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https://it.wikipedia.org/wiki/Ipotesi%20nulla
Ipotesi nulla
Un'ipotesi nulla (in inglese null hypothesis, che significa letteralmente ipotesi zero) è un'affermazione sulla distribuzione di probabilità di una o più variabili casuali. Si intende per ipotesi nulla l'affermazione secondo la quale non ci sia differenza oppure non vi sia relazione tra due fenomeni misurati, o associazione tra due gruppi. Solitamente viene assunta vera, finché non si trova una evidenza che la confuti. Test statistico Nel test statistico viene verificata in termini probabilistici la validità di un'ipotesi statistica, detta appunto ipotesi nulla, di solito indicata con H0. Attraverso una funzione dei dati campionari si decide se accettare l'ipotesi nulla o meno. Nel caso l'ipotesi nulla venga rifiutata si accetterà l'ipotesi alternativa, indicata con H1. Se si rifiuta un'ipotesi nulla che nella realtà è vera, allora si dice che si è commesso un errore di prima specie (o falso negativo). Accettando invece un'ipotesi nulla falsa si commette un errore di seconda specie (o falso positivo). L'ipotesi può essere di tipo funzionale se riferita alla forma della f (x;θ) con f funzione di densità o di probabilità, o parametrica se riferita al vettore incognito θ. L'ipotesi è semplice quando specifica completamente la f (x;θ). Nel caso un'ipotesi non sia semplice si dirà composta. Quando si considera un solo parametro l'ipotesi semplice è del tipo θ=θ0, dove θ0 è un valore particolare. Un'ipotesi è unilaterale se è del tipo θ > θ0 oppure del tipo θ < θ0. Un'ipotesi è bilaterale se è del tipo θ ≠ θ0 oppure del tipo θ < θ0 e θ > θ0. Tali ipotesi sono effettuate con un certo grado di fiducia. La stessa ipotesi può essere vera o falsa a seconda del grado di fiducia utilizzato. Note Voci correlate Ipotesi statistica Test KPSS Test di verifica d'ipotesi Collegamenti esterni Test statistici Psicometria
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https://it.wikipedia.org/wiki/Istituto%20internazionale%20di%20statistica
Istituto internazionale di statistica
L'Istituto internazionale di statistica (IIS) è stato creato a Londra il 24 giugno 1885 ed è organizzato in sezioni. Come primo segretario generale dell'IIS fu nominato Luigi Bodio, successivamente nominato presidente (1909-1920) dell'IIS. Il primo congresso venne organizzato nel 1853 (su iniziativa di Adolphe Quetelet), prima della formale creazione dell'istituto stesso. Obiettivi dell'IIS è lo sviluppo e il miglioramento dei metodi statistici e le loro applicazioni nel mondo, nel senso più ampio del termine. In particolare cerca: di incoraggiare la cooperazione internazionale e l'associazione tra statistici, e lo scambio delle loro conoscenze e scoperte professionali; di promuovere l'integrazione internazionale della statistica, sviluppando relazioni mondiali tra società statistiche e altre organizzazioni ufficiali e non ufficiali che hanno interessi in ambito statistico; di contribuire al miglioramento dell'educazione statistica e di promuovere la formazione in statistica; di far progredire gli studi in statistica teorica, valutare metodi e pratiche statistiche, incoraggiare la ricerca statistica e di promuovere l'applicazione del metodo statistico in tutti i campi rilevanti; di promuovere l'uso dei metodi statistici più appropriati in tutti i paesi; di promuovere la confrontabilità internazionale dei dati statistici. Sezioni dell'IIS Bernoulli Society for Mathematical Statistics and Probability International Association of Survey Statisticians International Association for Statistical Computing International Association for Official Statistics International Association for Statistical Education Irving Fisher Society for Financial and Monetary Statistics The International Environmetrics Society Presidenti dell'IIS 1885-1899: Rawson W. Rawson 1899-1908: Karl von Inama-Sternegg 1909-1920: Luigi Bodio 1923-1931: Albert Delatour 1931-1936: Friedrich Zahn 1936-1947: Armand Julin 1947-1953: Stuart A. Rice 1953-1960: Georges Darmois 1960-1963: Marcello Boldrini 1963-1967: Harry Campion 1967-1971: William G. Cochran 1971-1975: Petter Jakob Bjerve 1975-1977: Milos Macura 1977-1979: Calyampudi Radhakrishna Rao 1979-1981: Edmond Malinvaud 1981-1983: Enrique Cansado 1983-1985: James Durbin 1985-1987: Sigeiti Moriguti 1987-1989: Ivan P. Fellegi 1989-1991: Gunnar Kulldorff 1991-1993: Frederick Mosteller 1993-1995: Jayanta K. Ghosh 1995-1997: David R. Cox 1997-1999: Willem R. van Zwet 1999-2001: Jean-Louis Bodin 2001-2003: Dennis Trewin 2003-2005: Stephen M. Stigler 2005-2007: Neils Keiding 2007-2009: Denise Lievesley 2009–2011: Jef Teugels 2011-2013: Jae Chang Lee Congressi dell'IIS Alcuni congressi tenuti dall'IIS: 1893: Chicago 1895: Berna - 1901: Budapest - 1903: Berlino - 1909: Parigi - 1911: L'Aia - 1925: Roma – dopo polemiche durate anni, una risoluzione adottata distingue tra campionamento casuale e campionamento ragionato 1933 - su iniziativa di K. Wikler viene istituita una commissione per la standardizzazione delle rappresentazioni grafiche in statistica 1975 - Varsavia - 1977 - Nuova Delhi - 1979 - Manila - 1981 - Buenos Aires - 1983 - Madrid - 1985 - Amsterdam - 1987 - Tokyo - 1989 - Parigi - 1991 - Il Cairo - 1993 - Firenze - 1995 - Pechino - 1997 - Istanbul - 1999 - Helsinki - 2001 - Seul - 2003 - Berlino - 2005 - Sydney - 2007 - Lisbona - 2009 - Durban - 2011 - Dublino - 2013 - Hong Kong - Voci correlate Congresso internazionale di statistica Società italiana di statistica Società italiana di economia demografia e statistica Royal Statistical Society Collegamenti esterni Istituti di statistica
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https://it.wikipedia.org/wiki/Isole%20dell%27Italia
Isole dell'Italia
La seguente lista di isole dell'Italia elenca le isole giuridicamente appartenenti alla Repubblica Italiana, raggruppate geograficamente e per tipologia (isole marittime, lagunari, lacustri e fluviali); la loro superficie complessiva supera i 50.000 km². Il patrimonio insulare italiano consta di oltre 800 isole, di cui solo un'ottantina sono abitate, comprese le due più grandi isole del mar Mediterraneo, la Sicilia e la Sardegna, le cui regioni costituiscono la macroarea dell'Italia insulare. Isole marittime Sicilia Isole del mar Tirreno Isole dello Stagnone Isola Grande Isola di San Pantaleo (Mozia) Isola La Schola Isola Santa Maria Isole Egadi Isola di Favignana Isola Galeotta Isola di Levanzo Isola di Marettimo Isola Maraone Isola Formica Isola della Colombaia Isola delle Femmine Isola di Ustica Isole Eolie o Isole Lipari Isola Alicudi Scoglio Galera Scoglio Palomba Isola Filicudi La Canna Scoglietto Scoglio Cacato Scoglio Cuddura Scoglio della Fortuna Scoglio di Montenassari Scoglio Giafante Scoglio la Mitra Scoglio Notaro Isola di Salina Scoglio l'Ariana Scoglio Cacato Scoglio Faraglione Torricella Isola di Lipari Isola di Vulcano Isola di Stromboli Strombolicchio Isola di Panarea Bottaro Dattilo Isola di Basiluzzo Scoglio Spinazzola Le Guglie Le Formiche Lisca Bianca Lisca Nera Panarelli Scoglio Bastimento Scoglio del Sorcio Scoglio la Loca Scoglio la Nave Isole del mar Ionio Isola Bella Isole Ciclopi Isola Lachea Faraglione Grande o di Santa Maria Faraglione di Mezzo Faraglione degli Uccelli Isola di Augusta Isola di Ortigia (centro storico di Siracusa) Isola di Ognina Isola Vendicari Isola di Capo Passero Isole del canale di Sicilia Isola delle Correnti Scoglio Iannuzzo Isola dei Porri Isole Pelagie Isola di Lampedusa Faraglione Isola dei Conigli Scoglio del Sacramento Scoglio Pignolta Isola di Linosa Faraglioni di Linosa Scogli dei Bovi Marini Isola Lampione Rocca San Nicola Isola di Pantelleria Sardegna Isole del mar Tirreno Arcipelago di Tavolara Isola Molara Isola di Molarotto Isola Ruja Isola di Proratora Isolotto Rosso Isola dell'Ogliastra Isola di Quirra Isola Piana Tavolara Isola dei Porri Isola dei Cavalli Isolotto di Ottiolu Isola di Barca Sconcia Isole di Portolucas Isola di Patron Fiaso Isola di Figarolo Isola di Soffi Mortorio Arcipelago di La Maddalena La Maddalena Caprera Isola Piana Isola Santo Stefano Isola Spargi Isola di Spargiotto Isola Budelli Isola di Razzoli Isola Santa Maria Isola dei Cavoli Isola Serpentara Isole del mar di Sardegna Isola Rossa Isola Asinara Isola Piana Isola dei Porri Isola Piana Isola di Foradada Mal di Ventre Isolotto di Caogheddas Scogli di Corona Niedda Scoglio del Catalano Isola del Corno Isola Cruccianas Isola Geniò Il Vitello Isola dei Ratti Isola di Cala Vinagra Isola Manna Scoglio Pan di Zucchero Isola Piana Isola Porcu e Scriba Isola di San Pietro Isola di Sant'Antioco Scogli delle Spine Scogli l'Agusteri Scoglio della Catena Scoglio il Morto Scoglio Is Canneddas Scoglio Mangiabarche di fuori Scoglio Mangiabarche di terra Isola de sa Scruidda Isola di Stea Su Scoglitteddu Isola del Toro Isola la Vacca Isola Rossa Isola Tuerredda Isola Su Giudeu Isola San Macario Isola di Campionna Isola del Coltellazzo Penisola italiana Isole nel mar Ligure Arcipelago Spezzino Palmaria Isola del Tino Tinetto Torre Scola Isola Gallinara Isola di Bergeggi Isole del mar Tirreno Arcipelago Toscano Isola di Gorgona Isola di Capraia Isola d'Elba Isola di Pianosa Isola di Montecristo Isola del Giglio Isola della Cappa Isola di Giannutri Formiche di Grosseto Scoglio d'Africa Isola di Palmaiola Isola di Cerboli Isola dei Topi Isole Gemini Isolotto dello Sparviero Isola Argentarola Isola Rossa (Monte Argentario) Isola Rossa (Teulada) Isolotto Formica di Burano Secche della Meloria Secche di Vada Isole Ponziane o Isole Pontine Isola di Ponza Isola di Ventotene Isola di Santo Stefano Palmarola Isola Zannone Isola di Gavi Scoglio della Botte Arcipelago Campano Isole Flegree Isola d'Ischia Isola di Nisida Isolotto di San Martino Isola Pennata Procida Isola di Vivara Isola di Capri Isola la Gaiola Isolotto di Megaride Scoglio di Rovigliano Faraglioni di Capri Li Galli Scoglio Vetara (o Vivaro) Faraglioni "I Due Fratelli" (Vietri sul Mare) Licosa Scoglio dello Scialandro Isola Santo Ianni Isola di Dino Scogli Coreca Isolotto di San Nicola Arcella o Scoglio dello Scorzone Isola di Cirella Lo Scoglio Scogli della Ringa Scogli di Riaci Scogli delle Formiche Scogli della Galea Pietra Galera Scogli Isca Scogli Oremus Scoglio del Godano Scoglio dell'Ulivo Scoglio della Regina Scoglio la Monaca Scoglio la Vrace Scoglio Palombaro Scoglio Safò Scoglio Trachini Isole nel Mar Ionio Scoglio la Pietra Grande Isolotto di Le Castella Scoglio dell'Incudine Scoglio della Tina Scogli della Galera Scoglio la Russa Scoglio la Grilla Scoglio del Cervaro Isole Cheradi Isola di San Paolo Isola di San Pietro Isolotti di Porto Cesareo Isola della Malva Scoglio di Porto Cesareo Isola della Chianca Isola Grande (o dei Conigli) Scoglio Mogliuso (o Mujusu) Isola della Scogliera (o Lo Scoglio) Isola di Mezzo Isola del Caparrone (o della Testa o del Capparone) Isola di Gallipoli (centro storico) Isola del Campo Scoglio dei Piccioni Isola di Sant'Andrea Isolotto di Pazze (Torre San Giovanni) Isola della Fanciulla Isole nel mar Adriatico Isole lagunari Isola di Porto Levante Isole Tremiti o Isole Diomedee Isola di Pianosa Isola di Capraia Isola di San Nicola Isola di San Domino Cretaccio Isola di Albarella Isole lagunari Mar Adriatico Laguna di Venezia Buel del Lovo Burano Campalto Carbonera Campana o Podo Casse di colmata Chioggia Crevan Ex Poveglia Fisolo Giudecca Isola dei Laghi Isola della Certosa La Cura La Salina Lazzaretto Nuovo Lazzaretto Vecchio Lido di Venezia Madonna del Monte Mazzorbetto Mazzorbo Monte dell'Oro Motta dei Cunicci Motta di San Lorenzo Motte di Volpego Murano Ottagono San Pietro Ottagono Abbandonato Ottagono Alberoni Ottagono Ca' Roman Ottagono Poveglia Pellestrina Poveglia Sacca Fisola Sacca Sessola San Clemente San Francesco del Deserto San Giacomo in Paludo San Giorgio in Alga San Giorgio Maggiore San Giuliano San Lazzaro degli Armeni San Michele San Secondo San Servolo Santa Cristina Santa Maria della Grazia Isola di Sant'Andrea Sant'Angelo della Polvere Sant'Ariano Sant'Erasmo Santo Spirito Sottomarina Spignon Tessera Torcello Trezze Tronchetto Venezia Vignole Laguna di Grado San Pietro d'Orio Barbana Schiusa Laguna di Marano Sant'Andrea Isola di Martignano Isole lacustri Piemonte Isola di San Giulio Isole Borromee Isola dei Pescatori Isola Bella Isolino di San Giovanni Isola Madre Scoglio Le Prigioni Scoglio della Malghera Isolotto del Castello Scoglio Melgonaro Lombardia Isola Comacina Isolino Virginia Monte Isola Isola di Loreto Isola di San Paolo Isola di Garda Scoglio dell'Altare Isola San Biagio Isolino Partegora Isola dei Cipressi Sasso Galletto Veneto Isola del Sogno Isola dell'Olivo Isola Trimelone Umbria Isola Maggiore Isola Minore Isola Polvese Lazio Isola Bisentina Isola Martana Isola i Porcini Isola De Bonis Isola della Rocca Sardegna Isola Monte Paza Isola del Lago Alto Puglia Isola di San Clemente Calabria Isola del Lago Arvo Isole fluviali Po Isola Serafini Piave Grave di Papadopoli Tevere Isola Tiberina Isola Sacra Liri Isola del Liri Adda Isola Viscontea Isole scomparse Laguna veneta Ammiana Costanziaco San Marco in Boccalama Vigilia Isole Cheradi San Nicolicchio Isola Ferdinandea (creatasi nel 1831 in seguito a eruzione vulcanica, scomparsa dopo pochi mesi) Faraglione Il Pastore (distrutto a cannonate, vedi Isola la Vacca) Le isole italiane più estese Isola di Sicilia (25 460 km²) Isola di Sardegna (23 813 km²) Isola d'Elba (223 km²) Isola di Sant'Antioco (108,9 km²) Isola di Pantelleria (83 km²) Isole non più appartenenti all'Italia Dal 1912 al 1947 sono appartenute all'Italia le isole del Dodecaneso italiano. Dal 1920 al 1947 sono appartenute all'Italia anche le isole di Cherso (404 km²), Lussino (75 km²), Lagosta (53 km²) e Unie (17 km²) (più altre minori), ora tutte facenti parte della Croazia. Durante la prima guerra mondiale l'isola di Saseno (5,6 km²) fu occupata dall'Italia per la sua posizione strategica all'imbocco dell'Adriatico e poi dal 1920 al 1947 essa fu formalmente ceduta dall'Albania all'Italia. L'arcipelago adriatico di Pelagosa, situato al largo del Gargano (di cui costituisce una continuazione geologica) e formato dalle due isole Pelagosa Grande e Pelagosa Piccola, è appartenuto prima alla Repubblica di Venezia e poi al Regno delle Due Sicilie (sotto il quale fu popolato da pescatori e inserito amministrativamente nella provincia pugliese della Capitanata), per confluire in seguito nel neonato Regno d'Italia che lo abbandonò a sé stesso, causandone lo spopolamento totale e quindi l'occupazione da parte dell'Impero austro-ungarico. Tornato all'Italia nel 1920, nel 1947 passò alla Jugoslavia e fa oggi parte della repubblica di Croazia. La Corsica (8680 km²) che nel 1768 venne ceduta alla Francia dalla Repubblica di Genova, non è mai appartenuta formalmente allo Stato italiano unitario (salvo una breve occupazione durante la seconda guerra mondiale), ma ha forti legami con l'Italia dal punto di vista culturale e geografico. Le isole della Colonia eritrea nel Mar Rossoː Isole della baia di Assab, dal 1882 al 1941. Le isole di Massaua e Taulud, dal 1885 al 1941. Arcipelago delle isole Dahlak, dal 1890 al 1941. Isole Hanish, occupate dal 1929 al 1941. Geografia politica Comuni completamente insulari Comuni formati interamente da una o più isole (senza confini terrestri con altri comuni): Comuni posti interamente su isole (con confini terrestri con altri comuni) 382 comuni in Sicilia 374 comuni in Sardegna 7 comuni posti sull'Isola d'Elba 6 comuni posti sull'isola d'Ischia 3 comuni posti sull'isola di Salina 2 comuni posti sull'isola di Capri Note Bibliografia Voci correlate Isole d'Italia per popolazione Isole italiane per superficie Isole dell'Adriatico Italia insulare Altri progetti Collegamenti esterni Italia
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https://it.wikipedia.org/wiki/Perugino
Perugino
Titolare in contemporanea di due attivissime botteghe, a Firenze e a Perugia, fu per un paio di decenni il più noto e influente pittore italiano del suo tempo, tanto da essere definito da Agostino Chigi: "il meglio maestro d’Italia”. Frequentò la bottega del Verrocchio insieme a Botticelli e Leonardo da Vinci. È considerato uno dei massimi esponenti dell'umanesimo ed il più grande rappresentante della pittura umbra del XV secolo. Collaborò nelle decorazioni della Cappella Sistina con Sandro Botticelli, dove dipinse la sua opera più famosa, Consegna delle chiavi. Morì a Fontignano, frazione di Perugia nel 1523, luogo in cui aveva cercato rifugio dalla peste bubbonica. Fuse insieme la luce e la monumentalità di Piero della Francesca con il naturalismo e i modi lineari di Andrea del Verrocchio, filtrandoli attraverso i modi gentili della pittura umbra. Fu maestro di Raffaello. Biografia Formazione Contrariamente a quanto afferma Vasari, la famiglia Vannucci era una delle più importanti e ricche di Città della Pieve. La data di nascita è sconosciuta, ma grazie alle parole scritte dallo stesso Vasari e da Giovanni Santi sull'età al momento della morte, i natali vengono fatti risalire al periodo compreso tra il 1445 e il 1452.]. Non si conosce alcuna produzione giovanile nella sua cittadina di origine. La sua formazione, dopo un primo contatto con la realtà artistica perugina, avvenne, secondo quanto scrive Giorgio Vasari, con lo studio delle maggiori opere di Piero della Francesca. Perugia dopotutto, nella seconda metà del Quattrocento, conosceva una vitale stagione artistica, con cospicue somme di denaro che alimentavano importanti opere sia pubbliche che private. Lavorarono a Perugia in quegli anni, oltre a Piero, Domenico Veneziano, Beato Angelico e Benozzo Gozzoli. Sulla scia di questi esempi i pittori locali, tra i quali spiccava Benedetto Bonfigli, avevano sviluppato una pittura luminosa e ornata, oltre che narrativamente scorrevole e, grazie all'esempio di Piero (che aveva lasciato nel 1459-1468 il Polittico di Sant'Antonio), attenta all'integrazione tra architettura rigorosa e personaggi. Le prime esperienze artistiche umbre di Pietro Vannucci si appoggiarono probabilmente a botteghe locali come quelle di Bartolomeo Caporali e Fiorenzo di Lorenzo. Ma fu solo a Firenze, dove forse si recò fin dagli anni 1467-1468, che l'artista ebbe gli insegnamenti decisivi che condizionarono le sue prime prove artistiche. Nel 1469 un primo documento lo ricorda come di ritorno a Città della Pieve per pagare la tassa del vino dopo la morte del padre. Subito dopo dovette tornare a Firenze dove, secondo la testimonianza di Vasari, lavorò nella più importante fucina di giovani talenti allora esistenti, la bottega di Andrea Verrocchio, dove si praticavano la pittura, la scultura e l'oreficeria. Qui ebbe modo di lavorare fianco a fianco con giovani talenti quali Leonardo da Vinci, Domenico Ghirlandaio, Lorenzo di Credi, Filippino Lippi e, soprattutto, il poco più che coetaneo Botticelli, che l'Anonimo Magliabechiano (1540 circa) citò, forse con troppa enfasi, come diretto maestro di Perugino. La formazione artistica a Firenze allora si basava soprattutto sull'esercizio del disegno dal vero, ritenuto un'attività fondamentale per l'apprendimento di qualsiasi pratica artistica: esso richiedeva approfonditi studi anatomici, spesso con lo studio diretto di cadaveri scorticati. Per l'assidua attenzione agli aspetti grafici, la scuola fiorentina dell'epoca era molto attenta alla linea di contorno, che veniva leggermente marcata, come nelle opere dei fratelli Pollaiolo o di Verrocchio stesso. Nel 1472 l'apprendistato, che negli statuti delle arti dell'epoca veniva indicato come non inferiore ai nove anni, era concluso, poiché il Perugino si iscrisse alla Compagnia di San Luca a Firenze col titolo di "dipintore", quindi in grado di esercitare in maniera autonoma. Prime opere La prima attività di Perugino, rintracciabile solo a partire dagli anni settanta del Quattrocento, non è ricordata in nessun documento, ed è stata ricostruita solo in base a confronti stilistici. In genere vengono avvicinate agli esordi quelle opere dove è più forte la ricerca di espressione mediante il disegno lineare, di chiara ascendenza fiorentina, mentre sono gradualmente datati agli anni successivi quei lavori dove si inizia a manifestare una transizione verso lo stile "moderno", basato su una maggiore purezza formale, con attenzione all'armonia compositiva e un uso più morbido e sfumato del colore, che si affermò poi nella Roma di Giulio II e di Leone X. A Perugino viene infatti attribuito l'avvio di questa svolta, che venne ripresa e sviluppata dai più grandi maestri a cavallo tra XV e XVI secolo. Una primissima opera è talvolta indicata nella Madonna col Bambino (Madonna Gambier Parry) del Courtauld Institute di Londra, dove sono evidenti le influenze della sua prima produzione: impostazione frontale attenta al volume derivata da Piero della Francesca, semplicità della decorazione, chiaroscuro netto alla Verrocchio; la tecnica e la tipologia del volto della Vergine dimostrano un'influenza fiamminga, mentre si riscontrano già elementi che diverranno tipici della sua arte, quali il ritmo cadenzato di pose e gesti e il senso melanconico che pervade tutto il dipinto. Per le fattezze molto simili del Bambino e della Vergine e per il disegno molto marcato è databile a questi primi anche lAdorazione dei Magi, da alcuni collocata invece verso il 1476, che rappresentò una prima commissione importante da parte dei Serviti di Perugia, oggi alla Galleria Nazionale dell'Umbria. I personaggi stipati nello spazio, quasi secondando un gusto tardogotico, la linea di contorno preponderante, le figure robuste e massicce, la presenza di citazioni "famose" (Piero, Leonardo, Verrocchio): tutti questi elementi appaiono più tipicamente riferibili all'esercitazione di un giovane che non allo stile di un maestro affermato. Allo stesso periodo risalgono le due tavolette di predella con la Nascita della Vergine e il Miracolo della Neve, appartenenti a una perduta pala dedicata alla Vergine. Vicino allAdorazione de Magi è anche il Gonfalone con la Pietà, dal convento francescano di Farneto, oggi alla Galleria nazionale dell'Umbria. In questa opera è evidente ancora la componente verrocchiesca, che solo nella figura della Maddalena inizia leggermente ad addolcirsi, verso una rielaborazione dei modi fiorentini che porterà allo stile maturo dell'artista. Un'altra opera giovanile, frammento forse di un insieme più ampio, è la tavoletta della Visitazione con sant'Anna, alla Galleria dell'Accademia di Firenze. San Bernardino Nel 1473 Perugino ricevette la prima commissione altamente significativa della sua carriera, che segnò una prima svolta nella sua produzione. I francescani di Perugia, fortemente impegnati nel loro ordine a diffondere il culto di san Bernardino da Siena (canonizzato nel 1450), gli chiesero di decorare la cosiddetta "nicchia di San Bernardino", dipingendo otto tavolette che insieme componevano due ante che chiudevano una nicchia con un gonfalone con l'effigie del santo nell'omonimo oratorio, successivamente separate e ancora oggi oggetto di lunghe diatribe circa la disposizione originale. Esse vennero realizzate a più mani (almeno cinque artisti, tra i quali si sono fatti nomi prestigiosissimi), ma si può riconoscere comunque l'intervento del Perugino in due tavolette, le migliori qualitativamente: quella col Miracolo del bambino nato morto e, soprattutto, quella con San Bernardino risana una fanciulla. In esse l'architettura monumentale e decorata prevale sulle piccole figure umane, e la luce tersa e nitidissima deriva da Piero della Francesca. A un periodo molto vicino risalgono i tre scomparti di predella del Louvre con San Girolamo che resuscita il cardinale Andrea, Cristo morto e San Girolamo che assiste due giovani impiccati ingiustamente. Datato al 1477 o 1478 è l'affresco staccato, oggi nella Pinacoteca Comunale di Deruta, con il Padre Eterno con i santi Rocco e Romano, con una rara veduta idealizzata di Deruta in basso. Venne probabilmente commissionato per la fine della pestilenza del 1476. L'opera riprende elementi dellAdorazione dei Magi e della tavoletta di san Bernardino, ma vi si trova per la prima volta anche un inequivocabile languore delicato delle figure, che divenne di lì a poco una delle caratteristiche più tipiche dello stile del Perugino. Nel 1478 continuò a lavorare in Umbria, dipingendo gli affreschi della cappella della Maddalena nella chiesa parrocchiale di Cerqueto, nei pressi di Perugia, dove rimangono solo frammenti. L'opera, per quanto in una realtà provinciale, testimonia la sua crescente notorietà, con commissioni di notevole complessità decorativa. Ne restano un frammento di San Sebastiano tra i santi Rocco e Pietro, il primo esempio conosciuto del santo trafitto dalle frecce che divenne uno dei temi più apprezzati della sua produzione. In quest'opera all'uso della linea appreso a Firenze, unì un'illuminazione tersa, derivata da Piero della Francesca. L'opera fece da modello per numerose repliche per la devozione privata: se ne conoscono una al Museo nazionale di Stoccolma, una frammentaria all'Ermitage di San Pietroburgo, una al Louvre (1490), una nella chiesa di San Sebastiano a Panicale (1505) e una nella chiesa di San Francesco al Prato a Perugia (1518). A questa fase appartengono varie Vergini disseminate in numerosi musei europei, molte delle quali per lungo tempo in passato erano state attribuite al Verrocchio. In tutte si individua una mescolanza delle influenze trasmesse al Perugino dai suoi due maestri. A Roma Raggiunta presto una notevole fama, venne chiamato a Roma dal 1479, dove dipinse l'abside della cappella della Concezione, nel coro della Basilica vaticana per papa Sisto IV, opera distrutta nel 1609 quando fu dato avvio a ricostruzione della basilica. Da documenti d'archivio si sa che il ciclo rappresentava la Madonna col Bambino in una mandorla, affiancata dai santi Pietro, Paolo (nell'atto di presentarle papa Sisto), Francesco e Antonio da Padova. Il lavoro dovette riscuotere un notevole successo, tanto che il papa incaricò poco dopo Perugino di decorare la parete di fondo della Cappella Sistina, venendogli presto affiancati per interessamento di Lorenzo de' Medici, a partire dall'estate del 1481, un gruppo dei migliori pittori fiorentini tra cui Botticelli, Ghirlandaio e Cosimo Rosselli, coi rispettivi collaboratori. Perugino, che si avvaleva come collaboratore di Pinturicchio, era uno dei più giovani del gruppo ma ottenne subito una posizione preminente nel gruppo di lavoro: ciò dimostra il favore che andava incontrando la sua arte fatta di un'innovativa interpretazione del classicismo, a fronte della concezione puramente disegnativa di Botticelli o della struttura solida e robusta di Ghirlandaio. Per questi affreschi i pittori si attennero a comuni convenzioni rappresentative in modo da far risultare il lavoro omogeneo, quali una comune scala dimensionale, una comune struttura ritmica e una comune rappresentazione paesaggistica; utilizzarono inoltre, accanto ad un'unica gamma cromatica, le rifiniture in oro in modo da far risplendere le pitture con i bagliori delle torce e delle candele. Nella zona dietro l'altare, la prima ad essere affrescata, dipinse la finta pala d'altare dellAssunta col papa inginocchiato come committente, opera distrutta per far posto al Giudizio Universale di Michelangelo insieme ad altri suoi due riquadri sulla stessa parete, la Nascita e ritrovamento di Mosè e la Natività di Cristo. LAssunta ci è nota da un disegno di un allievo del Pinturicchio, che mostra il prototipo di quel modo di dividere lo spazio in due piani paralleli quasi non comunicanti, uno superiore e uno inferiore, che venne ampiamente replicato dall'artista. Ne sono esempi la Pala di Fano (1489 circa), la Pala di Vallombrosa (1500), la Madonna in gloria e santi della Pinacoteca Nazionale di Bologna (1500-1501), la Pala dell'Annunziata di Firenze (1507), la Pala del Duomo di Napoli (1508-1509) e la Pala di Corciano (1513). La stessa idea compositiva ricorre poi nelle ascensioni di Cristo come nel Polittico di San Pietro (1496-1500) per l'omonima chiesa perugina, la Pala di Sansepolcro (1510 circa) e la Pala della Trasfigurazione in Santa Maria dei Servi a Perugia (1517). Anche la Natività, che aveva una riproduzione quasi contemporanea nella chiesa di San Giusto alle Mura a Firenze (pure perduta), riscosse ampio favore e ci è nota da disegni. Una derivazione antica è il Polittico Albani Torlonia (1491) dove l'evento della nascita è in primo piano, con un ruolo fondamentale delle figure umane, mentre lo sfondo è occupato da architetture di ampio respiro compositivo, che nelle riproposizioni successive lasciarono spazio a un paesaggio gradualmente più spoglio ed essenziale. Tra gli affreschi superstiti di Perugino nella Cappella Sistina ci sono il Battesimo di Cristo (l'unica opera firmata di tutta la cappella), il Viaggio di Mosè in Egitto e la celeberrima Consegna delle chiavi. Quest'ultimo affresco mostra gli apostoli e una folla di personaggi ai lati del gruppo centrale, costituito dal Cristo che dà le due chiavi a san Pietro inginocchiato. In secondo piano sono rappresentati gli episodi del pagamento del tributo, a sinistra e a destra della tentata lapidazione di Cristo, a cui si riferisce l'iscrizione sovrastante: CONTURBATIO IESU CHRISTI LEGISLATORIS. Si crede di riconoscere nel personaggio sulla destra in primo piano e con il berretto nero l'autoritratto del Perugino. Lo sfondo è composto da un apparato scenografico di grande impatto, dove nulla è casuale ma soggetto a un perfetto controllo intellettuale. Vi si riscontra la passione per la resa di dettagli architettonici, già presente nelle Tavolette di San Bernardino, con due archi trionfali, evidenti omaggi all'Arco di Costantino, e con un tempietto a base centrale nel mezzo, trasposizione ideale del Tempio di Gerusalemme. La composizione venne ripresa con successo nello Sposalizio della Vergine (1501-1504) al Musée des Beaux-Arts di Caen, già nella cappella del Santo Anello nel Duomo di Perugia. Successivamente il Perugino lasciò il cantiere della Sistina e al suo posto subentrò Luca Signorelli. L'apogeo Nei dieci anni successivi Perugino continuò a gravitare tra Roma, Firenze e Perugia. Nella città toscana nel 1482, subito dopo il ritorno dall'impresa romana, venne incaricato di decorare una delle pareti della Sala dei Settanta in palazzo Vecchio, mai eseguita. Nel 1483 partecipò al più ambizioso programma decorativo avviato da Lorenzo il Magnifico, la decorazione della villa di Spedaletto, presso Volterra, dove vennero radunati i migliori artisti sulla scena fiorentina dell'epoca: Sandro Botticelli, Domenico Ghirlandaio, Filippino Lippi e Perugino. Le scene, che avevano un carattere squisitamente mitologico, come è noto, andarono completamente perdute. Nel 1485 per il gran prestigio di cui godeva fu nominato cittadino onorario di Perugia; in quell'anno circa realizzò il Trittico Galitzin. La sua attività, per la popolarità crescente, divenne sempre più frenetica, tanto che iniziò a tenere regolarmente bottega sia a Firenze che a Perugia. Raramente disponeva di aiuti fissi, ma preferiva anzi reclutarne direttamente nei luoghi dove soggiornava, permettendo al suo stile di accordarsi di volta in volta al contesto locale. Superate le asperità verrocchiesche delle prime opere, la luce diventa in questo periodo sempre più diffusa, e i paesaggi abbandonano le asperità in favore di dolci colline ondulate, senza né tempo né luogo. Le sue composizioni pacate e solenni, ottennero un grande successo, in quanto rispondevano nel modo più adeguato alle pratiche di visualizzazione interiore dei manuali di orazione, diffusissimi alla fine del Quattrocento. Essi richiedevano come supporto immagini con figure e luoghi non troppo caratterizzati, per permettere al devoto di dare lui un volto e un luogo preciso alla scena sacra che visualizzava internamente; ciò portò il Perugino a costruite figure con espressioni indefinite inserite su sfondi paesaggistici generici, risultato accentuato dall'uso di una gamma cromatica ricca ma soffusa. I personaggi che creava di fantasia hanno un'eleganza raffinata e una morbida dolcezza pittorica, mentre nei ritratti dimostrava un pungente spirito di osservazione analitica, capace di indagare anche la psicologia. Un viaggio a Venezia nel 1494 gli permise di ammirare l'apogeo della scuola locale con le opere di Vittore Carpaccio e Giovanni Bellini, che influenzarono la sua produzione successiva. Firenze A Firenze, dove nel 1493 sposò Chiara Fancelli, figlia di Luca Fancelli e modella per tante sue Madonne, e iniziò a soggiornare prevalentemente, creò una serie di grandi tavole per gli altari della chiesa di San Giusto degli Ingesuati (Crocifissione, Orazione nell'orto e Pietà) e affrescò il refettorio delle monache di Fuligno con un Cenacolo. In queste opere iniziò ad usare un'impaginazione architettonica delle figure sotto un portico, spesso di disegno identico, dalle forme semplici ma solenni, aperte su un paesaggio che dilatava lo spazio grazie all'uso della prospettiva aerea, ormai portato a una padronanza magistrale con i delicati accordi di verdi acquosi e di azzurrini. Inoltre in queste opere iniziano ad assumere un'importanza sempre maggiore le figure in primo piano, arrivando ad essere il metro che definisce i rapporti spaziali e volumetrici dell'intero dipinto. Altri esempi sono lApparizione della Vergine a san Bernardo, la Madonna col Bambino tra i santi Giovanni Battista e Sebastiano o il Polittico Albani Torlonia, quest'ultimo dipinto per Roma, dove le arcate del portico si moltiplicano anche sugli scomparti laterali. Nel frattempo entrò nei circoli laurenziani, dove la sua pittura idealmente armonica non poteva che essere apprezzata per le stringenti analogia con la filosofia dell'Accademia neoplatonica. Per lo stesso Lorenzo il Magnifico dovette dipingere la tavola con Apollo e Dafni (1495-1500), conservata al Louvre. Il tema mitologico, fruibile solo da un pubblico di specialisti a causa delle complesse allegorie, alludeva al nome del committente Lorenzo (Dafni in greco si traduce Laurus, cioè "Laurentius", Lorenzo) e alla sua vocazione alle arti e alla musica patrocinate da Apollo. Le figure, immerse in un paesaggio di pacata armonia, sono dolcemente tornite, e citano opere classiche: se l'Apollo si rifà all'Hermes di Prassitele, Dafni si rifà all'Ares di Lisippo. Ormai la sua bottega fiorentina superava in fama anche quelle dei migliori pittori locali, come Sandro Botticelli, Filippino Lippi e Domenico Ghirlandaio, ricevendo anche richieste da altri principati in cui la sua fama si andava allargando. La crisi innescata dalla morte di Lorenzo il Magnifico e dal ripristino della Repubblica fiorentina infervorata dalle prediche di Girolamo Savonarola probabilmente colpirono solo in maniera indiretta Perugino, senza un netto stacco della sua arte tra i modi prima e dopo i drammatici eventi degli anni novanta del Quattrocento. La sua arte dopotutto era già adattata ai dettami di semplicità, essenzialità e intensità religiosa senza distrazioni superflue, promossi dal frate ferrarese. Perugino si trovò quindi ad essere il pittore ideale di un linguaggio devozionale fatto di forme semplici, ma tutto sommato ancora armoniose e belle, non austere, in cui la società fiorentina potesse trovare appagamento e pace meditativa nell'arte. Tra i lavori per i seguaci di Savonarola ci fu il Ritratto di Francesco delle Opere (1494). Un'altra evoluzione si ebbe nelle fisionomie delle Madonne, che diventano più mature, semplici e severe, al posto delle giovani raffinate ed eleganti delle opere precedenti. Ne sono esempi la Madonna col Bambino in trono tra i santi Giovanni Battista e Sebastiano degli Uffizi, forse la prima della serie, Madonna del Kunsthistorisches Museum, quella di Francoforte e quella del Louvre. In che misura questi accorgimenti stilistici corrispondessero anche a una reale adesione ai principi morali savonaroliani da parte del pittore non ci è dato saperlo, ma la testimonianza di Vasari tenderebbe a negare un vero coinvolgimento, ricordandolo invece dedito ai piaceri terreni. Sempre a Firenze nel 1495 realizzò il Compianto sul Cristo morto per le monache del convento di Santa Chiara, ora presso la Galleria Palatina a Firenze; tra il 1495 e il 1496 la Crocifissione ad affresco nella chiesa di Santa Maria Maddalena dei Pazzi; nel 1500 la Pala di Vallombrosa, oggi alla Galleria dell'Accademia; e tra il 1505 e il 1507 il Polittico dell'Annunziata, pure all'Accademia di Firenze. Perugia Anche dalla bottega di Perugia uscirono numerosi capolavori. Tra la fine del 1495 e il 1496, la Pala dei Decemviri, detta così perché realizzata su commissione dai Decemviri di Perugia per la cappella nel Palazzo dei Priori. Nel 1496-1500 dipinse il Polittico di San Pietro, opera smembrata nel 1591, in seguito alla soppressione del monastero: al centro era lAscensione con la Vergine, gli Apostoli e Angeli, come cimasa Dio in gloria, nella predella le tavole con lAdorazione dei Magi, il Battesimo di Cristo, la Resurrezione e due pannelli con i santi protettori di Perugia. Infine, sulle basi delle colonne che fiancheggiavano lAscensione erano collocati sei pannelli con santi benedettini tra cui san Benedetto, santa Flavia e san Placido: queste ultime tre tavolette conservate ai Musei Vaticani. Del 1501-1504 è il celebre Sposalizio della Vergine, ripreso da Raffaello. Negli anni successivi approfondì questi aspetti della sua arte, con una maggiore padronanza e con formule pienamente "classiche" nella resa delle figure umane. Il Collegio del Cambio Nel 1496 lavorò alla decorazione della Sala dell'Udienza nel Collegio del Cambio a Perugia, ciclo terminato nel 1500 con l'intervento di aiuti. Il tema del ciclo è la concordanza fra sapienza pagana e sapienza cristiana, elaborato dall'umanista Francesco Maturanzio. Sulle pareti sono raffigurati la Trasfigurazione, la Natività, lEterno tra angeli sopra un gruppo con profeti e sibille, Prudenza e Giustizia sopra sei savi antichi e Fortezza e Temperanza sopra sei eroi antichi; nella volta tra tondi dispone allegorie dei pianeti tra decorazioni a grottesche. In quest'opera, massimamente lodata dai contemporanei, il pittore raggiunse il suo massimo delle sue possibilità espressive, dove i concetti letterari, umanistici e classici sono trasposti in immagini armoniche e pacate, ritmicamente alternate in un andamento che ricorda la composizione musicale. I colori sono brillanti ma sapientemente armonizzati. La tecnica mostra una pennellata che divide la luce in infiniti segmenti, che vibrano scomponendosi e ricomponendosi nell'effetto finale unitatrio. L'illuminazione teatrale e la prospettiva studiata suscitarono intense emozioni tra i contemporanei. L'altissimo livello qualitativo della pittura a affresco permette di rendere una miriade di dettagli di raffinatezza non minore a quelli ottenibili su tavola. La decorazione del Collegio del Cambio fu sicuramente un capolavoro, dove però sono evidenti anche il limiti della sua arte: la reiterazione di schemi compositivi di repertorio e la difficoltà a rappresentare scene narrative dinamiche. È il momento in cui l'artista viene massimamente apprezzato, influenzando con il suo linguaggio moltissimi artisti, anche già celebri, che tentano una conversione della loro arte in direzione classicista. Inoltre in questo periodo, quando l'artista era conteso da principi, regnanti e grandi signori, diventa necessario il ricorso alla bottega, con la creazione di opere autografe solo moderatamente e in occasioni determinate, come era consono alla sua personalità di imprenditore di sé stesso, che gestiva accortamente la propria immagine. Sono anche gli anni in cui si forma alla sua bottega il giovane Raffaello, i cui primi saggi sono forse visibili in alcune figure fortemente plastiche e riccamente colorite degli affreschi del Collegio del Cambio. Anche durante i lavori agli affreschi, Perugino continuò a ricevere commissioni. Di questo periodo sono la Madonna della Consolazione (1498) e la Resurrezione per San Francesco al Prato (1499). Dipinse inoltre il polittico della Certosa di Pavia, la Pala di Vallombrosa e la Madonna in gloria e santi. Tra il 1503 e il 1504 lo Sposalizio della Vergine per la cappella del Santo Anello in Duomo e tra 1510 e il 1520 dipinse il Polittico di Sant'Agostino. A queste grandi opere si affianca una produzione privata di formato più contenuto, con una serie di Madonne come la Madonna del Sacco (1495-1500), la Madonna col Bambino di Washington (1501) e il Gonfalone della Giustizia. Rara è poi la produzione in campo miniaturistico, con la creazione in questo periodo del Martirio di san Sebastiano nel codice delle Horae Albani, oggi a Londra, dove usò uno stile sciolto e "sfioccato". Di poco successiva è la Pala Tezi, oggi divisa tra Perugia e Berlino. La crisi Nella cerniera tra i due secoli l'arte di Perugino raggiunse il suo apice. Nel gennaio 1503 la marchesa di Mantova Isabella d'Este, dopo aver approfonditamente saggiato tramite i suoi emissari i migliori artisti attivi sulla piazza fiorentina, scelse Perugino per realizzare uno dei dipinti allegorici del suo studiolo nel Palazzo Ducale, attiguo al Castello di San Giorgio. Si tratta dell'episodio della Lotta tra Amore e Castità, puntualmente descritto dai consiglieri di corte, che andava a inserirsi in un complesso con altre opere di Andrea Mantegna e di altri pittori. Dopo una gestazione piuttosto travagliata dell'opera, con la continua sorveglianza del mantovano Lorenzo Leonbruno e la richiesta di modificare alcune figure in corso d'opera, la marchesa, alla consegna, non ne fu pienamente soddisfatta. Scrisse che l'avrebbe preferita ad olio piuttosto che a tempera (nonostante fosse stata dipinta con tale tecnica proprio per sua richiesta) e forse non apprezzò il modo di rendere l'animata scena, che risulta, a parte il paesaggio, un po' farraginosa, non essendo l'artista a suo agio con figure di dimensioni piccole e con la rappresentazione del movimento. A partire da questo episodio l'operato del Perugino, all'apice del successo, iniziò ad essere criticato. Poco dopo fu incaricato di completare la Pala per l'altare maggiore della basilica della Santissima Annunziata di Firenze, avviata da Filippino Lippi e lasciata incompleta alla sua morte nel 1504. L'opera venne ferocemente criticata dai fiorentini per la ripetitività della composizione. Il Vasari raccontò che il pittore si difese così: "Io ho messo in opera le figure altre volte lodate da voi e che vi sono infinitamente piaciute: se ora vi dispiacciono e non le lodate più che ne posso io?". In effetti in quegli anni Perugino aveva accentuato l'uso e il riuso dei medesimi cartoni, impostando la qualità non tanto sull'invenzione quanto nell'esecuzione pittorica, almeno quando l'intervento di bottega era assente o limitato. Però col nuovo secolo la varietà d'invenzione era diventata un elemento fondamentale, in grado di fare il discrimine tra gli artisti di primo piano e quelli secondari. Essendo Perugino legato ancora a norme di comportamento quattrocentesche, venne presto superato, mentre si apriva la stagione dei grandiosi successi di Leonardo da Vinci e, di lì a poco, degli altri geni come Michelangelo e il suo allievo Raffaello Sanzio. Perugino non fu comunque l'unico grande artista che ebbe difficoltà nel rinnovare il proprio stile e stare al passo con le straordinarie novità di quegli anni: una crisi simile la ebbero anche Luca Signorelli, Vittore Carpaccio e, per altre ragioni, Sandro Botticelli. Nei grandi centri italiani (Firenze, Roma e Venezia) le novità si manifestavano ormai una dietro l'altra a ritmo velocissimo e quelle opere che non portavano novità venivano respinte. La Pala dell'Annuziata fu l'ultima opera fiorentina del Perugino. Nel 1508 papa Giulio II lo chiamò a Roma per decorare la volta della Stanza dell'Incendio di Borgo in Vaticano, dove vennero dipinti quattro tondi con la Santissima Trinità, il Creatore in trono tra angeli e cherubini, Cristo come Sol Iustitiae e Cristo tentato dal demonio, Cristo tra la Misericordia e la Giustizia. Ma neanche il papa fu pienamente soddisfatto e lo liquidò velocemente, mentre gli allievi cominciavano a guardare ad altre fonti. Il lavoro in provincia Esiliato dai grandi centri artistici, Perugino si ritirò nella sua regione di origine, l'Umbria, lavorando soprattutto nei piccoli centri di provincia, dove il suo stile trovava ancora estimatori. Sarebbe però errato considerare le opere degli ultimi vent'anni della vita di Perugino come una mera sfilza di lavori ripetitivi e monotoni, non mancando ancora esempi di grandezza e genialità e restando sempre altissimo il livello della tecnica pittorica. Caso emblematico è quello del Polittico di Sant'Agostino, dipinto in due fasi, una tra il 1502 e il 1512 e una fino alla morte. La differenza tra le due fasi è legata alla tecnica usata, la cui corretta individuazione ha permesso anche di datare altre opere seguendo l'evoluzione del grande maestro negli ultimi vent'anni della sua attività. Alla prima fase vengono in genere datati i dipinti destinati alla faccia verso la navata, caratterizzati da un disegno molto sottile e preciso, fatto probabilmente con una punta d'argento, spesso visibile solo tramite la riflettografia all'infrarosso; il colore è corposo e spesso, i dettagli rappresentati nitidi e con meticolosità; la luce proviene per tutte le tavole da una medesima fonte, collocata a sinistra, che determina l'inclinazione delle ombre. A questa fase stilistica appartengono la Pala Chigi (1506-1507), la Madonna di Nancy (1505), la Madonna di Loreto (1507). A partire dal 1513-1513 venne avviato il lato posteriore, rivolto al coro dei frati, composto da numerosi scomparti che vennero consegnati a intervalli più o meno regolari fino alla morte. Le tavole di questa fase sono caratterizzate da un disegno steso col pennello e il colore, velato di trasparenze, anziché coprirlo lo lascia intravedere per determinare il contorno delle figure: la velocità della tecnica confermano la grande sicurezza e maestria raggiunte dall'artista ormai anziano. Gli sfondi paesistici sono estremamente semplificati, senza prati fioriti in primo piano, privilegiando al contempo la centralità delle figure, evitando qualsiasi distrazione. Esse spiccano quindi solenni e monumentali, con un gusto classicista che Perugino sembra aver assimilato da Raffaello, già suo allievo. L'ultima produzione di Perugino è legata soprattutto ad affreschi devozionali in piccole cittadine dell'Umbria: la Pietà di Spello, il Battesimo di Cristo di Foligno e lAdorazione dei pastori a Trevi, la cui Madonna venne replicata anche nella Vergine in trono sempre a Spello e nella Madonna col Bambino nell'oratorio dell'Annunziata a Fontignano, presso Perugia. L’ultima sua opera fu un affresco raffigurante lAdorazione dei Pastori, originariamente a Fontignano ma oggi al Victoria and Albert Museum di Londra, completato nella parte destra dalla sua scuola. Perugino, infatti, morì, all'età di 75 anni (1523), di peste, mentre vi stava lavorando e venne sepolto nella suddetta chiesina. Stile Perugino fu l'iniziatore di un nuovo modo di dipingere che confluì poi nella "maniera moderna", segnando il gusto di un'intera epoca. Caratteristiche principali del rinnovato stile sono la purezza formale, la serena misura delle ampie composizioni, il disegno ben definito ed elegante, il colore chiaro, ricco di luce e steso con raffinate modulazioni del chiaroscuro, i personaggi liberati dalle caratteristiche terrene e investiti di un'aria "angelica e molto dolce". La sua arte è fatta di armonie e silenzi, di colori dolcemente sfumati, di prospettive attentamente studiate, di figure cariche di grazia delicata e dolce melanconia, di equilibrio ideale. Restò però ancorato a schemi mentali quattrocenteschi, ad esempio con la composizione delle figure in maniera spesso paratattica, studiandole separatamente e giustapponendovi elementi di repertorio, come gli onnipresenti angeli in volo. In questo fu superato da Leonardo che, accendendo una polemica con gli altri pittori fiorentini dell'epoca, raccomandò invece lo studio organico delle composizioni nel loro insieme, in modo da ottenere un'apparenza più naturale e credibile. Non a caso fu la strada che scelse il suo allievo più famoso, Raffaello. L'imprenditore e il ruolo della bottega Nell'arco della sua vita Perugino fu un instancabile lavoratore e un ottimo organizzatore di bottega, lasciando numerosissime opere. Alcuni si spingono ad affermare come egli fu il primo artista-"imprenditore", capace di gestire contemporaneamente due attivissime botteghe: una a Firenze, aperta fin dai primi anni settanta del Quattrocento, dove si formarono Raffaello, Rocco Zoppo e il Bachiacca, e una a Perugia, aperta nel 1501, da cui uscì un'intera generazione di pittori di scuola umbra che diffusero ampiamente il suo linguaggio artistico. Inoltre Perugino svolse numerose commissioni che provenivano da altre città d'Italia, come Lucca, Cremona, Venezia, Bologna, Ferrara, Milano e Mantova, senza trascurare i suoi importanti soggiorni a Roma e nelle Marche. Per garantirsi un continuo lavoro Perugino aveva organizzato capillarmente le fasi della produzione artistica e il ricorso agli assistenti. Le opere venivano di solito trascinate per le lunghe, sospese e poi riprese più volte, in modo da portare avanti più incarichi e non restare mai senza lavoro. Il maestro riservava per sé le parti di maggior complessità a prestigio del dipinto, mentre alcune parti accessorie, come sfondi e predelle venivano affidate agli assistenti, in modo da accelerare i tempi di esecuzione. Il disegno della composizione spettava invece sempre al maestro, che creava schemi grafici e cartoni preparatori. La compresenza di più mani in un'opera era organizzata in modo da non far scadere la qualità e l'unitarietà dell'opera, seguendo un unico stile. La replica frequente di soggetti e composizioni non veniva considerata all'epoca come una mancanza di inventiva, anzi era spesso richiesta esplicitamente dalla committenza. Fortuna critica I contemporanei di Pietro Vannucci lo considerarono come il più grande tra i protagonisti di quel rinnovamento dell'arte italiana nel culmine del Rinascimento, tra gli ultimi decenni del XV e i primi del XVI secolo. La portata delle sue innovazioni e lo straordinario livello qualitativo della sua arte vennero ben compresi, tanto che alla fine del Quattrocento veniva considerato all'unanimità il più grande pittore d'Italia. Ad esempio Agostino Chigi, in una lettera destinata al padre Mariano datata 7 novembre 1500, descrisse il Perugino come "il meglio maestro d'Italia", e Vasari, nelle Vite del 1568 scrisse come la sua pittura "tanto piacque al suo tempo, che vennero molti di Francia, di Spagna, d'Alemania e d'altre province per impararla". Dopo un periodo d'oro, la sua arte subì una crisi, venendo misconosciuta e criticata, accusata di formalismo, ripetitività e ipocrisia. Alla base di questi mutamenti vi furono gli insuccessi di opere come Amore e Castità per la marchesa di Mantova o la Pala della Santissima Annunziata per Firenze. Solo con gli studi otto e novecenteschi la sua figura riebbe il posto che le spetta nell'arte italiana, ritornando a comprenderne la portata innovativa. In seguito gli studi scientifici sull'autore hanno conosciuto di nuovo fasi di stasi, attenzione marginale e incomprensione. Con il diffondersi delle avanguardie storiche e con le rivoluzioni dell'arte contemporanea, Perugino, quale esponente del gusto "classico", è stato spesso sottovalutato, in quanto lontano dai canoni del gusto contemporaneo. Più recentemente l'interesse nei confronti della sua arte si è rinnovato, ma legato soprattutto al rifiorire degli studi sul giovane Raffaello, oppure con apporti specifici e settoriali che hanno mancato di dare un quadro completo dell'importanza storico artistico del grande pittore. Un'occasione di riscoperta è stata la grande mostra monografica sul pittore che gli è stata dedicata dalla Galleria nazionale dell'Umbria nel 2004. Opere Opere giovanili Madonna Gambier Parry, 1470 circa, tempera su tavola, 57,1×77,3 cm, Courtauld Institute, Londra Adorazione dei Magi, 1472 o 1476 circa, olio su tavola, 241×180 cm, Perugia, Galleria Nazionale dell'Umbria Natività della Vergine, 1472 circa, tavola, 18,6×41 cm, Liverpool, Walker Art Gallery Miracolo della Neve, 1472 circa, tavola, 18,7×40 cm, Guildford (Surrey), Polesden Lacey Cristo Crocifisso tra i Santi Girolamo ed Antonio abate (con Andrea del Verrocchio), 1470-1474, tavola, 113x149 cm, già in Argiano, Chiesa di Santa Maria (opera rubata nel 1970) Gonfalone con la Pietà, 1472 circa, tempera su tela, 128×165 cm, Perugia, Galleria Nazionale dell'Umbria Visitazione con sant'Anna, 1472-1473 circa, tempera su tavola, 32×34 cm, Firenze, Galleria dell'Accademia Miracolo del bambino nato morto, 1473, tempera su tavola, 75×57 cm, Perugia, Galleria Nazionale dell'Umbria San Bernardino risana una fanciulla, 1473, tempera su tavola, 76×56,5 cm, Perugia, Galleria Nazionale dell'Umbria San Girolamo che resuscita il cardinale Andrea, Cristo morto e San Girolamo che assiste due giovani impiccati ingiustamente, 1473 circa, tavolette di predella, Parigi, Louvre Padre Eterno con i santi Rocco e Romano, 1477-1478, affresco staccato, Deruta, Pinacoteca comunale San Sebastiano tra i santi Rocco e Pietro, 1478, affresco frammentario, Cerqueto, chiesa di Santa Maria Assunta Cappella Sistina Madonna e santi, 1479-1480, affreschi, già nella Cappella della Concezione dell'antica Basilica vaticana, distrutti Assunta con Sisto IV inginocchiato, 1481-1482, affresco, già in Città del Vaticano, Palazzi Vaticani, Cappella Sistina, distrutto Nascita e ritrovamento di Mosè, 1481-1482, affresco, già in Città del Vaticano, Palazzi Vaticani, Cappella Sistina, distrutto Natività di Cristo, 1481-1482, affresco, già in Città del Vaticano, Palazzi Vaticani, Cappella Sistina, distrutto Ritratti di papi, 1481 circa, affreschi (in cattivo stato di conservazione, con ridipinture), Città del Vaticano, Palazzi Vaticani, Cappella Sistina Consegna delle chiavi, 1481-1482, affresco, 335×550 cm, Città del Vaticano, Palazzi Vaticani, Cappella Sistina Battesimo di Cristo, 1482 circa, affresco, 335×540 cm, insieme a Pinturicchio, Città del Vaticano, Cappella Sistina Viaggio di Mosè in Egitto e circoncisione del figlio Eliezer, 1482 circa, affresco, 350×572 cm, insieme a Pinturicchio, Città del Vaticano, Cappella Sistina Roma, Firenze e Perugia Orazione nell'orto, 1483-1495 circa, olio su tavola, 166×171 cm, Firenze, Galleria degli Uffizi Crocifissione, 1483-1495 circa, olio su tavola, 166×171 cm, Firenze, Galleria degli Uffizi Pietà, 1483-1495, olio su tavola, 168×176 cm, Firenze, Galleria degli Uffizi Trittico Galitzin, 1485 circa, tempera su tavola trasferita su tela, tavola centrale con Crocifisso tra la Vergine e Giovanni Evangelista, 101×56 cm; nelle tavole laterali San Gerolamo, 95×30 cm, e Santa Maria Maddalena, 95×30 cm, Washington, National Gallery of Art Ritratto di Lorenzo di Credi, 1488 circa, olio su tavola trasferito su tela, 44×30,5 cm, Washington, National Gallery of Art Annunciazione Ranieri, 1487-1489 circa, tempera su tavola, 55,5X42 cm, Perugia, Galleria Nazionale dell'Umbria Annunciazione, 1488-1490 circa, olio su tavola, 212×172 cm, Fano, chiesa di Santa Maria Nuova San Sebastiano, 1490 circa, olio su tavola, 174×88 cm, Stoccolma, Nationalmuseum Madonna col Bambino, 1490, Napoli, Museo di Capodimonte Apollo e Dafni, 1490-1492 circa, olio su tavola, 39×29 cm, Parigi, Musée du Louvre Tondo della Vergine col Bambino tra due sante e due angeli (attr.), 1490-1492 circa, olio su tavola, diametro 148 cm, Parigi, Musée du Louvre San Girolamo penitente, 1491 circa, olio su tela, 79×58 cm, Hampton Court, Royal Collection Polittico Albani Torlonia, 1491, tempera su tavola, 174×88 cm, Roma, Villa Albani Madonna col Bambino in trono tra i santi Giovanni Battista e Sebastiano, 1493, olio su tavola, 178×164 cm, Firenze, Galleria degli Uffizi Madonna col Bambino tra santa Caterina d'Alessandria e una santa, 1493, olio su tavola, 86,5×63 cm, Vienna, Kunsthistorisches Museum Apparizione della Vergine a san Bernardo, 1493, olio su tavola di quercia, 173×170 cm, Monaco, Alte Pinakothek San Sebastiano, 1493-1494, tempera e olio su tavola di quercia, 53,5×39,5 cm, San Pietroburgo, Ermitage Ultima cena, 1493-1496, affresco, 440×800 cm, Firenze, Cenacolo di Fuligno Ritratto di Francesco delle Opere, 1494, tempera su tavola di quercia, 52×44 cm, Firenze, Galleria degli Uffizi Madonna col Bambino in trono tra i santi Giovanni Evangelista e Agostino, 1494, tempera su tavola, Cremona, chiesa di Sant'Agostino Crocifissione, 1494-1496, affresco, 480×812 cm, Firenze, chiesa di Santa Maria Maddalena dei Pazzi San Bernardo accoglie il Cristo che si stacca dalla croce, 1494-1496, 247×145 cm, Firenze, chiesa di Santa Maria Maddalena dei Pazzi San Sebastiano, 1495 circa, olio su tavola di quercia, 176×116 cm, Parigi, Musée du Louvre Cristo morto nel sepolcro, 1495, olio su tavola, 55,5×57 cm, Perugia, Galleria Nazionale dell'Umbria Pietà, 1495, Galleria nazionale d'Irlanda, Dublino, Irlanda Compianto sul Cristo morto (Deposizione), 1495, olio su tavola, 214×195 cm, Firenze, Palazzo Pitti, Galleria Palatina Ritratto di giovane, 1495, olio su tavola, 37×26 cm, Firenze, Galleria degli Uffizi San Benedetto, 1495-1498, olio su tavola, Città del Vaticano, Pinacoteca Vaticana Santa Flavia, 1495-1498, olio su tavola, Città del Vaticano, Pinacoteca Vaticana San Placido, 1495-1498, olio su tavola, Città del Vaticano, Pinacoteca Vaticana Madonna del Sacco, 1495-1500, olio su tavola, 88×66 cm, Firenze, Palazzo Pitti, Galleria Palatina Madonna della Confraternita della Consolazione, 1496-1498, olio su tavola, 183×130 cm, Perugia, Galleria Nazionale dell'Umbria Polittico di San Pietro, 1496-1500, olio su tavola, smembrato Ascensione, 280×216 cm, Lione, Musée des Beaux-Arts Eterno benedicente con cherubini e angeli, dalla cimasa, 114×230 cm, Lione, Musée des Beaux-Arts Adorazione dei Magi, dalla predella, 32×59 cm, Rouen, Musée des Beaux-Arts Battesimo di Cristo, dalla predella, Rouen, Musée des Beaux-Arts Resurrezione, dalla predella, Rouen, Musée des Beaux-Arts Sant'Ercolano, dalla predella, Perugia, Galleria nazionale dell'Umbria San Costanzo, dalla predella, Perugia, Galleria nazionale dell'Umbria San Mauro, sulle basi delle colonne, Perugia, Galleria nazionale dell'Umbria San Pietro Vincioli, sulle basi delle colonne, Perugia, Galleria nazionale dell'Umbria San Benedetto, sulle basi delle colonne, Roma, Pinacoteca Vaticana Santa Flavia, sulle basi delle colonne, Roma, Pinacoteca Vaticana San Placido, sulle basi delle colonne, Roma, Pinacoteca Vaticana Tondo di Geremia, Nantes, Musée des Beaux-Arts Tondo di Isaia, Nantes, Musée des Beaux-Arts Madonna col Bambino e san Giovannino, 1497, olio su tavola, 73×52 cm, Francoforte sul Meno, Städelsches Kunstinstitut Pala di Fano, 1497, olio su tavola, 150×250 cm la lunetta e 262×215 la tavola centrale, Fano, chiesa di Santa Maria Nuova Pala di Senigallia, 1497 circa, tempera su tavola, 226x279 cm, Senigallia, chiesa di Santa Maria delle Grazie Attualmente custodita in esposizione alla Pinacoteca Diocesana di Senigallia a causa dell’inagibilità della Chiesa. Madonna col Bambino, 1497 circa, olio su tavola, 44×34 cm, Roma, Galleria Borghese Compianto, 1497 circa, affresco staccato, Firenze, Fondazione Cassa di Risparmio di Firenze Collegio del Cambio Volta con Trionfi dei Pianeti e grottesche, 1497, affresco, Perugia, Collegio del Cambio Fortezza e Temperanza con sei eroi dell'antichità, 1497, affresco, 291×400 cm, Perugia, Collegio del Cambio Prudenza e Giustizia sopra sei savi antichi, 1497, affresco, 293×418 cm, Perugia, Collegio del Cambio Natività, 1498, affresco, 264×225 cm, Perugia, Collegio del Cambio Trasfigurazione di Cristo, 1498 - 1500, affresco, 226×229 cm, Perugia, Collegio del Cambio Dio Padre con profeti e Sibille, 1500 circa, affresco, 229×370 cm, Perugia, Collegio del Cambio Autoritratto, 1500 circa, affresco, 40×30,5 cm, Perugia, Collegio del Cambio Fase matura SEPULCRUM CHRISTI, Cristo Morto con Giuseppe di Arimatea e Nicodemo, 1498, olio e tempera su tavola, 92,6×71,8 cm, Massachusetts, Sterling and Francine Clark Art Institute Polittico della Certosa di Pavia, 1499 circa, olio su tavola, 126,5×58 cm, Londra, National Gallery, Certosa di Pavia Resurrezione di San Francesco al Prato, 1499 circa, olio su tavola, 233×165 cm, Città del Vaticano, Pinacoteca Vaticana Pala di Vallombrosa, 1500, olio su tavola, 415×246 cm, Firenze, Galleria dell'Accademia Ritratto di Biagio Milanesi, 1500, olio su tavola, 28×26 cm, Firenze, Galleria degli Uffizi Ritratto del monaco Baldassarre, 1500, olio su tavola, 26×27 cm, Firenze, Galleria degli Uffizi Pala Tezi (Madonna col Bambino, e i santi Nicola da Tolentino, Bernardino da Siena, Gerolamo e Sebastiano), 1500, olio su tavola, 182×158 cm, Perugia, Galleria Nazionale dell'Umbria, con la collaborazione di Eusebio da San Giorgio Ultima Cena, predella della Pala Tezi, 18×121 cm, Berlino, Gemäldegalerie Madonna col Bambino tra i santi Giovanni Battista e Caterina d'Alessandria, 1500 circa, olio su tavola, 81×63 cm, Parigi, Musée du Louvre Maria Maddalena, 1500 circa, olio su tavola, 47×34 cm, Firenze, Palazzo Pitti, Galleria Palatina Madonna col Bambino, 1500 circa, tempera su tavola, 80,7×77,3 cm, Detroit, Detroit Institute of Arts Sant'Agostino con i membri della Confraternita di Perugia, 1500 circa, olio su tavola, 95×64 cm, Pittsburgh, Carnegie Museum of Art San Sebastiano, 1500 circa, olio su tavola trasferito su tela, 76,7×53,4 cm, Princeton, Princeton University Art Museum San Sebastiano, 1500 circa, affresco, Fiesole, Duomo Madonna in gloria e santi, 1500-1501, olio su tavola, 152×124 cm, Pinacoteca Nazionale di Bologna Famiglia della Madonna, 1500-1502, olio su tavola, 296×259 cm, Marsiglia, Musée des Beaux-Arts Predella con storie di Cristo, 1500-1505 circa, tempera su tavola trasferito su tela, Chicago, Art Institute of Chicago Adorazione del Bambino, 26×46,4 cm Battesimo di Cristo, 27×46,3 cm, Cristo e la donna di Samaria, 27×46,3 cm Noli me tangere, 27×46,3 cm Resurrezione di Cristo, 1500-1505, tempera su tavola, 26,7×45,7 cm, New York, Metropolitan Museum Tobiolo con l'arcangelo Raffaele, 1500-1505, olio e tempera su tavola di quercia, 113,3×56,5 cm, Londra, National Gallery San Sebastiano, 1500-1510, olio su tela, 177×120 cm, San Paolo, Museu de Arte Madonna col Bambino, 1501, olio su tavola di quercia, 70×51 cm, Washington, National Gallery of Art Gonfalone della Giustizia, 1501, tempera e olio su tela, 278×138 cm, Perugia, Galleria Nazionale dell'Umbria Sposalizio della Vergine, 1501-1504, olio su tavola, 234×185 cm, Caen, Musée des Beaux-Arts Crisi e opere tarde Polittico di Sant'Agostino (prima fase), 1502-1512 circa Battesimo di Cristo, 261×146 cm, olio su tavola, Perugia, Galleria Nazionale dell'Umbria Santi Filippo e Agostino, 173×91 cm, olio su tavola, Musée des Augustins, Tolosa Santi Ercolano e Giacomo Maggiore, olio su tavola, 173×91 cm, Musée des Beaux-Arts, Lione Angelo annunciante, diametro 102 cm, olio su tavola, Perugia, Galleria Nazionale dell'Umbria Vergine annunciata, perduto Adorazione dei Magi, 39,5×85 cm, olio su tavola, Perugia, Galleria Nazionale dell'Umbria Predica del Battista, 39,5×84 cm, olio su tavola, Perugia, Galleria Nazionale dell'Umbria Nozze di Cana, 39,5×84,5 cm, olio su tavola, Perugia, Galleria Nazionale dell'Umbria Presentazione di Gesù al Tempio, 39,5×83,5 cm, olio su tavola, Perugia, Galleria Nazionale dell'Umbria Pala di Monteripido, 1502, 240×180 cm, olio su tavola, Perugia, Galleria Nazionale dell'Umbria Lotta tra Amore e Castità, 1503, tempera su tavola, 160×191 cm, Parigi, Musée du Louvre Natività, 1503, Montefalco, Complesso museale di San Francesco Madonna con santi adorante il Bambino, 1503, olio su tavola di quercia, 87×72 cm, New York, Pierpont Morgan Library Polittico dell'Annunziata (avviato da Filippino Lippi), 1504, olio su tavola, Firenze, Galleria dell'Accademia Adorazione dei Magi, 1504, affresco, Città della Pieve, oratorio di Santa Maria dei Bianchi Madonna in trono fra i Santi Gervasio Protasio, 1504, tempera su tavola, Città della Pieve, cattedrale dei Santi Gervasio e Protasio Quattro figure di nudi maschili, 1505 circa, olio su tavola, frammento, 71×52 cm, Edimburgo, National Gallery of Scotland Madonna con san Giovannino e due angeli adoranti il Bambino, 1505, olio su tavola, Nancy, Musée des Beaux-Arts Martirio di san Sebastiano, 1505, affresco, Panicale, chiesa di San Sebastiano Madonna col Bambino e san Giovannino, 1505-1510, olio su tavola di quercia, 67×44 cm, Londra, National Gallery San Giovanni Battista e quattro santi, 1505-1510, olio su tavola, Perugia, Galleria Nazionale dell'Umbria Assunzione della Vergine, 1506 circa, olio su tavola, 333×218 cm, Firenze, basilica della Santissima Annunziata San Sebastiano, 1506 circa, olio su tavola, 110×62 cm, Roma, Galleria Borghese Pala Chigi (Crocifissione), 1506-1507, olio su tavola, 400×289 cm, Siena, chiesa di Sant'Agostino Natività di Cristo, 1506-1510, olio su tavola di quercia, 263×147 cm, Perugia, Galleria Nazionale dell'Umbria Madonna di Loreto, 1507, 185,5×125,5 cm, olio su tavola di quercia, Londra, National Gallery Annunciazione, 1507, olio su tavola, 16,8×37,2 cm, Perugia, Galleria Nazionale dell'Umbria Adorazione dei pastori, 1507, olio su tavola, 16,2×37 cm, Perugia, Galleria Nazionale dell'Umbria Battesimo di Cristo, 1507, tempera e olio su tavola, 17×36,6 cm, Perugia, Galleria Nazionale dell'Umbria San Filippo Benizi, 1507, olio su tavola, 79×62 cm, Roma, Palazzo Barberini, Galleria Nazionale d'Arte Antica Sant'Antonio abate in trono tra i Santi Paolo eremita e Marcello con Eterno benedicente, 1508, Città della Pieve, chiesa di San Pietro Volta nella Stanza dell'Incendio di Borgo, affreschi, 1508, Roma, Musei Vaticani, Stanze di Raffaello Assunzione, tempera su tavola, 500x300 cm, 1508-1509, Napoli, duomo Pala di Sansepolcro, 1510 circa, olio su tavola, 290×185 cm, Sansepolcro, Duomo Beato Giacomo della Marca, 1512 circa, tempera su tela, 160,5×87,5 cm, Perugia, Galleria Nazionale dell'Umbria San Gerolamo penitente, 1512-1515 circa, olio su tela, 131×107,5 cm, Perugia, Galleria Nazionale dell'Umbria Madonna della Misericordia, 1512-1513 circa, Bettona, Pinacoteca comunale. Sant'Antonio di Padova e devoto, 1512-13circa, Bettona, Pinacoteca comunale. Gonfalone di Sant’Anna, 1512-13 circa, Bettona, Pinacoteca comunale. Battesimo di Cristo, 1510 circa, olio su tavola, Città della Pieve, cattedrale dei Santi Gervasio e Protasio Polittico di Sant'Agostino (seconda fase), 1513-1523 Adorazione dei pastori, 263×147 cm, olio su tavola, Perugia, Galleria Nazionale dell'Umbria Santi Irene e Sebastiano, 189×95 cm, olio su tavola, Musée des Beaux-Arts, Grenoble Santi Girolamo e Maria Maddalena, 174×95 cm, olio su tavola, Perugia, Galleria Nazionale dell'Umbria Santo giovane con spada (San Giuliano?), diametro 102 cm, olio su tavola, Parigi, Louvre San Bartolomeo, 89,5×74,8 cm, olio su tavola, Birmingham, Birmingham Museum & Art Gallery Eterno benedicente, 145×140 cm, olio su tavola, Perugia, Galleria Nazionale dell'Umbria Pietà, 144×152 cm, Perugia, olio su tavola, Galleria Nazionale dell'Umbria David, diametro 61 cm, Perugia, tempera su tavola, Galleria Nazionale dell'Umbria Daniele, diametro 61 cm, Perugia, tempera su tavola, Galleria Nazionale dell'Umbria Madonna col Bambino e San Giovannino detta Madonna del Cardellino, 1513 circa, tempera e olio su tavola, tondo, Cantiano, Collegiata di San Giovanni Battista Pala di Corciano, 1513, olio su tavola, 226×149 cm (tavola centrale), Corciano, chiesa di Santa Maria Battesimo di Cristo, 1513, affresco, Foligno, Oratorio della Nunziatella Eterno benedicente tra due angeli adoranti, 1513, affresco, Foligno, Oratorio della Nunziatella Pala della Trasfigurazione, 1517, olio su tavola, 290×185 cm, Perugia, Galleria Nazionale dell'Umbria Madonna col Bambino tra i santi Ercolano e Costanzo, 1515 circa, olio su tela, 79×56 cm, Perugia, Galleria Nazionale dell'Umbria Madonna col Bambino in gloria tra i Santi Rocco e Sebastiano, 1518, affresco, Pietrafitta, cappella della Madonna del Fosso San Giovanni Evangelista dolente, 1520 circa, tempera e olio su tavola, tondo, diam. 21,3 cm, Raleigh, North Carolina Museum of Art Cristo della Passione, 1520 circa, tempera e olio su tavola, tondo, diam. 20,9 cm, Montefortino, Pinacoteca civica Fortunato Duranti Vergine dolente, 1520 circa, tempera e olio su tavola, tondo, diam. 20,5 cm, Raleigh, North Carolina Museum of Art Trinità e sei santi, 1521, affresco, 175×389 cm, opera già avviata da Raffaello, Perugia, chiesa di San Severo Adorazione dei Magi, 1522 circa, affresco, Trevi, Santuario della Madonna delle Lacrime Madonna delle Grazie tra i santi Antonio abate e Antonio da Padova, 1522, affresco, 230x350 cm, Perugia, monastero di Sant’Agnese Madonna col Bambino in trono tra i Santi Biagio e Caterina, 1522 circa, 163×145 cm, Spello, chiesa di Santa Maria Maggiore Pietà tra i santi Giovanni Evangelista e Maddalena, 1522 circa, 163×155 cm, Spello, chiesa di Santa Maria Maggiore Madonna col Bambino in trono di Fontignano, 1522, affresco, 135×67,5 cm, Fontignano, oratorio dell'Annunziata Adorazione dei pastori, 1523, affresco trasportato su tela, 254.5x598, Londra, Victoria and Albert Museum. San Girolamo Penitente con Gesù Bambino e san Giovannino, data?, olio su tavola, Roma, Palazzo Barberini, Galleria Nazionale d'Arte Antica Dipinti di bottega Madonna con Bambino tra i santi Pietro e Paolo, 1520 circa, olio su tavola, 290×170 cm, Monteleone d'Orvieto, collegiata dei Santi Pietro e Paolo Note Bibliografia Pietro Scarpellini, Perugino, Electa, MIlano 1984. Perugino: il divin pittore, catalogo della mostra a cura di Vittoria Garibaldi e Federico Francesco Mancini, (Perugia, Galleria Nazionale dell'Umbria 2004), Silvana Editoriale, Cinisello Balsamo 2004. ISBN 88-8215-683-4. Pierluigi De Vecchi ed Elda Cerchiari, I tempi dell'arte, volume 2, Bompiani, Milano 1999. ISBN 88-451-7212-0 Stefano Zuffi, Il Quattrocento, Electa, Milano 2004. ISBN 88-370-2315-4 Voci correlate Rinascimento umbro Altri progetti Collegamenti esterni Pittori italiani del Rinascimento Accademia neoplatonica
