittorie in 11 Grandi Giri, 19 classiche monumento, 217 frazioni e tappe e (in assoluto) 67 gare a cronometro. Ottenne inoltre 98 successi su pista (tra cui 17 Sei giorni, 67 omnium, 9 campionati nazionali, 3 campionati europei, oltre al record dell'ora, valido come vittoria) e due nel ciclocross.
Dopo il ritiro
Nel dicembre 1967 sposò Claudine Acou, figlia dell'allora selezionatore della Nazionale dilettantistica belga, Lucien Acou. I due hanno avuto due figli, Sabrina, nata nel 1970, e Axel, nato nel 1972 e anch'egli, tra il 1993 e il 2007, ciclista professionista. Sabrina è a sua volta madre di Lucas Masso, vincitore della medaglia d'oro ai Giochi olimpici di Rio de Janeiro del 2016 nell'hockey su prato con la nazionale dell'Argentina, paese natale del padre Eduardo, tennista.
Tre anni dopo il ritiro dalle corse, nel 1980, Eddy Merckx ha fondato a Meise, vicino a Bruxelles, una casa di produzione di biciclette da corsa, la Eddy Merckx Cycles. La società, negli anni, ha fornito le biciclette anche a numerose squadre professionistiche quali Kelme, Lotto, 7-Eleven/Motorola, Telekom, Topsport Vlaanderen e Quickstep; i velocipedi Merckx sono stati portati più volte alla vittoria nelle classiche del Nord, in due Giri delle Fiandre (Eddy Planckaert nel 1988 e Peter Van Petegem nel 2003) e in tre Parigi-Roubaix (Dirk Demol nel 1988, Servais Knaven nel 2001 e Johan Museeuw nel 2002).
Tra il 1986 e il 1996 Merckx è stato commissario tecnico della Nazionale belga per le prove mondiali e olimpiche su strada. Durante la sua gestione la rappresentativa ottenne due titoli iridati, nel 1990 con Rudy Dhaenens (un altro belga, Dirk De Wolf, fu secondo) e nel 1996 con Johan Museeuw. Dal 1998 al 2004 Merckx ha invece ricoperto la carica di responsabile finanziario per la Vlaanderen, formazione professionistica belga da lui patrocinata. Il 21 luglio 1996, in occasione della festa nazionale belga, è stato insignito del titolo di barone dal Re Alberto II: è in tal modo diventato il primo atleta in Belgio ad assumere un titolo nobiliare per meriti sportivi. Gli è stato inoltre assegnato dall'Unione Ciclistica Internazionale, nell'aprile 2000, il premio di Ciclista del secolo.
Nel settembre 2003 è stata aperta una fermata, a lui intitolata, sulla Linea 5 della Metropolitana di Bruxelles: nel padiglione centrale della stazione, sita nel comune di Anderlecht, è esposta la bicicletta (la Mexico Oro di Colnago) utilizzata dal campione per il record dell'ora del 1972. Nel 2004 a Merckx è stato intitolato anche il velodromo Blaarmeersen di Gand: il nuovo complesso, reinaugurato il 17 febbraio 2006 al termine dei lavori per la costruzione della copertura, ha preso il nome di Vlaams Wielercentrum Eddy Merckx (Centro ciclistico fiammingo Eddy Merckx). Nel 2005, nell'ambito di una serie di documentari prodotta dall'emittente radiofonica belga Radio 1 e dal canale televisivo Canvas, è stato uno dei 111 nominati nel sondaggio sul "più grande belga" (De Grootste Belg) della storia: nel voto fiammingo ha ottenuto il terzo posto, in quello vallone il quarto. Nel maggio 2010 le poste belghe hanno infine emesso, al termine di una cerimonia cui ha presenziato anche il primo ministro Yves Leterme, una serie limitata di francobolli raffiguranti Merckx.
Trofei
Strada
1963 (dilettanti)
2ª tappa, 2ª semitappa Tour du Limbourg Amateurs (cronometro)
Classifica generale Tour du Limbourg Amateurs
1964 (dilettanti)
Campionati del mondo, Prova in linea dilettanti (Sallanches)
1966 (Peugeot, tredici vittorie)
Milano-Sanremo
Grand Prix Pino Cerami
Bruxelles-Meulebeke
Grand Prix de Rousies
3ª tappa Tour du Morbihan
4ª tappa Tour du Morbihan (cronometro)
Classifica generale Tour du Morbihan
Druivenkoers
1ª tappa, 2ª semitappa (Montjuïc, cronometro)
Classifica generale Escalada a Montjuïc
Trofeo Baracchi (cronocoppie, con Ferdinand Bracke)
Kampioenschap van Vlaanderen
1967 (Peugeot, sedici vittorie)
Circuit de la Vallée de la Senne
6ª tappa Giro di Sardegna (Sassari, cronometro)
7ª tappa Giro di Sardegna (Sassari > Cagliari)
2ª tappa Parigi-Nizza (Châteaurenard > Château-Chinon
6ª tappa Parigi-Nizza (Marignane > Hyères)
Milano-Sanremo
Gand-Wevelgem
Grand Prix du Tournaisis
Freccia Vallone
Tour du Condroz
12ª tappa Giro d'Italia (Caserta > Blockhaus)
14ª tappa Giro d'Italia (Riccione > Lido degli Estensi)
Campionati del mondo, Prova in linea (Heerlen)
3ª tappa Parigi-Lussemburgo (Nancy > Lussemburgo)
Nationale Sluitingsprijs
Trofeo Baracchi (cronocoppie, con Ferdinand Bracke)
1968 (Faema, diciassette vittorie)
2ª tappa Giro del Belgio (Bertrix > Verviers)
1ª tappa Giro di Sardegna (Roma > Civitavecchia)
5ª tappa, 2ª semitappa Giro di Sardegna (Arbatax > Nuoro, cronometro)
Classifica generale Giro di Sardegna
Parigi-Roubaix
1ª tappa, 2ª semitappa Tour de Romandie (Ginevra > Boncourt)
Classifica generale Tour de Romandie
1ª tappa Giro d'Italia (Campione d'Italia > Novara)
2ª tappa Giro d'Italia (Novara > Saint-Vincent)
8ª tappa Giro d'Italia (San Giorgio Piacentino > Brescia)
12ª tappa Giro d'Italia (Gorizia > Tre Cime di Lavaredo)
Classifica generale Giro d'Italia
Gran Premio Cynar-Lugano (cronometro)
Tre Valli Varesine
2ª tappa Volta Ciclista a Catalunya (Cambrils > Tàrrega)
6ª tappa, 2ª semitappa Volta Ciclista a Catalunya (Figueres > Roses, cronometro)
Classifica generale Volta Ciclista a Catalunya
1ª tappa Attraverso Losanna (Losanna > Losanna)
2ª tappa Attraverso Losanna (Losanna, cronometro)
Classifica generale Attraverso Losanna
1969 (Faema, ventuno vittorie)
3ª tappa Vuelta a Levante (Benidorm > Cullera)
4ª tappa Vuelta a Levante (Cullera > Buñol)
5ª tappa Vuelta a Levante (Valencia > Benicasim)
Classifica generale Vuelta a Levante
2ª tappa Parigi-Nizza (Joigny > Le Creusot)
3ª tappa, 2ª semitappa Parigi-Nizza (Saint-Étienne, cronometro)
7ª tappa, 2ª semitappa Parigi-Nizza (Nizza > Col d'Èze, cronometro)
Classifica generale Parigi-Nizza
Milano-Sanremo
Bruxelles-Meulebeke
Giro delle Fiandre
Liegi-Bastogne-Liegi
3ª tappa, 1ª semitappa Giro d'Italia (Mirandola > Montecatini Terme)
3ª tappa, 2ª semitappa Giro d'Italia (Montecatini Terme, cronometro)
6ª tappa Giro d'Italia (Viterbo > Terracina)
14ª tappa Giro d'Italia (Cesenatico > San Marino, cronometro)
6ª tappa Tour de France (Mulhouse > Ballon d'Alsace)
8ª tappa, 1ª semitappa Tour de France (Divonne-les-Bains, cronometro)
11ª tappa, 1ª semitappa Tour de France (Briançon > Digne)
15ª tappa Tour de France (Revel, cronometro)
17ª tappa Tour de France (Mourenx)
22ª tappa, 2ª semitappa Tour de France (Créteil > Parigi, cronometro)
Classifica generale Tour de France
2ª tappa Parigi-Lussemburgo (Rethel > Lussemburgo)
Classifica generale Parigi-Lussemburgo
1970 (Faema, trentadue vittorie)
2ª tappa Giro di Sardegna (Lanusei > Cagliari)
5ª tappa, 1ª semitappa Giro di Sardegna (Porto Torres > Sassari, cronometro)
3ª tappa Parigi-Nizza (Autun > Saint-Étienne)
7ª tappa, 2ª semitappa Parigi-Nizza (Sainte-Maxime > Seillans)
8ª tappa, 2ª semitappa Parigi-Nizza (Nizza > Turbia, cronometro)
Classifica generale Parigi-Nizza
Gand-Wevelgem
1ª tappa, 2ª semitappa Giro del Belgio (Virton > Virton, cronometro)
3ª tappa, 2ª semitappa Giro del Belgio (Heist > Heist, cronometro)
Classifica generale Giro del Belgio
Parigi-Roubaix
Freccia Vallone
6ª tappa Giro d'Italia (Comerio > Saint-Vincent)
7ª tappa Giro d'Italia (Malcesine > Brentonico)
9ª tappa Giro d'Italia (Bassano del Grappa > Treviso, cronometro)
Classifica generale Giro d'Italia
Campionati belgi, Prova in linea
Prologo Tour de France (Limoges, cronometro)
7ª tappa, 1ª semitappa Tour de France (Valenciennes > Forest)
10ª tappa Tour de France (Belfort > Divonne-les-Bains)
11ª tappa, 1ª semitappa Tour de France (Divonne-les-Bains, cronometro)
12ª tappa Tour de France (Thonon-les-Bains > Grenoble)
14ª tappa Tour de France (Mont Ventoux)
20ª tappa, 2ª semitappa Tour de France (Bordeaux, cronometro)
23ª tappa Tour de France (Versailles > Parigi, cronometro)
Classifica generale Tour de France
Grand Prix Union-Brauerei
1ª tappa, 2ª semitappa Escalada a Montjuïc (Montjuïc, cronometro)
Classifica generale Escalada a Montjuïc
Coppa Agostoni
2ª tappa Attraverso Losanna (Losanna, cronometro)
Classifica generale Attraverso Losanna
1971 (Molteni, trentaquattro vittorie)
1ª tappa Giro di Sardegna (Potenza > Salerno)
3ª tappa, 1ª semitappa Giro di Sardegna (Oristano > Macomer)
5ª tappa Giro di Sardegna (Olbia > Nuoro)
Classifica generale Giro di Sardegna
Prologo Parigi-Nizza (Dourdan, cronometro)
2ª tappa, 2ª semitappa Parigi-Nizza (Autun, cronometro)
7ª tappa, 2ª semitappa Parigi-Nizza (Nizza > Col d'Èze, cronometro)
Classifica generale Parigi-Nizza
Milano-Sanremo
Omloop Het Volk
1ª tappa Giro del Belgio (Heist > Heist, cronometro)
2ª tappa Giro del Belgio (Heist > Mons)
4ª tappa Giro del Belgio (Spa > Herbeumont)
Classifica generale Giro del Belgio
Liegi-Bastogne-Liegi
Rund um den Henninger-Turm
1ª tappa, 2ª semitappa Critérium du Dauphiné Libéré (Tournon-sur-Rhône > Saint-Étienne, cronometro)
5ª tappa, 2ª semitappa Critérium du Dauphiné Libéré (Le Creusot > Montceau-les-Mines, cronometro)
Classifica generale Critérium du Dauphiné Libéré
1ª tappa Grand Prix du Midi Libre (Carcassonne > Béziers)
2ª tappa Grand Prix du Midi Libre (Béziers > Millau)
Classifica generale Grand Prix du Midi Libre
Gran Premio Città di Camaiore
2ª tappa Tour de France (Mulhouse > Strasburgo)
13ª tappa Tour de France (Albi, cronometro)
17ª tappa Tour de France (Mont-de-Marsan > Bordeaux)
20ª tappa Tour de France (Versailles > Parigi, cronometro)
Classifica generale Tour de France
Campionati del mondo, Prova in linea (Mendrisio)
1ª tappa, 1ª semitappa Escalada a Montjuïc (Montjuïc > Montjuïc)
1ª tappa, 2ª semitappa Escalada a Montjuïc (Montjuïc, cronometro)
Classifica generale Escalada a Montjuïc
Escalada a Montjuich
Grand Prix Baden-Baden (cronocoppie, con Herman Van Springel)
Giro di Lombardia
1972 (Molteni, trentadue vittorie)
Prologo Parigi-Nizza (Dourdan, cronometro)
2ª tappa Parigi-Nizza (Vierzon > Autun)
5ª tappa Parigi-Nizza (Valence > Manosque)
Milano-Sanremo
Freccia del Brabante
Liegi-Bastogne-Liegi
Freccia Vallone
12ª tappa, 1ª semitappa Giro d'Italia (Forte dei Marmi, cronometro)
14ª tappa Giro d'Italia (Savona > Monte Jafferau)
16ª tappa Giro d'Italia (Parabiago > Livigno)
19ª tappa, 2ª semitappa Giro d'Italia (Arco, cronometro)
Classifica generale Giro d'Italia
Prologo Tour de France (Angers, cronometro)
5ª tappa, 2ª semitappa Tour de France (Bordeaux, cronometro)
8ª tappa Tour de France (Pau > Luchon)
13ª tappa Tour de France (Orcières-Merlette > Briançon)
14ª tappa, 1ª semitappa Tour de France (Briançon > Valloire/Colle del Galibier)
20ª tappa, 1ª semitappa Tour de France (Versailles, cronometro)
Classifica generale Tour de France
Grote Scheldeprijs
Grand Prix Union-Brauerei
Giro del Piemonte
Gran Premio di Mendrisio
1ª tappa, 2ª semitappa Escalada a Montjuïc (Montjuïc > Montjuïc)
1ª tappa, 3ª semitappa Escalada a Montjuïc (Montjuïc, cronometro)
Classifica generale Escalada a Montjuïc
Giro dell'Emilia
Giro di Lombardia
1ª tappa Attraverso Losanna (Losanna > Losanna)
2ª tappa Attraverso Losanna (Losanna, cronometro)
Classifica generale Attraverso Losanna
Trofeo Baracchi (cronocoppie, con Roger Swerts)
1973 (Molteni, trenta vittorie)
Trofeo Laigueglia
4ª tappa, 1ª semitappa Giro di Sardegna (Burcei, cronometro)
Classifica generale Giro di Sardegna
Omloop Het Volk
1ª tappa Parigi-Nizza (Saint-Fargeau-Ponthierry, cronometro)
Gand-Wevelgem
Amstel Gold Race
Parigi-Roubaix
Liegi-Bastogne-Liegi
Prologo Vuelta a España (Calp > Calp, cronometro)
8ª tappa Vuelta a España (Castellón de la Plana > Calafell)
10ª tappa Vuelta a España (Barcellona > Empuriabrava)
15ª tappa, 2ª semitappa Vuelta a España (Torrelavega, cronometro)
16ª tappa Vuelta a España (Torrelavega > Miranda de Ebro)
17ª tappa, 2ª semitappa Vuelta a España (Hernani > San Sebastián, cronometro)
Classifica generale Vuelta a España
Prologo Giro d'Italia (Verviers, cronocoppie con Roger Swerts)
1ª tappa Giro d'Italia (Verviers > Colonia)
4ª tappa Giro d'Italia (Ginevra > Aosta)
8ª tappa Giro d'Italia (Lido delle Nazioni > Carpegna)
10ª tappa Giro d'Italia (Alba Adriatica > Lanciano)
18ª tappa Giro d'Italia (Verona > Andalo)
Classifica generale Giro d'Italia
1ª tappa Grand Prix de Fourmies
Classifica generale Grand Prix de Fourmies
Parigi-Bruxelles
Grand Prix des Nations (cronometro)
1ª tappa Attraverso Losanna (Losanna > Losanna)
2ª tappa Attraverso Losanna (Losanna, cronometro)
Classifica generale Attraverso Losanna
1974 (Molteni, ventidue vittorie)
Trofeo Laigueglia
Prologo Parigi-Nizza (Saint-Fargeau-Ponthierry, cronometro)
1ª tappa Parigi-Nizza (Ponthierry > Orléans)
5ª tappa Parigi-Nizza (Orange > Bandol)
12ª tappa Giro d'Italia (Forte dei Marmi, cronometro)
21ª tappa Giro d'Italia (Misurina > Bassano del Grappa)
Classifica generale Giro d'Italia
Prologo Tour de Suisse (Gippingen, cronometro)
2ª tappa Tour de Suisse (Diessenhofen > Eschenbach)
9ª tappa, 2ª semitappa Tour de Suisse (Olten, cronometro)
Classifica generale Tour de Suisse
Prologo Tour de France (Brest, cronometro)
7ª tappa Tour de France (Mons > Châlons-sur-Marne)
9ª tappa Tour de France (Gaillard)
10ª tappa Tour de France (Aix-les-Bains)
15ª tappa Tour de France (La Seu d'Urgell)
19ª tappa, 2ª semitappa Tour de France (Bordeaux, cronometro)
21ª tappa, 1ª semitappa Tour de France (Orléans)
22ª tappa Tour de France (Parigi)
Classifica generale Tour de France
Campionati del mondo, Prova in linea (Montréal)
1ª tappa, 2ª semitappa Escalada a Montjuïc (Montjuïc > Montjuïc)
1ª tappa, 3ª semitappa Escalada a Montjuïc (Montjuïc, cronometro)
Classifica generale Escalada a Montjuïc
1975 (Molteni, diciannove vittorie)
2ª tappa Giro di Sardegna (Alghero > Alghero)
Classifica generale Giro di Sardegna
Sassari-Cagliari
Prologo Parigi-Nizza (Fontenay-sous-Bois, cronometro)
5ª tappa Parigi-Nizza (Orange > Saint-Rémy-de-Provence)
Milano-Sanremo
Amstel Gold Race
3ª tappa, 2ª semitappa Setmana Catalana (Casseres > Santuario di Santa Maria di Queralt, cronometro)
Classifica generale Setmana Catalana
Giro delle Fiandre
Liegi-Bastogne-Liegi
1ª tappa Tour de Romandie (Ginevra > Sainte-Croix)
5ª tappa, 2ª semitappa Tour de Romandie (Lancy, cronometro)
8ª tappa Tour de Suisse (Laax > Frauenfeld)
6ª tappa Tour de France (Circuito di Merlin Plage,cronometro)
9ª tappa, 2ª semitappa Tour de France (Auch, cronometro)
Druivenkoers
1ª tappa, 3ª semitappa Escalada a Montjuïc (Montjuïc, cronometro)
Classifica generale Escalada a Montjuïc
1976 (Molteni, sei vittorie)
2ª tappa Tirreno-Adriatico (Ferentino > Monte Livata)
Milano-Sanremo
1ª tappa, 1ª semitappa Setmana Catalana (Olot > Batet Serra, cronometro)
4ª tappa, 2ª semitappa Setmana Catalana (L'Hospitalet de Llobregat, cronometro)
Classifica generale Setmana Catalana
Prologo Tour de Romandie (Ginevra, cronometro)
1977 (Fiat France, quattro vittorie)
Classifica generale Tour Méditerranéen
4ª tappa Parigi-Nizza (Vaison-la-Romaine > Digne-les-Bains)
Tour du Condroz
6ª tappa Tour de Suisse (Fiesch > Bellinzona)
Altri successi (parziale)
1963 (dilettanti)
Classifica a punti Ronde van Limburg
1964 (dilettanti)
Bruxelles-Opwijk
1965 (Solo)
Circuit des 3 Provinces de Oetingen
Critérium de Wijnendaal-Ichtegem
Criterium de Ophasselt-Hekelgem
Criterium de Enschede-Münster
Grand Prix Stad Vilvoorde (Criterium)
Circuito di Houtland
Criterium di Vise
Criterium di Itterberg
Criterium di Wezembeck
Criterium di St.Janssen
Criterium di Kesser-Lo
Criterium di Renaix
Criterium di Nederbrakel
1966 (Peugeot)
Criterium di Helchteren
Criterium di Henderleew
Grand Prix de Rumes
Grand Prix de Vianes
Criterium di Ronse
Campionato delle Fiandre
Circuit de l'Aulne (Criterium)
Criterium di Puteaux
1967 (Peugeot)
Gran Premio Salvarani
Criterium di Camors
Criterium di De Panne
Criterium di Sint-Leenars
Criterium di Liedekerke
Criterium di Armentieres
Critérium des As
Criterium di Woluwé
Criterium di Ansies
1968 (Faema)
Gran Premio di Salsomaggiore
Grand Prix de La Clayette
Criterium di Bornem
Classifica Gran Premi della montagna Giro d'Italia
Classifica a punti Giro d'Italia
Criterium di De Panne
Grand Prix de Alsemberg
1969 (Faema)
Circuit de l'Aulne (Criterium)
Classifica combinata Tour de France
Classifica Gran Premi della montagna Tour de France
Criterium di Aalst
Criterium di Woluwé
Criterium di Londerzeel
Criterium di Moorslede
Classifica a punti Tour de France
Classifica generale Super Prestige Pernod
Criterium di Auvelas
Criterium de Ronse
Criterium di De Panne
Criterium di Rijmenam
Grand Prix d'Enter
Grand Prix de la Clayette
Criterium di Lokeren
Criterium di Turnhout
Criterium di Bilzen
1970 (Faemino)
Classifica Gran Premi della montagna Tour de France
Classifica combinata Tour de France
Classifica generale Super Prestige Pernod
Grand Prix de Sanary
Gran Premio Col San Martino
Gran Premio di Badia a Settimo
Circuito di Ghedi
Circuito di Villafranca
Criterium di Saint-Cyprien
Criterium di Bilzen
Criterium di Sint-Niklaas
Circuito di Bilbao
Criterium di Berlare
1971 (Molteni)
Classifica punti Tour de France
Classifica combinata Tour de France
Classifica generale Super Prestige Pernod
Critérium de Grimpeurs
Criterium di Aalst
Gran Premio di Badia a Settimo
Criterium di La Panne
Criterium di Sint-Lenaarts
Criterium di Bilzen
Cronostaffetta Colonnella-Colonnella
Criterium di Moorslede
Campionato delle Fiandre
Criterium di La Souterraine
1972 (Molteni)
Classifica punti Tour de France
Classifica generale Super Prestige Pernod
Criterium di Ronse
Prix de Momignies
Criterium di Woluwé-St Lambert
Criterium di Tienen
Criterium di Sallanches
1973 (Molteni)
Classifica a punti Giro d'Italia
6ª tappa, 2ª semitappa Vuelta a España (La Pobla de Farnals, cronosquadre)
Classifica a punti Vuelta a España
Classifica generale Super Prestige Pernod
Circuito di Roccastrada
Criterium di Woluwé-St Lambert
Criterium di La Panne
Criterium di Londerzeel
Cronostaffetta Martinsicuro-Tortoreto
1974 (Molteni)
Classifica combinata Tour de France
Classifica generale Super Prestige Pernod
Criterium di Londerzeel
Prix de Momignies
Criterium di Moorslede
Criterium di Poperinge
Critérium des As
Criterium di Malderen
1975 (Molteni)
Circuit de l'Aulne (Criterium)
Classifica generale Super Prestige Pernod
1976 (Molteni)
Criterium di Tirlemont
Criterium di Assebroek
Grand Prix Monseré
1977 (Fiat France)
Criterium di Alsemberg
Criterium di Kluisbergen
Pista
1963 (dilettanti)
Campionati belgi, Americana dilettanti (con Patrick Sercu)
1964 (dilettanti)
Campionati belgi, Americana dilettanti (con Patrick Sercu)
1965
Campionati belgi, Americana (con Patrick Sercu)
Sei giorni di Gand (con Patrick Sercu)
1966
Campionati belgi, Americana (con Patrick Sercu)
1967
Campionati belgi, Americana (con Patrick Sercu)
Sei giorni di Gand (con Patrick Sercu)
1968
Sei giorni di Charleroi (con Ferdinand Bracke)
1969
Campionati europei, Americana (con Patrick Sercu)
1971
Sei giorni di Milano (con Julien Stevens)
1972
Record dell'ora
1973
Campionati belgi, Americana (con Patrick Sercu)
Sei giorni di Dortmund (con Patrick Sercu)
Sei giorni di Grenoble (con Patrick Sercu)
1974
Sei giorni di Anversa (con Patrick Sercu)
1975
Campionati europei, Omnium endurance
Campionati belgi, Americana (con Patrick Sercu)
Sei giorni di Anversa (con Patrick Sercu)
Sei giorni di Grenoble (con Patrick Sercu)
Sei giorni di Gand (con Patrick Sercu)
1976
Campionati belgi, Americana (con Patrick Sercu)
Sei giorni di Rotterdam (con Patrick Sercu)
Sei giorni di Anversa (con Patrick Sercu)
1977
Sei giorni di Berlino (con Patrick Sercu)
Sei giorni di Monaco di Baviera (con Patrick Sercu)
Campionati europei, Americana (con Patrick Sercu)
Sei giorni di Gand (con Patrick Sercu)
Sei giorni di Zurigo (con Patrick Sercu)
Sei giorni di Maastricht (con Patrick Sercu)
Ciclocross
1970
Grote Prijs Eeeklo (con Eric De Vlaeminck)
1971
Cyclo-cross de Mazé
Piazzamenti
Grandi Giri
Giro d'Italia
1967: 9º
1968: vincitore
1969: squalificato (17ª tappa)
1970: vincitore
1972: vincitore
1973: vincitore
1974: vincitore
1976: 8º
Tour de France
1969: vincitore
1970: vincitore
1971: vincitore
1972: vincitore
1974: vincitore
1975: 2º
1977: 6º
Vuelta a España
1973: vincitore
Classiche monumento
Milano-Sanremo
1966: vincitore
1967: vincitore
1968: 31º
1969: vincitore
1970: 8º
1971: vincitore
1972: vincitore
1975: vincitore
1976: vincitore
1977: 96º
Giro delle Fiandre
1966: ritirato
1967: 3º
1968: 9º
1969: vincitore
1970: 3º
1971: 74º
1972: 7º
1973: 3º
1974: 3º
1975: vincitore
1976: 17º
1977: ritirato
Parigi-Roubaix
1966: 15º
1967: 8º
1968: vincitore
1969: 2º
1970: vincitore
1971: 5º
1972: 7º
1973: vincitore
1974: 4º
1975: 2º
1976: 6º
1977: 11º
Liegi-Bastogne-Liegi
1966: 8º
1967: 2º
1969: vincitore
1970: 3º
1971: vincitore
1972: vincitore
1973: vincitore
1975: vincitore
1976: 6º
1977: 6º
Giro di Lombardia
1966: 2º
1967: 6º
1968: 3º
1970: 4º
1971: vincitore
1972: vincitore
1973: vincitore (squalificato)
1974: 2º
1975: 6º
Competizioni mondiali
Campionati del mondo
Sallanches 1964 - In linea Dilettanti: vincitore
San Sebastián 1965 - In linea: 29º
Nürburgring 1966 - In linea: 12º
Heerlen 1967 - In linea: vincitore
Imola 1968 - In linea: 8º
Zolder 1969 - In linea: ritirato
Leicester 1970 - In linea: 29º
Mendrisio 1971 - In linea: vincitore
Gap 1972 - In linea: 4º
Barcellona 1973 - In linea: 4º
Montreal 1974 - In linea: vincitore
Yvoir 1975 - In linea: 8º
Ostuni 1976 - In linea: 5º
San Cristóbal 1977 - In linea: 33º
Giochi olimpici
Tokyo 1964 - In linea: 12º
Onorificenze
Riconoscimenti
Mendrisio d'oro del Velo Club Mendrisio nel 1972 e 2011
Gan Challenge dal 1973 al 1975
Super Prestige Pernod dal 1969 al 1975
Sportivo belga dell'anno dal 1969 al 1974
Trofeo belga per il Merito sportivo nel 1967
Gran Premio Serge Kampf dell'Accademia dello Sport nel 1969
Atleta belga del XX secolo
Atleta UCI del XX secolo
Premio Marca nel 2000
Premio Sport del Comune di Camaiore nel 2001
Premio Vincenzo Torriani nel 2001
Premio Sport e Civiltà nel 2011
Inserito nella Hall of Fame del Giro d'Italia nel 2012
Collare d'argento dell'Ordine olimpico
Inserito nella Top 25 della Cycling Hall of Fame
Note
Bibliografia
Altri progetti
Collegamenti esterni
Nobili belgi
Belgi fiamminghi
Campioni del mondo professionisti di ciclismo su strada
Vincitori del Giro d'Italia
Vincitori del Tour de France
Vincitori della Vuelta a España
Vincitori del Giro di Lombardia
Vincitori della Milano-Sanremo
Vincitori della Parigi-Roubaix
Vincitori del Giro delle Fiandre
Vincitori della Liegi-Bastogne-Liegi
Vincitori del Giro di Svizzera
Vincitori della Tre Valli Varesine
Vincitori dell'Amstel Gold Race
Vincitori della Coppa Agostoni
Vincitori del Giro del Piemonte
Vincitori della Volta Ciclista a Catalunya
Decorati con la Legion d'onore
Cavalieri OMRI |
1751 | https://it.wikipedia.org/wiki/Erbio | Erbio | Lerbio è l'elemento chimico di numero atomico 68 e il suo simbolo è Er.
È un elemento delle terre rare e ha un aspetto argenteo metallico; si trova associato con altri lantanoidi principalmente nel minerale gadolinite, i cui principali giacimenti sono localizzati a Ytterby, in Svezia.
Caratteristiche
L'erbio è un metallo malleabile, tenero, abbastanza stabile all'aria; resiste all'ossidazione più di altri elementi della serie dei lantanoidi. Dal punto di vista chimico è trivalente, ovvero tende ad assumere nei suoi composti il numero di ossidazione +3. I suoi sali sono di colore rosa e il suo sesquiossido (Er2O3) viene chiamato erbia.
Le sue proprietà reologiche sono molto influenzate dalle impurità presenti in esso. L'erbio non riveste alcun ruolo biologico noto.
Applicazioni
Gli usi dell'erbio sono svariati, e alcuni molto comuni: soprattutto come filtro in fotografia e, per via della sua ottima resilienza, come additivo in metallurgia. Altri usi:
Nella tecnologia nucleare come assorbitore di neutroni.
Come elemento drogante per le fibre ottiche per realizzare amplificatori di segnale in fibra.
Aggiunto al vanadio, l'erbio ne abbassa la durezza e ne migliora la lavorabilità.
L'ossido di erbio ha un bel colore rosa e per questo si usa a volte come colorante per smalti lucidi per vetro o ceramica. Il vetro all'erbio si usa spesso per lenti di occhiali da sole e bigiotteria.
Storia
L'erbio (dal nome della cittadina svedese di Ytterby) fu scoperto da Carl Gustav Mosander nel 1843. Mosander separò littria dalla gadolinite in tre distinte frazioni, che chiamò ittria, erbia e terbia. Erbia e terbia all'epoca erano però confusi; dopo il 1860 quella che era nota come terbia fu rinominata erbia e nel 1877 quella che era nota come erbia fu rinominata terbia.
Un campione di ossido di erbio (Er2O3) abbastanza puro fu isolato indipendentemente nel 1905 da Georges Urbain e Charles James.
Il metallo non fu ottenuto puro fino al 1934, quando fu preparato per la prima volta per riduzione del suo cloruro anidro con vapori di potassio.
Disponibilità
L'erbio non si trova in natura come elemento puro, bensì combinato con altri elementi in minerali quali la monazite.
La sua separazione e purificazione sono sempre stati processi piuttosto laboriosi e costosi, anche se le tecniche di separazione basate sullo scambio ionico sviluppate nel tardo XX secolo hanno reso i lantanoidi e i loro composti molto meno costosi che in passato.
Le principali fonti di erbio sono i minerali xenotite e euxenite-(Y).
L'erbio metallico in polvere può incendiarsi spontaneamente.
Isotopi
L'erbio in natura è una miscela di 6 isotopi stabili, 162Er, 164Er, 166Er, 167Er, 168Er e 170Er. Di essi, 166Er è il più abbondante (33,6%).
Dell'erbio sono noti 23 isotopi radioattivi; i più stabili tra essi sono 169Er (con un'emivita di 9,4 giorni), 172Er (49,3 ore), 160Er (28,58 ore), 165Er (10,36 ore) e 171Er (7,516 ore). Gli altri hanno emivite inferiori alle 3,5 ore e la maggior parte di essi inferiore ai 4 minuti.
Questo elemento presenta anche 6 stati metastabili, di cui il più stabile è 167mEr (t½ 2,269 secondi).
La principale modalità di decadimento degli isotopi più leggeri di 166Er è la cattura elettronica e conversione in isotopi di olmio; gli isotopi più pesanti invece subiscono preferenzialmente un decadimento beta e conversione in isotopi di tulio.
Precauzioni
Come per gli altri lantanoidi, i composti di erbio sono considerati mediamente o poco tossici, benché la loro tossicità non sia ancora stata indagata in dettaglio.
Bibliografia
Voci correlate
Lantanoidi
Altri progetti
Collegamenti esterni
Elementi chimici |
1754 | https://it.wikipedia.org/wiki/Eccimeri%20e%20ecciplessi | Eccimeri e ecciplessi | Molte molecole, o atomi, che non interagiscono significativamente nei loro stati fondamentali formano complessi ragionevolmente stabili quando eccitati. Tali complessi vengono chiamati eccimeri (dimero eccitato) se formati dall'interazione di una molecola eccitata con una molecola nello stato fondamentale della stessa identità chimica, mentre si definiscono eccimplessi o ecciplessi (complesso eccitato) sistemi che comportano l'interazione tra specie chimicamente differenti. Eccimeri e eccimplessi hanno una composizione stechiometrica fissa e semplice, di solito 1:1.
Gli eccimeri e in particolare gli eccimplessi vengono ampiamente sfruttati per la costruzione di laser. Alcuni tra i sistemi che vengono impiegati per questo scopo sono: He2, Xe2, NeF, ArF, KrF, XeF, ArCl, KrCl, XeCl, ArBr, KrBr, XeBr, KrI e XeI.
Voci correlate
Laser a eccimeri
Collegamenti esterni
Fisica atomica
Fisica molecolare
Fotochimica |
1755 | https://it.wikipedia.org/wiki/Etologia | Etologia | L'etologia, o biologia comportamentale, è la branca della biologia e della zoologia che studia il comportamento animale. Il termine "etologia" (dal greco ethos e logos, intesi come «carattere o costume» e «studio») indica infatti la moderna disciplina scientifica che studia l'espressione comportamentale degli animali nel loro ambiente naturale (compreso l'uomo), seguendo gli stessi criteri con i quali viene condotta la ricerca in altri campi della biologia. Il termine racchiude nella maggior parte delle lingue europee l'originaria espressione tedesca vergleichende Verhaltensforschung («ricerca comparata sul comportamento»), utilizzata da Konrad Lorenz, considerato padre fondatore della disciplina.
Origini e sviluppi della disciplina
Antichità
Le speculazioni attorno alle manifestazioni del comportamento animale e del loro significato risalgono già ai grandi filosofi dell'antichità, da Anassagora a Empedocle, da Platone ad Aristotele, da Epicuro a S. Agostino. Lattanzio e Celso avevano discusso da opposte posizioni su tali questioni; Plutarco e Origene, Gregorio di Nissa e Basilio avevano dedicato espliciti trattati o parti di trattati.
Età moderna e contemporanea
In tempi più recenti sono apparsi numerosissimi bestiari medievali, ma soltanto tra Seicento e Settecento fu possibile assistere alla strutturazione delle prime vere e proprie discussioni (seppur ancora di stampo filosofico), attorno al concetto di psicologia animale. I grandi periodici sei-settecenteschi, dalle Nouvelles de la Republique des Lettres di Bayle alla Histoire des Ouvrages des Savans di Henri Basnage de Beauval, alle diverse Bibliothèques di Le Clerc rendono conto quasi mensilmente di tutti sulla "mancanza di sensibilità dei bruti", sulla "bestia trasformata in macchina", o sulle discussioni sull'istinto, o sulle polemiche tra aristotelici e cartesiani sull'automatismo animale. Tuttavia, occorre attendere la fine del secolo XIX per assistere ad una trattazione maggiormente scientifica dell'interpretazione del comportamento animale. Fu infatti nel periodo post-darwiniano che iniziarono a svilupparsi le prime scuole di pensiero nell'indagine scientifica e fu lo stesso Charles Darwin a dare inizio questo processo, attraverso la pubblicazione dei suoi modelli teorici che influenzarono non soltanto tutte le scienze biologhe, ma tutti gli studi comparativi del comportamento. All'inizio del Secolo Novecento erano essenzialmente due le scuole di pensiero relative allo studio del comportamento animale: il comportamentismo (della scuola psicologica statunitense) e il purposivismo (della scuola psicologica anglosassone). A capo di queste due scuole di pensiero c'erano rispettivamente John Watson e William Mc Dougall. Le due scuole di pensiero si contrapposero essenzialmente sui piani ideologici che le sorreggevano: la prima era soprattutto una psicologia dell'apprendimento e della gestione del comportamento; la seconda, maggiormente legata al finalismo. lo scontro, semplificando, si basava sul fatto che la nuova scuola psicologica americana studiava prevalentemente l'apprendimento (con particolare enfasi degli studi in laboratorio, dal momento che volevano il comportamento scientificamente e rigidamente misurabile), mentre la scuola inglese del purposivismo si concentrava maggiormente sull'istinto, senza tuttavia fornirne solide spiegazioni scientifiche. Queste querelle scientifiche proseguirono per molti decenni e la scuola psicologica inglese fu combattuta sul piano ideologico dal comportamentismo, che vantava maggior scientificità.
Un altro autore che ha contribuito notevolmente ad una strutturazione scientifica dello studio del comportamento fu senz'altro Ivan Petrovič Pavlov. Pavlov, fisiologo russo fondatore della corrente psicologica della riflessologia, nonostante il suo contributo teorico al comportamentismo, mantenne sempre un atteggiamento critico nei confronti di quest'ultimo. Egli stesso accusò i comportamentisti "«di servirsi, in ricerche essenzialmente obiettive sul comportamento degli animali, di nozioni e di classificazioni psicologiche». In ogni caso, Pavlov fu determinante per lo sviluppo scientifico dell'etologia, poiché forni i metodi e le basi per un'analisi dei comportamenti correlati alla loro espressione fisiologica. Nei suoi studi sulla regolazione delle ghiandole digestive, Pavlov diede particolare attenzione al fenomeno della “secrezione psichica”: mediante l'uso di fistole notò infatti che facendo vedere ad un animale del cibo, tali ghiandole iniziavano il loro funzionamento, se lo stimolo visivo veniva tolto, esse cessavano la loro secrezione. Le ricerche di Pavlov sulla fisiologia della digestione lo portarono a definire una vera e propria scienza sul riflesso condizionato, detto anche condizionamento classico, o pavloviano. Il condizionamento classico si verifica quando uno stimolo neutro diventa un segnale per un evento che sta per verificarsi. Se viene a crearsi un'associazione tra i due eventi possiamo parlare di stimolo condizionato per il primo evento e stimolo incondizionato per il secondo.
Le discussioni insorte durante il secolo diciottesimo e sviluppatesi nel secolo diciannovesimo, proseguirono dunque ancora per buona parte del Novecento, almeno finché non iniziarono a sviluppare consistente interesse le pubblicazioni di uno zoologo austriaco: Konrad Lorenz. Lorenz chiarì molti degli aspetti che sino ad allora avevano generato confusione e discussioni (come il concetto di istinto, al quale conferì degna collocazione scientifica, anche grazie ai lavori svolti da Charles Otis Whitman e da Oscar Heinroth), e fondò, ipso facto, una nuova disciplina scientifica: l'etologia. Konrad Lorenz, raggruppò durante il Novecento tutta una serie di studiosi e ricercatori che con lui condividevano il nuovo approccio evoluzionistico dello studio del comportamento e, con i massimi esponenti (Karl von Frish e Nikolaas Tinbergen), condivise il premio Nobel nel 1973.
Il metodo induttivo (che parte tradizionalmente dall'osservazione di casi individuali e procede all'astrazione di leggi alle quali la somma dei casi dimostra di obbedire), e l'approccio oggettivista inaugurati dagli etologi di formazione biologico-naturalistica rappresentarono una svolta per la disciplina.
Uno dei contributi maggiori dell'etologia classica è sicuramente la chiarificazione del concetto di istinto e la sua esplicazione in ambito scientifico. Gli studi di Konrad Lorenz e gli approfondimenti svolti da Nikolaas Tinbergen hanno risolto buona parte dei problemi relativi al mancato decollo che la disciplina, sin ad allora, aveva sofferto. Seppur il concetto di istinto interessò gli studiosi già dal Settecento e, più sistematicamente dall'Ottocento (secolo scosso dalle rivelazioni darwiniane con le considerazioni d’illustri evoluzionisti quali George Romanes, Francis Galton e Conwy Lloyd Morgan), le spiegazioni offerte per tale fenomeno comportamentale continuavano a non soddisfare lo spirito scientifico, sempre più in evoluzione; infatti, ancora nel 1940 (quando il lavoro degli etologi classici era ancora poco noto), Bierens de Haan affermava «Noi osserviamo l’istinto ma non ne diamo una spiegazione», e questa difficoltà esplicativa fu proprio una delle cause del crollo del purposivismo. Invece, la grande sferzata data dall'etologia classica, riuscì a spiegare e a dimostrare la scientificità di questo concetto. Konrad Lorenz definiva l'istinto rifacendosi agli studi dei suoi maestri Charles Otis Whitman e Oskar Heinroth, che avevano descritto e studiato i movimenti istintivi "ritualizzati" del corteggiamento dei colombi e delle anatre, rispettivamente. Mentre Nikolaas Tinbergen, in modo molto semplice e chiaro, affermò che "il comportamento innato è un comportamento che non è stato modificato da processi di apprendimento".
Queste considerazioni, portano oggi a definire il comportamento innato come un comportamento che possiede il requisito dell'ereditarietà.
Etologia attuale
Oggi l'etologia mantiene generalmente gli obiettivi e i presupposti dell'etologia lorenziana, dove è interpretata come studio comparato del comportamento animale, secondo metodi e criteri sovrapponibili a quelli utilizzati in altre discipline delle scienze biologiche. Molte scienze collaborano al perseguimento di questi obiettivi dell'etologia, come la fisiologia, l'ecologia, la zoologia, le scienze sociali e la psicologia, e l'etologia stessa ha influenzato rispettivamente l’evoluzione di tali discipline.
Sviluppi contemporanei e attuali settori d'indagine
L'etologia ha sviluppato diverse diramazioni durante il suo consolidamento, avvenuto verso la fine del secolo scorso. L'allievo di Konrad Lorenz, Irenaus Eibl Eibensfeldt, fondò una branca dell'etologia (certamente a seguito degli impulsi ricevuti dal proprio maestro Lorenz), che definì "etologia umana". Eibensfeldt definisce l'etologia umana come biologia del comportamento umano e, in accordo con la sua origine dalla biologia, i suoi interessi si dispiegano nelle consuete direzioni principali della morfologia, dell'ecologia, della genetica, della biologia dello sviluppo e della fisiologia, sottolineando che l'etologo dell'uomo si domanda in qual modo il carattere considerato (comportamento), contribuisca al successo riproduttivo e, perciò, alla sopravvivenza dei geni. Un'altra diramazione dell'etologia, consolidatasi nel corso degli ultimi decenni è certamente l'ecoetologia, intesa come branca dell'etologia che focalizza i propri studi e ricerche nell'interazione tra animali e ambiente naturale, analizzando le interazioni tra specie, con particolare attenzione alla conservazione della biodiversità.
Tuttavia, verso la fine del Novecento, la pubblicazione di alcuni libri riguardanti i diritti degli animali ebbero grandi ripercussioni, sia in ambito politico che sociale. La nuova attenzione nei confronti dell'animale come essere senziente, influenzò notevolmente anche l'ambito scientifico ed aprì la strada, congiuntamente alle scienze psicologiche, ad un nuovo approccio nello studio del comportamento animale: quello cognitivo. Fu probabilmente la pubblicazione dei libri Animal machines, di Ruth Harrison e di The question of animal awareness: Evolutionary continuity of mental experience, più tardivo, da parte di Donald Griffin a dare inizio ad una nuova interpretazione nel significato di comportamento animale. Appare quindi nel tempo una diramazione dell'etologia classica definita "etologia cognitiva", secondo la quale è possibile adottare un approccio mentalistico nelle interpretazioni del comportamento animale, partendo dall'ammissione di un mondo interno capace di compiere processi di esperienza, riflessione, soluzione, prefigurazione, ricordo. Queste metodologie e gli assunti di base, tuttavia, attirano le critiche degli etologi più conservatori, più classicisti, i quali accusano gli etologi cognitivi di una certa tendenza a rinnegare il fiorente passato dell'etologia classica e di aderire a posizioni ideologiche talvolta diametralmente opposte al lavoro effettuato dall’etologia del Novecento. L'etologia ad approccio cognitivo, sembrerebbe attualmente attirare a sé le medesime critiche che la psicologia cognitiva generò intorno agli anni Ottanta, durante i quali molti psicologi finirono con lo sminuire la rilevanza teorica e metodologica del cognitivismo, arrivando fino a ritenerlo una continuazione, anche se in forma più sofisticata, del comportamentismo.
Parallelamente alle nuove indagini cognitive, ebbe dunque grande sviluppo il concetto di benessere animale, qui inteso secondo la definizione di Hughes (1976), come quello stato di equilibrio mentale e fisico che consente all'animale di essere in armonia con l'ambiente che lo circonda. Lo studio comparato del comportamento ha dunque fornito un enorme contributo soprattutto nella costituzione dell'etologia applicata agli animali domestici, che studia dunque il comportamento in relazione alle loro caratteristiche di specie sia a quelle dell'ambiente in cui l'uomo li alleva con riguardo, soprattutto, agli effetti sul comportamento dei diversi sistemi di allevamento e di gestione.
Occorre necessariamente sottolineare, tuttavia, che le diverse evoluzioni che l'etologia ha avuto nel corso degli ultimi quarant'anni hanno spinto alcuni autori ad accusare un notevole disinteresse generale nei confronti dei grandi contributi forniti dall'etologia classica. Il primatologo Frans de Waal, ad esempio, uno degli etologi contemporanei più autorevoli, fece notare "c'è sempre meno rispetto per Lorenz. Persino i suoi connazionali hanno cominciato a minimizzare i suoi contributi"; questo già nel 2001 (a soli dodici anni dalla scomparsa di Lorenz).
L'etologia in Italia
In Italia l'etologia è giunta in modo tardivo rispetto alla restante parte del mondo; per lo meno in fatto di pubblicazioni scientifiche, ma anche nelle pubblicazioni divulgative il termine stesso di etologia si rinviene in libri per il grande pubblico soltanto a partire dagli anni sessanta circa. Alcuni etologi si sono distinti dal punto di vista scientifico e hanno collaborato attivamente alla divulgazione di questa disciplina. Certamente, l'etologo più famoso è stato Danilo Mainardi, grazie anche alle sue innumerevoli presenze televisive e alla collaborazione con la nota trasmissione televisiva Quark. Mainardi, tuttavia, fu anche un appassionato ricercatore e si dedicò durante la sua carriera allo studio dell'evoluzione del comportamento sociale, in relazione ai ruoli parentali e alloparentali, e sessuale degli animali a partire dallo stadio infantile, dimostrando in particolare l'importanza dell'imprinting nel determinare le preferenze sessuali, sociali e alimentari dell'individuo. Analizzò inoltre gli aspetti comunicativi dei segnali infantili, il comportamento ludico-esplorativo, nonché gli effetti della socialità e dell'isolamento sullo sviluppo del comportamento aggressivo.
Storicamente, invece, tra i primi nomi noti dell'etologia spicca quello di Leo Pardi, che lasciò un'orma indelebile nel campo del comportamento sociale degli insetti e in quello dell'orientamento animale. Egli aveva visto per primo quei fenomeni - il comportamento di dominazione nella vespa Polistes gallicus e il movimento orientato del crostaceo anfipode Talitrus saltator (la cosiddetta "pulce di mare") - dalla cui analisi dovevano scaturire le scoperte che lo hanno reso celebre.
Altri nomi noti dell'etologia in ambito scientifico sono Giorgio Celli (per i contributi forniti all'ecologia degli agroecosistemi, interessandosi ai metodi di contenimento biologico delle popolazioni di insetti nocivi), e Enrico Alleva (al 1990 dirige il Reparto di Neuroscienze comportamentali all'Istituto superiore di sanità di Roma). Da ricordare inoltre Giorgio Punzo, Ettore Tibaldi e Roberto Marchesini (per i contributi forniti nell'interpretazione filosofica della psicologia animale).
Etologia: fondamenti e settori di indagine
La ricerca scientifica ha permesso nel tempo una classificazione delle manifestazioni comportamentali degli animali e dell'uomo; tali manifestazioni sono convenzionalmente raggruppate all'interno di sistemi che racchiudono il fine ultimo dell'organizzazione comportamentale. Indipendentemente dall'evidenza o meno che la matrice dello specifico comportamento studiato consenta un inequivocabile discernimento tra matrice innata o appresa, le sfere comportamentali oggi indagate sono:
Filogenesi, ontogenesi e actogenesi del comportamento;
Istinto;
Apprendimento;
Comportamenti sessuali;
Comportamenti riproduttivi;
Cure parentali;
Sviluppo comportamentale infantile e adolescenziale;
Organizzazione sociale;
Aggressività;
Rapporto col territorio;
Sistemi di comunicazione;
Cognizione ed emotività;
Stress e comportamento patologico;
Filogenesi dei comportamenti umani.
Filogenesi, ontogenesi e actogenesi del comportamento
Così come per le altre discipline biologiche, anche in etologia la ricerca è condotta seguendo un metodo di indagine attinente l'analisi del processo evolutivo dei viventi; tale approccio è alla base della strutturazione dell'etologia moderna. Fu Konrad Lorenz a portare in evidenza la necessità di considerare il comportamento al pari di qualsiasi altro organo o apparato dell'organismo e, di conseguenza, di condurre la ricerca scientifica seguendo i medesimi criteri. Nacque così il metodo comparato anche nello studio della psicologia animale e, da esso, i classici due settori di indagini, filogenesi e ontogenesi, ai quali si aggiunge un terzo settore, quello cioè dell'actogenesi (secondo Leyhausen).
L'origine filogenetica di un comportamento riguarda tutte quelle espressioni comportamentali per le quali è applicabile i concetti di omologia e analogia, così come sono applicati a tutti gli altri organi, considerando dunque con questo metodo la derivazione genetica comune e quella per convergenza evolutiva, consentendo di condurre una vera e propria comparazione tassonomica anche dal punto di vista etologico. Le espressione comportamentali filogeneticamente determinabili assumono la denominazione di comportamenti a coordinazione ereditaria o comportamenti filogeneticamente determinati (secondo Charles Otis Whitman e Oskar Heinroth).
Ontogeneticamente, invece, il comportamento si esprime attraverso le esperienze individuali del singolo individuo che trae informazioni sia dal suo genotipo, sia dall'ambiente in cui esso stesso vive e dal quale trae esperienza. All'interno dell'ontogenesi si strutturano i processi adattativi i quali, pur realizzando di fatto una programmazione di origine filogenetica caratterizzata da una variabilità limitata, consentono all'animale di discernere e immagazzinare le informazioni più rilevanti per la conservazione della propria sopravvivenza e, quindi, della specie.
Emerge un terzo settore di sviluppo del comportamento animale e dell'uomo messo in risalto dall'etologo Paul Leyhausen: l'actogenesi. Secondo l'etologo, ogni creatura, in ogni momento, possiede, oltre alla storia filogenetica e a quella ontogenetica, una propria particolare storia contingente, legata ad accadimenti casuali.
Istinto
Il concetto di istinto interessò gli studiosi già alla fine del diciannovesimo secolo — secolo scosso dalle rivelazioni darwiniane con le considerazioni d’illustri evoluzionisti, quali George Romanes (1848-1894), Francis Galton (1822-1911) e Conwy Lloyd Morgan (1852-1936) — e particolare interesse si sviluppò con l’avvento del ventesimo secolo. «Noi osserviamo l’istinto ma non ne diamo una spiegazione», scriveva ancora Bierens de Haan nel 1940. Quando si stava preparando la culla per la nascita dell’etologia classica Oscar Heinroth e Charles Otis Whitman ponevano le basi per una spiegazione scientifica dell’istinto, cercando di fornire quelle informazioni che i purposivisti non ritenevano utile dare.
Innanzi tutto, andava evidenziato che i comportamenti istintivi, che loro definivano come «azioni istintive specifiche» composte da «movimenti a coordinazione ereditaria», erano in grado di fornirci molte informazioni sull'evoluzione delle specie, esattamente al pari di qualsiasi altro organo o carattere morfologico. Il carattere ritualizzato che molti di essi dimostravano di possedere suggeriva, attraverso le varie modulazioni motorie, strette somiglianze con altre specie animali ed è quindi a questo punto che si scoprì l’eredita genetica del comportamento: ai tempi di de Haan o di McDaugall l’istinto era interpretato piuttosto come un qualcosa di arcano. La ritualizzazione poi era anche in grado di suggerire quale origine evolutiva avesse quel determinato comportamento e quali funzioni poteva potenzialmente svolgere prima di essere integrato in una armonica concatenazione di movimenti, finalizzata a generalizzare il messaggio da inviare. Konrad Lorenz in seguito descrisse molto dettagliatamente i comportamenti istintivi: li dimostrò attraverso numerosi esperimenti e collaborò strettamente con Niko Tinbergen, che conduceva imponenti studi di questo tipo e il cui spiccato e creativo ingegno permise di organizzare sperimentazioni dall’impeccabile strutturazione.
Lorenz non soltanto chiarì definitivamente il concetto di istinto, ma riuscì a spiegare anche che lo stesso apprendimento poggia su una potenzialità quantitativamente e qualitativamente stabilita dall’istinto, che dirige cioè l’animale verso una maggior costruzione ontogenetica derivante dall’esperienza soggettiva, oppure da una maggior dipendenza dalla matrice istintiva, ovvero innata.
Oggi raggruppiamo sotto l’aggettivo di istintivo, ovvero innato, ogni comportamento che si presenta nella sua completa forma funzionale già la prima volta che viene manifestato, senza che l’animale abbia avuto precedenti esperienze con quegli stimoli che innescano il comportamento o modo di osservarlo in altri conspecifici.
Anche per il comportamento innato sono stati condotti importati studi e molti risultati sono già stati ottenuti: adesso siamo in grado di sostenere con una certa sicurezza che i geni, composti appunto di DNA, dovrebbero contenere le informazioni necessarie per la costruzione filogenetica del comportamento e sappiamo, inoltre, che l’evoluzione modula l’espressione comportamentale attraverso la modificazione delle frequenze genetiche ad essa correlate.
Alcuni autori, tuttavia, mettono in guardia dal facile entusiasmo di un’interpretazione deterministica della genetica: sostengono che talvolta si cade nell'errore di ipotizzare l’esistenza di meccanismi genetici di controllo mediante i quali il comportamento di un individuo, essendo determinato al momento della fecondazione, non sarà flessibile.
Apprendimento
Il termine apprendimento, pur tenendo in considerazione la grande estensione che tale termine possiede in etologia e psicologia, è composto da una pluralità di meccanismi parziali, quali la recezione e l'immagazzinamento delle informazioni, cui l'individuo potrà fare ricorso per l'esecuzione di un'azione adeguata ( --> memoria) e che potranno anche essere trasmesse da una generazione all'altra.
L'apprendimento è la modificazione del comportamento indotta da predisposizioni interne innate, e regolate da fattori esterni, che ne realizzano l'espressione.
Una forma di apprendimento ancora parzialmente ereditario è quello indagato da Konrad Lorenz nelle sue ricerche sul campo sugli uccelli (famosissimo il suo lungo esperimento con l'ochetta Martina), cioè l'imprinting.
Le forme di apprendimento vero e proprio tuttavia sono più articolate, e presentano una maggior variabilità. Ecco allora che si hanno: apprendimento per prova ed errore, per imitazione, per assuefazione, per associazione (legato al condizionamento) e per intuito.
Apprendimento per prova ed errore. Consiste in una serie di prove che l'animale compie per raggiungere un certo scopo, ad esempio procurarsi il cibo. Gli individui più inesperti migliorano la loro strategia dopo ogni tentativo, evitando di compiere gli errori che non hanno portato risultati.