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https://it.wikipedia.org/wiki/ISO%20216
ISO 216
LISO 216 è lo standard definito dalla Organizzazione internazionale per la normazione per individuare alcuni formati di carta usati in numerosi Paesi, specialmente in Europa, per usi tipografici. Negli Stati Uniti e in Canada sopravvive una diversa norma che dà origine al formato Letter. Caratteristiche La norma fa parte della serie: ISO 216: Writing paper and certain classes of printed matter – Trimmed sizes – A and B series (Carta per scrittura e per alcune classi di stampa – Margini rifilati – serie A e B) del 1975, definisce due serie di dimensioni di carta chiamate A e B ISO 269: Correspondence envelopes – Designation and sizes (Buste per la corrispondenza – forme e misure) del 1985, definisce una serie C per le buste ISO 217: Paper – Untrimmed sizes – Designation and tolerances for primary and supplementary ranges, and indication of machine direction (Carta – Margini non rifilati – Forme e limiti di tolleranza per estensioni primarie e supplementari, e indicazioni sulla direzione delle macchine) del 1995, definisce due serie di carta non rifilata chiamate RA (Raw format A) ed SRA (Supplementary Raw format A) con margini più ampi dei corrispondenti formati A, destinati a essere successivamente rifilati dalle macchine da stampa Questo standard fu inizialmente adottato dal DIN in Germania nel 1922 (è per questo che è ancora oggi comune l'uso di far precedere ai nomi dei singoli formati la sigla DIN) anche se alcuni dei formati erano già stati sviluppati durante la rivoluzione francese per poi essere dimenticati. Sezione I formati ISO 216 sono stabiliti sulla base del rapporto 1:√2, ossia della cosiddetta sezione argentea. I formati carta conformi allo standard ISO 216 (di cui fanno parte anche i comuni fogli A4 usati nelle fotocopiatrici) sono caratterizzati dall'avere i lati nel rapporto . Se si divide a metà un foglio ISO 216 sul lato lungo si ottengono due fogli che continuano a presentare un rapporto . La serie A La serie A è stata definita partendo dal foglio A0, di superficie pari a e di proporzioni tali da ricavare il formato più piccolo seguente per dimezzamento lungo il lato più lungo e mantenendo le stesse proporzioni. Ne consegue che per ogni formato le proporzioni dei lati e devono essere tali che: da cui deriva che: Ne consegue che per tutti i formati A il rapporto tra i lati del foglio è pari a . Quindi per il primo formato A0 abbiamo: dando le dimensioni del foglio A0: 841×1189 mm (circa). Il passaggio da un formato a un altro indicato dal numero immediatamente superiore (per esempio da A4 a A5) si ottiene quindi dimezzando il lato maggiore ottenendo il nuovo lato minore. Viceversa il passaggio verso numerazioni inferiori (per esempio da A4 a A3) si ottiene raddoppiando il lato minore ottenendo il nuovo lato maggiore. Il formato più diffuso è il formato A4 pari a 210×297 millimetri = 0,0625 m² I formati più grandi (A0, A1, A2) sono usati prevalentemente nell'ambiente della tipografia. Per riuscire a stampare su questi fogli è necessario usare un plotter o macchina da stampa. I formati più piccoli sono usati anche nelle stampanti e fotocopiatrici più comuni. Un'interessante conseguenza del modo di definire le dimensioni dei fogli A, è che il numero che segue la lettera A, costituisce l'esponente da dare a 2 posto al denominatore nella superficie del foglio, osservabile in questa formula: Ad esempio: la superficie del foglio A0 corrisponde a 1 m² ( ); la superficie del foglio A1 corrisponde a 1/2 m² ( ); la superficie del foglio A2 corrisponde a 1/4 m² ( ). e così via, fino al foglio A10 di superficie pari a 1/1024 m² ( ). La serie B La serie B è definita a partire dalla A come la media geometrica tra il formato col medesimo numero e quello di dimensione maggiore (ad esempio il formato B1 è la media geometrica tra il formato A1 e quello A0) e similmente la serie C è definita a partire dalle due serie precedenti come la media geometrica tra i formati A e B con lo stesso numero (ad esempio il formato C1 è la media geometrica tra i formati A1 e B1). La serie C si rivela particolarmente utile per le buste che devono contenere i fogli della corrispondente serie A. Ad esempio una busta di formato C4 è il formato raccomandato per contenere uno o più fogli di formato A4 senza che siano piegati. I formati definiti nell'ISO 216 trovano le loro radici nella comune tecnica tipografica di stampare più pagine di un libro su un foglio di grosse dimensioni per poi ripiegarlo in modo da ottenere i fascicoli di cui è composto il libro, divisi in gruppi di 8, 16 o 32 pagine (detti rispettivamente ottavi, sedicesimi e trentaduesimi), a seconda della dimensione del foglio di partenza e della dimensione che deve avere la singola pagina. È da notare comunque il fatto che in commercio si trovano formati di carta sempre maggiori di quelli standard, a parte l'A4 e l'A3 che vengono utilizzati direttamente in macchine da ufficio. Questo perché una volta stampato il foglio viene poi piegato e rifilato al formato ISO desiderato. I formati di carta più comunemente usati in tipografia ad esempio sono il 700×1000 mm (solitamente definito 70×100, in centimetri) e il 640×880 mm (64×88), dai quali vengono ricavati per dimezzamento del lato lungo (similmente ai formati An) il 50×70, 44×64 ecc. Questi formati non appartengono allo standard ISO ma sono lo standard nella produzione di carta in fogli per le tipografie poiché, come già detto, tengono conto delle necessità tecniche delle lavorazioni di stampa e confezione che portano poi alla produzione del prodotto finito in formato ISO. Serie A Tabella con le misure dei formati A in millimetri, pollici e punti tipografici. Serie B Tabella delle dimensioni dei lati nella serie B. Serie C Tabella delle dimensioni dei lati nella serie C. Note Voci correlate Carta Stampa (processo) Loi sur le timbre Formato carta Altri progetti Collegamenti esterni Standard ISO Carta
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https://it.wikipedia.org/wiki/Isomeria
Isomeria
Lisomeria (dal greco ἰσομερής, isomerès, composto di ἴσος, isos, "uguale" e μέρος, méros, "parte") è quel fenomeno per cui sostanze diverse per proprietà fisiche e spesso anche per comportamento chimico hanno la stessa formula bruta, cioè stessa massa molecolare e stessa composizione percentuale di atomi. Tipi di isomeri Due composti con uguale formula bruta si dicono isomeri. Questi possono essere: Isomeri costituzionali (o strutturali), se hanno formula bruta identica ma diversa connettività. Sono composti aventi la stessa formula molecolare ma diversa formula di struttura. Ciò implica differenti proprietà fisiche e chimiche, dovute ai legami differenti degli elementi che compongono la molecola. Stereoisomeri, se hanno formula bruta identica, stessa connettività, ma la diversa orientazione spaziale degli atomi li rende non sovrapponibili. Omomeri, se hanno formula bruta identica, stessa connettività e sono sovrapponibili (in pratica sono molecole identiche). L'isomeria è molto diffusa e importante nei composti organici e le classi di isomeri, si possono dividere ulteriormente in sottoclassi. Gli isomeri costituzionali possono essere isomeri: di catena, che interessa la struttura dello "scheletro" di carbonio, ossia la presenza e posizione di ramificazioni o anelli; isomeri di questo tipo hanno proprietà fisiche diverse, ma reattività chimiche spesso abbastanza simili; di posizione, che interessa la posizione di legami multipli o di gruppi contenenti atomi diversi da carbonio e idrogeno; isomeri di questo tipo hanno proprietà fisiche diverse, ma reattività chimica spesso simile; di gruppo funzionale, isomeri cioè che pur avendo formula bruta uguale, presentano gruppi funzionalmente diversi, e hanno quindi proprietà chimiche e fisiche molto differenti. Gli stereoisomeri possono essere isomeri: configurazionali, o ottici, nelle molecole in cui sono presenti degli elementi stereogenici, cioè elementi a causa dei quali la molecola ammette due isomeri che sono uno la forma speculare non sovrapponibile dell'altro. Elementi stereogenici possono essere un punto (un atomo, tipicamente un carbonio portante quattro sostituenti diversi, che viene definito stereocentro tetravalente tetrasostituito), un asse (l'asse di un legame fra due o più atomi ad esempio alleni portanti quattro sostituenti diversi su carboni terminali), o un piano (una molecola planare con sostituenti orientati in maniera particolare sia nel piano della molecola sia sopra o sotto questo). Di questa categoria fanno parte gli enantiomeri, isomeri di cui uno è l'immagine speculare non sovrapponibile dell'altro. Tipicamente due isomeri configurazionali in cui uno non è l'immagine speculare dell'altro si dicono diastereoisomeri, anche se tutte le coppie di stereoisomeri non enantiomeri possono essere considerate tipi di diastereoisomeri. geometrici, o cis-trans, nelle molecole in cui due carboni legati da un legame doppio sono entrambi legati a due gruppi differenti o, più in genere, in molecole la cui struttura impedisce una libera rotazione attorno a uno o più legami; le loro proprietà fisiche sono diverse, la loro reattività chimica è generalmente simile, ma vi sono notevoli eccezioni legate proprio a particolari configurazioni geometriche; conformazionali, è il caso in cui pur non essendoci uno stereocentro, le possibili orientazioni date dalla rotazione di un legame C-C e dalle possibili conformazioni di una molecola (come ad esempio nel caso in cui i sostituenti di un atomo o una catena di atomi si orienti ad elica e anche nelle conformazioni dei cicloalcani) producono molecole con ugual formula bruta, ugual connettività ma non sovrapponibili. Un isomero conformazionale si dice anche conformero o rotamero. I conformeri non sono dei veri e propri isomeri, in quanto la barriera energetica tra le varie orientazioni è molto piccola e, a temperatura ambiente, l'una si trasforma nell'altra, pur avendo ciascuna una maggiore o minore probabilità a seconda della stabilità. Alcuni esempi di isomeria Isomeria di catena I tre composti riportati in questo esempio hanno formula bruta: C8H16. Isomeria di posizione I tre composti riportati in questo esempio sono tre fenoli. Differiscono per la posizione dei loro gruppi attorno all'anello. E i loro prefissi sono: orto- meta- para-. Isomeria cis-trans Detta anche isomeria geometrica; affinché ci sia questo tipo di isomeria sono necessarie due condizioni: non deve esserci rotazione attorno al legame tra i due atomi di carbonio; ciascuno dei due atomi di carbonio deve essere legato a due gruppi diversi. Per la prima condizione non può esserci isomeria cis-trans negli alcani in cui gli atomi di carbonio possono ruotare liberamente attorno al legame semplice; per la seconda non può esserci negli alchini in cui, essendo i due atomi di carbonio legati tramite un legame triplo, possono fare soltanto un altro legame). Pertanto l'isomeria cis-trans avviene solo negli alcheni e in alcuni casi nei cicloalcani. Le due coppie di composti riportate in questo esempio differiscono per la disposizione dei gruppi attorno a un elemento che impedisce rotazione, ad esempio un doppio legame o un anello. Gli isomeri geometrici vengono comunemente classificati con due diversi tipi di nomenclatura: cis e trans o Z e E. Nella prima l'isomero cis è quello che ha due gruppi uguali dalla stessa parte di un doppio legame o di un ciclo, il trans li ha da parti opposte. Nel secondo tipo di nomenclatura, l'isomero Z è quello con i gruppi a priorità maggiore dalla stessa parte (la priorità viene stabilita in base alle regole di priorità usate per la nomenclatura dei composti chirali) mentre l'isomero E li ha da parti opposte. A volte può succedere che le configurazioni cis e Z si equivalgano, come del resto trans e E. Isomeria ottica Le due molecole riportate in questo esempio, differiscono solamente per il fatto di essere l'una l'immagine speculare non sovrapponibile dell'altra. Due stereoisomeri che sono l'uno l'immagine speculare non sovrapponibile dell'altro si dicono enantiomeri (in questo caso, l'elemento stereogenico è un punto, cioè un atomo di carbonio). Questa proprietà è anche detta chiralità. L'isomeria ottica è un particolare tipo di isomeria in cui i due composti isomeri presentano le stesse identiche proprietà fisiche e chimiche (a parte la diversa reattività con altre molecole chirali) tranne differire per una caratteristica proprietà ottica: se si fa passare un raggio di luce in una soluzione con i due isomeri ottici all'interno di un polarimetro, il fascio viene deviato dello stesso angolo verso destra e verso sinistra rispetto alla sua direzione in assenza degli isomeri. La luce non viene deviata se nel polarimetro è presente una soluzione contenente la stessa identica quantità dei due isomeri, ossia una soluzione "racemica"; solo in questo caso la luce non subisce alcuna deviazione. L'angolo α di cui ruota il piano di vibrazione della luce polarizzata dopo aver attraversato una soluzione è detto potere rotatorio specifico di una sostanza. Il potere rotatorio di una soluzione dipende sia dalla concentrazione sia dalla lunghezza del tubo polarimetrico. Per rendere indipendente dai parametri sperimentali il potere rotatorio di una sostanza, si usa il potere rotatorio specifico [α]: [α] = α/c∙l dove: α = angolo di rotazione misurato c = concentrazione in g/ml l = lunghezza del tubo in dm Nuclidi Il termine isomero viene utilizzato anche per indicare stessi isotopi che differiscono solamente per il diverso stato eccitato. Note Bibliografia Voci correlate Anomeria Chiralità (chimica) Elemento stereogenico Enantiomero Epimero Stereochimica Prochiralità Topoisomero Altri progetti Collegamenti esterni Concetti fondamentali di chimica Stereochimica
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Integrale di Eulero
In matematica esistono due funzioni speciali note come integrali di Eulero: l'integrale di Eulero del primo tipo: la funzione beta di Eulero. l'integrale di Eulero del secondo tipo: la funzione gamma di Eulero. Tramite il teorema di Fubini si dimostra un'importante relazione che lega le due funzioni e permette di esprimere la funzione beta rispetto alla funzione gamma, mostrando inoltre in maniera immediata la simmetria della beta: . La funzione gamma è un'estensione del fattoriale ai numeri reali e ai complessi; per tale motivo le due funzioni assumono un'espressione più semplice nel dominio dei numeri naturali (): . Note Voci correlate Integrale di Gauss Integrale di Fresnel Approssimazione di Stirling Eulero
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https://it.wikipedia.org/wiki/Insieme%20sfocato
Insieme sfocato
Un insieme sfocato o insieme sfumato (in inglese fuzzy set) è un insieme che rientra in un'estensione della teoria classica degli insiemi. Il concetto è stato introdotto da Lotfi A. Zadeh, nel 1965, come estensione della classica definizione di insieme. Un insieme sfocato è caratterizzato da una funzione di grado di appartenenza, che mappa gli elementi di un universo in un intervallo reale continuo Il valore 0 (zero) indica che l'elemento non è per niente incluso nell'insieme sfocato, il valore 1 (uno) indica che l'elemento è certamente incluso nell'insieme (questi due valori corrispondono alla teoria classica degli insiemi), mentre i valori tra zero e uno indicano il grado di appartenenza dell'elemento all'insieme sfocato in questione. Dato un universo U e una funzione del grado di appartenenza si definisce la sfocatura di U rispetto ad A, e si indica A(U), l'insieme delle coppie: Esempio Un insieme fuzzy A(U) è una coppia ordinata (U,A) con: U, detto universo, un insieme classico della teoria degli insiemi A, una funzione d'appartenenza Prendiamo come insieme U = {4, 2, 0, 9} e come funzione d'appartenenza A = "Numeri in U vicini a 2" A(x):= 1/(1+(x-2)^2). La sfocatura di U rispetto ad A è allora A(U) = {(4;0,2), (2;1), (0;0,2), (9;0,02)} L'unico vincolo circa le funzioni d'appartenenza è quello sul codominio d'arrivo, ma, in maniera meno generale, ma più pragmatica, si può dire che solitamente si tratta di: funzioni monotone, triangolari, trapezoidali e gaussiane. È ovviamente possibile eseguire tra insiemi fuzzy anche le classiche operazioni insiemistiche quali unione, intersezione e complemento. Si noti che non è possibile parlare di un insieme sfocato prescindendo dalla sua funzione di sfocatura e che questa, almeno di principio, è puramente arbitraria. Proprietà degli insiemi sfocati Gli insiemi fuzzy non godono di relazioni di univocità e biunivocità fra gli elementi di insiemi diversi. Pertanto, gli insiemi fuzzy sono un'estensione, ma non una generalizzazione degli insiemi della teoria classica; ossia sono una teoria che allarga ma è inclusa in quella degli insiemi, piuttosto che includerla in una teoria nuova e più vasta. Un semplice passaggio di notazione da un discreto fra 0 e 1 a un intervallo continuo di appartenenza fra gli stessi due estremi rappresenta un notevole salto concettuale ed è un esempio dell'importanza di disporre di una notazione matematica sintetica e potente. Sugli insiemi fuzzy valgono gli operatori insiemistici: unione, intersezione e complementare. Valgono inoltre le leggi di De Morgan; non valgono invece il principio del terzo escluso (per cui l'unione di un insieme con il suo complementare ha somma pari a 1) e il principio di non-contraddizione (l'intersezione di un insieme con il suo complementare è un insieme vuoto). Il discorso ovviamente è valido in quanto la complementarità è definita indipendentemente da questi principi fondamentali di logica (e da tutti gli altri, che ne sono una derivazione) come proprietà di un singolo insieme e non di due o più insiemi in relazione tra loro. Vi sono vari modi possibili di generalizzare gli operatori della logica classica. L'operazione di unione su due insiemi fuzzy A e B si esegue applicando ad ogni elemento x di A e y di B una funzione chiamata s-norm; tipicamente si prende il massimo tra i due valori: Grado di appartenenza ad A ∪ B di 1 = Max(1 - 0,2 ) = 1 A∪B={ 1/1 + 0,3/2 + 0,7/3 + 0,6/4 + 0,4/5 }. L'operazione di intersezione invece viene effettuata utilizzando funzioni t-norm, tipicamente la funzione minimo; per definire invece il complementare di un insieme, si calcola il nuovo grado di appartenenza di un elemento al nuovo insieme B come 1-grado di appartenenza ad A, come nel seguente esempio: Utilizzo La validità degli operatori booleani (con cui lavora l'algebra relazionale) consente di interrogare basi di dati fuzzy con il FSQL (Fuzzy SQL), un linguaggio nato nel 1998 come estensione dell'SQL. Voci correlate Teoria degli insiemi Logica fuzzy Altri progetti Collegamenti esterni Teoria degli insiemi
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https://it.wikipedia.org/wiki/Intel
Intel
Intel Corporation è un'azienda multinazionale statunitense fondata il 18 luglio 1968 con sede a Santa Clara (California). Produce dispositivi a semiconduttore, microprocessori, componenti di rete, chipset per motherboard (scheda madre), chip per schede video e molti altri circuiti integrati. Storia La creazione Nel 1968 Robert Noyce e Gordon Moore lasciano la Fairchild Semiconductor e fondano la Integrated Electronics Corporation, successivamente abbreviata in Intel Corporation. Poco dopo Andrew Grove arrivò alla direzione della società. Intel all'inizio produceva componenti per memorie e, durante gli anni settanta, era divenuta leader nella produzione di memorie DRAM, SRAM e ROM. La svolta arrivò nel 1971 quando Marcian Hoff, Federico Faggin, Stanley Mazor e Masatoshi Shima costruirono il primo microprocessore, l'Intel 4004. Nel 1973 registrò vendite per 66 milioni di dollari. Le innovazioni e le microarchitetture Nel 1983 toccò al presidente della società, Andy Grove, trasformare la produzione, abbandonando la costruzione di memorie per passare alla produzione di microprocessori. Lo stesso Andy Grove descrisse questa transizione nel libro Only the Paranoid Survive. Un elemento chiave di questo processo fu sicuramente l'8086 che nel 1982 viene scelto per i PC IBM alla condizione (imposta da IBM) di avere una seconda fonte di produzione. La seconda fonte sarà AMD, che con uno scambio di licenze diviene il secondo fornitore di processori 8088 e 8086 per i PC IBM. Il "problema" dei secondi fornitori sarà sempre presente fino all'avvento del Pentium. Durante gli anni novanta la Intel Architecture Labs (IAL) fu la maggior responsabile delle innovazioni hardware dei personal computer, fra cui il bus PCI, il bus PCI Express, l'USB (USB) e le prime architetture per server multiprocessori (SMP). Le vicende antitrust e il Pentium Intel ha un accordo con Advanced Micro Devices dal 1976: ognuna delle due major può usare le tecnologie brevettate dal concorrente senza dover richiederne il consenso. Nel 1993 viene lanciato il Pentium, capostipite di una famiglia di successo. Nel corso degli anni '90 il controllo totale del mercato dei processori x86 procurò ad Intel molte cause da parte delle autorità antitrust. Gli anni 2000 e l'imposizione sul mercato All'inizio del 2006 Apple diventa cliente di Intel creando, con accordo di Intel, il primo iMac Intel, e nel settembre del 2007 la società ha acquisito Havok, sviluppatore noto in ambito software per lo sviluppo dell'omonimo motore fisico utilizzato in più di 150 videogiochi. Nell'ottobre dello stesso anno ha raggiunto un accordo extragiudizionario con Transmeta: la società accusava Intel di aver violato alcune sue proprietà intellettuali. Intel ha pagato 250 milioni di dollari per aver accesso non esclusivo a tutti i brevetti della società. Nel febbraio del 2008 la società è stata citata in giudizio dall'University of Wisconsin-Madison per aver violato il brevetto statunitense 5.781.752 nei processori Core 2. Nel 2008 crea la Numonyx assieme ad STMicroelectronics e Francisco Partners. Nel maggio del 2009 riceve una multa da 1,06 miliardi di euro dall'Antitrust europeo per abuso di posizione dominante. Nel novembre 2009 Intel si accorda con AMD a pagare 1,25 miliardi di dollari per ritirare le denunce a suo carico che AMD aveva presentato, permettendo a quest'ultima di risanare parte dei debiti accumulati. Tra la fine del 2014 e l'inizio del 2015 è uscita la quinta generazione di processori con architettura Broadwell. Ad agosto 2015 sono stati presentati i processori i3, i5, i7 e Pentium di sesta generazione con la nuova architettura Skylake . Nei mesi successivi sono poi usciti l'intel core i3 e il pentium di sesta generazione. I processori Skylake hanno un processo produttivo a 14 nanometri e hanno grafiche integrati più potenti rispetto alla precedente generazione. Nell'estate 2016 Intel ha presentato la settima generazione di processori desktop e mobile, conosciuti con il nome Kaby Lake. I Kaby Lake hanno caratteristiche simili ai loro predecessori ma vantano secondo i dati Intel un incremento prestazionale del 30%. Sia i processori Skylake che i processori KabyLake sono compatibili con il socket LGA1151. Nell'agosto 2017 è stato presentato un aggiornamento dei processori Intel, denominato Kaby Lake Refresh, a cui è stato assegnato lo stato di "ottava generazione" e che Intel afferma essere circa il 40% più veloci dei precedenti. L'incremento delle prestazioni è stato misurato in appropriate condizioni operative mediante un benchmark sviluppato da Intel stessa. Nel 2015 Intel si è mostrata interessata al mondo dei droni, in particolare alle applicazioni possibili grazie alle camere ad alta definizione di cui sono dotati i droni moderni ed ha avviato una partnership con Qualcomm. La collaborazione ha portato alla creazione delle RealSense Cameras, cioè potenti videocamere in grado di effettuare la scansione di una stanza in pochi secondi ed offrire una esperienza 3D senza precedenti. Ha anche collaborato con la DJI e con la Ryze Robotics fornendo processori per i loro droni (ad es. TELLO). Nel 2020 la Apple ha scelto d'interrompere la collaborazione con Intel, lanciando Apple Silicon. Tuttavia la Intel collaborerà al processo di transizione. nel 2021 Intel ha ventilato l'ipotesi di aprire un nuovo stabilimento industriale in Europa; per la precisione in Germania, a Dresda o a Monaco. La produzione partirà però solo nel 2024. Intel sarebbe pronta a investire 80 miliardi di euro in Europa per cercare di reagire alla crisi dei semiconduttori. Non è escluso che, a questo proposito, venga creato un centro di assemblaggio dei semiconduttori proprio in Italia. Nel 2023 è prevista la fine della produzione di due storici processori della Intel, ossia il Pentium e il più recente Celeron, lasciando spazio a Intel Processor Affari societari Struttura societaria Il 21 giugno 2018, l'amministratore delegato Brian Krzanich si dimette per una relazione consensuale che ha avuto con una dipendente, iniziata 10 anni prima e terminata nel 2013 prima che Krzanich diventasse CEO. La politica interna che proibisce ai manager di avere relazioni con dipendenti è stata introdotta nel 2011. Robert "Bob" H. Swan, già CFO, è stato nominato CEO temporaneo fino a nomina del nuovo CEO permanente. Slogan Lo slogan usato inizialmente nelle pubblicità era «The computer inside» ("Il computer all'interno"), nel 1991 si iniziò ad utilizzare «Intel inside», che, nel 2006, venne sostituito da «Leap Ahead» («Balzare in avanti»).. Nel maggio 2009 divenne «Sponsors of Tomorrow» ("Sponsor del futuro"). Dal 2013 è «Look inside» ("Guarda l'interno"). Curiosità Nel celebre sceneggiato di fantascienza A for Andromeda, prodotto dalla BBC nel 1961, scritto da Fred Hoyle con la collaborazione di John Elliot, un colosso privato interessato a un immaginario computer alieno si chiama proprio Intel. Un albo a fumetti del "mago" Mandrake, del 1967, ha titolo L'Inter Intel. Note Voci correlate Microarchitetture Intel Microprocessori Intel Intelligent Platform Management Interface Altri progetti Collegamenti esterni Intel
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https://it.wikipedia.org/wiki/IA-32
IA-32
Con IA-32 (Intel Architecture 32 bit), a volte i386, si definisce l'architettura o l'instruction set dei microprocessori prodotti da Intel, AMD e altre compagnie minori per il mercato desktop a partire dal 1985, e che è presente nella grandissima maggioranza dei personal computer esistenti al mondo. Spesso viene definita un'architettura CISC, ma queste distinzioni stanno sempre più perdendo significato con l'avanzare della tecnologia. Storia Il termine fu coniato per distinguere il set di istruzioni per le CPU compatibili con il processore Intel 80386 da quelli per serie incompatibili come Itanium. Il set IA-32 viene implementato in tutte le CPU della grande famiglia x86 successive all'80386, ovvero quelle a 32 bit. I programmi che sono utilizzati con uno di questi processori possono girare in modalità protetta, usare memoria maggiore di 640K, disporre di memoria virtuale e ambiente multitasking. Inoltre essi possono accedere ad uno spazio di memoria lineare di circa 4 GB. Modalità di operazione dei processori IA-32 L'IA-32 supporta tre modalità di funzionamento: la modalità reale, la modalità protetta e la modalità 8086 virtuale. In modalità protetta i programmi possono sfruttare appieno il processore e tutta la memoria disponibile sulla macchina, mentre in modalità reale e in modalità 8086 virtuale il software ha a disposizione un solo megabyte di RAM e il processore si comporta come un semplice 8086. Registri La CPU 80386 (e tutti i suoi successori) ha 4 registri ad uso generico a 32 bit e 6 registri di segmento, più il registro dei flag, due registri indice e due registri per la gestione dello stack. A questi registri di uso comune si aggiungono alcuni destinati a compiti particolari: ci sono 4 Control Register, 6 Debug Register e 4 Test Register, oltre naturalmente ai registri descrittori di segmento necessari per l'implementazione dei meccanismi di memoria virtuale. Il coprocessore matematico 80387 aggiungeva al sistema altri 8 registri in virgola mobile. I processori seguenti hanno incorporato il coprocessore matematico e introdotto altri registri per le istruzioni SIMD, come l'MMX, il 3DNow! e l'SSE, ma senza abbandonare mai il gruppo di registri originario del 386. Registri ad uso generico I registri ad uso generico x86 non sono realmente destinati all'uso generico come indicherebbe la definizione, a causa di alcuni processi specifici che possono spesso essere eseguiti impiegando solo uno o due di questi registri. In altre architetture i registri ad uso generico sono impiegabili in modo assolutamente indistinto, mentre i registri x86 sono suddivisi tra specifici per i dati e specifici per gli indirizzi. Inoltre molte operazioni possono essere svolte o in un registro o direttamente nella RAM, senza necessità di caricare i dati in un registro. Questo comportamento dimostra i trent'anni di età di quest'architettura. Nota: con l'arrivo dell'estensione AMD64 all'architettura x86 questa caratteristica è stata eliminata, almeno in modalità a 64 bit: ora i registri ad uso generico sono realmente ad uso generico, senza distinzioni. Questo non influenza comunque l'architettura IA-32. Registri a 8 e 16 bit È inoltre possibile l'accesso ad ulteriori set di registri a 8 e 16 bit. Per esempio, si può accedere ai 16 bit inferiori del registro a 32 bit EAX chiamandoli AX. Alcuni registri a 16 bit possono essere divisi ulteriormente in registri a 8 bit: la metà superiore del registro a 16 bit AX visto sopra è chiamata AH e l'inferiore AL. Allo stesso modo, il registro a 32 bit EBX si divide in BX (16 bit), ulteriormente diviso in BH (8 bit) e BL (8 bit). Registri generici dei dati Tutti i seguenti registri possono essere impiegati per uso generico, ma anche per processi specializzati; ognuno di essi può essere suddiviso in registri a 16 o 8 bit. EAX - accumulatore (specializzato per le istruzioni aritmetiche) EBX - base register (usato per indirizzare il dato nel segmento di memoria) ECX - contatore (specializzato per i cicli) EDX - data register Registri degli indirizzi Usati solo per l'indirizzamento. Possono essere divisi in registri a 16 bit ma non a 8 bit. EBP - base pointer (contiene l'indirizzo dello stack frame attualmente impiegato) ESI - source index (usato per le stringhe) EDI - destination index (usato per le stringhe) ESP - stack pointer (contiene il primo indirizzo di uno stack) EIP - instruction pointer (contiene l'indirizzo dell'istruzione successiva) Registri stack per la virgola mobile Fin dall'introduzione dell'80486 sono presenti 8 registri x87 in virgola mobile, numerati da ST(0) a ST(7). Ogni registro contiene 80 bit e immagazzina numeri nel formato "precisione doppia estesa" dello standard IEEE 754. A questi registri non si può accedere direttamente, ma come uno stack LIFO. Il numero del registro non è fisso, ma si riferisce alla cima dello stack: ST(0) è il registro in cima allo stack, ST(1) è quello inferiore, ST(2) è ancora inferiore e così via. Questo significa che un dato è sempre spinto verso il basso, e che le operazioni vengono sempre effettuate con l'operando contenuto in cima allo stack: non è possibile accedere ad un dato registro in modo casuale, ma solo in ordine. Registri di segmento I registri di segmento vengono utilizzati dall'80386 per generare un indirizzo lineare da un indirizzo logico. L'indirizzo logico è dato dalla coppia registro di segmento:offset (l'offset può essere una costante, un registro di base, di indice o la combinazione dei tre, con alcune regole/eccezioni). L'indirizzo lineare viene quindi trasformato in indirizzo fisico dal meccanismo di paging del processore. I registri di segmento sono 6: CS - code segment (viene implicitamente utilizzato dal processore, in coppia con il registro EIP, per prelevare la prossima istruzione) DS - data segment (viene utilizzato, implicitamente, nell'accesso alla memoria da parte di un'istruzione) SS - stack segment (utilizzato in coppia con ESP per gestire lo stack) ES - extra segment (utilizzato come ulteriore registro per dati, simile al data segment) FS - extra segment (segmento extra per i dati, ad uso generico) GS - extra segment (segmento extra per i dati, ad uso generico) Nota: I registri FS e GS furono aggiunti nell'80386 (nei processori precedenti non erano presenti) e il loro nome è una semplice continuazione dell'alfabeto dalla E di ES. Nota: Quando si vuole far riferimento ad un indirizzo di memoria nell'architettura IA-32, viene utilizzata la forma <SEGMENTO>:<OFFSET>. Il segmento è espresso mediante uno dei 6 registri di segmento (anche se in alcuni casi è possibile esprimerlo con un valore costante) mentre l'offset indica lo scostamento all'interno del segmento. Le istruzioni, ad esempio, vengono sempre prelevate nella memoria all'indirizzo puntato dalla coppia CS:EIP. Registro dei flag L'80386 dispone di un registro dei flags, chiamato EFLAG. Sebbene non sia direttamente accedibile mediante un nome (come EAX, ad esempio) è possibile in qualche modo leggerlo e scriverlo. Sono necessarie solo un paio di istruzioni: /* Lettura dello stato del registro dei flags */ PUSHFD ;Salva lo stato dei flags nello stack POP EAX ;Estrae dallo stack e salva in EAX (o qualunque altro registro generale) Per modificare, invece, lo stato dei flags sono necessarie le seguenti due istruzioni: /* Modifica dello stato dei flags */ PUSH EAX ;Salva il registro EAX sullo stack (o qualunque altro registro generale) POPFD ;Estrae dallo stack e memorizza nel registro dei flags Le istruzioni precedenti salvano e ripristinano lo stato di EFLAG (versione a 32-bit dei flags dell'80386). È possibile salvare/ripristinare solo i 16 bit meno significativi utilizzando PUSHF/POP AX e PUSH AX/POPF rispettivamente. La dimensione (16 o 32 bit) utilizzata dipende dalla dimensione dell'operando. Il prefisso di forzatura operando (op-code 0x66) permette di variare la dimensione all'interno del contesto corrente: se utilizzato in modo 16-bit farà trattare al microprocessore l'istruzione come a 32-bit e viceversa. Il registro dei flags è un registro a 16 bit dove ad alcuni bit (o raggruppamento di essi) è assegnato un significato preciso ed indica lo stato del processore. Se il bit è posto ad 1 il flag è impostato (set), se posto a 0 si dice che è resettato (reset o clear). I numeri indicano la posizione in bit le sigle indicano il nome simbolico del flag. Significato dei flags: V8 - Virtual 86 mode (se impostato indica che si è in modalità Virtual-8086) RF - Resume Flag (se impostato abilita le eccezioni in modo debug) NT - Nested Task Flag (se impostato indica che il codice in esecuzione non deve essere interrotto dal multi-tasking in quanto routine di un servizio di interrupt) PL - Priviledged Level Flag (2 bits) (se impostato permette di eseguire istruzioni di I/O, in caso è resettato, l'esecuzione di istruzioni di I/O genera un'eccezione di protezione). OF - Overflow Flag (se impostato indica che l'ultima operazione aritmetica ha generato un overflow) DF - Direction Flag (indica alla cpu quale direzione utilizzare negli incrementi automatici delle istruzioni che operano su stringhe. IF - Interrupt Flag (se impostato indica alla cpu di rispondere agli interrupt. L'NMI-Non Maskable Interrupt non viene influenzato da questo flag) TF - Trap Flag (se impostato indica alla cpu di generare una INT 0 dopo ogni istruzione) SF - Sign Flag (se impostato indica che l'ultima istruzione aritmetica ha generato un numero negativo). ZF - Zero Flag (se impostato indica che l'ultima operazione logico/aritmetica ha generato uno 0) AF - Auxiliary Carry Flag (se impostato indica che l'ultima operazione aritmetica ha generato un riporto sui 4 bit inferiori di AL, usato nell'aritmetica BCD) PF - Parity Flag (se impostato indica che l'ultima operazione aritmetica ha generato un risultato formato da un numero dispari di bit posti ad 1) CF - Carry Flag (se impostato indica che l'ultima operazione aritmetica ha generato un riporto) I restanti bit non sono utilizzati e vengono riservati ad uso futuro; il loro valore non dovrebbe essere modificato e, se letto, non dovrebbe essere preso in considerazione. Registri SIMD Gli instruction set MMX, 3DNow!, e SSE possiedono propri registri, in aggiunta a quelli standard IA-32. Registri MMX L'MMX possiede 8 registri, chiamati da MM0 a MM7 (da qui in poi MMn), che però sono fisicamente gli stessi registri x87 per il calcolo in virgola mobile della FPU, per cui è impossibile usare contemporaneamente le istruzioni MMX e quelle in virgola mobile: prima di usare il set di istruzioni MMX deve essere disabilitata la FPU, con una istruzione apposita. Ognuno dei registri MMn contiene un intero a 64 bit, ma una delle caratteristiche fondamentali di questo instruction set è il concetto di vettore, formato da più dati simili tra loro: potevano quindi essere immagazzinate due parole di 32 bit l'una, quattro di 16 o otto di 8. Sempre perché i registri MMn sono in "coabitazione fisica" con i registri x87, che contengono 80 bit l'uno, nell'esecuzione delle MMX i primi 16 bit del registro vanno sprecati: vengono quindi tutti impostati a 1, in modo che i dati presenti vengano riconosciuti come "NaN" o come infiniti da un'applicazione in virgola mobile, e rendendo facile riconoscere se vengano usati dati in virgola mobile o MMX. Registri 3DNow! Il 3DNow! fu progettato come un'estensione naturale delle istruzioni MMX per il calcolo in virgola mobile; usa quindi le stesse denominazioni dei registri MMn, ma invece di immagazzinarvi parole di 64 bit, vi introduce numeri in virgola mobile a precisione singola. Il vantaggio di usare i registri x87 anche in questo caso è che essi sono già dedicati al calcolo in virgola mobile, e quindi le istruzioni x87 possono essere usate per compiere le operazioni analoghe di salvataggio dei registri anche nel codice 3DNow!: ne consegue che non sono richieste modifiche al sistema operativo per usare questa tecnologia. Registri SSE Con l'SSE le istruzioni SIMD furono rese completamente indipendenti dai registri x87. Ma questo significò anche allontanarsi definitivamente dagli altri instruction set SIMD, come MMX; sforzo giustificato dalla possibilità di usare registri più grandi, liberi dai limiti della virgola mobile. Furono creati otto registri a 128 bit, chiamati da XMM0 a XMM7 (nota: nell'architettura AMD64 i registri sono stati aumentati a 16). Lo svantaggio consiste nel dover inserire nel sistema operativo il nuovo set di istruzioni. Intel creò quindi una nuova versione della modalità protetta, chiamata "Enhanced mode", che permette l'utilizzo delle istruzioni SSE, disabilitate nella normale modalità protetta: un sistema operativo che include le istruzioni SSE accede alla nuova modalità, mentre uno più vecchio o che comunque non le includa tenterà l'accesso solo alla normale modalità protetta. L'SSE è un instruction set che opera solo su dati in virgola mobile, come 3DNow!, ma a differenza di questo non usa i registri stack della FPU ma un proprio set di registri separato, in grado di contenere il doppio di numeri a precisione singola. Mentre il primo SSE era limitato ai numeri a precisione singola, con l'SSE2 fu possibile trattare anche numeri a precisione doppia. Per il 3DNow! questo non era possibile, dato che un unico numero in questa precisione occuperebbe l'intero registro a 64 bit, mentre i registri XMMn sono a 128 bit: l'SSE2 è quindi molto più adatto ad applicazioni scientifiche rispetto ai due predecessori. Set di istruzioni aggiuntivi SIMD Le estensioni MMX furono il primo grande aggiornamento: erano istruzioni SIMD adatte solo per il calcolo intero. Esse furono introdotte insieme da Intel e AMD nei propri Pentium MMX e K6 nel 1997. Condivideva i registri con la FPU x87, così il sistema operativo non doveva essere modificato per adoperare queste istruzioni se supportava il salvataggio dello stato x87. L'MMX fu aggiornato con le estensioni 3DNow!, che supportavano la virgola mobile, da parte di AMD nel 1999 col K6-2. Anche queste sfruttavano i registri x87. Intel non considerò mai questa tecnologia. Intel introdusse le istruzioni SSE, con supporto per dati in virgola mobile a precisione singola, col processore Pentium III nel 1999. A differenza del 3DNow!, non erano un'estensione delle MMX e non sfruttavano i registri della FPU x87, e richiedevano modifiche al sistema operativo per essere sfruttate, ma erano libere dalle limitazioni imposte dai registri x87. Queste istruzioni e le sue successive estensioni furono adottate anche da AMD a partire dagli Athlon XP, e questa non sviluppò ulteriormente il 3DNow!. L'SSE2 fu introdotto col Pentium 4 all'inizio del 2001; costituiva un ulteriore miglioramento delle SSE, con l'aggiunta del supporto per i numeri a precisione doppia. L'SSE3, introdotto col Pentium 4 Prescott nel 2004, forniva aggiunte secondarie alle SSE2. Formato delle istruzioni IA-32 La struttura di una generica istruzione IA-32 è variabile a seconda dello specifico opcode, e può essere preceduta da dei prefissi (fino a quattro) che ne modificano il comportamento: una descrizione generale è data nella tabella qui sotto. Il byte Mode R/M specifica ulteriormente l'operando dell'istruzione e può contenere un supplemento di opcode, mentre il byte SIB (Scale Index Base) specifica sempre un registro a 32 bit (EAX, EBX ecc.) ed è caratteristico dei processori IA-32. Nella tabella seguente sono elencate le istruzioni IA-32, organizzate per ordine alfabetico in base al loro codice mnemonico assembly. Vengono riportati anche gli opcodes esadecimali e, in cicli di clock, i tempi di esecuzione per un 80386. Se al posto dell'opcode c'è un asterisco è perché l'istruzione ha molti opcode diversi a seconda delle varie forme; anche i tempi di esecuzione sono variabili a seconda dello stato in cui si trova il processore: in modo protetto molti accessi alla memoria "costano" cicli di clock in più, e un eventuale context switch può alzare di molto i tempi. I flag impostati a valori predefiniti sono contrassegnati con il valore 0 o 1 che assumono; se vengono modificati in accordo con il risultato dell'operazione sono contrassegnati con un asterisco; se vengono modificati, ma in modo non definito sono contrassegnati con un punto interrogativo. Questo è il set completo di istruzioni del processore 80386. La nuova architettura Intel IA-64 non è direttamente compatibile con le istruzioni IA-32. Voci correlate x86 - Famiglia di processori Intel AMD64 - Architettura a 64 bit di AMD IA-64 - Architettura a 64 bit di Intel per processori Itanium EM64T - Architettura a 64 bit di Intel per processori x86 Architettura dei calcolatori Intel
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https://it.wikipedia.org/wiki/Irving%20Kaplansky
Irving Kaplansky
Biografia Nato da genitori polacchi appena immigrati in Canada, si interessò inizialmente alla musica (pianoforte), scoprendo però già da giovane la matematica. Conseguì la maturità nel 1938 mostrando le sue grandi capacità matematiche. Fece parte del primo gruppo a vincere il premio "William Lowell Putnam" (un concorso per studenti degli Stati Uniti e Canada). Nel 1940 consegue il master of arts a Toronto e continua gli studi presso Harvard con la borsa di studio "Putnam Fellowship" di cui fu il primo beneficiario. Ottenne il dottorato nel 1941 con la tesi Maximal Fields with Valuations preparata con la supervisione di Saunders Mac Lane e rimane ad Harvard fino al 1944 come assistente. Nel 1944 e 1945 fece parte del gruppo di matematica applicata per il "National Defense Council" presso la Columbia University, per poi trasferirsi all'Università di Chicago, dove passerà la maggior parte della sua carriera fino al 1984 e sarà preside del dipartimento dal 1962 al 1967. Dal 1949 al 1958 fece parte del comitato di traduzione dal russo e da altre lingue slave. Dal 1951 al 1953 fu membro del consiglio dell'American Mathematical Society, diventandone vicepresidente nel 1975 fino al 1985, quando ricopri per un anno la carica di presidente. Dal 1984 è stato direttore del Mathematical Sciences Research Institute all'Università della California, Berkeley. Contributi I suoi primi lavori riguardano la teoria dei numeri, la statistica, teoria dei giochi e quello che diventerà il suo principale interesse: l'algebra. Completò la soluzione del problema di Kuosh e affrontò diversi problemi dell'algebra di Banach. I lavori matematici, soprattutto in algebra, hanno dato importanti contributi alla teoria degli anelli, teoria dei gruppi (gruppi abeliani infiniti) e quella dei campi. Nella sua carriera, Kaplansky ottenne il premio Guggenheim Fellowship e venne eletto all'accademia nazionale delle scienze nonché all'accademia americana delle arti e scienze. Nel 1987 divenne membro onorario della London Mathematical Society. Nel 1989 la American Mathematical Society assegna a Kaplansky uno dei tre premi Steele (come riconoscimento dell'influenza esercitata durante la carriera, compresa la formazione di studenti di dottorato). Pubblicazioni Maximal Fields with Valuations (tesi) A common error concerning Kurtosis (1945) in Journal of the American Statistical Association, n. 40, giugno 1945, pagg. 259-263 An introduction to differential algebra (1957) Commutative Rings (1970) Fields and Rings Infinite Abelian Groups Lie Algebras and Locally Compact Groups (1971) Rings of Operators Set Theory and Metric Spaces Voci correlate Matematica, Algebra, Teoria dei numeri Statistica, Curtosi Teoria dei giochi Altri progetti Collegamenti esterni Premio Steele Presidenti dell'American Mathematical Society
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https://it.wikipedia.org/wiki/Isola%20del%20Liri
Isola del Liri
Isola del Liri (Lisëra in dialetto locale) è un comune italiano di abitanti della provincia di Frosinone nel Lazio. Geografia fisica Territorio Il centro storico cittadino si sviluppa su un'isola formata dal fiume Liri il quale, all'altezza del castello Boncompagni - Viscogliosi, si divide in due bracci che formano ciascuno un salto di circa trenta metri: la Cascata Grande (Verticale) formata dal braccio di sinistra e la Cascata del Valcatoio (o, anticamente, del Gualcatojo o anche Cascatelle) formata da quello di destra. La Cascata Grande è alta circa 27 metri: una delle poche cascate a trovarsi nel centro storico di una città. La Cascata del Valcatoio è meno spettacolare della prima anche perché le sue acque sono irregimentate e captate per alimentare un impianto di produzione elettrica. Il suo salto non è perfettamente verticale, ma segue un piano inclinato di circa 160 m lungo un dislivello di circa 27 m con una pendenza del 17 % circa. Clima Classificazione climatica: zona D, 1916 GG Il clima di Isola del Liri è particolarmente umido, conseguenza della presenza del fiume che attraversa e circonda la città Ad Isola del Liri superiore, in zona Borgonuovo, è attiva una stazione meteorologica conforme alle norme dettate dall'OMM (Organizzazione Mondiale Meteorologia). Origini del nome Il nome di Isola del Liri deriva dal sito in cui si è sviluppato il centro abitato: un'isola formata dal fiume Liri. Il primo nome registrato della città fu Insula Filiorum Petri, cioè Isola dei figli di Pietro, gastaldo di Sora. In realtà già in un documento del 1004 si registra una località nel contado sorano denominata Colle dell'Isola. Nell'uso comune e nella cartografia fu sempre Isola, talvolta con la specificazione di Sora, perché strettamente legata insieme a Castelliri (allora Castelluccio) alla vicina Sora, di cui seguì le sorti fino all'età napoleonica. A seguito dell'unificazione nazionale, nel 1863 Isola divenne Isola presso Sora per poi ottenere nel 1869 il nome attuale. Storia Età antica L'origine di Isola del Liri è strettamente legata ai due municipi romani vicini di Arpinum e Sora: l'attuale territorio comunale della città era infatti diviso tra i due antichi centri. Entrambe le città erano abitate anticamente dai volsci, popolazione indo-europea osco-umbra. Sora diventò poi colonia romana con l'arrivo di diverse migliaia di coloni romani e/o latini, mentre Arpino non fu colonizzata. Le conquiste degli antichi romani, estendendosi poi più a sud nel Sannio, stabilizzarono la loro presenza per diversi secoli lungo il Liri e nel resto del Latium adiectum. Medioevo La città nel Medioevo cadde, alternativamente, sotto il dominio bizantino e longobardo, finché divenne parte della contea di Sora nel Principato di Capua. Isola del Liri fu il feudo della famiglia dell'Isola (de Insulae) del XII secolo al XIV secolo. Fra i personaggi famosi di questa famiglia, furono Roffredo dell'Isola, abate di Montecassino, conte d'Arce e Bartolomeo dell'Isola che godeva gli onori nel sedile di Capuano a Napoli. Alla fine del XIV secolo, Isola del Liri fu ceduta alla famiglia Cantelmo. Il Ducato di Sora Durante l'Ancien Régime la città conobbe un'economia florida e un migliore assetto urbanistico, grazie soprattutto alla famiglia Boncompagni. Nel 1579, papa Gregorio XIII, acquistò il feudo del Ducato di Sora dai duchi di Urbino Della Rovere per donarlo al nuovo duca Giacomo Boncompagni, suo figlio. Per molti anni Isola del Liri fu sede dei duchi di Sora e il suo castello il principale centro amministrativo del ducato. Nell'ultimo periodo del triennio giacobino e in particolare nel maggio 1799, a Isola ebbe luogo l'eccidio nella chiesa di San Lorenzo Martire: oltre cinquecento persone che si erano riparate nel luogo di culto furono, infatti, trucidate dall'esercito rivoluzionario. Il XIX secolo Nel corso del XIX secolo e a seguito del riassetto amministrativo realizzato nel Regno di Napoli con Gioacchino Murat, la città fu annessa alle sorti politico-amministrative della provincia di Terra di Lavoro e, all'interno di essa, del Circondario di Sora. Nel secondo decennio del XIX secolo, Carlo Lefebvre di Pontarlier gettò le basi per lo sviluppo industriale della zona, impiantando qui le prime cartiere. Dal 1821 al 1841 sorsero nella Valle del Liri numerose altre cartiere, la maggior parte delle quali site a Isola del Liri, che si trasformò da piccolo centro rurale a polo industriale di prim'ordine per la fabbricazione della carta. Negli stessi anni, al servizio dell'industria della carta, nacque e si sviluppò a Isola del Liri anche la lavorazione di feltri per cartiere. Questa poté svilupparsi anche grazie alla presenza dei numerosi lanifici locali, il primo dei quali era stato fondato nel 1805 da Clemente e Vittorio Simoncelli. Cartiere, lanifici e feltrifici prosperarono nel corso del secolo. Notevole sostegno all'industria del paese venne offerto dalla possibilità di impiantare centrali per la produzione di energia idroelettrica lungo il corso del fiume Liri. All'inizio del XX secolo Isola del Liri era uno dei pochissimi centri della zona a poter disporre di energia elettrica per uso pubblico e privato. Il XX secolo Lo scoppio della prima guerra mondiale e il terremoto del 13 gennaio 1915 non arrestarono lo sviluppo industriale del paese. Durante gli anni della dittatura fascista l'assetto urbanistico mutò notevolmente con la costruzione di nuovi edifici pubblici, soprattutto scuole e asili. Negli anni trenta venne dato notevole impulso all'istruzione secondaria con l'istituzione della Scuola di Avviamento Professionale e la Scuola Tecnica Industriale. Nel dicembre 1926 Isola del Liri entrò nella neonata Provincia di Frosinone. L'attività industriale del paese non si arrestò con lo scoppio della seconda guerra mondiale, ma successivamente all'armistizio di Cassibile la cittadina, per via della sua posizione geografica, fu oggetto di diversi bombardamenti da parte degli Alleati. Le prime bombe caddero su Isola del Liri il 23 ottobre del 1943. Le industrie si fermarono e i cittadini cominciarono a sfollare nelle campagne limitrofe. I bombardamenti continuarono fino al termine della Battaglia di Montecassino, al termine della quale numerosi profughi si rifugiarono nel paese. Diverse fabbriche erano andate distrutte e i macchinari trafugati. L'economia del paese riprese lentamente nel dopoguerra grazie anche al commercio illegale di sigarette, prodotte artigianalmente con le scorte di carta superstiti. Negli anni sessanta la rinata industria locale si avviava verso un lento declino, mentre l'artigianato confermava con l'arte della tessitura e con la produzione di mobili in stile le sue peculiarità tradizionali. Età contemporanea Nel 1927 fu proposto il primo progetto di unione con i comuni di: Sora, Campoli Appennino, Broccostella, Pescosolido e Fontechiari che però fu respinto dal commissario incaricato di valutare la proposta. La città ha registrato dall'istituzione della provincia di Frosinone un periodo di relativo benessere e di crescita economica, continuata anche a seguito della chiusura dei principali centri di produzione industriale attorno agli anni novanta. Nel 1986 da Bruno Magliocchetti fu riproposta la fusione con Sora, Castelliri e Arpino in Lirinia. Nel 1990 fu avanzata una seconda proposta dal senatore Bruno Magliocchetti, tutte respinte dalla regione, nonostante un apposito referendum che sancì la volontà popolare di costituire Lirinia. . Monumenti e luoghi d'interesse Architetture religiose Ruderi Chiesa della SS Trinità (sec. XI) Chiesa Collegiata di San Lorenzo Martire (sec. XVII) Chiesa della Madonna delle Grazie (sec. XVIII) Chiesa di Sant'Antonio (ricostruita nel sec. XX su preesistenze medievali trecentesche) Chiesa di San Giuseppe (secc. XVIII - XIX su preesistenze medievali) Chiesa della Madonna dell'Alto Monte (secc. XVII - XVIII su preesistenze medievali) Chiesetta di Sant'Angelo (secc. XVIII - XIX su preesistenze medievali) Chiesa di Santa Maria dei Fiori (sec. XIX su preesistenze medievali) Chiesetta di Santa Maria delle Forme (sec. XIX, oggi in disuso) Chiesetta del Sacro Cuore (sec. XIX, oggi in disuso) Chiesa di Santa Maria delle Forme (sec. XVII su preesistenze medievali, oggi in disuso dopo essere stata adibita a cartiera durante l'800) Cona Mazzetti (sec. XIX) Chiesa del Divino Amore (sec. XX) Chiesa dell'Immacolata (sec. XX) Chiesa di San Carlo (sec. XX) Chiesa Evangelica Battista (sec. XX) Architetture civili principali Palazzo Marsella (sec. XVII) Palazzo Chigi - di Fede (sec. XVII) Palazzo Nicolamasi (sec. XVII) Villa (o Casino) Boncompagni (sec. XVII) Villa Mangoni di Santo Stefano (sec. XVII) Villa (o Casino) Nicolucci (sec. XVII) Palazzo Nicolucci (sec. XVII - XVIII) Palazzo Mazzetti - Marsella (sec. XVIII) Palazzo Sarra (sec. XVIII) Palazzo Mazzetti (sec. XIX) Palazzo Balsorano (famiglia Lefebvre, sec. XIX) Palazzo Zino - de Lamorte (sec. XIX) Villa Coste - Viscogliosi (sec. XIX) Palazzetto Manna (sec. XIX) Palazzo Courrier - Mancini (sec. XIX) Palazzo Palermo (sec. XIX) Villa Stellingwerff (sec. XIX) Villa Lefebvre (sec. XIX) dal nome della famiglia che la fece edificare e l'abitò dall'Ottocento fino al primo decennio del Novecento. Essa fu commissionata dal conte Ernesto Lefebvre, industriale cartario di origine transalpina. La realizzazione avvenne ad opera di maestranze francesi. La villa è edificata in stile eclettico ed era circondata da un grande parco di piante di alto fusto, attualmente estendentesi per circa un ettaro. Gli interni sono affrescati da Trompe-l'œil e decorati con papier paint. Nella villa fu ospitato Re Ferdinando II di Borbone e molte personalità di spicco oltre ad esponenti della nobiltà italiana e straniera dell'epoca. Palazzo Pantanella (sec. XIX - XX) Villa Virginia (famiglia Emery, sec. XX) Palazzo Zincone (sec. XX) Palazzo Silvestri - Mangoni di Santo Stefano (sec. XX) Palazzo Comunale (sec. XX) Architetture militari Torre Marica (sec. XI) sul Colle di San Sebastiano Torre Fullonica (sec. XI) in località Carnello Castello Boncompagni - Viscogliosi (sec. IX - XVII) Società Evoluzione demografica Religione I cittadini professano in maggioranza la religione cristiana, sia cattolica che evangelica. Negli ultimi anni si è riscontrato un incremento costante di cittadini di fede islamica, mentre tra i giovani aumenta il numero dei non credenti. Tradizioni e Folclore Il 10 dicembre si festeggia la Madonna di Loreto, Patrona del paese, la quale secondo la tradizione salvò Isola del Liri dall'ondata di peste nel 1654. Cultura Eventi Dal 1988, si svolgeva nel comune il Liri Blues Festival. Tra i maggiori festival di blues nazionali. In passato il festival è stato itinerante, toccando diversi centri della provincia di Frosinone. Economia Di seguito la tabella storica elaborata dall'Istat a tema Unità locali, intesa come numero di imprese attive ed addetti, intesi come numero di addetti delle imprese locali attive (valori medi annui). Nel 2015 le 953 imprese operanti nel territorio comunale, che rappresentavano il 2,84% del totale provinciale (33.605 imprese attive), hanno occupato 2.238 addetti, il 2,10% del dato provinciale; in media, ogni impresa nel 2015 ha occupato due addetti (2,35). Infrastrutture e trasporti Ferrovie Ferrovia Avezzano-Roccasecca, serve il comune di Isola del Liri attraverso l'omonima stazione. Amministrazione Nel 1927, a seguito del riordino delle circoscrizioni provinciali stabilito dal regio decreto n.1 del 2 gennaio 1927, per volontà del governo fascista, quando venne istituita la provincia di Frosinone, Isola del Liri passò dalla provincia di Caserta a quella di Frosinone. Gemellaggi Altre informazioni amministrative Fa parte della Comunità montana Valle del Liri. Sport Atletica leggera ASD Liri Runners. Calcio Associazione Calcio Isola Liri: nel corso della sua storia ha militato in Lega Pro. Note Voci correlate Liri Valle del Liri Terra di Lavoro Castello ducale Boncopagni-Viscogliosi Liri Blues Festival AC Isola Liri, squadra di calcio cittadina Lirinia Altri progetti Collegamenti esterni Sito del Comune di Isola del Liri ProLoco Isola del Liri L'industria della carta nell'Isola del Liri, documentario tedesco del 1910 Liri-Garigliano Liri
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https://it.wikipedia.org/wiki/Il%20dormiglione
Il dormiglione
Il dormiglione (Sleeper) è un film commedia fantascientifica di Woody Allen del 1973. Nel 2000 l'AFI lo ha inserito all'ottantesimo posto nella classifica delle migliori cento commedie americane di tutti i tempi. Trama Anno 2173, nel parallelo centrale della costellazione americana corrispondente agli ex Stati Uniti d'America, ormai distrutti da una guerra atomica e divenuti uno stato poliziesco in mano a un unico leader. Il corpo di un uomo, Miles Monroe, vissuto nel 1973, proprietario di un ristorante vegetariano e clarinettista jazz, viene risvegliato da un gruppo di medici dallo stato di ibernazione in cui era stato messo 200 anni prima dopo un'operazione chirurgica finita male. In quanto privo di identità e non schedato, deve indagare sul progetto Ires, ideato per debellare la resistenza al regime dittatoriale del leader. Costretto a nascondersi, prende le sembianze di un robot al servizio di Luna, una poetessa che, avendolo scoperto, lo denuncia alla polizia. Miles subisce la riprogrammazione del cervello e il processo di riadattamento, mentre Luna, anch'essa candidata alla riprogrammazione, fugge e con l'aiuto della resistenza lo libera facendogli riacquistare la memoria. Per evitare che il dittatore, ucciso in un attentato, venga clonato, Miles e Luna ne ruberanno il naso, unica parte anatomica rimasta. Produzione L'intenzione iniziale di Woody Allen era girare un grande kolossal comico della durata di oltre tre ore e con un budget tanto costoso quanto quello delle grosse produzioni hollywoodiane del genere. La prima metà del film sarebbe stata ambientata nel 1973, finché il protagonista non fosse finito ibernato per poi risvegliarsi nel 2173 dopo l'intervallo. Pur avendo già ottenuto l'approvazione dei produttori e firmato il contratto, Allen non fu in grado di trovare uno sviluppo dell'intreccio che lo soddisfacesse, così decise di riprendere l'idea dell'uomo che si risveglia nel futuro per scrivere una commedia di normale durata che fosse più simile ai suoi film precedenti. Distribuzione Il film è uscito nei cinema americani il 17 dicembre 1973. In Italia la pellicola è stata distribuita nelle sale cinematografiche a partire dal 15 marzo 1974. Citazioni e riferimenti Nel tentativo di sapere qualcosa in più della sua epoca a Miles vengono mostrate delle foto e dei filmati tra cui immagini di Iosif Stalin, Henry Kissinger, Richard Nixon, Fiorello La Guardia, Billy Graham, Charles de Gaulle (del quale dice che si trattava di un famoso chef) e anche il paginone centrale di Playboy del numero del novembre 1972, il più venduto nella storia della rivista con più di copie; esso, raffigurante la playmate svedese Lenna Sjööblom, divenne in seguito un'immagine standard per il collaudo degli algoritmi di elaborazione delle immagini; l'immagine è nota nel settore col nomignolo di Lenna (o Lena). Note Altri progetti Collegamenti esterni Film commedia fantascientifica Film diretti da Woody Allen Film sull'ibernazione Film ambientati nel futuro
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https://it.wikipedia.org/wiki/Imperatori%20del%20Sacro%20Romano%20Impero
Imperatori del Sacro Romano Impero