Apprendimento per imitazione. Tipico dei giovani che imparano osservando i genitori o altri adulti, ripetendo esattamente quanto hanno visto sino a diventare esperti a loro volta.
Apprendimento per assuefazione. Avviene quando, ad esempio, alcuni uccelli non si spaventano più alla vista dello spaventapasseri. Il vedere a lungo tale sagoma senza mai percepire nulla di pericoloso ne annulla l'effetto.
Apprendimento per associazione. A lungo studiato dal russo Pavlov, si ha quando due avvenimenti, non necessariamente collegati da un rapporto di causa-effetto, sono comunque uniti. Ad esempio un cane inizia a scodinzolare quando vede che il padrone prende il guinzaglio, segno che si sta per uscire.
Condizionamento. Quando un segnale viene associato ad una certa reazione dell'animale.
Apprendimento per intuito. Forma più alta di apprendimento, tipica degli animali superiori (e anche dell'uomo). In questo caso concorrono facoltà complesse, come osservare la situazione attuale, ricordare esperienze vissute, e verificare se le soluzioni già viste sono applicabili o se invece servono altre strategie.
Una delle modalità di apprendimento più importanti degli animali superiori è il gioco. in questo modo i cuccioli si preparano ad affrontare le situazioni tipiche della vita da adulti.
Corteggiamento
Il corteggiamento è una fase preparatoria all'accoppiamento, che permette agli individui di avvicinarsi e riconoscersi senza far scattare reazioni di difesa o aggressive, molto pericolose tra animali predatori. Ad esempio il corteggiamento è importante tra gli scorpioni o tra i ragni, dove la femmina deve essere convinta dal maschio che si avvicina senza intenzioni predatorie, altrimenti la reazione porterebbe, spesso, alla morte dello stesso maschio.
Il corteggiamento si differenzia da specie a specie, e comprende un insieme di segnali che possono essere:
Movimenti particolari che in alcuni casi diventano esercizi di abilità o vere e proprie danze.
Richiami sonori che possono arrivare a grandi distanze o essere dei canti. Si pensi al lentissimo Canto delle balene o al canto di molti passeriformi liberi o in cattività.
Colori vivaci assunti dalla pelle o dal piumaggio (livrea nuziale), in particolari momenti della vita o della stagione, come il piumaggio del pavone e dell'uccello del paradiso o il ventre rosso di un pesciolino tropicale molto diffuso negli acquari, il Betta splendens.
Sostanze chimiche disperse nell'aria, ed avvertibili a chilometri di distanza, i feromoni. Alcune femmine di farfalla emettono feromoni avvertibili a distanze enormi dai maschi della specie.
Talvolta la fase del corteggiamento è preceduta da lotte tra maschi che si contendono le poche femmine a disposizione o che vogliono avere più femmine nel loro harem, come le lotte tra cervi. Queste lotte non si concludono quasi mai con la morte dello sconfitto, ma solo col suo allontanamento.
Cure parentali
Le cure parentali sono l'insieme dei comportamenti che i genitori mettono in atto per difendere la loro prole sino al momento della loro autonomia.
Le specie che curano maggiormente la loro prole possono permettersi di avere un numero minore di figli, mentre le altre, per assicurare la sopravvivenza della specie, devono avere molti più figli o deporre moltissime uova.
Molti invertebrati, che depongono uova che si schiuderanno alla fine del loro ciclo vitale, non vedranno mai i loro discendenti, quindi il loro istinto li porta a cercare prima di tutto un luogo adatto e protetto per la schiusa e anche una fonte di cibo per le larve che usciranno dalle uova. Un genere di vespa, ad esempio, depone le sue uova all'interno di larve di coleotteri (o di altri insetti, anche adulti, oppure di ragni) dopo averli paralizzati col suo aculeo. Alla schiusa dell'uovo la larva di vespa si nutrirà del corpo ancora vivo ma immobilizzato del suo ospite.
Gli anfibi non curano i loro figli, quindi depongono molte uova, dalle quali escono piccoli già autosufficienti, i girini. In questo caso si parla di prole precoce.
I rettili solitamente non curano la prole, ma cercano solo luoghi sicuri per le uova.
Gli uccelli ed i mammiferi invece solitamente hanno un numero minore di figli o depongono meno uova perché curano a lungo i loro pulcini o i loro cuccioli, perché incapaci di badare a sé stessi. In questo caso si parla di prole inetta. Tra i mammiferi, quelli che hanno la prole meno autosufficiente alla nascita sono i predatori, carnivori, mentre invece i piccoli erbivori, pur avendo bisogno di cure, poche ore dopo il parto, sono già in grado di correre accanto agli adulti.
Organizzazione sociale
Questo è un aspetto che interessa moltissimo gli etologi, anche per le considerazioni possibili nel confronto con la società umana.
Prima di tutto occorre precisare che non tutti gli animali sono sociali, e diversi anzi conducono vita isolata, con l'unica eccezione del periodo dell'accoppiamento.
La vita sociale tuttavia è una tappa evolutiva vantaggiosa per l'individuo, che accetta, per suo vantaggio, anche alcune limitazioni.
Alcune forme organizzative sono temporanee, e non prevedono particolari ruoli all'interno del gruppo. I pipistrelli che dormono vicini, solo per condividere il calore, o le sardine che vivono in branchi di migliaia di individui per motivi di difesa sono un esempio di questa organizzazione elementare.
Un passo avanti a livello organizzativo è quello che avviene tra pecore, alci e topi. Questi animali solitamente formano gruppi famigliari, sempre più numerosi, con i piccoli che non si allontanano dai genitori.
Una vera società, organizzata con individui specializzati o con mansioni diverse, si ha con le api, le termiti, gli elefanti o i babbuini. In questi casi esiste anche una gerarchia all'interno del gruppo. Se tale gerarchia è rigida, cioè ogni individuo copre sempre lo stesso ruolo, si parla di società chiusa. Se invece il singolo individuo può modificare la sua posizione sociale, ad esempio dopo una lotta, si tratta di una società aperta.
Tipiche società chiuse sono quelle di api e termiti. Ogni membro ricopre lo stesso ruolo per tutta la vita: regina o coppia reale, operaia e soldato.
Società aperte invece sono quelle di elefanti o babbuini.
La società degli elefanti è di tipo matriarcale, cioè il capobranco è la femmina più anziana, o matriarca. Nella scala gerarchica poi seguono le femmine adulte, in ordine di età, poi i giovani, maschi e femmine, ed infine i cuccioli. I maschi adulti vivono isolati.
I babbuini invece hanno un maschio dominante, seguito dai maschi adulti e da alcune femmine, poi ci sono i maschi giovani e le altre femmine ed infine i piccoli.
Gerarchia
Nell'etologia lo studio delle gerarchie è molto importante. In essa gli individui vengono classificati come "alfa" se dominanti, "beta" se subordinati; raramente viene usato "omega" per indicare l'ultimo individuo di un branco in ordine gerarchico, quello subordinato a tutti gli altri. Molti indizi psicomotori e cinesici indicano lo status gerarchico di un individuo; in alcune specie di scoiattoli, l'individuo beta di fronte all'individuo alfa è facilmente identificabile dalla permanenza della coda rizzata. Nelle società, la gerarchia è identificabile dalla disposizione nel branco; ad esempio nei pinguini raggruppati per difendersi dal freddo, più al centro del gruppo sta un individuo e più alfa esso è, mentre quelli posti ai bordi esterni possono essere identificati come omega; stessa cosa per i banchi di pesci sotto attacco di predatori: al centro staranno gli individui alfa, i quali avranno così più probabilità di sopravvivere dato che i predatori mangiano a partire dall'esterno del banco. Le sigle gerarchiche non indicano status permanenti: ogni individuo è alfa o beta non in sé, ma sempre rispetto all'individuo cui si trova di fronte.
Rapporto col territorio
Lo spazio fisico nel quale un animale vive è fondamentale ed ogni animale ha un rapporto particolare col proprio territorio, che solitamente è lo stesso per tutta la vita. Anche le specie migratrici hanno la tendenza a ritornare sempre nei luoghi dai quali sono partite.
L'estensione del territorio varia in funzione di vari fattori. Un territorio individuale, solitamente, è più esteso di quanto sarebbe se fosse solo una parte di un territorio condiviso. Quindi due esemplari della stessa specie, se sono solitari, occupano una superficie maggiore di quella che sarebbe loro necessaria se vivessero condividendo (anche parzialmente) lo spazio. Inoltre una specie erbivora ha bisogno di meno spazio di una predatrice, e tra gli stessi predatori quelli apicali (come aquila o orso) hanno bisogno di un territorio maggiore rispetto ai predatori intermedi (come falco o lontra). Solitamente il territorio è difeso dal suo proprietario, e in caso di sconfinamenti si possono avere lotte che terminano solo quando l'invasore abbandona il campo.
Il confine del territorio è segnalato agli individui della stessa specie (non c'è quasi mai competizione tra individui di specie diverse, perché hanno anche abitudini alimentari diverse) con varie tipologie di marcature:
Marcature sonore - Come gli ululati del lupo e il gracidare della rana
Marcature visive - Come le parate nuziali di alcuni uccelli
Marcature olfattive - Utilizzate ad esempio dai cani, urinando attorno al loro spazio, o dal coniglio selvatico che strofina il mento sul terreno attorno alla sua tana.
Riproduzione
Tra gli animali il sesso riveste notevole importanza. Gli animali si differenziano dall'uomo per il fatto che il periodo delle attività sessuali è solitamente limitato ad un particolare periodo, durante il quale la femmina è feconda. Gli animali domestici, come cane e gatto, hanno un rapporto col sesso che tutti possiamo verificare con un po' di attenzione, anche se non sempre è facile vederne tutti gli aspetti. Nel cane, ad esempio, il sesso è anche una forma di supremazia di un esemplare su un altro, per confermare la gerarchia sociale (in questo caso sono frequenti i rapporti omosessuali).
Tra le scimmie Bonobo il sesso è una pratica sociale molto diffusa, anche in cattività, e le modalità sono tra le più simili a quella umana di tutto il mondo animale.
Comportamento patologico
Lo studio del comportamento patologico è stato enfatizzato più volte nel corso dello sviluppo dell'etologia, seppur un approccio ufficiale ancora oggi non sia ancora del tutto strutturato. Uno dei primissimi autori a fornire riflessioni sulla natura e sui probabili meccanismi responsabili dell'insorgenza di comportamenti patologici fu proprio Ivan P. Pavlov. Egli, a seguito delle condizioni sperimentali a cui erano sottoposti gli animali sperimentali, dichiarò di aver osservato forme indubbie di nevrosi sperimentali e affermò di averle curate, dichiarando di aver indotto negli animali qualcosa di simile a ciò che negli uomini veniva chiamato psicosi.
Anche se le osservazioni nei confronti dei comportamenti che si discostano dalla frazione ritenuta normale non mancano di comparire nella letteratura scientifica e in quella divulgativa, occorrerà attendere un certo assestamento dell'etologia classica, soprattutto con Konrad Lorenz, per ritrovare specifiche trattazioni e riflessioni sul concetto di patologico nel comportamento animale. Lorenz, nel suo libro L'Etologia fondamenti e metodi, affermò:
Un'attenzione particolare nei confronti della patologia del comportamento non è ancora ufficializzata dalle scienze etologiche e la catalogazione, lo studio dei meccanismi comportamentali e fisiologici e gli interventi a risoluzione di problematiche relative a comportamenti non salubri sono storicamente affrontati nello specifico dalla medicina veterinaria. Infatti, una delle prime trattazioni importanti in merito al concetto di patologia comportamentale degli animali è sicuramente l'enorme lavoro del veterinario anglo-americano M. W. Fox, con Abnormal Behaviour in Animals, 1968. Più tardi, lo studio dei comportamenti patologici viene affrontato anche da altre discipline, quali la psicologia; nel 1974, infatti, compare sulla rivista American Psychologyst un articolo intitolato Animal Clinical Psychology: a modest proposal: questa pubblicazione sarà interpretata come lo spunto per l’analisi e il trattamento dei disturbi comportamentali degli animali da compagnia. In questo articolo si proponeva un metodo di intervento basato sulle conoscenze e le tecniche della psicologia sperimentale e della psicologia dell’apprendimento, per ridurre e possibilmente eliminare tali problemi.
Negli ultimi anni lo studio dei comportamenti patologici con un approccio esclusivamente etologico inizia a formarsi soprattutto in Spagna e in poche pubblicazioni italiane.
Branche dell'etologia
Di seguito sono proposte le branche in cui è divisa l'etologia.
Etologia classica
L'etologia classica, che trova i suoi fondamenti nei pensieri di Lorenz e Tinbergen, è basata sull'analisi causale del comportamento animale e sulla suddivisione di questo in istinto ed apprendimento.
Ecologia comportamentale
L'ecologia comportamentale, o ecoetologia, è la branca dell'etologia che si propone di spiegare, con fondamenti ecologici ed evoluzionistici, in che modo i comportamenti garantiscono un migliore adattamento dell'animale nell'ambiente in cui vive, dunque una maggiore probabilità di sopravvivenza. Gli zoologi John R. Krebs e Nicholas B. Davies sono i massimi esperti dell'ecologia del comportamento animale.
Sociobiologia
La sociobiologia studia le relazioni intraspecifiche, ossia le interazioni sociali che avvengono tra animali appartenenti alla stessa specie, come ad esempio i branchi, il corteggiamento, le cure parentali. Padre fondatore della sociobiologia è Edward Osborne Wilson.
Percorso di formazione e attività lavorativa
Gli aspiranti etologi, generalmente, seguono un percorso accademico volto all'ottenimento di una laurea triennale in corsi attinenti le materie biologiche, in genere Scienze Naturali, Scienze biologiche o Medicina veterinaria, alla quale segue una laurea magistrale. A seconda del percorso formativo intrapreso, possono seguire approfondimenti attraverso la frequentazione di master universitari e/o corsi di specializzazione.
La formazione dell'etologo è, in ogni caso, volta a fornire elevate competenze in biologia, zoologia, sistematica, fisiologia, genetica, statistica, ecologia e psicologia, oltre naturalmente in discipline strettamente correlate al comportamento animale. L'etologo può intraprendere la carriera di ricercatore accedendo a concorsi di dottorato, massimo grado di istruzione universitaria ottenibile, volto a fornire conoscenze e competenze in ambito di ricerca scientifica.
L'etologo, dunque, può svolgere la propria professione o in ambito di ricerca, oppure come libero professionista, proponendo la sua attività nella comportamentale degli animali in ambiente controllato. Inoltre, egli può collaborare con enti pubblici e/o privati per la gestione della fauna locale e aliena.
Note
Bibliografia
Lorenz, K. (2011). L'etologia: fondamenti e metodi. Bollati Boringhieri.
Lorenz, K. (2008). L'aggressività (Vol. 22). Il saggiatore.
Lorenz, K., Stratta, S., & Valla, R. (1974). Evoluzione e modificazione del comportamento. P. Boringhieri.
Lorenz, K. (2014). E l'uomo incontrò il cane. Adelphi Edizioni spa.
Tinbergen, N., & Blum, I. (1994). Lo studio dell'istinto. Adelphi.
Tinbergen, N. (1963). On aims and methods of ethology. Ethology, 20(4), 410-433.
Leyhausen, P. (1994). Il Comportamiento dei gatti. Adelphi.
Eberhard Trumler, A tu per tu con il cane, Mondadori, 1973
Eibl-Eibesfeldt, I. (1995). I fondamenti dell'etologia: il comportamento degli animali e dell'uomo. Adelphi.
Eibl-Eibesfeldt, I. (2005). Etologia umana: le basi biologiche e culturali del comportamento. Bollati Boringhieri.
Boakes, R. A. (1986). Da Darwin al comportamentismo. Franco Angeli.
Mainardi, D. (Ed.). (1992). Dizionario di etologia. Einaudi.
Mainardi, D. (1968). La scelta sessuale nell'evoluzione della specie. Boringhieri.
Mainardi, D. (1965). Interazione tra preferenze sessuali delle femmine e predominanza sociale dei maschi nel determinismo della selezione sessuale nel topo (Mus Musculus). G. Bardi.
Mainardi, D., & Demma, M. (1988). L'etologia caso per caso. Giorgio Mondadori.
Pepperberg, I. M., & Pepperberg, I. M. (2009). The Alex studies: cognitive and communicative abilities of grey parrots. Harvard University Press.
McFarland, D. D. J. (1981). Oxford companion to animal behavior. Oxford University Press.
Carenzi, C., & Panzera, M. (2009). Etologia applicata e benessere animale.
Giulio, G. A. V. B. L. (1998). Fisiologia degli animali domestici con elementi di etologia. UTET, Torino.
Alcock, J., Monaci, C., & Nyhan, J. (1992). Etologia: un approccio evolutivo. Zanichelli.
Costa P. (2016). Etologia patologica: un approccio euristico alla modificazione patologica del comportamento animale. Aracne editore. ISBN 978-88-548-9311-5
Marcialis, M. T. (1982). Filosofia e psicologia animale: da Rorario a Leroy (p. 402). STEF.
Griffin, D. R. (1978). Prospects for a cognitive ethology. Behavioral and Brain Sciences, 1(4), 527-538.
Continenza, B., & Somenza, V. (1979). L'etologia. Loescher Editore.
Fox, M. W. (1968). Abnormal behavior in animals. Abnormal behavior in animals.
Houpt, K. A. (2000). Il comportamento degli animali domestici-Ed EMSI, terza edizione. Prima edizione italiana. Roma.
Hinde, R. (1980). Il comportamento degli animali, trad. it. Edagricole, Bolo.
Hinde, R. A. (1989). Individui, relazioni e cultura: un ponte fra etologia e scienze sociali. Giunti-Barbèra.
Caianiello, S. (2013). Marco Celentano. Konrad Lorenz e l'etologia contemporanea: L'eredità problematica di uno scienziato inattuale. 152 pp., apps., bibl., index. Milan: FrancoAngeli, 2011.€ 24.
Celli, G. (2008), Il gatto allo specchio, Morganti Editori. ISBN 88-95916-08-5
Danilo Mainardi, L'intelligenza degli animali, Cairo Publishing, 2009, ISBN 88-6052-215-3
Roberto Marchesini, Modelli cognitivi e comportamento animale, prefazione di Gianni Tadolini, Ed. EVA, 2011, ISBN 978-88-96028-58-2
Marchesini, R. (2008). Intelligenze plurime. Alberto Perdisa.
Voci correlate
Etologia umana
Etologia sociale umana
Ecologia comportamentale
Fogna del comportamento
Psicologia comparata
Riflesso condizionato
Sociobiologia
Zugunruhe
Altri progetti
Collegamenti esterni |
1756 | https://it.wikipedia.org/wiki/Eriprando%20Visconti | Eriprando Visconti |
Biografia
Infanzia
Figlio di Edoardo Visconti (Milano, 28 settembre 1908 – 4 ottobre 1980) (che era uno dei tanti figli di Giuseppe Visconti e di Carla Erba e dunque fratello di Luchino) e di Nicoletta Arrivabene-Valenti Gonzaga (San Polo, Brescia, 1º novembre 1906 – Rivalta sul Mincio, Mantova, 16 settembre 1986), è quindi a sua volta nipote di Luchino.
Matrimoni
Il 16 dicembre 1952, dall'unione con l'attrice di teatro e di televisione Fulvia Mammi, nasce il primogenito Guido, che si occuperà di musica. Eriprando, unitosi anni dopo in matrimonio con Francesca Patrizia Ruspoli (nata il 17 luglio 1940 e discendente di una grande famiglia aristocratica romana), avrà da lei due figli, Edoardo jr. (nato il 25 marzo 1970) e Ortensia (nata il 5 giugno 1972).
Carriera cinematografica
Ad appena 22 anni fece il suo esordio come assistente volontario del celebre zio nel film a episodi Siamo donne e recitò nel ruolo di Carlo Moretti nel film Terza liceo diretto nel 1954 da Luciano Emmer. Nel 1955 scrisse soggetto e sceneggiatura dell'opera prima di Francesco Maselli, Gli sbandati, per il quale collaborò anche come aiuto regista, mentre cinque anni dopo assistette Renato Castellani sul set del film Il brigante. Nel 1961 compì il suo esordio dietro la macchina da presa col delicato e intimista Una storia milanese, per il quale vinse il Premio della Critica alla Mostra del Cinema di Venezia. Durante gli anni sessanta si limitò a dirigere un documentario e tre originali per la televisione.
Rientrò sul grande schermo nel 1969 dirigendo quattro opere spettacolari e di notevole successo. Dal 1976 / 1977 in avanti, a partire dal celebre dittico La orca e Oedipus orca (che incontrò notevoli vicissitudini censorie) il suo cinema tenta di sviluppare temi più complessi, abbandonando il puro intreccio narrativo e privilegiando l'indagine psicologica dei personaggi. In particolare si segnala Una spirale di nebbia, del 1977, tratto dal romanzo di Michele Prisco, che è un'impietosa analisi della corruzione di certo mondo borghese. Nel film recitano attori famosi come Claude Jade, Marc Porel, Duilio Del Prete, Flavio Bucci, Eleonora Giorgi, Marina Berti e Stefano Satta Flores. Inoltre, appare per la seconda volta come attore occasionale nel film Caro Michele, diretto nel 1976 da Mario Monicelli.
Ultimi anni e morte
Dopo l'ultimo film da lui diretto, Malamore, del 1982, fu costretto a ritirarsi dal mondo del cinema per ragioni di salute.
Morì a soli 62 anni, di enfisema polmonare.
Filmografia
Film
Una storia milanese (1962)
La monaca di Monza (1969)
Michele Strogoff, corriere dello zar (1970)
Il vero e il falso (1972)
Il caso Pisciotta (1972)
La orca (1976)
Oedipus orca (1977)
Una spirale di nebbia (1977)
Malamore (1982)
Documentari
Una provincia italiana (1966)
La rivolta dei teenagers (1967)
Originali televisivi
Maternità (1967)
L'ospite segreto (1967)
Il bracconiere (1970)
Collaborazioni
Anna Magnani, episodio di Siamo donne, regia di Luchino Visconti (1953, assistente regista)
Terza liceo, regia di Luciano Emmer (1954, attore)
Gli sbandati, regia di Citto Maselli (1955, assistente regista, soggetto e sceneggiatura)
Il brigante, regia di Renato Castellani (1961, aiuto regista)
Caro Michele, regia di Mario Monicelli (1976, attore)
Bibliografia
Prandino, l'altro Visconti. Vita e film di Eriprando Visconti, regista milanese, a cura di Corrado Colombo e Mario Gerosa, Ed. Il Foglio, 2018,
Dizionario dei registi, di Pino Farinotti, SugarCo, Milano, 1993.
Dizionario Bolaffi dei registi italiani, Torino, 1979.
Pietro Bianchi (a cura di), Copioni cinematografici. Strogoff, IDPL, Milano, 1971.
Altri progetti
Collegamenti esterni
Eriprando
Registi televisivi italiani
Registi cinematografici italiani |
1759 | https://it.wikipedia.org/wiki/Europio | Europio | Leuropio è l'elemento chimico con numero atomico 63 e il suo simbolo è Eu.
Caratteristiche
L'europio è il più reattivo tra gli elementi delle terre rare. Si ossida rapidamente quando è esposto all'aria e reagisce in maniera simile al calcio in presenza di acqua. Come gli altri lantanoidi, esplode spontaneamente all'aria a temperature comprese tra i ed i 180 °C. Come il piombo è piuttosto tenero e abbastanza duttile.
Applicazioni
L'europio ha applicazioni commerciali e industriali nel campo del drogaggio di alcuni materiali vetrosi per la realizzazione di laser. Un suo possibile impiego nei reattori nucleari è oggetto di studio per la sua capacità di assorbire i neutroni.
L'ossido di europio, Eu2O3, era comunemente usato per produrre i fosfori rossi dei televisori e come attivatore dei fosfori a base di ittrio. Viene impiegato anche nella produzione di vetri fluorescenti.
Sali chirali di europio vengono usati nella risonanza magnetica nucleare per semplificare spettri in cui molti segnali risuonano in una regione stretta e affollata. In particolare il complesso Eu(hfc)3 viene utilizzato per discriminare gli enantiomeri di una molecola, poiché forma con essi dei composti diastereoisomerici i cui segnali NMR del 1H o del 13C risuoneranno a diverse frequenze. Inoltre i complessi dei lantanidi vengono utilizzati come agenti di contrasto nell'MRI grazie alle loro proprietà paramagnetiche.
Inoltre, in combinazione con altri elementi come il gallio, lo stronzio, lo zolfo, l'alluminio e il bario, viene impiegato negli inchiostri speciali anti-contraffazione usati sulle banconote dell'euro. La divulgazione di questo utilizzo è dovuta ai chimici olandesi Freek Suijver e Andries Meijerink che sottoposero ad analisi spettroscopica alcune banconote da 5 euro, non riuscendo comunque a scoprire l'esatta composizione di tali inchiostri che è tenuta segreta dalla BCE.
Gli ioni Eu3+, per quanto più stabili degli ioni Eu2+, e gli ioni Sm3+ sono gli unici ioni lantanidi ad avere stati elettronici eccitati accessibili anche a temperatura ambiente.
Fotoluminescenza
I composti lantanoidei in generale sono molto usati per applicazioni di fotoluminescenza, ovvero processi in cui la radiazione assorbita induce la formazione di uno stato eccitato che si disattiverà in parte emettendo radiazione, andando così a produrre fluorescenza o fosforescenza:
→ →
Gli stati eccitati a bassa energia per un lantanide sono quelli derivanti da transizioni intraconfigurazionali, ovvero dal cambio di valore dello stato di spin di un elettrone all'interno di una data configurazione elettronica.
Questi stati eccitati sono buoni emettitori poiché si disattivano per vie non-radiative meno facilmente rispetto agli stati elettronici eccitati, tuttavia l'assorbimento verso questi stati è proibito dalle regole di selezione di spin. per popolare questi stati, tipicamente in complessi anche di Eu3+, si utilizzano dei leganti che fungano da "antenna", ovvero assorbano la radiazione e, tramite un processo di energy transfer, popolano questi stati eccitati. il processo è noto come AETE, acronimo di Assorbimento Energy Transfer Emissione.
Un problema di questi stati eccitati intraconfigurazionali è il loro piccolo rispetto allo stato fondamentale elettronico: possono essere quenchati da moti vibrazionali del legame O-H del solvente. Si utilizza quindi D2O per sfavorire queste disattivazioni, in quanto con l'acqua deuterata servono dei quanti energetici più grandi per avere la stessa energia di uno stato elettronico anche se a bassa energia come quelli descritti, oppure si utilizzano complessi di Eu3+ con leganti criptandi che proteggono dal contatto col solvente e da eventuali collisioni disattivative che porterebbero a un calo della resa quantica di fluorescenza.
Storia
L'europio è stato dapprima osservato da Paul Émile Lecoq de Boisbaudran nel 1890 che osservò linee spettrali insolite non attribuibili né al samario né al gadolinio in campioni in cui questi due elementi erano stati concentrati, tuttavia la scoperta effettiva è attribuita a Eugène-Anatole Demarçay che ipotizzò nel 1896 che i campioni di samario fossero contaminati da un elemento ancora sconosciuto, che riuscì a isolare nel 1901.
La sintesi di europio metallico puro è avvenuta solo in tempi relativamente recenti.
Disponibilità
L'europio non si trova libero in natura, è però contenuto in diversi minerali, di cui i più importanti sono la bastnasite e la monazite.
Composti
Tra i composti dell'europio si annoverano i seguenti sali:
fluoruri: EuF2, EuF3
cloruri: EuCl2, EuCl3
bromuri: EuBr2, EuBr3
ioduri: EuI2, EuI3
ossidi: EuO, Eu2O3
solfuri: EuS
selenuri: EuSe
tellururi: EuTe
nitruri: EuN
Isotopi
L'europio in natura è una miscela di due isotopi naturali, 151Eu e 153Eu, con quest'ultimo leggermente più abbondante (52,2%). 153Eu e stabile, ma 151Eu è un emettitore alfa con un'emivita di anni, come scoperto nel 2007.
Sono noti 35 isotopi radioattivi, di cui i più stabili sono 150Eu (con un'emivita di 36,9 anni), 152Eu (13,516 anni) e 154Eu (8,593 anni). Tutti gli altri hanno un tempo di dimezzamento inferiore a 4,7612 anni e la maggior parte di essi inferiore a 12,2 secondi. L'europio ha anche 8 stati metastabili di cui i più stabili sono 150mEu (emivita di 12,8 ore), 152m1Eu (9,3116 ore) e 152m2Eu (96 minuti).
La principale modalità di decadimento degli isotopi più leggeri di 153Eu è la cattura elettronica con conversione in isotopi del samario, quelli più pesanti subiscono invece preferenzialmente un decadimento beta convertendosi in isotopi del gadolinio.
Precauzioni
La tossicità dei composti dell'europio non è stata indagata a fondo e quindi non vi sono chiare indicazioni che sia più tossico di altri metalli pesanti. La polvere del metallo può incendiarsi o provocare esplosioni.
L'europio possiede probabilmente anche un ruolo biologico ancora parzialmente ignoto. Recentemente ne sono state trovate tracce nei siti attivi di alcuni enzimi batterici.
Note
Bibliografia
Voci correlate
Lantanoidi
Altri progetti
Collegamenti esterni
Elementi chimici |
1760 | https://it.wikipedia.org/wiki/Eleonora%20Giorgi | Eleonora Giorgi | Sex-symbol degli anni settanta, ha vinto un David di Donatello nel 1982 per il film Borotalco.
Biografia
Nasce a Roma da una famiglia di origini inglesi (la nonna paterna era londinese) ed ungheresi (dal lato materno); è sorella di Lamberto Giorgi.
Carriera
Dopo essere apparsa nel film Roma, di Federico Fellini, debutta come attrice protagonista nel 1973 in Storia di una monaca di clausura, film del genere erotico, diretto da Domenico Paolella, dove recita con Catherine Spaak. L'anno successivo recita nel film erotico Appassionata, interpretato in coppia con Ornella Muti, dove interpreta il ruolo della minorenne seduttrice del dentista (Gabriele Ferzetti), genitore dell'amica. Nello stesso anno posa integralmente nuda per l'edizione italiana della rivista Playboy; nel 1974 presta la sua moto al collega e fidanzato Alessandro Momo, che alla sua guida muore in un incidente. Lavora anche per la radio nel 1976 alla trasmissione Il mattiniere.
Dopo alcuni film appartenenti alla commedia sexy italiana, inizia a ricoprire ruoli drammatici nei film L'Agnese va a morire (1976) di Giuliano Montaldo e Cuore di cane (1976) di Alberto Lattuada e Una spirale di nebbia (1977) del regista Eriprando Visconti; nel 1979 recita in Un uomo in ginocchio di Damiano Damiani e in Dimenticare Venezia di Franco Brusati, ma successivamente la sua carriera sarà caratterizzata dall'interpretazione di film commedia, spesso in coppia con famosi interpreti della commedia all'italiana degli anni ottanta come Renato Pozzetto (Mia moglie è una strega), Carlo Verdone (Borotalco, una delle sue interpretazioni di maggior successo presso il grande pubblico, premiata con un David di Donatello), Johnny Dorelli e Adriano Celentano con cui ha girato Mani di velluto (1979) e Grand Hotel Excelsior (1982).
Nel 1980 incide il brano Magic, per la colonna sonora del film Mia moglie è una strega, scritto da Detto Mariano, rimasto inedito su disco. Nel 1981 ha inciso un 45 giri scritto da Cristiano Malgioglio, Pino Presti e Corrado Castellari, Quale appuntamento/Messaggio Personale. Lavora nuovamente per la radio (1984-1986, Varietà, varietà) e per la televisione, partecipando a vari spettacoli e talk show, tra cui Un disco per l'estate nel 1983 e due edizioni di Sotto le stelle, nel 1984, e infatti su Canale 5 c'erano Sandra e Raimondo, con le repliche di Attenti a noi due, le due edizioni del 1982 e 1983, in veste di conduttrice. Inoltre, presso Canale 5 ci sono anche Corrado, Mike Bongiorno, Totò Cuffaro, Roberto Benigni e Marco Columbro. Sempre in questo decennio prende parte a numerosi film campioni d'incasso come Mani di fata di Steno (1983), Sapore di mare 2 - Un anno dopo, di Bruno Cortini (1983), Vediamoci chiaro, di Luciano Salce (1984), Giovanni Senzapensieri, di Marco Colli (1985), Il volpone, di Maurizio Ponzi (1988) e in particolare Compagni di scuola, nuovamente con Carlo Verdone (1988).
Negli anni novanta e duemila, la sua attività di attrice si è concentrata maggiormente in televisione, dove ha preso parte a diversi sceneggiati di successo come Morte di una strega, Lo zio d'America, I Cesaroni. Nel 2003 debutta nella regia cinematografica con Uomini & donne, amori & bugie. Nel 2008 esordisce come attrice teatrale nella commedia Fiore di cactus di Pierre Barillet e Jean-Pierre Grédy, per la regia di Guglielmo Ferro. Negli anni successivi è in scena con le commedie Due ragazzi irresistibili e Suoceri sull'orlo di una crisi di nervi. Nel 2009 dirige il suo secondo film, L'ultima estate, da lei anche prodotto insieme al secondo ex marito Massimo Ciavarro, sposato dopo il divorzio dall'editore Rizzoli.
Dopo diversi anni dall'ultima esperienza sul grande schermo, nel 2016 torna a recitare in due film: My Father Jack di Tonino Zangardi e Attesa e cambiamenti di Sergio Colabona, ed è protagonista di una puntata della serie televisiva poliziesca Don Matteo. Ha inoltre proseguito la sua attività di conduttrice radiofonica con Effetto Notte su Rai Radio Due affiancata da Riccardo Pandolfi. Nel 2018 partecipa come concorrente al programma televisivo Ballando con le stelle e alla terza edizione del Grande Fratello VIP, in cui viene eliminata nel corso della quinta puntata con il 36% dei voti. Dopo aver dichiarato di non essere interessata ai piccoli ruoli che il cinema riserva alle attrici della sua età, ha continuato a preferire il mezzo televisivo per mantenere il rapporto con il suo pubblico.
Vita privata
Nel 1974 l'attrice fu indagata per incauto affidamento, a causa della morte del fidanzato diciassettenne Alessandro Momo in un incidente in cui era alla guida della motocicletta Honda CB 750 Four, da lei prestatagli prima di partire per un viaggio, in quanto il giovane non era ancora abilitato alla guida di maximoto.
Nel 1979 Eleonora Giorgi sposò l'editore Angelo Rizzoli. Nel marzo 1980 nacque il figlio Andrea. I due divorziarono nel 1984, in seguito allo scandalo P2, a causa del quale Rizzoli venne arrestato. Il Tribunale di Milano attribuì alla Giorgi la metà dei proventi della vendita della quota di azioni Rizzoli del marito. Secondo quanto riportato nella sua biografia, Nei panni di un'altra, e in alcune interviste televisive, sul finire degli anni ottanta, la Giorgi ha preferito allontanarsi dal mondo del cinema a causa dei pesanti giudizi morali espressi da parte dell'opinione pubblica e di esponenti del grande schermo proprio in merito a tale vicenda, che ebbero pesanti ricadute a livello umano e professionale, precludendole di fatto ogni possibilità di ottenere ruoli cinematografici di rilievo, ma anche e soprattutto per dedicarsi alla sua vita privata lontano dai riflettori. Sempre nello stesso libro e in un'intervista con Pippo Baudo nella puntata del 2 ottobre 2016 di Domenica in, oltre ad aver reso pubblico un suo breve flirt con l'attore Warren Beatty nel 1982, ha dichiarato di aver avuto una grave dipendenza dall'eroina, iniziata nel 1974 dopo la morte del suo allora fidanzato Alessandro Momo, e di essere stata salvata proprio dal matrimonio con Rizzoli.
In un'intervista del 2021 al quotidiano la Verità rivelò di avere declinato la conduzione di Fantastico 3 e i ruoli di protagonista femminile in Gorky Park e Io, Chiara e lo Scuro, a beneficio rispettivamente di Joanna Pacuła e Giuliana De Sio.
Dopo la separazione da Angelo Rizzoli, la Giorgi si legò sentimentalmente all'attore Massimo Ciavarro, conosciuto sul set di Sapore di mare 2 e sposato nel 1993, con il quale nel 1991 ebbe il secondo figlio, Paolo Ciavarro.
Dopo il divorzio da Ciavarro, avvenuto nel 1996, è stata fidanzata fino al 2007 con il romanziere Andrea De Carlo.
Eleonora Giorgi è affetta da artrite reumatoide, esordita a 37 anni.
Filmografia
Attrice
Cinema
La tarantola dal ventre nero, regia di Paolo Cavara (1971) - non accreditata
Roma, regia di Federico Fellini (1972) - non accreditata
Number One, regia di Gianni Buffardi (1973) - non accreditata
Tutti per uno botte per tutti, regia di Bruno Corbucci (1973)
Storia di una monaca di clausura, regia di Domenico Paolella (1973)
Appassionata, regia di Gianluigi Calderone (1974)
Il bacio, regia di Mario Lanfranchi (1974)
Alla mia cara mamma nel giorno del suo compleanno, regia di Luciano Salce (1974)
La sbandata, regia di Salvatore Samperi (1974)
Conviene far bene l'amore, regia di Pasquale Festa Campanile (1975)
Cuore di cane, regia di Alberto Lattuada (1975)
Liberi armati pericolosi, regia di Romolo Guerrieri (1976)
L'Agnese va a morire, regia di Giuliano Montaldo (1976)
L'ultima volta, regia di Aldo Lado (1976)
Disposta a tutto, regia di Giorgio Stegani (1977)
Una spirale di nebbia, regia di Eriprando Visconti (1977)
Ça fait tilt, regia di André Hunebelle (1978)
Suggestionata, regia di Alfredo Rizzo (1978)
6000 km di paura, regia di Bitto Albertini (1978)
Non sparate sui bambini, regia di Gianni Crea (1978)
Dimenticare Venezia, regia di Franco Brusati (1979)
Un uomo in ginocchio, regia di Damiano Damiani (1979)
Mani di velluto, regia di Castellano e Pipolo (1979)
Inferno, regia di Dario Argento (1980)
Mia moglie è una strega, regia di Castellano e Pipolo (1980)
Nudo di donna, regia di Nino Manfredi (1981)
Borotalco, regia di Carlo Verdone (1982)
Oltre la porta, regia di Liliana Cavani (1982)
Grand Hotel Excelsior, regia di Castellano e Pipolo (1982)
Mani di fata, regia di Steno (1983)
Sapore di mare 2 - Un anno dopo, regia di Bruno Cortini (1983)
Vediamoci chiaro, regia di Luciano Salce (1984)
Giovanni Senzapensieri, regia di Marco Colli (1986)
Il volpone, regia di Maurizio Ponzi (1988)
Compagni di scuola, regia di Carlo Verdone (1988)
SoloMetro, regia di Marco Cucurnia (2007)
Carlo!, regia di Fabio Ferzetti e Gianfranco Giagni (2012) - documentario
My Father Jack, regia di Tonino Zangardi (2016)
Attesa e cambiamenti, regia di Sergio Colabona (2016)
La mia famiglia a soqquadro, regia di Max Nardari (2017)
Televisione
Castigo – miniserie TV (1977)
Notti e nebbie – miniserie TV (1984)
Yesterday - Vacanze al mare – miniserie TV (1985)
Atto d'amore – film TV (1986)
Lo scialo – miniserie TV (1987)
Festa di Capodanno – miniserie TV (1988)
Addio e ritorno – film TV (1995)
Morte di una strega – miniserie TV (1995)
Uno di noi – serie TV, episodio 1x04 (1996)
Mamma, mi si è depresso papà – film TV (1996)
Lo zio d'America – serie TV (2002-2006)
Provaci ancora prof! – serie TV, episodio 2x04 (2007)
I Cesaroni – serie TV (2009)
Don Matteo – serie TV, episodio 10x19 (2016)
Cortometraggi
The Paolella Connection, regia di Eugenio Ercolani – documentario (2016)
Regista e sceneggiatrice
Uomini & donne, amori & bugie (2003)
L'ultima estate (2009)
Produttrice
Agente matrimoniale, regia di Christian Bisceglia (2006)
L'ultima estate, regia di Eleonora Giorgi (2009)
Teatro
Fiore di cactus, di Pierre Barillet e Jean-Pierre Grédy, con Remo Girone (poi sostituito da Franco Castellano), Giorgia Trasselli e Donatella Pompadour, adattamento e regia di Guglielmo Ferro (2008-2010)
Suoceri sull'orlo di una crisi di nervi, di Mario Scaletta, con Gianfranco D'Angelo, Ninì Salerno e Paola Tedesco, regia di Giovanni De Feudis (2011)
Due ragazzi irresistibili, di Mario Scaletta, con Gianfranco D'Angelo, regia di Giovanni De Feudis (2011/2012)
Programmi televisivi
Saint Vincent Estate 1983 (Rete 1, 1983)
Sotto le stelle (Rai 1, 1984)
Ballando con le stelle 13 (Rai 1, 2018) - Concorrente
Grande Fratello VIP 3 (Canale 5, 2018) - Concorrente
Live - Non è la D'Urso (Canale 5, 2019-2021) - Opinionista
Back to School (Italia 1, 2022) - Concorrente
Affari tuoi - Formato famiglia (Rai 1, 2022) - Ospite
Il cantante mascherato 3 (Rai 1, 2022) - Concorrente
Riconoscimenti
David di Donatello
1982 – Migliore attrice protagonista per Borotalco
Nastro d'argento
1982 – Migliore attrice protagonista per Borotalco
2004 – Candidatura al miglior regista esordiente per Uomini & donne, amori & bugie
Giffoni Film Festival
1996 – Premio "François Truffaut" alla carriera
Grolla d'oro
1982 – Miglior attrice per Nudo di donna
Montreal World Film Festival
1982 – Miglior interpretazione femminile per Borotalco
Taormina Film Fest
1974 – Arancia d'oro alla miglior attrice esordiente
Doppiatrici italiane
Nelle versioni in italiano dei film in cui non si è autodoppiata né ha recitato in presa diretta, Eleonora Giorgi è stata doppiata da:
Micaela Esdra in Storia di una monaca di clausura,Il bacio, La sbandata
Manuela Andrei in Alla mia cara mamma nel giorno del suo compleanno, Cuore di cane
Vittoria Febbi in Liberi armati pericolosi, Disposta a tutto
Serena Verdirosi in Appassionata
Radio
Il mattiniere (Rai Radio 2, 1976)
Varietà, varietà (Rai Radio 1, 1984-1986)
Effetto notte - Il cinema come non l'avete mai sentito (Rai Radio 2, 2015-2017)
Discografia
Singoli
1981 – Quale appuntamento/Messaggio Personale (Message Personnel) (Dischi Ricordi, SRL 10945, 7'')
Colonne sonore
1980 – Magic (musica di Detto Mariano, testo di Eleonora Giorgi, Castellano e Pipolo), tratta da Mia moglie è una strega
Note
Bibliografia
Altri progetti
Collegamenti esterni
David di Donatello per la migliore attrice protagonista
David di Donatello nel 1982
Nastri d'argento alla migliore attrice protagonista
Italo-britannici
Attori cinematografici italiani
Attori televisivi italiani
Attori teatrali italiani
Registi cinematografici italiani
Produttori cinematografici italiani
Concorrenti di Ballando con le stelle |
1765 | https://it.wikipedia.org/wiki/Economia%20monetaria | Economia monetaria | L'economia monetaria è il ramo dell'economia politica che studia le determinanti della domanda e dell'offerta di moneta e le loro conseguenze sull'economia reale.
La necessità di regolare gli scambi senza ricorrere al baratto, in sistemi economici complessi, ha portato l'umanità ad adottare come mezzo di scambio nelle attività commerciali uno strumento facile da produrre, trasferire, misurare e conservare, il denaro appunto in tutte le sue varie forme, che è pertanto un mezzo di scambio e funziona come unità di conto e come strumento di risparmio.
La funzione di mezzo di scambio del denaro è frutto della specializzazione delle attività produttive che rende problematico il baratto e rende necessario il reperimento di risorse per finanziare l'attività produttiva. L'adozione di unità di conto, d'altra parte, permette di sistematizzare le valutazioni economiche all'interno di una struttura sociale. La disponibilità di strumenti di tesaurizzazione, infine, permette di svincolare i tempi della domanda e dell'offerta di beni e servizi in funzione delle caratteristiche anche temporali degli stessi.
In un'economia monetaria dove c'è un bene, la moneta o denaro, universalmente accettato negli scambi, le transazioni sono veloci e poco costose.
Storia della moneta
Dal punto di vista storico, la moneta ha assunto prima la caratteristica di moneta merce (conchiglie, schiavi, oli, animali, metalli preziosi, ect…) essa poteva risultare con l'ampliarsi degli scambi:
Di scarsa maneggevolezza (olio)
Di rapida deperibilità (es. animali)
Con elevati costi di trasporto
L'evoluzione successiva avvenne con l'invenzione della moneta metallica coniata dallo Stato, che consentiva:
Presenza di valore intrinseco universale dovuto all'uso di metalli preziosi (oro, argento e rame)
Valore garantito istituzionalmente dallo Stato
Facilità e velocità delle transazioni commerciali
Nel 1700-1800, con l'avvento delle banconote e del sistema aureo (gold standard) gran parte della moneta in circolazione divenne cartacea e priva, direttamente, di valore intrinseco. Tuttavia, le banche centrali continuavano a detenere riserve auree in modo tale da poter garantire la convertibilità del denaro in oro.
Il sistema aureo fu duramente scosso dalla crisi del 1929, che costrinse molti stati a sospendere la convertibilità in oro della propria moneta. Nei decenni successivi il denaro di tutti gli stati divenne totalmente privo di valore intrinseco, completando il passaggio a un sistema monetario a corso legale.
La moneta segno si distingue attualmente in:
Moneta legale: emessa dalla banca centrale, con immediato potere liberatorio nei rapporti di debito-credito tra le parti dello scambio;
Moneta fiduciaria: accettata come contropartita nelle transazioni solo sulla base di un presupposto di fiducia tra le parti (per es. assegni, carte di credito, ect…)
Sistema monetario e finanziario
Parallelamente all'affermazione di un'economia monetaria, si assiste all'instaurazione di sistemi per il credito, il cambio, sistemi cioè che hanno il denaro non come mezzo dell'attività economica, ma come oggetto della stessa.. Diventando il denaro stesso, quindi, bene sul quale realizzare servizi, rimane anch'esso assoggettato alle normali leggi economiche della domanda e dell'offerta. Il controllo del suo valore, tipicamente a carico delle Banche centrali, richiede l'adozione di una politica monetaria che, regolando la quantità di moneta ed i tassi d'interesse, permette di regolare la parità con le altre valute e la stabilità dei prezzi della moneta stessa. L'obiettivo dell'economia monetaria è razionalizzare i fenomeni che si verificano nel campo economico.
Il sistema finanziario è un sistema di operatori come le autorità monetarie, il settore pubblico, le famiglie, le imprese, l'estero che interagiscono tra loro attraverso lo scambio di flussi finanziari. attivi o passivi. I flussi finanziari attivi appartengono a chi eroga i finanziamenti, mentre i flussi finanziari passivi appartengono a coloro che ricevono i finanziamenti. L'obbligazione è al contempo un titolo di credito e debito, e un aumento del valore aumenta la dissociazione tra creditore e debitore, sviluppa il sistema finanziario, ma oltre un certo livello può destabilizzare il sistema finanziario stesso.
Le categorie che creano il risparmio sono principalmente le famiglie e le imprese che ottengono profitti, mentre gli investitori, cioè coloro che impiegano il risparmio, sono principalmente le imprese. Le due categorie sono collegate tra loro da intermediari finanziari (ruolo rivestito principalmente dalle banche che tendono a diminuire in numero in quanto le maggiori dimensioni consentono maggiori economie di scala e ad aumentare gli sportelli per essere più vicini ai clienti) o dal mercato. Nei sistemi finanziari in cui prevalgono le grandi imprese ci si orienta prevalentemente verso il mercato, infatti, le imprese più grandi possono finanziarsi anche con l'emissione di prestiti obbligazionari o quotandosi in borsa, pratica preclusa alle aziende di medie-piccole dimensioni. Oltre alle banche costituiscono intermediari finanziari anche i fondi comuni di investimento che investendo in obbligazioni e/o in azioni promuovono lo sviluppo del mercato. Nei mercati finanziari sono presenti titoli pubblici, emessi prevalentemente dagli Stati e dagli Enti Sovranazionali, e titoli privati, emessi principalmente dalle banche. I titoli pubblici sono meno rischiosi di quelli privati in quanto mentre i privati possono essere insolventi, lo Stato al massimo monetizza il proprio debito causando inflazione.
La ricchezza è uno stock caratterizzato dall'insieme di attività reali e finanziarie. La ricchezza reale è visibile ed è sempre positiva o al massimo uguale a zero. La ricchezza finanziaria netta esprime la differenza tra attività finanziarie e passività finanziarie e può anche essere negativa. I soggetti titolari di una ricchezza finanziaria netta positiva sono denominati creditori netti, mentre i soggetti titolari di una ricchezza finanziaria netta negativa sono denominati debitori netti. I soggetti titolari di una ricchezza finanziaria netta uguale a zero sono gli operatori in pareggio. Il sistema finanziario consente agli operatori di non essere in pareggio. Il reddito di un operatore è uguale alla sommatoria tra i propri consumi e il proprio risparmio. Le scelte di portafoglio sono le scelte che l'operatore fa per allocare il proprio risparmio e dipendono dalle aspettative sulle singole opzioni. Le attività reali sono uno stock di ricchezza netta. La sommatoria delle attività e passività finanziarie di tutti gli operatori presenti sul mercato globale o su un mercato chiuso è uguale a zero. Essendo il reddito meno i consumi e gli investimenti uguale alla ricchezza finanziaria netta e alle esportazioni meno le importazioni (partite correnti di uno Stato); Ne consegue che se le partite correnti sono maggiori di zero (surplus) anche la ricchezza finanziaria netta sarà maggiore di zero. Se le partite correnti sono uguali a zero saranno uguali a zero anche la sommatoria delle partite correnti degli altri Stati. Se le partite correnti sono inferiori a zero, lo Stato è in deficit in quanto le importazioni sono in valore superiori alle esportazioni. La bilancia dei pagamenti è un conto di scambio intestato ai non residenti. Le attività finanziarie verso l'esterno sono uguali alle passività finanziarie dei non residenti verso di noi e viceversa; quindi la ricchezza finanziaria netta di un paese è uguale a meno la ricchezza finanziaria netta del Resto del Mondo. Il sistema finanziario svolge l'importante ruolo di consentire agli operatori scambi in squilibrio. Il flusso esprime la variabile nel corso del tempo. La moneta ed il credito si basano sulla fiducia che gli operatori del sistema economico hanno sul sistema economico stesso. Un'azienda o un paese possono finanziarsi aumentando il risparmio (autofinanziamento), riducendo le attività finanziarie attive (autofinanziamento) o aumentando le passività finanziarie (finanziamento esterno). La costituzione di una moneta sovranazionale può consentire, ai cittadini degli Stati che hanno aderito all'accordo di rinunciare alla propria sovranità monetaria, di ridurre la rischiosità del cambio.
La moneta moderna esprime solo un valore nominale, non ha un valore intrinseco ed è un debito dello Stato che la emette. Rinunciare alla sovranità nazionale di politica monetaria significa rinunciare alla possibilità di emettere moneta. La Banca Centrale di uno Stato o di più Stati (ad esempio la Banca Centrale Europea) è la più importante autorità monetaria ed ha la funzione di emettere moneta. Tuttavia, anche il Ministero del Tesoro che finanzia il deficit pubblico con l'emissione di debito pubblico influenza l'autorità monetaria. L'obiettivo principale che deve essere garantito da un'autorità monetaria è la stabilità dei prezzi e quindi un basso livello di inflazione dei prezzi (nel medio periodo un'inflazione del 2% è il valore ideale per la Banca Centrale Europea). All'aumentare dell'importanza di una moneta nel contesto economico internazionale aumenta la possibilità per l'autorita monetaria del paese che la emette di incrementare il signoraggio (differenza tra il costo di produzione della moneta in oggetto e il valore nominale impresso nella moneta stessa) internazionale. L'autorità deve prendere in seria considerazione ogni incremento di emissione di moneta, infatti un forte incremento di moneta a parità di beni e servizi disponibili sul mercato determina un forte incremento dei prezzi, ne consegue una forte aspettativa negativa degli operatori esteri sul potere di acquisto della moneta stessa, tenteranno quindi di utilizzarla prima possibile nella regolazione degli scambi con conseguente annullamento del signoraggio internazionale.
Nei paesi in cui la propria moneta ha un ruolo preminente a livello internazionale i residenti sono avvantaggiati dal fatto che molto probabilmente regolerà gli scambi internazionali con la propria moneta e quindi avrà rischio di cambio nullo. L'autorita monetaria gestisce oltre all'emissione di moneta, il livello di tasso di interesse da applicare nell'area di sua competenza, le riserve ufficiali e quindi la politica del cambio, i controlli sul sistema finanziario (banche, fondi comuni di investimento, la concorrenza sul mercato bancario al fine di evitare trust...). La Banca Centrale persegue l'obiettivo principale di garantire la stabilità dei prezzi attraverso, l'utilizzo appropriato degli aggregati monetari ed il controllo dei movimenti attesi dei prezzi. La Banca Centrale raggiunge il proprio obiettivo attraverso operazioni dirette (ad esempio emissione di moneta), operazioni che influenzano il comportamento degli attori sul mercato (ad esempio variazioni nel tasso ufficiale di sconto) oppure variando il valore della riserva obbligatoria (% dei depositi che le banche devono obbligatoriamente allocare in liquidità).
Note
Voci correlate
Economia
Finanza
Diritto
Sistema di scambio non monetario
Moneta
Demurrage (moneta)
Politica monetaria
Altri progetti
Collegamenti esterni |
1766 | https://it.wikipedia.org/wiki/Eurafrasia | Eurafrasia | LEurafrasia o Afro-Eurasia (anche chiamato Vecchio Mondo o Continente antico poiché in esso ci sono le più antiche testimonianze dell'esistenza dell'uomo e perché fu la culla della civiltà umana) è uno dei due attuali supercontinenti della Terra (l'altro è l'America). In particolare è il più grande e il più popoloso, contenendo infatti l'85% circa della popolazione mondiale.
Inoltre fino al 1492 questi tre continenti erano considerati dagli europei, dagli asiatici e dagli africani, gli unici presenti su tutta la superficie terrestre. Il termine è in contrapposizione con il nuovo continente, che è composto dall'America, con il nuovissimo continente, composto dall'Oceania, e con il continente recente, ovvero l'Antartide. Convenzionalmente viene suddiviso, all'altezza del canale di Suez, in Eurasia ed Africa; l'Eurasia è a sua volta suddivisa in Europa e Asia.
Il corpo afroeurasiatico principale (escludendo quindi le strutture insulari da esso separate, come l'arcipelago britannico, il Giappone, il Madagascar e l'arcipelago Malese) è stato classicamente definito con il toponimo di Isola Mondiale (traduzione in italiano dall'inglese World Island) dal geografo Halford John Mackinder.
Note
Geografia dell'Europa
Asia
Storia naturale dell'Africa
Storia naturale dell'Europa
Storia naturale dell'Asia
Geografia dell'Africa
Geografia dell'Asia
Africa
Europa
Supercontinenti |
1767 | https://it.wikipedia.org/wiki/Elia%20Kazan | Elia Kazan | Definito dal New York Times come «uno dei registi più onorati e influenti nella storia di Broadway e di Hollywood», è legato a film entrati nella storia del cinema come Un tram che si chiama Desiderio (1951), Fronte del porto (1954) e La valle dell'Eden (1955), oltre che a pellicole spesso incentrate su temi impegnati e questioni sociali quali l'antisemitismo (Barriera invisibile, 1947), il razzismo (Pinky, la negra bianca, 1949) e i disturbi psichiatrici (Splendore nell'erba, 1961).
Nella sua carriera ha ricevuto oltre 30 riconoscimenti per la regia, tra cui due Oscar per Barriera invisibile e Fronte del porto, quattro Golden Globe, due Leoni d'argento e tre Tony Award, oltre all'Oscar onorario e all'Orso d'oro alla carriera.
È il padre del regista, sceneggiatore e produttore Nicholas Kazan e nonno delle attrici Zoe e Maya Kazan.