Questa pagina contiene l'elenco degli Imperatori del Sacro Romano Impero, da Carlo Magno (800) a Francesco II d'Asburgo-Lorena (1806). Il loro titolo esatto era, in latino, Romanorum Imperator (Imperatore dei Romani), mentre in tedesco era Römischer Kaiser (Imperatore Romano). Gli Imperatori, prima di essere formalmente incoronati, normalmente a Roma e per mano del papa, erano conosciuti come re dei Romani. Sono pertanto inclusi nell'elenco, ma non numerati, anche i re dei Romani fino al 1508 (l'anno in cui Massimiliano I adottò il titolo di imperatore pur senza essere stato incoronato), cioè i sovrani di Germania (e quindi del Sacro Romano Impero) che non furono incoronati imperatori. Il Sacro Romano Impero La relazione fra il titolo di re e quello di imperatore nelle aree geografiche oggi chiamate Germania e Italia complica di fatto la comprensione della storia e della struttura del Sacro Romano Impero stesso. Le successive annotazioni sono state qui inserite nell'intento di chiarire meglio l'argomento in questione: L'Impero carolingio, prima fase del Sacro Romano Impero (anche se fu così chiamato molto più tardi), nacque la mattina di Natale dell'800 con l'incoronazione del re dei Franchi Carlo Magno da parte del papa Leone III a Roma. L'impero ebbe breve vita poiché nell'843 fu separato in tre parti dal trattato di Verdun: una parte occidentale che avrebbe dato origine alla Francia, una parte orientale che avrebbe generato la futura Germania, e una parte centrale, comprendente l'Italia già longobarda. Le tre entità caddero a loro volta in intricatissime vicissitudini dinastiche. Dopo un'ultima riaggregazione sotto lo scettro del debole Carlo il Grosso, la corona imperiale divenne simbolo di un'autorità sempre più teorica, fino a rimanere vacante a partire dal 924. Nel frattempo le dinastie Carolingie si estinsero nei diversi reami. I nuovi sovrani, perdendo la visuale universalistica dei loro predecessori, cominciarono a far sempre più riferimento ai i propri domini. In particolare nel regno Orientale, con la salita al trono nel 911 di Corrado di Franconia iniziò a sorgere un riferimento ai Germani come indicazione del nascere di una Germania di un qualche tipo. Durante la vacanza della corona imperiale il regno dei Franchi Orientali conobbe, pur con forti contrasti, un minimo di unità contro le incursioni magiare dall'Europa Orientale e il regno dei Franchi Occidentali iniziava oramai una vita totalmente indipendente, il regno d'Italia venne invece martoriato da decenni di lotte dinastiche, che finirono solo decenni dopo, nel 962, anno in cui il re dei Franchi Orientali Ottone I di Sassonia varcò le Alpi e restaurò il titolo imperiale, inaugurando secoli di legame, quantomeno de jure, con le vicende politiche tedesche. Empiricamente il titolo di re d'Italia costituì un prerequisito per divenire imperatore: la prassi che si inaugurò era che il sovrano d'Oltralpe, dopo essere stato incoronato sovrano italiano con la Corona Ferrea a Monza o anche a Pavia (normalmente per mano dell'arcivescovo di Milano), viaggiava poi alla volta di Roma per essere consacrato imperatore - titolo con connotazione religiosa - dal papa. L'imperatore rimaneva comunque re dei Romani (Rex Romanorum), ; la situazione cambiò nel XV secolo, quando la dinastia asburgica cominciò ad usare il titolo per indicare l'erede al trono designato. Il regno non fu mai interamente ereditario; invece la discendenza dinastica fu solo uno dei fattori che determinavano la successione dei re (e quindi degli imperatori). Il re formalmente era eletto dai capi della nobiltà del regno, continuando la tradizione franca. Con la Bolla d'oro del 1356 fu per la prima volta formalmente definito un asse di principi elettori che eleggeva il re dei Romani, titolo che da quel momento venne automaticamente connesso a quello imperiale e svincolato dall'obbligo di ratifica papale. Nel 1508 Massimiliano I, che non era ancora stato incoronato dal papa, annunciò che da allora in poi avrebbe usato il titolo di Imperatore Eletto che fu poi usato da tutti i successivi imperatori. Il suo successore Carlo V, fu l'ultimo imperatore ad essere incoronato dal papa; dopo di lui tutti furono Imperatori Eletti. Allo stesso tempo i successori prescelti degli imperatori della casa d'Asburgo cominciarono ad essere eletti Re dei Romani mentre era ancora in vita il padre. Carolingi Lotte dinastiche Guidoni Carolingi Bosonidi Unrochidi Note Tutti i suddetti imperatori, oltre al proprio titolo personale cui corrispondevano i territori ad essi direttamente asserviti, ottennero dal papa la corona imperiale solo dopo aver in vari modi ottenuto quella italiana. Per conoscere i Reges Francorum Occidentalis e i Reges Francorum Orientalis che non assursero alla carica imperiale nel IX secolo, si consulti la lista dei sovrani franchi. Interregno Mentre il regno dei Franchi Occidentali iniziava oramai una vita totalmente indipendente, e nel regno d'Italia si estingueva l'autorità imperiale, nel regno dei Franchi Orientali la morte dell'ultimo re carolingio, Ludovico IV il Fanciullo, e l'elevazione di un successore che seppe ridare unità e stabilità ai propri domini, venne a posteriori considerata come l'origine del regno di Germania. I due sovrani che si successero sul trono tedesco, pur non essendo mai stati consacrati imperatori, verranno successivamente inclusi nell'elencazione araldica degli augusti monarchi. Corrado I di Franconia, re dei Franchi Orientali dal 911 al 918. Enrico I di Sassonia, re dei Franchi Orientali dal 919 al 936. Fu il figlio ed erede di Enrico, Ottone, che cinse la corona italica, potendo così cingere a sua volta la corona imperiale. Da quell'anno ci fu una perenne identificazione fra le corone tedesca, italiana ed imperiale. Ottoni Salii Supplimburgo Hohenstaufen di Svevia Welfen Hohenstaufen di Sicilia Grande Interregno Enrico Raspe, anti-re 1246 - 1247 Guglielmo II d'Olanda, anti-re 1247 - 1254, re 1254 - 1256 Riccardo di Cornovaglia, re 1257 - 1272 Alfonso X di Castiglia, anti-re 1257 - 1273 Periodo elettorale Dopo l'interregno le modalità di elezione e la composizione del collegio elettorale, fino ad allora regolate esclusivamente dalla consuetudine, vennero definitivamente codificate con la Bolla d'Oro del 1356. Quest'atto assegnava il compito di eleggere il sovrano a sette Principi Elettori, di cui tre ecclesiastici (gli arcivescovi di Colonia, Magonza e Treviri) e quattro laici (il re di Boemia, il duca di Sassonia, il margravio del Brandeburgo ed il conte palatino del Reno). Con gli anni il numero di principi ammessi al collegio elettorale subì alcune variazioni (dal XVII secolo anche il duca di Baviera e il duca di Brunswick-Lüneburg vennero innalzati alla dignità elettorale) ma il principio dell'elezione del sovrano rimase formalmente immutato (sebbene già dal XV secolo di fatto la corona fosse divenuta un privilegio della sola casata degli Asburgo). Asburgo Nassau-Weilburg Asburgo Lussemburgo Wittelsbach Lussemburgo Wittelsbach Lussemburgo Asburgo Con l'elezione di Alberto II, la corona imperiale passò de facto costantemente nelle mani della famiglia degli Asburgo, sovrani d'Austria. Epilogo dell'Impero L'ascesa al trono austriaco di Maria Teresa d'Asburgo, figlia di Carlo VI d'Asburgo, comportò l'impossibilità della stessa di ottenere anche la corona imperiale, la quale era preclusa alle donne dalla legge salica. Carlo Alberto, duca di Baviera e marito di Maria Amalia, figlia di Giuseppe I, riuscì a farsi eleggere Imperatore. Scoppiò dunque la guerra di successione austriaca. Wittelsbach Al termine della guerra, come compromesso, il rango imperiale fu offerto al marito di Maria Teresa, il duca Francesco di Lorena. Lorena Asburgo-Lorena Durante la guerra della Terza coalizione il Sacro Romano Impero collassò sotto la pressione militare di Napoleone e fu formalmente disciolto il 6 agosto 1806, dopo la pace di Presburgo del 26 dicembre 1805. Francesco II rinunciò al titolo di Imperatore dei Romani, accontentandosi del più modesto titolo di Imperatore d'Austria, già acquisito l'11 agosto 1804 con il nome di Francesco I. Il 12 luglio 1806 Napoleone fondò la Confederazione del Reno (1806-1813). Note Voci correlate Consorti dei sovrani del Sacro Romano Impero e di Germania Sacro Romano Impero Imperatore del Sacro Romano Impero Sovrani di Germania Re d'Italia Consorti dei sovrani d'Italia Incoronazione dell'imperatore del Sacro Romano Impero Cronologia delle incoronazioni reali e imperiali nel Sacro Romano Impero Elezione imperiale nel Sacro Romano Impero Anti-re Altri progetti Sacro Romano Impero
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https://it.wikipedia.org/wiki/Isola%20d%27Asti
Isola d'Asti
Isola d'Asti (Ìsola d'Ast in piemontese) è un comune italiano di abitanti della provincia di Asti in Piemonte. Storia Simboli Lo stemma del comune di Isola d'Asti è stato concesso con regio decreto del 28 settembre 1929. Nello stemma è rappresentata la torre civica medievale che è stata adattata a campanile della parrocchiale di San Pietro. Il gonfalone municipale è stato concesso con il decreto del presidente della Repubblica del 2 ottobre 1989. Società Evoluzione demografica Infrastrutture e trasporti L'abitato è interessato dal percorso della Strada Statale 456 del Turchino. La stazione di Isola d'Asti e la fermata di Molini d'Isola, quest'ultima a servizio dell'omonima frazione e soppressa nel 2003, sorgono lungo la ferrovia Castagnole-Asti-Mortara, chiusa al traffico nel 2012 e riaperta nel 2018 ai treni turistici lungo la tratta Asti-Castagnole Lanze-Nizza Monferrato. Geografia antropica Il comune è composto dal capoluogo, denominato Isola Piano, e dalle frazioni di Mongovone, Villa, Repergo, Chiappa, Molini. Amministrazione Di seguito è presentata una tabella relativa alle amministrazioni che si sono succedute in questo comune. Note Voci correlate Natta (famiglia) Altri progetti Collegamenti esterni
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https://it.wikipedia.org/wiki/Ingegneria%20elettronica
Ingegneria elettronica
L'ingegneria elettronica è un ramo dell'ingegneria dell'informazione che applica principi di elettrologia, elettrotecnica, elettronica, elettromagnetismo e di altre discipline collegate alla progettazione e realizzazione di componenti, circuiti, apparati e sistemi elettronici di trasmissione, ricezione ed elaborazione dell'informazione stessa. Prevede la messa in atto di competenze multidisciplinari, sia nei confronti di sistemi informatici e di comunicazione che di sistemi di misura, comando e controllo, soprattutto per quanto riguarda la parte hardware. Storia L'elettronica è nata come branca dell'elettrotecnica dallo sviluppo di sistemi di telecomunicazione come la radio e la televisione. Le guerre mondiali, prima per le comunicazioni radio, poi per le reti di calcolatori, sono state il traino principale per l'evoluzione dell'elettronica. Questa veniva inizialmente definita come "ingegneria radio", mentre il termine "ingegneria elettronica" entrò in uso intorno alla fine degli anni cinquanta. Il corso di laurea in ingegneria elettronica venne istituito solo nel 1960 nel Regno Unito: fino ad allora gli studenti di elettronica, radio e telecomunicazioni facevano parte del dipartimento di ingegneria elettrica. A partire dagli anni 2000 hanno preso grande rilevanza le applicazioni dell'ingegneria elettronica alle telecomunicazioni, in particolare negli ambiti della telefonia mobile e della trasmissione di dati a banda larga come nel caso delle fibre ottiche. Negli Stati Uniti d'America gli studi di ingegneria elettrica, elettronica, delle telecomunicazioni e dell'automazione fanno capo a un solo corso di laurea, denominato electrical engineering, per via delle comuni basi di elettromagnetismo, di elettrotecnica e di elettronica. Gli studi di ingegneria informatica o computer engineering hanno le stesse basi ma differiscono, in Italia come altrove, per la maggiore attenzione nei confronti dell'architettura dei calcolatori, delle reti di computer e dei sistemi operativi. Discipline di interesse Problemi di particolare interesse per l'ingegneria elettronica sono quelli riguardanti l'analisi e la progettazione di circuiti e dispositivi elettronici. Gli studi di base per questa disciplina sono fondamentalmente materie come: Antenne, Radiopropagazione e Compatibilità elettromagnetica Comunicazioni elettriche via cavo e via onde convogliate Calcolatori Controlli automatici Elettromagnetismo e la propagazione delle onde Elettronica analogica Elettronica applicata a componenti e circuiti Elettronica digitale Elettronica di potenza Elettrotecnica Fisica tecnica Struttura della materia e quanto concerne lo studio dell'elettronica dello stato solido Sistemi digitali Teoria dei segnali e quanto riguarda le comunicazioni elettriche Teoria dei sistemi e analisi degli stessi Ingegneria elettronica e ingegneria elettrica Le sfere di conoscenza richieste dalle branche dell'ingegneria elettronica e dell'ingegneria elettrica hanno un'ampia sovrapposizione, specialmente per quanto riguarda la matematica, la fisica, l'elettromagnetismo, la fisica tecnica e l'elettrotecnica. Una distinzione tra di esse riguarda la quantità di potenza elettrica coinvolta nel tipo di applicazioni ingegneristiche che le due branche vanno a studiare. L'ingegneria elettronica si occupa di applicazioni che coinvolgano valori di corrente e tensione relativamente piccoli, su frequenze o bassissime (anche frazioni di hertz per la diagnostica geologica), o relativamente elevate, ma solo fino a quelle in cui sia fondamentale l'aspetto di "onda" del segnale, al fine di elaborazione dei segnali e di elaborazione e trasmissione delle informazioni. In questa ottica l'ingegneria dell'informazione è un sottoinsieme dell'ingegneria elettronica. L'ingegneria elettrica, o elettrotecnica, si occupa invece di applicazioni in cui la potenza elettrica coinvolta sia consistente, dove i valori di corrente e tensione sono relativamente elevati su frequenze generalmente comprese tra 50 e 400 hertz, al fine di trasportare, trasformare e controllare l'energia elettrica con le caratteristiche necessarie, ricadendo quindi nell'ingegneria industriale, da cui si è separata all'inizio del XX secolo, in concomitanza con la diffusione della distribuzione di energia elettrica. Un'altra differenza risiede nel tipo di applicazione ovvero nella destinazione d'uso: i componenti elettronici rispetto a quelli prettamente elettrici sono in genere preposti all'elaborazione dell'informazione o dei segnali in generale oppure al controllo dei processi, mentre quelli elettrici sono quasi unicamente destinati alla produzione, al trasporto e all'utilizzazione dell'energia elettrica. In pratica una distinzione può essere fatta sulla potenza impiegata e dissipata: ad esempio un motore elettrico, spesso controllato da dispositivi elettronici di potenza, non è "elettronico", poiché la potenza messa in atto dal motore elettrico è molto maggiore della potenza messa in atto dai dispositivi che lo controllano. I sistemi di controllo della rete di distribuzione elettrica sono invece "elettronici" (e coinvolgono sia l'elettronica, sia l'informatica, sia le telecomunicazioni), in quanto la potenza elettrica dissipata in essi è molto minore di quella distribuita. Un data center è "elettronico", pur potendo dissipare complessivamente una potenza enorme poiché la potenza dissipata nel singolo componente elementare è bassa, in genere molto minore di quella dissipata in una comune lampadina, mentre la potenza transitante in un semplice quadro elettrico è di diversi ordini di grandezza superiore. Un'altra possibile differenza è legata al rendimento: in un progetto "elettrotecnico" è importante che la maggior parte dell'energia in ingresso sia trasferita all'uscita, cioè che il rendimento tenda al 100%, mentre in un progetto "elettronico" il rendimento intrinseco dell'apparato semplicemente non è un aspetto d'interesse, se non per i sistemi che controllano potenze elettriche rilevanti. Più precisamente, l'elettrotecnica nasce, vive e studia tuttora il trattamento dell'energia sotto l'aspetto prevalentemente industriale, tramite l'attuazione di processi specifici che riguardano la sua conversione e il trasporto con l'obiettivo primario del suo utilizzo in termini di lavoro fisico. Il suo ambito è di conseguenza caratterizzato da elevatissimi volumi di energia in gioco. Per questo motivo è estremamente importante che i rendimenti dei processi coinvolti siano i più elevati possibili: una minima differenza peggiorativa del rendimento provoca perdite di energia in quantità elevate. L'evoluzione dell'elettrotecnica ha successivamente stabilito la necessità di controllarli questi processi (elettronica), e congiuntamente ad altri studi scientifici ha generato altri possibili ambiti applicativi dell'elettricità come le telecomunicazioni ed il computing. Esistono comunque rami applicativi dell'elettronica dove il peso del rendimento è fondamentale, come quello dell'elettronica di potenza, o dell'elettronica "personale" (smartphone, tablet, smart TV, smartwatch). Simili dispositivi non sarebbero mai esistiti nell'uso quotidiano se non fossero state elaborate tutta una serie di caratteristiche e accorgimenti progettuali tali da sostenere adeguati livelli di rendimento elettrico. L'ingegneria elettrica, a differenza dell'ingegneria elettronica, è inoltre sottoposta ad una serie di normative obbligatorie per legge: in molti casi è richiesto un progetto firmato da un professionista abilitato ed esiste un ente unico che emana le normative (il CEI). L'ingegneria elettronica è normata così come l'ingegneria elettrica; infatti le normative di compatibilità elettromagnetica sono CEI (ad esempio la CEI- 55022) e le stesse normative degli impianti di Informazione, Home Building Electronics Systems HBES sono CEI EN-50090, di Impianti di Telecomunicazioni a commutazione a circuito. Infatti il CEI è un istituto di vecchio corso e si occupa del settore Elettrico-Elettronico senza distinzioni, ossia di Elettrotecnica e Radiotecnica (Elettronica e Telecomunicazioni). I produttori di apparecchiature elettriche ed elettroniche prima di immettere sul mercato dei loro prodotti sono vincolati all'obbligo della Certificazione di conformità CE, e devono rispettare le prove di: emissione di onde elettromagnetiche che non influenzino altri apparati; immunità alle onde elettromagnetiche emesse da altri apparati; immunità dell'apparecchio alle scariche elettrostatiche; immunità agli sbalzi di tensione provenienti dalla rete di alimentazione; emissione e diffusione di correnti spurie sulla rete di alimentazione che non devono influenzare altri apparati. Il corso di studi di ingegneria elettronica in Italia In Italia tali studi erano inseriti nei corsi di laurea in ingegneria elettrotecnica. Negli anni sessanta i corsi di Ingegneria Elettronica potevano essere seguiti all'Università degli studi di Pisa, primo laureato il professor Bruno Pellegrini nel 1961, e al Politecnico di Torino. Negli anni 1990 il corso di laurea si differenziò ulteriormente in: ingegneria elettronica per gli aspetti riguardanti componenti e circuiti elettronici; ingegneria informatica per gli aspetti riguardanti i computer e la programmazione; ingegneria delle telecomunicazioni per i sistemi di comunicazione telefonica e broadcasting. Contemporaneamente in molte facoltà si introduceva la laurea in informatica derivante dal vecchio corso di laurea in scienza dell'informazione, con orientamento ristretto all'informatica pura, e non alle tecnologie realizzative. Per essere ammesso ai corsi di laurea, lo studente deve essere in possesso di un diploma di scuola secondaria di secondo grado o di altro titolo di studio conseguito all'estero riconosciuto idoneo. L'accesso ai corsi di laurea in ingegneria elettronica è libero, ma è richiesta la partecipazione a un test non selettivo di autovalutazione (OFA) che se non superato impone restrizioni alla possibilità di sostenere alcuni esami. Bibliografia Voci correlate Ingegneria Elettronica Associazione europea degli studenti di ingegneria elettronica Ingegneria dell'informazione Altri progetti Collegamenti esterni Ingegneria elettrica
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https://it.wikipedia.org/wiki/Isotopo
Isotopo
Un isotopo, dal greco ἴσος (ìsos, "stesso") e τόπος (tópos, "posto"), è un atomo, di un qualunque elemento chimico, che mantiene lo stesso numero atomico (Z) ma differente numero di massa (A) e perciò differente massa atomica (M). La differenza nel numero di massa è dovuta al differente numero di neutroni che possono essere presenti nel nucleo di atomi appartenenti ad uno stesso elemento chimico, atomi cioè aventi lo stesso numero atomico. Descrizione Gli isotopi sono denotati necessariamente tramite due informazioni: 1) nome proprio dell'elemento o il suo simbolo (il che determina il numero atomico Z) e 2) il numero di massa A. A seconda del contesto, si è soliti scrivere il numero di massa ad apice davanti al simbolo dell'elemento (es. 4He), oppure il simbolo (o anche il nome) dell'elemento seguito da un trattino e dal numero di massa (es. He-4, o anche elio-4). Se due nuclei contengono lo stesso numero di protoni, ma un numero differente di neutroni, i due nuclei avranno lo stesso comportamento chimico (con delle minime differenze nei tempi di reazione e nell'energia di legame, denominate collettivamente effetti isotopici), ma avranno comportamenti fisici differenti, essendo uno più pesante dell'altro. Stessi isotopi che differiscono solamente per lo stato eccitato sono definiti isomeri. Quando si vuole specificare un isotopo in stato eccitato (metastabile), si pospone al numero di massa in apice una lettera emme minuscola, es. 99mTc per l'isotopo metastabile del tecnezio-99. Con il termine isòbari sono chiamati gli atomi di elementi diversi aventi però lo stesso numero di nucleoni (numero di massa); ad esempio, le coppie 3H e 3He, 14C e 14N, o anche 54Cr e 54Fe hanno, ciascuna, lo stesso numero complessivo di nucleoni. Con il termine isòtoni sono chiamati gli atomi di elementi diversi con lo stesso numero di neutroni (es. 56Fe e 58Ni hanno entrambi 30 neutroni). Isotopi in natura Gli elementi osservabili e manipolabili su scala umana non sono rappresentati da atomi tutti uguali, ma all'interno dell'elemento contengono isotopi diversi dello stesso elemento. Il cloro naturale, ad esempio, è una miscela di due isotopi: Cl-35 e Cl-37. Entrambi gli atomi di cloro possiedono lo stesso numero di protoni, che equivale per definizione al numero atomico Z dell'elemento ovvero 17, ma differente numero di massa A, da cui ricaviamo che il primo possiede 18 neutroni mentre il secondo 20. Sempre su scale molto grandi rispetto al mondo microscopico, se si osserva un campione sufficientemente grande di Idrogeno si vede che è composto da tre isotopi dell'elemento: il prozio (1H o H-1), il deuterio (2H o H-2) e il trizio (3H o H-3). Possiedono rispettivamente nessuno, uno e due neutroni e sono gli unici isotopi ai quali è stato assegnato un nome proprio. Stabilità isotopica Gli isotopi sono suddivisi in isotopi stabili (circa 251) e isotopi non stabili o radioattivi (circa 3000 conosciuti ed altri 4000 ipotizzati da calcoli teorici fino l'elemento 118). Il concetto di stabilità non è netto, infatti esistono isotopi "quasi stabili". La loro stabilità è dovuta al fatto che, pur essendo radioattivi, hanno un tempo di dimezzamento estremamente lungo anche se confrontato con l'età della Terra di 4500 Ma. Secondo teorie cosmologiche recenti nessun isotopo è da ritenersi propriamente stabile. Ci sono 21 elementi (ad esempio berillio-9, fluoro-19, sodio-23, scandio-45, rodio-103, iodio-127, oro-197 o torio-232, l'ultimo quasi stabile) che possiedono in natura un solo isotopo stabile anche se nella maggior parte dei casi gli elementi chimici sono costituiti da più di un isotopo con una miscela isotopica naturale, che in molti casi è variabile in conseguenza di fenomeni idro-geologici (es: idrogeno ed ossigeno), decadimenti radioattivi (es: piombo) e manipolazioni dovute all'uomo (es: idrogeno/deuterio/trizio e isotopi dell'uranio). Pertanto la IUPAC aggiorna continuamente i valori delle masse atomiche medie raccomandate per i vari elementi chimici tenendo conto di tale variabilità. Essa è ampiamente condizionata dal sito geologico di provenienza (acquifero, terrestre, atmosferico), nonché dalla provenienza extraterrestre o molto raramente extrasolare (meteoriti). Poiché la massa atomica media degli elementi poliisotopici è talvolta variabile, il suo valore deve essere dotato di cifre significative in numero appropriato (ad esempio 58,933 195(5) u per il 59Co che è monoisotopico, 58,6934(2) u per il Ni, 207,2(1) u per il Pb che è il prodotto dal decadimento delle catene radioattive naturali di 235U, 238U e 232Th). Isotopi stabili Tra gli isotopi stabili più studiati ci sono: l'idrogeno, il boro, il carbonio, l'azoto, l'ossigeno e lo zolfo, chiamati anche isotopi leggeri. Di solito gli isotopi dello stesso elemento sono presenti in natura in diverse concentrazioni: uno in alta concentrazione e l'altro, normalmente, in tracce. Per esempio in natura il carbonio si presenta come una miscela di tre isotopi con numero di massa pari a 12, 13 e 14: 12C, 13C e 14C (quest'ultimo è radioattivo ed è di origine cosmogenica). Le loro abbondanze rispetto alla quantità globale di carbonio sono rispettivamente: 98,89%, 1,11%, tracce di 14C (1 atomo di 14C ogni ~1012 atomi di 12C). Il rapporto isotopico tra due isotopi viene calcolato mettendo l'isotopo pesante al numeratore (es. R = D/H o 18O/16O). A causa delle difficoltà nel gestire rapporti R con un numero così elevato di decimali (ad esempio D/H = 0,000160025) è stato deciso dal principio di evitare i valori assoluti e di usare il valore relativo del rapporto del materiale da analizzare contro un "materiale di riferimento". Questo nuovo valore viene indicato come δ e viene calcolato in base alla seguente formula: La scelta di esprimere il valore moltiplicato per 1000 fa sì che si eliminino i decimali e si semplifichi così il valore finale. Gli standard di riferimento sono: Note Bibliografia Wang Y., Huntington T. G., Osher L. J., Wassenaar L. I., Trumbore S. E., Amundson R. G., Harden J. W., Mc Knight D. M., Schiff S. L., Aiken G. R., Lyons W. B., Aravena R. O., Baron J. S. (1998), Carbon Cycling in Terrestrial Environments. C.Kendall and J.J.McDonnell (Ed.), Isotope tracers in catchments hydrology. Elsevier, 519-576 Voci correlate Abbondanza isotopica Isobaro Isodiafero Isola di stabilità Isotono Notazione isotopica Numero atomico Numero di massa Numero neutronico Spettrometria di massa Tabella degli isotopi Tavola periodica degli elementi Altri progetti Collegamenti esterni Chimica nucleare Concetti fondamentali di chimica
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https://it.wikipedia.org/wiki/Insetti%20sociali
Insetti sociali
Gli insetti sociali sono insetti che formano colonie strutturate con mansioni individuali diversificate, appartengono a due ordini; il più antico è quello degli isotteri (tèrmiti) interamente sociale, il secondo quello degli imenotteri, che comprende vespe, api e formiche che presentano anche forme sociali. Differenza dalle aggregazioni Vi è una differenza importante tra le generiche aggregazioni di insetti e le società. Le aggregazioni sono dovute alla convergenza verso un comune bisogno. Nelle aggregazioni talvolta gli individui cominciano a svelare una certa interattrazione, e pertanto si parla di gregarietà, che può essere semplice oppure di tipo coordinato. Nel primo caso, gli individui, pur mantenendosi in contatto per effetto di interattrazione, manifestano indipendenza di movimenti; nel secondo caso, gli individui compiono azioni coordinate, come accade, ad esempio, nello spostamento in massa di un'orda di cavallette. Esempi di insetti sociali Api Nell'ape, la regina è l'unica femmina fertile dell'alveare. Le altre femmine, dette operaie, eseguono tutti i lavori necessari per la sopravvivenza della comunità: cura delle larve e della regina, costruzione e riparazione dell'alveare, raccolta di nettare e polline (api bottinatrici), produzione di miele, cera e pappa reale, difesa. La regina, più grossa, ha anche una vita più lunga di quella delle operaie (alcuni anni anziché pochi mesi). La sua unica occupazione è la deposizione delle uova e nei bombi la fondazione del nido. Essa produce un feromone che inibisce lo sviluppo degli organi riproduttori delle operaie. In caso di morte della regina, e se non esistono uova con età inferiore a tre giorni, una delle operaie sviluppa gli organi riproduttori e tenta di sostituire la regina anche se da lei nasceranno solo fuchi perché non è stata fecondata. Per quasi tutto l'anno, la regina depone uova da cui si ottengono operaie. Nella stagione adatta, alcune uova di sesso femminile sono poste in celle più grandi, le celle reali, e le larve che ne nascono sono nutrite con pappa reale. Nel frattempo vengono deposte uova che produrranno i maschi, le cui larve si sviluppano in celle apposite. La regina che sfarfalla per prima uccide le larve "concorrenti" e prende il posto della vecchia regina. Quest'ultima, con parte delle operaie, sciama per costruire un nuovo alveare. La nuova regina esegue il volo nuziale, con i maschi con cui si accoppia. Essa accumula gli spermatozoi in un organo apposito, che li mantiene vitali e le permette di fecondare le uova che man mano produce nel corso della sua vita. I maschi vengono abbandonati. Le api sono insetti evoluti, olometaboli e con appendici specializzate, come il pungiglione addominale. Hanno un comportamento complesso, in cui spicca la danza con la quale un'ape bottinatrice comunica alle compagne direzione e distanza di una fonte di cibo che ha trovato. Formiche Altri insetti sociali molto noti sono le formiche. La loro organizzazione è simile a quella delle api. Le formiche sono onnivore. Le operaie sono prive di ali, e anche la regina se le strappa dopo il volo nuziale. Vi sono specie di formiche che coltivano funghi nei formicai, altre che accudiscono piccoli insetti, gli afidi, per ricavarne una secrezione zuccherina che "mungono". Vi sono pure formiche schiaviste che rapiscono larve di altre specie di formiche e utilizzano come operaie gli adulti che si sviluppano da esse. Termiti Sono abbastanza note anche le termiti, che si nutrono di legno e costruiscono nidi con la consistenza del cemento. Una "sfida" al concetto di selezione naturale Viene chiamato selezione naturale il processo, determinato dall'ambiente, per cui individui con caratteristiche diverse hanno un diverso successo riproduttivo. In questo modo, le caratteristiche ereditarie favorite dalla selezione naturale si conservano o, se inizialmente rare, divengono sempre più comuni nella popolazione. Se effettivamente la selezione naturale ha un ruolo essenziale nell'evoluzione, si deve aspettare che proprietà importanti delle specie viventi, o di gruppi di livello superiore, siano spiegabili come adattamenti che aumentano il successo riproduttivo di chi le possiede, o almeno che non siano dannose in questo senso. Gli insetti sociali mostrano una caratteristica che, di primo acchito, sembra incompatibile con il ragionamento precedente. Infatti, le femmine sono predisposte a "rinunciare" alla riproduzione se si sviluppano in celle normali e sono esposte al feromone della regina. Tale caratteristica ereditaria porta, nella stragrande maggioranza dei casi, ad un successo riproduttivo nullo. Sappiamo inoltre che gli insetti sociali discendono da specie solitarie, in cui ogni individuo sviluppa una sua capacità riproduttiva. Lo sviluppo di tali comportamenti sociali rispecchia un caso particolarmente eclatante di altruismo, ossia di comportamento che riduce il successo riproduttivo di chi li mette in atto, a vantaggio di cospecifici. In effetti un organismo, tranne che nel caso della riproduzione asessuale, non produce individui identici a sé. La forma più frequente di riproduzione sessuale, quella anfigonica, implica che ognuno dei genitori dia ad ogni figlio metà dei propri geni. Il nuovo nato riceve metà del proprio patrimonio ereditario dal padre e metà dalla madre. Ogni figlio fornisce continuità a metà del patrimonio ereditario del genitore. Queste caratteristiche dell'individuo che si è riprodotto, nelle generazioni successive si rimescolano e si diluiscono nella popolazione, quelli che mantengono continuità, salvo mutazioni, sono i geni. Un organismo non è però l'unico possessore dei suoi geni: quelli che ha ricevuto dai genitori saranno stati dati in parte anche a fratelli e sorelle. In media, due fratelli hanno 1/2 dei geni in comune, proprio come genitore e figlio. Tra zio e nipote i geni in comune saranno 1/4, tra cugini 1/8 etc. Ne consegue che, dal punto di vista della sopravvivenza dei geni, avere un figlio o un fratello è esattamente la stessa cosa, avere due nipoti è lo stesso che avere un figlio, e così via. La rinuncia a prolificare, per permettere ad uno stretto consanguineo di avere molti discendenti, è quindi una "strategia" premiata dalla selezione naturale se la quantità di propri geni che un individuo trasmette "indirettamente" è maggiore di quella che trasmetterebbe riproducendosi da sé. Nel caso delle api, la regina che si riproduce è madre o sorella delle operaie che la aiutano, e produce molti più discendenti di quanti potrebbe produrne un'ape solitaria. Occorre anche considerare che tutti gli insetti sociali, ad eccezione delle termiti, appartengono all'ordine degli Imenotteri. In tale gruppo, i maschi vengono prodotti per partenogenesi da uova non fecondate. Come risultato, i maschi sono aploidi, e producono spermatozoi che contengono tutti i loro geni, e sono quindi tutti uguali tra loro (questo comportamento, comune solo a imenotteri e pochi altri insetti, si chiama aplodiploide). . Nel caso delle termiti, che non sono aplodiploidi, il ragionamento è diverso: all'interno di una colonia re e regina sono solitamente fratello e sorella. Infatti, quando uno o entrambi i membri della famiglia reale muoiono, il loro ruolo viene preso da due operaie (sia maschi che femmine, al contrario degli imenotteri). In questo caso, soprattutto nei nidi più vecchi, il livello di parentela fra due qualsiasi operaie può arrivare al 100% dei geni. Ancora una volta, è più vantaggioso accudire fratelli che figli. Bibliografia Maurice Maeterlinck, La vita delle api (1901), La vita delle termiti (1926), La vita delle formiche (1930): saggi poetici e divulgativi sugli insetti sociali Mark W. Moffett, Lo sciame umano. Una storia naturale delle società., traduzione di Antonio Casto, 2020, Einaudi, ISBN 978 88 06 22445 5 Edward Osborne Wilson con Bert Hölldobler ,The Superorganism: The Beauty, Elegance, and Strangeness of Insect Societies, 2009, W.W. Norton & Company, Inc. ISBN 978-0-393-06704-0, Il superorganismo, 2011, Adelphi, Milano. Voci correlate Comportamento collettivo degli animali Collegamenti esterni Comportamento degli insetti
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https://it.wikipedia.org/wiki/Ipparco%20di%20Nicea
Ipparco di Nicea
Tra i più grandi astronomi dell'antichità, nessuna delle sue opere, almeno quattordici, si è conservata, eccetto un commentario su un poema di argomento astronomico di Arato di Soli e, di recente scoperta, un frammento del suo catalogo astrale. Biografia Poche notizie sulla vita e le opere di Ipparco sono note e la maggior parte di esse provengono dallAlmagesto di Tolomeo (II secolo), da riferimenti minori in Pappo e Teone (IV secolo) nei loro rispettivi commentari allAlmagesto, nella Naturalis historia di Plinio il Vecchio e nella Geografia di Strabone. I riferimenti degli autori antichi non astronomi, tuttavia, spesso hanno travisato o mal compreso i suoi apporti. Ipparco nacque a Nicea (l'odierna İznik in Bitinia, Turchia), un centro culturale dove probabilmente ricevette l'istruzione di base; probabilmente in giovane età si spostò a Rodi, dove successivamente compì la maggior parte delle osservazioni astronomiche. Tolomeo gli attribuisce osservazioni dal 147 a.C. al 127 a.C.; anche osservazioni più antiche, a partire dal 162 a.C., possono essere attribuite a lui. La data della sua nascita (190 a.C. circa) è stata calcolata da Jean-Baptiste Delambre proprio in base al lavoro di Ipparco. Allo stesso modo, dall'esistenza di pubblicazioni sulle analisi delle sue ultime osservazioni si suppone che Ipparco deve essere vissuto oltre il 127 a.C. Per il suo lavoro sappiamo anche che ottenne informazioni da Alessandria e dalla Babilonia, ma non è noto se e quando ne abbia visitato i luoghi. Non se ne conosce l'aspetto in quanto non esistono suoi ritratti. Sebbene venga raffigurato su monete coniate in suo onore, queste appartengono a un'epoca ben successiva, tra il II e III secolo. Si presume che sia morto nell'isola di Rodi, dove trascorse gran parte della sua vita matura: Tolomeo gli attribuisce infatti osservazioni da Rodi nel periodo che corre tra il 141 e il 127 a.C. L'osservazione astronomica Sviluppò accurati modelli per spiegare il moto del Sole e della Luna, servendosi delle osservazioni e delle conoscenze accumulate nei secoli dai Caldei babilonesi, e fu il primo a stimare con precisione la distanza tra la Terra e la Luna. Grazie alle sue teorie sui moti del Sole e della Luna e alle sue nozioni di trigonometria, della quale è ritenuto il fondatore, è stato probabilmente il primo a sviluppare un affidabile metodo per la previsione delle eclissi solari e lunari. Il suo operato include la scoperta della precessione degli equinozi, la compilazione di un celebre catalogo stellare e, probabilmente, l'invenzione dell'astrolabio. Fu proprio l'osservazione delle discordanze tra il proprio catalogo e quello compilato da Timocari e Aristillo nel 290 a.C. a fornirgli l'indizio che lo condusse alla scoperta del fenomeno precessivo dell'asse terrestre. Grazie all'osservazione di una stella che vide apparire, probabilmente una nova nella costellazione dello Scorpione, avanzò l'ipotesi, ardita per l'epoca, che le stelle non fossero fisse, ma in movimento. Alcune testimonianze antiche riferiscono un suo interesse per l'astrologia, in particolare per l'astrologia geografica, secondo la quale certe zone del globo risentirebbero dell'influsso di determinate costellazioni zodiacali. È inoltre stato il primo a compilare una tavola trigonometrica, che gli permetteva di risolvere qualsiasi triangolo. Le opere Ipparco lasciò diverse osservazioni sugli astri e redasse una lista dei suoi lavori principali, in cui menzionava 14 libri, quasi completamente perduti. Forse scrisse anche altre opere sulla meteorologia, sulla matematica e sull'ottica, di cui però non si sono conservati neanche i titoli e che probabilmente ebbero circolazione piuttosto limitata. L'unico suo lavoro pervenuto ai giorni nostri è un commentario in tre libri sui Phaenomena di Arato di Soli, una descrizione poetica della sfera celeste composta sulla base di un trattato di Eudosso di Cnido dallo stesso titolo, nel quale Ipparco criticava le posizioni e le descrizioni delle stelle e delle costellazioni fornite da Arato e da Eudosso. Il commentario è stato tradotto per la prima volta in una lingua moderna (tedesco) nel 1894. Nel 2013 è apparsa la seconda traduzione in una lingua moderna (italiano). Ipparco è riconosciuto come il padre della scienza astronomica. È spesso citato come il più grande astronomo osservativo greco, e molti lo reputano il principale astronomo dei tempi antichi, sebbene Cicerone desse la sua preferenza ad Aristarco di Samo. Altri destinano questo posto a Tolomeo di Alessandria. Il catalogo astrale Nel suo primo catalogo stellare, perduto e recentemente riscoperto in parte, Ipparco inserì circa 850 stelle, registrando per ognuna la posizione attraverso un sistema di coordinate sulla sfera celeste ). Ipparco probabilmente fu autore della classificazione della luminosità degli astri in sei gruppi, utilizzata da Tolomeo nell'Almagesto: la cosiddetta magnitudine stellare. Al primo gruppo appartenevano le stelle di prima grandezza, al secondo gruppo quelle un po' più deboli, e via via fino al sesto gruppo, al quale appartenevano le stelle più deboli visibili in una notte serena senza Luna da un uomo dalla vista perfetta. Questo più che bi-millenario sistema di misurazione della luminosità (magnitudine) degli astri, leggermente modificato nel corso dell'Ottocento, è utilizzato ancora oggi. Gli studi geografici Oltre che astronomo, Ipparco è stato anche un grande geografo. Strabone, nella sua Geografia, ci testimonia la sua proposta di calcolare le differenze di longitudine con metodi astronomici, misurando le differenze tra i tempi locali di osservazione di una stessa eclissi lunare. Plinio il Vecchio ricorda che Ipparco corresse la misura dell'ecumene proposta da Eratostene, portandola da 5000 a circa 31000 stadi a occidente delle colonne d'Ercole: questa longitudine corrisponde a quella delle Isole Sopravento Meridionali e delle Isole Sottovento, nelle Piccole Antille, identificabili con le Isole Fortunate. Secondo quanto riporta Strabone, egli aveva inoltre dedotto l'esistenza di un continente che separava l'oceano Indiano e l'oceano Atlantico, basandosi sulle differenze fra le maree del Mare arabico, studiate da Seleuco di Seleucia, e quelle delle coste atlantiche di Spagna e Francia. Senza bisogno di caravelle, grazie ad una semplice deduzione, Ipparco aveva intuito l'esistenza dell'America. Ipparco aveva anche scritto un trattato sulla gravità, Sui corpi spinti in basso dal proprio peso, sul quale abbiamo qualche informazione da Simplicio. Qualche studioso ha ipotizzato che all'interesse di Ipparco per la gravità non fossero estranei i suoi interessi astronomici. Atlante Farnese e catalogo di Ipparco Non tutto il catalogo stellare di Ipparco sembrerebbe perduto. Lo ha proposto, il 10 gennaio 2005, Bradley E. Schaefer, astrofisico della Louisiana State University a Baton Rouge in un convegno dellAmerican Astronomical Society tenutosi a San Diego in California. Seguendo un'ipotesi già proposta nel 1898 da Georg Thiele, ha rilevato le configurazioni delle costellazioni presenti in rilievo sul globo dell'Atlante Farnese (copia romana del II secolo, da un originale greco) conservato al Museo Archeologico Nazionale di Napoli. Ha poi ricostruito la posizione occupata dalle costellazioni nel cielo osservato da Ipparco, all'incirca nel 129 a.C. Il risultato ha evidenziato un'ottima coincidenza tra le previsioni astronomiche moderne e le posizioni rilevate dall'Atlante Farnese, che lo hanno indotto a individuare nel famoso e perduto catalogo di Ipparco la fonte a cui aveva attinto lo scultore dell'epoca. Le teorie di Schaefer sono state aspramente criticate da altri esperti. Si tratterebbe di un'altra prova indiretta dell'esistenza del catalogo. La prima era stata fornita dallo stesso Schaefer, che aveva dimostrato l'incorporazione, nell'Almagesto, di una parte del catalogo di Ipparco. In questo modo le discrepanze in esso riscontrabili, circa la posizione di alcune stelle, diventavano facilmente spiegabili spostando il punto di osservazione a Rodi. Codex Climaci Rescriptus Nel 2017, è stato scoperto che alcuni dei 146 fogli del Codex Climaci Rescriptus, una raccolta di testi siriaci scritti tra il X e il XI secolo d.C di proprietà del Museo della Bibbia di Washington, contiene le coordinate stellari di Ipparco. Sebbene i fogli fossero stati raschiati via e sovrascritti dai monaci medievali, le tecniche moderne hanno permesso di ricostruire il contenuto originale delle mappe. Note Bibliografia Voci correlate Astrologia Astrometria Astronomia Hipparcos Magnitudine apparente Altri progetti Collegamenti esterni Discovery of the lost star catalog of Hipparchus on the Farnese Atlas da http://www.lsu.edu Scienza ellenistica
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Il caso Mattei
Il caso Mattei è un film del 1972, diretto da Francesco Rosi e dedicato alla figura di Enrico Mattei, presidente dell'ENI, morto in un incidente aereo il 27 ottobre 1962. Ha vinto il Grand Prix per il miglior film al 25º Festival di Cannes ex aequo con La classe operaia va in paradiso di Elio Petri. Nello stesso festival Gian Maria Volonté, protagonista di entrambi i film, ebbe una menzione speciale. Il film è stato selezionato tra i 100 film italiani da salvare. Nonostante ciò, il film non è mai stato distribuito in DVD. Trama Il film inizia dopo la morte di Enrico Mattei, precipitato con il suo aereo nella campagna di Bascapè, presso Pavia, durante il ritorno da un viaggio in Sicilia, precisamente a Gagliano Castelferrato, in circostanze mai del tutto chiarite, con la rievocazione del periodo trascorso alla guida dell'AGIP e dell'ENI. Nominato nel 1945 commissario straordinario dell'AGIP, con il difficile compito di liquidarla svendendola a privati o grandi compagnie, Mattei contravviene alla disposizione, mantiene abilmente la società in vita e addirittura la rafforza, evitando in questo modo la vendita. Grazie alla scoperta di giacimenti di idrocarburi nel biennio 1946-1948 la rete dell'Agip riesce ad ergersi come una grande compagnia europea. Mattei, spregiudicato ma geniale, cerca di dimostrare che può esistere un'efficiente industria italiana degli idrocarburi e, a tale scopo, decide di offrire, ai paesi arabi e africani produttori di greggio, condizioni di sfruttamento delle loro risorse più vantaggiose di quelle proposte dai rappresentanti dei giganteschi trust anglo-americani del petrolio, le cosiddette sette sorelle, inimicandoseli mortalmente. Gli interessi petroliferi stranieri, sfruttando le connivenze con i servizi segreti italiani, riusciranno a eliminare Mattei con un attentato dinamitardo camuffato da incidente aereo. Accoglienza Critica Unendo la cronaca alla ricostruzione documentaria, Francesco Rosi elabora in questo film un'articolata strategia narrativa, intrecciando le informazioni provenienti dalle diverse fonti e accostando vari punti di vista, dall'intervista, all'inchiesta, al reportage televisivo, senza rinunciare a intervenire direttamente, mettendosi in scena, ponendo quesiti e sollecitando risposte. Il caso Mattei è un giallo politico che esce dalle convenzioni, attraendo sia per la composizione narrativa a mosaico, sia per il ritmo serrato del racconto, che vaglia di volta in volta le diverse ipotesi sulla morte di Mattei senza però avvalorarne alcuna. Le rotture improvvise del filo conduttore, le accelerazioni, gli inserti documentari, le apparizioni dello stesso Rosi, unite alle divagazioni sulla vita del primo presidente dell'Eni, fanno del Caso Mattei uno dei migliori film-inchiesta del cinema italiano e uno dei più personali del regista. Riconoscimenti 1972 – Festival di Cannes Grand Prix e menzione speciale a Gian Maria Volonté Curiosità Negli ultimi giorni del luglio del 1970 il regista contattò il giornalista de L'Ora Mauro De Mauro per ricostruire le ultime ore di vita vissute di Mattei a Gagliano, nell'ennese. L'intento del regista Rosi era di ottenere piccoli particolari da inserire nella sceneggiatura. De Mauro, allettato dall'importanza del compito assegnatogli e dal buon compenso promessogli dalla Vides, iniziò immediatamente le sue ricerche. Andò a Gagliano dove grazie al signor Puleo, gestore del locale cinema, riuscì a procurarsi il nastro con l'ultimo discorso fatto dal Mattei; chiese colloqui anche con Graziano Verzotto, uomo politico e amministratore dell'Ente Minerario Siciliano (da molti indicato come molto vicino alla cosca di Giuseppe Di Cristina) e con Vito Guarrasi, personaggio molto ambiguo vicino tanto ad Amintore Fanfani quanto ai Servizi Segreti Statunitensi. Il 16 settembre del 1970 De Mauro venne sequestrato proprio sotto casa sua in viale delle Magnolie a Palermo e non fu mai più ritrovato. Nel cast del film figura anche il giornalista Furio Colombo nella parte del giovane assistente di Mattei. Note Bibliografia Salvatore Gesù (a cura di), Francesco Rosi, Giuseppe Maimone Editore, Catania, 1993 Altri progetti Collegamenti esterni Film drammatici Film politici Palma d'oro al miglior film Globo d'oro al miglior film Film sulla mafia Film diretti da Francesco Rosi Film biografici sui politici Film girati in Italia Film ambientati in Russia Film ambientati in Sicilia Film ambientati a Roma Film ambientati a Catania Film ambientati a New York Film ambientati in Lombardia Film ambientati negli anni 1950 Film ambientati negli anni 1960
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Il grande cocomero (film)
Il grande cocomero è un film del 1993 diretto da Francesca Archibugi. Il film è ispirato all'esperienza di Marco Lombardo Radice, neuropsichiatra sperimentatore di terapie innovative nella cura dei disturbi psichici dei minori, del quale la Archibugi ricostruisce le strategie e i percorsi terapeutici fuori dagli schemi, basati soprattutto sul paziente ascolto delle necessità dei bambini e sulla compensazione delle loro carenze affettive. Fu presentato nella sezione Un Certain Regard del 46º Festival di Cannes. Trama Policlinico Umberto I di Roma: Valentina, una dodicenne soprannominata "Pippi", figlia di Cinzia e Marcello Diotallevi (coppia benestante ma senza ideali, forse ancora insieme solo per la figlia), in seguito ad una crisi convulsiva, attribuito ad un attacco di epilessia, viene ricoverata nel reparto di neuropsichiatria infantile. Un giovane psichiatra, Arturo (appena uscito da una crisi coniugale che sta sforzandosi di esorcizzare) sebbene sia convinto che il caso sia piuttosto di natura psicologica (Convulsioni psicogene non epilettiche) che neurologica (a cui la famiglia non è estranea), accoglie la ragazza nel suo reparto, preso da interesse per la sua situazione. Pippi rivela subito un carattere scontroso e provocatorio; il rapporto con i genitori risulta difficile, per cui Arturo si propone di tentare con lei una relazione analitica, studiandone attentamente le reazioni per riportarla alla normalità. Nell'ambiente familiare, superficiale e contraddittorio, Pippi non trova né sicurezza, né affetto e viene lasciata sola a se stessa, mentre il reparto diventerà la sua nuova casa, nonostante i non pochi problemi. Malgrado le gravi carenze strutturali e organizzative dell'ospedale e l'insufficienza di personale preparato, la giovane trova interessi e affetto nel medico terapista Arturo, al quale si apre pian piano con crescente fiducia. I giochi tra ragazzi, le confidenze e le attenzioni che avrà verso Marinella, una bambina cerebrolesa a cui dedica il proprio tempo la faranno migliorare un tantino, ma sarà proprio la morte inquietante della bambina a scatenare il rifiuto di Pippi nei confronti di Arturo e a indurla a un'autocrisi epilettica di protesta, che fornirà allo psichiatra la chiave di lettura per un appropriato intervento... sarà la molla che condurrà la giovane Pippi verso la guarigione, verso la scoperta de "il grande cocomero", di un futuro migliore tanto sognato anche dal protagonista del noto fumetto Peanuts. Il film mette in luce lo stigma sociale legato all'epilessia e tutto quello che la circonda. Influenza culturale Recentemente, nel trentennale dalla sua uscita, si è riproposto un estratto nell'ambito della iniziativa "SI VA IN SCENA. STORIE DI EPILESSIA" della Fondazione LICE. Riconoscimenti 1993 - David di Donatello Miglior film a Francesca Archibugi Miglior sceneggiatura a Francesca Archibugi Migliore attore protagonista a Sergio Castellitto Nomination Miglior regista a Francesca Archibugi Nomination Miglior produttore a Fulvio Lucisano, Leo Pescarolo e Guido De Laurentiis Nomination Migliore attrice non protagonista a Alessia Fugardi Nomination Miglior sonoro a Alessandro Zanon 1994 - Nastro d'argento Miglior soggetto originale a Francesca Archibugi Miglior sceneggiatura a Francesca Archibugi Migliore produttore a Fulvio Lucisano, Leo Pescarolo e Guido De Laurentiis Nomination Regista del miglior film a Francesca Archibugi Nomination Migliore attore protagonista a Sergio Castellitto Nomination Migliore attrice protagonista a Alessia Fugardi 1993 - Globo d'oro Miglior attore a Sergio Castellitto 1993 - Ciak d'oro Migliore attore protagonista a Sergio Castellitto Migliore attrice non protagonista a Laura Betti Note Collegamenti esterni Film drammatici David di Donatello per il miglior film Film ambientati a Roma Film diretti da Francesca Archibugi
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Idrogeno
Lidrogeno (simbolo H, dal latino moderno hydrogenium, basato a sua volta sul greco ὕδωρ, hýdor, «acqua», con la radice γεν-, ghen-, «generare», quindi «generatore di acqua») è il primo elemento chimico della tavola periodica (numero atomico 1) e il più leggero. Con l'idrogeno inizia il primo periodo del sistema periodico e il primo gruppo, e quindi il blocco s. È l'elemento più abbondante dell'universo osservabile e il suo isotopo più comune, il prozio, consiste di un protone, che forma il nucleo, e di un elettrone. Essendo l'atomo più semplice, è stato studiato in maniera approfondita dalla meccanica quantistica. Allo stato libero, a pressione atmosferica e temperatura ambiente (), si trova sotto forma di gas biatomico avente formula H2 (diidrogeno), incolore, inodore, insapore e altamente infiammabile, con un punto di ebollizione di 20,27 K e un punto di fusione di 14,02 K. Allo stato legato è presente nell'acqua (11,19%) e in tutti i composti organici e organismi viventi; inoltre è occluso in alcune rocce, come il granito, e forma composti con la maggior parte degli elementi, spesso anche per sintesi diretta. È il principale costituente delle stelle, dove è presente nello stato di plasma e rappresenta il combustibile delle reazioni termonucleari, mentre sulla Terra è scarsamente presente allo stato libero e molecolare e deve quindi essere prodotto per i suoi vari usi; in particolare è usato nella produzione di ammoniaca, nell'idrogenazione degli oli vegetali, in aeronautica (in passato nei dirigibili), come combustibile alternativo e più di recente come riserva di energia nelle pile a combustibile. Storia L'idrogeno biatomico gassoso H2 fu descritto formalmente per la prima volta da Theophrastus Von Hohenheim (conosciuto con il nome di Paracelso, 1493-1541), che lo ottenne artificialmente mescolando metalli con acidi forti. Paracelso non si rese conto che il gas infiammabile ottenuto in queste reazioni chimiche era costituito da un nuovo elemento chimico, chiamato in seguito idrogeno. Nel 1671, Robert Boyle riscoprì e descrisse la reazione che avveniva quando si mescolavano limatura di ferro e acidi diluiti, e che generava H2. Nel 1766, Henry Cavendish fu il primo a riconoscere l'idrogeno molecolare gassoso H2 come una sostanza discreta, identificando il gas prodotto nella reazione metallo-acido come "aria infiammabile" e scoprendo che la combustione del gas generava acqua. Cavendish utilizzava in questi esperimenti acidi e mercurio e giunse erroneamente alla conclusione che il diidrogeno fosse una sostanza liberata dal mercurio e non dall'acido, ma fu capace di descrivere con precisione molte proprietà fondamentali dell'idrogeno e del diidrogeno. Tradizionalmente, si considera Cavendish come lo scopritore dell'idrogeno. Nel 1783, Antoine Lavoisier assegnò all'elemento il nome di "idrogeno" (in francese Hydrogène, dal greco ὕδωρ, ὕδᾰτος, "acqua" e γένος-ου, "generatore") quando provò (insieme a Laplace) la scoperta di Cavendish che la combustione dell'idrogeno generava acqua. Primi utilizzi Uno dei primi usi che si fece dell'idrogeno fu come gas di riempimento per aerostati e successivamente per altri tipi di aeronavi. Famosa è la tragedia del dirigibile Hindenburg, che ebbe luogo nonostante gli ingegneri avessero rivestito la struttura dell'aeronave in modo da non causare scintille, dato che si conosceva l'infiammabilità del gas. Quello fu un caso particolare di impiego, dato che non era disponibile l'elio, gas quasi altrettanto leggero, ma inerte. Al tempo l'idrogeno molecolare si otteneva per la reazione dell'acido solforico con il ferro. Isotopi L'idrogeno è l'unico elemento ai cui isotopi più noti si attribuisco nomi specifici: il prozio, l'isotopo più comune, non ha neutroni; il deuterio ha un neutrone e il trizio (radioattivo) due neutroni. I due isotopi stabili sono il prozio (1H) e il deuterio (2H, D). Sono stati osservati anche gli isotopi 4H, 5H e 6H. Diidrogeno Allo stato libero in condizioni normali l'idrogeno si presenta come diidrogeno, una sostanza formata da molecole biatomiche (H2), che è un gas incolore, inodore, insapore, non tossico ed estremamente infiammabile. Oltre a diidrogeno, altre denominazioni corrette sono: idrogeno molecolare, idrogeno biatomico, idrogeno diatomico. Di frequente viene anche chiamato sbrigativamente, ma erroneamente, "idrogeno". Avendo la più piccola massa molecolare, solo 2,016 grammi per mole, H2 è il più leggero dei gas. Condensa in un liquido mobile e incolore a -252,76 °C (20,39 K), la cui densità è solo 0,0708 g/mL, e solidifica a -259,19 °C (13,96 K) in un solido cristallino incolore avente un reticolo esagonale compatto di molecole H2. Per lo stesso motivo presenta, a parità di temperatura e pressione, la più alta velocità di effusione e, più in generale, ha altissima diffusività attraverso membrane porose. Inoltre, a marcata differenza da altri gas e dall'elio in particolare, il diidrogeno si adsorbe superficialmente su diversi metalli, quali titanio, nichel, rutenio, osmio, platino e specialmente palladio; in quest'ultimo H2 si diffonde facilmente all'interno e la sua solubilità in esso, che implica anche interazioni chimiche, è molto grande, arrivando a formare una soluzione solida, metallica, che può raggiungere una concentrazione formulabile come Pd4H3. Inoltre, H2 è capace di attraversare facilmente un setto di palladio, il quale si comporta nei suoi riguardi da membrana semipermeabile, permettendo di separare il diidrogeno da altri gas eventualmente presenti in miscela e quindi di purificarlo. Il diidrogeno ha un'elevata conducibilità termica, 0,168 W/(m×K), anche superiore a quella dell'elio [0,142 W/(m×K)] e altrettanto accade per le velocità del suono: 1320 m/s per H2 e 973 m/s per He. Entrambe queste proprietà e la citata velocità di effusione sono legate alla velocità molecolare media, che per H2 è maggiore di quella dell'He alla stessa temperatura, dato che la massa molecolare del diidrogeno è praticamente la metà di quella di He. L'idrogeno molecolare si ottiene in laboratorio mediante reazione di acidi con metalli come lo zinco e, industrialmente, mediante l'elettrolisi dell'acqua, il reforming del gas naturale, la gassificazione di residui della raffinazione del petrolio. Il diidrogeno è impiegato per la produzione dell'ammoniaca, per la desolforazione dei derivati del petrolio, come combustibile alternativo e, di recente, come fonte di energia per le pile a combustibile. Proprietà molecolari La molecola del diidrogeno è composta da due atomi di idrogeno tenuti insieme dal più forte e più corto (74,14 pm) legame covalente semplice tra due atomi neutri. Questo deriva dalla condivisione dei due elettroni spaiati dei due atomi H attraverso la sovrapposisione dei due orbitali 1s di ciascun atomo H a dare un legame sigma (σ): tale sovrapposizione comporta che la densità elettronica nella regione internucleare dei due atomi uniti nella molecola H2 risulta significativamente accresciuta rispetto a quella presente nei due atomi H separati e questo costituisce l'azione legante da essa esercitata verso i due nuclei; nuclei che qui non sono schermati da gusci elettronici che eserciterebbero azione repulsiva, se presenti. Per questo, H2 è una specie chimica molto stabile: l'energia necessaria per la dissociazione omolitica del legame a dare due atomi di idrogeno separati, cioè: H2 → 2 H· a 25 °C e 1 atm è ΔHr° = 435,7 kJ/mol (4,516 eV); alla temperatura di 2700 °C e pressione ambiente, in condizioni di equilibrio, solo l'8% delle molecole H2 è dissociato in atomi (idrogeno atomico) e, per far sì che si raggiunga una dissociazione pressoché totale per via termica, occorre arrivare ad una temperatura di circa 6000 K, una situazione naturalmente presente sulla superficie del Sole. D'altro canto, la dissociazione eterolitica, cioè: H2 → H+ + H– ha un costo energetico di gran lunga maggiore, 1675 kJ/mol (17,36 eV) e anche l'energia di ionizzazione a dare il noto ione molecolare H2+ è decisamente elevata (15,43 eV), maggiore di quella, che comunque è elevata, dell'atomo di idrogeno stesso (13,60 eV). Questi dati sono indicativi della difficoltà per la molecola di rompere il legame o di allentarlo in qualche modo e ciò si riflette in energie di attivazione notevoli. Oltre alla ovvia assenza di polarità della molecola H2, questi sono i principali presupposti che rendono l'idrogeno molecolare, in assenza di catalizzatori e di luce, scarsamente reattivo a temperatura ambiente e anche oltre. Miscelato in tali condizioni con l'ossigeno, non reagisce, a meno che non sia innescato, ad esempio da una scintilla ma, in tal caso, lo fa in maniera fortemente esplosiva (miscela tonante) dando luogo alla formazione di vapore acqueo, con grande sviluppo di calore (ΔHr° = -241,98 kJ/mol): 2 H2 (g) + O2 (g) → 2 H2O (g) In pratica, tra gli elementi chimici in forma molecolare, l'idrogeno reagisce a temperatura ambiente solo con fluoro molecolare (F2), esplosivamente anche al buio e alle bassissime temperature di H2 liquido, per dare fluoruro di idrogeno HF; reagisce anche e con il cloro in presenza di luce solare, per dare cloruro di idrogeno HCl. Reagisce con il bromo a 400 °C per dare HBr e, sempre a 400 °C, con lo iodio, ma in presenza di platino come catalizzatore, per dare (reversibilmente) HI. Anche la reazione con l'azoto (N2), per dare l'ammoniaca NH3, necessita di innalzamento di temperatura e di catalisi (Fe, e Mo come attivatore) e porta comunque ad un equilibrio. Tuttavia l'idrogeno, fatto gorgogliare a temperatura ambiente in una soluzione acquosa di cloruro di palladio(II) reagisce prontamente (viene ossidato) per dare palladio metallico, che precipita come polvere scura, e HCl in soluzione: PdCl2 (sol) + H2 (g) → Pd (s) ↓ + 2 HCl (sol) Chimica ionica in fase gassosa La molecola di idrogeno può sommare un protone (H+) in fase gassosa con reazione esotermica per dare lo ione idrogenonio H3+, una specie molecolare triangolare equilatera con due elettroni di legame avente simmetria D3h. Questo ione molecolare è un fortissimo acido di Brønsted-Lowry, in grado di protonare anche una base debolissima come il metano (dando origine a CH5+, ione metanio) e qualsiasi altro idrocarburo: H2 + H+ → H3+ L'affinità protonica di H2, pari alla variazione di entalpia standard (ΔHr°) di tale reazione è 422,3 kJ/mol (4,377 eV), mentre il ΔGr° della stessa, cioè la basicità in fase gassosa di H2, vale 394,7 kJ/mol (4,090 eV). La specie può essere prodotta dalla reazione dell'idrogeno gassoso con lo ione HeH+ (elio protonato), che si pensa essere stato il primo 'composto' originatosi dal Big Bang: HeH+ + H2 → H3+ + He La reazione è termodinamicamente favorita perché l'affinità protonica dell'elio (177,8 kJ/mol) è ben minore di quella di H2 (vide supra). Lo ione molecolare HeH+ può ottenersi anche in laboratorio, in situ, lasciando decadere la molecola HT (isotopologa di H2): HT (dec. beta(-)) → HHe+ + e- + anti ν Ortoidrogeno e paraidrogeno In condizioni normali il diidrogeno è una miscela di due diversi tipi di molecole, che differiscono a seconda che gli spin dei due nuclei atomici siano tra loro paralleli o antiparalleli. Queste due forme sono rispettivamente conosciute come "orto-idrogeno" e "para-idrogeno". In condizioni standard, il rapporto tra orto e para è di circa 3 a 1 e la conversione di una forma nell'altra è talmente lenta da non avvenire in assenza di un catalizzatore. Le due forme differiscono a livello energetico, il che provoca piccole differenze nelle loro proprietà fisiche. Ad esempio, i punti di fusione ed ebollizione del paraidrogeno sono all'incirca 0,1 K più bassi dell'ortoidrogeno. L'esistenza di queste due forme pone un inconveniente nella produzione industriale di diidrogeno liquido: quando viene liquefatto, il diidrogeno è generalmente una miscela para:orto circa 25:75; lasciato a sé, nell'arco di un mese la miscela si arricchisce della forma para, che diventa il 90%; questa conversione libera calore che fa evaporare gran parte del diidrogeno, che viene perso. Per ovviare a ciò, la liquefazione del diidrogeno viene condotta in presenza di un catalizzatore a base di ossido di ferro; in questo modo il diidrogeno liquido ottenuto è composto per oltre il 99% dalla forma para. Disponibilità L'idrogeno è l'elemento più abbondante dell'universo, formando fino al 75% della materia in base alla massa e più del 90% in base al numero di atomi. Si trova principalmente nelle stelle e nei giganti gassosi. Relativamente alla sua abbondanza nell'ambiente, l'idrogeno è molto raro nell'atmosfera terrestre (1 ppm) e praticamente inesistente come H2 sulla superficie e nel sottosuolo. Giove e Saturno sono composti da circa l'80% di idrogeno, il Sole dal 90%. Questo elemento ha un ruolo fondamentale nel fornire energia all'universo, attraverso processi di fusione nucleare. Enormi quantità di energia vengono rilasciate sotto forma di radiazioni elettromagnetiche nel momento in cui avviene la combinazione di due nuclei di idrogeno (deuterio oppure prozio e trizio) in uno di elio. Sottoposte a pressioni eccezionalmente alte, come quelle che si trovano al centro dei giganti gassosi (Giove ad esempio), le molecole perdono la loro identità e l'idrogeno diventa un metallo liquido (idrogeno metallico). Al contrario, in condizioni di pressione estremamente bassa, le molecole di H2 possono subire dissociazione e se sottoposte a radiazione di opportuna frequenza, gli atomi individuali possono sopravvivere per un tempo sufficiente per esser rilevati. Nubi di H2 si formano e sono associate con la nascita delle stelle. Sulla Terra la fonte più comune di questo elemento è l'acqua, che è composta da due atomi di idrogeno e uno di ossigeno (H2O). Altre fonti sono: la maggior parte della materia organica (che comprende tutte le forme di vita conosciute), i combustibili fossili e il gas naturale. Il metano (CH4), che il principale componente del gas naturale ma si può ottenere anche per digestione anaerobia di sostanze organiche, sta diventando una fonte di idrogeno sempre più importante. Produzione L'H2 si ottiene in laboratori di chimica e di biologia, spesso come sottoprodotto di altre reazioni; nell'industria si ottiene nel cracking degli idrocarburi; per elettrolisi dell'acqua, e con il processo del gas d'acqua.In natura è utilizzato come mezzo per espellere equivalenti riduttivi nelle reazioni biochimiche. Applicazioni Impiego come reagente Nell'industria chimica e petrolchimica si richiedono grandi quantità di H2. L'applicazione principale dell'H2 avviene nel processo di raffinazione dei combustibili fossili e nella sintesi dell'ammoniaca (processo Haber-Bosch). I processi fondamentali che consumano H2 in un impianto petrolchimico sono l'idrodealchilazione, l'idrodesolforazione e lidrocraking. L'H2 è utilizzato anche come agente idrogenante, particolarmente per aumentare il grado di saturazione dei grassi e degli oli insaturi (per ottenere prodotti come la margarina), e per la produzione del metanolo. Viene utilizzato anche nella sintesi dell'acido cloridrico e per realizzare l'idrogenolisi. Composti dell'idrogeno L'idrogeno si combina con la maggior parte degli elementi. Con un'elettronegatività pari a 2,1, forma composti dove può essere la componente più non-metallica o più metallica: nel primo caso si dicono idruri, nei quali l'idrogeno esiste o come ione H− o insinuandosi nel reticolo cristallino dei metalli dando luogo a quelli che vengono chiamati idruri interstiziali (come nell'idruro di palladio); nel secondo caso l'idrogeno tende a essere covalente, in quanto lo ione H+ non è altro che un semplice nucleo e ha una forte tendenza ad attirare elettroni. Il diidrogeno H2 si combina con il diossigeno O2 formando acqua (H2O) liberando molta energia in questo processo (si ha un calore di reazione pari a circa ). L'ossido di deuterio è meglio noto come acqua pesante. L'idrogeno forma un vasto numero di composti con il carbonio. A causa della loro associazione con gli esseri viventi, questi composti sono chiamati "organici", e gli studi relativi alle loro proprietà formano la chimica organica. L'idrogeno come vettore energetico Tra i vari usi dell'idrogeno vi è quello di possibile fonte di energia per l'autotrazione. L'uso del H2 avrebbe il vantaggio di utilizzare le fonti fossili per ottenere direttamente il gas (a partire dal metano, per esempio). L'H2 usato poi come combustibile nei mezzi di trasporto, reagendo con O2, produrrebbe come unico prodotto di scarto l'acqua, eliminando completamente le emissioni di CO2 e i problemi climatico-ambientali a esse associate. Utilizzare il diidrogeno come combustibile presenta diversi vantaggi. Brucia all'aria quando la sua concentrazione è compresa tra il 4 e il 75% del suo volume, mentre il gas naturale brucia a concentrazioni comprese tra il 5,4 e il 15%. La temperatura di combustione spontanea è di 585 °C, mentre quella del gas naturale è di 540 °C. Il gas naturale esplode a concentrazioni comprese tra il 6,3 e il 14%, mentre il diidrogeno richiede concentrazioni dal 13 al 64%. L'unico svantaggio sarebbe nella densità di energia del diidrogeno liquido o gassoso (a pressione utilizzabile) che è significativamente inferiore rispetto ai tradizionali combustibili e quindi necessita di essere compresso a pressioni più elevate in fase di stoccaggio. Stante l'attuale sviluppo tecnologico, l'idrogeno può essere effettivamente utilizzato a fini energetici come combustibile nei motori a combustione interna utilizzati su alcuni prototipi di auto. Le pile a combustibile, attualmente in via di sviluppo, sono poi un modo alternativo per ottenere energia sotto forma di elettricità dall'ossidazione dell'idrogeno senza passare dalla combustione diretta ottenendo una maggiore efficienza in un futuro in cui la produzione di idrogeno potrebbe avvenire da fonti rinnovabili e non più combustibili fossili. Secondo i sostenitori della cosiddetta economia all'idrogeno queste due tecnologie a idrogeno, oltre a risolvere il problema energetico, sarebbero quindi anche in grado di offrire un'alternativa pulita agli attuali motori a combustione interna alimentati da fonti fossili. Il problema vero, sollevato da più parti, è però a monte: l'idrogeno atomico e molecolare è assai scarso in natura, ovvero l'elemento in sé si trova combinato assieme ad altri elementi in vari composti sulla crosta terrestre; esso dunque non è una fonte primaria di energia come lo sono gas naturale, petrolio e carbone, in quanto deve essere prodotto artificialmente spendendo energia a partire da fonti energetiche primarie. Esso sarebbe quindi impiegabile unicamente come vettore energetico cioè come mezzo per immagazzinare e trasportare l'energia disponibile ove occorra, mentre il ciclo di produzione/utilizzo sarebbe comunque inefficiente dal punto di vista termodinamico poiché la sua produzione richiederebbe in genere un'energia maggiore di quella che poi si renderebbe disponibile attraverso la sua 'combustione'. Una soluzione a tale problema è stata adottata ricorrendo ai pannelli fotovoltaici: durante il giorno l'energia prodotta viene interamente utilizzata per la produzione di idrogeno, che viene immagazzinato ed utilizzato per alimentare autobus ad idrogeno. La molecola d'acqua è infatti più stabile e quindi meno energetica del diossigeno O2 e del diidrogeno H2 separati e segue la legge secondo la quale i processi "naturali" portano un sistema da un'energia più alta a una più bassa tramite una trasformazione. Per le leggi della termodinamica l'estrazione di idrogeno dall'acqua non può avvenire dunque come reazione inversa a costo zero, cioè senza spendere lavoro. Qualsiasi metodo di estrazione comporta quindi un costo che è pari all'energia liberata successivamente dalla combustione dell'idrogeno sotto forma di diidrogeno se a tal fine si utilizza l'esatto processo inverso, e in realtà in tal caso anche maggiore perché non esiste alcuna macchina con rendimento pari al 100% durante il processo di estrazione. In altri termini la produzione di idrogeno sotto forma di diidrogeno attraverso il metodo più semplice, ovvero l'elettrolisi dell'acqua, e il successivo utilizzo dell'idrogeno sotto forma di diidrogeno nella reazione inversa con O2 nelle pile a combustibile non solo non porta ad alcun guadagno energetico, ma anzi, per quanto detto sopra, il guadagno netto energetico sarebbe negativo cioè ci sarebbe una perdita dovuta alle dissipazioni in calore. L'unico modo di usare in maniera efficiente l'idrogeno come fonte di energia sarebbe ottenerlo come bioidrogeno a spese di alghe e batteri. Attualmente il diidrogeno ottenuto da fonti solari, biologiche o elettriche ha un costo di produzione, in termini energetici, molto più elevato di quello della sua combustione per ottenere energia. H2 può essere ottenuto con un guadagno netto di energia a partire da fonti fossili, come il metano (le reazioni di sintesi sono infatti diverse da quelle di combustione), però si tratta di fonti energetiche non rinnovabili cioè destinate comunque a esaurirsi nel tempo e in più con emissioni dirette di CO2. Infine i costi per la realizzazione delle infrastrutture necessarie per effettuare una completa conversione a un'economia dell'idrogeno sarebbero sostanzialmente elevati. Un altro modo in cui l'idrogeno potrebbe venire utilizzato efficacemente come fonte di energia, a prescindere da qualunque processo di produzione, è quello della fusione nucleare con un reattore alimentato da deuterio o trizio, una tecnologia che al 2022 è ancora in via di sviluppo nel reattore sperimentale ITER. La grande quantità di energia prodotta sarebbe forse in grado di risolvere i problemi energetici mondiali, ma si tratta di un processo tecnologicamente complicato da gestire e tuttora oggetto di intensa ricerca. Attualmente, ricapitolando, esistono quattro forme di utilizzazione dell'idrogeno per la produzione di energia: Combinando chimicamente H2 con O2 dell'aria attraverso bruciatori convenzionali e con processi catalitici, come avviene nei motori a combustione interna, permettendo anche un'ampia applicazione nell'ambito domestico. Combinando elettrochimicamente H2 con O2 senza la generazione di fiamme per produrre direttamente elettricità in un reattore conosciuto con il nome di cella (o pila) a combustibile. Unendo i nuclei di idrogeno in un reattore denominato Tokamak, durante il processo conosciuto con il nome di fusione nucleare. Combinando chimicamente H2 con O2 in un mezzo acquoso in una caldaia non convenzionale per produrre vapore motrice, nel ciclo conosciuto come Chan K'iin. Altri problemi rilevanti che si hanno con H2 sono il suo stoccaggio e il trasporto. Il trasporto può avvenire in bombole di gas compresso liquefatto oppure attraverso reti dedicate come avviene attualmente per il metano. Si può avere stoccaggio sotto pressione in bombole da fino a 700 bar (ancora in via di omologazione) in forma liquida richiede invece temperature di −253 °C in bombole perfettamente isolate. Un'altra forma di stoccaggio consiste nella reazione chimica reversibile con diverse sostanze formando idruri metallici, oppure allo stato liquido sotto forma di ammoniaca NH3 alla temperatura di −33,4 °C. Altri impieghi Nelle saldature e come agente riducente dei minerali metallici. Nella propulsione aeronautica e spaziale come combustibile per razzi e vettori spaziali (allo stato liquido). Come refrigerante nei generatori delle centrali elettriche, visto che è il gas che ha la maggiore conduttività termica. L'idrogeno liquido è usato nella ricerca criogenica, che comprende gli studi sulla superconduttività. La temperatura di equilibrio del punto triplo dell'idrogeno è un punto fisso definito nella scala delle temperature ITS-90. Lo spin della molecola di idrogeno sottoposte ad intensi campi magnetici può essere allineato omogeneamente mediante onde di radiofrequenza. Questa proprietà è la base per la risonanza magnetica nucleare, attraverso un dispositivo tomografico in grado di ottenere immagini tridimensionali i in funzione della differente velocità di recupero dello spin originale degli atomi di idrogeno presenti nei tessuti degli esesri viventi, anche sotto forma di acqua, in diverse concentrazioni a seconda dell'organo. La risonanza magnetica nucleare può essere utilizzata per la determinazione della struttura di molecole organice poiché la frequenza di risonanza degli atomi di idrogeno dipende dai gruppi funzionali ad esso adiacenti. Il deuterio è usato nelle applicazioni nucleari come moderatore per rallentare i neutroni; i composti di deuterio sono usati in chimica e biologia, soprattutto nelle ricerche nel campo degli effetti isotopici. Per la risonanza magnetica nucleare in chimica si utilizzano solventi contenenti deuterio e privi di pròzio che saturerebbe il segnale. Il trizio (3H) viene prodotto nei reattori nucleari ed è impiegato nella produzione delle bombe a idrogeno, come radiomarcatore nelle scienze biologiche e in cinetica chimica, e come fonte di radiazioni nelle vernici luminescenti. Una conseguenza di solito negativa, ma a volte desiderata, dell'idrogeno è la sua azione infragilizzante sui metalli. Esso, a causa delle sue dimensioni atomiche ridotte, si fissa sugli atomi di ferro all'interno degli spazi interstiziali del reticolo molecolare e contribuisce a ridurre di molto il valore di γs (energia di creazione di un'interfaccia), favorendo la rottura di un pezzo per fatica statica. Essendo quasi quindici volte più leggero dell'aria, venne impiegato come agente per sollevare palloni aerostatici e dirigibili. Dopo il disastro del 6 maggio 1937 del dirigibile LZ 129 Hindenburg (riempito di idrogeno), che provocò la morte di 35 passeggeri, l'opinione pubblica si convinse che il gas fosse troppo pericoloso per continuare a usarlo in questo campo. Oggi si preferisce utilizzare elio per il riempimento di palloni aerostatici e di rari dei dirigibili n quanto, a differenza dell'idrogeno, l'elio è un gas inerte e quindi non brucia. L'idrogeno viene comunque ancora usato nei palloni aerostatici e nelle sonde meteorologiche perché è più economico dell'elio. Nel 1930 a Verrès in Valle d'Aosta, con l'energia prodotta in eccesso dall'impianto della Società Castel Verrès si realizzò un reparto elettrochimico utilizzando dei convertitori rotanti e una griglia in platino molto resistente alla corrosione, da questo procedimento con la tecnica dell'elettrolisi si otteneva l'idrogeno in uno stato di purezza elevatissima il quale veniva convogliato in un idrogenodotto, attraversava l'intero paese e veniva quindi portato allo stabilimento La Chimica di Verrès, una delle particolarità dell'impianto era proprio l'idrogenodotto, il primo in Italia a trasportare l'idrogeno con una tubazione sotterranea, la produzione era elevatissima e ammontava a al giorno, quest'operazione permetteva la realizzazione di concimi speciali, sorpassando in alcuni anni la produzione della Montecatini. Tutte queste aziende facevano parte del gruppo industriale con sede a Milano Costruzioni Brambilla e a capo del gruppo vi era l'architetto Enrico Brambilla. Le caratteristiche di solubilità e adsorbimento dell'idrogeno con vari metalli sono molto importanti nella metallurgia (alcuni metalli possono essere indeboliti dall'idrogeno) e nello sviluppo di forme sicure di immagazzinamento per un utilizzo come combustibile. L'idrogeno è altamente solubile in molti composti formati da lantanoidi e metalli del blocco d, e può sciogliersi nei metalli cristallini e in quelli amorfi. La solubilità dell'idrogeno nei metalli è influenzata dalle distorsioni locali e dalle impurezze del reticolo cristallino del metallo. Precauzioni Combustione Il diidrogeno è un gas altamente infiammabile e brucia in aria, con la quale forma miscele esplosive a concentrazioni dal 4 al 74,5% (parti di diidrogeno su 100 parti d'aria, a pressione atmosferica) e in atmosfera di cloro dal 5 al 95%. Reagisce inoltre violentemente con il cloro e il fluoro. Basta liberare una fuga di H2 a contatto con O2 per innescare una violenta esplosione oppure una fiamma invisibile e pericolosa che produce acqua in gas. Le miscele di diidrogeno detonano molto facilmente a seguito di semplici scintille o, se in alta concentrazione di reagenti, anche solo per mezzo della luce solare in quanto il gas reagisce violentemente e spontaneamente con qualsiasi sostanza ossidante.La temperatura di autoignizione del diidrogeno in aria (21% di O2) è di circa. L'entalpia della combustione del diidrogeno è e la reazione di combustione in aria è la seguente: 2 H2(g) + O2(g) -> 2 H2O(l) +572 kJ/mol Quando si mescola con il diossigeno in un ampio intervallo di proporzioni, il diidrogeno esplode. All'aria il diidrogeno arde violentemente. Le fiamme di diossigeno e diidrogeno puro sono invisibili all'occhio umano; per questo motivo, è difficile identificare visivamente se una fuga di diidrogeno sta bruciando. Le fiamme visibili nella fotografia dell'incidente al dirigibile Hindenburg sono dovute alla combustione del diidrogeno insieme ai materiali di rivestimento dell'aeronave realizzata in legno e tela. Altra caratteristica dei fuochi alimentati dal diidrogeno è che le fiamme tendono a salire rapidamente con il gas attraverso l'aria (come si può vedere nella fotografia dell'incidente all'Hindeburg), causando danni minori dei fuochi alimentati da idrocarburi. Infatti i due terzi dei passeggeri del dirigibile sopravvissero all'incendio, e molti morirono per la caduta dall'alto o per l'incendio della benzina. L'H2 reagisce direttamente con altri elementi ossidanti. Può produrre una reazione spontanea e violenta a temperatura ambiente in presenza di cloro o fluoro, con la formazione dei corrispondenti alogenuri di idrogeno: cloruro di idrogeno e fluoruro di idrogeno. Note Bibliografia La Brambilla di Ezio Alliod e Ezia Bovo casa editrice Musumeci Aosta Voci correlate Apparecchio di Kipp Compressore per idrogeno Bomba all'idrogeno Centrale ad idrogeno Economia dell'idrogeno Economia allo zinco Fusione nucleare Legame a idrogeno Immagazzinamento dell'idrogeno Isotopi dell'idrogeno Desolforazione Ossidrogeno Pila a combustibile Produzione di idrogeno Produzione biologica di idrogeno Spettro dell'atomo di idrogeno Stazione di rifornimento di idrogeno Zero Regio Altri progetti Collegamenti esterni Combustibili Combustibili per la fusione nucleare Fluidi refrigeranti
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https://it.wikipedia.org/wiki/Ittrio
Ittrio
L'ittrio è l'elemento chimico di numero atomico 39 (gruppo 3 della tavola periodica) e il suo simbolo è Y. È un metallo di transizione dall'aspetto argenteo, è comune nei minerali delle terre rare e non si trova mai in natura come elemento libero. L'isotopo 89Y è l'unico isotopo stabile e l'unico che si trova sulla crosta terrestre. Nel 1787 nei pressi di Ytterby in Svezia, Carl Axel Arrhenius scoprì un nuovo minerale e lo chiamò ytterbite. Due anni più tardi Johan Gadolin individuò l'ossido di ittrio nel campione di Arrhenius. Nel 1827 l'ittrio elementare è stato isolato da Friedrich Wöhler. Gli usi più importanti dell'ittrio sono i LED e i fosfori, in particolare quelli rossi del tubo a raggi catodici usati un tempo nei televisori. L'ittrio trova impiego anche nella produzione di elettrodi, elettroliti, filtri elettronici, laser, superconduttori, in varie applicazioni mediche e come oligoelemento in vari materiali per migliorarne le proprietà. Non si conosce nessun ruolo biologico dell'ittrio e l'esposizione ai suoi composti può causare malattie polmonari negli esseri umani. Caratteristiche L'ittrio è un metallo dall'aspetto argenteo e lucente, relativamente stabile all'aria, possiede una reattività chimica simile a quella dei lantanoidi. Gli sfridi e i trucioli di questo metallo bruciano all'aria quando la loro temperatura supera i . In forma di polvere fine può incendiarsi spontaneamente. Il suo stato di ossidazione tipico è +3. Applicazioni L'ossido di ittrio, noto anche col nome di ittria in ambito mineralogico o ceramico, è il suo composto più importante, impiegato per produrre i fosfori YVO4-Eu e Y2O3-Eu un tempo usati per generare il colore rosso nei tubi catodici dei televisori.Tra gli altri usi si annoverano i seguenti: l'ossido di ittrio è usato per produrre granati di ittrio e ferro, efficaci filtri di microonde; i granati a base di ittrio, ferro, alluminio e gadolinio (ad esempio Y3Fe5O12 e Y3Al5O12) hanno interessanti proprietà magnetiche. Il granato di ittrio e ferro è un efficiente trasduttore di energia acustica; il granato di ittrio e alluminio (denominato YAG) ha una durezza di 8,5 ed è usato anche come gemma (diamante sintetico); piccole quantità di ittrio (tra lo 0,1% e lo 0,2%) sono usate per ridurre la granulometria del cromo, del molibdeno, del titanio e dello zirconio; è anche usato per rinforzare le leghe di alluminio e magnesio; concorre a rendere stabile su intervalli di temperatura compresi tra 1170 °C e oltre 2370 °C l'ossido di zirconio (zirconia) evitandone le variazioni volumetriche nei è usato come catalizzatore della polimerizzazione dell'etilene; il granato di ittrio e alluminio, il fluoruro di ittrio e litio e il vanadato di ittrio sono usati, insieme ad agenti droganti quali il neodimio o l'erbio, nella produzione di laser infrarossi; viene usato per disossidare il vanadio e altri metalli non ferrosi. l'isotopo 90Y è utilizzato per radiomarcare microsfere di cristallo o resina utilizzate per la radioembolizzazione in pazienti con HCC (epatocarcinoma) inoperabile. alcune candele di accensione commerciali per motori a scoppio possiedono elettrodi realizzati con leghe metalliche contenenti piccole quantità di ossido di ittrio, in ragione del suo elevato punto di fusione e della sua elevata conduttività elettrica. Tale accorgimento risulta in una più lenta usura degli elettrodi e di conseguenza un più lento aumento della distanza interelettrodica. L'ittrio è stato preso in considerazione come nodulizzante per ottenere ghisa nodulare, più duttile (la grafite forma noduli compatti invece di fiocchi, noduli che sono inizio di frattura). L'ittrio si può usare in formulazioni di ceramiche e vetri speciali, perché l'ossido di ittrio ha un punto di fusione molto alto e conferisce loro resistenza agli urti e basso coefficiente di espansione termica. Storia L'ittrio (da Ytterby, un villaggio svedese vicino Vaxholm) fu scoperto da Johan Gadolin nel 1794 e isolato da Friedrich Woehler nel 1828 come estratto impuro di ittrite, attraverso la riduzione di cloruro di ittrio anidro (YCl3) con potassio. La ittrite (Y2O3) è l'ossido di ittrio e fu scoperto da Johan Gadolin nel 1794 in un minerale di gadolinite proveniente da Ytterby. Nel 1843 Carl Gustav Mosander fu in grado di dimostrare che le ittriti si potevano dividere negli ossidi (o terre) di tre elementi diversi. "Ittrite" fu il nome usato per il più basico e gli altri vennero chiamati erbite e terbite. Curiosamente molti minerali contenenti terre rare e altri elementi poco diffusi in natura si trovano concentrati in una cava vicino a Ytterby. Oltre all'ittrio, anche l'erbio, il terbio e l'itterbio prendono il nome da questa località svedese. Disponibilità L'ittrio si trova in quasi tutti i minerali delle terre rare e dell'uranio e non viene mai rinvenuto allo stato nativo. Industrialmente viene ottenuto dalla sabbia di monazite, un ortofosfato di lantanoidi che ne contiene circa il 3%, e dalla bastnasite, un carbonato di lantanoidi che ne contiene circa lo 0,2%. Viene ottenuto in vari modi, principalmente per riduzione del fluoruro di ittrio Isotopi L'ittrio in natura si compone di un solo isotopo, 89Y. I radioisotopi più stabili sono 88Y, con un'emivita di 106,65 giorni e 91Y, la cui emivita è di 58,51 giorni. Tutti gli altri suoi isotopi hanno un tempo di dimezzamento inferiore alle 24 ore, eccezion fatta per 87Y, che si dimezza in 79,8 ore. La principale modalità di decadimento degli isotopi più leggeri di 89Y è la cattura elettronica cui segue un decadimento beta. Dell'ittrio sono stati identificati altri 26 isotopi instabili. 90Y esiste in equilibrio con il suo isotopo genitore, 90Sr che può essere ottenuto da reazioni nucleari di fissione. Precauzioni Il contatto con composti di questo elemento, da considerarsi pericoloso, è raro per la maggior parte delle persone. I sali di ittrio sono sospetti cancerogeni e, non essendo l'ittrio normalmente trovato nei tessuti umani, l'eventuale ruolo biologico di questo elemento è sconosciuto. Note Bibliografia Voci correlate Cloruro di ittrio Altri progetti Collegamenti esterni Elementi chimici Metalli
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https://it.wikipedia.org/wiki/Il%20grande%20freddo
Il grande freddo
Il grande freddo (The Big Chill) è un film del 1983 diretto da Lawrence Kasdan. È uno spaccato della generazione del Sessantotto e della contestazione giovanile, considerato uno dei più importanti cult del cinema degli anni '80. Trama Alex Marshall si suicida senza motivo apparente. Dopo il funerale i suoi ex compagni di college si riuniscono nella villa dei vecchi compagni, ora marito e moglie, Harold e Sara. Dopo avere condiviso i sogni e le aspirazioni negli anni sessanta, gli amici si sono persi di vista per circa quindici anni e si ritrovano all'inizio degli anni ottanta, cambiati nelle aspirazioni e nelle aspettative. L'incontro è l'occasione per ricordare i sogni della giovinezza e confrontarli con il presente, ristabilire rapporti e crearne di nuovi: Karen, delusa dal proprio matrimonio con Richard, ravviva una vecchia e latente fiamma con Sam, attore fresco di divorzio; Michael, logorroico giornalista scandalistico, tenta senza successo d'offrirsi a tutte le donne disponibili; la giovane Chloe, ragazza di Alex, forse troverà un nuovo amore in Nick, psicologo introverso e segnato dall'esperienza in Vietnam e dalla droga; l'avvocatessa rampante Meg, che desidera un figlio ma non ha un compagno, forse l'avrà da Harold, con la complicità di Sarah, che si sente ancora in colpa per avere tradito il marito cinque anni prima con Alex. Cast Il suicida, del quale si intravedono solo i polsi tagliati durante la scena iniziale della vestizione del cadavere, è stato interpretato da Kevin Costner, la cui parte (doveva interpretare dei flashbacks) venne tagliata in sede di montaggio. Il film costituì un trampolino di lancio per le carriere di alcuni degli interpreti: Tom Berenger, Glenn Close, Jeff Goldblum, William Hurt e Kevin Kline. Colonna sonora La colonna sonora racchiude alcuni dei grandi successi statunitensi degli anni sessanta, in particolare dell'etichetta soul Motown, ed è stata scelta dal regista e dalla moglie. Nella scena del funerale in chiesa, il brano eseguito all'organo da Karen (il personaggio interpretato da JoBeth Williams), che poi si evolve nell'originale è You Can't Always Get What You Want dei Rolling Stones; a differenza della versione strumentale, quella del gruppo inglese non è mai stata inclusa ufficialmente nelle varie edizioni della colonna sonora, pubblicate attraverso gli anni. Un altro brano sempre rimasto tralasciato da ogni versione è Quicksilver Girl della Steve Miller Band. Tracce Marvin Gaye (1968): I Heard It through the Grapevine (Norman Whitfield, Barrett Strong) – 5:03 The Temptations (1965): My Girl (Smokey Robinson, Ronald White) – 2:55 The Rascals (1966): Good Lovin' (Rudy Clark, Arthur Resnick) – 2:28 Smokey Robinson and The Miracles (1965): The Tracks of My Tears (Robinson, Warren Moore, Marvin Tarplin) – 2:53 Three Dog Night (1971): Joy to the World (Hoyt Axton) – 3:24 The Temptations (1966): Ain't Too Proud to Beg (Whitfield, Edward Holland Jr.) – 2:31 Aretha Franklin (1968): (You Make Me Feel Like) A Natural Woman (Gerry Goffin, Carole King, Jerry Wexler) – 2:41 Smokey Robinson and The Miracles (1967): I Second That Emotion (Robinson, Al Clevland) – 2:46 Procol Harum (1967): A Whiter Shade of Pale (Keith Reid, Gary Brooker) – 4:03 The Exciters (1963): Tell Him (Bert Berns) – 2:29 Four Tops (1965): It's the Same Old Song (E. Holland, Lamont Dozier, Brian Holland) – 2:45 Martha Reeves and The Vandellas (1964): Dancing in the Street (Marvin Gaye, William "Mickey" Stevenson) – 2:38 Marvin Gaye (1971): What's Going On (Gaye, Clevland, Renaldo "Obie" Benson) – 3:52 The Marvelettes (1964): Too Many Fish in the Sea (Whitfield, E. Holland) – 2:26 Tracce Deluxe Edition (1998) Disco 1 Marvin Gaye - I Heard It Through The Grapevine (extended version) The Temptations - My Girl The Young Rascals - Good Lovin''' The Miracles - The Tracks Of My Tears Three Dog Night - Joy To The World The Temptations - Ain't Too Proud To Beg Aretha Franklin - (You Make Me Feel Like A) Natural Woman Smokey Robinson & The Miracles - I Second That Emotion Procol Harum - A Whiter Shade Of Pale The Exciters - Tell Him Creedence Clearwater Revival - Bad Moon Rising Percy Sledge - When A Man Loves A Woman The Young Rascals - In The Midnight Hour The Spencer Davis Group - Gimme Some Lovin The Band - The Weight The Beach Boys - Wouldn't It Be Nice Bert Kaempfert - Strangers In The Night The Rolling Stones - You Can't Always Get What You Want (church version) J.T. Lancer Theme Disco 2 Four Tops - It's The Same Old Song Martha & The Vandellas - Dancing In The Street Marvin Gaye - What's Going On The Marvelettes - Too Many Fish In The Sea Marvin Gaye & Tammi Terrell - Ain't Nothing Like The Real Thing Jimmy Ruffin - What Becomes Of The Brokenhearted Jr. Walker & The All Stars - Shotgun Doobie Brothers - Take Me In Your Arms (Rock Me A Little While) The Supremes - Ask Any Girl Lesley Gore - You Don't Own Me Spanky & Our Gang - Like To Get To Know You The Mamas And The Papas - Monday, Monday Moody Blues - Nights In White Satin (The Night) Joe Cocker - Feeling Alright Wayne Fontana & The Mindbenders - Game Of Love James Brown - I Got You (I Feel Good) Blues Magoos - (We Ain't Got) Nothing Yet The Zombies - Time Of The Season Howard Tate - Get It While You Can Riconoscimenti 1984 - Premio Oscar Candidatura Miglior film a Michael Shamberg Candidatura Miglior attrice non protagonista a Glenn Close Candidatura Migliore sceneggiatura originale a Lawrence Kasdan e Barbara Benedek 1984 - Golden Globe Candidatura Miglior film commedia o musicale Candidatura Migliore sceneggiatura a Lawrence Kasdan e Barbara Benedek 1985 - Premio BAFTA Migliore sceneggiatura originale a Lawrence Kasdan 1983 - Los Angeles Film Critics Association Award' Migliore sceneggiatura a Lawrence Kasdan e Barbara Benedek Candidatura Miglior film Candidatura Miglior attrice non protagonista a Glenn Close Riferimenti in altri film Alcuni temi e alcune idee del film sono presenti nel film di Gabriele Salvatores Marrakech Express. Ad esempio la riunione degli amici dopo molto tempo, la fidanzata dell'amico che non c'è (come Chloe, con la quale Michael tenta ogni approccio, proprio come fa Ponchia, interpretato da Diego Abatantuono, nel film di Salvatores), un "proto-accenno" alla famosa partita nel deserto (quando tutti giocano a football e fra loro c'è anche Chloe). Un altro autore italiano ad aver attinto al film di Kasdan è stato Carlo Verdone con il suo Compagni di scuola. L'ispirazione a Il grande freddo è evidente nel film Passato prossimo'' di Maria Sole Tognazzi (2003). In quest'opera il riferimento all'opera di Kasdan viene apertamente dichiarato con una battuta in merito alla temperatura non troppo confortevole della villa, descritta da uno dei personaggi come "il grande freddo". Note Altri progetti Collegamenti esterni Film ambientati in Carolina del Sud Film commedia drammatica Film diretti da Lawrence Kasdan
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https://it.wikipedia.org/wiki/Invertebrata
Invertebrata
Alcuni invertebrati Il termine invertebrati fu coniato da Jean-Baptiste de Lamarck per indicare tutti gli animali senza la colonna vertebrale (invertebrati). Sono quindi esclusi i pesci, i rettili, gli anfibi, gli uccelli e i mammiferi. Caratteristiche Il termine è stato usato nella classificazione zoologica con valore di sottoregno del regno Animali quando questo era appunto diviso in invertebrati (che comprendeva anche i protozoi) e vertebrati. Attualmente non ha più valore di classificazione né dal punto di vista filogenetico né da quello fenotipico. Oggi gli invertebrati pluricellulari sono classificati in oltre 56 phyla diversi, dagli organismi molto semplici come le spugne e i vermi piatti (Platelminti) fino agli animali più complessi, come gli artropodi e i molluschi. Gli invertebrati includono il 97% delle specie viventi sulla Terra. La classificazione di Lamarck prevedeva due gruppi distinti: Insetti Vermi Evoluzione Gli invertebrati furono i primi animali a evolversi, anche se si ignora come ciò sia esattamente avvenuto. I biologi ritengono che i loro antenati fossero microrganismi unicellulari in grado di nutrirsi, e molti studiosi sostengono che a un certo punto alcuni di questi microrganismi abbiano iniziato un momento che segnò l'inizio della vita pluricellulare. Gli animali primitivi avevano corpi e ci hanno lasciato esigue tracce visibili, sicché i primi segni di vita animale sono di natura indiretta, quali piste o tane fossilizzate, che risalgono a circa 585 milioni di anni fa (Treccani). I primi fossili di invertebrati risalgono al tardo Precambriano. All'inizio dell'era cambriana si verificò un'accelerazione del mutamento evolutivo, nota come "esplosione cambriana". Animali a corpo molle (come le meduse) si aggiunsero ad altri provvisti di gusci e guaine corporee grigie. Le parti dure del corpo si fossilizzano bene, sicché da quel momento in avanti è molto più facile ricostruire l'evoluzione della vita degli invertebrati. Pur tanto lontana nel tempo, l'esplosione cambriana portò alla comparsa di tutti i phyla di invertebrati tutt'oggi esistenti. Gli studi sulle specie viventi mostrano che essi possono essere suddivisi in due gruppi: la linea molluschi-anellidi-artropodi e la linea echinodermi-cordati. Da quest'ultima derivano gli animali dotati di colonna vertebrale. Gli invertebrati, oltre che sprovvisti di colonna vertebrale, sono anche privi di scheletro osseo ma alcuni possiedono un esoscheletro inoltre sono privi di una bocca vera e propria. Da adulti alcuni sembrano piante e trascorrono la vita sempre nel medesimo luogo; altri invece sono immediatamente identificabili come animali perché costantemente in movimento. Gli invertebrati sono il gruppo più diffuso in natura: costituiscono il 97% delle specie esistenti e vivono in qualunque ambiente. Inoltre sono eterotermi, cioè la loro temperatura corporea viene influenzata da quella esterna. Classificazione Gli invertebrati costituiscono circa il 97% di tutte le specie viventi sulla terra, ne sono presenti infatti moltissime categorie. Gli animali invertebrati possono però essere divisi in 6 gruppi principali: Spugne o poriferi, esse si distinguono in 3 tipi a seconda degli elementi scheletrici rigidi detti spicole, possono essere ialosponge e demosponge (con spicole in diossido di silicio idrato) o calciosponge (spicole in carbonio di calcio). I poriferi presentano un piano strutturale asimmetrico, caratterizzato da canali acquiferi e da pori da cui entrano l’acqua e i nutrimenti che vengono trattenuti dai coanociti attraverso il processo di filtrazione. La riproduzione è sessuata per produzione di cellule uovo e spermatozoi che vengono trasportati dall’acqua e asessuata per gemmazione e rigenerazione; Celenterati o cnidari, comprendono meduse, anemoni, coralli e idrozoi. La loro particolarità è la presenza della bocca in continuità con la cavità gastrovascolare (il celenteron). Le meduse hanno un ciclo biologico diviso in 2 stadi, nella fase sessile sono dette polipo e sono ancorate al substrato, mentre nella fase mobile sono definite meduse. La presenza di queste due fasi è dovuta al fatto che il polipo produce la medusa per gemmazione attraverso una riproduzione asessuata, la medusa a sua volta si riproduce sessualmente liberando i gameti e permettendo che l’uovo venga fecondato portando all’origine di una larva ciliata (planula), essa si stabilisce sul fondo divenendo un polipo; Anellidi, sono vermi segmentati bilateri, fanno parte della categoria dei protostomi (animali in cui, durante la fase di gastrulazione, la cavità del blastoporo forma la bocca). Presentano una segmentazione metamerica caratterizzata da gangli che controllano i vari segmenti. Vivono in luoghi umidi per limitare le perdite di acqua e possono possedere più occhi e più tentacoli; Molluschi, il corpo è divisibile in massa viscerale contenente gli organi, mantello e piede ovvero la struttura muscolare che ne permette il movimento. Tra essi vi sono i chitoni che possiedono 8 valve calcaree circondate da una cintura, essi sono ancorati alla roccia, i gasteropodi che comprendono le lumache e altri animali di origine marina, i bivalvi i quali hanno 2 valve ed i cefalopodi; Echinodermi, ovvero le stelle marine ed i ricci di mare, entrambi con una simmetria bilaterale in fase larvale e con una simmetria pentaradiale in fase adulta. Hanno delle piastre interne calcificate che si uniscono a formare il sistema vascolare acquifero composto da canali terminanti con pedicelli; Artropodi, posseggono appendici e un esoscheletro rigido che fornisce sostegno, di suddividono in quattro gruppi. I chelicerati possiedono le appendici appuntite per afferrare la preda, comprendono 3 cladi (picnogonidi, xisofuri, aracnidi), i miriapodi sono centopiedi e millepiedi dotati di antenne (appendici sensoriali) e mandibole, i crostacei (suddivisi in capo, torace e addome) con antenne e mandibole e gli esapodi (insetti) con 6 zampe, 2 antenne e un meccanismo per gli scambi gassosi con sacchi aerei e canali tubulari (trachee), questi ultimi possono subire una metamorfosi e possono essere pterigoti nel caso posseggono le ali e apterigoti nel caso non abbiano ali e siano saltatori o pesciolini d’argento. Esistono altri gruppi secondari come i nematodi, i tardigradi, i rotiferi, i platelminti, i placozoi ed altri. Altri progetti Collegamenti esterni Tassonomia
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Iodio
Lo iodio (o, in forma arcaica, jodio) è l'elemento chimico di numero atomico 53 e il suo simbolo è I. Il nome deriva dal greco antico , ioeidēs, che significa viola o lilla, a causa del colore dei vapori dell'elemento. Fa parte del gruppo degli alogeni. Chimicamente lo iodio è il meno reattivo e il meno elettronegativo degli alogeni dopo l'astato. La forma elementare venne scoperta dal chimico francese Bernard Courtois nel 1811. Il nome è stato scelto due anni dopo da Joseph-Louis Gay-Lussac. Lo iodio si trova in molti stati di ossidazione, tra cui lo ioduro (I−), lo iodato (), e i vari anioni periodato. È il meno abbondante degli alogeni stabili, posizionandosi come sessantunesimo elemento più abbondante in natura, tuttavia è l'elemento essenziale più pesante. È un elemento che, in tracce, è coinvolto nel metabolismo di molti esseri viventi, compreso l'uomo. Lo iodio si trova negli ormoni tiroidei. La carenza di iodio colpisce circa due miliardi di persone ed è la principale causa evitabile di disabilità intellettiva. I maggiori produttori odierni di iodio sono il Cile e il Giappone. Lo iodio e suoi composti sono usati principalmente nella nutrizione. Grazie al suo elevato numero atomico e alla facilità di fissaggio a composti organici, trova largo utilizzo in radiologia come mezzo di contrasto non tossico. Data la specificità del suo assorbimento da parte del corpo umano, gli isotopi radioattivi dello iodio possono anche essere utilizzati per trattare i tumori tiroidei. Lo iodio viene usato anche come catalizzatore nella produzione industriale di acido acetico e di alcuni polimeri. Lo iodio è un antisettico e può anche essere utilizzato in piccoli dosaggi per purificare l'acqua, anche se la pratica è consigliata solo in caso di emergenza, tenendo conto, inoltre, del cattivo sapore che l'acqua assume a seguito del suo impiego. Caratteristiche Lo iodio è un solido scuro, violetto-bluastro, con lucentezza quasi metallica che anche a temperatura ambiente sublima in un vapore violetto dall'odore irritante. Questo alogeno forma composti con numerosi elementi, ma è meno reattivo degli altri alogeni e mostra qualche proprietà semi-metallica. Lo iodio si scioglie facilmente nel cloroformio, nel tetracloruro di carbonio, nel solfuro di carbonio e in generale nei solventi organici non protici formando soluzioni intensamente colorate in violetto. È poco solubile in acqua; con i gel acquosi di amido, la cosiddetta salda d'amido, produce una colorazione blu intensa usata come indicatore nelle titolazioni di ossido-riduzione. Applicazioni Lo iodio, seppur in minime quantità, riveste un ruolo biologico essenziale negli esseri viventi. Gli ormoni prodotti dalla ghiandola tiroide, la tiroxina e la triiodotironina, contengono iodio. Nelle persone il cui apporto di iodio attraverso la dieta è scarso, spesso remote regioni interne dove il consumo di pesce o altri cibi di origine marina è raro, la scarsità di iodio produce l'insorgenza del gozzo. In molte di queste zone viene fatta prevenzione attraverso la diffusione di sale addizionato di piccole quantità di sali di iodio (il sale iodato e/o sale iodurato). La carenza di iodio è anche tra le cause del ritardo mentale. Tra gli altri usi: La tintura di iodio è una soluzione idroalcolica al 3% di triioduro usata come disinfettante per uso esterno e per la disinfezione di acque di superficie (3 gocce per litro, lasciando agire per 30 minuti); Reattivo di Lugol (o soluzione di Lugol): soluzione di composizione simile alla tintura di iodio; Lo iodopovidone è un composto di iodio, uno dei migliori disinfettanti oggi disponibili. Sono disponibili in commercio composti a base di iodio per disinfettare l'acqua, anche se ha alcune controindicazioni. Un preparato a base di iodopovidone è previsto dalla legge nella cassetta di pronto soccorso nelle aziende e sui luoghi di lavoro. I composti dello iodio sono molto utili nella sintesi di composti organici; Lo ioduro di potassio è impiegato in fotografia Lo ioduro di potassio è anche usato come profilassi preventiva per le persone esposte alle conseguenze dei disastri nucleari: l'assunzione di ioduro di potassio diminuisce la probabilità che il corpo umano assorba lo iodio radioattivo prodotto dal disastro; durante il 1986, a seguito del disastro di Chernobyl, venne distribuito alla popolazione sotto forma di pasticche, al fine di evitare l’assorbimento di iodio radioattivo da parte della tiroide, che potrebbe portare alla formazione di tumori; Lo ioduro di tungsteno è usato per stabilizzare i filamenti delle lampadine; Lo iodio-123 e lo iodio-125, radioattivi gamma emittenti, sono usati come traccianti in medicina. Lo iodio-131 è usato come radioterapico Lo iodio è usato come mezzo di contrasto in radiografia e tomografia computerizzata. Lo iodio gioca un ruolo fondamentale nel determinare la quantità di ossigeno disciolto nelle acque (metodo di Winkler). Storia Lo iodio (dal greco ioeidēs, violetto) fu scoperto da Bernard Courtois nel 1811. Egli era il figlio di un fabbricante di salnitro (nitrato di potassio), un componente essenziale della polvere da sparo. In quel tempo la Francia era in guerra e c'era una grande domanda di polvere da sparo: il nitrato di potassio veniva isolato bruciando le alghe marine spiaggiate sulle coste della Normandia e della Bretagna e lavando la cenere ottenuta con acqua e il residuo veniva poi distrutto aggiungendo acido solforico. Un giorno Courtois aggiunse troppo acido solforico e ne scaturì una densa nuvola di vapore violetto: Courtois notò che il vapore cristallizzava sulle superfici fredde formando cristalli scuri. Ebbe da questo il sospetto che si trattasse di un nuovo elemento, ma non disponeva dei mezzi economici necessari per indagare più a fondo sulle sue osservazioni. Diede quindi dei campioni a due suoi amici, Charles Bernard Desormes (1777-1862) e Nicolas Clément (1779-1841) affinché continuassero le ricerche. Diede anche un po' della sostanza a Joseph Louis Gay-Lussac (1778–1850), un famoso chimico del tempo, e ad André-Marie Ampère (1775-1836). Il 29 novembre 1813 Desormes e Clément resero pubblica la scoperta di Courtois. Essi descrissero la sostanza a un congresso dell'Istituto Imperiale di Francia. Il 6 dicembre Gay-Lussac annunciò che la nuova sostanza era o un elemento o un composto dell'ossigeno. Ampère aveva dato alcuni dei suoi campioni a Humphry Davy (1778-1829), che condusse su questi alcuni esperimenti e ne notò la somiglianza con il cloro. Davy spedì una lettera datata 10 dicembre alla Royal Society a Londra, in cui annunciava di avere identificato un nuovo elemento. Ne scaturì una grossa polemica fra Davy e Gay-Lussac su chi dei due avesse per primo identificato lo iodio, ma alla fine entrambi gli scienziati riconobbero che era stato Bernard Courtois ad avere isolato per primo l'elemento. Disponibilità Lo iodio può essere preparato in forma ultrapura facendo reagire ioduro di potassio con solfato rameico. Esistono anche molti altri metodi per isolare questo elemento. I composti di iodio più comuni sono gli ioduri di sodio e di potassio (KI), e gli iodati (KIO3). NOTA: i dati per gli Stati Uniti non sono stati pubblicati. Isotopi Esistono 30 isotopi di iodio di cui però soltanto lo 127I, è stabile e presente in natura con un'abbondanza del 100%. Gli altri, con l'eccezione del 129I e del 131I, sono tutti piuttosto difficili da sintetizzare. Iodio-131 Il radioisotopo artificiale 131I è un prodotto della fissione di uranio e plutonio. Decade in 131Xe con decadimento beta meno, in cui un neutrone decade in protone, elettrone e antineutrino. L'emivita è di soli 8 giorni, quindi la sua attività è molto elevata, con forte emissione di raggi beta. Viene usato in terapia radiometabolica per la cura del cancro e di altre patologie della tiroide (ipertiroidismo) e inoltre, in dosi più piccole, per test diagnostici come la scintigrafia tiroidea o test di captazione. Iodio-129 Lo 129I (emivita di 15,7 milioni di anni) è sia un prodotto della spallazione nucleare dei raggi cosmici sullo 129Xe nell'atmosfera terrestre, sia il risultato della fissione di uranio e plutonio. Lo 129I è stato usato negli studi sull'acqua piovana successivi all'incidente nucleare di Černobyl', come tracciante per acque sotterranee e come indicatore di dispersione di rifiuti nell'ambiente naturale. Altre applicazioni possono essere inficiate dalla costante produzione di 129I nella litosfera attraverso una serie di meccanismi di decadimento. In molti aspetti 129I è simile al 36Cl: è un alogeno solubile, relativamente poco reattivo, esiste principalmente come anione non adsorbente ed è prodotto da reazioni nucleari cosmiche, termonucleari e in situ. Negli studi idrologici le concentrazioni di 129I sono spesso espresse in rapporto allo iodio totale che praticamente è tutto 127I. Come avviene per 36Cl/Cl, il rapporto 129I/I in natura è particolarmente piccolo, tra 10−14 e 10−10 con un picco a 10−7 osservato tra gli anni sessanta e settanta dovuto ai test delle armi nucleari delle varie nazioni. 129I differisce da 36Cl per una maggiore emivita (15,7 contro 0,3 milioni di anni), tende facilmente ad accumularsi nei tessuti viventi e compare sotto forma di diversi ioni, principalmente lo ioduro e lo iodato, che hanno diverso comportamento chimico. Un tenore eccessivamente insolito di 129Xe nelle meteoriti è stato dimostrato essere dovuto al decadimento di 129I, primo radionuclide estinto la cui presenza nel sistema solare primordiale è stata così accertata. Il suo decadimento è alla base del sistema di datazione I-Xe, che copre i circa 50 primi milioni di anni di vita del sistema solare. Iodio-123 Lo 123I è un isotopo radioattivo utilizzato in medicina nucleare per la marcatura di alcuni radiofarmaci. Risulta particolarmente vantaggioso in particolare per la sua emivita piuttosto bassa (13,2 ore) e per la sua energia di decadimento (decadimento γ a ), che lo rendono piuttosto buono dal punto di vista della radioprotezione del paziente. Inoltre il picco energetico non troppo alto, molto simile a quello del tecnezio-99 metastabile o 99mTc che è l'elemento principe della Medicina Nucleare, rende possibili delle immagini con un buon rapporto segnale/rumore. Lo svantaggio principale di questo isotopo è l'alto costo dovuto sia alla sua produzione sia alla necessità di trasportarlo velocemente (causa bassa emivita) dal sito di produzione al reparto di utilizzo (spesso deve fare viaggi aerei per raggiungere l'ospedale che l'ha richiesto). La produzione dello iodio-123 avviene in reattori nucleari facendo ricorso alle seguenti reazioni: 121Sb(α,2n) 123I, 123Te(p,n) 123I, 122Te(d,n) 123I e 124Te(p,2n) 123I. Può essere utilizzato sotto forma di sodio ioduro nella captazione tiroidea e nell'imaging tiroideo. In altri casi viene legato a radiofarmaci con l'ausilio di chelanti: si usa nella preparazione di MIBG, di Datscan e di IBZM. Precauzioni Il contatto diretto di questo elemento con la pelle può causare lesioni, quindi è necessario maneggiarlo con attenzione. I vapori di iodio sono molto irritanti per gli occhi e per le mucose; la massima concentrazione ammissibile di vapori di iodio in aria non dovrebbe superare (TLV-TWA: esposizione di 8 ore al giorno per un totale di 40 ore settimanali). Iodio extra-tiroideo Lo iodio è il più pesante elemento chimico ad avere un ruolo biologico accertato nell'uomo. Tuttavia la quantità totale di iodio (I) nel corpo umano è ancora controversa e, nel 2001, M.T. Hays ha pubblicato su Thyroid che " è sorprendente che il contenuto totale di iodio nel corpo umano rimanga incerto dopo molti anni di interesse per il metabolismo dello iodio. Solo il contenuto dello iodio nella gliandola tiroidea è stato misurato con precisione mediante scansione fluorescente e la stima di 5-15 mg nella tiroide umana normale è solo ora ben stabilita. Tuttavia metodi simili non sono disponibili per gli altri tessuti e per gli organi extratiroidei. Molti ricercatori hanno riportato diverse quantità di 10-50 mg del contenuto totale di iodio nel corpo umano normale " . Lo iodio pesa per il 65% del peso molecolare della tiroxina (T4) e per il 59% della triiodotironina (T3). Solamente il di iodio sono concentrati nella tiroide e nei relativi ormoni, mentre il 70% dello iodio presente nel corpo umano è distribuito in altri tessuti, inclusi occhi, ghiandole mammarie, mucosa gastrica, cervice uterina, ghiandole salivari e pareti delle arterie. Lo iodio entra direttamente nelle cellule di questi tessuti grazie a un simporto con il sodio (NIS).. Significato evolutivo dello iodio Lo iodio e la tiroxina sono fondamentali per la regolazione del metabolismo e della crescita in tutto il regno animale. Negli anfibi, per esempio, la somministrazione di un agente bloccante l'ormonogenesi tiroidea come il propiltiouracile (PTU) può impedire la trasformazione evolutiva del girino acquatico in rana terrestre adulta; al contrario, somministrando tiroxina o iodio in adeguata quantità si attiverà la metamorfosi. Nella metamorfosi degli anfibi la tiroxina e lo iodio esercitano l'apoptosi (morte cellulare programmata) delle cellule delle branchie, della coda e delle pinne dei girini, e questo rappresenta anche un ben studiato modello sperimentale per lo studio dell'apoptosi. Lo iodio ha favorito l'evoluzione delle specie animali terrestri e insieme con gli acidi grassi polinsaturi (omega-3 e omega-6) che sono entrambe reperibili nel pesce e nei cibi di origine marina, combinati insieme in specifici iodolipidi, hanno probabilmente giocato un ruolo cruciale nell'evoluzione del cervello umano. Iodio e tiroxina stimolano la metamorfosi che trasforma il girino da acquatico e vegetariano in rana terrestre adulta e carnivora e pertanto con migliori capacità neurologiche, visuo-spaziali, olfattive e cognitive necessarie per cacciare, come è tipico degli animali predatori. Lo stesso accade nella neotenia nel caso della salamandra che senza un adeguato apporto di iodio non si trasforma in adulto terrestre, ma può ugualmente riprodursi nella piccola forma larvale e acquatica di axolotl. In questo modo l'axolotl è in grado di sopravvivere allo stato larvale in un ambiente povero di sostanze nutritive Iodio, tiroxina e apoptosi negli anfibi Lo iodio e la tiroxina stimolano la spettacolare apoptosi delle cellule larvali delle branchie, della coda e delle pinne dei girini durante la metamorfosi degli anfibi e inoltre stimolano anche l'evoluzione del loro sistema nervoso trasformando il girino acquatico e vegetariano in rana terrestre e carnivora. Infatti la rana anfibia Xenopus laevis serve come un modello ideale per lo studio del meccanismo dell'apoptosi. La carenza di iodio La carenza di iodio colpisce circa due miliardi di persone ed è la principale causa evitabile di disabilità intellettiva. Nelle aree del mondo in cui lo iodio è carente nella dieta il volume della tiroide può aumentare notevolmente, una condizione chiamata gozzo endemico. Le donne in gravidanza gravemente carenti di iodio partoriscono bambini con deficit di ormone tiroideo (ipotiroidismo congenito) che si manifesta con ritardi della crescita e dello sviluppo fisici (nanismo) e del cervello detta cretinismo. Carenza di iodio e rischio di cancro La carenza di iodio può avere i seguenti effetti: Cancro della mammella. La ghiandola mammaria concentra fortemente e attivamente lo iodio nel latte materno a beneficio del lattante. La donna iodo-carente può sviluppare un gozzo e iperplasia tiroidea in gravidanza e allattamento, ed è più soggetta a patologia mammaria fibrocistica. Studi scientifici condotti su animali dimostrano che la carenza di iodio, sia connessa alla dieta sia farmacologica, può portare ad atipia mammaria e ad aumento del rischio di cancro mammario. Test di laboratorio hanno dimostrato che l'effetto dello iodio nel tumore al seno è in parte dipendente dalla funzione tiroidea e che lo iodio inibisce l'avanzamento del tumore attraverso la modulazione degli ormoni estrogenici. L'analisi genica di linee cellulari di tumore al seno ormono-sensibile ha mostrato che iodio e composti contenenti iodio alterano l'espressione genica e inibiscono la risposta estrogenica attraverso lup-regulation di proteine coinvolte nel metabolismo degli estrogeni. Non è ancora stata dimostrata da studi clinici la reale utilità della somministrazione di iodio o composti contenenti iodio come terapia aggiuntiva nel trattamento del tumore al seno. Cancro dello stomaco. Alcuni ricercatori hanno trovato una correlazione epidemiologica tra carenza di iodio, gozzo e cancro gastrico. Dopo implementazione della iodo-profilassi è stata riportata una riduzione della mortalità per cancro gastrico. Il meccanismo d'azione proposto per questa azione è dato dall'azione antiossidante dello iodio nella mucosa gastrica, che può detossificare composti tossici come i ROS e il perossido di idrogeno. Iodocomposti Iodolipidi. Gli iodolipidi sono lipidi iodati cioè lipidi (spesso acidi grassi polinsaturi) con iodio incorporato che derivano dall'azione di alcuni enzimi come le perossidasi che agiscono su ioduri e perossido di idrogeno. Queste condizioni sono presenti in diversi organi iodocaptanti del corpo animale come la tiroide, le ghiandole mammarie e salivari, la mucosa gastrica, l'ovaio, ecc. Alcuni iodolipidi che comprendono gli iodolattoni e le iodoaldeidi (α-iodoesadecanale) sono stati recentemente identificati e hanno dimostrato di possedere ancestrali funzioni strutturali, metaboliche e apoptotiche sia nelle vegetali (alghe), sia negli animali, e in particolare nelle cellule umane e neuronali.. Numero di iodio Il numero di iodio, in chimica, è la massa di iodio in grammi che viene consumata da 100 grammi di una sostanza chimica. I numeri di iodio sono spesso usati per determinare la quantità di insaturazione negli acidi grassi. Questa insaturazione è sotto forma di doppi legami, che reagiscono con i composti di iodio. In biologia, gli acidi grassi, omega-6 e gli omega-3: acido docosaesaenoico (DHA) omega-3 (C22: 6n-3) ed EPA, sintetizzarono con lo iodio degli iodo-lipidi, rendendoli così più resistenti alla perossidazione lipidica delle membrane cellulari, durante l'evoluzione della vita, e importanti nel meccanismo di apoptosi, carcinogenesi e malattie degenerative. Iodio nascente Con il termine iodio nascente (I•) si identifica il radicale iodio ottenuto mediante la rottura del doppio legame che unisce due atomi di iodio nella forma I2 I2 → 2 I• Nella tiroide, lo ione ioduro subisce la seguente reazione da parte dell'enzima ioduro perossidasi, permettendo così allo iodio di essere incorporato nella tirosina a formare MIT (monoiodotirosina) e DIT (diiodotirosina). 2 I− + H2O2 + 2 H+ → 2 I• + 2 H2O Lo iodio nascente (I•) non deve essere confuso con il triioduro (I). Note Bibliografia Voci correlate Iodio (uso medico) Altri progetti Collegamenti esterni Elementi chimici
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https://it.wikipedia.org/wiki/Iridio
Iridio
Liridio è l'elemento chimico di numero atomico 77 e il suo simbolo è Ir. È un metallo di transizione bianco-argenteo, molto duro, appartenente al gruppo del platino. Si trova in natura in lega con l'osmio e trova impiego nella produzione di leghe metalliche destinate a lavorare ad alta temperatura e in condizioni di elevata usura. L'iridio è ritenuto essere il metallo più resistente alla corrosione. Il nome iridio deriva dal latino iridium da iris = arcobaleno con l'aggiunta del suffisso -ium tipico degli elementi metallici. La inconsuetamente massiccia deposizione di iridio in alcuni strati geologici è ritenuta essere prova del presunto impatto meteoritico che, a cavallo tra il Cretaceo e il Terziario, avrebbe provocato l'estinzione di un gran numero di forme di organismi viventi anche di grande mole, tra cui i dinosauri. Viene usato in apparecchi esposti ad alte temperature, in contatti elettrici e come additivo indurente del platino. Caratteristiche L'iridio somiglia al platino, poiché è un metallo di colore bianco con una lievissima sfumatura gialla. Per via delle sue elevate caratteristiche di durezza e fragilità, è difficile da lavorare e da modellare. L'iridio è noto per essere il metallo più resistente di tutti alla corrosione chimica. È inattaccabile dagli acidi e nemmeno l'acqua regia lo scioglie. Può essere intaccato solo ad alta temperatura e solo da sali fusi come il cloruro di sodio o il cianuro di sodio. Nel caso dell'iridio è stato successivamente calcolato un valore effettivo di 192,217, mentre quello dell'osmio è risultato pari a 192,23. Con i nuovi pesi atomici e la correzione dei valori dei parametri di reticolo, si hanno i moderni valori di densità di  kg/m³ per l'osmio e  kg/m³ per l'iridio il che dimostra che l'osmio è il metallo più denso tra i due a temperatura ambiente. Queste correzioni forniscono valori al passo con la moderna concezione di densità. Sostanzialmente nei calcoli teorici deve essere presa in considerazione non la di ciascuno dei due elementi ma quella apparente. La densità apparente di un corpo viene calcolata in maniera formalmente analoga alla densità assoluta, ma prende in considerazione il volume totale occupato dal solido ovvero il suo ingombro esterno, compresi gli eventuali spazi vuoti. Infatti, nella meccanica del continuo la densità è definita come l'integrale della densità di fase nello spazio delle fasi. Applicazioni L'uso principale dell'iridio è come agente indurente in lega con il platino. Altri usi: Per crogioli e attrezzi destinati a lavorare ad alte temperature. Contatti elettrici (ad esempio: candele al Pt/Ir). Si usano leghe osmio/iridio per i pennini delle penne stilografiche e per i perni delle bussole. L'iridio si usa come catalizzatore per la carbonilazione del metanolo per produrre acido acetico. In lega con il platino fornisce un materiale a coefficiente termico nullo usato in meccanica, un esempio è il campione del metro standard conservato a Parigi Nei pennini in oro delle penne stilografiche la punta è in iridio per prolungare la durata del pennino In passato l'iridio, in lega con il platino, si usava per rivestire le volate delle canne dei pezzi di artiglieria pesante e (ridotto in polvere finissima detta nero iridio) per dipingere di nero le porcellane. Altra applicazione, divenuta molto importante negli ultimi anni, è nell'elettronica organica. Siccome l'iridio è capace di emettere radiazione per fosforescenza, si è pensato di utilizzarlo per la produzione di OLED che emettono luce bianca. La fosforescenza dell'iridio è molto importante poiché permette di aumentare notevolmente l'efficienza di emissione dei dispositivi. Si sintetizzano dei complessi dell'iridio da usare come droganti in una matrice (che solitamente emette nel blu). A seconda del tipo di legante, l'iridio può emettere a diverse lunghezze d'onda, tipicamente nel rosso e nel giallo. La combinazione dell'emissione di tutti i componenti del film organico dà luce bianca. Storia L'iridio fu scoperto nel 1803 a Londra da Smithson Tennant. Lo isolò insieme con l'osmio dal residuo scuro ottenuto dalla dissoluzione del platino grezzo in acqua regia (una miscela di acido nitrico e acido cloridrico). Come concepito dallo scopritore, l'iridio prende il nome dal greco ἶριδος (ìridos), che è il genitivo di ἶρις (ìris), la dea greca alata dell'arcobaleno, termine ripreso in latino come iris, con il significato di "[metallo] dell'iride, dell'arcobaleno", perché molti dei suoi sali sono intensamente e variamente colorati. Una lega platino-iridio 90:10 fu usata nel 1899 per costruire il metro standard e il chilogrammo standard, adottati come riferimento dal Sistema Internazionale e conservati presso il Bureau International des Poids et Mesures di Sèvres, in Francia. Ipotesi della estinzione dei dinosauri Il confine tra il periodo Cretaceo e il Cenozoico è identificato da un sottile strato (detto Limite K-T) di argilla ricca di iridio deposta, ampiamente su tutto il pianeta, negli strati geologici risalenti a 65 milioni di anni fa. A partire dagli strati successivi, deposti nel successivo Terziario, divengono assenti i reperti fossili di dinosauri, abbondanti nel Cretaceo precedente. È stata quindi posta l'ipotesi che la deposizione inconsuetamente massiccia in strato dell'iridio (altrimenti molto raro in superficie del pianeta, ma relativamente abbondante in meteoriti) fosse legata a un evento disastroso della caduta di un meteorite di grandi dimensioni che abbia improvvisamente e sensibilmente alterato l'ambiente in cui erano adattati i dinosauri (spesso di grandi dimensioni e ovipari), provocandone l'estinzione. Nel 1980 un gruppo di lavoro guidato dal fisico Luis Álvarez e dal figlio geologo Walter Álvarez, studiando le rocce della Gola del Bottaccione, nei pressi di Gubbio, propose un'origine extra-terrestre per questo iridio, attribuendolo a un asteroide (o alla parte solida di una cometa) che si sarebbe schiantato nei pressi dell'attuale penisola dello Yucatán (Cratere di Chicxulub) provocando l'enorme cratere ancor oggi riscontrabile; esplodendo nella collisione avrebbe provocato gli enormi mutamenti climatici in tutto il pianeta che avrebbero portato fra l'altro alla riscontrata estinzione di grandissima parte delle forme di vita allora esistenti (oltre il 70%). Ricerche successive hanno fornito conferme progressivamente sempre più complete di tale evento che risulterebbe inoltre più ampio di quello semplicemente riferibile alla formazione di un singolo cratere; sembrerebbe piuttosto come una collisione con un corpo principale e frammenti secondari, o la dispersione di più impatti in breve termine di tempo, riguardanti comunque una ampia fascia del pianeta. In tale estinzione solo le forme più resistenti e adattabili sarebbero sopravvissute; tra quelle estinte, con biologia meno adattabile o con sistemi riproduttivi meno sicuri, sono inclusi i dinosauri, che infatti scomparvero a partire da quel periodo. I dati e le ipotesi sono raccolte sotto la voce del "Cratere di Chicxulub". Dewey M. McLean e altri hanno obiettato che l'iridio potrebbe essere di origine vulcanica: il nucleo della Terra è relativamente ricco di iridio e alcuni vulcani, come il Piton de la Fournaise di Réunion, rilasciano tracce di iridio nell'ambiente circostante ancora oggi. Disponibilità È uno degli elementi più rari sulla crosta terrestre. L'iridio si trova allo stato nativo legato al platino e ad altri metalli del gruppo del platino nei depositi alluvionali. Tra le leghe naturali dell'iridio vi sono l'osmiridio e l'iridosmio, entrambe in lega con l'osmio. Negli asteroidi e nei meteoriti è presente con un'abbondanza molto maggiore di quella media sulla crosta terrestre. Viene ottenuto industrialmente come sottoprodotto della lavorazione dei minerali del nichel. Isotopi In natura l'iridio è una miscela di due isotopi stabili: 191Ir e 193Ir. Dei molti radioisotopi il più stabile è quello avente A intermedio ai due isotopi stabili, cioè 192Ir; questo decade β– in 192Pt per il 95,24% e per cattura elettronica (ε) in 192Os per il 4,76%, con un'emivita di 73,83 giorni. 190Ir decade per cattura elettronica a 190Os, stabile; 194Ir decade β– in 194Pt, stabile. Precauzioni L'iridio metallico non è generalmente tossico per via della sua non reattività chimica, ma tutti i composti dell'iridio devono essere considerati molto tossici. Note Bibliografia Altri progetti Collegamenti esterni Elementi chimici Metalli
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https://it.wikipedia.org/wiki/Isabelle%20Huppert
Isabelle Huppert