Biografia
Kazan nacque nell'Impero ottomano da una famiglia di origine greca, composta da George Kazancıoğlu e Athena Shishmanoğlu, che quattro anni dopo la sua nascita si trasferì negli Stati Uniti d'America. Il regista ha lo stesso nome del nonno paterno, Elia Kazancıoğlu, mentre il nonno materno si chiama Isaak Shishmanoğlu. Il fratello Avraam, invece, nacque a Berlino e divenne psichiatra.
Carriera
Convinto sostenitore del Metodo Stanislavskij, due volte Premio Oscar per la regia, come uomo di teatro diresse tutte le commedie di Arthur Miller e Tennessee Williams. Nel 1947 (il suo esordio nel cinema risale alla fine degli anni trenta) fondò assieme a Cheryl Crawford e Lee Strasberg l'Actors Studio a New York; grazie a lui ebbero la loro consacrazione nello star system attori come Gregory Peck, James Dean e Marlon Brando, lanciato nel firmamento hollywoodiano dai film di Kazan Un tram che si chiama Desiderio (1951) e Fronte del porto (1954).
La sua filmografia comprende anche Un albero cresce a Brooklyn (1945), Barriera invisibile (1947), La valle dell'Eden (1955), Baby Doll - La bambola viva (1956, con una Carroll Baker che avrebbe fatto epoca), Un volto nella folla (1957), Splendore nell'erba (1961), Il ribelle dell'Anatolia (1963), Il compromesso (1969), I visitatori (1972), Gli ultimi fuochi (1976).
I film di Elia Kazan nel periodo compreso tra il 1945 e il 1952 hanno spesso classici temi progressisti, molto di sinistra per l'America di quegli anni: il razzismo (Pinky, Barriera invisibile), la rivoluzione (Viva Zapata!), il garantismo (Boomerang - L'arma che uccide), la lotta sociale e l'immigrazione (Un albero cresce a Brooklyn), l'arroganza dei ricchi (Il mare d'erba), le situazioni di disagio, sfruttamento della forza lavoro e l'oppressione del più debole (Fronte del porto) oppure sono trasposizioni cinematografiche di grandi drammi e romanzi americani (Un tram che si chiama desiderio) ed eleganti noir.
Tuttavia i temi sociali lasceranno in seguito (eccetto l'attenzione al problema dell'immigrazione negli Stati Uniti) il posto alla trasposizione cinematografica di novità letterarie e per il genere noir. Tra tutti i registi dell'epoca, Kazan spicca per il numero di artisti da lui lanciati o utilizzati prima che diventassero famosissimi, come ad esempio Marlon Brando, James Dean e molti altri importanti attori dell'Actors Studio che aveva contribuito a far crescere.
Kazan e il maccartismo
Nel 1952 entrò in rotta di collisione con molti colleghi registi e attori per la sua collaborazione al cosiddetto comitato McCarthy. Elia Kazan, nonostante avesse avuto un passato da simpatizzante comunista, fece numerosi nomi (undici dei quali erano attori o registi di primo piano, tra cui alcuni dei suoi più stretti collaboratori), inclusi quelli di persone che non erano mai state comuniste, ma che avevano partecipato a movimenti di sinistra in modo molto generico: i nomi finirono nella lista nera di Hollywood e alcuni di essi ebbero la carriera distrutta oppure notevolmente rallentata.
Scritto durante questo periodo, Fronte del porto è interpretabile anche come una sorta di difesa del regista dall'accusa di tradimento; il protagonista è infatti una sorta di pentito di mafia, che si redime confessando le sue e le altrui malefatte. Va però rilevato che Kazan iniziò a lavorare a questo film - che tratta una vicenda del 1948 - nel 1951, mentre il suo "tradimento" dei compagni avvenne nel 1952.
Nel 1999, durante la 71ª edizione degli Oscar, venne premiato dall'Academy con il riconoscimento alla carriera. Durante la cerimonia di consegna della statuetta, non tutti gli artisti in platea - memori della sua partecipazione al comitato McCarthy - si alzarono ad applaudire l'anziano regista; tra gli altri, Ed Harris e Nick Nolte rimasero seduti a braccia conserte.
Vita privata
Nel 1932 sposò la drammaturga Molly Day Thatcher da cui ebbe quattro figli: Judy, Chris, Nicholas e Katherine. Rimasero insieme fino alla morte di lei, avvenuta il 14 dicembre 1963 per un'emorragia cerebrale. Nel 1967 si risposò con l'attrice e regista Barbara Loden, da cui ebbe un figlio. La Loden morì nel 1980 per un cancro al seno e nel 1982 Kazan si sposò per la terza volta con la scrittrice Frances Rudge, che rimase con il regista fino alla morte di quest'ultimo avvenuta per cause naturali nel 2003.
Filmografia
Regista
Un albero cresce a Brooklyn (A Tree Grows in Brooklyn) (1945)
Il mare d'erba (The Sea of Grass) (1947)
Boomerang - L'arma che uccide (Boomerang!) (1947)
Barriera invisibile (Gentleman's Agreement) (1947)
Pinky, la negra bianca (Pinky) (1949)
Bandiera gialla (Panic in the Streets) (1950)
Un tram che si chiama Desiderio (A Streetcar Named Desire) (1951)
Viva Zapata! (Viva Zapata!) (1952)
Salto mortale (Man on a Tightrope) (1953)
Fronte del porto (On the Waterfront) (1954)
La valle dell'Eden (East of Eden) (1955)
Baby Doll - La bambola viva (Baby Doll) (1956)
Un volto nella folla (A Face in the Crowd) (1957)
Fango sulle stelle (Wild River) (1960)
Splendore nell'erba (Splendor in the Grass) (1961)
Il ribelle dell'Anatolia (America, America) (1963)
Il compromesso (The Arrangement) (1969)
I visitatori (The Visitors) (1972)
Gli ultimi fuochi (The Last Tycoon) (1976)
Produttore
Pie in the Sky, regia di Ralph Steiner (1935) – Cortometraggio
La valle dell'Eden (East of Eden), regia di Elia Kazan (1955)
Baby Doll - La bambola viva (Baby Doll), regia di Elia Kazan (1956)
Un volto nella folla (A Face in the Crowd), regia di Elia Kazan (1957)
Fango sulle stelle (Wild River), regia di Elia Kazan (1960)
Splendore nell'erba (Splendor in the Grass), regia di Elia Kazan (1961)
Il ribelle dell'Anatolia (America, America), regia di Elia Kazan (1963)
Il compromesso (The Arrangement), regia di Elia Kazan (1969)
Sceneggiatore
Blues in the Night, regia di Anatole Litvak (1941)
Barriera invisibile (Gentleman's Agreement), regia di Elia Kazan (1947)
Pinky, la negra bianca (Pinky), regia di Elia Kazan (1949)
Il ribelle dell'Anatolia (America, America), regia di Elia Kazan (1963)
Il compromesso (The Arrangement), regia di Elia Kazan (1969)
Attore
Cafe Universal, regia di Ralph Steiner (1934)
Pie in the Sky, regia di Ralph Steiner (1935) – Cortometraggio
La città del peccato (City for Conquest), regia di Anatole Litvak (1940)
Blues in the Night, regia di Anatole Litvak (1941)
Bandiera gialla (Panic in the Streets), regia di Elia Kazan (1950)
Sis, regia di Zülfü Livaneli (1988)
Teatro
Regista
The Young Go First – Park Theatre, Broadway, New York (1935)
Casey Jones – Fulton Theatre, Broadway, New York (1938)
Thunder Rock – Mansfield Theatre, Broadway, New York (1939)
Cafe Crown – Cort Theatre, Broadway, New York (1942)
The Strings, My Lord, Are False – Royale Theatre, Broadway, New York (1942)
La famiglia Antrobus (The Skin of Our Teeth) – Plymouth Theatre, Broadway, New York (1942-1943)
Harriet – Henry Miller's Theatre, Broadway, New York (1943-1944)
One Touch of Venus – Imperial Theatre/46th Street Theatre, Broadway, New York (1943-1945)
Harriet – City Center, Broadway, New York (1944)
Jacobowsky and the Colonel – Martin Beck Theatre, Broadway, New York (1944-1945)
Deep Are the Roots – Fulton Theatre, Broadway, New York (1945-1946)
Dunnigan's Daughter – John Golden Theatre, Broadway, New York (1945)
Erano tutti miei figli (All My Sons) – Coronet Theatre, Broadway, New York (1947)
Un tram che si chiama Desiderio (A Streetcar named Desire) – Ethel Barrymore Theatre, Broadway, New York (1947-1949)
Sundown Beach – Belasco Theatre, Broadway, New York (1948)
Un tram che si chiama Desiderio (A Streetcar named Desire) – Harris Theater, Chicago (1948)
Love Life – 46th Street Theatre, Broadway, New York (1948-1949)
Un tram che si chiama Desiderio (A Streetcar named Desire) – Hanna Theatre, Cleveland (1949)
Morte di un commesso viaggiatore (Death of a Salesman) – Morosco Theatre, Broadway, New York (1949-1950)
Un tram che si chiama Desiderio (A Streetcar named Desire) – City Center, Broadway, New York (1950)
Flight Into Egypt – Music Box Theatre, Broadway, New York (1952)
Camino Real – National Theatre, Broadway, New York (1953)
Tea and Sympathy – Ethel Barrymore Theatre/Longacre Theatre/48th Street Theatre, Broadway, New York (1953-1955)
La gatta sul tetto che scotta (Cat on a Hot Tin Roof) – Morosco Theatre, Broadway, New York (1955-1956)
La gatta sul tetto che scotta (Cat on a Hot Tin Roof) – Hanna Theatre, Cleveland (1957)
The Dark at the Top of the Stairs – Music Box Theatre, Broadway, New York (1957-1959)
J.B. – ANTA Playhouse, Broadway, New York (1958-1959)
J.B. – Hanna Theatre, Cleveland (1959)
La dolce ala della giovinezza (Sweet Bird of Youth) – Martin Beck Theatre, Broadway, New York (1959-1960)
But For Whom Charlie – ANTA Washington Square Theatre, Broadway, New York (1964)
The Changeling – ANTA Washington Square Theatre, New York (1964)
After The Fall – ANTA Washington Square Theatre, Broadway, New York (1964-1965)
Attore
Chrysalis – Martin Beck Theatre, Broadway, New York (1932)
Men in White – Broadhurst Theatre, Broadway, New York (1933-1934)
Gold Eagle Guy – Morosco Theatre, Broadway, New York (1934-1935)
Till the Day I Die – Longacre Theatre, Broadway, New York (1935)
Waiting for Lefty – Longacre Theatre/Belasco Theatre, Broadway, New York (1935)
Paradise Lost – Longacre Theatre, Broadway, New York (1935-1936)
Waiting for Lefty – Selwyn Theater, Chicago (1936)
Case of Clyde Griffiths – Ethel Barrymore Theatre, Broadway, New York (1936)
Johnny Johnson – 44th Street Theatre, Broadway, New York (1936-1937)
Golden Boy – Belasco Theatre, Broadway, New York (1937-1938)
The Gentle People – Belasco Theatre, Broadway, New York (1939)
Night Music – Broadhurst Theatre, Broadway, New York (1940)
Liliom – 44th Street Theatre, Broadway, New York (1940)
Five Alarm Waltz – Playhouse Theatre, Broadway, New York (1941)
Produttore
Truckline Cafe – Belasco Theatre, Broadway, New York (1946)
Erano tutti miei figli (All My Sons) – Coronet Theatre, Broadway, New York (1947)
The Dark at the Top of the Stairs – Music Box Theatre, Broadway, New York (1957-1959)
Con l'Actors Studio
Sundown Beach – Belasco Theatre, Broadway, New York (1948)
The Shadow of a Gunman – Bijou Theatre, Broadway, New York (1958-1959)
Strano interludio (Strange Interlude) – Hudson Theatre/Martin Beck Theatre, Broadway, New York (1963)
Marathon '33 – ANTA Playhouse, Broadway, New York (1963-1964)
Baby Want a Kiss – Little Theatre, Broadway, New York (1964)
Blues for Mister Charlie – ANTA Playhouse, Broadway, New York (1964)
Tre sorelle (Tri sestry) – Morosco Theatre, Broadway, New York (1964)
Con il Lincoln Center Repertory Theatre
Marco Millions – ANTA Washington Square Theatre, Broadway, New York (1964)
But For Whom Charlie – ANTA Washington Square Theatre, Broadway, New York (1964)
The Changeling – ANTA Washington Square Theatre, New York (1964)
After The Fall – ANTA Washington Square Theatre, Broadway, New York (1964-1965)
Incidente a Vichy (Incident at Vichy) – ANTA Washington Square Theatre, Broadway, New York (1964-1965)
Il Tartuffo (Tartuffe ou l'Imposteur) – ANTA Washington Square Theatre, Broadway, New York (1965)
Pubblicazioni
America America, di E. Kazan (1962, Popular Library, NY), 2011, Mattioli 1885, Fidenza (PR), traduzione di Nicola Manuppelli – ISBN 9788862612210
Il compromesso (The Arrangement: A Novel), di E. Kazan (1967, Stein and Day, NY), 2012, Mattioli 1885, Fidenza (PR), traduzione di Ettore Capriolo – ISBN 9788862613064
Gli assassini (The Assassins), di E. Kazan (1972, Stein and Day, NY), 2019, Centauria, Milano, traduzione di Ettore Capriolo – ISBN 9780812814279
The Understudy, di E. Kazan (1975, Stein and Day, NY) – OCLC 9666336
A Kazan Reader, di E. Kazan (1977, Stein and Day, NY) – ISBN 9780812821932
Acts of Love, di E. Kazan (1978, Warner Book, NY) – ISBN 9780246111005
The Anatolian, di E. Kazan (1982, Knopf Doubleday Publishing Group, NY) – ISBN 9780394525600
Elia Kazan: A Life, di E. Kazan (1988, Knopf Doubleday Publishing Group, NY) – ISBN 9780307959348
Beyond the Aegean, di E. Kazan (1994, Knopf Doubleday Publishing Group, NY) – ISBN 9780307807328
The Master Director Discusses His Films, di E. Kazan & Jeff Young (1999, Newmarket Press, NY) – ISBN 9781557043382
Kazan on Directing, di E. Kazan (2009, Knopf Doubleday Publishing Group, NY) – ISBN 9780307264770
Onorificenze
Riconoscimenti
Nel 1960 gli è stata assegnata una stella sulla Hollywood Walk of Fame al 6800 di Hollywood Blvd per il suo contributo all'industria cinematografica. È inoltre membro della American Theater Hall of Fame.
Cinema
Premio Oscar
1948 – Miglior regista per Barriera invisibile
1952 – Candidatura per il miglior regista per Un tram che si chiama Desiderio
1955 – Miglior regista per Fronte del porto
1956 – Candidatura per il miglior regista per La valle dell'Eden
1964 – Candidatura per il miglior film per Il ribelle dell'Anatolia
1964 – Candidatura per il miglior regista per Il ribelle dell'Anatolia
1964 – Candidatura per la migliore sceneggiatura originale per Il ribelle dell'Anatolia
1999 – Premio Oscar alla carriera
Golden Globe
1948 – Miglior regista per Barriera invisibile
1955 – Miglior regista per Fronte del porto
1957 – Miglior regista per Baby Doll – La bambola viva
1964 – Miglior regista per Il ribelle dell'Anatolia
British Academy of Film and Television Arts
1953 – Candidatura per il miglior film internazionale per Un tram che si chiama Desiderio
1953 – Candidatura per il miglior film internazionale per Viva Zapata!
1955 – Candidatura per il miglior film internazionale per Fronte del porto
1956 – Candidatura per il miglior film internazionale per La valle dell'Eden
1957 – Candidatura per il miglior film internazionale per Baby Doll – La bambola viva
Festival di Cannes
1947 – Candidatura al Grand Prix du Festival per Boomerang – L'arma che uccide
1952 – Candidatura al Grand Prix du Festival per Viva Zapata!
1955 – Prix du film dramatique per La valle dell'Eden
1955 – Candidatura alla Palma d'oro per La valle dell'Eden
1972 – Candidatura alla Palma d'oro per I visitatori
Mostra internazionale d'arte cinematografica di Venezia
1948 – Candidatura al Gran Premio Internazionale di Venezia per il miglior film per Barriera invisibile
1950 – Premio Internazionale per Bandiera gialla
1950 – Candidatura al Leone d'oro per Bandiera gialla
1951 – Leone d'argento - Gran premio della giuria per Un tram che si chiama Desiderio
1951 – Candidatura al Leone d'oro per Un tram che si chiama Desiderio
1954 – Leone d'argento per Fronte del porto
1954 – Premio Pasinetti per Fronte del porto
1954 – Premio OCIC per Fronte del porto
1954 – Candidatura al Leone d'oro per Fronte del porto
Festival internazionale del cinema di Berlino
1953 – Premio Speciale del Senato di Berlino per Salto mortale
1960 – Candidatura all'Orso d'oro per Fango sulle stelle
1996 – Orso d'oro alla carriera
New York Film Critics Circle Awards
1947 – Miglior regista per Barriera invisibile
1951 – Miglior regista per Un tram che si chiama Desiderio
1954 – Miglior regista per Fronte del porto
1956 – Candidatura per il miglior regista per Baby Doll – La bambola viva
Directors Guild of America Award
1952 – Candidatura per il miglior regista cinematografico per Un tram che si chiama Desiderio
1953 – Candidatura per il miglior regista cinematografico per Viva Zapata!
1955 – Miglior regista cinematografico per Fronte del porto
1956 – Candidatura per il miglior regista cinematografico per La valle dell'Eden
1958 – Candidatura per il miglior regista cinematografico per Un volto nella folla
1962 – Candidatura per il miglior regista cinematografico per Splendore nell'erba
1964 – Candidatura per il miglior regista cinematografico per Il ribelle dell'Anatolia
1983 – Premio per il membro onorario
1987 – Premio D.W. Griffith alla carriera
Laurel Awards
1961 – Candidatura per il miglior regista/produttore
1962 – Candidatura per il miglior regista/produttore
1967 – Candidatura per il miglior regista/produttore
1971 – Candidatura per il miglior regista/produttore
National Board of Review of Motion Pictures Awards
1947 – Miglior regista per Boomerang – L'arma che uccide e Barriera invisibile
1996 – Premio alla carriera nella regia
Premio Bodil
1955 – Miglior film statunitense per Fronte del porto
1958 – Miglior film statunitense per La valle dell'Eden
Nastro d'argento
1955 – Miglior film straniero per Fronte del porto
Blue Ribbon Awards
1956 – Miglior film straniero per La valle dell'Eden
Kinema Junpo Awards
1956 – Miglior film straniero per La valle dell'Eden
Faro Island Film Festival
1957 – Candidatura al Golden Train Award per il miglior film per Un volto nella folla
Cinema Writers Circle Awards
1959 – Miglior regista straniero per La valle dell'Eden
Writers Guild of America Award
1964 – Candidatura per la migliore sceneggiatura drammatica per Il ribelle dell'Anatolia
Festival internazionale del cinema di San Sebastián
1964 – Concha de Oro per Il ribelle dell'Anatolia
Sant Jordi Awards
1965 – Miglior film straniero per Il ribelle dell'Anatolia
Kennedy Center Honors
1983 – Premio Kennedy
International Istanbul Film Festival
1997 – Premio alla carriera
Festival del cinema di Stoccolma
1997 – Premio alla carriera
Teatro
Tony Award
1947 – Miglior regista di un'opera teatrale per Erano tutti miei figli
1949 – Miglior regista di un'opera teatrale per Morte di un commesso viaggiatore
1956 – Candidatura per il miglior regista di un'opera teatrale per La gatta sul tetto che scotta
1958 – Candidatura per la migliore opera teatrale per The Dark at the Top of the Stairs
1958 – Candidatura per il miglior regista di un'opera teatrale per The Dark at the Top of the Stairs
1959 – Miglior regista di un'opera teatrale per J.B.
1960 – Candidatura per il miglior regista di un'opera teatrale per La dolce ala della giovinezza
Note
Bibliografia
Voci correlate
Actors Studio
Celebrità della Hollywood Walk of Fame
Altri progetti
Collegamenti esterni
Golden Globe per il miglior regista
Orso d'oro alla carriera
Grecoamericani
Registi teatrali statunitensi
Registi cinematografici statunitensi
Anticomunisti statunitensi |
1769 | https://it.wikipedia.org/wiki/Expo%201998 | Expo 1998 | LExpo '98 è stata l'Esposizione specializzata svoltasi a Lisbona dal 22 maggio al 30 settembre del 1998, il cui tema è stato Oceani: un'eredità per il futuro.
La zona scelta per ospitare la mostra è stata la parte orientale della città vicino al fiume Tago.
Sono stati costruiti diversi padiglioni che poi sono restati a servizio degli abitanti e dei turisti in quello che ora si chiama Parque das Nações (Parco delle Nazioni), in cui si trova l'Oceanario formato da 5 ambienti marini differenti e popolato da numerose specie di pesci e mammiferi marini) e un complesso di reti di trasporto come metropolitana e stazioni ferroviarie.
La Expo '98 ha avuto circa 11 milioni di visitatori. Il suo successo è dovuto anche alle numerose attività culturali, per esempio i suoi circa 5000 eventi musicali ne hanno fatto il più grande festival musicale della storia dell'umanità. L'esposizione ha rivoluzionato dal punto di vista architettonico questa parte della città modificando anche le abitudini dei portoghesi.
Tema
Il tema dell'Esposizione internazionale di Lisbona '98 fu Oceani: un'eredità per il futuro. Tale scelta venne effettuata per poter discutere riguardo al ruolo che gli oceani hanno nel mondo di oggi e su come le risorse del mare possano contribuire al meglio allo sviluppo sostenibile del Pianeta, per riflettere sulla distruzione degli habitat oceanici ricchi di vita e ricchi di risorse e per ragionare sull'importanza del mare nell'equilibrio della Natura.
Il termine eredità venne scelto per esprimere un doppio concetto. Da un lato quello riguardante le ricchezze fisiche e culturali del mare, dall'altro la necessità della conservazione dell'ambiente oceanico. Quest'ultimo aspetto aveva come fine la nascita di un senso di responsabilità nel visitatore, che potesse riflettere su come poter lasciare intatto alle future generazioni un bene così importante.
All'interno del tema principale fu possibile quindi individuare alcuni sottotemi, quali:
La conoscenza dei Mari, le risorse degli Oceani
Gli oceani e l'equilibrio del Pianeta
Gli oceani e il tempo libero
Gli oceani come fonte di ispirazione artistica
Sito
La zona scelta per ospitare la Expo '98 fu a est della città, sulla riva del fiume Tago, e venne poi rinominata Parque das Nações (Parco delle Nazioni). L'area ospitò tutti i padiglioni dei Paesi espositori, quelli tematici, un acquario, un padiglione multifunzionale (Pavilhão Atlântico), il padiglione portoghese, la Torre Vasco de Gama e la Gare do Oriente opera dell'architetto Santiago Calatrava.
Partecipanti
All'Esposizione internazionale di Lisbona '98 parteciparono in totale 146 nazioni, numerose associazioni internazionali (Lega Araba, Unione europea, Croce Rossa Internazionale, Nazioni Unite...), alcune organizzazioni portoghesi e un certo numero di aziende (tra cui Sony, Swatch, Portugal Telecom, TAP Portugal...).
Immagine della Expo
Logo
Il logo della Expo '98 simboleggia il mare e il sole. È stato disegnato da Augusto Tavares Dias che ha vinto un concorso a cui parteciparono 1288 proposte.
Mascotte
La mascotte della Expo di Lisbona si chiamava Gil e fu disegnata dal pittore António Modesto e dallo scultore Artur Moreira. Il loro personaggio, il cui nome viene dal navigatore portoghese Gil Eanes, superò la selezione fra 309 proposte.
Galleria d'immagini
Voci correlate
Esposizioni riconosciute dal BIE
Lista delle esposizioni universali
Altri progetti
Collegamenti esterni
Esposizioni internazionali
Storia di Lisbona
Eventi a Lisbona |
1770 | https://it.wikipedia.org/wiki/Elettrone | Elettrone | L'elettrone è una particella subatomica con carica elettrica negativa che si ritiene essere una particella elementare.
Insieme ai protoni e ai neutroni, è un componente dell'atomo e, sebbene contribuisca alla sua massa totale per meno dello 0,06%, ne caratterizza sensibilmente la natura e ne determina le proprietà chimiche: il legame chimico covalente si forma in seguito alla redistribuzione della densità elettronica tra due o più atomi. Il moto dell'elettrone genera un campo magnetico, mentre la variazione della sua energia e della sua accelerazione causano l'emissione di fotoni; è inoltre responsabile della conduzione della corrente elettrica e del calore.
La maggior parte degli elettroni presenti nell'universo è stata prodotta dal Big Bang, ma possono essere generati anche dal decadimento beta degli isotopi radioattivi e in collisioni ad alta energia, mentre possono essere annichilati dalla collisione con i positroni o assorbiti in un processo di nucleosintesi stellare.
L'avvento dell'elettronica e il relativo sviluppo dell'informatica hanno reso l'elettrone protagonista dello sviluppo tecnologico del ventesimo secolo. Le sue proprietà vengono sfruttate in svariate applicazioni, come i tubi a raggi catodici, i microscopi elettronici, la radioterapia e il laser.
Storia
Origine del termine
I termini "elettricità, "elettrico" derivano dalla parola greca ήλεκτρον (pronuncia èlectron), il cui significato è ambra. Tale nome è storicamente dovuto al fatto che l'ambra ebbe un ruolo fondamentale nella scoperta dei fenomeni elettrici: in particolare a partire dal VII secolo a.C. gli antichi Greci erano a conoscenza del fatto che strofinando un oggetto di ambra o ebanite con un panno di lana, l'oggetto in questione acquisiva la capacità di attirare a sé corpuscoli leggeri, quali ad esempio granelli di polvere. Queste evidenze sperimentali vennero riprese nel XVI secolo da William Gilbert, che individuò numerose sostanze, tra cui il diamante e lo zolfo, che presentavano lo stesso comportamento dell'ambra. Egli diede il nome di "forza elettrica" alla forza che attirava i corpuscoli, e chiamò "elettrizzati" i materiali che manifestavano tale proprietà.
Gli studi sull'elettricità e sul magnetismo furono continuati in epoca moderna fra gli altri da Benjamin Franklin e Michael Faraday, e in questo periodo nel contesto dell'atomismo fu avanzata l'idea che anche l'elettricità potesse essere costituita da piccoli corpuscoli indivisibili. L'idea di una quantità fondamentale di carica elettrica fu introdotta dal filosofo Richard Laming nel 1838 per spiegare le proprietà chimiche dell'atomo.
Nel 1874 il fisico irlandese George Stoney introdusse il concetto di "unità di carica fondamentale". Nel 1891 ne stimò il valore e coniò il termine "elettrone" per riferirsi a tali "unità" (dalla combinazione del termine "elettrico" e del suffisso -one, che sarà utilizzato anche successivamente per designare altre particelle subatomiche, come il protone o il neutrone), scrivendo:
La scoperta
Le prime prove sperimentali dell'esistenza di questa particella si ebbero nel 1860, quando il fisico e chimico inglese Sir William Crookes effettuò esperimenti con il tubo di Geissler, inserendovi due lamine metalliche e collegandole a un generatore di corrente continua a elevato potenziale (circa ). Durante tale esperimento, Crookes si accorse che si generava una luce avente una colorazione differente a seconda del gas utilizzato. Tale emissione luminosa aveva origine dal catodo (polo negativo) e fluiva verso l'anodo (polo positivo).
In seguito all'esperienza di Crookes, anche il fisico tedesco Johann Wilhelm Hittorf nel 1869, mentre si stava dedicando ad uno studio sulla conduttività elettrica dei gas, evidenziò un bagliore emesso dal catodo e verificò che aumentava in intensità con il decrescere della pressione del gas. Nel 1876 il fisico tedesco Eugen Goldstein mostrò che i raggi di tale bagliore proiettano un'ombra e li chiamò "raggi catodici". Durante gli anni settanta del XIX secolo, Crookes sviluppò il primo tubo catodico con un vuoto spinto all'interno, dimostrando che i raggi luminescenti che appaiono all'interno del tubo trasportano energia e si muovono dal catodo all'anodo. Inoltre, applicando un campo magnetico, fu in grado di deflettere i raggi, dimostrando che il fascio si comporta come se fosse carico negativamente. Nel 1879, Crookes avanzò l'idea che queste proprietà potessero essere spiegate da quella che denominò "materia radiante" e suggerì che si doveva trattare di un nuovo stato della materia, consistente di molecole cariche negativamente che sono espulse ad alta velocità dal catodo.