Fra le attrici più premiate della storia del cinema, è apparsa in più di 100 film e produzioni televisive dal debutto avvenuto nel 1971. Attrice più nominata al Premio César, con 16 nomination e due vittorie, ha vinto due Prix d'interprétation féminine al Festival di Cannes per Violette Nozière (1978) e La pianista (2001), due Coppa Volpi alla Mostra del cinema di Venezia per Un affare di donne (1988) e Il buio nella mente (1995) e un Orso d'argento al Festival di Berlino per 8 donne e un mistero (2002). Tra i suoi riconoscimenti giovanili spicca la vittoria del Premio BAFTA alla migliore attrice debuttante per La merlettaia (1977), mentre nel 2005 le è stato conferito il Leone d'oro alla carriera. Nel 2016 ha ottenuto il plauso per le sue interpretazioni in Elle e Le cose che verranno; per Elle, la Huppert si aggiudica il Golden Globe nella sezione miglior attrice in un film drammatico e riceve la sua prima candidatura al Premio Oscar come miglior attrice. Nel 2017 viene insignita deI Premio Europa per il teatro. Biografia Nata a Parigi, figlia di Raymond Huppert (1914-2003), industriale che possedeva un'azienda di casseforti, nonché Cavaliere della Legion d'Onore, e di Annick Beau (1914-1990), professoressa d'inglese ed insegnante di piano, trascorre l'infanzia a Ville-d'Avray; è incoraggiata in tenera età dalla madre a recitare. Frequenta il conservatorio di Versailles. Dopo una carriera di successo in teatro, inizia a lavorare per il cinema nel 1972 con I primi turbamenti (era tuttavia già apparsa in televisione l'anno prima). Debutta nel cinema americano con un ruolo nel kolossal di Michael Cimino I cancelli del cielo (1980), che tuttavia non riscuote successo al botteghino; negli anni ottanta viene diretta, tra gli altri, da Bertrand Tavernier, Jean-Luc Godard, Joseph Losey e Marco Ferreri. Ha recitato in lingua inglese ne I cancelli del cielo (1980), I Heart Huckabees - Le strane coincidenze della vita (2004), La scomparsa di Eleanor Rigby (2013), Dead Man Down (2013), e Segreti di famiglia (2015). Ha vinto due volte il premio per la migliore attrice al Festival di Cannes, nel 1978 per Violette Nozière di Claude Chabrol e nel 2001 per La pianista di Michael Haneke, e due volte la Coppa Volpi al Festival di Venezia, nel 1988 per Un affare di donne e nel 1995 per Il buio nella mente, entrambi diretti da Chabrol. Sempre a Venezia nel 2005 le viene attribuito un Leone d'oro speciale in occasione della presentazione del film Gabrielle. È stata inoltre candidata 16 volte al Premio César, due volte come non protagonista, 14 come protagonista, vincendolo due volte: nel 1996 per Il buio nella mente e nel 2017 per Elle. Filmografia Cinema I primi turbamenti (Faustine et le bel été), regia di Nina Companéez (1972) È simpatico, ma gli romperei il muso (César et Rosalie), regia di Claude Sautet (1972) Le Bar de la Fourche, regia di Alain Levent (1972) Primavera carnale (Sérieux comme le plaisir), regia di Robert Benayoun (1974) Prossima apertura casa di piacere (Le grand délire), regia di Dennis Berry (1974) Spostamenti progressivi del piacere (Glissements progressifs du plaisir), regia di Alain Robbe-Grillet (1974) I santissimi (Les valseuses), regia di Bertrand Blier (1974) Dupont Lajoie, regia di Yves Boisset (1975) Il giudice e l'assassino (Le juge et l'assassin), regia di Bertrand Tavernier (1975) Aloïse, regia di Liliane de Kermadec (1975) Il caso del Dr. Gailland (Docteur Françoise Gailland), regia di Jean-Louis Bertuccelli (1975) Operazione Rosebud (Rosebud), regia di Otto Preminger (1975) La merlettaia (La dentellière), regia di Claude Goretta (1976) I miei vicini sono simpatici (Des enfants gâtés), regia di Bertrand Tavernier (1977) Les indiens sont encore loin, regia di Patricia Moraz (1977) Violette Nozière, regia di Claude Chabrol (1978) Le Retour à la bien-aimée, regia di Jean-François Adam (1979) Les Sœurs Brontë, regia di André Téchiné (1979) Si salvi chi può (la vita) (Sauve qui peut (la vie)), regia di Jean-Luc Godard (1980) La storia vera della signora dalle camelie, regia di Mauro Bolognini (1980) Loulou (Loulou), regia di Maurice Pialat (1980) Storia di donne (Les ailes de la colombe), regia di Benoît Jacquot (1980) Due donne un erede (Orokseg), regia di Márta Mészáros (1980) I cancelli del cielo (Heaven's Gate), regia di Michael Cimino (1980) Acque profonde (Eaux profondes), regia di Michel Deville (1981) Colpo di spugna (Coup de torchon), regia di Bertrand Tavernier (1981) La Truite, regia di Joseph Losey (1982) Prestami il rossetto (Coup de foudre), regia di Diane Kurys (1982) Passion, regia di Jean-Luc Godard (1982) La Femme de mon pote, regia di Bertrand Blier (1983) Storia di Piera, regia di Marco Ferreri (1983) La Garce, regia di Christine Pascal (1984) Sac de nœuds, regia di Josiane Balasko (1984) Signé Charlotte, regia di Caroline Huppert (1985) Cactus, regia di Paul Cox (1986) Milan noir, regia di Ronald Chammah (1987) Dostoevskij - I demoni (Les possédés), regia di Andrzej Wajda (1987) La finestra della camera da letto (The Bedroom Window), regia di Curtis Hanson (1987) Un affare di donne (Une affaire de femmes), regia di Claude Chabrol (1988) Seobe, regia di Aleksandar Petrović (1989) La vendetta di una donna (La vengeance d'une femme), regia di Jacques Doillon (1990) Malina, regia di Werner Schroeter (1991) Madame Bovary (Madame Bovary), regia di Claude Chabrol (1991) Contre l'oubli, regia di Francis Girod (1991) Le strategie del cuore (Après l'amour), regia di Diane Kurys (1993) Amateur, regia di Hal Hartley (1994) L'inondation, regia di Igor Minaiev (1994) La séparation, regia di Christian Vincent (1994) Il buio nella mente (La cérémonie), regia di Claude Chabrol (1995) Premio César per la migliore attrice Lumière and Company, regia di Abbas Kiarostami (1995) – voce Poussières d'amour, regia di Werner Schroeter (1996) Les Palmes de M. Schutz, regia di Claude Pinoteau (1996) Le affinità elettive, regia di Paolo e Vittorio Taviani (1996) Rien ne va plus (Rien ne va plus), regia di Claude Chabrol (1997) L'École de la chair, regia di Benoît Jacquot (1998) Niente scandalo (Pas de scandale), regia di Benoît Jacquot (1999) La vie moderne, regia di Laurence Ferreira Barbosa (1999) Pas de scandale, regia di Benoît Jacquot (1999) Saint-Cyr, regia di Patricia Mazuy (2000) Les Destinées sentimentales, regia di Olivier Assayas (2000) Grazie per la cioccolata (Merci pour le chocolat), regia di Claude Chabrol (2000) Il figlio di due madri (Comédie de l'innocence), regia di Raúl Ruiz (2000) La pianista (La pianiste), regia di Michael Haneke (2001) 8 donne e un mistero (Huit femmes), regia di François Ozon (2002) La vie promise, regia di Olivier Dahan (2002) Deux, regia di Werner Schroeter (2002) Il tempo dei lupi (Le temps du loup), regia di Michael Haneke (2002) Ma mère, regia di Christophe Honoré (2003) Les sœurs fâchées, regia di Alexandra Leclère (2004) I ♥ Huckabees - Le strane coincidenze della vita, regia di David O. Russell (2004) Gabrielle, regia di Patrice Chéreau (2005) La commedia del potere (L'ivresse du pouvoir), regia di Claude Chabrol (2006) Proprietà privata (Nue propriété), regia di Joachim Lafosse (2006) L'amore nascosto (L'amour caché), regia di Alessandro Capone (2007) Médée miracle, regia di Tonino De Bernardi (2007) Home, regia di Ursula Meier (2008) Villa Amalia, regia di Benoît Jacquot (2008) Una diga sul Pacifico (Un barrage contre le Pacifique), regia di Rithy Panh (2008) White Material, regia di Claire Denis (2008) Copacabana, regia di Marc Fitoussi (2009) Des Parents Formidables (2010) Die Blutgrafin (2010) Sans queue ni tête, regia di Jeanne Labrune (2010) My Little Princess, regia di Eva Ionesco (2011) Il mio migliore incubo! (Mon pire cauchemar), regia di Anne Fontaine (2011) Amour, regia di Michael Haneke (2012) Bella addormentata, regia di Marco Bellocchio (2012) Captive, regia di Brillante Mendoza (2012) In Another Country (Dareun Naraeseo), regia di Hong Sang-soo (2012) Dead Man Down - Il sapore della vendetta (Dead Man Down), regia di Niels Arden Oplev (2013) La religiosa (La religieuse), regia di Guillaume Nicloux (2013) Il paradiso degli orchi (Au bonheur des ogres), regia di Nicolas Bary (2013) La scomparsa di Eleanor Rigby (The Disappearance of Eleanor Rigby), regia di Ned Benson (2013) Tip Top, regia di Serge Bozon (2014) Abus de faiblesse, regia di Catherine Breillat (2014) La Ritournelle, regia di Marc Fitoussi (2014) Valley of Love, regia di Guillaume Nicloux (2015) Segreti di famiglia (Louder Than Bombs), regia di Joachim Trier (2015) Il condominio dei cuori infranti (Asphalte), regia di Samuel Benchetrit (2015) Le cose che verranno (L'avenir), regia di Mia Hansen-Løve (2016) Elle, regia di Paul Verhoeven (2016) Happy End, regia di Michael Haneke (2017) Les fausses confidences, regia di Luc Bondy (2017) Madame Hyde, regia di Serge Bozon (2017) Marvin (Marvin ou la belle éducation), regia di Anne Fontaine (2017) Eva, regia di Benoît Jacquot (2018) Greta, regia di Neil Jordan (2018) Frankie, regia di Ira Sachs (2019) Bianca come la neve (Blanche comme neige), regia di Anne Fontaine (2019) La padrina - Parigi ha una nuova regina (La Daronne), regia di Jean-Paul Salomé (2020) La promessa - Il prezzo del potere (Les Promesses), regia di Thomas Kruithof (2021) Mrs Harris Goes to Paris, regia di Anthony Fabian (2022) EO, regia di Jerzy Skolimowski (2022) About Joan, regia di Laurent Larivière (2022) La Syndicaliste, regia di Jean-Paul Salomé (2022) L'ombra di Caravaggio, regia di Michele Placido (2022) Par cœurs, regia di Benoit Jacquot (2022) Mon Crime - La colpevole sono io (Mon Crime), regia di François Ozon (2023) Televisione I viaggi di Gulliver (Gulliver's Travels), regia di Charles Sturridge – miniserie TV (1996) – voce Law & Order - Unità vittime speciali (Law & Order: Special Victims Unit) - serie TV, episodio 11x24 (2010) Teatro Le preziose ridicole, di Molière. Comédie-Française di Parigi (1971) Un digiunatore, da Franz Kafka. National Theatre Daniel Sorano di Parigi, Shiraz Arts Festival di Shiraz (1972) L'avaro, di Molière. Tournée di venticinque città statunitensi (1973) Per chi suona la campana, da Ernest Hemingway. Comédie de Reims di Reims (1974) Un mese in campagna, di Ivan Sergeevič Turgenev. Théâtre Édouard VII di Parigi (1989) Misura per misura, di William Shakespeare. Teatro dell'Odéon di Parigi, tour francese (1991) Jeanne d'Arc au Bûcher, di Arthur Honegger e di Paul Claudel. Opéra Bastille di Parigi (1992) Orlando, da Virginia Woolf. Théatre Vidy di Lausanne (1993), Teatro dell'Odéon di Parigi (1995) Maria Stuart, di Friedrich Schiller. National Theatre di Londra (1996) Medea, di Euripide. Festival d'Avignon (2000), Teatro dell'Odéon di Parigi (2001) 4.48 Psychosis, di Sarah Kane. Théâtre des Bouffes di Parigi (2002), tour europeo e brasiliano (2003) Jeanne d'Arc au Bûcher, di Arthur Honegger e di Paul Claudel. Teatro Nacional de São Carlos di Lisbona (2003) Hedda Gabler, di Henrik Ibsen. Teatro dell'Odéon di Parigi, tour europeo (2005) 4.48 Psychosis, di Sarah Kane. UCLA di Los Angeles, BAM di New York, Piccolo Teatro di Milano (2005) Quartet, di Heiner Müller. Teatro dell'Odéon di Parigi, Piccolo Teatro di Milano, Berliner Festspiele di Berlino, Théâtre du Gymnase di Marsiglia, Comédie de Genève di Ginevra (2006-2007), BAM di New York (2009) Le Dieu du Carnage, di Yasmina Reza. Théâtre Antoine-Simone Berriau di Parigi (2008) Un tram che si chiama Desiderio, di Tennessee Williams. Teatro dell'Odéon di Parigi, Berliner Festspiele, Maison de la culture de Grenoble, Grand Théâtre de Luxembourg, Teatro Polacco di Varsavia, Adelaide Festival di Adelaide (2010-2019) Le serve, di Jean Genet. Sydney Theatre Company di Sydney (2013), New York City Center di New York (2014) Le false confidenze, di Marivaux. Teatro dell'Odéon di Parigi (2014), tour francese (2015) Phèdre(s), da Euripide, Racine e Seneca. Teatro dell'Odéon di Parigi, Comédie de Clermont-Ferrand, Barbican Center di Londra, BAM di New York, Théâtre de Liège di Liegi (2016) Correspondance 1944-1959 Letture dal carteggio tra Albert Camus e Maria Casares, con Jeremy Irons, al Teatro Argentina di Roma (17 dicembre 2017) Ashes to Ashes, di Harold Pinter, con Jeremy Irons, Creazione apposita per il Premio Europa per il Teatro, al Teatro Argentina di Roma (17 dicembre 2017) La madre, di Florian Zeller. Atlantic Theater Company di New York (2019) Mary Said What She Said, di Robert Wilson. Théâtre de la Ville di Parigi, Wiener Festwochen di Vienna, Cultural Centre of Belém di Lisbona, Teatre Lliure di Barcellona, Thalia Theater di Amburgo (2019, 2023) Lo zoo di vetro, di Tennessee Williams. Teatro dell'Odéon di Parigi, Barbican Centre di Londra (2020) Vita privata Huppert ha una relazione con lo scrittore, produttore e regista Ronald Chammah dal 1982. Hanno tre figli, tra cui l'attrice Lolita Chammah, con la quale ha recitato in cinque film. Huppert è proprietaria dei cinema di repertorio Christine Cinéma Club ed Ecoles Cinéma Club di Parigi, curati dal figlio Lorenzo. Riconoscimenti Isabelle Huppert detiene il record di candidature ai Premi César con ben 16 nomination: la prima nel 1976 per Aloïse, l'ultima nel 2017 per Elle. Premi Principali BAFTA 1978 – Miglior attrice debuttante per La merlettaia Golden Globe 2017 – Migliore attrice in un film drammatico per Elle Premi César 1996 – Migliore attrice protagonista per Il buio nella mente Premi César 2017 – Migliore attrice protagonista per Elle Premi Oscar 2017 – Candidatura all'Oscar alla miglior attrice per Elle European Film Awards 2001 – Migliore attrice per La pianista European Film Awards 2002 – Migliore attrice per 8 donne e un mistero European Film Awards 2009 – Contributo europeo al cinema mondiale Independent Spirit Awards 2017 – Miglior attrice protagonista per Elle David di Donatello 1978 – Migliore attrice straniera per La merlettaia David di Donatello 2003 – David speciale alla carriera Nastri d'argento 2009 – Nastro d'argento europeo per L'amore nascosto Premio Europa per il teatro 2017 Festival cinematografici Festival di Cannes 1978 – Migliore attrice per Violette Nozière Festival di Cannes 2001 – Migliore attrice per La pianista Festival di Venezia 1988 – Coppa Volpi per Un affare di donne Festival di Venezia 1995 – Coppa Volpi per Il buio nella mente Festival di Venezia 1995 – Premio Pasinetti per Il buio nella mente Festival di Venezia 2005 – Leone d'oro alla carriera Festival di Berlino 2002 – Orso d'argento per il miglior contributo artistico per 8 donne e un mistero Festival di Berlino 2022 – Orso d'oro alla carriera Festa del Cinema di Roma 2018 – Premio alla carriera Eredità Huppert detiene il record per essere l'attrice con il maggior numero di film iscritti al concorso ufficiale del Festival di Cannes. Nel 2022, ha avuto 22 film nella competizione principale e un totale di 29 film proiettati al festival. Le frequenti apparizioni di Huppert a Cannes l'hanno portata ad essere soprannominata "la regina di Cannes" dai giornalisti. David Thomson su Madame Bovary di Claude Chabrol: "[Huppert] deve essere classificata come una delle attrici più affermate al mondo oggi, anche se sembra priva della passione o dell'agonia della sua contemporanea, Isabelle Adjani ". Stuart Jeffries di The Observer su La pianista: "Questa è sicuramente una delle più grandi interpretazioni della già illustre carriera di attore di Huppert, anche se è molto difficile da guardare". Il regista, Michael Haneke: "[Huppert] ha una tale professionalità, il modo in cui è in grado di rappresentare la sofferenza. Da un lato c'è l'estremo della sua sofferenza e poi c'è il suo gelido intellettualismo. Nessun altro attore può combinare le due cose". Della sua interpretazione in Hidden Love del 2007 , Roger Ebert ha dichiarato: "Isabelle Huppert fa un bel film dopo l'altro ... è senza paura. I registi spesso dipendono dal suo dono per trasmettere depressione, compulsione, egoismo e disperazione. Può essere divertente e affascinante, ma lo possono fare anche molti attori. Lei è al completo controllo di un volto che guarda il vuoto con vacuità". Nel 2010, ST VanAirsdale l'ha descritta come "probabilmente la più grande attrice cinematografica del mondo". Il lavoro di Huppert in Elle e Le cose che verranno è in cima alla classifica di The Plavlist di "The 25 Best Performances Of 2016" affermando: "Lei corre la gamma emotiva da un film all'altro, carnale, selvaggia, distrutta, svogliata, invulnerabile ma esposta, una donna sull"orlo del collasso che rifiuta di soccombere alle sue instabilità. La carriera di Huppert abbraccia quattro decenni e cambia, oltre a un mucchio di premi e riconoscimenti, ma con Elle e Things To Come, potrebbe benissimo vivere il suo anno migliore." Premio Europa per il Teatro Nel dicembre del 2017 viene insignita del XVI Premio Europa per il teatro, a Roma, con la seguente motivazione:Nata come attrice teatrale, Isabelle Huppert alterna il cinema al teatro con straordinaria produttività e con risultati che ne fanno l’interprete forse più premiata di sempre. Il suo nome, strettamente legato al cinema d’autore francese ed europeo, garantisce la qualità delle produzioni alle quali partecipa: è un’artista che sceglie con cura le sceneggiature, i suoi ruoli e i registi con cui lavorare ed è sempre capace di dare un segno ai film che interpreta. Huppert, icona mondiale del cinema contemporaneo, non ha mai abbandonato il teatro, arte che continua a praticare con passione, grande interesse e mirabili prove attoriali. Le ragioni della sua passione teatrale, da lei stessa espresse aprendo lo scorso marzo la Giornata Mondiale del Teatro, possono coincidere pienamente con le motivazioni del XVI Premio Europa per il Teatro che, con gioia autentica, le assegniamo quest’anno: «Il teatro per me è l’altro, il dialogo, l’assenza di odio, l’amicizia tra i popoli. Non so bene che cosa significhi, ma credo nella comunità, nell’amicizia tra gli spettatori e gli attori, nell’unione di tutti quelli che il teatro riunisce, quelli che scrivono, che traducono, quelli che lo illuminano, lo vestono, lo decorano, quelli che lo interpretano, quelli che lo fanno, quelli che ci vanno. Il teatro ci protegge, ci dà rifugio. Sono convinta che ci ama tanto quanto noi l’amiamo. Mi ricordo di un vecchio direttore di scena all’antica, che prima di sollevare il sipario, dietro le quinte, diceva ogni sera con voce ferma: “Spazio al teatro!”». Doppiatrici italiane Nelle versioni in italiano dei suoi film, Isabelle Huppert è stata doppiata da: Angiola Baggi ne Il buio nella mente, Le affinità elettive, Grazie per la cioccolata, Il figlio di due madri, La pianista, Gabrielle, La commedia del potere, Proprietà privata, Home, Law & Order - Unità vittime speciali, Una diga sul Pacifico, Amour, In Another Country, Il paradiso degli orchi, Il condominio dei cuori infranti, Elle, Greta, La promessa - Il prezzo del potere, L'ombra di Caravaggio Franca D'Amato in 8 donne e un mistero, I Heart Huckabees - Le strane coincidenze della vita, La religiosa, Happy End Alessandra Korompay ne Il mio migliore incubo!, Eva, La padrina - Parigi ha una nuova regina, Mon Crime - La colpevole sono io Liliana Sorrentino in La storia vera della signora delle camelie, Un affare di donne, Madame Bovary Roberta Greganti in Ma mère, L'amore nascosto, Madame Hyde Melina Martello in Prestami il rossetto, La finestra della camera da letto Vittoria Febbi ne Il giudice e l'assassino Laura Morante in Storia di Piera Cristiana Lionello in La vie moderne Anne Marie Sanchez in Dead Man Down - Il sapore della vendetta Paola Del Bosco in La scomparsa di Eleanor Rigby Daniela Debolini in Segreti di famiglia Paola Della Pasqua in Le cose che verranno Veronique Cochais in La signora Harris va a Parigi Ludovica Marineo in EO Onorificenze Note Altri progetti Collegamenti esterni Attori teatrali francesi Leone d'oro alla carriera David di Donatello per la migliore attrice straniera Coppa Volpi per la migliore interpretazione femminile Premi César per la migliore attrice Premi Lumière per la migliore attrice Premi Lumière d'onore Prix d'interprétation féminine del Festival di Cannes Vincitori del premio Donostia Premi BSFC alla migliore attrice Independent Spirit Award per la miglior attrice protagonista Ufficiali della Legion d'onore
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https://it.wikipedia.org/wiki/Interlingua%20%28IALA%29
Interlingua (IALA)
Linterlingua è una lingua ausiliaria internazionale nata attorno al 1951 dopo più di 15 anni di studi linguistici per opera della International Auxiliary Language Association (IALA). L'interlingua (o neolatino) ha un lessico dall'aspetto particolarmente naturale, in quanto ottenuto dal confronto dei vocabolari di cinque diffuse lingue viventi: le quattro principali lingue romanze (italiano, spagnolo-portoghese, rumeno e francese) e l'inglese. A queste lingue si aggiunge l'apporto del tedesco e del russo, i cui lessici sono considerati nei casi in cui quelli delle cinque lingue principali siano discordanti fra loro. Si ritiene che l'interlingua si possa apprendere facilmente nel giro di quattro mesi. La sua particolarità è quella di essere l'esempio più riuscito di lingua artificiale a posteriori, ovvero strutturata su un lessico già internazionale e una grammatica comune ad altre lingue naturali, risultando comprensibile a tutti coloro che parlano una lingua romanza o, in larga misura, l'inglese. È una delle lingue ausiliarie artificiali più parlate al mondo, dopo l'esperanto. Etimologia La parola interlingua viene dal latino inter, prefisso che indica i valori di relazione o collegamento, e lingua. Fondamento Il dominio storico della lingua greca e di quella latina hanno portato a un grande lessico comune alle lingue occidentali, che, armonizzato in una struttura linguistica coerente, è diventato quello dell'interlingua. Le lingue su cui si basa, definite lingue di controllo, sono l'inglese, l'italiano, il francese, lo spagnolo e il portoghese, e il romeno. Russo e tedesco sono invece lingue di riferimento secondario. In linea di massima una parola, per entrare nel lessico dell'interlingua, deve essere presente (con almeno un significato in comune) in tre delle lingue di controllo, oppure in due lingue di controllo e in una di riferimento secondario. A differenza dell'esperanto, e della maggior parte delle altre lingue artificiali, l'interlingua pone una grande enfasi sulla somiglianza alle lingue su cui è basata. Questa tipologia di lingua ausiliaria internazionale è definita lingua a posteriori di tipo naturalistico. Storia Nel 1924 l'ereditiera statunitense Alice Vanderbilt Morris e suo marito Dave Hennen Morris fondano la International Auxiliary Language Association a New York, con lo scopo di studiare in maniera scientifica le lingue ausiliarie internazionali già esistenti. La IALA si focalizzò su tre attività principali: trovare altre associazioni con scopi simili nel mondo; creare una biblioteca sulle lingue e sull'interlinguistica; confrontare le lingue ausiliarie internazionali preesistenti (Esperanto, Esperanto II, Ido, Latino sine flexione, Novial, Occidental) con lo scopo di identificare e sponsorizzare la lingua ausiliare già disponibile più adatta alla comunicazione internazionale. Dopo dieci anni di ricerca, la IALA concluse che nessuno dei linguaggi esistenti era all'altezza del compito e così i membri dell'associazione decisero di creare una nuova lingua. I primi passi per creare l'interlingua sono stati compiuti nel 1936 a Liverpool, ma il processo fu sospeso a causa dello scoppio della seconda guerra mondiale. Nel 1951 furono rilasciati la prima grammatica interlingua e un dizionario interlingua-inglese di 27.000 parole. Oggi, dopo la dissoluzione della IALA nel 1956, il ruolo della promozione dell'interlingua è stato assunto dall'Union mundial pro interlingua. Fonologia Le tabelle seguenti illustrano rispettivamente le consonanti e le vocali presenti in interlingua. Descrizione L'interlingua si può definire un euroclone: ha infatti una grammatica estremamente semplificata, ma nonostante ciò è perfettamente comprensibile a tutti i locutori di lingue romanze. L'interlingua non segue strettamente la Regola di de Wahl: non sono visibili radici ben distinte nella parola, né perciò da essa sono ricavabili altre funzioni morfologiche. Di conseguenza, nome, verbo e aggettivo, pur se correlati lessicalmente, non sono reciprocamente ottenibili per mezzo di affissi, come avviene in esperanto. Ad esempio: homine (uomo) > human (umano) Si può osservare come le parole risultino istintivamente conosciute, sebbene non siano derivate da un'unica radice che le renderebbe logicamente derivabili. Questo sembrerebbe essere uno dei principi base dell'interlingua, ovvero l'abbandono di quasi ogni pretesa logica a favore di una maggiore comprensibilità anche da parte di europei non-parlanti della lingua. Estratto Articolo 1 della Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo: Tote le esseres human nasce libere e equal in dignitate e derectos. Illes es dotate de ration e de conscientia e debe ager le unes verso le alteres in spirito de fraternitate. Il Padre Nostro: Patre nostre, Qui es in celo, que sia sanctificate Tu Nomine; que veni Tu Regno; que sia facite Tu Voluntate in celo como etiam in terra. Da nos hodie nostre pan quotidian, e pardona a nos nostre debitas como noi los pardona a nostre debitores, e non expone nos al temptation, sed libera nos del mal, proque Tue es le regno, le potentia e le gloria in le seculos del seculos. Amen. Da un testo di Alexander Gode: Interlingua se ha distaccate ab le movimento pro le disveloppamento e le introduction de un lingua universal pro tote le humanitate. Si o non on crede que un lingua pro tote le humanitate es possibile, si o non on crede que interlingua va devenir un tal lingua es totalmente indifferente ab le puncto de vista de interlingua mesme. Le sol facto que importa (ab le puncto de vista de interlingua mesme) es que interlingua, gratias a su ambition de reflecter le homogeneitate cultural e ergo linguistic del occidente, es capace de render servicios tangibile a iste precise momento del historia del mundo. Il es per su contributiones actual e non per le promissas de su adherentes que interlingua vole esser judicate. L'interlingua oggi L'interlingua è promossa internazionalmente dall'Union mundial pro interlingua. Periodici e libri sono stampati da diverse organizzazioni nazionali, come la Societate american pro interlingua, la British Interlingua Society, la Svenska Sällskapet för Interlingua, e la Brazilian Union for Interlingua. Non è certo quante persone conoscano attivamente l'interlingua. Come detto, l'interlingua è la lingua ausiliaria più comprensibile al mondo, data la sua prossimità con tutte le lingue romanze, ma il numero dei parlanti è inferiore a quello dell'esperanto. Il vantaggio più grande dell'interlingua è l'essere la lingua ausiliare più ampiamente comprensibile, grazie all'uso di un vocabolario e di una grammatica naturale (in opposizione a una schematica), permettendo a chiunque sia familiare con una lingua romanza, o a un buon conoscitore della lingua inglese, di leggere e capire l'interlingua senza alcuno studio necessario. L'interlingua è parlata attivamente in tutti i continenti, specialmente in Sud America e nell'Europa del Nord e dell'Est, particolarmente in Scandinavia, in Russia e in Ucraina. In Africa è rappresentata ufficialmente nella Repubblica del Congo. Ci sono parecchie pagine in linea in interlingua, incluse edizioni di Wikipedia e Wikizionario, e un numero di periodici, incluso Panorama in Interlingua dell'Union mundial pro interlingua e riviste delle associazioni nazionali. L'interlingua è anche diffusa in diversi newsgroup Usenet, in particolare in Europa. Interlingua è presente anche su CD, radio e televisione. Negli anni recenti si sono visti esempi di interlingua in musica e cartoni animati. L'interlingua è insegnata in scuole superiori e università, spesso come mezzo per l'apprendimento di altre lingue, presentando l'interlinguistica o introducendo il vocabolario internazionale. L'Università di Granada in Spagna, per esempio, offre un corso in interlingua in collaborazione con il Centro de Formación Continua. Ogni due anni, l'UMI organizza un convegno internazionale in una nazione diversa. Negli anni in cui non vi è un congresso internazionale, la Società Scandinava dell'Interlingua co-organizza un convegno in Svezia. Anche organizzazioni nazionali come l'Union brazilian pro interlingua tengono regolari convegni. Periodici in interlingua Panorama in Interlingua Confluentes Internovas Pro Biblia Actualitates - Interlingua i Norden Voce de Interlingua Interlingua Institute Report Unir Contacto - Super Interlingua Lingua e Vita Vias boreal Bibliographia de Interlingua Omnelingua Note Bibliografia Gopsill, F. P. (1990). International languages: a matter for Interlingua. Sheffield, England: British Interlingua Society. ISBN 0-9511695-6-4. OCLC 27813762. 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Voci correlate Interlinguistica Altri progetti Collegamenti esterni Lingue agglutinanti
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https://it.wikipedia.org/wiki/Indio
Indio
L'indio è l'elemento chimico di numero atomico 49 e il suo simbolo è In. Questo metallo raro, malleabile e basso-fondente è chimicamente affine all'alluminio e al gallio ma più ancora allo zinco, i cui minerali sono la principale fonte di questo elemento. L'indio si usa principalmente per rivestire altri materiali con un film sottile che ha funzione lubrificante (durante la seconda guerra mondiale fu ampiamente usato per rivestire le bronzine degli aerei ad alte prestazioni). Caratteristiche L'indio è un metallo molto tenero, bianco-argenteo, brillante e lucido. Come lo stagno, anche l'indio emette un acuto stridìo quando delle barrette di indio metallico vengono piegate. Come il gallio, anche l'indio è capace di bagnare il vetro. Una proprietà insolita dell'indio è di essere radioattivo: anche se molto debolmente, i suoi atomi decadono lentamente per decadimento beta trasmutandosi in atomi di stagno. Questa radioattività non è considerata pericolosa, poiché il tempo di dimezzamento dell'indio è circa volte maggiore del torio naturale: la sua emivita è di anni, cioè migliaia di volte maggiore dell'età stimata dell'universo. Inoltre l'indio non è, al contrario del suo vicino cadmio, un pericoloso veleno cumulativo ed è piuttosto raro nella crosta terrestre. Applicazioni La prima applicazione su vasta scala dell'indio fu per rivestire le bronzine dei motori degli aerei da combattimento durante la seconda guerra mondiale. In seguito la produzione aumentò gradualmente man mano che venivano trovati nuovi usi nelle leghe per fusione, nella saldatura e nell'elettronica. Dalla seconda metà degli anni ottanta in poi, lo sviluppo di semiconduttori di fosfuro di indio e di pellicole sottili di ossido di indio dopato con stagno per i pannelli a cristalli liquidi (LCD) destò un sempre maggiore interesse; dal 1992 il consumo per i film sottili è diventato l'uso prevalente per questo elemento. Altri usi dell'indio sono: In leghe a basso punto di fusione. Una lega al 24% di indio e 76% di gallio è liquida a temperatura ambiente. Per fotoconduttori, transistor al germanio, rettificatori e termistori. Come rivestimento per altri metalli e per il vetro, su cui crea uno specchio di qualità pari a quelli di argento ma più resistenti alla corrosione. Come campione di riferimento per la taratura di strumenti come il calorimetro a scansione differenziale (DSC, dall'inglese Differential Scanning Calorimeter) per la sua caratteristica di avere un punto di fusione molto netto. L'ossido di indio si usa nella manifattura di pannelli elettroluminescenti. L'indio-111 è un gamma-emettitore ed è utilizzato in medicina nucleare ad esempio per la diagnosi di tumori neuroendocrini. Storia L'indio (così battezzato per la riga indaco nel suo spettro atomico) fu scoperto da Ferdinand Reich e Theodor Richter nel 1863 mentre con uno spettrografo stavano cercando il tallio in alcuni minerali di zinco. Richter riuscì ad isolare il metallo puro nel 1867. Disponibilità L'indio viene prodotto principalmente da residui della lavorazione del minerale di zinco, ma si può trovare anche in minerali di ferro, piombo e rame. Il quantitativo di indio consumato annualmente è soprattutto in funzione della produzione mondiale di schermi LCD nei quali l'ITO è usato come conduttore trasparente; un aumento dell'efficienza di fabbricazione e del riciclaggio (soprattutto in Giappone) mantengono un equilibrio fra domanda ed offerta di mercato: il prezzo medio dell'indio nel 2000 per gli Stati Uniti fu di per chilogrammo. Fino al 1924 era stato estratto soltanto un solo grammo di indio puro in tutto il pianeta. Si stima che la Terra contenga circa 0,1 ppm di indio, che quindi ha la stessa abbondanza dell'argento. Il Canada è leader nella produzione dell'indio con più di un milione di troy ounce prodotte (31 100 kg) nel 1997. Precauzioni L'indio puro metallico è considerato in genere non tossico, ma alcune ricerche indicano che i suoi composti potrebbero essere debolmente tossici. Comunque, né nell'industria delle fusioni né in quella dei semiconduttori, dove l'esposizione all'indio è relativamente alta, sono mai stati segnalati casi di intossicazione da indio. Altre fonti invece sono più caute in proposito. Note Bibliografia Voci correlate Indio nativo Ossido di indio(III) Fosfuro di indio Altri progetti Collegamenti esterni Elementi chimici Metalli
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https://it.wikipedia.org/wiki/Itterbio
Itterbio
L'itterbio è l'elemento chimico di numero atomico 70 e il suo simbolo è Yb. È un metallo tenero di colore argento ed appartiene al gruppo delle terre rare. Si trova nei minerali gadolinite, monazite e xenotime, spesso associato all'ittrio e agli altri lantanoidi. Caratteristiche L'itterbio è un elemento di aspetto metallico lucente; è tenero, malleabile e abbastanza duttile. Viene facilmente dissolto dagli acidi, lentamente reagisce con l'acqua e si ossida per esposizione all'aria. A temperature elevate si incendia spontaneamente convertendosi nel suo ossido. Dell'itterbio esistono tre forme allotropiche, α, β e γ, le cui temperature di conversione sono e 795 °C. La forma β, che esiste a temperatura ambiente, ha un reticolo cristallino cubico a facce centrate. Normalmente la forma β possiede la conducibilità elettrica tipica dei metalli, ma diventa un semiconduttore quando esposto a pressioni attorno a . Applicazioni Un isotopo dell'itterbio trova uso come fonte di raggi gamma in dispositivi portatili per controlli non distruttivi. L'itterbio viene usato come additivo all'acciaio inossidabile per migliorarne la grana, la forza ed altre proprietà reologiche. Alcune leghe contenenti itterbio hanno trovato uso in odontoiatria. Alcuni suoi sali sono usati per la produzione di dispositivi laser. Più recentemente l'isotopo 171Yb è stato utilizzato nella realizzazione di orologi atomici grazie alla precisione della frequenza di una riga di emissione nel giallo alla frequenza di 518'295'836'590'863.59(31) Hz Storia L'itterbio è stato scoperto dal chimico svizzero Jean Charles Galissard de Marignac nel 1878. Marignac individuò un nuovo componente nella terra nota come erbia e lo chiamò itterbia, dal nome della cittadina svedese di Ytterby. Nel 1907 il chimico francese Georges Urbain separò l'itterbia di Marignac in due frazioni: la neoitterbia e la lutezia. La neoitterbia venne successivamente identificata come l'elemento itterbio e la lutezia venne riconosciuta essere l'elemento lutezio. Anche Auer von Welsbach isolò indipendentemente questi elementi dall'itterbia in un periodo simile e li chiamò aldebaranio e cassiopeio. Le proprietà chimiche e fisiche dell'itterbio non furono determinate in dettaglio fino al 1953 quando venne prodotto l'itterbio puro. Disponibilità L'itterbio si trova in alcuni rari minerali, accompagnato ad altri elementi del gruppo delle terre rare. La sua principale fonte commerciale è la monazite che ne contiene lo 0,03%. L'itterbio è difficile da separare dagli altri elementi ad esso simili; solo in tempi recenti è stato possibile isolarlo attraverso tecniche di estrazione e scambio ionico. I composti chimici dell'itterbio sono rari. Isotopi L'itterbio in natura si compone di 7 isotopi stabili; 168Yb, 170Yb,171Yb,172Yb,173Yb,174Yb,176Yb, di cui il più abbondante è 174Yb (31,8%). Dell'itterbio sono noti 22 isotopi radioattivi di cui i più stabili sono 169Yb (con emivita di 32,026 giorni), 175Yb (4,185 giorni) e 166Yb (56,7 ore). Tutti gli altri hanno emivite inferiori alle 2 ore e la maggior parte di essi inferiore a 20 minuti. Ne esistono anche 6 stati metastabili ed il più stabile di essi è 169mYb (emivita di 46 secondi). La principale modalità di decadimento degli isotopi più leggeri di 174Yb è la cattura elettronica con conversione in isotopi di tulio; quelli più pesanti subiscono invece preferenzialmente un decadimento beta con conversione in isotopi di lutezio. Precauzioni Benché l'itterbio sia abbastanza stabile, è meglio conservarlo in contenitori sigillati, per proteggerlo dal contatto con l'aria e l'umidità. La polvere di itterbio metallico può incendiarsi spontaneamente all'aria. Tutti i composti dell'itterbio sono considerati tossici; sono noti per causare irritazione alla pelle e agli occhi e sono sospetti cancerogeni. Bibliografia Voci correlate Lantanoidi Fluoruro di itterbio Ossido di itterbio Altri progetti Collegamenti esterni Elementi chimici
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https://it.wikipedia.org/wiki/Imperatori%20romani
Imperatori romani
Quello che segue è l'elenco degli imperatori romani che governarono dal 27 a.C. al 476 d.C. Per ciascuno sono riportati: il nome con cui è più comunemente conosciuto; il nome ufficioso; la data di nascita; il periodo temporale del suo regno (durante il quale fu ricevuto il titolo di augusto); la causa della morte (con la data se diversa da quella della fine del regno). Sono citati gli usurpatori (a volte la distinzione è dubbia, e in generale si segue la tradizione storica consolidata), gli imperatori che regnarono insieme, le date di eventuali associazioni al trono con il titolo di cesare. Giulio Cesare non ebbe mai il titolo di "princeps" o di "augusto" come Ottaviano: tuttavia fu dittatore dal 49 a.C. al 44 a.C., cosa mai successa in precedenza (con l'eccezione di Silla nel periodo 82 a.C.-79 a.C., il dictator poteva rimanere in carica al massimo sei mesi e così era sempre accaduto), ma soprattutto il titolo di "imperatore", nel suo significato moderno, corrisponde al titolo di cesare nella storia di Roma, almeno fino all'inizio della Tetrarchia. Svetonio infatti, nella sua opera dedicata alle Vite dei dodici Cesari, parte proprio da Giulio Cesare. Gli imperatori di Roma non furono tali nel senso moderno del termine. Ufficialmente il senato non perse mai i suoi poteri, e Augusto stesso si definiva "primus inter pares" ("il primo tra gli eguali"), rivolgendosi ai senatori. Gli imperatori romani godettero di un potere enorme, ma spesso precario, perché esposto a congiure e intrighi che interessavano spesso i familiari. L'incidenza di morti violente tra di essi aumentò notevolmente dalla Crisi del terzo secolo in poi (235-476), parallelamente alla diminuzione media degli anni di regno. Elenco cronologico degli imperatori romani Imperatore disputato Gens Iulia (49 a.C.-44 a.C.) Principato (27 a.C.- 285 d.C.) Dinastia giulio-claudia (27 a.C.-68 d.C.) Guerra civile romana (68-69) Dinastia dei Flavi (69-96) Imperatori adottivi (96-192) Guerra civile romana (193-197) Dinastia dei Severi (193-235) Crisi del III secolo (235-284) Anarchia militare fino ad Emiliano (235-253) Dinastia valeriana (253-268) Imperatori illirici (268-284) Dominato (284-395) Riforma tetrarchica (284-306) Guerra civile romana (306-324) Dinastia costantiniana (306-363) Dinastia valentiniana e teodosiana (364-395) Impero d'Occidente (395-476) Dinastia teodosiana (395-455) Ultimi imperatori (455-476) La fine dell'impero Romano d'Occidente si fa coincidere tradizionalmente con la riconsegna delle insegne imperiali da parte di Odoacre all'imperatore d'Oriente Zenone, nel 476. Tuttavia va considerato che Giulio Nepote continuò a regnare sulla Dalmazia, considerandosi il legittimo imperatore d'Occidente fino alla sua morte nel 480, per cui secondo alcuni questa è la vera data della fine dell'impero. Inoltre dal 456 incominciò il dominio di Soissons, sotto l'Impero romano d'occidente, che dal 480 si può ritenere l'ultimo residuo dell'impero e riconosceva solo l'autorità dell'Impero romano d'Oriente. Il dominio di Soissons cadde nel 486, conquistato dai Franchi. L'Impero d'Oriente continuerà ad esistere ancora per quasi 1000 anni. In passato furono considerati in vario modo continuatori degli imperatori romani gli imperatori bizantini, che in effetti ne portavano legalmente il titolo, e gli imperatori del Sacro Romano Impero, eredi dell'impero carolingio, il cui fondatore, Carlo Magno, era stato incoronato dal Papa come "imperatore dei Romani". Imperatori che sono stati governatori di province romane Galba: legatus Augusti pro praetore in Germania superiore (39-40) - proconsole in Africa (44-46) - legatus Augusti pro praetore in Spagna Tarraconense (61-68) Otone: legatus Augusti pro praetore in Lusitania (58-68) Vitellio: proconsole in Africa (60-61) Vespasiano: proconsole in Africa (63) - legatus Augusti pro praetore in Siria (66) Traiano: legatus Augusti pro praetore in Germania superiore o in Pannonia (97) Adriano: legatus Augusti pro praetore in Pannonia inferiore (107) - legatus Augusti pro praetore in Siria (117) Antonino Pio: proconsole in Asia (133-136) Pertinace: legatus Augusti pro praetore in Mesia superiore e Mesia inferiore (175-178/179) - legatus Augusti pro praetore in Dacia (179/180) - legatus Augusti pro praetore in Siria (179/180-183) - legatus Augusti pro praetore in Britannia (185-187/188) - proconsole in Africa (190) Didio Giuliano: legatus Augusti pro praetore in Dalmazia (176-180) - legatus Augusti pro praetore in Germania inferiore (180-184) - legatus Augusti pro praetore in Bitinia (185-189) - proconsole in Africa (190-192) Settimio Severo: propretore in Spagna [Lusitania, Spagna Betica e Spagna Tarraconense] (178) - legatus Augusti pro praetore in Gallia Lugdunense (187) - proconsole in Sicilia (189) Gordiano I: legatus Augusti pro praetore in Britannia (216) - proconsole in Africa (222-235) Gordiano II: proconsole in Acaia (?) Pupieno: proconsole in Bitinia (?) - proconsole in Acaia (?) - proconsole in Gallia Narbonense (?) Aureliano: proconsole in ? (270-275) Note Voci correlate Dinastie: Dinastia giulio-claudia e Albero genealogico Giulio-Claudio Dinastia Flavia e Albero genealogico dei Flavi Dinastia degli Antonini e Albero genealogico degli Antonini Dinastia dei Severi Dinastia costantiniana Casata di Teodosio Imperatrici romane Usurpatori dell'Impero romano Impero delle Gallie Impero romano Imperatori bizantini Altri progetti Collegamenti esterni The Roman Law Library by Yves Lassard and Alexandr Koptev. Roma
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https://it.wikipedia.org/wiki/Giochi%20della%20I%20Olimpiade
Giochi della I Olimpiade
I Giochi della I Olimpiade (), noti anche come Atene 1896, furono i primi Giochi olimpici dell'era moderna. Voluti dal barone Pierre de Coubertin e ufficializzati durante il primo congresso olimpico, durante il quale nacque anche il Comitato Olimpico Internazionale, si tennero ad Atene, capitale della Grecia, dal 6 al 15 aprile 1896. Alle 43 competizioni, riguardanti nove diverse discipline sportive, parteciparono 241 atleti, provenienti da quattordici diverse nazioni. I vincitori delle gare ricevettero una medaglia d'argento, mentre i secondi classificati furono premiati con una medaglia di rame; retroattivamente poi il CIO assegnò le tre odierne medaglie olimpiche. Gli Stati Uniti d'America ottennero il primo posto nel medagliere con 11 vittorie, mentre la Grecia ottenne il maggior numero di medaglie in totale, 47. L'atleta più titolato fu il lottatore e ginnasta tedesco Carl Schuhmann, che vinse quattro gare, mentre Hermann Weingärtner conquistò il maggior numero di premi, sei. Uno dei più iconici momenti della manifestazione fu la vittoria di Spiridon Louis nella maratona, con l'arrivo allo stadio Panathinaiko, il primo grande impianto della storia contemporanea che ospitò anche le cerimonie di apertura e di chiusura della manifestazione, di fronte a 100 000 spettatori. Nonostante i molti ostacoli organizzativi e lo scarso livello tecnico della manifestazione, dovuto all'esclusione degli sportivi professionisti, i Giochi della I Olimpiade furono un enorme successo e, per l'epoca, il più grande evento sportivo internazionale mai organizzato, per merito soprattutto dell'entusiasmo espresso dagli spettatori greci. Con l'esclusione dei Giochi olimpici intermedi del 1906, considerati non ufficiali dal CIO, i Giochi non tornarono in Grecia fino al 2004, quando si disputarono i Giochi della XXVIII Olimpiade. Assegnazione Nel corso del XIX secolo, grazie anche alle numerose invenzioni riguardanti la comunicazione e i trasporti, sorsero in tutta Europa numerosi piccoli eventi sportivi chiamati "giochi olimpici"; inoltre, tra il 1875 e il 1881, durante una missione archeologica, il tedesco Ernst Curtius recuperò tesori e importanti testimonianze degli antichi Giochi olimpici. Pierre de Frédy, barone di Coubertin, storico e pedagogo francese che cercava una spiegazione alla sconfitta francese nella Guerra franco-prussiana, giunse alla conclusione che gli sconfitti non avevano ricevuto un'educazione fisica adeguata, e si impegnò per migliorarla. De Coubertin voleva anche trovare un modo per avvicinare le nazioni e per permettere ai giovani di tutto il mondo di confrontarsi in una competizione sportiva, piuttosto che in guerra. Ebbe così l'idea di far rivivere i Giochi olimpici dell'Antica Grecia, che si tennero l'ultima volta nel 393, attraverso un grande evento internazionale comprendente gli sport più importanti dell'epoca; di fatto anche gli antichi giochi di Olimpia erano un evento multinazionale, in quanto tutte le polis e le colonie greche gareggiavano l'una contro l'altra. Per alimentare questo nuovo movimento olimpico, de Coubertin cominciò a viaggiare; nel 1890, scrisse un articolo per la rivista La Revue Athletique, nel quale esponeva l'importanza dell'esempio di Much Wenlock: in questa cittadina, nell'ottobre 1850 il medico locale William Penny Brookes fondò i Wenlock Olympian Society Annual Games, un evento sportivo e ricreativo, che includeva gare di atletica leggera, cricket e calcio. De Coubertin prese ispirazione anche dai Giochi olimpici di Zappas, organizzati in Grecia dal filantropo Evangelis Zappas. Il 25 novembre 1892, in occasione della celebrazione del quinto anniversario della fondazione dell'Union des sociétés françaises de sports athlétiques, il barone francese riunì intellettuali e illustri uomini francesi dell'epoca presso l'anfiteatro della Sorbona di Parigi, per informarli del suo desiderio di attribuire maggior rilievo all'educazione fisica nelle scuole, concludendo il suo discorso con un accorato appello per il rinnovamento degli antichi Giochi olimpici. La scelta di restaurare l'antica tradizione sportiva e di assegnare i moderni Giochi olimpici alla Grecia venne ufficializzata durante il primo congresso olimpico, organizzato dallo stesso de Coubertin e tenutosi sempre nell'anfiteatro dell'università della Sorbona, dal 16 al 23 giugno 1894. L'incontro ebbe un forte carattere internazionale, grazie alla presenza di molti importanti personaggi che accolsero favorevolmente l'appello di de Coubertin; al primo giorno di lavori parteciparono infatti circa 2.000 persone. Vi erano in tutto 78 delegati, che rappresentavano quarantanove club sportivi delle tredici maggiori potenze mondiali. Furono presenti il re del Belgio Leopoldo II, il principe di Galles Edoardo, il principe ereditario greco Costantino e lo stesso William Penny Brookes, mentre era assente l'organizzatore dei Giochi olimpici di Zappas, Ioannis Fokianos. Su proposta dello storico francese si decise di organizzare la prima Olimpiade nella stessa capitale francese, durante l'Esposizione universale, nel 1900. Per timore che un periodo di attesa di sei anni, così come ipotizzato inizialmente da de Coubertin, potesse far diminuire l'interesse del pubblico riguardo alla manifestazione, si preferì organizzare un evento olimpico già nel 1896, a solo due anni di distanza dal convegno parigino. Inizialmente, la maggior parte dei membri optava per Londra come sede dell'evento, idea che non trovò il favore di de Coubertin. Tra le città che furono proposte vi era anche Budapest, per celebrare i mille anni dalla fondazione dello Stato magiaro. Dopo una discussione con Demétrios Vikélas, letterato e dirigente sportivo che rappresentava la Grecia al congresso parigino, de Coubertin propose Atene come città ospitante come patria delle antiche Olimpiadi. La proposta venne accolta all'unanimità dai rappresentanti presenti al congresso. Al termine del convegno, per enfatizzare l'assegnazione della manifestazione alla capitale greca, venne suonato un inno delfico in onore di Apollo. Inoltre, in questo congresso, venne istituito il Comitato Olimpico Internazionale, composto dallo stesso Vikélas, che su proposta di de Coubertin assunse la carica di presidente, e da altri tredici membri; il criterio ispiratore della nomina era che la presidenza del CIO spettasse, per il quadriennio, alla nazione organizzatrice dei Giochi, criterio in seguito mai rispettato. Sviluppo e preparazione Organizzazione La notizia che i giochi olimpici sarebbero ritornati in Grecia dopo oltre 1500 anni venne accolta favorevolmente dal pubblico greco, dai media e dalla famiglia reale. Secondo de Coubertin, "il re Giorgio I e il principe Costantino hanno appreso, con grande piacere, che le Olimpiadi moderne saranno inaugurate ad Atene, confermando il loro patrocinio riguardo a questi giochi". Il giornale londinese The Times fu invece critico riguardo l'assegnazione delle Olimpiadi alla capitale greca, sottolineando la mancanza di considerazione nei confronti di importanti esempi sportivi britannici, come quelli delle università di Oxford e di Cambridge. Vi furono delle proteste anche da parte della Germania, che considerava i Giochi olimpici una creazione francese, in quanto erano stati voluti da de Coubertin. All'epoca, in Grecia imperversava una seria crisi economica e politica. La tesoreria pubblica era infatti vicina alla bancarotta e la carica di primo ministro, nel corso degli ultimi anni del XIX secolo, venne occupata alternativamente da Charilaos Trikoupis e Theodōros Dīligiannīs. Per la sua instabilità, sia Trikoupis (che si opponeva duramente ai Giochi olimpici), sia Stephanos Dragoumis, presidente del comitato olimpico Zappas, non credevano che la Grecia fosse in grado di ospitare la manifestazione. Alla fine del 1894, il presidente del comitato organizzatore Stephanos Skouloudis asserì in un articolo che i costi per l'organizzazione dei Giochi sarebbero stati tre volte superiori rispetto a quelli ipotizzati inizialmente da de Coubertin durante congresso parigino e pari a 3.740.000 dracme (circa 448.400 dollari); concluse che i giochi non si sarebbero potuti organizzare, consegnando le proprie dimissioni. Inoltre, il governo Trikoupis decise di ritirare i finanziamenti statali previsti. Nel caso in cui la Grecia avesse deciso di non ospitare più i primi Giochi olimpici, la scelta sarebbe caduta su Budapest. Con la prospettiva della rinascita delle Olimpiadi in forte dubbio, de Coubertin e Vikelas cominciarono una campagna pubblica per mantenere vivo il movimento olimpico. Lo storico francese si recò ad Atene per convincere (in quella che lui definirà nelle sue memorie "la conquista della Grecia" o "la battaglia di Atene") la famiglia reale a interessarsi dell'organizzazione dei Giochi. I loro sforzi si concretizzarono il 7 gennaio 1895, quando il presidente del CIO annunciò che il principe ereditario Costantino avrebbe assunto la carica di presidente onorario del comitato organizzatore. Quest'ultimo era composto da dodici membri che sedevano in cerchio in assemblea; i componenti erano Nikolaos Deligiannis, Leon Delygeorgis, Alexandros Zaimis, Pyrros Karapanos, Nikolaos K. Metaxas, Kyriakos Mavromikhalis, Alexandros Skouzes, Georgios Typaldos-Kozakis, Georgios K. Romas, Alexandros D. Soutsos e Th. Retsinas, mentre la carica di segretario generale era ricoperta da Timoleon J. Filimon e quella di tesoriere da Paulos Skouzes. Ogni disciplina aveva poi un proprio sotto-comitato. Un'ulteriore novità a favore di de Coubertin arrivò con le dimissioni di Trikoupis e l'assunzione della carica di primo ministro greco da parte di Diligiannis, maggiormente favorevole all'organizzazione dei Giochi olimpici rispetto al predecessore. La prima occupazione del principe Costantino fu di cercare i fondi necessari per poter organizzare le Olimpiadi, facendo affidamento sul sentimento patriottico del popolo greco per motivarlo a fornire il denaro richiesto. Per questo motivo, il 24 novembre 1894, nacque il Comitato Olimpico Ellenico, il primo comitato olimpico nazionale della storia. L'entusiasmo di Costantino convinse numerosi connazionali a contribuire, ottenendo circa 330.000 dracme. Venne inoltre commissionata una speciale serie di francobolli, la cui vendita avrebbe portato ulteriori introiti per oltre 400.000 dracme, mentre la vendita dei biglietti per assistere alla cerimonia di apertura e alle gare ne portò ulteriori 200.000. Alla specifica richiesta di Costantino, il facoltoso uomo d'affari George Averoff pagò la costruzione dello Skopeftirion a Kallithea, del velodromo di Neo Phaliron e il restauro dello stadio Panathinaiko, sotto la supervisione degli architetti Ernst Ziller e Anastasios Metaxas, donando circa 920.000 dracme, pari a circa 120.000 dollari del 1896, solo per quest'ultimo progetto. Come tributo alla sua generosità, venne costruita ed eretta al di fuori dello stadio una statua rappresentante l'imprenditore greco, inaugurata il 5 aprile, il giorno prima dell'apertura dei giochi. Il primo regolamento olimpico del 1894 stabilì che potessero essere ammessi solo gli sportivi dilettanti (con la sola eccezione di una gara di fioretto), per cui parteciparono alle competizioni studenti, marinai, impiegati e persone che praticavano lo sport solo come passatempo. Alcuni presero parte ai giochi perché erano in Grecia per vacanza o per lavoro (ad esempio, alcuni dei partecipanti inglesi lavoravano nell'ambasciata britannica) o perché avevano la necessità di essere ad Atene nel periodo in cui si tenevano i Giochi. In alcuni casi parteciparono alle gare anche dei turisti che in quel momento stavano visitando la Grecia. Per questo motivo, si hanno poche notizie sui protagonisti della manifestazione e molti di loro parteciparono alle successive edizioni dei Giochi olimpici. Il regolamento dei Giochi olimpici escluse poi le donne dalle competizioni: il barone de Coubertin, influenzato dalla cultura dell'età vittoriana, in cui il genere femminile era considerato inferiore rispetto a quello maschile, e dalla tradizione dei Giochi olimpici antichi (in cui solo gli uomini erano autorizzati a partecipare agli eventi, con l'esclusione di donne, schiavi e barbaroi, ovvero non greci), era contrario alla loro partecipazione ai Giochi o nello sport in generale; anzi, credeva che "la partecipazione delle donne fosse un male per l'atleta di sesso maschile" e che le sportive dovessero essere escluse dal programma olimpico. Non esisteva un villaggio olimpico, quindi gli atleti dovettero provvedere da soli al vitto e all'alloggio, oltre che al viaggio, problemi questi che portarono alla rinuncia della partecipazione ufficiale da parte di numerosi paesi, come ad esempio e . La giuria, gli arbitri e il direttore dei Giochi avevano gli stessi nomi degli ufficiali dei giochi olimpici antichi, cioè eforo, ellanodico e alitarco. Re Giorgio I si presentava come un arbitro finale; secondo de Coubertin, "la sua presenza dava peso e autorità alle decisioni degli efori". I fotografi ufficiali della manifestazione, per tutte le discipline, furono sei, inviati dalla Kodak; in particolare, il tedesco Albert Meyer fu l'autore della maggior parte delle foto disponibili. Circa trentacinque giornalisti documentarono l'evento; tra questi vi erano diversi francesi come Frantz Reichel (che prese parte anche ad alcune gare di atletica) de Le Vélo e Charles Maurras de La Gazette de France, mentre il Times inviò ad Atene James David Bourchier. Il quotidiano sportivo La Gazzetta dello Sport nacque il 3 aprile 1896, con l'unione de Il ciclista e de La tripletta, solo pochi giorni prima della cerimonia d'apertura della prima Olimpiade. Durante i dieci giorni di competizioni vennero organizzati numerosi eventi artistici, che si svolsero a margine delle manifestazioni sportive. Per l'occasione, nella capitale vennero installate numerose lanterne e luci. Anche il Partenone fu illuminato da luci colorate. Il programma dei festeggiamenti prevedeva grandi fiaccolate, concerti (soprattutto degli inni nazionali stranieri), numerosi ricevimenti e rappresentazioni teatrali di antiche tragedie greche, come la Medea di Euripide e l'Antigone di Sofocle. Sedi di gara Atene Stadio Panathinaiko - Cerimonie di apertura e di chiusura, atletica leggera, ginnastica, lotta, sollevamento pesi Tennis Club - Tennis Zappeion - Scherma Altre sedi Baia di Zea, Il Pireo - Nuoto Skopeftirion, Kallithea - Tiro a segno Maratona - Ciclismo (corsa in linea), maratona Velodromo di Neo Phaliron, Faliro - Ciclismo, tennis Simboli A differenza delle successive edizioni dei Giochi olimpici, alle Olimpiadi del 1896 non vennero distribuite medaglie d'oro e solo i primi due classificati ricevettero un premio: ai vincitori di ogni gara spettarono una corona d'olivo, proveniente dall'Altis, nei pressi di Olimpia, una medaglia d'argento, coniata da Jules-Clément Chaplain, e un attestato, disegnato dal pittore greco Nikolaos Gysis. Le medaglie hanno su un lato la rappresentazione di Zeus che tiene in mano un globo, sul quale è posta la Vittoria alata, mentre sulla sinistra si trova la scritta Ολυμπία ("Olimpia" in greco); sull'altra faccia della medaglia, vi è l'immagine dell'Acropoli, sormontata dall'inscrizione in greco Θερινοί Ολυμπιακοί Αγώνες ("Giochi olimpici internazionali"). I secondi classificati invece ricevettero una medaglia di rame, disegnata da Nikiphoros Lytras, e un ramo d'alloro. Il primo atleta a essere stato premiato fu Thomas Burke, seguito da Edwin Teddy Flack, Thomas Curtis e Spiridon Louis. Ad alcuni vincitori spettarono ulteriori premi: Robert Garrett venne premiato dal principe ereditario Costantino con un antico vaso per la sua performance nel lancio del disco, Pantelīs Karasevdas con una carabina, Iōannīs Fragkoudīs con una pistola e Spiridon Louis con una coppa d'argento rappresentante un corridore, consegnata da Michel Bréal, linguista e amico di de Coubertin, che propose la presenza all'Olimpiade della maratona. A causa della mancata consegna dei premi ai terzi classificati, l'attribuzione delle medaglie di bronzo è molto incerta: le documentazioni non sempre riportano l'ordine di arrivo e spesso gli atleti piazzati dopo il secondo posto sono disposti tutti, a pari merito, in terza posizione; i vincitori di ogni gara furono inseriti solo successivamente nei medaglieri ufficiali olimpici, assegnando retroattivamente le tre odierne medaglie olimpiche. I Giochi Paesi partecipanti Gli atleti iscritti all'edizione inaugurale delle Olimpiadi moderne furono 241, di cui 169 greci, in rappresentanza di 14 nazioni, secondo la suddivisione politica dell'epoca; il computo totale dei partecipanti tuttavia non è univoco e altre fonti testimoniano di 285 partecipanti per 197 greci. Per quanto ben organizzate e sorrette da una buona campagna di stampa, le rappresentative degli Stati stranieri non erano una selezione dei rispettivi migliori sportivi, in quanto vigeva il principio decoubertiano del dilettantismo. I primi Giochi olimpici si svolsero in un periodo storico segnato dall'imperialismo e dal colonialismo, durante il quale la gran parte degli Stati del XXI secolo non esisteva oppure presentavano confini notevolmente diversi. Per questi motivi, tutte le cronache e gli studi storici sui Giochi seguono parametri diversi nell'individuazione degli stati di origine dei vari partecipanti: Alcuni storici suddividono gli atleti secondo i confini nazionali del XXI secolo, altri mantengono la suddivisione politica dell'epoca. Soprattutto per alcuni atleti greci esiste molta ambiguità nell'identificazione della loro nazionalità, in quanto, sebbene alcuni fossero sicuramente di etnia greca, provenivano da territori del Mediterraneo orientale non ricompresi fra i confini della Grecia dell'epoca, come Smirne (città parte dell'Impero ottomano), Cipro e l'Egitto (questi ultimi protettorati britannici). Inoltre, i compilatori dei vari medaglieri e delle varie ricostruzioni non operano sempre in coerenza col criterio di fondo di volta in volta adottato, preferendo assegnare medaglie a stati che all'epoca non erano ancora indipendenti. La partecipazione era libera: gli atleti non avevano l'obbligo di rappresentare una nazione. Per gli , ad esempio, parteciparono la Boston Athletic Association e vari studenti delle Università di Harvard e di Princeton, grazie all'influenza del professor William Milligan Sloane, fondatore e primo presidente del Comitato Olimpico degli Stati Uniti, e per il la British Athletics Federation. e , che avevano annunciato l'invio di una delegazione di atleti e parteciparono con alcuni funzionari alla cerimonia di apertura, alla fine non presentarono alle competizioni nessun partecipante. Gli atleti di e , nazioni all'epoca unite nell'Impero austro-ungarico, si presentarono separatamente (e così fu anche nelle edizioni successive fino allo scoppio della Prima guerra mondiale). I due ori vinti dall'australiano Edwin Teddy Flack sono solitamente assegnati all', che tuttavia raggiunse l'indipendenza solo nel 1901. La era all'epoca unita alla Norvegia, tuttavia, dal momento che l'unico partecipante, Henrik Sjöberg, proveniva da Stoccolma, viene segnalata solo la presenza svedese a queste Olimpiadi. Il Comitato Olimpico Bulgaro rivendica la presenza di quattro membri del club di ginnastica di Sofia "Yunek": di questi solo il maestro di ginnastica svizzero Charles Champaud avrebbe poi preso parte ai Giochi. Alcune fonti, ritenute attendibili dal CIO, dimostrano la partecipazione del ad Atene con Luis Subercaseaux, un quindicenne che avrebbe partecipato ai 100m, 400m e 800m piani; la maggior parte degli storici olimpici, tuttavia, non riportano la sua presenza ad Atene 1896. L', sebbene il conte Mario Lucchesi-Palli e il duca Riccardo Carafa d'Andria fossero membri del CIO, rinunciò per ragioni economiche; tuttavia, si presentò ad Atene il maratoneta Carlo Airoldi, la cui iscrizione non venne accettata perché ritenuto dalla giuria un atleta "professionista". Il giornalista greco Vladis Gavrilidis dimostrò la partecipazione di Giuseppe Rivabella, che partecipò alla gara di tiro a segno con carabina militare. Alcuni studiosi ipotizzano che altri atleti, come il ciclista Angelo Porciatti, abbiano partecipato a questi Giochi, senza trovare però la conferma del CIO. In elenco i paesi partecipanti in ordine alfabetico (tra parentesi il numero di atleti per delegazione): (1) (3) (1) (1) (3) (13) (19) (10) (169) (1) (14) (1) (3) (7) Discipline Durante il Congresso olimpico del 1894 alla Sorbona, un gran numero di sport vennero presi in considerazione per il programma olimpico. Tra il 12 e il 24 novembre 1894, durante una riunione svoltasi ad Atene, alcuni funzionari del comitato organizzatore stilarono una lista di discipline che avrebbero potuto soddisfare il requisito del dilettantismo; questi erano l'atletica leggera, il canottaggio, il ciclismo, il cricket, l'equitazione, la ginnastica, la lotta, il nuoto, la scherma, il tennis e la vela. La scherma fu l'unico sport in cui i professionisti ebbero il diritto di partecipare, in un evento riservato ai maestri di fioretto. Tra le prove di forza, vennero ammessi il sollevamento pesi e la lotta greco-romana, a differenza del pugilato, giudicato privo di nobiltà in confronto alle altre due prove. Il ciclismo, all'epoca la disciplina più popolare, venne inserito nel programma ufficiale, mentre il tiro a segno venne imposto da de Coubertin. Vennero accettati alcuni sport praticati dalle classi medio-basse, come la ginnastica, il nuoto e il canottaggio, così come altre due discipline più nobili, il tennis e la vela. Anche se era molto amata nel XIX secolo e inizialmente anche prevista, non si svolse alcuna prova di equitazione per difficoltà nel trasporto dei cavalli. Gli sport di squadra, come il rugby e il calcio, con l'eccezione di alcune gare della ginnastica, non fecero parte del programma ufficiale, in quanto solo raramente questi erano praticati da dilettanti. Venne comunque organizzato un torneo calcistico in parallelo alla manifestazione, che però non venne riconosciuto dal comitato organizzatore; una selezione danese batté 15-0 una squadra di Smirne e un'altra di Atene. Inoltre, il torneo di cricket non venne inserito a causa della mancanza di partecipanti. Le caratteristiche del suolo greco e le difficoltà organizzative impedirono l'inserimento del polo nel programma olimpico. Altre discipline al tempo molto popolari, come il golf, vennero escluse all'ultimo momento. Inoltre, Pierre de Coubertin avrebbe voluto iscrivere nel programma olimpico il pattinaggio di figura, esclusivamente perché era una disciplina sconosciuta ai greci, ma dovette desistere data l'assenza di piste apposite nel Paese. Le gare di canottaggio e di vela, inizialmente previste per il 14 aprile, non vennero svolte a causa del cattivo tempo: in quei giorni primaverili, il clima fu pessimo, con temperature rigide, forti venti, mare molto mosso e le cronache narrano anche di un'abbondante nevicata. In totale dunque si svolsero quarantatré competizioni, suddivise in nove discipline sportive: Calendario delle gare Qui è riportato il calendario delle gare disputate ai Giochi della I Olimpiade, secondo il calendario gregoriano; Cerimonia di apertura Il 6 aprile (25 marzo secondo il calendario giuliano), vennero ufficialmente aperti i primi Giochi olimpici della storia contemporanea; era il lunedì dell'Angelo, sia per la Chiesa cattolica sia per la Chiesa cristiana ortodossa, oltre che l'anniversario dell'indipendenza greca. Le strade e gli edifici di Atene erano stati addobbati con bandiere colorate, corone di fiori e striscioni recanti le lettere "OA" (iniziali greche per "Ολυμπιακοί Αγώνες", "Giochi olimpici" in greco) e le date 776-1896; secondo la tradizione infatti, il 22 giugno 776 a.C. si tennero i primi Giochi olimpici antichi. I biglietti per assistere alla cerimonia di apertura e alle altre prove erano in vendita presso la sede del comitato organizzatore, oltre che nei caffè, negli alimentari e nelle tabaccherie, al prezzo di due dracme per i posti a sedere e di una dracma e mezzo per le posizioni peggiori e per i posti in piedi. Al mattino, la famiglia reale e gli organizzatori parteciparono a un Te Deum nella cattedrale di Atene, per commemorare la liberazione dall'invasione turca. A mezzogiorno, la folla cominciò ad affluire allo Stadio Panathinaiko, guidata dalla "polizia olimpica", creata appositamente per mantenere l'ordine nello stadio e nelle sedi delle gare. Questi addetti erano riconoscibili dalla loro divisa, fatta da pantaloni neri, giacca cerise e casco bianco. Allo stadio Panathinaiko erano presenti circa 80.000 persone, incluso il re di Grecia, sua moglie Olga e i loro figli. In generale, gli atleti erano allineati e raggruppati per nazione. Dopo un discorso del principe Costantino, presidente del comitato organizzatore, alle 15:30 prese la parola suo padre, Giorgio I, che aprì ufficialmente i Giochi olimpici: Non era prevista la lettura del giuramento, che verrà introdotto solamente ai Giochi della VII Olimpiade di Anversa del 1920. In seguito, nove bande e centocinquanta coristi eseguirono l'inno olimpico, composto per l'occasione da Spiro Samara, con il testo scritto dal poeta Kostis Palamas, inno che verrà dichiarato ufficiale dal CIO nel 1958 e reintrodotto a partire da . La folla fu così entusiasta dell'opera che il re ne chiese la ripetizione. Avvenimenti principali Atletica leggera Le gare di atletica leggera ebbero un enorme interesse internazionale, maggiore rispetto a quello degli altri sport. Vennero usate le regole dell'Union des sociétés françaises de sports athlétiques per le gare di velocità e dell'Amateur Athletic Association inglese per i concorsi. Alle 12 diverse competizioni presero parte 63 atleti, provenienti da 10 nazioni, facendo sì che questa risultò la disciplina più internazionale. Non furono stabiliti nuovi primati mondiali, sia perché non erano presenti atleti di livello internazionale, sia per le caratteristiche tecniche dello stadio. La competizione principale fu la maratona, una corsa dall'omonima città alla capitale greca, creata da Michel Bréal prendendo spunto dalla leggenda di Fidippide. Il vincitore di questa gara fu Spiridon Louis, che divenne eroe nazionale greco applaudito da oltre 100 000 spettatori al suo arrivo. Edwin Teddy Flack, l'unico australiano della manifestazione, conquistò due medaglie d'oro nei 800 e nei 1500 metri e una terza, di bronzo, nel tennis. Lo statunitense Thomas Burke vinse i 100 metri in 12 secondi e i 400 metri in 54,2 secondi. Ellery Clark fu vittorioso nel salto in alto e nel salto in lungo. Nel salto triplo dominò invece James Connolly, con un netto distacco dal secondo classificato. Robert Garrett, che ottenne in totale quattro medaglie, vinse nel lancio del disco e nel getto del peso, sebbene gli atleti greci fossero i favoriti in entrambi gli eventi. William Welles Hoyt vinse nel salto con l'asta. Sulle 12 discipline, la squadra statunitense vinse complessivamente 17 medaglie, di cui 9 d'oro, 5 d'argento e 3 di bronzo. Ciclismo Per le gare di ciclismo vennero usate le regole dell'Unione Ciclistica Internazionale. Si tenne solo un evento di ciclismo su strada, la corsa in linea, una competizione di 87 chilometri da Atene a Maratona e ritorno, vinta, nonostante tre cadute, da Aristeidīs Kōnstantinidīs in 3h 22' 31", davanti a August Goedrich e Edward Battel. Non tutti i partecipanti avevano biciclette professionali, come ad esempio Konstantinidis, il quale vinse la gara su strada su un mezzo amatoriale, che ruppe per ben due volte: alla seconda rottura, fu costretto a prendere la bicicletta di una persona del pubblico per concludere l'evento. Le gare di ciclismo su pista si tennero al velodromo di Neo Phaliron, una struttura creata per l'occasione da 7000 spettatori della lunghezza di 333,33 metri , e videro in Paul Masson il miglior ciclista delle competizioni; il francese infatti vinse i 2000 metri, la 10 chilometri e la cronometro. Nei 100 chilometri vinse invece il suo connazionale Léon Flameng, nonostante una caduta. Adolf Schmal vinse la maratona di 12 ore, in quella che fu l'ultima competizione tenuta in questi giochi olimpici; l'austriaco precedette di un solo giro l'unico altro ciclista che riusci a concludere la gara, il britannico Frank Keeping. In totale, dei 19 ciclisti che parteciparono alle 6 gare, i due francesi portarono a casa 6 medaglie, di cui 4 d'oro. Ginnastica Le gare della ginnastica si tennero all'interno dello stadio Panathinaiko. Vi parteciparono 71 atleti, 52 dei quali erano ellenici, provenienti da 9 paesi. La compagine tedesca partecipò con 11 atleti, la maggior parte provenienti da due squadre berlinesi, la Berliner Turnerschaft e la Turngemeinde in Berlin, e fu la protagonista in gran parte delle competizioni. La Turnerschaft vinse precedendo il Panellīnios e l'Ethnikos, due team greci, la gara delle parallele a squadre e conquistò anche il primo posto nella trave, dove fu la sola squadra iscritta. Tre atleti tedeschi furono campioni di altrettante gare individuali: Hermann Weingärtner vinse nella trave, Alfred Flatow nelle parallele e Carl Schuhmann, che partecipò vittoriosamente anche alla gara di lotta, nel volteggio. Lo svizzero Louis Zutter vinse nel cavallo, mentre i greci Iōannīs Mītropoulos e Nikolaos Andriakopoulos furono vittoriosi, rispettivamente, negli anelli e nella fune. Sulle 8 discipline, i tedeschi vinsero in totale dieci medaglie, di cui 5 d'oro, 3 d'argento e 2 di bronzo. Lotta Ai Giochi della I Olimpiade venne disputato un solo evento di lotta greco-romana, che si tenne all'interno del Panathinaiko. Le regole erano simili a quelle della moderna lotta greco-romana, sebbene non ci fossero limiti di tempo e non erano previste diverse classificazioni in base al peso per i lottatori. Tre dei cinque partecipanti provenivano da altre discipline e lo stesso vincitore, Carl Schuhmann, era in realtà un campione olimpico di ginnastica. I soli atleti specializzati in questa disciplina erano i due greci, Geōrgios Tsitas e Stephanos Christopoulos; gli spettatori dunque puntarono molto su questa disciplina, sognando una finale tutta ellenica, dal momento che i migliori lottatori europei avevano ignorato la gara. L'evento fu tuttavia oscurato dalla vittoria di Spiridon Louis nella maratona. Il campione olimpico di sollevamento pesi, l'inglese Launceston Elliot venne sconfitto da Schuhmann, che incontrò in finale il greco Tsitas, il quale, a sua volta, aveva battuto il connazionale Christopoulos. Dopo 40 minuti l'incontro fu sospeso per l'oscurità, nonostante le proteste di Schuhmann, per continuare il giorno seguente. Il tedesco riuscì a battere il proprio avversario dopo solo quindici minuti, per un fallo tecnico. Nuoto Le gare di nuoto si tennero tutte l'11 aprile, nella baia di Zea, nei pressi del Pireo, in mare mosso e gelido (la temperatura era di soli 13 °C). Si svolsero in mare aperto, dal momento che gli organizzatori si rifiutarono di spendere i soldi necessari per costruire uno stadio apposito e, nonostante tutto, circa 20.000 spettatori assistettero alle gare. Vi parteciparono 19 nuotatori, provenienti da 4 paesi; 15 erano i partecipanti greci. Si svolsero quattro diverse specialità, tutte in stile libero; i 100 metri, i 500 metri, i 1200 metri e i 100 metri per marinai, una gara esclusiva per i membri della marina militare greca, che non riscosse un grande favore da parte del pubblico. Il diciassettenne ungherese Alfréd Hajós partecipò ai 100 e ai 1200 metri, vincendo entrambe le gare. Non poté partecipare ai 500 metri solo perché non vi era il tempo necessario per recuperare le forze, dal momento che questa si disputò tra le altre due gare. Su questa distanza, il vincitore fu l'austriaco Paul Neumann. Iōannīs Malokinīs vinse la gara riservata ai marinai greci. Sulle quattro diverse competizioni, i partecipanti ellenici vinsero in totale 7 medaglie, di cui una d'oro. Il medagliere di categoria fu comunque vinto dall'Ungheria, grazie ai due ori di Hajós. Scherma Le gare di scherma si tennero nello Zappeion, costruito dall'imprenditore e filantropo Evangelis Zappas appositamente per l'organizzazione di manifestazioni sportive internazionali. Diversamente dagli altri sport (nei quali potevano partecipare solo atleti dilettanti), i professionisti potevano partecipare a una gara di questa disciplina, il fioretto per maestri. In origine, si dovevano tenere quattro diverse gare, ma quella di spada venne cancellata per motivi sconosciuti. La gara del fioretto venne vinta dal francese Eugène-Henri Gravelotte, che batté in finale il suo connazionale Henri Callot. Nell'evento della sciabola a primeggiare fu lo schermidore greco Iōannīs Geōrgiadīs, che vinse tutte e quattro gli incontri, precedendo il connazioanle Tīlemachos Karakalos; a questa gara parteciparono anche Adolf Schmal, vincitore di tre medaglie olimpiche nel ciclismo, e Holger Nielsen, vincitore della medaglia di bronzo in questo evento, medagliato inoltre nella pistola libera. Anche nella gara di fioretto per professionisti il vincitore fu un ellenico, Leōnidas Pyrgos, che divenne il primo campione olimpico greco dell'era moderna, superando 3-1 il solo avversario della gara, il francese Jean Maurice Perronet.. In totale, su 15 partecipanti a questa disciplina, provenienti da 4 diverse nazioni, gli schermidori greci conquistarono dunque 4 medaglie, di cui 2 d'oro, 1 d'argento e 1 di bronzo. Sollevamento pesi Le gare di sollevamento pesi, che si tennero nello stadio Panathinaiko, non avevano alcuna distinzione per categorie di peso. Vi parteciparono 7 atleti, anche se solo due si contesero la medaglia d'oro: lo scozzese Launceston Elliot, che affascinò il pubblico greco, e il danese Viggo Jensen. Nel sollevamento con due mani, alzarono entrambi lo stesso peso (111,5 kg), ma la giuria, con re Giorgio I come presidente, decise che Jensen aveva uno stile migliore, a dispetto di Elliot che muoveva un piede mentre sollevava il peso. La delegazione britannica, contraria a questa decisione, protestò ufficialmente. Venne così permesso ai sollevatori di effettuare un ulteriore tentativo, ma nessuno dei due riuscì a migliorarsi, così Jensen fu dichiarato vincitore. Elliot ebbe la sua rivincita nel sollevamento con una mano, vincendo facilmente la competizione, alzando 71 kg nel suo primo tentativo e vincendo la prima medaglia d'oro olimpica per il Regno Unito; dietro di lui, Viggo Jensen e Alexandros Nikolopoulos sollevarono entrambi 57 kg, ma il danese precedette il greco, solo perché riuscì a sollevare lo stesso peso anche con l'altra mano. Tennis Gli incontri di tennis si tennero nei campi in erba del Tennis Club di Atene e, in parte, nel velodromo di Neo Phaliron, tra l'8 e l'11 aprile. Sebbene questo sport fosse già molto popolare alla fine del XIX secolo, nessuno dei migliori giocatori dell'epoca partecipò al torneo ateniese. John Pius Boland, vincitore del torneo singolare, si recò nella capitale greca per assistere ai Giochi olimpici solo come spettatore, per una promessa fatta al suo amico Thrasyvoulos Manos, che lo iscrisse al torneo, conoscendo la sua bravura nel tennis. Non essendosi organizzato, gareggiò inizialmente con scarpe di cuoio, dovendo poi acquistare sul posto gli strumenti adatti. Al primo turno, Boland vinse contro l'amburghese Friedrich Traun, battendo poi in finale, con un punteggio di 6-2 6-2, l'egiziano naturalizzato greco Dionysios Kasdaglis. Boland e Traun decisero di gareggiare insieme nel doppio, battendo nell'incontro decisivo il greco Dimitrios Petrokokkinis e lo stesso Kasdaglis, dopo aver perso il primo set. Durante questa edizione olimpica era consentita la partecipazione di squadre composte di atleti di paesi diversi, i cui risultati il CIO raggruppa sotto la definizione di squadra mista. Tiro a segno Le gare di tiro a segno si svolsero nello Skopeftirion, il poligono di tiro di Kallithea. Delle cinque competizioni totali, tre riguardavano la rivoltella e due la carabina. La prima gara, riservata alla carabina militare, fu vinta dal greco Pantelīs Karasevdas, il solo che riuscì a colpire tutti i quaranta bersagli. La seconda specialità, il tiro a segno con rivoltella militare, fu dominata dai due fratelli John e Sumner Paine, entrambi militari dell'esercito statunitense, che furono i primi parenti ad arrivare primo e secondo ai Giochi olimpici. Per evitare l'imbarazzo degli altri partecipanti, i fratelli decisero che solo uno di loro avrebbe partecipato alla gara successiva, la pistola libera. Sumner Paine vinse quella gara, diventando il primo parente di un campione olimpico a diventare tale anch'esso. I fratelli Paine non parteciparono al tiro a segno con rivoltella libera, in quanto i giudici della gara stabilirono che le loro armi, delle colt, non avevano il calibro adeguato. In loro assenza, vinse Iōannīs Fragkoudīs. L'ultimo evento, la gara di carabina libera, cominciò lo stesso giorno, ma venne interrotta a causa dell'oscurità e continuò la mattina seguente, quando Geōrgios Orfanidīs venne incoronato campione. Sulle 5 specialità, i greci vinsero in totale 9 medaglie, di cui 3 d'oro e altrettante d'argento e di bronzo. Cerimonia di chiusura La mattina di domenica 12 aprile, anche se le competizioni non erano ancora terminate, re Giorgio I organizzò un banchetto per gli atleti e gli organizzatori, durante il quale, dopo aver ringraziato coloro che avevano reso possibile la rinascita dei Giochi olimpici, manifestò l'intenzione di far svolgere le Olimpiadi sempre ad Atene. La chiusura ufficiale della cerimonia si tenne il mercoledì successivo, 15 aprile 1896, dopo essere stata posticipata dal martedì per pioggia. La famiglia reale partecipò anche a questa cerimonia, che si aprì con l'Inno alla libertà, l'inno nazionale greco e con un'ode composta in greco antico, ispirata a quelle pindariche e in onore degli antichi vincitori olimpici, da George Stuart Robertson, atleta britannico vincitore anche della medaglia di bronzo nel doppio di tennis. Nonostante il greco arcaico non venisse capito da tutti, Robertson venne applaudito e, dopo la cerimonia di premiazione dei vincitori, il re lo chiamò e gli offrì una corona di alloro e un fermacravatta. Il re consegnò poi i premi ai vincitori; in seguito, il giovane poeta nazionalista Konstantinos Manos, che era a capo degli addetti alla sicurezza negli stadi, condusse i medagliati in un giro d'onore attorno allo stadio. Spiridon Louis venne subito dietro di lui, tra i primi posti della parata, portando una bandiera greca, un mazzo di fiori e un ombrello parasole, lanciatogli da un'ammiratrice, seguito da statunitensi, ungheresi, francesi e tedeschi e poi gli altri vincitori. Poi Giorgio I ufficializzò la fine della manifestazione, lasciò poi lo stadio, acclamato dal pubblico, mentre la banda suonava ancora l'inno nazionale e un'opera composta per l'occasione dal direttore musicale della guarnigione di Atene, chiamata Νενικήκαμεν ("Abbiamo vinto" in greco), titolo tratto dalla frase che avrebbe pronunciato Fidippide ad Atene per annunciare la vittoria di Maratona. Anche se le gare non furono di alto profilo tecnico, la prima edizione dei Giochi olimpici moderni viene ricordata come un grande successo organizzativo, per merito soprattutto dell'entusiasmo espresso dagli spettatori. Alla richiesta, da parte di re Giorgio I ma anche di alcuni atleti statunitensi, di mantenere sempre la manifestazione ad Atene, Coubertin e il CIO furono contrari, rimanendo sull'idea originale di assegnare i Giochi a una città sempre diversa. I Giochi della II Olimpiade del 1900 si sarebbero svolti a Parigi (contemporaneamente all'Esposizione universale), mentre quelli della III Olimpiade del 1904 erano già assegnati agli Stati Uniti, in una sede ancora da definire. Con l'esclusione dei Giochi olimpici intermedi del 1906, non considerati ufficiali dal CIO, i Giochi non tornarono in Grecia fino al 2004, quando si disputarono i Giochi della XXVIII Olimpiade, 108 anni dopo il successo della prima Olimpiade della storia contemporanea. Nel 1984 venne pubblicata The First Olympics: Athens 1896, una miniserie televisiva dedicata ai primi giochi olimpici. Risultati Medagliere Dieci delle quattordici nazioni partecipanti, oltre alla squadra mista, conquistarono almeno una medaglia. Gli vinsero il medagliere, con undici medaglie d'oro. La conquistò il maggior numero di medaglie, mentre , , e non ne vinsero alcuna. Dal momento che solo i primi due classificati ottenevano dei premi, le medaglie di bronzo sono state assegnate retroattivamente dal Comitato Olimpico Internazionale. Nelle prime tre edizioni dei Giochi olimpici (Atene 1896, e ) era consentito di comporre squadre anche ad atleti di paesi diversi, i cui risultati il Comitato Olimpico Internazionale raggruppa sotto la stessa voce con il termine di "Squadra mista" (codice CIO ZZX). Durante questa edizione olimpica, si utilizza questa denominazione per gli atleti di diversa nazionalità che hanno gareggiato insieme nel torneo di doppio di tennis. Protagonisti Il primo campione della storia dei Giochi olimpici moderni, a 1503 anni di distanza dall'abolizione di quelle antiche, fu lo statunitense James Connolly, che vinse la gara di salto triplo. Thomas Curtis, vincitore dei 110 metri ostacoli, divenne famoso per essere stato rappresentato in una storica fotografia dei 100 metri piani con la caratteristica partenza rannicchiata. Inoltre, a questa edizione partecipò l'atleta più giovane della storia dei Giochi, Dimitrios Loundras, che vinse la medaglia di bronzo nelle parallele a squadre, a 10 anni e 218 giorni. Lo sportivo che vinse più medaglie d'oro fu il tedesco Carl Schuhmann, dominando tre gare di ginnastica e quella di lotta. L'atleta più medagliato dell'Olimpiade fu il suo connazionale Hermann Weingärtner, con sei medaglie, tutte nella ginnastica. Per quanto riguarda i protagonisti delle altre discipline, il francese Paul Masson vinse tre delle sei gare ciclistiche in programma e l'ungherese Alfréd Hajós due delle quattro gare di nuoto. Gli atleti statunitensi dominarono le gare di atletica leggera, vincendo nove gare su dodici; in particolare, Robert Garrett vinse quattro medaglie, risultando due volte campione olimpico. L'inglese John Pius Boland vinse entrambe le gare di tennis, mentre Viggo Jensen vinse una medaglia olimpica in entrambe le gare di sollevamento pesi. Nonostante le donne non potessero gareggiare ad Atene 1896, ci fu una partecipante non ufficiale all'Olimpiade, nella maratona, Stamáta Revíthi, una donna greca di umili origini, madre di un bambino di diciassette mesi, conosciuta anche come Melpomene. Decise di partecipare alla gara, forse per guadagnare soldi o trovare più facilmente un lavoro, in quanto aveva corso per lunghe distanze quando era giovane e credeva di poter battere i suoi avversari maschi. Non le fu consentito tuttavia di gareggiare nella gara ufficiale, ma corse da sola il giorno successivo, l'11 aprile. Il giro finale fu completato all'esterno dello stadio in quanto le fu bloccata l'entrata all'interno del Panathinaiko. Revithi finì la maratona in circa cinque ore e mezzo, trovando lo spirito di segnare il suo nome e verificare il suo tempo: aveva infatti intenzione di presentare questa documentazione al Comitato Olimpico Ellenico, sperando che questo riconoscesse il suo risultato, ma non si hanno testimonianze che dimostrino se questo avvenne oppure no. Note Bibliografia Voci correlate Giochi olimpici Pierre de Coubertin Stadio Panathinaiko Congresso olimpico del 1894 Medagliati ai Giochi della I Olimpiade Altri progetti Collegamenti esterni
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Giochi della II Olimpiade
I Giochi della II Olimpiade (in francese: Jeux de la IIe olympiade), noti anche come Parigi 1900, si sono svolti a Parigi, in Francia, dal 14 maggio al 28 ottobre 1900. In occasione del Congresso olimpico del 1894, il barone de Coubertin propose che i Giochi olimpici del 1900 fossero assegnati in modo che si tenessero contemporaneamente all'Esposizione universale già programmata per quell'anno nella capitale francese. All'Olimpiade, alla quale parteciparono circa mille atleti, provenienti da 28 nazioni, poterono gareggiare, per la prima volta nella storia dei Giochi olimpici, le donne; così Charlotte Cooper divenne la prima campionessa olimpica. La maggior parte dei vincitori nel 1900 non ricevettero medaglie, ma coppe e trofei di varia natura. I professionisti poterono gareggiare solo nella scherma e ad Albert Ayat, che vinse sia la gara di spada per amatori, sia quella per maestri, venne assegnato un premio di 3000 franchi. Si tennero alcuni eventi insoliti, per l'unica volta nella storia delle Olimpiadi, tra i quali si annoverano i salti equestri in alto e in lungo, il nuoto ad ostacoli, il cricket ed il tiro al piccione vivo. Assegnazione La scelta di restaurare l'antica tradizione olimpica e di selezionare la città che avrebbe dovuto ospitare la prima edizione delle Olimpiadi moderne venne ufficialmente dichiarata durante il primo congresso olimpico, organizzato da Pierre de Coubertin ed avvenuto nell'anfiteatro dell'Università della Sorbona di Parigi, dal 16 al 23 giugno 1894. L'incontro ebbe un forte carattere internazionale, dovuto alla presenza di molti illustri personaggi; al primo giorno di lavori parteciparono infatti circa 2.000 persone. Vi erano in tutto 78 delegati, che rappresentavano quarantanove club sportivi delle tredici maggiori potenze mondiali. Furono presenti, tra gli altri, il re del Belgio Leopoldo II, il principe di Galles Edoardo, il principe ereditario greco Costantino, William Penny Brookes e Ioannis Fokianos. Su proposta dello storico francese, la prima Olimpiade dalla storia contemporanea venne assegnata alla capitale francese, durante l'Esposizione universale, nel 1900; fu di fatto l'unica città candidata ad ospitare questa prima manifestazione. Per timore che un periodo di attesa di sei anni, come ipotizzato inizialmente da de Coubertin, potesse far diminuire l'interesse del pubblico riguardo alla manifestazione, si preferì organizzare un evento olimpico già nel 1896, che venne assegnato ad Atene, dopo una discussione con Demétrios Vikélas, un dirigente sportivo che rappresentava la Grecia al congresso parigino. Dunque i Giochi della II Olimpiade sarebbero dovuti invece essere la prima edizione dei giochi olimpici moderni. In questo congresso inoltre venne istituito il Comitato Olimpico Internazionale, composto da Demétrios Vikélas (che assunse, su proposta di de Coubertin, la carica di presidente) e da altri tredici membri; il criterio ispiratore della nomina era che la presidenza del CIO spettasse, per il quadriennio, alla nazione organizzatrice dei Giochi; quindi dal 1896, de Coubertin fu presidente di questa associazione, carica che, nonostante le ipotesi iniziali, mantenne fino al 1925. Al termine della prima Olimpiade, che venne ricordata, nonostante le gare non fossero di alto profilo tecnico, come un grande successo organizzativo, per merito soprattutto dell'entusiasmo degli spettatori greci, venne ufficializzata la richiesta, da parte di re Giorgio I di Grecia ma anche di alcuni atleti statunitensi, di mantenere sempre la manifestazione ad Atene. Coubertin ed il CIO furono comunque contrari, rimanendo sull'idea originale di assegnare i Giochi olimpici ad una città sempre diversa. Sviluppo e preparazione Organizzazione Alcuni mesi prima del primo congresso olimpico del 1894, Pierre de Coubertin, in una conversazione con Alfred Picard, direttore generale del Expo 1900 di Parigi, ipotizzò di tenere i Giochi olimpici in collegamento con la Fiera Mondiale, cosa che non trovò il consenso di Picard, che considerava invece lo sport, così come l'organizzazione dell'Olimpiade, come un "inutile e assurda attività"; anche il presidente francese Félix Faure fu indifferente a questa proposta; i Giochi olimpici di Parigi del 1900 si svolsero comunque durante l'Esposizione Universale. Il barone de Coubertin riteneva che questo avrebbe potuto contribuire a sensibilizzare il pubblico delle Olimpiadi; presentò inoltre degli elaborati progetti per ricostruire l'antico sito di Olimpia, con statue, templi, stadi e palestre. Venne formato un comitato per l'organizzazione dei Giochi, costituito da alcuni dei più capaci dirigenti sportivi dell'epoca e fu redatto un programma provvisorio. Il 9 novembre 1898, l'Union des sociétés françaises de sports athlétiques (USFSA) comunicò che avrebbe avuto il diritto esclusivo di organizzare qualsiasi evento sportivo svolto durante la Fiera Mondiale. Questa minaccia portò alle dimissioni del visconte Charles de La Rochefoucauld, che era stato nominato presidente del comitato organizzatore, che non voleva essere coinvolto nella battaglia politica. Pierre de Coubertin, che era il segretario generale del USFSA, fu invitato a dimettersi da questa carica. Il CIO cedette il controllo dei giochi ad una nuova commissione che doveva controllare ogni attività sportiva collegata all'Expo 1900. Nel 1899 Alfred Picard nominò il generale Baillod presidente del nuovo comitato e Daniel Merillon, capo della Federazione francese di tiro, vicepresidente; ogni disciplina aveva poi un proprio sotto-comitato. In un rapporto ufficiale del 2 settembre 1894, Merillon mostrò che i costi necessari per l'organizzazione delle gare, qualora il numero di discipline restasse immutato, sarebbero stati pari a 4.921.000 franchi che, con la costruzione di strutture d'accoglienza e delle tribune, sarebbero saliti a circa 5.400.000 franchi. Capendo che il governo non avrebbe mai consegnato tale cifra agli organizzatori, Merillon pubblicò allora un calendario di eventi completamente diverso da quello precedente, caratterizzato dalla netta riduzione delle competizioni; questo consentiva una spesa di circa 2.500.000 franchi, comprese i costi per le tribune. Tuttavia, molti atleti che avevano fatto dei progetti per gareggiare, basandosi su quanto deciso dal programma originale, si ritirarono, rifiutando di trattare con il nuovo comitato. Lo sforzo economico del governo francese si concentrò prevalentemente sull'organizzazione dell'Esposizione Universale; de Coubertin, inoltre, incontrò l'ostracismo delle autorità sportive francesi, che mosse da sciovinismo nazionale, non accettavano i suoi sforzi per internazionalizzare l'avvenimento e per introdurre in Francia il concetto di sport come modello educativo, sull'esempio dei college inglesi. Tra il maggio e l'ottobre 1900, il nuovo comitato organizzatore organizzò comunque un enorme numero di attività sportive, a fianco all'Esposizione di Parigi, la maggior parte delle quali concentrate nel XII arrondissement di Parigi, per favorire l'espansione orientale della capitale francese. Raramente per questi eventi sportivi venne usato il termine "Olimpici". Infatti il termine "Giochi Olimpici" è stato sostituito da "Concours Internationaux d'exercises physiques et de sport" ("Concorsi internazionali d'esercizi fisici e dello sport") nella relazione ufficiale degli eventi sportivi dell'Exposition Universelle. Non vennero organizzate né la cerimonia d'apertura, né quella di chiusura, per l'associazione dell'Olimpiade con l'Expo. I giudici, che erano sia francesi sia stranieri, erano direttamente nominati da Picard. Il regolamento dei Giochi olimpici consentì, per la prima volta, la partecipazione delle donne alle competizioni: il barone de Coubertin, influenzato dalla cultura dell'età vittoriana, in cui il genere femminile era considerato inferiore rispetto a quello maschile, e dalla tradizione dei Giochi olimpici antichi (in cui solo gli uomini erano autorizzati a partecipare agli eventi, con l'esclusione di donne, schiavi e barbaroi, ovvero non greci), aveva impedito la loro presenza ai Giochi della I Olimpiade; credeva che "la partecipazione di atleti donne fosse un male per l'atleta di sesso maschile, e che le sportive dovessero essere escluse dal programma olimpico". La decisione di tenere le competizioni esclusivamente la domenica portò alle proteste ufficiali da parte degli atleti statunitensi, che parteciparono come rappresentanti dei rispettivi collegi e preferirono ritirarsi piuttosto che gareggiare durante il giorno di riposo, dedicato a Dio. In seguito, de Coubertin disse ad un amico: "È un miracolo che il Movimento Olimpico sopravvisse a questa manifestazione". Sedi di gara Parigi Velodromo di Vincennes - Atletica leggera, calcio, cricket, rugby, ciclismo, aerostazione Bois de Boulogne - Atletica leggera, Croquet, tiro al piccione, polo, pompieri Giardini del Lussemburgo - Longue paume Bois de Vincennes - ginnastica, tiro a segno I giardini delle Tuileries - Scherma (spada) Senna - Nuoto Société hippique française, Place de Breteuil - Equitazione Grand Palais - Scherma (fioretto e sciabola) Galleria nazionale del Jeu de Paume, Palazzo delle Tuileries - Courte paume Altre sedi Île Seguin, Boulogne-Billancourt - Tiro a segno Versailles - Tiro a segno Le Havre - Nuoto Circolo di Puteaux - Tennis Bocciodromo di Saint-Mandé, Saint-Mandé - Bocce Société des sports de Compiègne, Compiègne - Golf Campo di regata del Cercle de la Voile de Paris a Meulan - Vela I vincitori Nell'atletica, l'americano Alvin Kraenzlein vinse le gare dei 60 m, dei 100 m ostacoli, dei 200 m ostacoli e del salto in lungo. Un altro americano Irving Baxter vinse la gara del salto con l'asta e del salto in alto, arrivando secondo in altre 3 competizioni. Ray Ewry vinse tre titoli, tutti nei salti da fermo, e si ripeterà ugualmente nell'olimpiade del 1904 a St. Louis. Nel complesso gli americani vinsero 17 dei 23 titoli in palio nell'atletica. Le prime medaglie d'oro olimpiche della storia italiana vennero vinte da Antonio Conte (Scherma - sciabola per maestri d'armi) e Gian Giorgio Trissino (Equitazione - salto in alto). Un altro italiano, Ernesto Mario Brusoni, vinse la gara a punti nel ciclismo che però non è riconosciuta ufficialmente dal CIO, mentre Brusoni viene indicato dal CONI come campione olimpico. L'inglese Charlotte Cooper fu la prima donna a vincere un titolo olimpico, nel tennis. Non si sa invece il nome del timoniere che vinse con i canottieri francesi François Antoine Brandt e Roelof Klein l'oro nel "due con": pare fosse un ragazzino di 10 anni, scelto perché pesava solamente 33 chili. La conclusione I giochi del 1900 si chiusero il 28 ottobre, ben 6 mesi dopo la loro apertura, a causa della loro affiliazione all'Esposizione Universale. Nel 1904 a St. Louis negli Stati Uniti l'Olimpiade fu affiancata alla Louisiana Pourchase Exposition. Medagliere Medaglie per sport I vincitori di medaglie nei diversi sport: Note Bibliografia Altri progetti Collegamenti esterni Ministero del commercio, industria, poste e telegrafi francese, Exposition Universelle Internationale de 1900 à Paris - Concours internationaux d'exercices physiques et de sports - Rapports, 1902 (Versione digitalizzata )
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Giochi della III Olimpiade
I Giochi della III Olimpiade (in inglese: Games of the III Olympiad), noti anche come Saint Louis 1904, si svolsero a Saint Louis, negli Stati Uniti d'America, dal 1º luglio al 23 novembre 1904. Storia La confusione che caratterizzò i giochi olimpici del 1900 a Parigi aveva rischiato di danneggiare seriamente il movimento olimpico e nel 1904, agli errori commessi in Francia, se ne aggiunsero altri ben più gravi che rischiarono di fermare definitivamente il già precario movimento olimpico. L'organizzazione Il 22 maggio 1901, durante il quarto congresso del CIO a Parigi, era stata scelta la città di Chicago per ospitare i giochi del 1904. Il CIO aveva assegnato i Giochi agli Stati Uniti in segno di gratitudine nei confronti degli atleti americani che avevano partecipato numerosi ai Giochi di Atene e Parigi, e in secondo luogo per la convinzione che tale scelta potesse riscattare immediatamente l'edizione parigina di un anno prima. Nel maggio del 1904, tuttavia, i responsabili della Louisiana Purchase Exposition di Saint Louis, grande fiera campionaria organizzata per celebrare il centenario del passaggio della Louisiana agli Stati Uniti d'America, espressero timori sul fatto che l'olimpiade avrebbe sottratto visitatori alla fiera, minacciando di far svolgere delle gare di atletica in concomitanza con le competizioni olimpiche se i giochi olimpici non fossero stati spostati nella loro città. Il CIO decise di lasciare l'ultima decisione al presidente Theodore Roosevelt, che alla fine optò per il trasferimento. I giochi furono aperti il 1º luglio. La tensione provocata in Europa dallo scoppio della guerra russo-giapponese e le difficoltà di raggiungere Saint Louis (città situata nell'entroterra del continente americano) tennero molti atleti europei lontano dai giochi. All'olimpiade parteciparono 651 atleti, tra cui 6 donne, la quasi totalità dei quali proveniva dagli Stati Uniti. Oltre ai padroni di casa, furono rappresentate solo altre 12 nazioni; pur se l'Italia non inviò nessuna rappresentativa ufficiale, un atleta italiano partecipò alle gare: fu il ciclista Frank Bizzoni, residente negli Stati Uniti ma all'epoca ancora cittadino italiano. In alcune discipline si arrivò addirittura ad assegnare contemporaneamente il titolo di campione nazionale degli Stati Uniti e di campione olimpico, in quanto non era presente nessun atleta di altre nazioni. Giornate Antropologiche Durante i giochi olimpici del 1904 furono organizzate anche le cosiddette "Giornate Antropologiche", ovvero competizioni in cui venivano fatte gareggiare persone di razze considerate inferiori ai bianchi, quali pigmei, Amerindi, Inuit, Mongoli e altre. Alle Giornate Antropologiche, che spesso finivano per ridicolizzare le razze dei partecipanti, assistettero migliaia di persone. Quasi tutti coloro che parteciparono a quelle "gare" erano stati in precedenza pagati dagli organizzatori. Inoltre furono organizzate gare per fenomeni da baraccone e per anziani, o almeno per coloro che erano considerati tali a quell'epoca, e cioè aventi un'età di almeno 33 anni. I vincitori A Saint Louis furono distribuite per la prima volta delle medaglie d'oro, argento e bronzo ai primi tre classificati delle gare olimpiche. Gli Stati Uniti vinsero 77 delle 95 medaglie d'oro in palio e 236 delle circa 300 medaglie totali. Ai precedenti programmi olimpici si aggiunsero il pugilato, la pallacanestro e, rispetto all'edizione del 1900, fu reintegrata la lotta. Alcuni sport, come il ciclismo e il tiro a segno, non fecero parte del programma ufficiale, mentre il golf fece la sua ultima apparizione olimpica, a cui farà seguito una prolungata assenza, fino alla XXXI edizione, tenutasi nel 2016 a Rio de Janeiro. Nel nuoto fu introdotto per la prima volta il crawl, o stile libero. Come quattro anni prima a Parigi, Ray Ewry vinse tutte e tre le gare di salto da fermo. Nell'atletica leggera, gli americani Archie Hahn, Jim Lightbody e Harry Hillman, vinsero tre medaglie d'oro ciascuno. L'atleta non americano più medagliato fu il tedesco Emil Rausch, che vinse tre gare di nuoto, una in più dell'ungherese Zoltán Halmay. La conclusione L'olimpiade del 1904 si concluse il 23 novembre, quasi cinque mesi dopo la sua inaugurazione. Pierre de Coubertin, che prevedendo il disastro organizzativo non aveva assistito alle gare, volle che si voltasse subito pagina e il CIO assegnò i giochi del 1908 prima a Roma e poi a Londra, scelta che segnerà il futuro successo della manifestazione. Paesi partecipanti Ai Giochi Olimpici parteciparono atleti in rappresentanza di dodici paesi. I numeri tra parentesi indicano i partecipanti per Paese. Per via di difficoltà logistiche ed in seguito alle tensioni causate in Europa dalla Guerra russo-giapponese, solo 53 atleti estranei al continente nordamericano parteciparono alla competizione. (2) (2) (52) (3) (1) (17) (3) (14) (1) (4) (523) Sudafrica (8) (1) Medagliere Medaglie per sport I vincitori di medaglie nei diversi sport: Note Bibliografia Altri progetti Collegamenti esterni
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Giochi della IV Olimpiade
I Giochi della IV Olimpiade (), noti anche come Londra 1908, si sono svolti a Londra, nel Regno Unito, dal 27 aprile al 31 ottobre 1908. In origine la città scelta per ospitare l'Olimpiade era Roma, ma per motivi finanziari in seguito alla devastante eruzione del Vesuvio nel 1906, rinunciò all'organizzazione. Successivamente la capitale italiana ospitò i Giochi nel 1960. Le gare sportive si svolsero contemporaneamente all'Esposizione franco-britannica, il cui scopo era quello di rafforzare l'Entente cordiale tra Regno Unito e Francia. Mentre a Parigi nel 1900 e a Saint Louis nel 1904 le gare sportive furono in parte oscurate dalla rilevanza dell'Esposizione Universale che si svolgeva contemporaneamente, nei giochi di Londra ebbero una visibilità maggiore: ciò in parte era dovuto alla concentrazione di gran parte delle gare nell'arco di due settimane in luglio e in un unico luogo. Accanto a questi giochi estivi propriamente detti da fine aprile a metà giugno ebbero luogo le competizioni primaverili che riguardavano racquets, tennis, pallacorda e polo. Dalla fine di luglio fino alla fine di agosto ebbero luogo i "giochi nautici". Le competizioni si conclusero nella seconda metà di ottobre con le gare di pugilato, pattinaggio su ghiaccio, rugby, hockey su prato, calcio e lacrosse. L'assegnazione dei giochi Quelli di Londra in realtà furono la quinta edizione dei giochi olimpici dell'era moderna, seguirono infatti i cosiddetti giochi olimpici intermedi tenutisi ad Atene nel 1906 in seguito considerati solo come anniversario decennale dei primi giochi olimpici, e che, su richiesta di Pierre de Coubertin, presidente del Comitato Olimpico Internazionale, non entrarono nel conteggio ufficiale delle edizioni olimpiche. Con i giochi di Londra si ritornò dunque a quella cadenza quadriennale stabilita all'avvio dei giochi olimpici moderni. Già nel 1901 il rappresentante del CIO tedesco aveva presentato la candidatura di Berlino come sede dei giochi del 1908. Nel marzo del 1903 la Federazione Ginnastica Italiana candidò la città di Roma, nel gennaio 1904 la candidatura venne sostenuta dall'amministrazione comunale conferendole carattere di ufficialità. Pierre de Coubertin non nascose di preferire Roma a Berlino e il 22 giugno 1904, in occasione di una riunione del CIO tenutasi a Londra, i rappresentanti tedeschi, che in patria non avevano ottenuto alcun appoggio ufficiale, ritirarono la candidatura della loro città e l'organizzazione dei giochi olimpici del 1908 venne quindi assegnata a Roma. Il comitato organizzatore romano, dopo mesi di inattività, si disciolse nel 1906: l'eruzione del Vesuvio del 7 aprile, che si accompagnava alla crisi economica che l'Italia stava attraversando, determinò l'impossibilità di finanziare l'evento e l'Italia rinunciò all'organizzazione. Berlino non presentò una nuova candidatura e infine subentrò la British Olympic Association (BOA) offrendosi di organizzare i giochi a Londra. Il 24 novembre 1906 la BOA emise un comunicato stampa in cui annunciava ufficialmente che i giochi avrebbero avuto luogo nella capitale britannica. L'organizzazione Il 19 novembre 1906, cinque giorni prima dell'annuncio ufficiale, i vertici del BOA nominarono presidente del comitato organizzatore Lord Desborough. Vennero costituite cinque commissioni dedicate rispettivamente alle finanze, al programma, alla sistemazione degli atleti, ai rapporti con la stampa e all'organizzazione generale. Inizialmente erano previste competizioni di 25 attività sportive tre delle quali vennero però in seguito eliminate (equitazione, volo col dirigibile e golf). Per molte attività sportive non esisteva ancora una federazione internazionale, per queste si decise di applicare i regolamenti delle rispettive federazioni britanniche. Nell'estate del 1908 a Londra venne organizzata anche l'Esposizione franco-britannica, una grande fiera internazionale il cui scopo era quello di rafforzare l'Entente cordiale tra Regno Unito e Francia stipulata quattro anni prima. Sia Lord Desborough sia Pierre de Coubertin facevano parte anche del comitato organizzatore dell'esposizione, si presentò quindi l'opportunità di sfruttare delle sinergie nell'organizzazione e nelle manifestazioni. A questo scopo gran parte delle gare sportive furono concentrate in due settimane nel mese di luglio in modo da focalizzare l'attenzione sull'evento sportivo che, nelle precedenti edizioni dei giochi olimpici, era divenuto una sorta di evento secondario delle contemporanee esposizioni. L'area fieristica si trovava nella parte occidentale della città, in un'area chiamata White City (attualmente compresa nel borough di Hammersmith and Fulham). Per l'occasione vi venne costruito uno stadio, il White City Stadium, che fino agli anni venti veniva semplicemente chiamato "The Stadium". I lavori di costruzione iniziarono il 31 luglio 1907 e proseguirono per nove mesi. I costi di costruzione furono pari a £ 44.000 a carico della direzione dell'esposizione, la BOA si fece invece carico dei costi delle gare sportive. L'esposizione iniziò il 14 maggio, lo stesso giorno il principe di Galles entrò nello stadio e lo dichiarò completato. La prima manifestazione ospitata furono i campionati britannici di atletica leggera che ebbero luogo a fine giugno. Le sedi delle gare Il White City Stadium, sede di gran parte delle gare, aveva 66.288 posti a sedere dei quali circa 20.000 erano coperti. Nella parte più esterna dell'area interna si trovava la pista di ciclismo in cemento, all'interno di questa vi era la pista di atletica con un anello lungo un terzo di un miglio, nella parte interna delle due curve si trovavano le pedane per i lanci e i salti, il campo per gli sport di squadra, una piscina non riscaldata con la piattaforma per i tuffi. Al White City Stadium si tennero le gare di tiro con l'arco, hockey su prato, calcio, lacrosse, ciclismo, lotta, rugby, nuoto, tiro alla fune, ginnastica, pallanuoto, tuffi e atletica leggera. Per la scherma venne allestita una grande tenda nella parte interna dello stadio. Per le gare rimanenti l'organizzazione ricorse a impianti già esistenti: le gare primaverili si svolsero negli impianti di alcuni club sportivi esclusivi di Londra, gli incontri di polo presso l'Hurlingham Club, quelli di racquets, tennis e jeu de Paume presso il Queen's Club. Il tennis su prato era inizialmente previsto nel White City Stadium, il fondo era però troppo irregolare per cui vennero spostate presso l'All England Lawn Tennis and Croquet Club, lo stesso che tuttora ospita il torneo di Wimbledon. Le gare di tiro erano divise in due luoghi, il tiro con pistola e fucile a Bisley nel Surrey, il tiro al piattello nel Uxendon Shooting School Club a Harrow nella contea del Middlesex. Le gare di canottaggio si svolsero sul Tamigi sulla tradizionale tratta della regata reale di Henley presso Henley-on-Thames. Per le regate di vela vennero scelte due località: le classi di imbarcazioni più piccole regatarono nel Solent davanti all'isola di Wight, le classi di dimensioni maggiori nel Firth of Clyde sulla costa occidentale della Scozia. Le barche a motore gareggiarono nel Southampton Water, uno stretto braccio di mare davanti alla città di Southampton. Una delle palestre del Northampton Institute, dell'attuale City University, divenne la sede degli incontri di boxe. Presso il Prince's Skating Club a Knightsbridge vi era la possibilità di utilizzare una pista di pattinaggio su ghiaccio e quindi, 16 anni prima dell'avvio dei giochi olimpici invernali (prima edizione a Chamonix nel 1924), ai giochi estivi vi furono gare di uno sport invernale. Partecipanti All'edizione londinese parteciparono 2.008 atleti, tra cui 37 donne, in rappresentanza di 22 paesi. La rappresentativa italiana era composta da 67 atleti. Benché Boemia, Austria e Ungheria facessero parte dello stesso Stato (l'impero austro-ungarico) le statistiche dei risultati degli atleti furono separate. Nei risultati ungheresi vennero conteggiati anche i risultati degli atleti della Voivodina e della Slovacchia. Poco prima dell'inizio dei giochi il governo di Vienna chiese alle squadre di calcio della Boemia e dell'Ungheria e alle squadre di pallanuoto dell'Austria e dell'Ungheria di ritirarsi, erano temuti inasprimenti delle tendenze nazionaliste in occasione di eventuali scontri diretti fra le compagini. 25 atleti dell'Australia e quattro provenienti dalla Nuova Zelanda formarono la squadra congiunta chiamata Australasia con una bandiera ideata per l'occasione. Questa unione si ripeté in occasione dei giochi del 1912 mentre dal 1920 in poi i due stati presentarono squadre distinte. Nonostante l'unione personale Finlandia e Russia presentarono squadre distinte. Diversi atleti irlandesi si rifiutarono di gareggiare per il Regno Unito e chiesero la cittadinanza statunitense. Per la prima volta prese parte ai giochi olimpici un atleta islandese aggregato alla squadra della Danimarca. L'Impero ottomano era rappresentato da un turco di origine greca, Aleko Moullos, il rapporto ufficiale lo cita come partecipante alla competizione a squadre di ginnastica, tra i risultati non è però citato il suo nome, per contro è certa la partecipazione di un atleta argentino, il pattinatore Hector Torromé residente in Inghilterra. Le pochissime donne partecipanti erano coinvolte nelle gare di tiro con l'arco, pattinaggio, vela, tennis e nelle competizioni di imbarcazioni a motore. Vi furono delle esibizioni di ginnastica femminile a squadre ma erano solo a scopo dimostrativo. La vicenda di Dorando Pietri L'atleta italiano che fece più parlare di sé ai Giochi Olimpici di Londra del 1908 fu l'emiliano Dorando Pietri, un umile garzone di fornaio originario di Carpi. Durante la maratona riuscì a staccare tutti gli avversari di oltre dieci minuti; entrato nello stadio fu osannato dal pubblico, ma in prossimità del traguardo stremato per la stanchezza cadde a terra. In un primo momento riuscì a tornare in piedi, ma cadde nuovamente e fu aiutato a rialzarsi da uno dei giudici di gara. Nonostante avesse tagliato il traguardo in largo anticipo rispetto agli avversari, Dorando fu squalificato per aver accettato un aiuto illecito e fu dichiarato vincitore il secondo classificato, un americano di nome Johnny Hayes. Pietri era diventato un eroe, tant'è vero che oltre a ricevere un premio morale dalle mani della regina Alessandra (una coppa d'oro piena di sterline), l'atleta fu anche elogiato dallo scrittore Sir Arthur Conan Doyle sul Daily Mail. Specialità sportive, calendario e risultati Le discipline presenti ai giochi di Londra furono 22: Atletica leggera Calcio Canottaggio Ciclismo Ginnastica Hockey su prato Jeu de Paume Lacrosse Lotta greco-romana Motonautica Nuoto, Pallanuoto e Tuffi Pattinaggio di figura Polo Pugilato Racchette Rugby Scherma Tennis Tiro a segno e tiro a volo Tiro alla fune Tiro con l'arco Vela "Giochi primaverili" "Giochi estivi" Com'è tradizione nei Paesi di lingua inglese, di domenica (i giorni 12 e 19 luglio) non si gareggia. Attività nautiche "Giochi invernali" Cerimonie Cerimonia di apertura Le competizioni sportive iniziarono il 27 aprile senza particolari celebrazioni per l'avvio dei giochi, la cerimonia di apertura ufficiale si tenne il 13 luglio in occasione dell'avvio delle due settimane dedicate alle competizioni estive. Tra gli ospiti d'onore vi erano i rappresentanti della famiglia reale britannica, i principi ereditari della Grecia e della Svezia, il marajà del Nepal, numerosi rappresentanti della nobiltà inglese e gli ambasciatori di Francia, Russia, Austria e Stati Uniti. Alle 15:00 iniziò l'ingresso nel White City Stadium degli atleti, raggruppati per nazione e in rigoroso ordine alfabetico. Le squadre erano precedute da un cartello con il nome dello Stato e dal portabandiera. Gli atleti furono invitati a presentarsi nell'abbigliamento utilizzato per le competizioni, i militari dell'esercito britannico si presentarono in uniforme. Le squadre si schierarono nella parte interna dello stadio, rivolte verso la tribuna reale. Davanti agli atleti si raggrupparono i rappresentanti del Comitato Olimpico e del BOA insieme al comitato d'onore. Il sovrano si alzò e proclamò la formula di apertura dei giochi: „I declare the Olympic Games of London open.“ La banda dei Grenadier Guards suonò l'inno britannico e le bandiere si abbassarono davanti al sovrano; fece eccezione Ralph Rose, il portabandiera statunitense, che rilevando l'assenza del vessillo USA tra quelli issati intorno allo stadio si rifiutò di abbassare la sua bandiera. Dall'evidente errore dell'organizzazione (mancava anche la bandiera svedese) nacque la consuetudine che nelle cerimonie di apertura dei giochi olimpici il portabandiera statunitense non abbassa mai il suo vessillo (nel 1932 ciò venne formalizzato dal Congresso che emise una legge che vieta esplicitamente l'abbassamento della bandiera di fronte a persone o oggetti). Dopo aver reso onore al sovrano gli atleti lasciarono lo stadio e presero avvio le competizioni, si iniziò con le batterie dei 1500 m. Cerimonia di chiusura Il pomeriggio del 25 luglio, un sabato, si tenne la cerimonia di chiusura delle settimane estive. Nella prima fase della cerimonia, dalle 14:15 alle 15:30, vennero premiati i secondi e terzi piazzati, vennero consegnati i diplomi d'onore e le medaglie commemorative, con l'accompagnamento delle bande delle Irish Guards e delle Grenadier Guards, che suonavano inni nazionali e canzoni popolari degli Stati di origine dei premiati. Le medaglie furono consegnate dalla duchessa di Rutland, dalla contessa di Westminster e da Lady Desborough (moglie del presidente del comitato organizzatore). Durante e dopo questa prima fase vennero effettuate diverse dimostrazioni di altri sport, alle 16:15 si concluse l'ultima competizione, la staffetta olimpica, e iniziò il conferimento delle medaglie d'oro. I vincitori si recarono singolarmente presso la regina Alessandra per ricevere, dalle sue mani, la medaglia d'oro che conferì anche diversi altri premi, al termine tutti i vincitori si riunirono nella tribuna reale, resero onore alla sovrana e la cerimonia terminò con l'inno nazionale britannico. Competizioni sportive Calcio Per la prima volta presero parte ai giochi olimpici delle squadre nazionali e non delle squadre di club, la Francia presentò ben due squadre; dell'organizzazione del torneo si occupò la Football Association britannica. Dopo il ritiro della Boemia e dell'Ungheria fu possibile disputare solo due partite dei quarti di finale, la squadra britannica sconfisse la nazionale olandese mentre nell'altra partita la Danimarca sconfisse la prima squadra francese con un punteggio di 17:1, Sophus Nielsen fu autore di ben 10 gol, con un totale di 11 gol nel torneo fu capocannoniere di questa edizione dei giochi. Dopo questo tracollo la Francia decise di non presentarsi alla finale per il terzo posto, al loro posto subentrò la nazionale svedese che fu sconfitta 2:0 dall'Olanda. Nella finale, che si svolse davanti a 8.000 spettatori, i padroni di casa sconfissero la Danimarca per 2:0 con reti di Frederick Chapman (20') e Vivian Woodward (46'). Canottaggio Le competizioni previste nel canottaggio erano quattro: singolo, due senza, quattro senza e l'otto. La distanza prevista era di 1,5 miglia e le gare si tennero a Henley-on-Thames sul Tamigi. In confronto alla tradizionale regata reale di Henley, che viene disputata sulla stessa tratta del fiume dal 1839, le competizioni olimpiche erano più lunghe di 330 iarde. Il tratto di fiume è piuttosto stretto cosicché la competizione si svolse tra due sole imbarcazioni alla volta. Le regole utilizzate furono quelle della Amateur Rowing Association of England, dell'organizzazione si occupò il Leander Club di Henley-on-Thames. Tutte e quattro le gare videro la vittoria di imbarcazioni britanniche. Contrariamente a quanto avvenne negli altri sport vennero premiati solo i primi, non si svolsero quindi le finali per il terzo e quarto posto. I secondi e terzi classificati non ricevettero alcuna forma di riconoscimento se non la medaglia consegnata a tutti i partecipanti ai giochi olimpici. Ginnastica Nella ginnastica vi furono solo due competizioni, la gara individuale e la gara a squadre, non erano ancora in programma gli individuali per attrezzo così come li conosciamo oggi che vennero introdotti solo nel 1924. Nella gara individuale gli oltre 100 partecipanti dovevano eseguire un esercizio di due minuti su sei dei sette attrezzi presenti che erano sbarra, parallele simmetriche, anelli fissi e mobili, fune di salita, cavallo con maniglie. Nella sbarra vi era una distinzione fra esercizio statico ed esercizio dinamico. La medaglia d'oro fu vinta dall'italiano Alberto Braglia, che prima di dedicarsi alla ginnastica era stato un calciatore professionista. La competizione a squadre prevedeva un esercizio collettivo di 30 minuti con e senza attrezzi. Le squadre, composte da minimo 16 e massimo 40 ginnasti, venivano giudicate in base all'esecuzione e al grado di difficoltà dell'esercizio presentato. Vinse la squadra svedese davanti a Norvegia e Finlandia. Per l'Italia partecipò la Palestra Ginnastica Ferrara che concluse la prova al 6º posto. Pallacorda La Pallacorda (Jeu de Paume), un precursore del tennis, fu sport olimpico solo nella IV Olimpiade; una variante all'aperto, chiamata Longue Paume, era stata programmata come evento dimostrativo alle olimpiadi del 1900 a Parigi. Ad Amsterdam, nel 1928, il Real Tennis - come è chiamato il gioco nel Regno Unito - sarebbe entrato di nuovo nel programma sempre a titolo dimostrativo. Al torneo, che si svolse al Queen's Club, presero parte solo 11 atleti che nell'opinione degli organizzatori erano però i migliori al mondo. La medaglia d'oro andò allo statunitense Jay Gould, che in finale sconfisse il britannico Eustace Miles con un punteggio di 6:5, 6:4, 6:4. Nell'incontro per la medaglia di bronzo il britannico Neville Bulwer-Lytton sconfisse il compatriota Arthur Page 6:2, 6:4, 6:4. Pallanuoto Le partite preliminare si erano svolte prima dell'inizio dei giochi, le squadre di Austria e Ungheria si ritirarono prima dell'inizio. Le assenze fecero sì che vi fu un solo incontro preliminare nel quale il Belgio sconfisse l'Olanda per 8:1. Alle semifinali giunsero solo tre squadre, la squadra di casa accedette direttamente alla finale senza nemmeno aver disputato un incontro. L'altra finalista fu la squadra belga che sconfisse la Svezia per 8:4. Nella finale i più riposati britannici sfruttarono il vantaggio e sconfissero i belgi per 9:2. Nuoto Per la prima volta nei giochi olimpici le competizioni di nuoto vennero svolte in una piscina, ad Atene le gare di nuoto si erano svolte in mare, a Parigi nella Senna e a Saint Louis in un lago artificiale. La vasca dei giochi di Londra, situata all'interno del White City Stadium, era lunga il doppio della misura attuale e larga la metà, aveva quindi solo 4 corsie. Responsabile dell'organizzazione fu la English Amateur Swimming Association, la stesura delle regole diede origine a diversi equivoci così il 19 luglio, con le competizioni ancora in corso, i rappresentanti di 10 federazioni nazionali si riunirono presso il Manchester Hotel e fondarono la federazione internazionale (FINA). Fra i nuotatori spiccò il britannico Henry Taylor che vinse tre medaglie d'oro, nei 400 m stile libero, nei 1500 m stile libero e nella staffetta 4 × 200 m stile libero. In quattro delle sei discipline presenti vennero ottenuti dei record mondiali: Charles Daniels (USA) nei 100 m stile libero, Henry Taylor (GBR) nei 1500 m stile libero, Frederick Holman (GBR) nei 200 m rana e la staffetta britannica. Pugilato Le competizioni di tutte le cinque categorie previste si svolsero nello stesso giorno, l'organizzazione delle gare fu a carico della Amateur Boxing Association of England, con regolamento basato sulle regole del marchese di Queensberry. Ogni combattimento si svolgeva su tre round, i primi due duravano tre minuti e il terzo ne durava quattro. In competizione vi furono quasi esclusivamente britannici che infatti si aggiudicarono 14 delle 15 medaglie in palio. L'unico premiato non britannico fu l'australiano Reginald Baker, sconfitto in finale dal britannico John Douglas. La sconfitta fu controversa tanto che in seguito si sostenne che a fronte di un pareggio il primo giudice di gara, che era il padre di Douglas, avesse favorito il figlio. In realtà il padre di Douglas, in qualità di presidente della federazione britannica, era solamente incaricato del conferimento delle medaglie. Rugby Teoricamente avrebbero potuto prendere parte al torneo olimpico di rugby tutte e quattro le rappresentative britanniche, vi prese però parte solo l'Inghilterra con la selezione della Cornovaglia. Benché fossero state invitate, né la rappresentativa della Nuova Zelanda né quella del Sudafrica presero parte al torneo. Una settimana prima dell'inizio dei Giochi la squadra francese si ritirò adducendo che non era in grado di presentare una squadra rappresentativa. Rimasero solo la squadra inglese e quella australiana che si trovava in Europa per un tour continentale. Nell'unico incontro che si disputò secondo le regole del Rugby Union gli australiani confermarono il loro ruolo di favoriti sconfiggendo la squadra di casa con il punteggio di 32:3. Scherma Nelle quattro competizioni di scherma previste vennero applicate le regole della Amateur Fencing Association of Great Britain and Ireland pubblicate, per la prima volta in tre lingue (inglese, francese e tedesco) evitando così i problemi di diversa interpretazione di regole da parte della scuola francese e della scuola italiana che si presentarono nelle edizioni precedenti dei giochi olimpici. Nella spada il francese Gaston Alibert dominò sia nella competizione individuale che in quella a squadre, nella sciabola l'atleta di maggiore successo fu l'ungherese Jenő Fuchs che vinse due medaglie d'oro. Per la prima e unica volta non vi furono gare di fioretto, nell'opinione degli organizzatori i regolamenti dei vari paesi partecipanti presentavano tali e tante differenze da rendere impossibile una competizione internazionale. Presso la Prince's Galleries a Piccadilly venne effettuata una competizione a scopo dimostrativo. Tennis Il torneo di tennis era suddiviso in due fasi, nella prima metà di maggio si svolsero gli incontri indoor presso il Queen's Club, nella prima metà di luglio quelli all'aperto a Wimbledon. Gli incontri al chiuso seguirono i campionati britannici che si erano svolti nella stessa sede, gli unici partecipanti stranieri alla prima fase furono due uomini e due donne svedesi. Nella finale del singolo Arthur Gore sconfisse George Caridia. La medaglia di bronzo andò a Josiah Ritchie il cui avversario, Wilberforce Eaves, ebbe un attacco di debolezza improvvisa. La vincitrice del torneo femminile fu Gwendoline Eastlake-Smith, Arthur Gore e Herbert Barrett vinsero la medaglia d'oro nel doppio maschile. Il torneo sull'erba ebbe luogo immediatamente dopo il torneo di Wimbledon, molti dei giocatori migliori avevano già lasciato la città visto che il prestigio del torneo non era comparabile con quelle embrionale dei giochi olimpici. Tra gli assenti il già citato Arthur Gore, vincitore del torneo e campione olimpico della fase indoor. Nonostante le numerose assenze gli organizzatori non rividero il cartellone degli incontri cosicché molti giocatori arrivarono alle fasi finali senza nemmeno aver disputato un incontro. Questo svarione organizzativo fu particolarmente evidente nel torneo femminile dove la britannica Dora Boothby giunse in finale senza aver disputato un solo incontro, venne sconfitta dalla connazionale Dorothea Douglass che all'epoca era la migliore tennista mondiale. Nella finale maschile vinse il britannico Josiah Ritchie che sconfisse il tedesco Otto Froitzheim. Il doppio maschile vide la vittoria dei britannici George Hillyard e Reginald Doherty. Tiro alla fune All'inizio del XX secolo il tiro alla fune era ancora considerato parte dell'atletica leggera. Tre delle cinque squadre partecipanti al torneo olimpici erano rappresentative di forze di polizia. L'unico incontro dei quarti di finale (le altre squadre passarono direttamente il turno) fu quello fra la Liverpool Police e gli Stati Uniti (della squadra facevano parte, tra gli altri, Ralph Rose e John Flanagan, medaglie d'oro nel getto del peso e del tiro del giavellotto). I poliziotti di Liverpool passarono alla finale ma scatenarono le proteste della squadra statunitense, indossavano infatti delle scarpe chiodate. La giuria (composta di soli britannici) ritenne nulle le proteste in quanto le scarpe chiodate facevano parte dell'abbigliamento d'ordinanza ed erano quindi ammesse dal regolamento e gli americani ritirarono la squadra. Dopo una delle due semifinali la squadra svedese, anch'essa sconfitta dalla Liverpool Police, rinunciò all'incontro per il terzo e quarto posto, la medaglia di bronzo andò quindi alla sezione K della Metropolitan Police Service di Londra. In finale la City of London Police sconfisse la polizia di Liverpool. Tiro con l'arco Nel tiro con l'arco erano previste due competizioni per gli uomini e una per le donne, responsabile dell'organizzazione fu la Royal Toxophilite Society. Il 17 e il 18 luglio si svolsero il York Round maschile e il doppio round nazionale femminile, nello York round prevalsero gli atleti britannici, l'unico non britannico fra i primi 15 era lo statunitense John Penrose (medaglia di bronzo). I due giorni di competizioni furono caratterizzati da condizioni meteorologiche pessime che portarono a numerose interruzioni delle gare, il primo giorno piovve a dirotto e il secondo giorno un vento molto forte condizionò la precisione degli arcieri. I partecipanti dell'Europa continentale avevano difficoltà ad adeguarsi alle complesse regole della federazione britannica e al sistema non metrico di misurazione delle distanze, i francesi chiesero e ottennero che venisse disputata una gara utilizzando anche il sistema metrico e il 20 luglio venne effettuato il Continental Round nel quale ai primi sei posti si piazzarono dei francesi. Il National Round femminile vide l'esclusiva partecipazione di atlete britanniche e assunse il carattere di una competizione nazionale. Tuffi Nei tuffi vennero svolte due gare, dal trampolino e dalla piattaforma. Nella prima gara vennero effettuati tuffi dal metro e dai tre metri mentre nella seconda dalla piattaforma a 5 e a 10 metri. Nel trampolino vinse il tedesco Albert Zürner mentre la piattaforma fu dominio svedese, ben 6 tuffatori si qualificarono per la semifinale e in finale trionfò Hjalmar Johansson precedendo tre connazionali. Vela Nelle gare di vela vennero effettuate solo quattro delle cinque competizioni previste, la regata delle imbarcazioni della classe dei 15 metri venne annullata per mancanza di iscritti. Vennero applicate le regole della Yacht Racing Association basate sul regolamento della International Sailing Federation fondata solo un anno prima. Ogni paese partecipante poteva presentare due imbarcazioni per gara. Tutte le regate vennero vinte da imbarcazioni britanniche. Alla gara della classe dei 6 metri e a quella degli 8 metri presero parte cinque imbarcazioni, nella classe dei 12 metri (l'unica gara che si svolse davanti alla costa occidentale della Scozia e non al largo dell'isola di Wight) presero parte solo due imbarcazioni. La gara della classe dei 7 metri vide la partecipazione di una sola imbarcazione che dovette semplicemente limitarsi a raggiungere il traguardo. I vincitori Gli atleti più medagliati di questa edizione furono l'inglese Henry Taylor che vinse tre medaglie d'oro nel nuoto e lo statunitense Melvin Sheppard nell'atletica leggera. In generale i dominatori dell'edizione furono proprio i britannici che surclassarono gli americani, 145 medaglie complessive per i primi e 47 per i secondi. Questi ultimi, che nelle precedenti edizioni avevano vinto molte medaglie nell'atletica, videro ridimensionate le loro aspettative soprattutto per merito di atleti provenienti da paesi emergenti, come il sudafricano Reginald Walker che vinse i 100 m in 10"8 e il canadese Robert Kerr che vinse i 200 m in 22"6. La finale dei 400 m, disputata da tre atleti americani ed uno inglese, non prevede ancora le corsie così gli americani fanno gioco di squadra. I giudici però squalificano il vincitore statunitense e decretano la vittoria dell'inglese Wyndham Halswelle, giunto secondo al traguardo. Alle proteste americane, incentrate sul diverso tipo di regolamento adottato negli USA, gli inglesi risposero proponendo la ripetizione della gara. Gli statunitensi rifiutarono la proposta e così Halswelle si ritrovò a gareggiare da solo, unico medagliato nella gara dei 400 m. Il mezzofondista statunitense Melvin Sheppard riuscì comunque a risollevare le sorti americane centrando la storica impresa di vincere i 1.500 m e gli 800 m, in quest'ultima gara precedette l'italiano Emilio Lunghi. L'Italia vinse 2 ori con Alberto Braglia nel concorso completo di ginnastica e con Enrico Porro che vinse la categoria leggeri nella lotta, anche se la partecipazione italiana venne ricordata soprattutto per il dramma di Dorando Pietri nella maratona. La conclusione I giochi si conclusero il 31 ottobre e riuscirono a ridare slancio al movimento olimpico che da quell'edizione crebbe in popolarità e partecipazione. Il sogno di de Coubertin si era avverato. L'olimpiade di Stoccolma nel 1912 si giovò dell'esperienza londinese rappresentando sicuramente la migliore tra le edizioni olimpiche precedenti alla prima guerra mondiale. Medagliere Note Bibliografia British Olympic Association, The Fourth Olympiad London 1908, 1909 (Versione digitalizzata ) Altri progetti Collegamenti esterni
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Giochi della IX Olimpiade
I Giochi della IX Olimpiade (in olandese: Spelen van de IXe Olympiade), noti anche come Amsterdam 1928, si sono svolti ad Amsterdam, nei Paesi Bassi, dal 28 luglio al 12 agosto 1928. Sono ricordati per essere stati i primi Giochi in cui vennero ammesse le donne alle gare di atletica leggera. Organizzazione La capitale olandese aveva già presentato la sua candidatura per i Giochi del 1920 e del 1924, ma prima l'omaggio del mondo al Belgio martoriato dalla guerra, e poi l'esplicita richiesta del barone de Coubertin di affidare l'organizzazione della manifestazione a Parigi, le avevano negato la possibilità di fare il proprio esordio tra le città olimpiche. La cerimonia d'apertura si tenne il 28 luglio. I giochi furono aperti ufficialmente dal principe Hendrik, consorte della regina Wilhelmina, che lo aveva autorizzato a fare le veci per lei, che in quel momento era in viaggio in Norvegia. Per la prima volta la passerella degli atleti fu guidata dalla rappresentativa greca per terminare con i membri della squadra del paese ospitante. Inoltre, il rito dell'accensione del braciere olimpico, già sperimentato quattro anni prima a Parigi, divenne ufficiale. Questi giochi sono stati i primi a presentare un programma standard di circa 16 giorni, che è ancora tutt'oggi in uso. I Giochi olimpici olandesi si svolsero in un clima abbastanza tranquillo. Gli echi di guerra erano ancora lontani, la Germania, al suo ritorno ai Giochi dopo sedici anni di assenza, era ancora una democrazia e l'economia non aveva ancora conosciuto le difficoltà che sarebbero conseguite al "Martedì nero". Ancora una volta non si presentò ai blocchi di partenza la Russia. Nonostante alcuni problemi di organizzazione (la costruzione del villaggio olimpico non venne terminata in tempo, l'Italia si arrangiò alloggiando in un piroscafo), l'edizione riscosse un buon successo di critica e pubblico. La Coca-Cola diventò il primo sponsor olimpico. I vincitori Tra le vittorie si ricordano quelle di Johnny Weissmuller, che vinse due medaglie d'oro nel nuoto e di Paavo Nurmi che vinse la sua nona e ultima medaglia d'oro nei 10.000 m. Il canadese Percy Williams vinse a sorpresa sia i 100 m e 200 m. Il capitano del Giappone, Mikio Oda vinse il triplo salto con un risultato di 15,21 metri. Fu la prima medaglia d'oro dei paesi asiatici. Ben 33 nazioni (su 46) ritornarono in patria con almeno una medaglia: un record, questo, che durò per 40 anni. Per la prima volta le donne vennero ammesse alle gare di atletica leggera. La prestazione dell'Italia non soddisfece appieno Benito Mussolini, che perciò estromise Lando Ferretti dalla carica di presidente del CONI. Delusero anche gli Stati Uniti che, anche a causa delle prestazioni non esaltanti nell'atletica leggera, guadagnarono meno della metà degli ori conquistati a Parigi, riducendo di almeno un terzo anche il numero delle medaglie d'argento e di bronzo. Luoghi Amersfoort - Pentathlon moderno (equitazione) Amsterdam - Ciclismo (strada) Buiten Y - Vela Hilversum - Equestre (non salto eventi), pentathlon moderno (in esecuzione) Krachtsportgebouw - Boxe, pesi, Lotta libera Monnikenhuize - Calcio Stadion Vecchio - Hockey su prato Sport Olympic Park Swim Stadium - Tuffi, pentathlon moderno (nuoto), Nuoto, Pallanuoto Stadio Olimpico - atletica, ciclismo (pista), equitazione (salto), Hockey su prato, calcio, ginnastica Rotterdam Sparta Stadion Het Kasteel - Calcio Schermzaal - Scherma, Pentathlon Moderno (scherma) Sloten - Canottaggio Zeeburg Shooting Grounds - Pentathlon moderno (tiro) Zuiderzee - Vela Medagliere Medaglie per sport I vincitori di medaglie nei diversi sport: Dimostrazioni Kaatsen (dimostrazione non ufficiale) Korfball Lacrosse Altri progetti Collegamenti esterni
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I Giochi olimpici invernali
I I Giochi olimpici invernali (in francese Iers Jeux olympiques d'hiver, originariamente chiamati Settimana internazionale degli sport invernali), noti anche come Chamonix '24, si sono svolti a Chamonix-Mont-Blanc (Francia) dal 25 gennaio al 5 febbraio 1924. Storia Al congresso del CIO del 1921 si decise che la nazione organizzatrice dell'edizione successiva dei Giochi olimpici, la Francia, avrebbe anche ospitato una distinta "Settimana internazionale degli sport invernali", sotto il patrocinio dello stesso CIO. Nel 1922 si tenne un congresso della commissione internazionale dello sci, che portò alla nascita, il 2 febbraio, della Federazione Internazionale Sci (FIS). Dal 25 gennaio al 4 febbraio 1924 si tenne la "Settimana internazionale degli sport invernali" a Chamonix-Mont-Blanc, alla quale parteciparono complessivamente 258 atleti in rappresentanza di 16 nazioni, che si cimentarono in 16 gare di 6 diverse discipline. Dato il successo della "Settimana internazionale degli sport invernali" il 6 maggio 1926, tre settimane dopo l'ultima edizione dei Giochi nordici, nel corso della 24ª sessione del CIO, tenutasi a Lisbona, il CIO decise di istituire i Giochi olimpici invernali, da svolgersi ogni quattro anni come i già esistenti Giochi olimpici estivi. Nella stessa sessione il CIO decise di designare retroattivamente le gare di Chamonix come I Giochi olimpici invernali, anche su pressione dei Paesi nordici, e di assegnare a Sankt Moritz l'organizzazione della seconda edizione nel 1928. Discipline olimpiche 6 (Biathlon, Bob, Curling, Hockey su ghiaccio, Sci, Pattinaggio) Protagonisti Charles Jewtraw (USA, pattinaggio): è il primo campione olimpico della storia dei Giochi olimpici invernali. Vince la prima gara dei Giochi, i 500 m di pattinaggio velocità. Herma Szabo-Plank (Austria, pattinaggio) è la prima donna campionessa olimpica della storia dei Giochi olimpici invernali. Vince il concorso individuale femminile di pattinaggio artistico, l'unica gara femminile in programma. Thorleif Haug (Norvegia, sci nordico): vince tutte e tre le gare di sci nordico in programma (18 km e 50 km di fondo, combinata nordica). Medagliere Medaglie per sport I vin medaglie nei diversi sport: Note Bibliografia Altri progetti Collegamenti esterni