Il fisico inglese di origini tedesche Arthur Schuster proseguì gli esperimenti di Crookes posizionando delle piastre metalliche parallele ai raggi catodici e applicando un potenziale elettrico fra loro. Il campo deflesse i raggi verso la piastra carica positivamente, confermando che i raggi trasportano carica negativa. Misurando l'ammontare della deflessione per una data intensità di corrente elettrica, nel 1890 Schuster fu in grado di stimare il rapporto fra la massa e la carica dei componenti dei raggi catodici. Tuttavia, tale stima fu ritenuta poco attendibile dai suoi contemporanei poiché risultò migliaia di volte superiore alle attese.
Negli ultimi anni dell'Ottocento numerosi fisici sostennero la possibilità che l'elettricità fosse costituita da unità discrete, alle quali vennero conferiti vari nomi, ma delle quali non vi fu alcuna prova sperimentale convincente. Nel 1896, il fisico britannico J. J. Thomson, con i suoi colleghi John S. Townsend e H. A. Wilson, svolsero una serie di esperimenti che dimostrarono che i raggi catodici erano costituiti da singole particelle, piuttosto che onde, atomi o molecole come si riteneva in precedenza. Thomson stimò in maniera accurata la carica e la massa, trovando che le particelle dei raggi catodici, che lui chiamò "corpuscoli", avevano probabilmente una massa migliaia di volte inferiore a quella dell'idrogenione (H+), lo ione più leggero che si conoscesse a quel tempo. Thomson mostrò come il rapporto carica/massa (e/m), uguale a , fosse indipendente dal materiale del catodo. Inoltre mostrò come le particelle cariche negativamente prodotte dai materiali radioattivi, dai materiali riscaldati e dai raggi catodici fossero riconducibili tutte alla stessa entità.
Il nome "elettrone" fu nuovamente proposto per identificare tali particelle dal fisico irlandese George FitzGerald e da allora il nome venne universalmente accettato.
Mentre studiava i minerali naturalmente fluorescenti nel 1896, il fisico francese Henri Becquerel scoprì che essi emettono radiazione senza l'intervento di una sorgente di energia esterna. Tali materiali radioattivi divennero argomento di grande interesse da parte degli scienziati, fra cui anche il fisico neozelandese Ernest Rutherford, il quale scoprì che emettevano particelle, da lui chiamate particelle alfa e beta, sulla base della loro capacità di penetrare la materia. Nel 1900, Becquerel mostrò che i raggi beta emessi dal radio potevano essere deflessi da un campo elettrico e che il loro rapporto massa-carica era lo stesso dei raggi catodici. Tale evidenza sperimentale suggeriva che gli elettroni esistevano come componenti degli atomi.
La carica degli elettroni fu misurata con maggiore precisione dal fisici americani Robert Millikan e Harvey Fletcher nel loro esperimento della goccia d'olio del 1909, i cui risultati furono pubblicati nel 1911. In tale esperimento venne usato un campo elettrico per frenare la caduta, dovuta alla gravità, di una goccia d'olio elettricamente carica. Grazie a tale apparato strumentale, fu possibile misurare la carica elettrica prodotta da pochi ioni (tra 1 e 150) con un margine di errore inferiore allo 0,3%. Si ottenne un valore pari a e fu quindi possibile stimare che la massa dell'elettrone dovesse valere . Un simile esperimento era stato condotto in precedenza dal gruppo di Thomson, usando nubi di gocce di acqua cariche generate tramite l'elettrolisi, e nel 1911 da Abram Ioffe, che ottenne in maniera indipendente lo stesso risultato di Millikan usando microparticelle di metallo cariche, pubblicando i risultati nel 1913. Tuttavia, le gocce d'olio risultavano più stabili di quelle dell'acqua a causa della loro bassa velocità di evaporazione e quindi maggiormente adatte per svolgere esperimenti precisi per un lungo periodo di tempo.
Attorno all'inizio del ventesimo secolo, fu scoperto che sotto certe condizioni una particella carica che si muove ad elevata velocità causa una condensazione di vapore acqueo sovrassaturo lungo il suo cammino. Nel 1911, Charles Wilson sfruttò tale principio per sviluppare la prima camera a nebbia, uno strumento che permette di tracciare e fotografare il percorso seguito da particelle cariche, come gli elettroni veloci.
Teoria atomica
A partire dal 1914, gli esperimenti dei fisici Ernest Rutherford, Henry Moseley, James Franck e Gustav Hertz stabilirono definitivamente che l'atomo è formato da un nucleo massivo carico positivamente circondato da elettroni di massa minore. Nel 1913, il fisico danese Niels Bohr postulò che gli elettroni si trovassero in stati di energia quantizzata, con l'energia determinata dal momento angolare delle orbite degli elettroni attorno al nucleo. La teoria avanzata da Bohr prevedeva inoltre che gli elettroni potessero muoversi tra questi stati (o orbite) in seguito all'assorbimento o all'emissione di un quanto di energia, un fotone di specifica frequenza. Tale teoria era in grado di spiegare la comparsa delle linee di emissione spettrale dell'idrogeno come conseguenza del suo contenuto energetico attraverso riscaldamento o facendolo attraversare da corrente elettrica. Nonostante ciò, il modello di Bohr non era in grado di predire l'intensità delle relative linee e di spiegare la struttura dello spettro di atomi più complessi.
La formazione di legami chimici tra atomi fu spiegata nel 1916 da Gilbert Newton Lewis, il quale asserì che il legame covalente sia generato dalla condivisione di una coppia di elettroni tra due atomi, mentre una descrizione completa sulla formazione di queste coppie e dei legami chimici venne fornita da Walter Heitler e Fritz London nel 1923 grazie alla meccanica quantistica. Nel 1919 il chimico statunitense Irving Langmuir rielaborò il modello statico dell'atomo di Lewis ipotizzando che tutti gli elettroni fossero distribuiti in una serie di gusci (shell) sferici approssimativamente concentrici, tutti di uguale spessore"; tali gusci erano a loro volta suddivisi in celle, ognuna delle quali conteneva una coppia di elettroni. Tramite questo modello, Langmuir spiegò qualitativamente le proprietà chimiche di tutti gli elementi, le quali si ripetono secondo un ordine preciso stabilito dalla tavola periodica.
Nel 1924, il fisico austriaco Wolfgang Pauli osservò che la struttura a strati di un atomo poteva essere spiegata attraverso un insieme di quattro parametri che definivano univocamente lo stato quantico di un elettrone, e che un singolo stato non poteva essere occupato da più di un singolo elettrone (questa legge è nota come principio di esclusione di Pauli). Nonostante la sua intuizione, Pauli non riuscì a spiegare il significato fisico del quarto parametro, il quale poteva assumere solo due valori. La spiegazione teorica di tale parametro si deve invece ai fisici olandesi Samuel Goudsmit e George Uhlenbeck, i quali suggerirono che un elettrone, oltre al momento angolare associato alla sua orbita, può possedere un proprio momento angolare intrinseco. Fu così introdotto il concetto di spin e con questa scoperta era possibile spiegare anche la separazione delle linee spettrali osservata con uno spettrografo ad alta definizione.
Meccanica quantistica
Nel 1929, il fisico francese Louis de Broglie vinse il premio Nobel per la fisica per aver scoperto che anche gli elettroni, oltre alla luce, sono caratterizzati da una doppia natura, una corpuscolare e una ondulatoria. Questa nuova proprietà, presentata per la prima volta nella sua dissertazione del 1924 dal titolo (Ricerca sulla teoria dei quanti) è nota come dualismo onda-particella e comporta la possibilità di osservare fenomeni di interferenza fra elettroni sotto appropriate condizioni:
L'interferenza è una proprietà di tutte le onde: ad esempio nel caso della luce, se tra una sorgente luminosa e uno schermo illuminato da tale sorgente viene interposto un foglio con delle fessure parallele, la luce prodotta dalla sorgente attraversa tali fessure e si proietta sullo schermo producendo delle figure a bande in corrispondenza dello schermo. Nel 1927 furono osservati gli effetti dell'interferenza con un fascio di elettroni dal fisico inglese George Paget Thomson con una sottile pellicola metallica e dai fisici americani Clinton Davisson e Lester Germer, i quali studiarono il fenomeno di scattering degli elettroni incidenti su una lastra di nickel monocristallino. Niels Bohr nello stesso anno incluse l'ipotesi di de Broglie e queste evidenze sperimentali nel principio di complementarità, secondo il quale una descrizione completa dell'elettrone e della luce non può fare riferimento solo alla sua natura ondulatoria o solo alla sua natura particellare, ma deve necessariamente includerle entrambe.
Infatti la natura ondulatoria dell'elettrone si manifesta ad esempio nel fenomeno dell'interferenza, mentre la natura corpuscolare fa sì che un fascio di elettroni riesca a fare girare un piccolo mulinello posizionato lungo il suo tragitto.
Il successo della previsione di de Broglie portò alla pubblicazione dell'equazione di Schrödinger, formulata nel 1926 da Erwin Schrödinger, che descrive l'evoluzione temporale di uno stato quantico (e quindi della relativa funzione d'onda). Piuttosto che cercare una soluzione che determinasse la posizione di un elettrone nel tempo, questa equazione era usata per prevedere la probabilità di trovare un elettrone in un volume finito o infinitesimo dello spazio. Da questo approccio ebbe origine la branca della fisica denominata "meccanica quantistica", che garantì la possibilità di ricavare teoricamente i livelli energetici di un elettrone nell'atomo di idrogeno in buon accordo con i dati sperimentali. Una volta che vennero presi in considerazione lo spin e l'interazione fra più elettroni, la meccanica quantistica fu in grado di ricostruire l'andamento delle proprietà chimiche tipiche degli elementi nella tavola periodica.
Nel 1928, basandosi sul lavoro di Wolfgang Pauli, Paul Dirac formulò un modello dell'elettrone coerente con la teoria della relatività ristretta, applicando considerazioni relativistiche e di simmetria alla formulazione hamiltoniana della meccanica quantistica per un elettrone in un campo elettromagnetico; questa trattazione portò alla formulazione dell'equazione di Dirac. Per risolvere i problemi della sua equazione relativistica (in primo luogo l'esistenza di soluzioni a energia negativa), nel 1930 lo stesso Dirac sviluppò un modello del vuoto come un mare infinito di particelle con energia negativa, che fu poi chiamato mare di Dirac. Questo permise di prevedere l'esistenza del positrone, la corrispettiva antiparticella dell'elettrone, che fu scoperta sperimentalmente nel 1932 da Carl David Anderson. Anderson propose di chiamare gli elettroni negatroni e di usare il termine elettroni per indicare genericamente una delle varianti della particella sia a carica positiva che negativa. Questo uso del termine negatroni è occasionalmente utilizzato tuttora, anche nella sua forma abbreviata negatone.
Gli elettroni nel mare di Dirac furono introdotti con lo scopo di impedire la perdita di energia senza limiti degli elettroni reali osservati. In questo contesto, i fotoni (cioè i quanti della radiazione elettromagnetica) possono essere assorbiti dagli elettroni del mare, permettendo a questi ultimi di uscire fuori da esso. Come risultato netto si generano degli elettroni a carica negativa e delle lacune di carica positiva nel mare. Una lacuna potrà essere rioccupata dall'elettrone che perde energia rilasciando in questo modo nuovamente un altro fotone.
Nel 1947 Willis Lamb, lavorando in collaborazione con lo studente Robert Retherford, trovò che certi stati quantistici dell'elettrone nell'atomo di idrogeno, che avrebbero dovuto avere la stessa energia, erano spostati uno rispetto all'altro e tale deviazione fu chiamata spostamento di Lamb. Circa nello stesso periodo, Polykarp Kusch, lavorando con Henry M. Foley, scoprì che il momento magnetico dell'elettrone è di poco più grande di quanto previsto dell'equazione di Dirac. Questa piccola differenza fu successivamente chiamata "momento magnetico di dipolo anomalo dell'elettrone". Per risolvere questo e altri problemi, una teoria avanzata chiamata elettrodinamica quantistica fu sviluppata da Sin-Itiro Tomonaga, Julian Schwinger e Richard P. Feynman alla fine degli anni quaranta.
Acceleratori di particelle
Con lo sviluppo degli acceleratori di particelle nella prima metà del XX secolo, i fisici iniziarono ad approfondire le proprietà delle particelle subatomiche. Le proprietà di corpuscolo elementare puntiforme dell'elettrone hanno reso questa particella una sonda perfetta per esplorare la struttura dei nuclei atomici. Il primo tentativo riuscito di accelerare elettroni usando l'induzione elettromagnetica fu ad opera di Donald William Kerst nel 1942: il suo primo betatrone raggiunse energie di , mentre quelli successivi raggiunsero i . Nel 1947 fu scoperta la radiazione di sincrotrone con un sincrotrone di della General Electric; questa radiazione era causata dall'accelerazione degli elettroni che, in un campo magnetico, raggiungono velocità prossime a quelle della luce.
Il primo acceleratore di particelle ad alte energie è stato ADONE, con un fascio di particelle di energia pari a ; questa struttura, operativa a partire dal 1968, accelerava elettroni e positroni in direzioni opposte, raddoppiando in pratica l'energia prodottasi nelle loro collisioni se paragonata a quella ottenuta nelle collisioni degli elettroni con un bersaglio fisso. Il Large Electron-Positron Collider (LEP) al CERN, che operò dal 1989 al 2000, raggiunse energie di collisione pari a e fece importanti misure in merito al modello standard. Il Large Hadron Collider (LHC), l'ultimo acceleratore del CERN, sostituisce gli elettroni con adroni, perché questi ultimi sono meno soggetti alla perdita di energia per radiazione di sincrotrone e quindi il rapporto fra energia acquisita dalla particella e l'energia spesa per ottenerla è maggiore.
Classificazione
Nel modello standard della fisica delle particelle l'elettrone, avendo spin semi intero, è un fermione, e in particolare fa parte del gruppo dei leptoni. Si ritiene sia una particella elementare e appartiene alla prima generazione di particelle fondamentali, mentre alla seconda e alla terza generazione appartengono altri leptoni carichi, il muone e il tauone, che possiedono identica carica e spin, ma massa a riposo maggiore. A differenza dell'elettrone, che è una particella stabile, il muone e il tauone sono soggetti a decadimento. L'elettrone e tutti i leptoni sono soggetti all'interazione gravitazionale, a quella debole e a quella elettromagnetica, ma differiscono dagli altri componenti fondamentali della materia, i quark, in quanto non risentono dell'interazione nucleare forte.
Proprietà
Proprietà fondamentali
L'elettrone possiede una massa a riposo di , che, in base al principio di equivalenza massa-energia, corrisponde a un'energia a riposo di , con un rapporto rispetto alla massa del protone di circa 1 a 1836. Si tratta della particella subatomica stabile più leggera che si conosca tra quelle dotate di carica elettrica. Misure astronomiche hanno mostrato che il rapporto fra le masse del protone e dell'elettrone è rimasto costante per almeno metà dell'età dell'universo, come è previsto nel modello standard.
L'elettrone ha una carica elettrica pari a , definita come "carica elementare" ed usata come unità standard per la carica delle particelle subatomiche. Entro i limiti dell'errore sperimentale, il valore della carica dell'elettrone è uguale a quella del protone, ma con il segno opposto. Il valore della carica elementare è indicato con il simbolo e, mentre l'elettrone viene comunemente indicato con il simbolo e−, dove il segno meno indica il fatto che tale particella presenta carica negativa; analogamente, per la sua antiparticella, il positrone, che ha la stessa massa e carica di segno opposto, è utilizzato come simbolo e+.
L'elettrone non ha sottostrutture conosciute e viene descritto come una particella puntiforme, dal momento che esperimenti effettuati con la trappola di Penning hanno mostrato che il limite superiore per il raggio della particella è di 10−22 metri. Esiste inoltre una costante fisica, il raggio classico dell'elettrone, a cui corrisponde un valore di ; questa costante deriva tuttavia da un calcolo che trascura gli effetti quantistici presenti. Si ritiene che l'elettrone sia stabile poiché, dal momento che è la particella carica con massa più piccola e il suo decadimento violerebbe la legge di conservazione della carica elettrica, assumendo vero il principio di conservazione dell'energia. Il limite inferiore sperimentale per la vita media dell'elettrone è di , con un intervallo di confidenza al 90%.
Proprietà quantistiche
In meccanica quantistica l'elettrone può essere trattato sia come onda che come particella, in accordo con il dualismo onda-particella. Nel formalismo delle funzioni d'onda l'elettrone è descritto matematicamente da una funzione a valori complessi, la funzione d'onda appunto. Il quadrato del valore assoluto della funzione d'onda rappresenta una densità di probabilità, cioè la probabilità che l'elettrone sia osservato nell'intorno di una determinata posizione.
Da tale distribuzione si può calcolare l'incertezza della posizione dell'elettrone. Un calcolo analogo si può fare sulla quantità di moto dell'elettrone. Le incertezze sulla posizione e la quantità di moto sono legate dal principio di indeterminazione di Heisenberg.
Gli elettroni sono particelle identiche, ovvero non possono essere distinte l'una dall'altra per le loro proprietà fisiche intrinseche: è possibile cambiare la posizione di una coppia di elettroni interagenti senza che si verifichi un cambiamento osservabile nello stato del sistema. La funzione d'onda dei fermioni, di cui gli elettroni fanno parte, è antisimmetrica: il segno della funzione d'onda cambia quando la posizione dei due elettroni viene scambiata, ma il valore assoluto non varia con il cambio di segno e il valore della probabilità resta immutato. Questo differenzia i fermioni dai bosoni, che hanno una funzione d'onda simmetrica.
Il momento angolare intrinseco è caratterizzato dal numero quantico di spin, pari a 1/2 in unità di ħ, e l'autovalore dell'operatore di spin è √3⁄2 ħ. Il risultato di una misura della proiezione dello spin su ognuno degli assi di riferimento può inoltre valere soltanto ±ħ⁄2.
Oltre allo spin, l'elettrone ha un momento magnetico intrinseco, allineato al suo spin, che ha un valore approssimativamente simile al magnetone di Bohr, che è una costante fisica che vale . La proiezione del vettore di spin lungo la direzione della quantità di moto definisce la proprietà delle particelle elementari conosciuta come elicità.
L'evoluzione temporale della funzione d'onda di una particella è descritta dall'equazione di Schrödinger, che nel caso di un sistema di elettroni interagenti mostra una probabilità nulla che una coppia di elettroni occupi lo stesso stato quantico: questo fatto è responsabile del principio di esclusione di Pauli, il quale afferma che due elettroni del sistema non possono avere i medesimi numeri quantici. Tale principio è alla base di molte proprietà dei sistemi con molti elettroni, in particolare genera la loro configurazione all'interno degli orbitali atomici.
Proprietà relativistiche
Quando un elettrone si muove con velocità prossima a quella della luce è necessario ricorrere alla teoria della relatività speciale per descriverne il moto. Secondo tale teoria, la massa relativistica dell'elettrone aumenta dal punto di vista di un osservatore esterno, e di conseguenza è necessaria una forza sempre più intensa per mantenere costante l'accelerazione. In questo modo un elettrone non può mai raggiungere la velocità della luce nel vuoto c, essendo richiesta un'energia infinita. Tuttavia, se un elettrone che si muove a una velocità prossima a quella della luce entra in un mezzo dielettrico, per esempio l'acqua, in cui la velocità della luce è significativamente minore di quella dell'elettrone, l'interazione con esso può generare un fronte d'onda di luce causato dall'effetto Čerenkov. Tale effetto è simile al boom sonico, che accade quando un oggetto supera la velocità del suono.
L'effetto della relatività speciale è descritto da una quantità nota come fattore di Lorentz, definita da:
dove è la velocità della particella e l'energia cinetica associata a un elettrone che si muove con velocità è:
dove me è la massa a riposo dell'elettrone. Per esempio, l'acceleratore lineare di Stanford (SLAC) può accelerare un elettrone a circa 51 GeV. Questo fornisce un valore per vicino a 100 000, dal momento che la massa a riposo dell'elettrone è circa 0,51 MeV/c2. La quantità di moto relativistica è 100 000 volte la quantità di moto dell'elettrone prevista dalla meccanica classica alla stessa velocità.
Dal momento che l'elettrone ha anche un comportamento ondulatorio, a una data velocità esso ha una caratteristica lunghezza d'onda di de Broglie. Questa è data da λe = h/p dove h è la costante di Planck e p è la quantità di moto. Per un elettrone con energia di 51 GeV, come quelle raggiunte dall'acceleratore SLAC, la lunghezza d'onda è di circa , piccola a sufficienza per esplorare la scala infinitesima del nucleo atomico e dei protoni.
Proprietà quantistiche relativistiche
La teoria quantistica dei campi interpreta i fenomeni di interazione fra gli elettroni e la radiazione elettromagnetica in termini di scambi di particelle generate nel vuoto dalle fluttuazioni quantistiche. Ad esempio, secondo l'elettrodinamica quantistica, gli elettroni e il campo elettromagnetico interagiscono fra loro puntualmente tramite lo scambio di fotoni e particelle virtuali aventi vita breve e non direttamente osservabili. Le fluttuazioni quantistiche creano continuamente nel vuoto coppie di particelle virtuali, fra le quali vi sono l'elettrone e il positrone, che si annichilano in breve tempo senza poter essere misurate effettivamente. In base al principio di indeterminazione di Heisenberg, la variazione dell'energia necessaria a produrre la coppia di particelle e la loro vita media non si possono conoscere contemporaneamente, tuttavia se la vita media è estremamente breve l'incertezza riguardo all'energia è molto ampia, e il processo e la fluttuazione possono avvenire senza violare la conservazione dell'energia.
La presenza delle particelle virtuali, sebbene non direttamente osservabile, è responsabile tuttavia della differenza delle caratteristiche dell'elettrone al variare della scala di energie dei processi in cui è coinvolto. Le correzioni virtuali sono all'origine di correzioni divergenti di tipo logaritmico della massa dell'elettrone rispetto al valore nominale classico. La rimozione di queste divergenze, alla base della teoria della rinormalizzazione, comporta una ridefinizione del concetto di costante fisica, che viene ad assumere nel contesto quantistico un valore differente in base alla scala di osservazione. Per esempio la carica elettrica dell'elettrone non è costante ed aumenta lentamente all'aumentare dell'energia dei processi in cui è coinvolto.
Questo importante risultato delle teorie di campo quantistiche può essere interpretato come l'effetto di schermo prodotto dalle particelle virtuali. La presenza di un elettrone isolato permette attraverso il campo elettromagnetico di creare una coppia positrone-elettrone dal vuoto; il positrone virtuale appena creato, di carica positiva, sarà attratto dall'elettrone isolato, mentre l'elettrone virtuale ne sarà respinto. Questo fenomeno produce uno schermo positivo attorno all'elettrone isolato, la cui carica a grande distanza sarà quindi considerevolmente ridotta rispetto a quella a corta distanza. Una particella carica ad alta energia sarà in grado di penetrare lo schermo e per questo motivo entra in interazione con una carica elettrica efficace più alta. In base a processi analoghi, anche la massa dell'elettrone tende a crescere quando le scale di energie crescono. Questo tipo di comportamento delle costanti fisiche è caratteristico di tutte le teorie che presentano un polo di Landau, come l'elettrodinamica quantistica.
La mutua interazione fra fotoni e elettroni spiega anche la piccola deviazione dal momento magnetico intrinseco dell'elettrone dal magnetone di Bohr. I fotoni virtuali, responsabili del campo elettrico, possono permettere infatti all'elettrone di avere un moto agitato nell'intorno della sua traiettoria classica, che genera l'effetto globale di un moto circolare con una precessione. Questo moto produce sia lo spin che il momento magnetico dell'elettrone. Negli atomi, poi, la creazione di fotoni virtuali spiega lo spostamento di Lamb osservato nelle linee spettrali e il fenomeno del decadimento spontaneo di elettrone da uno stato eccitato a uno di energia inferiore. Questo tipo di polarizzazione è stata confermata sperimentalmente nel 1997 usando l'acceleratore giapponese TRISTAN.
Atomi e molecole
L'elettrone è responsabile delle proprietà chimiche fondamentali degli atomi e delle molecole. L'interazione elettromagnetica fra gli elettroni è infatti all'origine dei legami fra gli atomi e della struttura macroscopica della materia, oggetto di studio della chimica e della fisica dello stato solido.
Atomi
Gli elettroni sono i costituenti fondamentali degli atomi, assieme a protoni e neutroni. Essi sono confinati nella regione in prossimità del nucleo atomico e nel caso di un atomo neutro isolato sono in numero pari al numero atomico, cioè al numero di protoni contenuti nel nucleo. Se il numero di elettroni è differente dal numero atomico, l'atomo è detto ione e possiede una carica elettrica netta.
Secondo la meccanica classica, un elettrone in moto circolare uniforme attorno al nucleo, essendo accelerato, emetterebbe radiazione elettromagnetica per effetto Larmor, perdendo progressivamente energia e impattando infine sul nucleo. Il collasso degli atomi è smentito dall'osservazione sperimentale della stabilità della materia: per questo motivo il modello atomico di Bohr è stato introdotto nel 1913 per fornire una descrizione semiclassica nella quale un elettrone può muoversi soltanto su alcune determinate orbite non-radiative caratterizzate da precisi valori dell'energia e del momento angolare. Nello sviluppo successivo della meccanica quantistica, per rappresentare lo stato degli elettroni nell'atomo, la traiettoria classica è stata sostituita dalla funzione d'onda nota con il nome di orbitale atomico.
Ad ogni orbitale è associato uno degli stati energetici degli elettroni che interagiscono con il potenziale elettrico generato dal nucleo. Il valore della funzione d'onda associata a tali stati è fornito dalla soluzione dell'equazione d'onda di Schrödinger, che può essere risolta per l'atomo di idrogeno notando la simmetria radiale del potenziale elettrico indotto dal nucleo. Le soluzioni dell'equazione d'onda sono enumerate da numeri quantici che assumono un insieme discreto di valori, che rappresentano il valore di aspettazione dell'energia e del momento angolare, in particolare:
il numero quantico principale n, che definisce il livello energetico e il numero totale di nodi della funzione d'onda radiale, considerando come nodo anche una superficie sferica a distanza infinita dal nucleo; può assumere valori interi non inferiori a 1;
il numero quantico azimutale l, o numero quantico angolare, che definisce il momento angolare orbitale; può assumere valori interi positivi compresi tra 0 ed n-1 e sulla base di questa osservabile è possibile determinare informazioni circa il numero di nodi non sferici e, indirettamente, sulla simmetria dell'orbitale;
il numero quantico magnetico ml, che definisce la componente z del momento angolare orbitale; può assumere valori interi compresi tra +l e -l ed è responsabile della geometria degli orbitali;
il numero quantico di spin ms, associato alla componente z dello spin dell'elettrone; può assumere solo due valori, +1/2 o -1/2 in unità di ħ.
Gli atomi con più elettroni richiedono una descrizione degli stati più complessa di quella dell'atomo di idrogeno, in quanto è necessaria l'introduzione di approssimazioni a causa dell'impossibilità di risolvere esattamente l'equazione di Schrödinger per via analitica. Le approssimazioni più utilizzate sono il metodo di Hartree-Fock, che sfrutta la possibilità di scrivere la funzione d'onda degli elettroni come un determinante di Slater, l'accoppiamento di Russell-Saunders e l'accoppiamento jj, che invece riescono ad approssimare l'effetto dovuto all'interazione spin-orbita nel caso di nuclei rispettivamente leggeri (con numero atomico minore di 30) e pesanti.
Per il principio di esclusione di Pauli, due o più elettroni non possono trovarsi nel medesimo stato, cioè non possono essere descritti dai medesimi numeri quantici. Questo fatto determina la distribuzione degli elettroni negli orbitali. Gli orbitali sono occupati dagli elettroni in modo crescente rispetto all'energia. Lo stato di momento angolare è definito dal numero quantico azimutale l; dove il quadrato del valore assoluto del momento angolare è . Il numero quantico magnetico può assumere valori interi compresi tra -l e +l: il numero di tali valori è il numero delle coppie di elettroni, con valore di spin opposto, che possiedono il medesimo numero quantico azimutale. Ad ogni livello energetico corrisponde un numero crescente di possibili valori del numero quantico azimutale, a ogni valore del numero quantico azimutale corrispondono 2l + 1 valori di ml, e a ogni valore di ml corrispondono i due valori possibili di spin.
All'interno della nuvola elettronica è possibile che un elettrone effettui una transizione da un orbitale a un altro principalmente attraverso l'emissione o l'assorbimento di fotoni (cioè di quanti di energia), ma anche in seguito alla collisione con altre particelle o tramite l'effetto Auger. Quando un elettrone acquista un'energia pari alla differenza di energia con uno stato non occupato all'interno degli orbitali, esso effettua una transizione in tale stato. Una delle applicazioni più importanti di tale fenomeno è l'effetto fotoelettrico, in cui l'energia fornita da un fotone è tale da separare l'elettrone dall'atomo. Inoltre, dal momento che l'elettrone è carico, il suo moto attorno al nucleo, che in una descrizione semiclassica è circolare uniforme, produce un momento di dipolo magnetico proporzionale al momento angolare orbitale. Il momento magnetico totale di un atomo è equivalente alla somma vettoriale dei momenti di dipolo magnetici e di spin di tutti i suoi elettroni e dei costituenti del nucleo. Il momento magnetico dei costituenti del nucleo è tuttavia trascurabile rispetto a quello degli elettroni. L'interazione tra il momento di dipolo magnetico e il momento di spin è descritto dall'interazione spin-orbita, mentre l'interazione con un campo magnetico esterno è descritta dai limiti di Paschen-Back e Zeeman, a seconda che l'interazione spin-orbita sia rispettivamente trascurabile o meno rispetto al campo applicato.
Molecole e composti ionici
Nelle molecole gli atomi sono uniti dal legame chimico covalente, in cui uno o più elettroni sono condivisi fra due o più atomi. In una molecola gli elettroni si muovono sotto l'influenza attrattiva dei nuclei e il loro stato è descritto da orbitali molecolari, più grandi e complessi di quelli di un atomo isolato, che in prima approssimazione si possono ottenere attraverso la sommatoria di più orbitali degli atomi considerati singolarmente. Differenti orbitali molecolari hanno differenti distribuzioni spaziali di densità di probabilità: nel caso di una molecola costituita da due atomi, per esempio, gli elettroni che ne formano l'eventuale legame si troveranno con maggiore probabilità in una ristretta regione posta fra i due nuclei.
Un composto ionico può essere definito come un composto chimico formato da ioni, aventi ciascuno una carica elettrica positiva o negativa, ma l'insieme di tali ioni ha carica elettrica complessiva neutra. Alla base dei composti ionici vi è il legame ionico, di natura elettrostatica, che si forma quando le caratteristiche chimico-fisiche dei due atomi sono nettamente differenti e vi è una notevole differenza di elettronegatività. Per convenzione si suole riconoscere un legame ionico tra due atomi quando la differenza di elettronegatività Δχ è maggiore di 1,9. Al diminuire di tale differenza cresce il carattere covalente del legame.
Interazione con le forze fondamentali
L'elettrone genera un campo elettrico che esercita una forza attrattiva su particelle con una carica positiva (come il protone) e una forza repulsiva su particelle con carica negativa. L'intensità di tale forza è determinata dalla legge di Coulomb. Un elettrone in movimento genera un campo magnetico: tale proprietà prende il nome di "induzione elettromagnetica" ed è responsabile ad esempio della generazione del campo magnetico che permette il funzionamento del motore elettrico. Tramite la legge di Ampère tale movimento rispetto all'osservatore può essere messo in relazione al campo magnetico generato. In generale, i campi elettrici e magnetici prodotti da cariche o correnti elettriche sono calcolati risolvendo le equazioni di Maxwell. Il campo elettromagnetico di una particella carica in movimento è espresso tramite il potenziale di Liénard-Wiechert, anche quando la velocità della particella è prossima a quella della luce.
Quando un elettrone è in moto in corrispondenza di un campo magnetico è soggetto alla forza di Lorentz, la quale esercita una variazione della componente della velocità dell'elettrone perpendicolare al piano definito dal campo magnetico e dalla velocità iniziale dell'elettrone e la forza centripeta che viene generata costringe l'elettrone a seguire una traiettoria elicoidale. L'accelerazione che deriva da questo moto curvilineo, nel caso di velocità relativistiche, causa una radiazione di energia da parte dell'elettrone sotto forma di radiazione di sincrotrone. L'emissione di energia causa a sua volta un rinculo dell'elettrone, conosciuto come forza di Abraham-Lorentz-Dirac, che rallenta il moto dell'elettrone; questa forza è generata da un effetto di retroazione del campo dell'elettrone su sé stesso.
In elettrodinamica quantistica, l'interazione elettromagnetica tra le particelle è trasmessa dai fotoni: un elettrone isolato nello spazio vuoto che non subisce un'accelerazione non è in grado di emettere o di assorbire un fotone reale, poiché così facendo violerebbe le leggi di conservazione dell'energia e della quantità di moto. Invece i fotoni virtuali possono trasferire la quantità di moto tra due particelle cariche ed è questo scambio di fotoni virtuali che genera, per esempio, la forza di Coulomb. L'emissione di energia può avvenire quando un elettrone viene deviato da una particella carica, come per esempio un protone; l'accelerazione dell'elettrone porta all'emissione della radiazione di frenamento o bremsstrahlung.
Una collisione anelastica tra un fotone e un elettrone libero produce l'effetto Compton: questo urto è associato a un trasferimento dell'energia e della quantità di moto tra le particelle, che porta alla variazione della lunghezza d'onda del fotone incidente. Il valore massimo di questa variazione della lunghezza d'onda è h/mec ed è noto come lunghezza d'onda Compton e per l'elettrone vale . Se la lunghezza d'onda della luce incidente è sufficientemente lunga (come ad esempio quella della luce visibile, che ha una lunghezza d'onda che va da a ), la variazione della lunghezza d'onda dovuta all'effetto Compton diventa trascurabile e l'interazione tra radiazione e particelle può essere descritta tramite lo scattering Thomson.
La forza dell'interazione elettromagnetica tra due particelle cariche è data dalla costante di struttura fine α che è una quantità adimensionale formata dal rapporto di due contributi energetici: l'energia elettrostatica di attrazione o repulsione data dalla separazione di una lunghezza d'onda Compton e dall'energia a riposo della carica. Il suo valore è , che è possibile approssimare con la frazione 1/137.
Quando elettroni e positroni collidono si annichilano l'un l'altro, originando due o più fotoni dei raggi gamma. Se invece la quantità di moto dell'elettrone e del positrone è trascurabile si può formare il positronio prima che il processo di annichilamento porti alla formazione di due o tre fotoni dei raggi gamma con un'energia totale di . D'altra parte i fotoni molto energetici possono trasformarsi in un elettrone e in un positrone tramite un processo chiamato produzione di coppia, ma questo avviene solo in presenza di una particella carica nelle vicinanze, come un nucleo atomico.
Nella teoria dell'interazione elettrodebole la componente sinistrorsa della funzione d'onda dell'elettrone forma un doppietto di isospin debole con il neutrino elettronico, cioè a causa dell'interazione elettrodebole il neutrino si comporta come un elettrone. Ciascuna componente di questo doppietto può subire l'interazione della corrente debole carica tramite l'emissione o l'assorbimento di un bosone W e può essere trasformata nell'altra componente. La carica è conservata durante questo processo poiché anche il bosone W porta una carica che annulla ogni variazione netta durante la reazione. Le interazioni della corrente debole carica sono responsabili del decadimento beta negli atomi radioattivi. Sia l'elettrone che il neutrino possono subire l'interazione della corrente debole neutra tramite uno scambio di bosoni Z e questo è responsabile dello scattering elastico tra elettrone e neutrino.
Elettroni nei corpi macroscopici
Se un corpo ha un numero di elettroni maggiore o minore rispetto a quelli necessari per bilanciare la carica positiva dei nuclei, esso presenterà una carica elettrica netta: nel caso di un eccesso di elettroni, il corpo è carico negativamente, mentre nel caso di un difetto di elettroni, il corpo è carico positivamente; se invece il numero di elettroni e il numero di protoni sono uguali, le loro cariche si annullano a vicenda e il corpo è dunque elettricamente neutro. Un corpo macroscopico può sviluppare una carica elettrica ad esempio attraverso lo sfregamento, per via dell'effetto triboelettrico.
Gli elettroni indipendenti che si muovono nel vuoto sono detti elettroni liberi e anche gli elettroni nei metalli hanno un comportamento simile a quelli liberi. Il flusso di carica elettrica dovuto al moto degli elettroni liberi o in un materiale è detto corrente elettrica. I materiali sono classificati in base alla resistenza che oppongono al passaggio di corrente: si dividono in conduttori, semiconduttori e isolanti (o dielettrici).
In generale, ad una data temperatura, ciascun materiale ha una conducibilità elettrica che determina il valore della corrente quando è applicato un potenziale elettrico. Esempi di buoni conduttori, cioè materiali capaci di far scorrere facilmente al proprio interno elettricità, sono i metalli come il rame e l'oro, mentre vetro e plastica sono cattivi conduttori. I metalli sono spesso anche buoni conduttori di calore. Nonostante questo, al contrario della conducibilità elettrica, la conducibilità termica è quasi indipendente dalla temperatura; ciò è espresso matematicamente dalla legge di Wiedemann-Franz, la quale afferma che il rapporto fra la conduttività termica e la conduttività elettrica è proporzionale alla temperatura.
Cristalli e struttura a bande
Le proprietà di conduzione di un solido cristallino sono determinate dagli stati quantistici degli elettroni, la cosiddetta struttura elettronica a bande. Nel caso di solidi amorfi, cioè senza struttura cristallina, la descrizione è più complessa.
Nei solidi cristallini gli atomi sono disposti regolarmente in un reticolo. La simmetria di tale distribuzione spaziale permette di semplificare il calcolo degli stati energetici degli elettroni nel cristallo e ricavare la struttura a bande. Con questa descrizione è possibile approssimare il comportamento degli elettroni nei solidi con quello di elettroni liberi, ma con una diversa massa, detta massa efficace. Un elettrone all'interno di un reticolo cristallino è descritto da una funzione d'onda detta funzione di Bloch, alla quale è associato un vettore detto quasi-impulso o impulso cristallino, che è l'analogo della quantità di moto per gli elettroni liberi. L'analogia con gli elettroni liberi è particolarmente adeguata per alcuni valori di impulso cristallino, per i quali si ha una relazione di dispersione quadratica, come nel caso libero.
Nei solidi gli elettroni sono trattati come quasiparticelle poiché, a causa dell'interazione reciproca e con gli atomi del reticolo, assumono delle proprietà diverse da quelle degli elettroni liberi. Inoltre, nei solidi si introduce una quasiparticella, detta lacuna, che descrive la "mancanza" di un elettrone. Tale particella ha una sua massa efficace ed ha carica positiva, uguale in valore assoluto a quella dell'elettrone.
Nei materiali isolanti gli elettroni rimangono confinati in prossimità dei loro rispettivi nuclei. Al contrario, i metalli hanno una struttura elettronica a bande, alcune delle quali sono parzialmente riempite dagli elettroni. La presenza di queste bande permette agli elettroni nei metalli di muoversi come elettroni liberi o delocalizzati; essi non sono associati a uno specifico atomo e quindi, quando è applicato un campo elettrico, si muovono liberamente come un gas, chiamato gas di Fermi.
Un'altra categoria di materiali è quella dei semiconduttori, in cui la conducibilità può variare di molto fra i valori estremi di conduzione e isolante.
A causa delle collisioni fra elettroni e atomi la velocità di deriva degli elettroni in un conduttore è dell'ordine di pochi millimetri per secondo. Ciò nonostante, la velocità di propagazione di un segnale elettrico, cioè la velocità con la quale si propaga la variazione di corrente in un conduttore, è tipicamente di circa il 75% della velocità della luce. Questo accade perché i segnali elettrici si propagano come onde, con una velocità dipendente dalla costante dielettrica del materiale.
Il disordine termico nel reticolo cristallino del metallo causa un aumento della resistività del materiale, producendo quindi la dipendenza dalla temperatura per la corrente elettrica.
Superconduttività
Quando alcuni materiali sono raffreddati al di sotto di una certa temperatura critica, avviene una transizione di fase a causa della quale essi perdono la resistività alla corrente elettrica, in un processo noto come superconduttività. Nella teoria BCS, gli elettroni sono legati in coppie che entrano in uno stato quantistico noto come condensato di Bose-Einstein. Tali coppie, dette coppie di Cooper, si accoppiano nel loro moto per mezzo delle vibrazioni di reticolo chiamate fononi, evitando le collisioni con gli atomi che normalmente causano la resistività elettrica (le coppie di Cooper hanno un raggio di circa , quindi si possono scavalcare a vicenda). La teoria BCS non descrive tutti i materiali superconduttori, e non esiste ancora un modello teorico in grado di spiegare completamente la superconduttività ad alte temperature.
Altri effetti
Gli elettroni all'interno dei solidi conduttivi, che sono a loro volta trattati come quasi-particelle, quando sono strettamente confinati intorno a temperature vicine alle zero assoluto si comportano globalmente come due nuove differenti quasi-particelle: gli spinoni e gli oloni. Il primo trasporta spin e momento magnetico, mentre il secondo la carica elettrica. Gli elettroni possono, secondo la teoria di Eugene Paul Wigner, formare essi stessi una struttura cristallina, disponendosi nei punti di un reticolo. Tale stato della materia è detto cristallo di Wigner.
Formazione
Per spiegare gli istanti iniziali dell'evoluzione dell'universo è stata sviluppata la teoria del Big Bang, che è la più accettata dalla comunità scientifica. Nel primo millisecondo dell'esistenza dell'universo noto, la temperatura era di circa un miliardo di kelvin e i fotoni avevano un'energia media nell'ordine del milione di elettronvolt; questi fotoni erano sufficientemente energetici da poter reagire l'un l'altro per formare coppie di elettroni e positroni:
dove è il fotone, è il positrone e è l'elettrone. Contemporaneamente le coppie elettrone-positrone si annichilivano e producevano fotoni energetici. I due processi erano in equilibrio durante la prima fase di evoluzione dell'universo, ma dopo 15 secondi la temperatura dell'universo calò sotto la soglia di formazione delle coppie di elettroni-positroni. La maggior parte degli elettroni e positroni rimasti si annichilirono e produssero raggi gamma che in breve tempo irradiarono l'universo.
Per ragioni non ancora ben comprese, durante il processo di leptogenesi vi era un numero maggiore di elettroni rispetto a quello dei positroni, perciò circa un elettrone ogni miliardo sopravvisse durante il processo di annichilazione. Questo eccesso era analogo a quello dei protoni sugli antiprotoni, in una condizione nota come asimmetria barionica, perciò la carica netta presente nell'universo risultava nulla. I protoni e i neutroni superstiti iniziarono a interagire nel processo della nucleosintesi primordiale, durato fino a circa 5 minuti dopo l'istante iniziale, in cui si assistette alla formazione dei nuclei degli isotopi di idrogeno, elio e in minima parte litio. I neutroni rimasti subirono il decadimento beta, con una vita media di circa quindici minuti, con la formazione di un protone, un elettrone e un antineutrino:
dove è il neutrone, è il protone e è l'antineutrino elettronico. Per i successivi - anni gli elettroni liberi erano troppo energetici per legarsi ai nuclei atomici; passato questo periodo, seguì un processo di ricombinazione, in cui gli elettroni si legarono ai nuclei atomici per formare atomi elettricamente neutri e a causa di ciò l'universo divenne trasparente alla radiazione elettromagnetica.
Circa un milione di anni dopo il Big Bang, si iniziò a formare la prima generazione di stelle; all'interno di queste stelle, la nucleosintesi portò alla produzione di positroni derivanti dalla fusione di nuclei atomici e queste particelle di antimateria si annichilirono immediatamente con gli elettroni formando raggi gamma. Ciò portò a una continua riduzione nel numero di elettroni e a un corrispettivo aumento di neutroni; nonostante questo il processo di evoluzione stellare portò alla sintesi di isotopi radioattivi i quali potevano decadere con un decadimento di tipo beta, emettendo in questo modo un elettrone e un antineutrino dal nucleo.
Alla fine della sua vita, una stella di massa superiore di 20 volte la massa solare può subire un collasso gravitazionale e formare un buco nero; in base alle leggi della fisica classica, questo oggetto stellare massivo esercita un'attrazione gravitazione così grande da impedire a qualsiasi cosa, anche alla radiazione elettromagnetica, di potergli sfuggire una volta che è stato superato il raggio di Schwarzschild. Si pensa tuttavia che gli effetti quantistici possano permettere l'emissione di una radiazione di Hawking a tale distanza, infatti si ritiene che sull'orizzonte degli eventi di questi oggetti vengano prodotte coppie virtuali di elettroni e positroni e quando esse vengono formate in prossimità dell'orizzonte degli eventi, la distribuzione spaziale casuale di queste particelle può permettere a una particella della coppia di apparire all'esterno dell'orizzonte grazie all'effetto tunnel. Il potenziale gravitazionale del buco nero può fornire l'energia sufficiente per trasformare la particella virtuale in una particella reale, facendo in modo da diffonderla nello spazio, mentre all'altra particella della coppia è stata fornita energia negativa e ciò comporta una perdita netta di energia del buco nero. La velocità della radiazione di Hawking cresce con il diminuire della massa e questo comporta l'evaporazione del buco nero che alla fine esplode.
Un altro modo di formazione degli elettroni è dato dall'interazione dei raggi cosmici con gli strati alti dell'atmosfera: i raggi cosmici sono particelle che viaggiano nello spazio con energie anche dell'ordine dei e, quando esse collidono con le particelle presenti nell'alta atmosfera terrestre, vi è la produzione di una cascata di particelle, tra le quali pioni e muoni, con questi ultimi che sono i responsabili di più della metà della radiazione cosmica osservata a Terra. Il decadimento del pione porta alla formazione dei muoni tramite il seguente processo:
mentre a suo volta il muone può decadere formando elettroni:
Osservazioni sperimentali
Le prime osservazioni degli elettroni come particella, hanno sfruttato fenomeni elettrostatici o la produzione di raggi catodici. Oggi si eseguono esperimenti in laboratorio in cui vengono osservati elettroni sia per lo studio delle proprietà di queste particelle, sia per studiare le proprietà di corpi macroscopici.
In condizioni di laboratorio, l'interazione di elettroni individuali possono essere osservate con l'uso di rilevatori di particelle, che permettono misure precise di specifiche proprietà come energia, spin e carica elettrica. Lo sviluppo della trappola ionica quadrupolare ha permesso di contenere particelle in piccole regioni dello spazio per lunghi periodi. Questo ha permesso la misura precisa delle proprietà particellari. Per esempio in una misurazione si è riusciti a contenere un singolo elettrone per un periodo di dieci mesi. Il momento magnetico di un elettrone fu misurato con una precisione di 11 cifre significative, che, nel 1980, è la misura migliore di una costante fisica.
La prima immagine video della distribuzione di energia di un elettrone è stata catturata da un team dell'università di Lund in Svezia, nel febbraio 2008. Gli scienziati hanno usato flash estremamente piccoli di luce, che hanno permesso di osservare il moto di un elettrone per la prima volta.
Tramite la misura dell'energia irradiata da elettroni, gran parte delle misure spettroscopiche sono collegati allo studio degli elettroni liberi o legati, misurando l'energia dei fotoni emessi.
Per esempio, nell'ambiente ad alta energia come la corona di una stella, gli elettroni liberi formano un plasma che emette energia per gli effetti di Bremsstrahlung. Il gas elettronico può formare delle oscillazioni di plasma, ovvero oscillazioni regolari della densità degli elettroni, e queste possono produrre emissioni di energia che possono essere rilevate usando i radiotelescopi.
Nel caso di atomi e molecole, un elettrone confinato a muoversi attorno a un nucleo può transire fra i diversi livelli energetici di questo consentiti, assorbendo o emettendo fotoni di frequenza caratteristica. Per esempio, quando un atomo è irraggiato da una sorgente con uno spettro continuo, appariranno delle distinte linee spettrali per la radiazione trasmessa. Ciascun elemento o molecola esibisce un insieme caratteristico proprio di serie di linee spettrali, che lo distinguono dagli altri atomi, come per esempio il noto caso delle serie dello spettro dell'atomo di idrogeno. Lo studio dell'intensità e la larghezza di queste linee permette di indagare le proprietà fisico-chimiche delle sostanze in analisi.
La distribuzione di elettroni nei materiali solidi può essere visualizzata dallo spettroscopio ARPES (Angle resolved photoemission spectroscopy, ovvero spettroscopia fotoelettrica angolarmente risolta). Questa tecnica si basa sull'effetto fotoelettrico per misurare il reticolo reciproco, una rappresentazione matematica della struttura periodica di un cristallo. ARPES può essere usato per determinare la direzione, la velocità e la diffusione di elettroni nel materiale.
Applicazioni
I fasci di elettroni sono usati nella saldatura di materiali, permettendo di raggiungere densità di energia superiori ai nello stretto diametro focale di e spesso non richiedono un materiale di riempimento. Questa tecnica di saldatura deve essere eseguita nel vuoto, in modo tale che gli elettroni non interagiscano con l'aria prima di raggiungere il bersaglio e può essere usata per unire materiali conduttori che altrimenti sarebbero difficili da saldare.
La litografia a fasci di elettroni (EBL) è un metodo per stampare i semiconduttori a risoluzioni più basse del micron. Questa tecnica è limitata dagli alti costi, basse performance, dalla necessità di operare con fascio nel vuoto e dalla tendenza degli elettroni a essere diffusi nei solidi. L'ultimo problema limita la risoluzione a circa . Per questa ragione, l'EBL è principalmente usata per la produzione di un piccolo numero di circuiti integrati specializzati.
La lavorazione con fasci di elettroni è usata per irradiare i materiali in modo da cambiare le loro proprietà fisiche o per la sterilizzazione medica e la produzione di cibo. Nella radioterapia, i fasci di elettroni generati da acceleratori lineari sono usati per il trattamento di tumori superficiali: dato che un fascio di elettroni può penetrare solamente uno spessore limitato prima di essere assorbito, tipicamente intorno a per elettroni di energia nel range 5–, la radioterapia è utile per il trattamento di lesioni della cute come il carcinoma basocellulare. Un fascio di elettroni può essere usato per integrare il trattamento di aree che sono state irraggiate da raggi X.
Gli acceleratori di particelle usano campi elettrici per far raggiungere agli elettroni e alle loro antiparticelle alte energie. Nel momento in cui queste particelle passano in una regione in cui c'è campo magnetico, questi emettono radiazione di sincrotrone. L'intensità di questa radiazione dipende dallo spin e questo può permettere la polarizzazione dei fasci di elettroni in un processo noto come effetto Sokolov-Ternov. La polarizzazione di fasci di elettroni può essere molto utile per numerosi esperimenti. La radiazione di sincrotrone può anche essere usata per raffreddare il fascio di elettroni, in modo da ridurre la quantità di moto persa dalle particelle. Una volta che le particelle sono state accelerate sino alla energia richiesta, i fasci separati di elettroni e positroni sono portati alla collisione e la risultante emissione di radiazione è osservata dai rivelatori di particelle ed è studiata dalla fisica particellare.
Produzione di immagini
Gli elettroni possono essere utilizzati anche per ottenere immagini microscopiche grazie ai microscopi elettronici, che indirizzano un fascio focalizzato direttamente sul campione. A causa dell'interazione del fascio con il materiale, alcuni elettroni cambiano le loro proprietà, come una variazione della direzione, della fase relativa e dell'energia. Registrando questi cambiamenti del fascio elettronico, si possono produrre immagini a risoluzione atomica del materiale. Questa elevata risoluzione, maggiore dei microscopi ottici (che è di circa in luce blu), è possibile poiché i microscopi elettronici sono limitati dalla lunghezza d'onda di De Broglie degli elettroni (a titolo d'esempio, un elettrone ha una lunghezza d'onda di quando questo viene accelerato da un potenziale di ). Il microscopio elettronico a trasmissione corretto in aberrazione è in grado di avere una risoluzione inferiore a , che è sufficiente per risolvere i singoli atomi. Queste caratteristiche tecniche rendono il microscopio elettronico uno strumento di laboratorio utile per le immagini ad alta risoluzione; a fronte di questi vantaggi, i microscopi elettronici sono strumenti molto costosi da mantenere.
Vi sono due tipi di microscopi elettronici: a trasmissione e a scansione. Il primo funziona in maniera analoga a una lavagna luminosa, ovvero il fascio di elettroni passa attraverso una parte del campione e viene successivamente proiettato tramite lenti su diapositive o su un CCD. Nel secondo invece l'immagine è prodotta con un fascio elettronico molto fine che scansione riga per riga una piccola regione del campione; l'ingrandimento varia da 100× a o più per entrambi i microscopi. Un altro tipo di microscopio elettronico è quello a effetto tunnel sfrutta l'effetto tunnel quantistico degli elettroni che fluiscono da una punta conduttrice appuntita al materiale di interesse e può riprodurre immagini a risoluzione atomica delle superfici.
Altre tecniche permettono di studiare la struttura cristallina dei solidi; una tecnica che sfrutta questo principio è la diffrazione di elettroni a bassa energia (LEED) che permette di visualizzare su uno schermo fluorescente la figura di diffrazione di un cristallo utilizzando un fascio collimato di elettroni avente un'energia tra i 20 e i . Un altro metodo che sfrutta la diffrazione è la diffrazione di elettroni ad alta energia per riflessione (RHEED, da reflection high-energy electron diffraction) che sfrutta la riflessione di un fascio di elettroni incidente a piccoli angoli in modo da caratterizzare la superficie del materiale di studio; l'energia tipica del fascio è tra 8 e , mentre l'angolo di incidenza varia tra 1° e 4°.
Altre applicazioni
Nel laser a elettroni liberi, un fascio di elettroni a energia relativistica passa attraverso una coppia di ondulatori che contengono una serie di dipoli magnetici, i cui campi sono orientati in direzioni alternate; l'elettrone emette radiazione di sincrotrone che, a turno, interagisce coerentemente con lo stesso elettrone e ciò porta a un grosso aumento del campo di radiazione alla frequenza di risonanza. Il laser può emettere una radiazione elettromagnetica coerente ad alta radianza con un ampio intervallo di frequenze, che va dalle microonde ai raggi X morbidi. Questo strumento potrà essere utilizzato per l'industria, per le comunicazioni e per varie applicazioni mediche, come la chirurgia dei tessuti molli.
Gli elettroni sono fondamentali per il funzionamento dei tubi catodici, che sono largamente usati nei dispositivi come computer e televisori. In un tubo fotomoltiplicatore ogni fotone che colpisce il fotocatodo dà inizio a una cascata di elettroni che produce un impulso di corrente rivelabile. I tubi a vuoto sfruttano il flusso di elettroni per manipolare i segnali elettrici e svolgono un ruolo importante nello sviluppo nell'elettronica; nonostante ciò essi sono stati in gran parte soppiantati dai dispositivi a semiconduttori come i transistor.
Annotazioni
Note
Bibliografia
Testi generici
Pubblicazioni scientifiche
Voci correlate
Ambiti scientifici
Elettromagnetismo
Elettrodinamica quantistica
Particelle
Lista delle particelle
Fermione
Protone
Neutrone
Positrone
Leptone
Aspetti chimici
Elettrone spaiato
Doppietto elettronico
Trasferimento di elettroni
Accettore di elettroni
Donatore di elettroni
Elettrone del guscio interno
Elettrone solvatato
Elettrone delocalizzato
Configurazione elettronica
Fenomeni fisici
Scattering di elettroni
Costanti e unità di misura
Carica elementare
Elettronvolt
Raggio classico dell'elettrone
Altri progetti
Collegamenti esterni
Concetti fondamentali di chimica
Leptoni
Elettromagnetismo |
1781 | https://it.wikipedia.org/wiki/Emilio%20de%27%20Cavalieri | Emilio de' Cavalieri |
Biografia
Nacque in una nobile famiglia romana, figlio di Tommaso de' Cavalieri, amico di Michelangelo e da questi amato.
Visse a lungo a Firenze presso la corte di Ferdinando I de' Medici, cardinale e poi Granduca di Toscana ottenendo dal 3 settembre 1588 l'incarico di maestro di musica nella Basilica.
A lungo assiduo frequentatore della Camerata de' Bardi – l'Accademia fiorentina del conte Giovanni de' Bardi – fu compositore di oratori, lamentazioni e madrigali, organista e insegnante di canto, ma anche ballerino, coreografo e amministratore. Molto probabilmente fu tra i partecipanti alla rappresentazione fiorentina del 1600 della Euridice di Jacopo Peri, ritenuta una fra le più antiche – se non la più antica in assoluto – opere in musica giunte compiutamente fino ai tempi attuali.