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II Giochi olimpici invernali
I II Giochi olimpici invernali (in tedesco: II. Olympische Winterspiele, in romancio II Gieus olimpics d'enviern), noti anche come Sankt Moritz '28, si sono svolti a Sankt Moritz (Svizzera) dall'11 al 19 febbraio 1928. Discipline olimpiche 4 (Bob, Hockey su ghiaccio, Pattinaggio, Combinata nordica, Skeleton) Protagonisti Sonja Henie (Norvegia, pattinaggio di figura): a soli 15 anni, ma già alla sua seconda partecipazione olimpica, vince la medaglia d'oro nel concorso femminile di pattinaggio artistico. Gillis Grafström (Svezia) (pattinaggio di figura): è campione olimpico nel singolo uomini per la terza volta consecutiva. Il primo oro lo aveva vinto ai Giochi olimpici (estivi) di Anversa 1920. È l'unica persona ad aver vinto l'oro nella stessa specialità sia ai Giochi olimpici estivi sia ai Giochi olimpici invernali. Medagliere Medaglie per sport I vincitori di medaglie nei diversi sport: Bibliografia Comitato Olimpico Svizzero, St. Moritz 1928, 1928 (versione digitalizzata) Comitato Olimpico Svizzero, Résultats des concours des IImes Jeux Olympiques d'hiver, 1928 (versione digitalizzata) Altri progetti Collegamenti esterni
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III Giochi olimpici invernali
I III Giochi olimpici invernali (in inglese: III Olympic Winter Games), noti anche come Lake Placid 1932, si sono svolti a Lake Placid (Stati Uniti d'America) dal 4 al 15 febbraio 1932. Calendario Protagonisti Sonja Henie (Norvegia, pattinaggio): a 19 anni, ma già alla sua terza olimpiade, si riconferma campionessa olimpica nel corcorso individuale femminile. Eddie Eagan (USA, bob): già campione olimpico nel pugilato ad Anversa nel 1920, è uno dei componenti della squadra statunitense che vince l'oro nel bob a quattro. È l'unico sportivo della storia ad aver vinto una medaglia d'oro olimpica sia in una disciplina estiva sia in uno sport invernale. Medagliere Medaglie per sport I vincitori di medaglie nei diversi sport: Bibliografia Comitato Organizzatore, III Olympic Winter Games Lake Placid 1932, 1932 (versione digitalizzata ) Altri progetti Collegamenti esterni
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IV Giochi olimpici invernali
I IV Giochi olimpici invernali (in tedesco: IV. Olympische Winterspiele), noti anche come Garmisch '36, si sono svolti a Garmisch-Partenkirchen (Germania) dal 7 al 16 febbraio 1936. Protagonisti Sonja Henie (Norvegia, pattinaggio): vince la terza medaglia d'oro consecutiva nel corcorso individuale femminile. Birger Ruud (Norvegia, sci): il polivalente sciatore norvegese si cimenta sia nello sci nordico sia nello sci alpino. Nel salto con gli sci vince la seconda medaglia d'oro consecutiva. Calendario Medagliere Risultati I vincitori di medaglie nei diversi sport I vincitori di medaglie non conteggiate Pattuglia militare Stock sport Bibliografia Altri progetti Collegamenti esterni
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IX Giochi olimpici invernali
I IX Giochi olimpici invernali (in tedesco: IX. Olympische Winterspiele), noti anche come Innsbruck '64, si sono svolti a Innsbruck (Austria) dal 29 gennaio al 9 febbraio 1964. Calendario e Discipline Discipline dimostrative 1 (stock sport) Protagonisti Lidiya Skoblikova (URSS, pattinaggio): è la prima donna a vincere tutte e quattro le gare di velocità in un'unica edizione dei Giochi. Su tre distanze, oltre a vincere l'oro, stabilisce anche il nuovo record olimpico. Klavdija Bojarskich (URSS, sci di fondo): domina le gare femminili vincendo tre medaglie d'oro. Eero Mäntyranta (Finlandia, sci di fondo): domina le gare maschili vincendo due medaglie d'oro. Eugenio Monti (Italia, bob): è il primo atleta a vincere la medaglia Pierre de Coubertin per aver prestato un bullone all'equipaggio britannico composto da Tony Nash e Robin Dixon, permettendo loro di correre la gara, che poi avrebbero vinto. Medagliere Bibliografia Altri progetti Collegamenti esterni
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Indicatore statistico
Un indicatore statistico (o indice statistico) è una funzione di un insieme finito o infinito di valori. In statistica si costruiscono per effettuare una sintesi dei dati. Descrizione Nella ricerca sociale, si usano concetti generali, troppo astratti per poter essere utilizzati nella ricerca empirica; è necessario dunque operativizzare i concetti: da un concetto generale (per es. "benessere") bisogna scendere nella scala di astrazione, semplificandolo (per es."benessere nella condizione economica" o " benessere ambientale"etc.), così facendo se ne riduce la complessità, selezionandone alcuni aspetti più significativi, che sono legati al concetto di partenza da un rapporto di indicazione, in quanto ne sono indicatori. È quindi necessario individuare, nell'ambito di ciascuno di essi, altri indicatori più concreti e più vicini alla realtà, scomponendoli in sotto-dimensioni (per es. "reddito"). In tal modo si ottengono le variabili, ultimo gradino della scala di astrazione, anch'esse indicatori del concetto generale. La modalità con cui si costruiscono le variabili è detta "definizione operativa". Molto spesso le variabili che si usano a livello empirico derivano da un calcolo. Per es. per ottenere il reddito procapite è necessario dividere l'ammontare complessivo dei redditi di un comune per la popolazione stessa di quel comune. La scelta del reddito procapite piuttosto che ad esempio del reddito complessivo ci evidenzia la relatività della definizione operativa. Il passaggio dal concetto generale all'indicatore specifico è sempre incompleto e parziale, perché un processo di semplificazione comporta la perdita di una parte di informazione; ciò è ancora più evidente con concetti molto complessi per i quali bisogna ricorrere a più indicatori. Uno stesso concetto può essere ridotto ad indicatori diversi nell'ambito di indagini diverse e di contesti socio-culturali differenti. I diversi significati attribuibili a un indicatore inducono a considerare elastici i rapporti semantici tra concetti e livelli di generalità diversi. Individuando uno o più indicatori, attraverso il rapporto di indicazione, che esprime, anche se parzialmente, il significato del concetto generale, si può commettere un errore: l'errore di indicazione è la non validità che può verificarsi proprio nel momento in cui si scelgono gli indicatori che esprimono in modo troppo parziale il concetto a cui si riferiscono, non coprendo così in maniera adeguata l'area semantica del concetto. La validità si riferisce perciò alla correttezza della concettualizzazione. Il ricercatore può valutare la validità ripercorrendo il processo di scomposizione del concetto (convalida a vista o per contenuto), oppure convalidando per criterio, cioè individuando un altro indicatore dello stesso concetto e controllando se è congruente con quello oggetto di verifica. Questa è una convalida empirica mentre quella per contenuto e teorica; entrambe non consentono di misurare "quanto" un indicatore sia valido. Gli errori che si possono compiere nella fase di definizione operativa riguardano l'attendibilità, ovvero sono errori che possono pregiudicare la capacità dei dati di riprodurre fedelmente le unità di analisi. Questo può avvenire: usando liste di popolazione non aggiornate (errore di copertura) nel caso di rilevazioni parziali in cui, se si usa un campione non probabilistico, non si può risolvere l'errore (errori di campionamento) se i soggetti non rispondono (errore di non risposta) nel caso in cui sia il rilevatore a compiere l'errore in quanto non adeguatamente preparato nella modalità di raccolta (per es. le interviste tel. hanno ritmi serrati che potrebbero indurre a risposte poco attendibili) nel trattamento dei dati che vengono trasferiti in archivi elettronici Dato che gli indicatori riguardano solo alcuni aspetti del concetto, attraverso un approccio sintetico finale, è possibile ricombinare le varie variabili per ricostruire così il concetto originario, ottenendo l'indice sintetico. Nell'analisi secondaria, invece, l'operativizzazione del concetto è già stata effettuata ed è a partire dalle variabili che si risale la scala di astrazione. A volte le variabili vanno modificate per essere più adatte all'indagine. [un indice non può essere definito indicatore fino a che non gli si attribuisce un referente concettuale nell'ambito della ricerca] Anche le rappresentazioni grafiche in statistica sono metodi (grafici) di sintesi dei dati. Indicatori nella teoria statistica Si distinguono in : indice di posizione: media, mediana, moda, quartile, quantile, ecc. indice di dispersione: varianza, deviazione standard, scarto interquartile, coefficiente di variazione, indice di eterogeneità, ecc. indice di concentrazione: indice di concentrazione di Gini, ecc. indice di diversità: indice di Shannon-Wiener, di Brillouin, di Simpson indice di correlazione: covarianza, ecc. indice di forma: indice di simmetria, curtosi. Indicatori nella statistica ufficiale Nella varie branche della statistica si calcolano appositi indicatori, spesso definiti a livello internazionale. In generale, ogni volta che un dato aggregato non rappresenta fedelmente il fenomeno osservato (perché limitato nel tempo, nello spazio o nella definizione dell'universo statistico) tale dato aggregato può essere considerato un indicatore del fenomeno che si desidera osservare. Esempio: il dato "Popolazione residente al 31 dicembre 2004" è un indicatore del numero di persone abitanti stabilmente nel territorio, ma non rappresenta fedelmente il fenomeno in quanto ci sono ritardi nelle registrazioni, esclude le persone che non si fanno registrare dalle anagrafi, perché cambia ogni giorno, perché "stabilmente" è un concetto vago ovvero arbitrario, ecc. Elenco di indici, tassi, ecc. usati nella pratica Demografia tasso Tasso grezzo, tasso standardizzato Tasso di mortalità, Tasso di natalità, Tasso di fecondità totale, Tasso di nuzialità Piramide delle età, indice di vecchiaia, indice di sostituzione, indice di dipendenza Tasso di immigrazione, Tasso di emigrazione, indice di mobilità Popolazione residente, Popolazione presente Tavola di mortalità (uno strumento che produce un insieme di indicatori demografici) Economia Tasso d'inflazione Prodotto interno lordo e altri aggregati della Contabilità Nazionale (vedasi Statistica economica) Mercato del lavoro tasso di disoccupazione, tasso di occupazione, tasso di attività, ecc. Occupazione Sanità, Epidemiologia Tasso di morbosità Istruzione Tasso di scolarità, Tasso di maturità, Tasso di ripetenza, Tasso di abbandono scolastico Altri progetti
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https://it.wikipedia.org/wiki/Indice%20di%20dispersione
Indice di dispersione
In statistica, un indice di dispersione è un indice che descrive sinteticamente la variabilità di una distribuzione statistica quantitativa. In modo particolare misura quanto i valori presenti nella distribuzione distano da un valore centrale scelto come riferimento. Il valore centrale è solitamente un indice di posizione. I valori centrali più usati nelle applicazioni sono media e mediana. Per variabili nominali si usano indici di diversità. Esempi Sono indicatori di dispersione: campo o intervallo di variazione scarto interquartile varianza, deviazione standard e coefficiente di variazione scarto medio assoluto deviazione mediana assoluta indice di dispersione di Poisson Note Voci correlate Variabilità Indice di posizione Box-plot Indice di polidispersione
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https://it.wikipedia.org/wiki/Indice%20di%20posizione
Indice di posizione
In statistica, gli indici di posizione (anche detti indicatori di posizione, o indici di tendenza centrale o misure di tendenza centrale, in quanto in generale tendono a essere posizionati centralmente rispetto agli altri dati della distribuzione) sono indici che danno un'idea approssimata dell'ordine di grandezza (la posizione sulla scala dei numeri, appunto) dei valori esistenti. Esempi Sono indici di posizione: media, comprese la media aritmetica, media geometrica e media armonica mediana, quartile, quantile (o percentile) moda Rappresentazione Un modo per rappresentare graficamente alcuni indici di posizione è il box-plot. Note Voci correlate Statistica Indice di dispersione Altri progetti
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https://it.wikipedia.org/wiki/Isola%20di%20Ponza
Isola di Ponza
Ponza è un'isola situata nel mar Mar Tirreno centrale, davanti al Golfo di Gaeta a 21 miglia nautiche a sud di San Felice Circeo. È la maggiore isola per estensione dell'arcipelago delle Isole Ponziane, di cui fanno parte anche Gavi, Zannone, Palmarola, Ventotene e Santo Stefano. Di esse soltanto Ponza e Ventotene sono abitate permanentemente. Appartenente alla provincia di Latina, nel Lazio, in passato ha fatto parte della provincia di Terra di Lavoro. Si estende dal Faraglione La Guardia, a sud, alla Punta dell'Incenso, a nord-est e presenta una forma stretta e allungata che ricorda la lettera "i" dell'alfabeto, il cui puntino è rappresentato dall'isola di Gavi. Quest'ultima è separata da Ponza da un braccio di mare di appena 120 metri. Geografia Ponza ha una superficie di 7,5 km² ed è prevalentemente collinare. È sovrastata a nord dal monte Schiavone (157m), al centro dai monti Core (201 m), Tre Venti (177 m) e Pagliaro (177 m) e raggiunge la massima altitudine con i 280 m del monte Guardia, posto esattamente all'estremità meridionale dell'isola. Per una lunghezza di 25 Km si estendono le sue coste frastagliate e per lo più rocciose, composte da caolino e tufi, a dimostrazione, (insieme ai numerosi crateri vulcanici spenti ma tutt'oggi riconoscibili) dell'origine vulcanica dell'isola. L'unica costa ad essere bassa è quella dell'insenatura in cui sorgono il porto di Sant'Antonio, Giancos e Santa Maria, poiché derivata da un lungo processo di accumulo di detriti di natura torrentizia, che hanno dato origine all'attuale valle fertile. Tutte le spiagge sono caratterizzate da ghiaia e sassi, dovuti all'erosione da parte del vento e del mare delle pareti rocciose in cui si sviluppano. L'unica a presentare anche un misto di sabbia fina è la celebre spiaggia di Chiaia di Luna (sud-ovest), circondata da un'ampia scogliera a picco sul mare. Essa viene prediletta ogni anno da migliaia di turisti e appassionati subacquei per la numerosa presenza di grotte sottomarine e di scogliere, collocate anche nel resto dell'isola. Famosi sono anche la Scogliera e i Faraglioni di Lucia Rosa, che prendono il nome dalla protagonista di una tragedia realmente accaduta nel XIX secolo. Lucia Rosa era una giovane donna di diciannove anni, innamorata di un misero contadino ma impedita a sposarlo per l'opposizione della famiglia: la ragazza, in preda alla disperazione, si suicidò gettandosi dall'alta scogliera, che venne ribattezzata in suo nome dagli abitanti del posto. La vegetazione è tipicamente mediterranea, con prevalenza di agavi, fichi d'India, ginestre, fillirea, mirto, palma nana, leccio, ginepro, lentisco e oleastro. La fauna terrestre non è molto ricca, a differenza di quella marina che vede una molteplicità di specie come la verdasca, tracina drago, totano, tonno, tombarello, sugarello, squalo volpe, spigola ecc... Il clima ha caratteristiche subtropicali mediterranee con moderata escursione, determinata dalla presenza di alta pressione. Storia L'isola di Ponza è popolata fin dal Neolitico, ma i suoi principali centri nacquero sotto la dominazione dei Volsci. Occupata in un primo tempo dai Fenici, che l'adibirono a scalo commerciale, nell'VIII secolo a.C. fu colonizzata dai Greci, cui è attribuibile un ipogeo funerario e, secondo numerosi storici, l'acquedotto di Le Forna. Anche il nome deriverebbe dal greco antico Pòntos, Πόντος o Pontia, Πόντια, ossia «mare». Ponza e l'arcipelago passarono colonia romana nel 312 a.C. quando la ormai fiorente e potente repubblica romana si accordò con i Volsci creando una colonia alleata. I romani avevano intuito non solo l'importanza strategica ma anche quella economica dell'arcipelago. L'isola infatti nel 209 a. C. durante la seconda guerra punica fu una delle 18 colonie su 30 che fornì navi, uomini e ricchezze per sostenere Roma nel conflitto. Questo non vuol dire che Ponza godesse allora della civitas optimo iure (piena cittadinanza romana), ma il suo atteggiamento le fece ottenere da Roma degli sgravi fiscali fino all'89 a.C. quando a seguito della guerra interna scatenata dai popoli italici contro Roma, divenuti oramai schiavi e non più alleati, anche Ponza acquisiva la piena cittadinanza romana, che la rendeva un punto strategico fondamentale per il controllo del mar Tirreno centrale. Una volta acquisita la cittadinanza romana, Ponza si sviluppo enormemente diventando una fiorente e popolata cittadina che ospitava numerose e sfarzose ville patrizie. Nonostante la trasformazione in luogo di esilio per illustri personaggi politici, da parte dell'imperatore Augusto, l'isola diventò meta turistica anche per i patrizi romani, che costruirono un'enorme villa con annesso teatro (ancora intuibile seppur sommerso dalle viti) nella zona di punta Madonna, dove sotto sono ancora visibili le grotte di Pilato (che non c'entravano niente con Ponzio Pilato in quanto utilizzate per la pesca). Vennero costruiti diversi acquedotti (il più grande arriva dalle Forna fino a S. Maria), dighe e numerosi serbatoi idrici (Piscinae Limariae). Questi ultimi di notevoli dimensioni assieme ad alcune piccole fonti di acqua sorgiva, servivano al fabbisogno degli abitanti dell'isola, al rifornimento di navi mercantili e al rifornimento dell'intera flotta romana. Il fabbisogno di acqua fece appunto nascere la necessità di costruire dei serbatoi e alcuni di essi erano di dimensioni notevoli. Ci fu un grande lavoro di ricerca e studio per scegliere la posizione dove costruire questi serbatoi. Molti di questi si trovano nella zona meridionale dell'isola soprattutto per la presenza del porto allora ubicato a S. Maria, ma probabilmente anche perché la conformazione geomorfologica particolarmente ricca di gole con canali più o meno naturali, adatti per la raccolta dell'acqua, avrebbe reso più facile l'insediamento urbano. Importante fu anche l'opera portuale che venne creata nella zona di S. Maria, l'imboccatura del porto era posizionata dove attualmente vi è la spiaggia, e raggiungeva l'interno fino alla depressione che è racchiusa tra le attuali via Pezza e via Staglio. Oggi l'aspetto della zona è completamente cambiato, infatti i primi monaci presenti sull'isola trovarono in quella zona un enorme bacino idrico chiuso verso il mare da una enorme battigia che probabilmente negli anni è avanzata fino a chiudere la baia. Oggi vi sono invece case, strade, canneti, terreni coltivati e, inseriti nel paesaggio urbano, reperti archeologici. Furono creati due lunghi tunnel (ancora utilizzati dalle macchine) che univano il porto di Santa Maria alle ville, appoggiate alle colline dove adesso è sito il porto nuovo. Quasi tutte queste ville sono state distrutte o usate come materiale edilizio per costruirvi sopra le nuove costruzioni. Fino a qualche anno fa erano ancora visibili, in un negozio di souvenir, il resti di un tempio dedicato al dio Mitra. Nell'Isola non è mai stata fatta alcuna protezione delle rovine romane neanche in tempi recenti. Sull'isola si sviluppò anche l'attività cantieristica, che godeva della facilità di reperire legname dai rigogliosi boschi di pino e querce presenti nell'arcipelago, purtroppo questo portò alla prima grande deforestazione. Si sviluppò anche un vero e proprio traffico marittimo: infatti sull'isola venivano comprate e vendute ogni genere di mercanzie, e inoltre la popolazione crebbe incredibilmente fino ad arrivare a quasi 20.000 abitanti. Con il declino dell'impero romano, anche l'interesse verso le isole incominciò ad affievolirsi e l'arcipelago cominciò a vivere di vita propria. Gli ultimi stralci di un'epoca oramai sorpassata, si manifestavano nel possesso di Ventotene, mantenuto per pochi anni ancora dall'imperatore di Oriente; come base logistica avanzata e porto verso l'occidente. Nel Medioevo rimase un fiorente centro religioso (nel 537 morì nella vicina Palmarola papa Silverio, che tutt'oggi è patrono del Comune di Ponza, festeggiato il 20 giugno) e commerciale, grazie all'opera dei monaci benedettini, i quali eressero l'abbazia di Santa Maria. Ma l'opera dei frati fu pressoché vanificata quando, a partire dal IX secolo, Ponza fu oggetto di feroci razzie da parte dei pirati saraceni. Solo nel 1202 l'isola tornò all'antica importanza, grazie alla Bolla con cui papa Innocenzo III riaffidò ai frati cistercensi l'abbazia di Santa Maria, la quale nel 1233 venne «incorporata» nella Basilica di Sant'Anastasia al Palatino fuori le mura di Roma. Nel 1300 le acque di Ponza furono teatro della battaglia navale con cui Ruggero di Lauria, duca di Calabria, sconfisse l'ammiraglio Corrado Doria, al soldo del re di Sicilia Federico III di Aragona. Nel 1322 l'isola passò alle dipendenze dell'abbazia di Fossanova (con la bolla di papa Onorio III). Una nuova battaglia ebbe luogo nel 1435, al momento dell'assedio di Gaeta di quell'anno, quando l'ammiraglio genovese Biagio Assereto, per la casata degli Angioini, sconfisse la flotta di Alfonso I re d'Aragona, che incominciava a nutrire mire di conquista dell'isola. Ma nel 1454 Ponza fu occupata dagli Aragonesi, che scacciarono i monaci cistercensi dall'isola: questi, rifugiatisi a Formia, fondarono la chiesa di Santa Maria di Ponza. Nel 1542 Carlo V, re di Spagna e imperatore, concesse in feudo l'isola a Pier Luigi Farnese (parente dei Duchi di Parma, che ne erediteranno il titolo su Ponza), con l'obbligo di difenderla dagli attacchi pirateschi, che mai del tutto erano cessati. Dopo che nel 1534 il saraceno Khair-ad-Din (conosciuto come il Pirata Barbarossa) aveva messo a ferro e fuoco l'isola, nel 1552 una nuova incursione, compiuta dal corsaro Dragut, portò morte e distruzione a Ponza. Nel 1655 si verificò un'ulteriore feroce razzia compiuta dai turchi, i quali fecero pure saltare la torre del porto. Dopo un breve periodo di presidio austriaco, nel 1734 Elisabetta Farnese, madre di Carlo III di Spagna re di Napoli, cedette l'intero arcipelago delle Ponziane al figlio, il quale rese le isole beni privati della corona e ne avviò un'intensa colonizzazione, facendovi pervenire coloni soprattutto da Ischia. Tra i principali obiettivi borbonici vi fu anche la difesa dagli attacchi corsari: nel 1757 una flotta di navi napoletane, cui si erano unite anche galee da guerra maltesi e pontificie, sconfissero presso l'isola di Palmarola un manipolo di navi turche, e da allora l'arcipelago divenne sicuro. Nel 1768 re Ferdinando IV avviò una fase di miglioramento delle condizioni economiche degli isolani. Inviati tecnici per dirigere i lavori, questi durarono fino al 1793, svolti da alcune centinaia di forzati ergastolani, che poi nel 1795 furono rinchiusi nel nuovo carcere di Ponza. In particolare Ponza fu colonizzata da 52 famiglie ischitane per complessive 130 persone nel XVII secolo dopo esser stata praticamente disabitata per circa 2 secoli per le incursioni saracene. Gli attuali abitanti di Ponza discendono proprio da quelle famiglie ischitane. In questa seconda fase furono avviate e portate a compimento le opere pubbliche che ancor oggi caratterizzano l'arcipelago: sotto la guida di Antonio Winspeare, Ufficiale del Genio, e dell'ingegnere Francesco Carpi furono realizzati il Porto di Ponza con la caratteristica quinta curvilinea di abitazioni su due livelli stradali, il cimitero, la fortezza, il palazzo degli Uffici (oggi sede del Comune) la chiesa, il Forte Papa alle Forna, l'abitato di Ventotene e il suo piccolo porto, detto Pozzillo dato che le ripide quinte semicircolari (simili a quelle del porto di Ponza) innestate sull'antico Porto romano ben salvaguardato, richiamano le pareti di un pozzo. A prescindere dalle sensazioni indotte dall'uso, anche l'Ergastolo di Santo Stefano, dovuto agli stessi Carpi e Winspeare è opera di notevole rilievo: pianta a ferro di cavallo e Cappella/punto di osservazione centrale, ispirati ai principi del Panopticon del britannico Jeremy Bentham. Nel 1808 le Isole Ponziane furono occupate dalle truppe napoleoniche di Gioacchino Murat, sottraendole al dominio borbonico. Nel 1813 Ponza fu occupata dagli inglesi guidati dall'ammiraglio Carlo Napier, che venne nominato conte dell'isola. Ma due anni dopo il Trattato di Vienna restituì l'isola ai Borboni. Nel 1857 Ponza fu raggiunta dalla spedizione del patriota Carlo Pisacane, che si era impadronito del Cagliari, un piroscafo che faceva la spola tra il capoluogo sardo e Genova. Giunto nel pomeriggio del 27 giugno a Ponza, Pisacane liberò i detenuti del carcere, con essi si recò a Palazzo Tagliamonte ove distrussero l'archivio dell'isola, e quindi ricostituì la sua spedizione contro il Regno delle Due Sicilie. L'impresa finì poi tragicamente, dopo lo sbarco di Sapri del 28 giugno. Nel 1860, in vista della Battaglia del Volturno, la guarnigione borbonica veniva richiamata sulla terraferma. L'isola rimase sotto controllo borbonico finché venne occupata dai garibaldini il 7 novembre 1860 e nel 1861 Ponza fu annessa al Regno d'Italia. Nei primi anni del XX secolo i nobili Colonna si trasferirono a Terranova Pausania, l'attuale Olbia, attivando in Sardegna un'importante industria casearia. Li seguirono alcuni nuclei di ponzesi che resero operanti diversi esercizi commerciali, dedicandosi anche alla pesca, soprattutto nell'isola Tavolara. Nel 1928 il regime fascista destinò Ponza a luogo di confino degli oppositori politici. Vi furono inviati, dai Tribunali Speciali, Giorgio Amendola, Lelio Basso, Pietro Nenni, Mauro Scoccimarro, Giuseppe Romita, Pietro Secchia e Umberto Terracini. Lo stesso Mussolini fu poi prigioniero nell'isola dal 27 luglio al 7 agosto 1943. Nel 1935 venne avviato lo sfruttamento del giacimento di bentonite a Le Forna (miniera "Samip" - Società Azionaria Miniere Isole Pontine-), che rimase attivo fino al 1975. La realizzazione della miniera di Ponza costò l'esproprio di qualche terreno, ma diede lavoro a circa 150 uomini, oltre al traffico marittimo per il trasporto del minerale in continente. Tuttavia l'isola dovette pagare la devastazione di una delle sue cale più belle e non pochi casi di silicosi tra gli operai addetti. Nelle località di Frontone e di Capobianco vi furono anche delle miniere di perlite (una matrice grigiastra di ceneri e lapilli debolmente cementata e inglobante dei proietti vulcanici nerastri e vetrosi), attualmente dismesse. Amministrazione e centri abitati L'isola di Ponza forma con Zannone (disabitata), Palmarola (abitata solo nel periodo estivo) e Gavi (abitata da poche persone nei periodi estivi) il Comune di Ponza (9,87 km² con 3107 abitanti). Principale luogo e sede comunale è la cittadina di Ponza, posta nella parte centro-meridionale, sulla costa orientale. Vicine al centro di Ponza sorgono Guarini, Giancos, I Conti e Santa Maria, mentre a nord si trovano le località di Campo Inglese e di Le Forna. Economia e collegamenti Il settore trainante dell'economia locale è il turismo balneare. Ogni anno, specialmente d'estate, giungono sull'isola migliaia di bagnanti e appassionati di immersioni subacquee. Anche per questo i centri abitati sono disseminati di stabilimenti balneari, hotel, ristoranti e locali notturni, oltre che di diving center. Parte degli abitanti si dedica inoltre alla pesca e, in misura minore, alla coltivazione della vite, anche se le attività agricole si sono molto ridotte dopo lo sviluppo del turismo. Dotata di un sistema viario interno, l'isola è raggiungibile dalla terraferma grazie ai traghetti che collegano il porto di Ponza con Anzio, San Felice Circeo, Formia, Terracina e Napoli. Subacquea Per via delle coste frastagliate, di origine vulcanica, che offrono un ambiente subacqueo estremamente vario, Ponza è visitata ogni anno da un gran numero di sub. Vari i punti di interesse conosciuti: "Le Formiche", un gruppo di scogli affioranti, considerati l'immersione più interessante dell'isola per via dei canaloni a 30 metri di profondità che si affacciano su un gradone che digrada fino a oltre 50 metri, dove la gorgonia rossa è visitata da murene e cernie; "Punta della Guardia", franata ricca di saraghi e cernie da un lato e parete dall'altro lato, fino a 42 metri di profondità; la "Secca di Mezzogiorno", che sale dal fondo marino a circa un miglio da Palmarola da 80 a 40 metri, ricoperta di gorgonie rosse e abitata da aragoste, cernie e murene; lo "Scoglio della Botte", a otto miglia dall'isola, con due grotte situate a 36 e 27 metri di profondità. Qui fanno da padroni i gamberi Plesionika narval, abbondantissimi all'interno; "Punta del Papa", rinomata per le gorgonie, una parete fino ai 36 metri di profondità ricca di spaccature. Note Bibliografia Conrad Haller (l'ultramontain), Tableau topographique et historique des isles d'Ischia, de Ponza, de Vandotena, de Procida et de Nisida, du Cap de Misène et du Mont Pausilipe, Naples, Porcelli, 1822, pp. 185-203. Versione italiana: Topografia e storia delle isole di Ischia, Ponza, Ventotene, Procida, Nisida e di Capo Miseno e del Monte Posillipo, traduzione di Antonio Tommaselli, Napoli, Grimaldi, 2005. Luigi Maria Dies, Ponza, perla di Roma. Guida storico-turistica dell'isola di Ponza nel Tirreno, presentazione del prof. Amedeo Maiuri, Roma, Atena, 1950. Orseolo Fasolo, Case in grotta di Ponza e loro probabile origine gitana. Case per l'acqua in un paese senza acqua, in Quaderni dell'Istituto di Storia dell'Architettura, LI, 1962, pp. 14-24. Maarten J. Vermaseren, The Mithraeum at Ponza (Mithriaca, II), Leiden, Brill, 1974. Giuliano Sacchi, Carla Sacchi Bresciani, Appunti per una proposta di ristrutturazione urbanistica dell'Arcipelago Ponziano: Ponza, Palmarola, Zannone, Roma, Mazzini, 1976. Silverio Corvisieri, All'isola di Ponza: regno borbonico e Italia nella storia di un'isola (1734-1984), Roma, Il Mare, 1985. Leonardo Lombardi, Ponza. Impianti idraulici romani, Roma, Palombi, 1996. Raffaele Lemme, Marcella Morlacchi, Ponza: l'immagine di un'isola. Architettura, colore, arredo, Roma, Gangemi, 2005. Arturo Gallia, Le risorse idriche nell'isola di Ponza. Usi, saperi, dinamiche territoriali e geostoriche, 2019. Altri progetti Collegamenti esterni www.iponza.it, informazioni turistiche, iponza.it Ponza.com Ponza Ponza Luoghi di immersione in Italia Ponza
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https://it.wikipedia.org/wiki/Ir%C3%A9n%C3%A9e-Jules%20Bienaym%C3%A9
Irénée-Jules Bienaymé
Contribuì notevolmente alla teoria della probabilità, statistica matematica, demografia e statistica sociale. Cominciò a studiare nel 1815 presso l'École Polytechnique, la quale venne chiusa nel 1816 per le simpatie pronapoleoniche degli studenti. Lavorò in seguito come traduttore di giornali. Nel 1818 divenne lettore di matematica all'accademia militare di St. Cry che lasciò nel 1820 per entrare nel Ministero delle Finanze diventando prima ispettore e nel 1834 ispettore generale. Durante la rivoluzione del 1848 si ritira per dedicarsi alla ricerca scientifica. Tenne una corrispondenza con Quételet ed era amico di A.A. Cournot e Cebicev. Dotato di una forte predisposizione alle controversie, criticò la legge dei grandi numeri di Poisson ed ebbe una controversia con Cauchy. Formulò per primo la diseguaglianza di Bienaymé-Cebicev. Altri progetti Collegamenti esterni
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https://it.wikipedia.org/wiki/Indice%20di%20dispersione%20di%20Poisson
Indice di dispersione di Poisson
L'indice di dispersione di Poisson è definito come dove è la media aritmetica e è la varianza. Se la popolazione è distribuita come una variabile casuale poissoniana, allora è distribuito approssimativamente come una variabile aleatoria con gradi di libertà. Si rifiuta l'ipotesi che la popolazione sia distribuita come una poissoniana se o , dove è il livello di significatività del test. Voci correlate Indice di dispersione Distribuzione di Poisson Test di verifica d'ipotesi Siméon-Denis Poisson Indici di dispersione
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https://it.wikipedia.org/wiki/Isole%20Egadi
Isole Egadi
Le isole Egadi (Ìsuli Ègadi in siciliano) sono un arcipelago italiano, in Sicilia, a cavallo tra basso Tirreno e canale di Sicilia. Posto a circa 7 km dalla costa occidentale della Sicilia, fra Marsala e Trapani, nel libero consorzio comunale di Trapani, l'arcipelago consta di tre isole e due isolotti, più una serie di scogli e faraglioni. Note già in antichità col nome latino Aegates che proviene dal greco Aigatai, ossia «isole delle capre», sull'arcipelago è sita la Riserva naturale marina Isole Egadi. Geografia Dal punto di vista geologico le isole Egadi sono strettamente collegate con la Sicilia; l'arcipelago, di 37,45 km², è formato dalle isole Favignana, Marettimo, Levanzo e diverse altre minori, alcune poco più che scogli. Il clima è estremamente mite nei mesi invernali e vi sono lunghe estati calde e soleggiate. La minima temperatura invernale media, nei mesi di gennaio e febbraio, è di 5 gradi, mentre la massima di luglio-agosto di 45 gradi. Poche le precipitazioni. Fanno parte dell'arcipelago: Isola di Favignana Isola di Levanzo Isola di Marettimo Isola di Maraone Isola Formica Isole dello Stagnone Isola Galera Isola Galeotta Isola Preveto Fariglione Da Punta Marsala è possibile scorgere in lontananza l'omonima città. Storia Tracce di antichissimi insediamenti umani si hanno principalmente a Levanzo e in misura minore a Favignana. Si suppone che ciò avvenne a causa dell'ultima glaciazione, che creò un passaggio naturale tra Africa e Sicilia. Nel 241 a.C. i Romani conquistarono le isole dopo la battaglia navale finale della Prima Guerra Punica, nella quale Gaio Lutazio Catulo sbaragliò la flotta cartaginese. Dopo il crollo dell'impero romano le isole caddero in mano dei Vandali e dei Goti ed in seguito dei Saraceni. Nel 1081 vennero occupate e fortificate dai Normanni. Seguirono poi il destino della Sicilia fino al XVI secolo, quando divennero proprietà dei Pallavicini-Rusconi di Genova e poi, nel 1874, dei Florio che potenziarono le tonnare di Favignana. Fanno parte amministrativamente del comune di Favignana, ad eccezione dell’Isola di Mozia/San Pantaleo e dell'Isola Grande, che fanno parte del comune di Marsala. Avifauna L'avifauna delle Egadi comprende il biancone, il falco pellegrino, il grifone, l'aquila del Bonelli (isola di Marettimo), il gheppio, il grillaio, il capovaccaio, il pellicano, il fenicottero rosa, l'uccello delle tempeste, la sula bassana, la berta maggiore, la berta minore, il gabbiano reale, il marangone dal ciuffo, il rondone maggiore, il barbagianni, il passero solitario, la cappellaccia, il corvo imperiale e la monachella nera (isola di Marettimo). Cucina Le pietanze caratteristiche delle Egadi comprendono piatti a base di cuscus e specialità connesse alla pesca, come il tonno marinato, il pesce spada arrostito e il lattume di tonno fritto. Conservati sono il tonno all'olio d'oliva, la bottarga e il tonno salato. Note Bibliografia Gin Racheli, Egadi, mare e vita, Mursia, 1979. Barbara Bernabò, I possessi dei Pallavicini nelle Isole Egadi, in "Quaderni Obertenghi", IV, 2014, pp. 297-314. Voci correlate Favignana (Italia) Isole dello Stagnone Lista di isole dell'Italia Altri progetti Libero consorzio comunale di Trapani
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https://it.wikipedia.org/wiki/Indipendenza%20stocastica
Indipendenza stocastica
Nell'ambito del calcolo delle probabilità, l'indipendenza stocastica di due eventi e si ha quando il verificarsi di uno non modifica la probabilità di verificarsi dell'altro, ovvero quando la probabilità condizionata oppure è pari rispettivamente a e queste due condizioni si possono sintetizzare con la formula Descrizione In altre parole, dire che due eventi sono indipendenti tra loro significa dire che il fatto di sapere che uno di essi si è verificato non modifica la valutazione di probabilità sul secondo. Per esempio, il fatto di ottenere "1" quando viene lanciato un dado ed il fatto di ottenere ancora un "1" la seconda volta che il dado viene lanciato, sono indipendenti. Analogamente, quando si afferma che due variabili casuali e definite sullo stesso spazio campionario sono indipendenti si afferma che conoscere qualcosa riguardo al valore di una di esse non apporta alcuna informazione circa il valore dell'altra. Per esempio, il numero che appare sulla faccia superiore di un dado la prima volta che viene lanciato e il numero che appare la seconda volta sono indipendenti. Formalmente, questo si verifica quando per ogni coppia di eventi e risulta Equivalentemente ciò si verifica se, detta la funzione di ripartizione della variabile congiunta e , le due funzioni di ripartizione marginali, allora per ogni , vale che Condizioni analoghe si trovano per la funzione di densità di probabilità e la funzione di probabilità, se è rispettivamente una variabile casuale continua o una variabile casuale discreta: e Generalizzazioni Nell'ambito della teoria della probabilità, la nozione di indipendenza stocastica può essere generalizzata ampiamente. Sia uno spazio di probabilità, e sia una famiglia arbitraria (finita o non finita) di σ-algebre contenute in : . Esse si dicono indipendenti rispetto a se, per ogni sottoinsieme finito di , e per ogni sottoinsieme , accade: . Questa nozione si riduce alla precedente nel caso in cui la famiglia di σ-algebre sia formata da due soli elementi e , dove, dato un insieme misurabile , è la σ-algebra da esso generata: . Questa estensione, ampiamente usata nella teoria dei processi stocastici, trova la sua motivazione nel fatto che l'indipendenza stocastica di una famiglia di σ-algebre, non è in generale equivalente all'indipendenza dei suoi elementi a due a due. Ad esempio, dati tre insiemi , sapendo che e , e , e sono indipendenti, non se ne può dedurre che: Voci correlate Probabilità Probabilità condizionata Uso sbagliato della statistica Mark Kac Hugo Steinhaus Paradosso del compleanno Altri progetti Collegamenti esterni Teoria della probabilità Variabili casuali
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https://it.wikipedia.org/wiki/Indice%20di%20concentrazione
Indice di concentrazione
In statistica economica, un indice di concentrazione (o indice di omogeneità) è un indice statistico che serve per misurare in che modo un bene trasferibile è diviso tra la popolazione. Si dice che una determinata variabile è equidistribuita tra individui, se ciascun individuo ha la stessa quantità della media (concentrazione minima). Si dice invece che la concentrazione è massima se un solo individuo ha tutta la quantità e gli altri nulla. Il concetto opposto allomogeneità è leterogenità. In economia si usa per misurare la presenza di beni o imprese in un mercato o in un territorio. Nell'ambito della statistica economica o sociale si possono portare come esempio di beni condivisibili la ricchezza e il patrimonio, cioè ci si chiede come la ricchezza è distribuita tra le persone. L'indice di concentrazione scelto può essere confrontato a consuntivo con l'ottimo paretiano calcolabile a priori se sono note le risorse iniziali e il tipo di regime economico (concorrenza perfetta, oligopolio, ecc.) relativo al perimetro del sistema preso in esame. Il principio di Pareto, e dagli anni '80 in particolare la matematica frattale, trovano un vasto campo di applicazione per i sistemi complessi: pur senza una dimostrazione teorica, questa legge empirica evidenzia la scarsità dei fattori, vale a dire il fatto che, in misura diversa prossima all'ottimo, ma comunque in tutti i tipi di regimi economici esistenti e nelle diverse fasi del ciclo macroeconomico, la redistribuzione della ricchezza possiede una dinamica o trend proprio, che tende a concentrarsi spontaneamente in un numero limitato di operatori. Metodo Ordiniamo gli n individui per ordine crescente di xi (per esempio la ricchezza) essendo i (da 1 a n) l'indice progressivo di ogni individuo. Indichiamo con Qi la frazione di ricchezza posseduta dagli i individui più poveri: Indichiamo con Pi la frazione degli individui con un reddito inferiore o uguale a xi, cosicché i valori Qi=35% e Pi=80% vengono letti come: l'80% degli individui più poveri possiede tutti insieme solo il 35% della ricchezza. Esempio: i | xi | Σxi | Qi | Pi ---+-------+------+--------+------ 1 | 10 | 10 | 0,050 | 0,20 2 | 15 | 25 | 0,125 | 0,40 3 | 20 | 45 | 0,225 | 0,60 4 | 25 | 70 | 0,350 | 0,80 5 | 130 | 200 | 1,000 | 1,00 Curva di Lorenz Tali valori vengono rappresentati con la cosiddetta curva di Lorenz, sviluppata da Max O. Lorenz nel 1905 come strumento grafico per l'analisi della distribuzione del reddito, dove sul piano cartesiano si rappresentano sull'ascissa (asse delle ) i Pi, e sull'ordinata (asse delle ) i Qi, cioè le quantità cumulate relative. L'area compresa tra la curva così definita e la retta di equidistribuzione (la bisettrice del primo quadrante) è detta area di concentrazione e può essere utilizzata come base per la definizione di appositi rapporti di concentrazione, di cui l'indice di Gini costituisce un esempio. Infatti: maggiore è la concentrazione osservata, maggiore sarà tale area. Proprietà La curva di Lorenz è "compresa" tra la linea di perfetta disuguaglianza (dal basso) e la linea di perfetta uguaglianza, cioè la bisettrice del primo quadrante (dall'alto). La curva di Lorenz è crescente. L'informazione presente in una curva di Lorenz mediante due indicatori: l'indice di Gini e l'indice di asimmetria di Lorenz. La curva di Lorenz è invariante su una scala positiva di valori: in altre parole, se X è una variabile aleatoria, per ogni costante c > 0, l'altra variabile aleatoria data da possiede la stessa curva di Lorenz di X. Tuttavia, la curva di Lorenz non ha la proprietà di linearità, poiché è modificata da un traslazione, in modo tale che la variazione dell'uguaglianza è direttamente proporzionale al rapporto F − L(F) (= ) fra le media della variabile originale e la media della variabile traslata (alla prima potenza). Quindi, se X è una variabile aleatoria con una curva di Lorenz (di una distribuzione di probabilità cumulata: x_i-->f(x)-->F(x)-->L(F(x)) ) nota L X (F) avente media μ X , allora per una costante numerica qualsiasi c ≠ −μ X e positiva, la variabile aleatoria X + c avrà una curva di Lorenz: Se la curva di Lorenz L(F) è uniformemente differenziabile, la retta tangente a L(F) è perfettamente parallela alla linea di perfetta uguaglianza, nel punto F(μ), nel quale è anche massima la differenza F − L(F), la distanza verticale fra le quote della curva di Lorenz e la retta di perfetta uguaglianza. Questa differenza è uguale alla metà dello scarto medio assoluto: Indice di Gini Corrado Gini propose una sua definizione di indice di concentrazione: il coefficiente di Gini: che assume il valore in presenza di equidistribuzione e il valore massimo per cui si utilizza lindice relativo di concentrazione di Gini oppure il rapporto di concentrazione di Gini Indice di concentrazione di Herfindahl-Hirschman Un altro indicatore di concentrazione è lindice di Herfindahl-Hirschman (), usato soprattutto per misurare il grado di concorrenza presente in un determinato mercato. L'indice è dato dalla somma dei quadrati delle quote di mercato (espresse in percentuale) detenute da ciascun agente. dove è la quota di mercato dell'agente -esimo. Il valore di è sempre positivo e varia tra 0, nel caso di mercato atomico, e 10.000, nel caso vi sia un solo agente nel mercato. Secondo le "US Merger Guidelines", un valore di compreso tra 1.000 e 1.800 indica un mercato moderatamente concentrato, mentre un valore superiore ne indica uno fortemente concentrato. Voci correlate Concentrazione (statistica) Principio di Pareto Indicatore statistico Indice di dispersione Indice di eterogeneità di Gini Indice di variabilità Statistica Indici di concentrazione Economia dello sviluppo Economia industriale
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https://it.wikipedia.org/wiki/Irving%20Fisher
Irving Fisher
Contribuì in modo determinante alla teoria dei Numeri indici analizzandone le proprietà teoriche e statistiche. Fu uno dei maggiori economisti monetaristi statunitensi dei primi del Novecento. Dal 1923 al 1936 il suo Index Number Institute produsse e pubblicò indici dei prezzi di diversi panieri raccolti in tutto il mondo. In campo finanziario a lui si deve la formalizzazione della equazione per stimare la relazione tra tassi di interesse nominali e reali. L'equazione è usata per calcolare lo "Yield to Maturity" ovvero il rendimento alla scadenza di un titolo, in presenza di inflazione. Tale equazione è conosciuta universalmente come Equazione di Fisher. Fu inoltre presidente dell'American Economic Association nel 1918 e dell'American Statistical Association nel 1932 nonché fondatore nel 1930 della International Econometric Society. Fisher fu anche un salutista attivo in campo sociale, sostenitore del vegetarianismo, del proibizionismo e dell'eugenetica. Fisher morì nella città di New York nel 1947. Equazione di Fisher L'equazione di Fisher stima la relazione tra tasso di inflazione atteso, tasso d'interesse nominale e tasso d'interesse reale. Indicando come il tasso d'interesse reale, come il tasso d'interesse nominale e come il tasso di inflazione attesa, l'Equazione di Fisher risulta essere la seguente: L'equazione è principalmente usata per calcolare lo Yield to Maturity ovvero il rendimento alla scadenza di un titolo, in presenza di inflazione positiva. In campo finanziario questa equazione è usata principalmente per il calcolo dei rendimenti delle obbligazioni o il tasso di rendimento di investimenti. In campo economico questa equazione è usata per predire il comportamenti dei tassi nominali e dei tassi reali. Posizione di Fisher sulla crisi del 1929 Il crollo delle quotazioni di borsa del 1929 e la successiva depressione fu un grave colpo per la credibilità di Fisher e per il suo patrimonio personale. Divenne famosa la sua dichiarazione, a solo nove giorni dal grande crack, che i prezzi delle azioni avevano ormai raggiunto "quello che appare come un livello di alte quotazioni permanente". Fisher dichiarò il 21 ottobre del 1929 (8 giorni prima del crack) che il mercato "si stava solo scuotendo un po'" che i prezzi non avevano ancora toccato il loro reale valore e sarebbero saliti ancora più in alto. Il 23 ottobre annunciò in una riunione di banchieri che "i valori azionari nella maggior parte dei casi non sono eccessivamente alti". Successivamente, dopo il crack del 29 ottobre, continuò per mesi ad assicurare agli investitori che la ripresa era dietro l'angolo. Dopo questo primo periodo cominciò a lanciare segnali d'allarme sui pericoli della deflazione, che secondo lui era la vera causa dei fallimenti a catena che sconvolsero l'economia americana. Infatti la deflazione aumentava il valore dei debiti e innescava una spirale di insolvenze. Ma le sue previsioni fallaci sulla crisi di borsa lo avevano screditato come economista ed ebbe più successo la spiegazione keynesiana. L'ipotesi di Fisher della deflazione come causa di una spirale di fallimenti ebbe poi un certo revival tra gli economisti degli anni ottanta del Novecento. Il Piano di Chicago Nel 1933, un gruppo di economisti guidati da Irving Fisher iniziò a scrivere una relazione che è stata poi conosciuta come il Piano di Chicago. La versione finale del rapporto è apparsa nel 1936 e suggeriva di abolire il sistema della riserva frazionaria bancaria obbligando le banche a detenere una riserva totale pari al 100% di moneta a coperture dei depositi. Il sistema delle banche private, a riserva frazionaria, aveva inondato l'economia con un enorme quantità di denaro, in contrasto con le regole per l'emissione di banconote legali da parte delle banche centrali. Prima dell'inizio della crisi, alcuni paesi europei (in particolare Gran Bretagna e Francia) avevano ripristinato il Gold Standard (Sistema aureo) pre-guerra, che negli Stati Uniti non era stata abolita neanche durante la prima guerra mondiale. Opere Irving Fisher è stato un autore prolifico (suo figlio catalogò circa 2000 titoli suoi), tra le principali opere si possono elencare: Mathematical Investigations in the Theory of Value and Prices. , 1892 Appreciation and interest, 1896 The Nature of Capital and Income, 1906 The Rate of Interest, 1907 Introduction to Economic Science, 1910 The Purchasing Power of Money, 1911 Elementary Principles of Economics, 1911 The best form of index number. in American Statistical Association Quarterly, 1921 The Making of Index Numbers, 1922 A statistical relation between unemployment and price changes, in International Labour Review, 1926 A statistical method for measuring 'marginal utility' and testing the justice of a progressive income tax. In Economic Essays Contributed in Honor of John Bates Clark , 1927 The Theory of Interest, 1930 Booms and Depressions, 1932 The debt-deflation theory of great depressions, in Econometrica, 1933 100% Money, 1935 Note Voci correlate Indice di Fisher Ipotesi di Fisher Equazione di Fisher (economia) Statistica Storia dell'eugenetica Indicatore statistico Inflazione Altri progetti Collegamenti esterni Eugenisti Professori dell'Università Yale
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https://it.wikipedia.org/wiki/Intersezione%20%28insiemistica%29
Intersezione (insiemistica)
In matematica, e in particolare in teoria degli insiemi, l'intersezione (simbolo ) di due insiemi è l'insieme degli elementi che appartengono a entrambi gli insiemi contemporaneamente. L'intersezione è un'operazione binaria. Nell'algebra booleana corrisponde all'operatore AND e, in logica, alla congiunzione. Definizione L'intersezione di due insiemi e si denota comunemente con . Quindi è un elemento di se e solo se è un elemento degli insiemi e contemporaneamente, in simboli: Più in generale, data una famiglia qualsiasi di insiemi, l'intersezione è definita come quell'insieme a cui un elemento appartiene se e solo se appartiene ad ognuno degli . Proprietà Dalla definizione segue immediatamente che l'intersezione è un'operazione commutativa, in simboli: Infatti L'intersezione è inoltre un'operazione associativa: Infatti Per questo si può rinunciare alle parentesi quando si considera l'intersezione di più di due insiemi, scrivendo semplicemente . Esempi Come esempio elementare si devono considerare due insiemi finiti (cioè con un numero finito di elementi) e . In questo caso si può verificare direttamente per ogni elemento di se è anche elemento di (o viceversa), ottenendo Un esempio un po' più astratto è dato da due insiemi definiti tramite determinate proprietà dei loro elementi: siano l'insieme dei numeri interi divisibili per e l'insieme dei numeri interi divisibili per . In questo caso, è l'insieme dei numeri interi divisibili sia per che per , ovvero tutti i numeri interi divisibili per . Gli insiemi dei numeri pari e dei numeri dispari sono disgiunti; infatti un numero non può essere contemporaneamente pari e dispari. L'intersezione di questi due insiemi è quindi l'insieme vuoto. Storia Il simbolo ∩, così come ad esempio anche i simboli ∈, ∪, ⊂, venne introdotto per la prima volta da Giuseppe Peano nel Formulario mathematico, opera pubblicata nel 1895. Note Bibliografia Voci correlate Unione Insieme complemento Teoria degli insiemi Intersezione in geometria descrittiva: incidenza (geometria descrittiva) Sistema di equazioni per determinare l'intersezione tra gli insiemi delle soluzioni delle singole equazioni del sistema. Altri progetti Teoria degli insiemi Operazioni binarie
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https://it.wikipedia.org/wiki/Insieme%20vuoto
Insieme vuoto
Nella teoria degli insiemi si indica con insieme vuoto quel particolare insieme che non contiene alcun elemento. Nella teoria assiomatica degli insiemi l'assioma dell'insieme vuoto ne postula l'esistenza. Partendo da questo sono costruiti tutti gli insiemi finiti. L'insieme vuoto è chiamato talvolta anche insieme nullo, ma ciò può creare confusione con il concetto esposto nella voce insieme nullo, argomento studiato in teoria della misura. Diverse proprietà insiemistiche sono banalmente vere per l'insieme vuoto. Notazione Solitamente l'insieme vuoto è indicato col simbolo , , ∅ oppure , usato per la prima volta dal gruppo di matematici, principalmente francesi, dell'inizio del XX secolo che scrivevano sotto lo pseudonimo collettivo di Nicolas Bourbaki (in particolare, fu il matematico André Weil ad introdurlo nel 1939). Non deve essere confuso con la lettera greca Φ (phi) o con la vocale scandinava Øø (sebbene Weil si sia ispirato proprio a questa). Si noti che la notazione {} indica l'insieme che contiene l'insieme vuoto e va pertanto non confusa con il semplice insieme vuoto . Per notare meglio le differenze tra i vari simboli, li si osservi uno a fianco all'altro: ∅ Øø Φ - il simbolo di insieme vuoto è basato su un cerchio, mentre la lettera scandinava è più simile a un ovale, come la lettera O; infine la barra della Φ è verticale e non obliqua. Proprietà l'insieme vuoto è un sottoinsieme di ogni insieme A: l'unione di un qualunque insieme A con l'insieme vuoto è A: l'intersezione di un qualunque insieme A con l'insieme vuoto è l'insieme vuoto: il prodotto cartesiano di un qualunque insieme A con l'insieme vuoto è l'insieme vuoto: l'unico sottoinsieme dell'insieme vuoto è l'insieme vuoto stesso: il numero di elementi dell'insieme vuoto (vale a dire la sua cardinalità) è zero; l'insieme vuoto è quindi finito: data una proprietà qualunque: per ogni elemento di la proprietà è valida; non esistono elementi di per cui la proprietà vale; allo stesso modo, se per una qualche proprietà valesse che: per ogni elemento di A la proprietà è valida; non ci sono elementi di A per cui la proprietà vale; allora . Poiché l'insieme vuoto è unico si parla dell'''insieme vuoto e non di un insieme vuoto. Nella teoria degli insiemi, infatti, due insiemi sono uguali se hanno gli stessi elementi, quindi ci può essere un solo insieme senza elementi. Considerato come sottoinsieme della retta reale (o, più in generale, di un qualsiasi spazio topologico), l'insieme vuoto è sia chiuso che aperto. Tutti i suoi punti frontiera (cioè nessun punto) appartengono all'insieme vuoto, che perciò è chiuso; ma anche tutti i suoi punti interni (ancora una volta nessun punto) appartengono all'insieme vuoto, che dunque è anche aperto. Inoltre l'insieme vuoto è un insieme compatto per il fatto che ogni insieme finito è compatto. La chiusura dell'insieme vuoto è vuota. Questo fatto è noto come "conservazione dell'unione nulla". Problemi comuni Il concetto di insieme vuoto non è la stessa cosa che il concetto di niente. È un insieme che non contiene niente al suo interno, ma un insieme è qualcosa. Questo fatto spesso causa difficoltà a chi lo incontra per la prima volta. Può essere d'aiuto immaginare un insieme come un contenitore di oggetti: un contenitore vuoto è vuoto, eppure certamente esiste. L'insieme vuoto è un sottoinsieme di un qualunque insieme A. Per definizione di sottoinsieme, si ha che per ogni elemento x di {}, x appartiene ad A. Se non fosse vero che ogni elemento di {} si trova in A, allora dovrebbe esistere almeno un elemento di {} che non è presente in A. Ma dal momento che non ci sono elementi in {}, allora non esiste alcun elemento di {} che non sta in A, e dunque si può concludere che ogni elemento di {} si trova in A e quindi {} è un sottoinsieme di A. Questo concetto è spesso parafrasato con "tutto è vero per gli elementi dell'insieme vuoto" e può essere visto come una applicazione della regola logica "ex falso quodlibet". Teoria assiomatica degli insiemi Nella teoria assiomatica degli insiemi nota come teoria degli insiemi di Zermelo-Fraenkel, l'esistenza dell'insieme vuoto è assicurata dall'assioma dell'insieme vuoto. L'unicità dell'insieme vuoto segue dall'assioma di estensionalità. Ogni assioma che stabilisce l'esistenza di un qualunque insieme implica l'assioma dell'insieme vuoto, utilizzando lo schema di assiomi di specificazione. Per esempio, se è un insieme, allora lo schema di assiomi di separazione permette la costruzione dell'insieme , che può essere definito come l'insieme vuoto. Esiste, o è necessario? Sebbene l'insieme vuoto sia un concetto standard ed universalmente accettato in matematica, esistono persone che ancora manifestano qualche dubbio. Jonathan Lowe ha affermato che anche se l'idea "è stata certamente una pietra miliare nella storia della matematica, … non dobbiamo assumere che la sua utilità nei calcoli sia dipendente dal suo denotare effettivamente un qualche oggetto". Non è chiaro se tale idea abbia un senso. "Tutto ciò di cui siamo a conoscenza riguardo all'insieme vuoto è che (1) è un insieme, (2) non ha elementi, e (3) è unico tra tutti gli insiemi che non hanno elementi. Però esistono molte cose che "non hanno elementi" nel senso della teoria degli insiemi — e cioè tutti i non-insiemi. È chiaro il motivo per cui questi oggetti non hanno elementi: perché non sono insiemi. Ciò che non è chiaro è come possa esistere, in modo univoco tra gli insiemi, un insieme che non ha elementi. Non possiamo evocare una tale entità semplicemente per accordo". In seguito George Boolos, in "To be is to be the value of a variable…", Journal of Philosophy, 1984 (ristampato nel suo libro Logic, Logic and Logic), ha detto che si può fare molta strada utilizzando semplicemente la quantificazione multipla sugli oggetti, senza reificare gli insiemi come singole entità che hanno altre entità come membri. In un libro recente Tom McKay ha espresso un'opinione negativa riguardo all'assunzione "singolarista" che le espressioni naturali che usano il plurale possano essere analizzate utilizzando surrogati del plurale, come i simboli per gli insiemi. Egli appoggia una teoria anti-singolarista che differisce dalla teoria degli insiemi nel fatto che non esiste l'analogo dell'insieme vuoto, ed esiste una sola relazione, fra (among in inglese), che è analoga sia al concetto di appartenenza che a quello di inclusione. Operazioni sull'insieme vuoto Le operazioni sull'insieme vuoto (inteso come insieme di oggetti sui quali si effettua l'operazione) possono creare confusione. Per esempio, la somma degli elementi dell'insieme vuoto è zero, ma la moltiplicazione degli elementi dell'insieme vuoto è uno (è il prodotto vuoto). Questo fatto può sembrare sbagliato, dato che non ci sono elementi nell'insieme vuoto, e quindi sembra che non possa fare differenza se essi sono sommati o moltiplicati (dato che “essi” non esistono). In effetti, i risultati di queste operazioni rivelano di più sulle operazioni stesse di quanto non facciano sull'insieme vuoto. Per esempio, si noti che lo zero è l'elemento neutro per l'addizione, mentre l'uno è l'elemento neutro per la moltiplicazione. Estremi Dato che l'insieme vuoto non ha elementi, quando viene considerato come sottoinsieme di un qualunque insieme ordinato risulta che ogni elemento di quell'insieme è sia un maggiorante che un minorante per l'insieme vuoto. Per esempio, quando l'insieme vuoto viene considerato un sottoinsieme dei numeri reali, con l'ordinamento usuale, risulta che ogni numero reale è sia maggiorante che minorante per esso. Quando viene considerato come sottoinsieme dei numeri reali estesi (formati aggiungendo i due "numeri" (o punti) "meno infinito", indicato con e "più infinito", indicato con ai numeri reali, definiti in modo tale che è minore di qualunque numero reale e è maggiore di qualunque numero reale) si ha che: , e . E cioè, il più piccolo maggiorante (sup o estremo superiore) è , mentre il più grande minorante (inf o estremo inferiore) è . L'insieme vuoto e lo zero In precedenza si è affermato che l'insieme vuoto ha zero elementi, o che la sua cardinalità è zero. La connessione tra questi due concetti va oltre: nella definizione astratta di numero naturale lo zero è per definizione associato all'insieme vuoto, l'uno all'insieme con unico elemento l'insieme vuoto, e così via, in questo modo: 0 = {} 1 = { 0 } = { {} } 2 = { 0, 1 } = { {}, { {} } } 3 = { 0, 1, 2 } = { {}, { {} }, { {}, { {} } } }. Teoria delle categorie Se A è un insieme, allora esiste esattamente una funzione f da {} a A, la funzione vuota. Di conseguenza, l'insieme vuoto è l'unico oggetto iniziale della categoria degli insiemi e delle funzioni. L'insieme vuoto può essere considerato uno spazio topologico in un unico modo (definendolo aperto); questo spazio topologico vuoto è l'unico oggetto iniziale nella categoria degli spazi topologici con funzioni continue. Note Bibliografia L. Cerlienco: Numeri e poco altro (dispense del corso di Algebra 1, Università di Cagliari), Cap. 1 Elementi di logica matematica e teoria degli insiemi'', pp. 1–14. Voci correlate Teoria degli insiemi Sottoinsieme Altri progetti Teoria degli insiemi
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https://it.wikipedia.org/wiki/Guercino
Guercino