Con la sua opera – assieme a quella di altri compositori quali Jacopo Peri e Giulio Caccini, con i quali collaborò – vennero gettate le basi del teatro musicale che condurrà dapprima alla formula del recitar cantando e quindi al melodramma.
Responsabile della musica presso la corte medicea, Cavalieri sovrintese (1589) alla realizzazione degli Intermedi per La Pellegrina dirigendone l'esecuzione e contribuendo alla composizione del finale del sesto intermedio.
Rientrato a Roma, fu nominato dal granduca Ferdinando Direttore della musica. Nella capitale organizzò la vita culturale portando avanti – ultima decade del XVI secolo – l'Oratorio del Crocifisso; fu proprio in quel contesto che presentò la sua Rappresentatione di Anima et Corpo (1600), non solo la sua opera più famosa, ma uno dei punti saldi della produzione rappresentativo-musicale di tutto il secolo.
Rappresentatione di Anima, et di Corpo ha avuto la prima al Festival di Salisburgo nel 1968 con José van Dam ed è rimasta in cartellone fino al 1973.
Opere pubblicate
L'Ascensione del Nostro Salvatore (Prima del 1588)
Godi turba immortale, madrigale e Canzone a ballo (O che nuovo miracolo) (Venezia 1591) da Intermedi et concerti composti per la commedia La Pellegrina rappresentata nel 1589
Il Satiro e La disperazione di Fileno (Testo: Laura Guidiccioni Firenze 1590)
Il gioco della cieca (Testo: Laura Guidiccioni e Giovanni Battista Guarini Palazzo Pitti di Firenze 1595)
Lamentationes Hieremiae Prophetae, responsori a 1-5 voci (1599)
Rappresentatione di Anima, et di Corpo (per recitar cantando), dramma per musica in 1 prologo e 3 atti, in collaborazione con Padre Agostino Manni (Oratorio dei Filippini di Roma 1600)
Dialogo di Giunone e Minerva (Battista Guarini Palazzo Vecchio di Firenze 1600) (musica perduta)
Discografia
1976 - Rappresentatione di Anima e di Corpo, Soloists, Mietglieder des Collegium vocale, Köln, & Instrumental Ensemble, dir. Hans-Martin Linde (EMI "Reflexe")
1990 - Lamentationes Hieremiae Prophetae, I Madrigalisti del Centro Musica Antica di Padova, dir. Livio Picotti (Tactus)
1992 - Rappresentatione di Anima et di Corpo, Istitutioni Harmoniche e Accademia Strumentale Italiana, dir. Marco Longhini (Stradivarius)
1996 - Rappresentatione di Anima e di Corpo, Magnificat Ensemble e Whole Noyse Ensemble, dir. Warren Stewart (Koch)
1998 - Rappresentatione di Anima et di Corpo, Cappella Musicale San Petronio di Bologna, dir. Sergio Vartolo (Naxos)
2001 - Lamentations, Le Poeme Harmonique, dir. Vincènt Dumestre (Alpha)
2004 - Rappresentatione di Anima et di Corpo, L'Arpeggiata, Christina Pluhar, dir. (Alpha)
2015 - Rappresentatione di Anima et di Corpo, Soloists, Staatsopernchor, Akademie für Alte Musik Berlin, René Jacobs, dir. (Harmonia Mundi)
Bibliografia
The New Grove Dictionary of Opera, (MacMillan, 1992). entries under Cavalieri, Peri, and Rappresentatione.
Claude V. Palisca: "Emilio de' Cavalieri", Grove Music Online ed. L. Macy (Accessed November 17, 2005), (subscription access)
Altri progetti
Collegamenti esterni
Compositori rinascimentali
Compositori barocchi
Compositori di madrigali
Organisti classici |
1784 | https://it.wikipedia.org/wiki/Elo%20%28scacchi%29 | Elo (scacchi) | Il sistema di valutazione Elo è un metodo per calcolare i livelli di abilità relativi dei giocatori in giochi a somma zero come gli scacchi. Prende il nome dal suo creatore Arpad Elo, un professore di fisica ungherese-americano.
Il sistema Elo è stato originariamente progettato come un sistema di valutazione degli scacchi migliorato rispetto al sistema Harkness precedentemente utilizzato, ma successivamente è stato usato come sistema di valutazione per altri giochi e sport. Sono ispirati ad esso il punteggio del go, del backgammon, dello scarabeo, la classifica mondiale della FIFA nel calcio, le classifiche del baseball e del football americano, ma anche i punteggi di diplomacy e altri giochi da tavolo.
Il punteggio Elo di un giocatore è rappresentato da un numero che può cambiare a seconda del risultato delle partite classificate giocate. La differenza nelle valutazioni tra i due avversari in una partita serve per prevedere il risultato della partita stessa: ci si aspetta che due giocatori con lo stesso punteggio ottengano una vittoria nel 50% dei casi, mentre un giocatore il cui punteggio è 100 punti superiore a quello del suo avversario dovrebbe ottenere il 64% delle vittorie, che salgono al 76% se la differenza è di 200 punti Elo.
Dopo ogni partita, il giocatore vincente prende punti da quello perdente. La differenza tra le valutazioni del vincitore e del perdente determina il numero totale di punti guadagnati o persi dopo una partita. Se il giocatore con il punteggio più alto vince, al giocatore con il punteggio più basso verranno presi solo pochi punti. Tuttavia, se il giocatore con il punteggio inferiore ottiene una vittoria, saranno trasferiti molti punti di valutazione. Il giocatore con il punteggio più basso guadagnerà anche alcuni punti dal giocatore con il punteggio più alto in caso di pareggio. Ciò significa che questo sistema di valutazione si corregge automaticamente. I giocatori le cui valutazioni sono troppo basse o troppo alte dovrebbero, a lungo termine, fare rispettivamente meglio o peggio di quanto previsto dal sistema di valutazione e quindi guadagnare o perdere punti di valutazione finché le valutazioni non riflettono la loro vera forza di gioco.
Un punteggio Elo è solo un punteggio comparativo ed è valido solo all'interno del pool di punteggio in cui è stato stabilito.
Storia
Il professor Elo era un giocatore di alto livello e un attivo partecipante della Federazione scacchistica statunitense (USCF) fin dalla sua fondazione nel 1939. La USCF usava un sistema di classificazione numerico (inventato da Kenneth Harkness), il quale permetteva ai suoi membri di valutare i propri progressi in termini diversi dal semplice conteggio di vittorie e sconfitte nelle partite. Il sistema, per quanto abbastanza ragionevole, in alcune circostanze produceva risultati inaccurati. Incaricato dalla USCF, Elo studiò un nuovo sistema fondato su una base statistica.
Stimare il reale rendimento di un giocatore è un processo difficile, poiché non è possibile effettuare una misurazione diretta: il rendimento può essere dedotto dal numero di vittorie, pareggi e sconfitte. Se un giocatore vince una partita, si suppone che sia stato superiore al suo avversario in quella partita; se ha perso, invece, deve trovarsi a un livello inferiore. Se la partita è patta, infine, si assume che i due giocatori siano più o meno allo stesso livello.
Elo suggerì di stimare il rendimento dei giocatori aggiornando il loro punteggio alla fine di ogni partita, ma tenendo conto del punteggio dell'avversario. Se un giocatore vince più partite di quante ci si aspetti il suo punteggio sale; se al contrario ne vince di meno, il punteggio scende.
L'assunto centrale di Elo è che l'abilità scacchistica di un dato giocatore, nel corso di una data partita, è descritta da una variabile casuale normale, con un valore medio che rappresenta il reale valore del giocatore e che cambia lentamente. Dato questo modello matematico, lo scopo del sistema Elo è quello di stimare il valore medio del giocatore, considerando l'unico dato osservabile, ovvero il numero di partite vinte, perse e patte. Il sistema Elo venne implementato dall'USCF nel 1960 e subito venne riconosciuto come più equo e accurato del sistema Harkness.
Il sistema Elo venne adottato dalla Federazione Internazionale degli Scacchi (FIDE) nel 1970. La prima lista ufficiale fu pubblicata nel luglio del 1971 e vedeva ai primi posti i seguenti giocatori: 1° Robert James Fischer (2720), 2°-3° Boris Spasskij, Viktor Korčnoj (2670), 4°-5° Juchym Heller, Paul Keres (2660), 6°-7° Bent Larsen, Tigran Petrosjan (2650).
Successivi test statistici hanno mostrato che l'abilità scacchistica non è normalmente distribuita. Giocatori deboli hanno possibilità di vittoria più alte di quelle predette dal modello di Elo. Per questo motivo federazioni come quella statunitense e quella australiana sono passate a sistemi basati sulla distribuzione logistica.
Comparazione dei punteggi
Siccome le idee generali di Elo sono state adottate da molte organizzazioni (ognuna delle quali usa una differente implementazione dell'idea originale), è ambiguo e forse fuorviante parlare del punteggio Elo di un giocatore. È più preciso riferirsi all'organizzazione che assegna il punteggio: quindi si parlerà di punteggio FIDE o punteggio USCF. Si deve inoltre notare che i punteggi Elo delle varie organizzazioni non sempre sono direttamente comparabili (il punteggio USCF, ad esempio, è normalmente 100 punti più alto del punteggio FIDE).
La seguente analisi della classifica FIDE dell'ottobre 2009 dà l'idea della forza di gioco di un giocatore con un determinato punteggio:
2 giocatori (Veselin Topalov e Magnus Carlsen) avevano un punteggio superiore a 2800
35 giocatori avevano un punteggio di 2700 o superiore
All'incirca 200 giocatori avevano un punteggio di 2600 o superiore
un giocatore con punteggio superiore a 2500 normalmente possiede il titolo di Grande maestro internazionale
un giocatore con punteggio compreso tra 2400 e 2499 normalmente possiede il titolo di Maestro Internazionale
Nel gennaio 2013 la situazione è aggiornata come segue:
3 giocatori (Levon Aronyan, Vladimir Kramnik e Magnus Carlsen) hanno un punteggio superiore a 2800
48 giocatori hanno un punteggio di 2700 o superiore
227 giocatori hanno un punteggio di 2600 o superiore
Il più alto punteggio Elo Live di sempre è stato di 2889 punti, fatto segnare da Magnus Carlsen il 21 aprile 2014.
Dettagli matematici
Il rendimento di un giocatore non può essere misurato in maniera assoluta, ma può solo essere dedotto dai risultati. Di conseguenza, i punteggi hanno significato solo relativamente ai punteggi degli avversari: sia la media sia l'intervallo dei punteggi possono essere scelti arbitrariamente. Elo suggerì una scala per cui una differenza di 200 punti significa che il giocatore ha un punteggio atteso di 0,75 (l'USCF inizialmente puntava, per un giocatore medio, a un punteggio di 1500).
Il punteggio atteso di un giocatore è dato dalla probabilità di vincere, più la metà della probabilità di pareggiare. Quindi un punteggio atteso di 0,75 può rappresentare un 75% di possibilità di vittoria, 25% di sconfitta e 0% di pareggio, o all'altro estremo 50% di vittoria, 0% di sconfitta e 50% di pareggio. La probabilità di pareggiare non è definita nel sistema Elo: il pareggio viene considerato come mezza vittoria e mezza sconfitta.
Se il giocatore A ha una forza reale RA e il giocatore B una forza reale RB, la formula esatta (usando la curva logistica) per calcolare il punteggio atteso del giocatore A è:
Similarmente, il punteggio atteso del giocatore B è:
Si noti che
In pratica, siccome la forza reale di un giocatore è sconosciuta, i punteggi attesi sono calcolati utilizzando i punteggi effettivi dei giocatori. Quando i risultati di un giocatore eccedono il punteggio atteso, il sistema ELO considera il fatto come evidenza che il punteggio del giocatore è troppo basso: perciò deve essere aggiustato verso l'alto. Se invece i risultati restano sotto il punteggio atteso, il punteggio del giocatore viene aggiustato verso il basso. L'idea originale di Elo – ancora largamente usata – è quella di un semplice aggiustamento lineare, proporzionale a quanto il giocatore sia stato sopra o sotto il punteggio atteso. Il massimo aggiustamento possibile per una partita (ottenibile moltiplicando il proprio coefficiente di variazione Elo "K" per la differenza tra punteggio realizzato e punteggio atteso) è di 36 punti per i giocatori under 18, avendo questi (da regolamento) il "K" 40.
Supponendo che il giocatore A abbia un punteggio atteso di punti, ma abbia ottenuto punti. La formula per aggiornare il suo punteggio è:
L'aggiornamento può essere effettuato dopo ogni partita, dopo ogni torneo, o dopo ogni periodo prestabilito. Un esempio può aiutare a comprendere. Supponiamo che il giocatore A abbia un punteggio di 1613, e giochi in un torneo con cinque partite. Perde contro un giocatore quotato 1609, pareggia con un giocatore che ha 1477 punti, sconfigge un giocatore con 1388 punti, e uno con 1586, e infine perde con un giocatore che ha 1720 punti. Il suo punteggio è . il suo punteggio atteso, calcolato secondo la formula sopra esposta, avrebbe dovuto essere . Quindi il suo nuovo punteggio è .
Due vittorie, due sconfitte e un pareggio potrebbero sembrare un bilancio in pari; tuttavia il giocatore, avendo un punteggio maggiore a quello medio degli avversari, viene penalizzato e il suo punteggio scende. Se avesse avuto due vittorie, una sconfitta e due pareggi per un totale di tre punti, avrebbe fatto leggermente meglio di quanto atteso, e il suo nuovo punteggio sarebbe stato .
Questa procedura di aggiornamento è il nocciolo delle classifiche usate da FIDE, USCF, ICC e FICS. Comunque, ogni organizzazione ha preso strade diverse nella gestione dell'incertezza inerente ai punteggi (specie a quelli dei nuovi arrivati), e per trattare i problemi di inflazione/deflazione dei punteggi. Ai nuovi giocatori, di solito, viene assegnato un punteggio provvisorio che viene regolato più drasticamente rispetto ai punteggi consolidati.
Inflazione e deflazione
L'incremento e il decremento generalizzati dei punteggi vengono detti inflazione o deflazione dell'Elo. Questi fenomeni rendono difficile effettuare confronti fra giocatori di epoche diverse.
Almeno a livello dei top player, i rating sono attualmente soggetti a inflazione; il fenomeno potrebbe essere dovuto a un aumento generale dell'abilità dei giocatori. Attualmente, è possibile stimare l'abilità dei giocatori analizzando le loro partite con dei motori; ma questo non valuta direttamente la loro forza di gioco bensì la loro affinità con lo stile dei computer (comunque molto forte ma diverso da quello umano).
Il numero di Super-GM (giocatori con un Elo >2700) è in aumento (intorno al 1979 solo Anatolij Karpov superava quel punteggio). Il numero di giocatori attivi passò a 15 nel 1994, e a 37 nel 2010. Una possibile causa dell'inflazione è legata al punteggio minimo della lista. Per un lungo periodo tale valore era 2200, e chi scendeva sotto tale limite veniva escluso dalla lista. I giocatori a un livello di gioco inferiore alla soglia se sopravvalutati potevano rientrare comunque in graduatoria, 'alimentando' l'inflazione dei punteggi dei giocatori sovrastanti con le loro sconfitte.
Nel 1995 la Federazione scacchistica statunitense ha osservato che molti giovani giocatori stavano migliorando più velocemente di quanto il sistema di rating fosse in grado di valutare, lasciandoli sottovalutati e causando una diminuzione eccessiva dei punteggi dei giocatori presenti in lista da più tempo (quindi con un rating più affidabile), da loro affrontati.
Contrasto della deflazione
Per contrastare fenomeni inflazionari e deflazionari, molti sistemi Elo hanno dei meccanismi che permettono di bilanciare i punteggi per mantenere l'equilibrio nel tempo. La FIDE impiega principalmente due tecniche: un livello minimo di punteggio, sotto il quale i rating non vengono corretti; e un fattore correttivo K variabile a seconda della forza del giocatore: uguale a 40 per i nuovi arrivati, scende a 20 dopo 30 partite e a 10 quando il giocatore supera i 2400. Per i giocatori under 18, il K resta uguale a 40 fino al raggiungimento dei 2300.
Nell'attuale sistema statunitense (Sistema Glicko), è previsto un sistema di punti bonus che permette di correggere i punteggi dei giocatori che migliorano (oltre a una serie di fattori K diversi). Altri metodi, usati ad esempio in Norvegia, utilizzano fattori K variabili con l'età, maggiori per i giocatori più giovani.
Il punteggio minimo del sistema statunitense impedisce ai giocatori di scendere sotto una certa soglia; serve inoltre a combattere la deflazione, e impedisce ai giocatori di abbattere eccessivamente il loro punteggio per poter competere in categorie inferiori (sandbagging).
Elo Live
Al termine di ogni torneo l'arbitro invia alla FIDE la variazione Elo di ciascun giocatore; il totale raggiunto alla fine di ogni mese viene pubblicato ufficialmente dalla FIDE il primo giorno del mese successivo. Per i giocatori di punta con almeno 2700 punti Elo (Super GM) è possibile seguire il loro rating live tramite il sito 2700chess.com, visitato giornalmente da molti appassionati di scacchi.
Record Elo FIDE
In questa tabella sono riportati i giocatori che hanno raggiunto un massimo punteggio Elo FIDE superiore a . Come nazione di appartenenza è indicata quella della federazione per la quale gareggiavano al momento del raggiungimento del punteggio.
Note
Voci correlate
Classifica mondiale FIDE
Sistema Glicko
World Football Elo Ratings
Collegamenti esterni
Terminologia scacchistica |
1785 | https://it.wikipedia.org/wiki/Euridice%20%28Rinuccini%29 | Euridice (Rinuccini) | Euridice è una tragedia in versi scritta attorno al 1600 da Ottavio Rinuccini, che costituisce il libretto del primo melodramma storicamente documentato.
Storia
Il testo di Rinuccini fu scritto in occasione del matrimonio di Maria de' Medici con Enrico IV di Francia e, musicato da Jacopo Peri e Giulio Caccini, fu rappresentato per la prima volta a Firenze, in Palazzo Pitti, il 6 ottobre 1600. LEuridice musicata da Jacopo Peri e Giulio Caccini è pertanto il primo melodramma, nel puro senso del termine, la cui messa in scena sia storicamente documentata, e ad essa viene pertanto riferito l'inizio del teatro in musica. Pertanto il testo di Rinuccini è considerato uno dei primi libretti d'opera, ma non il primo in senso assoluto. Infatti il Rinuccini, un poeta assiduo della Camerata de' Bardi, aveva già composto attorno al 1595 un "libretto": una Dafne musicata dallo stesso Peri. In seguito a discordie tra i due compositori, anche Giulio Caccini, il quale aveva contribuito allEuridice dell'ottobre 1600 con alcune arie (l'aria di Euridice, l'aria del pastore e il coro "Al canto, al ballo") pubblicò, nello stesso anno, una sua partitura dell'opera, e si attribuì il primato dell'invenzione del recitar cantando.
Il testo
Dal punto di vista strutturale, lEuridice del Rinuccini è molto differente dai libretti del XVIII e XIX secolo. Si tratta infatti di un unico lungo testo in versi settenari ed endecasillabi alternati liberamente, senza divisione in atti. Non sono facilmente identificabili strutture simili alle arie. Il Rinuccini introduce la personificazione della "Tragedia" a cantare un prologo introduttivo. Dopo il prologo, la scena è quella di un dramma pastorale: si celebrano infatti le nozze di Orfeo ed Euridice. Per non turbare la gioia del matrimonio reale festeggiato a Firenze, la vicenda volge a un lieto fine, antitetico alla versione del mito greco, nella quale, perduta per sempre Euridice, Orfeo ripudia l'amore, e le donne inferocite si vendicano e lo fanno letteralmente a pezzi.
Note
Bibliografia
Ottavio Rinuccini, L'Euridice d'Ottauio Rinuccini rappresentata nello sponsalitio della christianiss. Regina di Francia, e di Nauarra, In Fiorenza: nella Stamperia di Cosimo Giunti, 1600.
Francesco Raccamadoro-Ramelli, Ottavio Rinuccini: studio biografico e critico, Fabriano: Tipografia Gentile, 1900.
Amelia Civita, Ottavio Rinuccini e il sorgere del melodramma in Italia, Mantova: Tip. Aldo Manuzio, 1900.
«Euridice». In: Cesare Orselli, Eduardo Rescigno et al., Grande storia della musica, Nascita dell'opera, Milano: Gruppo Editoriale Fabbri, 1983, n. LI, p. 16.
Paolo Divizia, Orfeo e la potenza dell’arte. La rinascita del teatro e della musica tra Poliziano, Rinuccini e Striggio-Monteverdi, Rhesis 4.2 (2012).
Voci correlate
Euridice (Peri)
Euridice (Caccini)
Collegamenti esterni
Libretti d'opera |
1791 | https://it.wikipedia.org/wiki/Edwin%20Hubble | Edwin Hubble |
Biografia
Era noto in vita principalmente per la scoperta, assieme a Milton Humason, nel 1929, della legge empirica spostamento verso il rosso / distanza, oggigiorno universalmente nota come legge di Hubble, la cui interpretazione in termini di velocità di recessione è coerente con le soluzioni di Alexander Friedman e Georges Lemaître delle equazioni di Einstein per uno spaziotempo omogeneo isotropo e in espansione.
I primi studi di Hubble presso l'Università di Chicago si concentrarono su matematica e astronomia. Si diplomò nel 1910; passò i tre anni seguenti come borsista Rhodes presso il The Queen's College a Oxford, dove studiò legge e ricevette un diploma Master.
Tornò all'astronomia presso l'Osservatorio Yerkes dell'Università di Chicago, dove conseguì il dottorato nel 1917, e George Ellery Hale gli offrì un posto nel suo staff. Hale era il fondatore e direttore dell'Osservatorio di Monte Wilson della Carnegie Institution, vicino a Pasadena. Hubble rimase con la Carnegie fino alla sua morte per infarto nel 1953.
Il suo arrivo all'Osservatorio di Monte Wilson fu all'incirca contemporaneo al completamento del telescopio Hooker da 100 pollici, allora il più potente del mondo. Le osservazioni di Hubble condotte tra il 1923 e il 1924 con l'Hooker stabilirono, senza ombra di dubbio, che gran parte delle cosiddette nebulose a spirale, prima osservate con telescopi meno potenti, non facevano parte della nostra galassia come si credeva, ma erano esse stesse galassie, poste al di fuori della Via Lattea. Ciò fu possibile dopo che Hubble osservò per la prima volta la stella V1, una variabile cefeide nella Galassia di Andromeda, determinandone la distanza con sufficiente precisione e smentendo la precedente teoria, sostenuta anche dal collega Harlow Shapley, sull'appartenenza di tali nebulose alla nostra galassia. L'annuncio di questa scoperta rivoluzionaria fu dato il 30 dicembre 1924.
Il telescopio Hooker fu usato da Hubble anche per misurare i redshift delle galassie. Unendo le sue misure delle distanze delle galassie e le misure dei redshift scoprì una proporzionalità tra le due misure. Hubble ottenne un valore di proporzionalità di 500 km/s/Mpc,
che è molto superiore al valore attualmente accettato di 71 km/s/Mpc. L'errore era dovuto a una non corretta calibrazione delle distanze.
Nel 1929 Hubble, assieme a Milton Humason, formulò la legge empirica di distanza di redshift delle galassie, oggi nota come legge di Hubble, che portò al concetto di universo in espansione. Se il redshift è interpretato come misura di velocità di allontanamento, allora esso indica uno spazio in espansione omogenea. Questa scoperta successivamente ha portato alla formulazione della teoria del Big Bang da parte di Georges Edouard Lemaître e George Gamow. Nel 1917 Albert Einstein aveva avuto gli stessi risultati nella teoria della relatività generale ma, non volendo accettare le implicazioni cosmologiche che potevano conseguirne, introdusse nelle equazioni una costante cosmologica. Quando Einstein venne a conoscenza della scoperta di Hubble, disse che quella costante era stato l'errore più grande della sua vita.
Poco prima della sua morte, il telescopio Hale da 200 pollici dell'Osservatorio di Monte Palomar venne completato. Hubble fu il primo a usarlo.
Hubble, inoltre, inventò un sistema di classificazione per le galassie, raggruppandole secondo contenuto, distanza, forma, dimensione e brillantezza.
Riconoscimenti
Nel 1940 ricevette la Medaglia d'Oro della Royal Astronomical Society.
Il telescopio spaziale Hubble è chiamato così in suo onore.
Gli è stato dedicato un asteroide, il 2069 Hubble, e un cratere lunare di 80 km di diametro.
Note
Voci correlate
Cosmologia (astronomia)
Big Bang
Redshift
Sequenza di Hubble
Costante di Hubble
Legge di Hubble
Grande Dibattito
Altri progetti
Collegamenti esterni
Medaglia d'oro della Royal Astronomical Society
Presidenti della Società astronomica del Pacifico
Medaglia Bruce |
1792 | https://it.wikipedia.org/wiki/Elettronvolt | Elettronvolt | In fisica l'elettronvolt o volt-elettrone (simbolo eV) è un'unità di misura dell'energia, molto usata in ambito atomico e subatomico.
Viene definito come l'energia guadagnata (o persa) dalla carica elettrica di un singolo elettrone, che si muove nel vuoto tra due punti di una regione tra i quali vi è una differenza di potenziale elettrostatico di 1 volt.
Sono molto usati i suoi multipli keV, MeV, GeV, TeV: si vedano in proposito i prefissi del SI. L'elettronvolt non è tuttavia un'unità di misura del sistema internazionale di unità di misura; trattasi dunque di una unità pratica, come l'anno luce o il litro, o anche empirica come il grado di temperatura (in quanto direttamente derivante da uno strumento).
Spesso, per praticità, i multipli dell'elettronvolt non vengono pronunciati come si usa con le altre unità di misura (per esempio megajoule), ma vengono pronunciati come si scrivono (per esempio si dice «keV», «MeV», «GeV», «TeV», al posto di «kiloelettronvolt», «megaelettronvolt», «gigaelettronvolt» e «teraelettronvolt»).
Conversioni
Un elettronvolt è 1 volt (cioè joule diviso coulomb) moltiplicato per la carica di un elettrone; corrisponde a un quantitativo molto piccolo di energia, pari all'inverso del numero di Coulomb:
1 eV = = 1,602176634 x 10-19 J
In chimica di solito si utilizza per l'energia di ionizzazione riferirsi a una mole, per ragioni storiche. Moltiplicando per il numero di Avogadro si ottiene:
1 eV = /mol
1 eV = 1,602176634 x 10-12 erg
1 a.m.u. = 0,9315 GeV
Usi
Nella fisica delle particelle, il megaelettronvolt (1 MeV = 106 eV) e il gigaelettronvolt (1 GeV = 109 eV) sono utilizzati per misurare la massa delle particelle elementari, usando l'equazione di conversione della relatività ristretta: E = mc², dove E sta per energia, m per massa e c è la velocità della luce nel vuoto.
In queste unità, la massa di un elettrone è di 0,511 MeV/c2, e quella di un protone di 938 MeV/c2; quella del bosone di Higgs, secondo i dati sperimentali avuti nel 2012, dovrebbe essere di 125,3 GeV/c2.
Per confronto, l'energia cinetica delle particelle cariche generate in un'esplosione nucleare va da 0,3 a 3 MeV. Una normale molecola atmosferica ha un'energia di circa 0,03 eV. Un sistema, la cui temperatura assoluta in unità tecniche (kelvin o rankine) ha valore pari a T , ha un valore di temperatura in unità energetiche (per esempio joule, o erg) pari a kBT, dove kB è la costante di Boltzmann. Il valore corrispondente eV si ottiene dividendo ancora la temperatura in unità energetiche per il valore della carica fondamentale (in eV/unità energetica adottata). Spesso la massa viene misurata in eV/c2 (oppure nei suoi multipli MeV/c2 e GeV/c2), dove si utilizza un sistema di unità naturali ponendo c = 1, cosa utile per l'analisi a livello teorico.
In spettroscopia, si usa l'elettronvolt per esprimere l'energia di legame di un elettrone in un orbitale atomico e l'energia dei fotoni usati per sondarne le proprietà (spettroscopia fotoelettronica e spettroscopia di assorbimento dei raggi X). Per esempio, l'espulsione di un elettrone dallo stato più profondo di un atomo di argento richiede una radiazione di 25 514 eV, propria dei raggi X duri.
Note
Altri progetti
Collegamenti esterni
Fisica delle particelle
Unità di energia
Unità di misure chimiche |