In continuità con i Carracci, Guido Reni, Francesco Albani, Domenichino e Lanfranco, costituisce uno dei grandi pittori di scuola emiliana, nonché tra i più propositivi autori nella Roma barocca, contribuendo con le sue opere allo sviluppo di tale movimento artistico su tutto il panorama italiano. Biografia La fase giovanile in Emilia La formazione artistica a Cento Giovanni Francesco nacque a Cento, paese allora appartenente al Ducato di Ferrara, da una famiglia di modesta condizione che abitava a pigione «in una piccola casa fuori di Cento, non lontana che pochi passi dalla Porta detta della Chiusa». Si disse a lungo che fosse nato il 2 febbraio 1590, finché il pittore e letterato Jacopo Alessandro Calvi non scoprì ai primi dell XIX secolo, nella collegiata di San Biagio, a Cento, l'atto di battesimo redatto l'8 febbraio 1591: «Zan. Franc. Fig. de Andrea Barbiero, et Lena Ghisellina fu battez. a dì detto 8. Comp. M. Alex. Redolfini, et la Com. Alda Dottoni». Il soprannome di Guercino dovette essergli aggiunto molto presto, se è vero quel che narra lo stesso biografo, raccogliendo la tradizione, che «essendo ancora in fasce, occorse che un giorno, mentre egli dormiva [ [...] ] ci fu chi vicino a lui proruppe d'improvviso in grido così smoderato e strano che il fanciullo, svegliatosi pieno di spavento, diedesi a stralunar gli occhi [ ... ] per siffatta guisa, che la pupilla dell'occhio destro gli rimase travolta e ferma per sempre nella parte angolare». Mostrò a sei anni una particolare inclinazione per il disegno e a otto anni, «senza avere avuto maestro alcuno, e soltanto sulla scorta d'una immagine in stampa, egli dipinse una "Madonna di Reggio" sulla facciata della casa dove abitava» che si poté vedere fino a quando, due secoli dopo, la casa non fu demolita. Assecondando le tendenze del figlio, il padre lo mandò a studiare verso il 1600 nel vicino paese di Bastiglia, da un modesto artista che «dipingeva a guazzo», chiamato Bartolomeo Bertozzi, nella cui casa si stabilì per alcuni mesi potendovi apprendere, commentano i biografi, solo la conoscenza e la mescolanza dei colori. Considerando che il figliolo mostrava un talento che tuttavia occorreva educare e rafforzare, nel 1607, all'età di sedici anni, il padre lo affidò a un altro pittore di Cento, considerato «tollerabile», Benedetto Gennari senior, che lo tenne con sé corrispondendogli anche «annualmente certa poca moneta come per regalo». Il primo soggiorno a Bologna (1609) Viste le evidenti e precoci capacità artistiche, Benedetto Gennari senior, verso il 1609, lo mandò ancora successivamente, per maggiore e migliore istruzione, a Bologna, da tal Paolo Zagnoni: «a dozzina per una soma di grano e una castellata di vino, in casa di Paolo Zagnoni, pittore di poca levata» e poi da Giovan Battista Cremonini, «pittore di qualche merito e veloce e pratico nel dipignere, massime a fresco, e prestamente ancora insegnava a' scolari, onde il nostro Barbieri molto profittò in breve tempo». Il soggiorno bolognese permise al giovane apprendista di studiare le opere di valore lì conservate e, fra le contemporanee, quelle dei Carracci. Egli stesso dirà anni dopo di aver tratto profitto dallo studio della Conversione di San Paolo di Ludovico Carracci, allora nella chiesa di San Francesco, e d'un'altra sua tela, una Madonna col Bambino, i santi Giuseppe, Francesco e due committenti allora conservata nella chiesa dei Cappuccini a Cento (oggi nella Pinacoteca civica), che l'adolescente Guercino non si stancava di osservare, arrampicandosi su una scala per studiarla da vicino. Il ritorno a Cento e le prime commissioni (1612-1617) Ritornato a Cento, nel 1613 il Guercino incontrò gli apprezzamenti del canonico Antonio Mirandola, il quale, appassionato d'arte, elogiò un affresco a chiaroscuro realizzato dal pittore per la facciata del palazzo comunale della cittadina venne da Bologna a Cento. Il Mirandola favorì quindi il giovane pittore facendogli conoscere i disegni a carboncino del pittore Pietro Faccini, allievo dei Carracci, che egli terrà presente nei suoi progetti, e soprattutto procurandogli le prime commissioni. Nel 1614 il fratello del grande pittore e mosaicista Marcello Provenzali, Alberto, risiedente a Cento, commissiona al giovane Guercino un fregio decorativo per la sua tenuta, Casa Provenzali, probabilmente in collaborazione con alcuni suoi allievi. Per il canonico Mirandola dipinse nel 1615 Quattro evangelisti, ora nella Pinacoteca di Dresda, tre dei quali, portati dal Mirandola a Bologna, furono notati dall'arcivescovo Alessandro Ludovisi (pochi anni dopo sarà papa con il nome di Gregorio XV) che volle conoscere l'autore e li acquistò, dietro consulenza di Ludovico Carracci, per la discreta somma di venticinque scudi l'uno. Il Carracci non si limitò a questo: il 25 ottobre 1617 il pittore scrisse a don Ferrante Carli di Parma elogiando il Guercino come «gran disegnatore e felicissimo coloritore: è mostro di natura e miracolo da far stupire chi vede le sue opere. Non dico nulla: ei fa rimaner stupidi li primi pittori». Il biografo di quegli anni, Francesco Scannelli, afferma anche che già allora il Guercino si presentò a Ludovico mostrandogli i suoi disegni e ricevendo da lui parole d'incoraggiamento: è invece da escludere che abbia conosciuto nei primi anni Annibale e Agostino Carracci, da tempo trasferiti a Roma. In questi anni il Guercino dipinse anche altre opere: nel 1612 circa i Due angeli col sudario e il San Carlo Borromeo della chiesa di Santa Maria Addolorata, gli affreschi del Padreterno e dellAnnunciazione (1613) per quella dello Spirito Santo, le tre pale (1614-1616) della parrocchiale di Renazzo, ossia la Madonna con i santi Pancrazio e una santa monaca (forse Santa Chiara), la Madonna in trono con i santi Francesco, Antonio abate e Bovo e Il miracolo di San Carlo Borromeo, e infine la Madonna col Bambino, santi e un donatore per la chiesa di Sant'Agostino a Cento (oggi al Museo di Bruxelles). Tra il 1614 e il 1615 realizzò decorazioni pittoriche a tempera a secco in due case di Cento, una quella di Alberto Provenzale (oggi casa Benazzi), oggi ancora in loco, l'altra in quella Pannini, i cui cicli furono compiuti in collaborazione con un altro pittore, Lorenzo Gennari (era uno degli allievi del Guercino), verranno trasferiti su tela nel 1840 e divisi tra gli eredi di famiglia. Altri cicli pittorici su muro furono realizzati ancora una volta nella chiesa di Renazzo, poi un Prometeo in una stanza dell'Accademia di Disegno, un Ercole che uccide l'Idra sulla facciata di casa Tanari a Bologna (oggi distrutto) e un San Rocco gettato in prigione per l'omonimo oratorio ancora a Bologna. ref XLIV-XLV Ormai il Guercino aveva fama di maestro e prese l'iniziativa, nel 1617, di fondare una scuola di pittura a Cento. L'amico Bartolomeo Fabbri gli mise a disposizione due stanze e qui convennero diversi allievi: «da Bologna, da Ferrara, da Modena, da Rimini, da Reggio e sin dalla Francia molti giovani [ ... ] di ventitré scolari ch'egli ebbe su quel principio, nessuno poté dire d'essere meno amato dell'altro [ ... ] e suoi familiarissimi ospiti in Cento si erano i marchesi Enzio e Cornelio Bentivoglio». Fra i principali allievi vi furono: Paolo Antonio Barbieri, Giuseppe Maria Galeppini, Lorenzo Gennari, Matteo Loves e Cesare Pronti. L'incontro con il cardinale Alessandro Ludovisi (1617) Nel 1617 il pittore, ventiseienne, ritorna a Bologna per compiere diversi quadri per il cardinale e arcivescovo della città Alessandro Ludovisi, tra cui certamente un Miracolo di san Pietro che resuscita Tabita (oggi alla Galleria Palatina di Firenze), una Susanna e i vecchioni (oggi al Prado di Madrid) e un Ritorno del figliol prodigo (oggi alla Galleria Sabauda di Torino). Fanno riferimento a queste commesse anche altre tele non citate dal Malvasia nella Felsina Pittrice, come un Lot e le figlie (oggi all'Escorial). Secondo le fonti, Ludovico Carracci fu chiamato a fare una stima dei quadri affinché si procedesse al pagamento del Guercino, e questi li valutò 70 scudi ciascuno, seppur poi il prezzo fu ribassato a 25 in quanto l'arcivescovo ritenne eccessivo il primo proposto. I viaggi a Venezia (1618) e Ferrara (1619), le commesse del cardinal Serra Nel 1618 il Guercino prima fece ritorno a Cento, dove per la cattedrale eseguì il San Pietro che riceve le chiavi da Cristo nel 1618, oggi nella Pinacoteca civica, e poi accompagnò a Venezia, su suggerimento del Mirandola e munito di una raccolta di suoi disegni, un canonico centese, tal Pietro Martire Pederzani, il quale li mostrò al noto artista Jacopo Palma il giovane affinché desse un giudizio sulle possibilità di quel giovane pittore desideroso di migliorarsi nella sua arte: si racconta che il pittore veneziano esprimesse la propria ammirazione dicendo che «molto più di me sa questo principiante», e che lo accompagnasse poi per Venezia mostrandogli i dipinti dei migliori artisti. Tra il 1618 e il 1619 realizza un cospicuo numero di opere sia per le chiese del territorio, come quella per un altare della chiesa di San Bernardino a Carpi, il Martirio di san Pietro, oggi alla Galleria Estense di Modena, che per la committenza privata, come lErminia ritrova Tancredi ferito (per il mosaicista Marcello Provenzale, che confluirà nelle proprietà di Olimpia Maidalchini e quindi per lascito nella collezione Pamphilj, oggi nell'omonima Galleria di Roma) e lApollo e Marsia (per il Granduca di Toscana, oggi alla Galleria Palatina di Firenze). Nel 1619 il pittore è a Ferrara per lavorare al seguito del cardinale Giacomo Serra. Per il legato pontificio compì tre dipinti: il Ritorno del figliol prodigo oggi al Kunsthistorisches Museum di Vienna, il San Sebastiano soccorso oggi alla Pinacoteca di Bologna, il Sansone arrestato (oggi al MET di New York), lElia nutrito dai corvi (prima confluito nella collezione Barberini, oggi alla National di Londra), il Giacobbe che benedice i figli di Giuseppe (anch'essa poi in collezione Barberini, mentre oggi alla National di Dublino) e la Resurrezione di Lazzaro (oggi al Louvre di Parigi). Durante il soggiorno a Ferrara il pittore era in contatto col duca di Mantova Ferdinando Gonzaga per concordare misure e soggetti di alcune commesse che intanto gli erano pervenute. Nel 1620 circa il pittore soggiorna quindici giorni a Mantova per consegnare una la tela dellErminia tra i pastori (oggi a Birmingham). Di rientro in terra emiliana il pittore ricevette, per intercessione ancora una volta di padre Mirandola, alcune commissioni pubbliche, tra cui la Vestizione di san Guglielmo per la chiesa di San Gregorio a Bologna (oggi alla Pinacoteca nazionale cittadina), che sin da subito ebbe gli elogi che meritava da parte dei visitatori. Sempre al 1620 fa poi riferimento un'altra sontuosa pala d'altare, i Santi Francesco e Benedetto per la chiesa di San Pietro a Cento (oggi al Louvre di Parigi), che testimoniano come il pittore avesse acquisito piena personalità in questo genere di composizioni che, ad ogni buon conto, stando alle fonti antiche, pare prediligesse rispetto a quelle decorative su muro. Il 28 gennaio 1621 papa Paolo V Borghese muore; il cardinale arcivescovo di Bologna Alessandro Ludovisi viene eletto pontefice col nome di Gregorio XV il successivo 9 febbraio e dovette trasferisti a Roma. Chiama presso la propria "corte" diversi pittori di ambito emiliano, come il Domenichino, Lanfranco, Guido Reni e, per l'appunto, anche il Guercino, che vi si recò il 12 maggio dello stesso anno, all'età di trent'anni, accompagnato dal suo illustratore di fiducia nonché suo concittadino Giovanni Battista Pasqualini. I successi a Roma al seguito di papa Gregorio XV Ludovisi (1621-1623) Arrivato a Roma il Guercino si trova sin da subito ad essere uno dei pittori prediletti di papa Gregorio XV, il quale per via delle sue origini avviò una "campagna di promozione" verso i pittori emiliani. Papa Gregorio XV intendeva affidargli commissioni di grande prestigio, come la decorazione della Loggia delle Benedizioni in San Pietro, per la quale il pittore avrebbe ricevuto un compenso pari a circa 22.000 scudi. Seppur breve il pontificato Ludovisi, il pittore riceverà da questi commesse di tal rilevanza che i relativi risultati ottenuti costituiranno alcuni dei momenti più alti del Guercino e più in generale del barocco romano e italiano. Il cardinal nipote Ludovico Ludovisi gli affidò nel 1621 la decorazione del casino dell'Aurora che fu del cardinale Francesco Maria Del Monte, parte di un villino appena acquistato, insieme con l'ampia vigna che gli si stendeva intorno, che assumerà pertanto il nome di villa Ludovisi. Con l'assistenza di Agostino Tassi, che vi affrescò le quadrature architettoniche, il Guercino dipinse con tempera a secco sulla volta della sala centrale al pianterreno del Casino lAurora, rappresentata come giovane dea su un carro tirato da due cavalli, davanti ai quali fugge la Notte mentre un genio in volo incorona Aurora di fiori e un altro, sul carro, sparge fiori tutt'intorno; da una parte, sul letto, è il vecchio marito Titone; in alto, tre giovani donne raffigurano altrettante stelle, una delle quali versa rugiada da un'urna. L'esame iconografico del dipinto rivelerebbe l'intenzione non tanto di rappresentare semplicemente il sorgere di un qualunque nuovo giorno, ma l'alba di una nuova era di gloria per la famiglia Ludovisi, intento riaffermato anche nella scena della Fama, con l'Onore e la Virtù (anch'essa a tempera a secco) che decora la volta della sala del piano superiore del Casino. Questi cicli, che danno avvio a una seconda fase pittorica del Guercino, equivarrebbe a una sfida dei Ludovisi rivolta alla potente famiglia Borghese, che pochi anni prima durante il loro pontificato avevano commissionato a Guido Reni il medesimo tema nell'affresco del loro Casino (ora Rospigliosi-Pallavicini). I lavori per il casino non furono l'unica opera che il cardinal nipote commissionò al pittore; a questa si aggiunsero la Visione di san Girolamo (oggi al Louvre), la Maddalena penitente con due angeli, che si trovava nella chiesa (non più esistente) di Santa Maria Maddalena delle Convertite al Corso (dal 1817 nei musei Vaticani a seguito della soppressione del monastero nel 1798) e la grande pala della Sepoltura e gloria di santa Petronilla, commissionata per un altare della Basilica di San Pietro nel 1622, da dove fu rimossa nel 1730 per essere sostituita da una copia a mosaico di Pietro Paolo Cristofari (attualmente esposta nella Pinacoteca Capitolina). L'enorme pala sulla figlia di san Pietro è considerata dai suoi contemporanei e dai commentatori successivi il massimo risultato dell'arte del Guercino. Pochi altri dipinti eseguì in Roma, tutti comunque capisaldi della pittura barocca: una grande tela nel soffitto della basilica di San Crisogono a Trastevere sulla Gloria del santo, commissionata dal cardinale Scipione Borghese intorno alla metà del 1622, ora a Londra, nella cui collezione di famiglia figurerà nl 1693 anche il piccolo olio su rame del Cristo morto compianto da due angeli; ancora, per il palazzo Patrizi (poi divenuto Costaguti) una decorazione per il soffitto di una stanza con la scena di Rinaldo rapito da Armida, commissionata da Camillo Patrizi; mentre per il palazzo Lancellotti eseguì nelle volte di due distinte sale la Gloria e onore e alcuni Amorini. Durante gli ultimi mesi del 1622 e i primi del 1623 il Guercino realizza poi il Ritratto di papa Gregorio XV, già in collezione Ludovisi e oggi al Getty Museum di Los Angeles. Con la morte del pontefice, avvenuta l'8 luglio 1623, viene a mancare la possibilità di realizzare la progettata grande decorazione della Loggia delle Benedizioni in San Pietro. Qualche mese dopo la scomparsa del papa, il Guercino lasciò Roma e fece ritorno a Cento. Il principe di Piombino Niccolò I Ludovisi commissionerà nel 1625 la grande tela dei Santi Gregorio Magno, Ignazio e Francesco Saverio (oggi alla National di Londra), in commemorazione dello zio pontefice che canonizzò i due santi dell'ordine dei gesuiti il giorno il 22 marzo 1622, giorno di san Gregorio Magno. Il ritorno in Emilia Gli affreschi del duomo di Piacenza (1626) Di ritorno in patria, la sua fama è affermata e giunta persino in Inghilterra, dove lo si vorrebbe ospitare «con l'offerta di un'annua generosa pensione e di pagargli le opere a qual prezzo ch'egli avesse voluto», ma Guercino non era persona da lasciare famiglia e paese, pertanto per gentilezza al diniego inviò a Londra la Semiramide che riceve la notizia della rivolta di Babilonia (ora a Boston), tipico esempio di pittura da salotto, amata dai suoi committenti. I suoi primi dipinti di questo nuovo periodo sono lAssunta, realizzata per il conte Alessandro Tanari di Bologna (oggi nel Museo dell'Ermitage di San Pietroburgo) la Presentazione di Gesù al Tempio di Londra, dove ai forti contrasti di colore dei dipinti della prima maniera succede ora un'illuminazione uniforme e un rigore di composizione nello stile del raffaellismo romano del Domenichino, e la Crocefissione della Madonna della Ghiara di Reggio Emilia, avvicinandosi allo stile classicamente composto di Guido Reni. Chiamato il 12 maggio del 1626 dal vescovo di Piacenza a continuare gli affreschi della cupola del duomo rimasti interrotti per la morte del Morazzone, concluse l'opera nel 1627. Nel catino della cupola, diviso in otto comparti, aggiunse ai due del Morazzone altri sei Profeti con figure accanto, decorando le lunette sottostanti le vele con quattro Scene del Nuovo Testamento (lAnnunciazione, lAdorazione dei pastori, la Circoncisione e il Riposo durante la fuga in Egitto) intervallate con altrettante riprendenti coppie di Sibille che affiancano le finestre, mentre sotto queste è un fregio di putti: le difficoltà tecniche di dover dipingere rapidamente in affresco e in forte scorcio furono da lui superate utilizzando numerosi e meticolosi disegni. Ancora a Cento, vi dipinse dal 1628 per l'oratorio del Nome di Dio il Cristo che appare alla Madonna, ora nella Pinacoteca civica. L'anno seguente Diego Velazquez prima di giungere a Roma si fermò nella cittadina emiliana su suggerimento del cardinale Giulio Cesare Sacchetti, presso cui era andato il pittore spagnolo, al tempo legato a Ferrara dal 1627 e che conosceva il Guercino poiché possedeva il Giacobbe che benedice i figli di Giuseppe che fu del cardinal Serra. Il cardinale sponsorizzò l'operato del Guercino e invitò infatti il Velazquez a far conoscenza del pittore centese. Seppur lontano da Roma, il Guercino continuò in quegli anni a lavorare per illustri cardinali dell'ambiente clericale locale, come i Barberini, dove eseguì il Sansone porta il favo di miele ai genitori (1625-1626), oggi al Museo di Norfolk, dov'è presente nella scena una chiara citazione all'araldica della famiglia, o come il Marte che fu della collezione Albani, oggi in collezione privata inglese. I lavori per il cardinale Bernardino Spada (1629-1631) Il Guercino insieme con il fratello Paolo Antonio, suo convivente e amministratore delle questioni burocratiche, anch'egli pittore all'interno della bottega specializzato prevalentemente alla realizzazione di nature morte, istituì il 4 gennaio del 1629 il Libro dei conti, una contabilità dei pagamenti ricevuti per le sue tele, da un punto di vista storiografico molto prezioso perché permette di individuare le opere del Guercino e le date della loro composizione. Dopo aver affrescato il soffitto di una sala del palazzo Sampieri Talon di Bologna con un Ercole e Anteo, il Guercino ricevette nel 1629 dalla regina Maria di Francia, tramite il cardinale Bernardino Spada, al tempo legato di Bologna, un invito a raggiungere la sua corte per eseguire dei cicli di affreschi per il palazzo del Lussemburgo. La richiesta avanzata al Guercino avvenne successivamente a un'altra già rifiutata da Guido Reni. In quest'occasione la regina si rivolse allo Spada per sapere quale pittore egli avrebbe potuto consigliare per un'impresa simile, e il cardinale rispose che il Guercino, dopo il Reni, era quello più stimato in Italia in quel momento, avendo addirittura a vantaggio di Guido una maggior robustezza fisica e giovinezza d'età. Maria de' Medici per comprendere meglio le qualità del pittore chiese quindi l'esecuzione di una tela da spedirgli: fu così che venne realizzata la Morte di Didone (oggi alla Galleria Spada di Roma). Anche in questo caso, tuttavia, seppur il cardinal Spada assicurò alla regina che sarebbe riuscito a persuadere il Guercino entro Pasqua o la primavera del 1630, l'invito al pittore di recarsi oltralpe non ebbe esito positivo per i troppi impegni che questi aveva in Italia in quel momento. Neanche il dipinto nel frattempo riuscì a giungere alla regina, in quanto questa era dovuta fuggire dalla Francia in esilio per motivi di conflitti interni al paese. Il cardinale Spada, quindi, il 30 settembre del 1631 invia una lettera al pittore per fargli sapere delle sue intenzioni di acquistare la grande tela per sé stesso, cosa che avvenne concretamente dietro il corrispettivo di 400 scudi. Coevo a questi anni ci fu anche il Ritratto a mezzo busto del cardinale Spada (oggi nella Galleria omonima di Roma), pressoché in contemporanea con una versione a figura intera del Reni, col quale a partire da questi anni vedrà intrecciarsi più volte l'attività artistica. Il dipinto della Morte di Didone viene spedito a Roma nel 1632, dove si era trasferito il cardinale. Il sodalizio tra committente e pittore durerà anche successivamente: nel 1634 viene infatti richiesto il contributo del pittore alla decorazione delle nuove sale del palazzo Capodiferro, al 1635 risulta una notula di pagamento di 34 scudi per un quadro con lAstrologia, mentre nel 1640 il pittore viene invece pagato 20 scudi per un San Pietro. Il Guercino successore di Guido Reni a Bologna Nel 1633, quando aveva compiuto 42 anni, certi suoi amici cercarono di persuaderlo a prender moglie: il Guercino sembra esser stato tutto inteso al lavoro e desideroso di mantenersi «per tutta la vita disciolto e in libertà». Rifiutò nuovamente il pur allettante invito rivoltogli da Luigi XIII di trasferirsi in Francia, come ne declinò anche un ulteriore a recarsi in Inghilterra.Il pittore aveva definitivamente scelto di restare celibe e di rimanere in Italia, seguendo in qualche modo il percorso che aveva fatto Guido Reni (anch'egli nel 1626 rifiutò l'invito di recarsi in Inghilterra e preferì vivere nella sua natia Bologna anziché a Roma). Agli ultimi trent'anni di attività del pittore risalgono un numero smisurato di opere, confermando lo status di pittore particolarmente prolifico. Le opere vennero richieste sia per il decoro di edifici pubblici che per il collezionismo privato di cardinali e nobili dell'ambiente emiliano e dintorni; appartengono a questi anni la Venere, Cupido e Marte (1633), realizzata per il duca di Modena Francesco I d'Este, che la voleva nel suo palazzo di Sassuolo, la Madonna col Bambino (1636) per il cardinal Stefano Durazzo, legato di Ferrara tra il 1634 e il 1637, oggi all'Art Museum di Arizona, una Sant'Agnese (1637) per il cardinale Girolamo Colonna, allora arcivescovo di Bologna, confluita nella collezione Colonna e poi in una privata inglese. Nel 1640 compie per Giulio Cesare Sacchetti, nuovo cardinale di Bologna (in carica dal 1637), ma già vecchia conoscenza a Ferrara intorno al 1629, la Cleopatra davanti a Ottaviano, che poi verrà portata a Roma successivamente mescolandosi con le opere raccolte fino a quel momento dal fratello Marcello, costituenti la collezione Sacchetti. Nel 1641 il priore della certosa di Pavia, Ignazio Bulla, gli commissionò la grande pala della Madonna con Bambino in trono tra San Pietro e San Paolo per l'altare dei Santi Pietro e Paolo. Coevi furono poi il San Romualdo protetto da un angelo contro un diavolo, per il monastero di Sant'Apollinare in Classe a Ravenna e la Visione di san Girolamo per la chiesa di San Girolamo a Rimini. L'8 agosto 1642 Guido Reni muore; nel mentre il Guercino lascia definitivamente Cento per trasferirsi a Bologna, poiché quest'ultima città era ritenuta essere più sicura rispetto alla prima, che invece in quegli anni viveva continue minacce militari. Secondo parte della critica il trasferimento a nuova sede fu dovuto anche perché il Barbieri non aveva più «a temere il confronto di un così [Guido Reni] eccellente e celebrato compositore». A Bologna il pittore trovò dimora presso l'amico e conte Filippo Aldrovandi, fin quando nel 1644 non ebbe dapprima soggiorno nella parrocchia di San Benedetto, per poi acquistare una propria casa nello stesso anno per 4.250 scudi. In questi anni furono realizzate ancora un cospicuo numero di tele, tra cui il San Francesco che riceve le stimmate (1642) per il principe Carlo Alessandro d'Este, lAtlante (1645 circa) e l'Endimione (1647), per il principe Lorenzo de' Medici (poi donato a Camillo Pamphilj e quindi nella collezione omonima), la Sibilla Persica (tra il 1645 e il 1647), per il Governatore di Cento Carlo Rondinelli, e la Morte di Cleopatra (1648), per la collezione Durazzo di Genova. Nel 1646 dipinse l'Annunciazione per la chiesa della Santissima Annunciata degli Scolopi poi trasferita nella chiesa di Santa Maria Maggiore a Pieve di Cento. Il Guercino, pur continuando a soddisfare le numerose richieste di lavoro, non mancava di tenere scuola nel suo studio e, nel mentre, era anche uno dei quattro direttori, insieme con Francesco Albani, Alessandro Tiarini, Giovanni Andrea Sirani e Michele Desubleo, della Scuola di nudo fondata nel suo palazzo dal conte Ettore Ghisilieri, che durò fin quanto quest'ultimo non intraprese vita religiosa nel 1652. L'Accademia fu celebre al tempo, ove il Guercino disegnava generalmente «l'ignudo col carbone, in carta leggermente tinta, e così grandioso il facea e così facile, con una macchia in cui percotendo il riflesso della luce, risaltavano li principali oscuri, e con pochi risoluti lumi di gesso o di biacca». Per il Ghisleri Guercino eseguì due ovali con due santi (Giovanni Battista e Giuseppe) nel 1644 e nel 1649. Ancora una volta la vita del Guercino si intreccia in qualche modo con quella di Guido Reni: quest'ultimo aveva infatti lasciato incompiuta una grande tela con un San Bruno destinata ai monaci della certosa di Bologna a causa della prematura scomparsa. Al Guercino fu chiesto di completare l'opera, ma questi rifiutò la commessa proponendo una tela ex-novo tutta di sua mano. Dipinse così nel 1647 la Visione di san Bruno, «una delle più vigorose ed emozionanti pale d'altare del periodo tardo», nel quale il santo, nella solitudine del deserto, ha la visione della Madonna con il Bambino, mentre un suo compagno, poco lontano, medita su un libro: celebrato per «forza e vaghezza di colore», il santo «spira nel volto un vivo affetto, ed è di carnagione adusta, qual si conviene ad uno che trovasi sovente esposto all'ardore del sole, ove al contrario il Bambino e la Vergine scorgonsi di fresca e morbida carne coloriti». Gli ultimi anni (1648-1661) Del 1648, invece, è un'altra Annunciazione, originariamente dipinta per la chiesa di San Filippo Neri di Forlì ed esposta attualmente nella Pinacoteca civica della stessa città. Nel 1649 morì il fratello minore Paolo Antonio all'età di 46 anni; il duca di Modena Francesco I d'Este invitò il Guercino a Modena per godere di un breve periodo di riposo e di svago che gli facesse superare la depressione. Fu assieme ai suoi allievi al palazzo ducale di Sassuolo, dove realizzò alcune opere. Nella casa-studio di Bologna andarono a vivere la sorella Lucia e il cognato pittore Ercole Gennari, figlio di Benedetto senior, uno dei primi maestri del Guercino, il quale subentrò a tutti gli effetti allo scomparso Paolo Antonio, collaborando con il pittore centese e occupandosi anche dei suoi affari. Agli anni '50 del secolo risalgono ancora svariate opere, sia destinate al decoro di edifici pubblici che per il collezionismo privato: come il San Francesco che riceve le stimmate (1651), visibile nella chiesa di Santa Maria in Laterano in Schiavonia, a Forlì, il celebre San Giovanni Battista che predica (realizzato intorno all'anno 1654), oggi conservato nella Pinacoteca civica di Forlì, la Sibilla Cumana con un putto (1651) per il principe Mattias de' Medici, lAmor virtuoso (1654) commissionata dal cardinale Camillo Massimo, il Ritorno del figliol prodigo (1655) per i'arcivescovo di Bologna Girolamo Boncompagni e la Santa Palazia (1658), commissionata dal marchese Gregorio Spada, nipote del più noto Bernardino, per decorare l'omonimo monastero di Ancona. La morte (1666) Nel novembre 1661 Guercino si riprese da un infarto: la sua attività, come mostra il Libro dei conti, ebbe un notevole rallentamento. L'11 dicembre 1666 il pittore muore: « [...] fu sorpreso da nuovo e grave malore a cui non poté troversi rimedio, e giunto alli 22 dello stesso mese dovette soccombere al comun destino, e incontrollo con rassegnata ilarità e tutto a Dio rivolto». L'atto di morte fu redatto nella chiesa bolognese di San Salvatore, dove il pittore ebbe sepoltura: «Addì, 24 dicembre 1666. Il Sig. Gio. Francesco Barbieri Pittore famosissimo, uomo religiosissimo d'anni 74, dopo aver ricevuto li santissimi Sacramenti, rese l'anima al Creatore. Fu sepolto in nostra Chiesa nella sepoltura di mezzo, essendogli state celebrate solennissime esequie». Stile La «prima maniera» Le influenze tra Ludovico Carracci e Caravaggio Rilevò già il Calvi la lontananza del giovanissimo pittore dalla pittura manierista dei Procaccini, dei Fontana e dei Samacchini i quali spesso, «volendo correggere la natura, la deformano e la guastano» e come nelle sue prime opere, Guercino fosse «tutto fondato sul naturale, dal quale religiosamente copiava ogni cosa nella sua stessa rozzezza e semplicità; prendeva il lume assai d'alto per ottenere l'effetto d'una gran macchia ch'egli sapeva dolcemente accordare, e pareano le sue cose dipinte a chiaroscuro anziché no; ma dall'uso di ritrarre del continuo il vero, prese poco a poco tal padronanza e tale ardimento di colore, che quasi un altro Caravaggio a tutti diede nell'occhio, e venne meritamente ad incontrare l'universale approvazione». Il Lanzi vede la maniera giovanile del Guercino come «piena di fortissime ombre con lumi assai vivi, meno studiata ne' volti e nell'estremità, di carni che tirano al gialliccio, e in tutto il resto men vaga di colorito; maniera, che lontanamente somiglia la caravaggesca: di essa non pur Cento, ma Bologna ancora ha qualche saggio nel San Guglielmo». Al Caravaggio giustamente i biografi accostano più o meno strettamente Guercino per il suo rifarsi al vero, ma non va associato nell'uso dei contrasti di luce, che in Caravaggio sono un mezzo per dare risalto alla plasticità della forma, mentre nel Guercino la ricerca luministica è fine a sé stessa, mira cioè a raggiungere effetti puramente luministici.Anna Ottani, Guercino, Milano, 1965, p. 4 Nelle opere del 1614-1616 eseguite per Renazzo di Cento notarono lo Scannelli<ref e il Calvi «con quanto studio il nostro Giovan Francesco seguisse le tracce di Lodovico Carracci». La Madonna col Bambino, i santi Giuseppe, Francesco e due committenti eseguita dal Carracci per la chiesa dei Cappuccini a Cento veniva considerata dal giovane Guercino «la sua Carraccina», ossia «la sua cara zinna», dalla quale avrebbe tratto il latte dell'arte, fonte principale dei suoi primordiali studi pittorici. Nei chiaroscuri della casa Provenzale (1614) «sempre maggiormente si scorge quanto il Barbieri avesse studiato sopra le opere del suddetto Lodovico, perché questi termini son fatti a imitazione di que' celebri del Carracci nella casa Favi di Bologna». Si è rilevato altresì come l'illuminazione artificiale e l'atmosfera familiare del dipinto del Miracolo di san Carlo Borromeo siano state influenzate anche da una pala di Lavinia Fontana del 1590, la Natività della Vergine, allora nella chiesa bolognese di San Biagio, che dunque Guercino poté conoscere bene. Il paesaggismo veneto Nei paesaggi della casa Pannini (1615-1617) il Guercino trova una voce del tutto personale, senza riferimenti di scuola e libero da condizionamenti d'accademia. La sua libertà di rappresentazione lo porta a manifestare il suo amore per la natura e per la vita dei campi, il piacere di osservare scene quotidiane con freschezza e sobrietà. Che gli dovesse essere agevole il risultato lo testimonia anche il Passeri, dove scrive che nelle rappresentazioni paesaggistiche gli erano «di gran giovamento le contigue campagne e siti rusticani della sua terra nativa, dove dimorò gran tempo». Queste opere testimoniano nel contempo la conoscenza dell'ultima pittura veneta, di Tiziano e di Jacopo Bassano in particolare, confermate nella sua vocazione alla sensibilità cromatica, che mise in opera nel 1620 anche nella Vestizione di san Guglielmo d'Aquitania, dipinto per la chiesa bolognese di San Gregorio e ora nella Pinacoteca di Bologna, dove «tutto ha un carattere grande e maestrevole, le tinte non possono essere meglio compartite e quello che si chiama gusto di macchia è portato al sommo grado; brillano i lumi in mezzo a quella freschezza d'impasto e pochi principali scuri ben locati accrescono al dipinto una forza e un rilievo che incanta». Il Marangoni lo considera il suo capolavoro per «la sua calda atmosfera come sparsa in un pulviscolo dorato e luminoso che bagna e sommerge le cose, rendendo ariose le ombre più dense con un risultato più unico che raro e che ci mostra il Guercino come uno dei maggiori e più originali maestri del rinnovamento luministico». Sempre di ambito veneto, Ippolito Scarsella sarà invece influente per le composizioni a tema (o con inserti) paesaggistico dell'età giovanile del Guercino, come nell'''Et in Arcadia Ego, nellApollo e Marsia e, per l'appunto, nei due paesaggi con donne bagnanti e al chiaro di luna con carrozza di casa Pannini. La composizione piramidale La tela che segna l'apertura della prima maturità artistica del pittore è tuttavia la Madonna col Bambino e i santi Giuseppe, Agostino, Luigi, Francesco e un donatore e due angeli del 1616 circa, realizzata per la chiesa di Sant'Agostino a Cento e oggi ai Musei reali di Bruxelles. Caratteristica di questa, ma anche di opere successive, è la costruzione della composizione con linee vitali che formano un rombo nel quale si racchiude il nucleo della rappresentazione. Nella Vestizione di San Guglielmo i vertici della losanga si collocano nelle teste della Vergine, del vescovo, del monaco e nel ginocchio del santo; una scelta che dà vivacità alla composizione, contrapponendosi alla «ferma freddezza del rettangolo della tela». Così è nel contemporaneo San Francesco in estasi con san Benedetto e un angelo, dipinto per la chiesa di San Pietro a Cento e ora al Louvre, ove alla composizione romboidale si aggiunge anche il movimento a spirale del corpo di Francesco, «come quello di un serpente che viene affascinato» dalla musica dell'angelo incantatore. La «seconda maniera», il barocco di Guercino LAurora Ludovisi rappresenta in campo artistico un motivo di confronto del Guercino con Guido Reni: «Guercino fece conoscere la sua individualità e il suo ingegno evitando la ripetizione della composizione e dello stile di Guido. In netto contrasto con il soave classicismo del Reni e i suoi colori delicati, Guercino tratta il tema in modo campestre, pieno di paesaggio e animali dipinti in toni ricchi e ombreggiati». Mentre il Reni si muove nel solco della tradizione del classicismo romano, consentanea al suo estro controllato e diffidente di novità formali, Guercino unisce alla sua nativa e spontanea freschezza creativa (il putto accoccolato sul carro e gli altri che giocano sulle cime dei cipressi) le soluzioni prospettiche del Veronese osservate a Venezia (le sue inquadrature architettoniche fortemente scorciate godranno di grande fortuna per più di un secolo) senza rinunciare all'effusione poetica della meditazione lirica nella lunetta della Notte. «La cosa più mirabile e veramente nuova in questa Aurora sono i due focosi cavalli, non tanto per l'audacia dello scorcio che li rende così dinamici, quanto per l'acuto senso moderno del bianco e nero e per la giustezza dei valori tonali. Felicissima è l'idea di aver sfruttato il pezzato del mantello dei cavalli giocando di bella audacia nell'avvicinare e confondere i capricciosi contorni delle macchie scure del mantello con quelli delle ombre, traendone un risultato di novità ed evidenza: così sicuro è il senso luministico del nostro pittore». Il Guercino conserva anche qui la sua caratteristica composizione a losanga «ma il nesso del quadro è già più slegato, più sovraccarico, meno necessario che nelle tele precedenti, il partito luminoso ha perso la trasparenza del San Guglielmo o il senso del bianco e nero dellAurora per appesantirsi nello sfumato; tutto si è aggravato, dalle architetture alle ali degli angeli, alla tavolozza che non è più tonale ma cromatica, con quelle sue ricchezze vistose. Il Guercino ha perduto qui il suo buon gusto misurato [...]». Dalle ultime opere emiliane del 1620 e da quelle immediatamente successive ricadenti nel periodo romano, in particolare LAurora Ludovisi e la Sepoltura e gloria di santa Petronilla, si apre la prima maturità artistica del Guercino, dove si accentua ancor di più quell'elemento che sarà peculiare della sua pittura, ossia l'utilizzo di un intenso color azzurro. Inoltre le singole figure sono dipinte con i contorni marcatamente delineati, definendo le somme più solide e compatte. La «terza maniera», il classicismo reniano Il Guercino decide di rivedere ancora una volta il proprio stile, utilizzando così come faceva Guido Reni intorno agli anni '30, tonalità cromatiche più pallide e meno robuste, come fossero pastello. Le figure ritratte assunsero anche un più accentuato classicismo di bellezza ideale, dove talune volte si rimandano anche a esempi di statuaria classica antica, come nellAtlante della collezione de' Medici, che ricorda per postura quello Farnese. Nel dipinto del Cristo appare alla Madre ritorna il riferimento al Reni, da cui si attinge il colorismo e il classicismo: «lo stile del drappeggio del Guercino e il comportamento delle sue figure gareggiano con le armoniose coreografie, quasi da balletto, che si trovano in pitture del Reni [ [...] ] I motivi astratti dei panneggi e l'insistente geometria della composizione [ ... ] segnalano la fine del periodo di transizione del Guercino e l'inizio di un autentico e innovativo classicismo barocco». Secondo la critica antiaccademica nell'opera San Bruno sono «bei volti e belle membra modellati a carezze, mosse graziose e ben educate, panneggi da vetrina e, quanto al chiaroscuro, ripudiato tra i falli di gioventù ogni ricordo dell'ombreggiare strepitoso d'un tempo, quel tanto che non dia ai nervi dei placidi parrocchiani, tutte persone ammodo, abituate al miele rosato di Guido Reni». Mentre il Marangoni aveva criticato il periodo tardo del Guercino, il Calvi invece ne riconobbe le qualità della robustezza applicata, mettendo altresì in relazione la pallida stesura cromatica con quanto fece il Reni durante la sua attività artistica finale. Opere Note Bibliografia Carlo Cesare Malvasia, Felsina pittrice, Bologna 1678. Massimo Pulini (a cura di), Guercino, racconti di paese. Il paesaggio e la scena popolare nei luoghi e nell'epoca di Giovanni Francesco Barbieri'', catalogo della mostra di Cento, Milano 2001, ISBN 8871792955. Altri progetti Collegamenti esterni Membri dell'Accademia nazionale di San Luca F Pittori (Barocco)
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Isola di Favignana
Favignana (in siciliano Faugnana) è un'isola dell'Italia appartenente all'arcipelago delle Egadi, in Sicilia. Principale isola dell'arcipelago delle isole Egadi, si trova a circa 7 km dalla costa occidentale della Sicilia, tra Trapani e Marsala, e fa parte del comune di Favignana. Il nome di Favignana deriva dal latino favonius (favonio), termine con il quale i Romani indicavano il vento caldo ricadente proveniente da ovest. Il villaggio sorge intorno a un'insenatura naturale dove è strutturato il porto sulle cui sponde sono presenti gli edifici delle antiche tonnare Florio. Le tradizionali architetture mediterranee dell'isola, caratterizzate da intonaci bianchi e finestre azzurre o verdi, sono, specialmente negli ultimi anni, oggetto di riscoperta e valorizzazione, il paesaggio è tutelato infatti dalla sopraintendenza ai beni culturali. L'isola, ricoperta prevalentemente da macchia mediterranea costituita da arbusti cespugliosi e da boschi di pini marittimi, si è affermata come importante meta turistica. Geografia fisica Territorio L'isola di Favignana ha una superficie di 19 km² circa e uno sviluppo costiero di 33 km frastagliati e ricchi di cavità e grotte. Anticamente il nome di Favignana era Egusa (Aegusa per i latini), dal greco Aigousa (Αἰγοῦσα), cioè «che ha capre», data la loro abbondanza sull'isola. Era anche conosciuta con altri nomi come Aponiana, Katria, Gilia e viene ricordata da numerosi scrittori tra cui Plinio, Polibio, Nepoziano, l'anonimo Ravennate. Dai geografi arabi era conosciuta con il nome Djazirat ‘ar Rahib («isola del monaco» o «del romito»), in quanto sull'isola si erge un castello di epoca normanna, il cosiddetto Castello di Santa Caterina, dove avrebbe vissuto per l'appunto un monaco. Il pittore Salvatore Fiume la definì una «farfalla sul mare» per via della sua conformazione caratteristica. Il nome attuale (anticamente Favognana) deriva dal Favonio, un vento caldo di ponente che ne determina il clima molto mite. Nonostante nell'antichità fosse ricca di vegetazione, oggi ne è povera a causa del disboscamento. L'isola è attraversata da nord a sud da una dorsale montuosa la cui altitudine massima è quella del Monte Santa Caterina, di 314 metri. Altre due cime sono la Punta della Campana alta 296 metri e la Punta Grossa (252 metri). Sul lato meridionale si trovano gli isolotti Preveto, Galera e Galeotta (praticamente degli scogli). Flora e fauna Favignana fa parte della riserva naturale delle isole Egadi istituita nel 1991. L'isola è abbastanza brulla e ospita la tipica macchia mediterranea e la gariga. La vegetazione è quindi costituita da oleastro, lentisco, carrubo, Euphorbia dendroides e sommacco. Vi sono alcuni interessanti endemismi quali il cavolo marino (Brassica macrocarpa), il fiorrancio marittimo (Calendula maritima), la finocchiella di Boccone (Seseli bocconi). Uno studio degli anni sessanta sulla vegetazione delle Egadi riporta a Favignana circa 570 specie. Nell'area est dell'isola vi sono molti giardini detti ipogei, curati e coltivati all'interno delle cave di tufo ormai dismesse. È una delle poche isole minori siciliane in cui sia presente una popolazione di rospo smeraldino siciliano (Bufotes boulengeri siculus). Le cave Le due porzioni del territorio isolano subirono un diverso destino dovuto alla decisione, da parte dei Saraceni, di fondare il primo nucleo del paese nei pressi delle falde orientali del Monte Santa Caterina, e alla diversa composizione mineralogica della roccia presente in entrambe; questa differenza di composizione ha spostato l’attenzione degli isolani sul versante orientale dando vita alla lunga attività di estrazione della pietra. Le cave di tufo sono sparse pertanto sul territorio della Piana divenendo, nei secoli, l’elemento che maggiormente caratterizza il paesaggio antropizzato dell’isola. La pietra presente nell’isola è una calcarenite, roccia sedimentaria composta prevalentemente da sabbia e gusci fossili, che si distingue in due categorie: una di qualità inferiore, di colore giallo, presente nello strato superiore del terreno e una di qualità superiore, di colore bianco, sottostante quella precedente; la calcarenite bianca di Favignana è stata utilizzata, nei secoli, come eccellente materiale per l’edilizia che si ritrova tutt’oggi nelle case e nelle chiesa dell'Immacolata Concezione di Favignana, nella Villa Florio, nella Villa Igiea di Palermo, a Messina nei palazzi ricostruiti dopo il terremoto del 1908 e a Tunisi. Lo sfruttamento del suolo raggiunse il massimo sviluppo nel periodo compreso tra il governo dei Pallavicino (XVII sec.) e quello dei Florio (inizio del XX sec.) durante il quale, attraverso il perfezionamento delle tecniche e degli strumenti utili al taglio della pietra, i cavatori favignanesi divennero esperti nel mestiere. I metodi di estrazione praticati per la realizzazione delle cave a Favignana si suddividono in due categorie: a cielo aperto (a fossa) o al coperto (a gallerie e pilastri); la determinazione del metodo di scavo dipendeva esclusivamente dalla condizione orografica del terreno. Il metodo a cielo aperto prevedeva la realizzazione di una cava attraverso la squadratura di una superficie orizzontale, lunga 10x10m. circa, e la successiva eliminazione della vegetazione e del cappellaccio, lo strato superficiale della roccia con spessore variante da 1 a 2 metri, fino a raggiungere la pietra più profonda. La cava pertanto veniva realizzata strato per strato permettendo ai cavatori di estrarre la pietra dall’alto verso il basso, scendendo nella profondità del suolo, avendo cura di lasciare dei conci attaccati al suolo al fine di formare una scala, unico elemento di accesso all’interno. Il metodo al coperto prevedeva invece l’accesso alla cava o attraverso grotte naturali, situate prettamente lungo la costa, o attraverso l’apertura di una galleria su una parete verticale di una cava a cielo aperto. La realizzazione di una galleria prevedeva di lasciare intatte alcune porzioni di roccia che fungevano da sostegno verticale. Spiagge I più noti accessi al mare sull'isola di Favignana sono: la spiaggia della Praia Burrone (spiaggia sabbiosa) Cala Azzurra (spiaggia con scogli) Cala Rossa (scogliera) Bue Marino (scogliera) Cala Grande Cala Ritunna (cala rotonda) Grotta Perciata (scogliera) Calamoni (scogliera e piccole spiagge) Scivolo (scogliera) La Praia Punta longa Preveto (ciottoli) Marasolo (piccola spiaggia con scogli) La spiaggia di Cala Rossa nel 2015 è stata premiata per essere la spiaggia più bella d'Italia secondo il sito SkyScanner. Clima Storia La presenza umana a Favignana risale al paleolitico superiore; tracce di antichissimi insediamenti umani si hanno principalmente nelle grotte del Faraglione e del Pozzo in zona San Nicola. Era nota agli antichi greci con il nome Aegusa (Αιγούσα, isola delle capre). I Fenici si stabilirono a Favignana a partire dall'VIII secolo a.C. fino all'anno 241 a.C., quando, l'esercito romano, guidato da Gaio Lutazio Catulo, sbaragliò la flotta cartaginese nella battaglia finale della prima guerra punica, detta appunto battaglia delle isole Egadi, dopo la quale la Sicilia venne definitivamente annessa a Roma. Dopo il crollo dell'impero romano le isole caddero in mano dei Vandali, dei Goti ed in seguito dei Saraceni. Nel 1081 i Normanni, sotto il governo di Ruggero d'Altavilla, vi realizzarono un villaggio e possenti fortificazioni: il forte San Giacomo (all'interno dell'ex-carcere, in paese) e quello di Santa Caterina (in cima alla montagna). Seguì il destino della Sicilia fino al XVI secolo, appartenendo come baronia alle famiglie Carissima e Riccio; nel 1568 il feudo fu venduto a Francesco Ferdinando d'Avalos; alla metà del secolo XVII, insieme all'intero arcipelago, divenne proprietà dei Pallavicini-Rusconi di Genova, con titolo di marchesi e poi, nel 1874, dei Florio, che potenziarono le tonnare dell'isola. Dal periodo borbonico fino al fascismo l'isola fu utilizzata soprattutto come prigione e luogo di confino per gli avversari politici. Durante il periodo borbonico fu rinchiuso nella fossa di S.Caterina il mazziniano Giovanni Nicotera, che venne poi liberato dai garibaldini dopo lo sbarco dei Mille. Durante il secondo conflitto mondiale l'isola venne dotata lungo le coste, vista la sua posizione strategica, di una imponente rete di casematte e fortificazioni militari, in gran parte ancora oggi conservate. Favignana, sin dai tempi della dominazione romana, è stata sede estrattiva del tufo bianco conchigliare (in realtà è impropriamente detto tufo, essendo una calcarenite e non una roccia di origine vulcanica, come è il vero tufo) utilizzato nell'edilizia. Il cosiddetto tufo ha rappresentato una fonte economica importante per gli abitanti dell'isola. La lunga attività estrattiva, presente particolarmente nella parte orientale dell'isola, ha dato origine a particolari fossati, forre e caverne, oggi trasformate, specialmente dai privati cittadini, in particolari e suggestivi orti, giardini e abitazioni. Cultura Letteratura, musica e cinema L'autore trapanese Giacomo Pilati ha pubblicato nel 2004, per Mursia, il libro Minchia di Re, relativo a una vicenda svoltasi nell'isola di Favignana alla fine dell'Ottocento. Da questo libro, nel 2009 è stato tratto il film Viola di mare, di Donatella Maiorca, con la partecipazione di Maria Grazia Cucinotta Nel 1986 fu girato quasi interamente a Favignana il film Il commissario Lo Gatto con Lino Banfi Vi è stata girata nel 2009 la miniserie L'isola dei segreti - Korè Nel 2003 è stato girato a Favignana il film L'isola di Costanza Quatriglio, con la partecipazione straordinaria di Erri De Luca nel ruolo del meccanico, unica apparizione cinematografica dello scrittore napoletano Nel 2012 vi è stato girato il film C'è sempre un perché con Maria Grazia Cucinotta Nel 2019 Paolo Licata vi ha girato il film Picciridda, con Lucia Sardo, tratto dall’omonimo romanzo, ambientato a Favignana, di Catena Fiorello Lo scrittore e musicista Bob Salmieri, di origine favignanese, ha dedicato all'isola due libri e due CD: I storie o Cafè di lu Furestiero (Ed. Interculturali 2005) Uomini e Dei – Piccola Odissea Siciliana (Coppola Editore 2007) I storie o Cafè di lu Furestiero (Tinder records USA 2002) I storie o Cafè di lu Furestiero Novo (CNI Music – Italia 2006) Favignana Mystic Blues di Mario Scotto è un romanzo giallo ambientato interamente a Favignana. Monumenti e luoghi d'interesse Architetture religiose Al centro del paese di Favignana sorge la chiesa settecentesca intitolata alla Madonna dell'Immacolata Concezione all'interno della quale è custodito un prezioso crocifisso ligneo del XVIII secolo e una statua marmorea raffigurante Sant'Antonio del XVII secolo. Architetture civile Villa Florio è una palazzina neogotica, fatta costruire da Ignazio Florio dal 1876 al 1878 su progetto dell'architetto Giuseppe Damiani Almeyda. Oggi è di proprietà del comune e ospita l'info point turistico. Castello di Santa Caterina, sulla sommità dell'isola. L'ex-stabilimento della tonnara di Favignana, non più in attività a causa del ridotto numero dei tonni pescati, restaurato tra il 2003 e il 2009. Attualmente il luogo è aperto al pubblico a pagamento e sono offerte visite guidate da ex operai dello stabilimento. All'interno è possibile trovare testimonianze video legate alla mattanza e alla tonnara, e inoltre filmati storici concessi dall'Istituto Luce. È sede di un Antiquarium, dove vi è una sala nella quale sono esposti reperti storici ritrovati nel mare delle isole Egadi.. Economia Una volta basata sulla pesca del tonno e sull'attività estrattiva del tufo, ora poggia quasi unicamente sul turismo. Così si è avuto uno sviluppo delle sistemazioni alberghiere e soprattutto extra alberghiere in città e nei dintorni, con la nascita di villaggi turistici, hotel, agriturismi e case vacanza. Anche il settore della ristorazione ha avuto una crescita dovuta al turismo, sia nel numero dei locali che nella qualità delle proposte. Galleria d'immagini Note Voci correlate Favignana (Italia) Isole dello Stagnone Isole Egadi Isola di Levanzo Isola di Marettimo Isola Formica Isola di Maraone Isola Preveto Isole della Sicilia Tonnara di Favignana Altri progetti Collegamenti esterni Favignana
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Isola di Marettimo
Marettimo (Marètamu in siciliano) è un'isola italiana appartenente all'arcipelago delle isole Egadi, in Sicilia. È la più occidentale delle Egadi e vi si trova la località di Marettimo, frazione di Favignana, comune italiano del libero consorzio comunale di Trapani in Sicilia. Storia Le antiche popolazioni di questa ristretta area del Mediterraneo (Fenici, Elimi, Sicani) le attribuirono il carattere di sacralità di cui ancora oggi si può godere. Secondo la teoria trapanese dell'Odissea (nata ad opera di Samuel Butler), Marèttimo verrebbe a coincidere, dal punto di vista geografico, con Itaca, la patria di Ulisse. Sarebbe lo stesso eroe a indicarne la posizione. I Romani costruirono a Marettimo un presidio militare dopo la prima guerra punica, attorno al 150 a.C. il cui scopo era controllare la rotta tra la Tunisia e Roma. Il complesso, noto come Case Romane, si trova a monte del paese, a quota 250 metri circa ed è costituito da due piccoli edifici e da una chiesetta di epoca normanna. Diversi autori citano Hierà come il luogo dove venne firmato il trattato di pace tra Romani e Punici-Cartaginesi dopo la drammatica Battaglia delle Isole Egadi del 10 marzo del 241 a.C., che vide Annone e le proprie navi sconfitti dalle pentere e trireme dotate di rostri dei Romani comandati da Lutazio Catulo. Il castello di Punta Troia, edificato in periodo normanno (circa 1140), venne in seguito usato anche come carcere. Nel periodo borbonico all'interno delle sue anguste e buie celle fu detenuto anche Guglielmo Pepe. Nel Quattrocento l'intero arcipelago fu baronia delle famiglie Carissima e Riccio; nell'anno 1568 il feudo fu venduto a Francesco Ferdinando d'Avalos; alla metà del secolo XVII, l'isola divenne proprietà dei Pallavicini-Rusconi di Genova, con titolo di marchesi. Toponimo L'antico toponimo greco dell'isola, citato da Polibio, era Hierà Nésos (Ἱερά νῆσος), che significa «isola sacra». Il nome attuale deriva molto probabilmente da Marìtima, nome latino dell'isola che compare già nell'Itinerario Antonino, del III secolo d.C. Alcuni studiosi suggeriscono che l'origine del nome sia da ricercare nell'abbondante presenza del timo selvatico. Questa non è tuttavia l'unica tipologia di erba che cresce spontaneamente nell'isola, il cui clima del tutto particolare ha contribuito allo sviluppo di una flora straordinaria. Ambiente Marettimo si è staccata dalla terraferma diversi millenni prima delle altre due isole dell'arcipelago. Il risultato è che ci sono varie piante endemiche, come il cavolo delle Egadi (Brassica macrocarpa) e la finocchiella di Boccone (Seseli bocconi), arbusto che cresce sulle rupi attorno al Semaforo. Lungo la fascia costiera vegetano Helichrysum pendulum, Rosmarinus officinalis, Satureja fruticulosa, Euphorbia dendroides, Euphorbia bivonae. A quota maggiore si trovano Erica multiflora, Cistus incanus, Ruta chalepensis, Daphne oleifolia, Quercus ilex, Pinus halepensis, Lonicera implexa, Bupleurum sp., Scabiosa sp., Dianthus sp. Degne di nota le diverse grotte, raggiungibili solo dal mare; i fenomeni carsici; i fondali, alcuni dei quali sono parte della riserva naturale delle Egadi. Il punto più alto dell'isola è il Monte Falcone (). L'isola è percorsa da vari sentieri. Note Bibliografia Pietrino Eduardo Dùran, Una perla in fondo al mare, sintesi storica-politica-sociale dell'isola di Marettimo, Genova, 1928. Fabiola Ardizzone, Rosa Di Liberto, L'insediamento cristiano di Case Romane nell'isola di Marettimo dal periodo protobizantino alla rifondazione di età normanna, in Cantieri e maestranze nell'Italia medievale (De Re Monastica – II) Atti del Convegno di studio (Chieti-San Salvo, 16-18 maggio 2008), a cura di Maria Carla Somma, Spoleto 2010, pp.  413–448. Vito Vaccaro Marèttimo. Guida per viaggiatori e curiosi, Marèttimo, Associazione C.S.R.T. Marettimo, 2009. Enzo Di Pasquale "Ignazia", (Fazi), 2009. Mario Scotto "L'amico di Marettimo" romanzo (Margana editore Trapani). Voci correlate Isole dell'Italia Isole Egadi Isola di Favignana Isola di Levanzo Isola Formica Isola Maraone Altri progetti Collegamenti esterni Tutto su Marettimo - www.marettimo.tp.it Infopoint Marettimo - www.infopointmarettimo.it Frazioni del libero consorzio comunale di Trapani Favignana Marettimo
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I Simpson
I Simpson (The Simpsons) è una sitcom animata statunitense, creata dal fumettista Matt Groening nel 1987 per la Fox Broadcasting Company. La serie è una parodia satirica della società e dello stile di vita statunitense, impersonati dalla famiglia Simpson, protagonista dell'opera, composta da Homer e Marge e dai loro tre figli Bart, Lisa e Maggie. Ambientato in una cittadina statunitense chiamata Springfield, il cartone tratta in chiave umoristica molti aspetti della condizione umana, tra cui la cultura statunitense, la società, la famiglia e la stessa televisione. L'idea della famiglia Simpson venne applicata da Matt Groening e James L. Brooks nel 1987, in occasione dei corti animati di un minuto da mandare in onda durante il Tracey Ullman Show. La loro prima apparizione nel talk show avvenne il 19 aprile dello stesso anno. Da quel momento, fino al 1989, andarono in onda durante gli intermezzi pubblicitari dello show, ottenendo un buon successo di pubblico. La serie debuttò in prima serata, sotto forma di episodi di mezz'ora, il 17 dicembre 1989. I Simpson sono subito diventati uno show di punta della 20th Century Studios, grande casa produttrice di film; nel corso degli anni, infatti, hanno vinto numerosi e importanti premi televisivi. Il numero del magazine Time del 31 dicembre 1999 lo ha acclamato come "miglior serie televisiva del secolo", mentre il 14 gennaio 2000 lo show ha ottenuto una stella nella Hollywood Walk of Fame. Ad oggi è la più lunga sitcom e serie animata statunitense mai trasmessa. I Simpson hanno inoltre influenzato diverse altre serie animate per adulti prodotte dalla metà degli anni novanta in poi. Nel 2002 la rivista TV Guide ha classificato I Simpson all'8º posto tra i migliori 50 spettacoli televisivi di tutti i tempi, miglior posizione tra le serie animate. Nel 2007 ne è stato tratto un lungometraggio, intitolato I Simpson - Il film (The Simpsons Movie in lingua originale), uscito nelle sale cinematografiche il 27 luglio dello stesso anno negli Stati Uniti e il 14 settembre seguente in Italia. In Italia lo show è trasmesso in chiaro dalle emittenti Mediaset, che detiene i diritti e ne doppia gli episodi, e precedentemente dai canali satellitari di Fox Networks Group Italy. Dalla prima fino ad alcuni episodi della settima stagione sono stati trasmessi su Canale 5 ogni martedì alle 22:30 dal 1º ottobre 1991 al 18 agosto 1996 e in seguito dal lunedì al venerdi alle 15:30, mentre dai restanti episodi della settima stagione fino alle stagioni attualmente in corso la trasmissione si è spostata su Italia 1. Dal 2003 sono trasmessi su Fox e dal 2014 al 2019 anche su Fox Animation. Dal suo debutto ad oggi sono stati mandati in onda più di 650 episodi raccolti in 30 stagioni. Il 6 febbraio 2019 la Fox Broadcasting Company ha rinnovato la serie per la 31ª e la 32ª stagione. Dal 12 novembre 2019 la serie viene trasmessa anche su Disney+, il servizio streaming della Walt Disney Company, mentre in Italia viene trasmessa sulla piattaforma dal 24 marzo 2020. Il 3 marzo 2021 Fox rinnova la serie per la 33ª e la 34ª stagione. Il 27 gennaio 2023 la Fox rinnova la serie per altre due stagioni, la 35ª e la 36ª. Trama La serie è incentrata sulla famiglia Simpson, composta da Homer, che incarna lo stereotipo dell'americano di classe media, pigro e pasticcione, ma capace di scatti di coraggio ed umanità; dalla moglie Marge, molto gentile e premurosa nei confronti della famiglia; e dai figli Bart, il classico combinaguai disobbediente; Lisa, intelligente e saputella; e la piccola Maggie, che non fa altro che tenere il ciuccio. Essi vivono insieme a Springfield, città americana fittizia nella sua costituzione e planimetria al fine di confondere le idee su quale Springfield sia, con tutti i loro numerosi amici e parenti che appaiono spesso nella serie... Episodi Stagioni Speciale Lungometraggio Un film basato sulla serie, I Simpson - Il film (titolo originale: The Simpsons Movie) è uscito tra il 25 e il 27 luglio 2007 in quasi tutto il mondo, mentre in Italia l'uscita è stata posticipata al 14 settembre dello stesso anno. Il lungometraggio, diretto dal produttore della serie David Silverman, è stato scritto dal gruppo di sceneggiatori della serie tv e dai creatori dello show, Groening e Brooks. La produzione del lungometraggio è avvenuta durante la lavorazione della serie televisiva, nonostante le affermazioni degli addetti ai lavori secondo cui il film sarebbe stato realizzato solo alla fine della messa in onda in tv. In realtà, voci sulla realizzazione di un possibile lungometraggio basato su I Simpson circolavano fin dalle prime stagioni. Brooks ha affermato che in origine la trama dell'episodio Kampeggio Krusty (primo episodio della quarta stagione) sarebbe dovuta sfociare in un film, ma i problemi riscontrati nella realizzazione della sceneggiatura hanno ostacolato il progetto. Varie difficoltà, come la mancanza di una sceneggiatura adeguata ad un film, sono state la causa della posticipazione del progetto. Attraverso un concorso indetto dalla Fox Network e dal quotidiano USA Today, la première mondiale del film è avvenuta nella Springfield del Vermont. Negli Stati Uniti d'America, il film ha incassato nella prima settimana di programmazione un totale di 74 milioni di dollari statunitensi. Inoltre, I Simpson – Il film ha sorpassato Mission Impossible II al primo posto nella classifica dei film di maggior successo tratti da una serie televisiva. Fuori dagli Stati Uniti d'America, il film ha incassato nella prima settimana di programmazione 96.000.000 di dollari; in particolare, 27.8 di questi solo nel Regno Unito. In Italia, il film ha debuttato il 14 settembre al primo posto della classifica del box office con 5.900.000 euro incassati nella prima settimana di programmazione. I Simpson – Il film ha occupato la prima posizione per altre due settimane, ed è uscito dalla top ten degli incassi dopo sei settimane. Al 12 dicembre 2007, il film ha incassato oltre 16.200.000 € in Italia, ed oltre 525.500.000 $ in tutto il mondo, di cui 183.000.000 $ in patria. Il primo episodio della 19ª stagione dei Simpson si apre con una sorta di sequel al film, con la città di Springfield, distrutta e in fase di ricostruzione, Bart che scrive alla lavagna Non aspetterò altri venti anni per fare un film, con i 5 protagonisti che ritornano alla loro casa in fase di ricostruzione e quando si recano in sala sul divano trovano il maiale di Homer e in sottofondo si sente la canzone Spider-Man Theme Song. Ma riguardo a un seguito per il cinema, Matt Groening ha detto di essere certo della sua futura realizzazione, ma di non avere nessuna indicazione sui tempi necessari per realizzarlo e viste le tempistiche decennali con cui si è svolta la produzione concomitante con lo sviluppo degli episodi televisivi, i lavori per un seguito dovrebbero partire una volta conclusosi il ciclo della serie televisiva. Cortometraggi Nelle sale cinematografiche internazionali, prima della proiezione del film L'era glaciale 4 - Continenti alla deriva, avvenuta negli USA il 13 luglio 2012 e in Italia il 28 settembre, è stato proiettato un cortometraggio della durata di 4 minuti diretto sempre da David Silverman ed intitolato The Longest Daycare. Il corto, in 3D, ha per protagonista assoluta la piccola Maggie che, dopo essere stata bollata come "nulla di speciale" in seguito all'esame di un body scanner che prevede il futuro dei bambini, viene lasciata a se stessa in un'area isolata dell'asilo. Playdate with Destiny è stato annunciato per la prima volta su Instagram il 27 febbraio 2020, il cortometraggio sarà proiettato nelle sale degli Stati Uniti prima delle proiezioni del film Onward - Oltre la magia, a partire dal 6 marzo 2020. L'acquisizione della Disney di Fox si riflette nell'introduzione del cortometraggio che mostra una sagoma di Topolino prima di passare a Homer Simpson con in mano due ciambelle, allo stesso modo il logo di Gracie Films visto alla fine del corto sostituisce un cliente con Topolino. Personaggi e doppiatori Personaggi principali Quella dei Simpson è una vita basata sullo stile di vita della famiglia statunitense media. Homer Simpson: è il padre ed è l'ispettore alla sicurezza della centrale nucleare di Springfield; adora strafogarsi di cibo, soprattutto ciambelle e costolette di maiale, e bere birra Duff. Adora guardare la TV con una birra in mano. Passa molto tempo al bar di Boe Szyslak con gli amici Barney Gumble, Lenny Leonard e Carl Carlson. Le sue frasi sono "D'oh!", "Mi-ti-co!", la risata "deh-hi-hi-oh" e "Brutto bacarospo" (quest'ultima la dice mentre strangola Bart).Doppiato da Dan Castellaneta (lingua inglese), Tonino Accolla (lingua italiana st. 1-23), Massimo Lopez (lingua italiana st. 24-in corso) Marge Simpson: è la madre ed è il ritratto della tipica madre e casalinga statunitense: iperprotettiva nei confronti dei figli, è dotata di una spiccata "moralità". Si fa coinvolgere nelle stramberie di Homer, ma alla fine riesce sempre a tenere unita la famiglia. Nella puntata della 21ª stagione, "Il colore giallo" rivela di essere di origine francese da parte del padre.Doppiata da Julie Kavner (lingua inglese), Liù Bosisio (lingua italiana st. 1-22), Sonia Scotti (lingua italiana st. 23-in corso) Bart Simpson: è il figlio di 10 anni primogenito, furbo e insofferente alle regole: ama lo skateboard e la TV. La sua attività preferita è combinare scherzi insieme al suo amico Milhouse Van Houten, soprattutto ai danni del barista Boe Szyslak e del preside della sua scuola Seymour Skinner. Ha un buon cuore, e nonostante ne sia eterno rivale, dimostra di voler bene alla sorella in più occasioni. La sua frase personale è "Ciucciati il calzino" (in inglese "Eat my shorts"). Il suo idolo è Krusty il Clown.Doppiato da Nancy Cartwright (lingua inglese), Ilaria Stagni (lingua italiana st. 1-22), Francesca Guadagno (solo "E con Maggie sono tre" e "La cometa di Bart" ) Gaia Bolognesi (lingua italiana st. 23-in corso) Lisa Simpson: è la seconda figlia di 8 anni, con un altissimo quoziente d'intelligenza (nell'episodio Intelligente & SUPER-intelligente si scopre che equivale a 159), vegetariana, buddhista, intellettuale, ambientalista, femminista, sensibile e anticonformista si ritrova spesso coinvolta nell'attivismo progressista. È spesso vittima degli scherzi del fratello maggiore, che però si scusa quando esagera (dimostrando che le vuole bene). Il suo sogno è diventare presidente degli Stati Uniti d'America e la sua passione è suonare il sassofono.Doppiata da Yeardley Smith (lingua inglese), Monica Ward (lingua italiana) Maggie Simpson: è la figlia neonata. La sua unica attività è succhiare un succhietto. Non riesce a camminare, ed ogni volta che ci prova cade in avanti; spesso viene dimenticata davanti al piccolo schermo. Non si è mai sentita la sua voce, tranne in estemporanee eccezioni: nella puntata La prima parola di Lisa, nella quale Maggie dice "papà"; in Bart sfida la Festa del Ringraziamento dove Maggie accusa Bart in un'immaginazione di quest'ultimo (gli dice "È colpa tua se non riesco a parlare!"); in Arrivando in Homerica, dove parla in norvegese e ne I Simpson - Il film, dove nei titoli di coda dice "Continua" e nella st.28 ep.2. Maggie molte volte si rivela una neonata piena di intelletto ed anche molto astuta, con un buon senso di responsabilità (molto più del padre e del fratello maggiore). Nell'episodio Intelligente & SUPER-intelligente si scopre che ha un quoziente d'intelligenza superiore a quello di Lisa (167). (in realtà poi si scopre che è la sorella a suggerirgli le risposte e lei la copia)Doppiata da doppiatori variabili in inglese (es. Liz Taylor nell'ep. La prima parola di Lisa), in italiano da Monica Ward nella maggior parte delle volte e da Jodie Foster nell'episodio Quattro Grandi Donne e Manicure (lingua inglese) e da Laura Boccanera (lingua italiana). La famiglia ha anche due animali, i cui versi sono interpretati da Frank Welker: Piccolo aiutante di Babbo Natale, il cane. Palla di neve, il gatto. Nonostante il fatto che passino gli anni e in vari episodi siano stati trattati compleanni, i personaggi della serie non invecchiano. Lisa ha compiuto 8 anni in due episodi diversi. Pochi sono i morti durante la serie, e ciò è avvenuto tanto in circostanze tragicomiche, quanto più semplicemente in occasione di una grave malattia. Molti personaggi sono stati invece soggetti a delle "resurrezioni", come Hans Uomo Talpa e Marvin Monroe. Altri co-protagonisti dello show, invece, non sono più comparsi nel corso degli anni, generalmente a causa della morte del doppiatore originale: l'esempio più famoso è rappresentato dai personaggi di Lionel Hutz e Troy McClure, ritirati dopo la morte di Phil Hartman, e, più recentemente, Edna Caprapall ritirata dopo la morte di Marcia Wallace. Attualmente gli unici doppiatori italiani rimasti attivi, mai sostituiti, sin dalla prima stagione sono: Monica Ward per Lisa Simpson, Sandro Iovino per Montgomery Burns, Fabrizio Mazzotta per Krusty il Clown e Manfredi Aliquò per Apu. Personaggi secondari Oltre ai membri della famiglia Simpson, sono presenti una serie di strambi personaggi, alcuni dei quali competono in popolarità con i protagonisti. Originariamente, molti di questi personaggi erano pensati per un'unica apparizione, ma diversi sono riusciti ad ottenere maggiore spazio e spesso sono divenuti protagonisti di molti episodi. Molti personaggi secondari de I Simpson nel doppiaggio italiano parlano varianti regionali dell'italiano, fra cui quello veneto, quello campano, quello sardo, quello calabrese, quello siciliano e quello pugliese, ma anche altre lingue come il cinese o il giapponese. Guest star Molti episodi della serie sono doppiati da guest star che danno voce o a personaggi fittizi o a loro trasposizioni animate. Alcuni di questi doppiatori possono essere considerati come parte del cast principale, avendo da anni un ruolo fisso nello spettacolo (come avviene per Kelsey Grammer, che interpreta Telespalla Bob; o Phil Hartman, che interpretava Lionel Hutz e Troy McClure). Decine sono comunque le celebrità che hanno contribuito al doppiaggio originale almeno in un episodio. Anche nel doppiaggio italiano hanno spesso collaborato personaggi noti, che, a differenza della versione originale, hanno alle volte prestato la propria voce a personaggi già presenti nel cast della serie da diversi anni (ad esempio, Paolo Bonolis ha doppiato in un'unica occasione il personaggio di Lionel Hutz, Valeria Marini ha doppiato Mindy Simmons, Luciana Littizzetto la giudice Grazia Negata, Mike Bongiorno ha doppiato in uno speciale di Natale il personaggio di Babbo Natale. Francesco Totti e Ilary Blasi hanno doppiato un campione di baseball e la bella moglie, riferimento alla vita reale). La serie attualmente detiene il Guinness dei primati per "Più celebrità partecipanti ad una serie animata". Produzione Ideazione e sviluppo Matt Groening concepì la famiglia Simpson con l'aiuto di James L. Brooks. All'inizio Groening pensò ad un adattamento televisivo della sua striscia a fumetti Life in Hell, ma quando si rese conto che ciò avrebbe comportato la rescissione dei diritti di pubblicazione per quest'ultima opera, decise di prendere un'altra strada. Ebbe l'idea di delineare come protagonista dei corti la sua versione di una famiglia disfunzionale, e diede ai personaggi lo stesso nome di quello dei suoi familiari, tranne Bart. Nelle intenzioni di Groening, lo show avrebbe dovuto rappresentare una novità fin dalla prima apparizione. La scelta del colore giallo come colore della pelle dei personaggi animati ne è un esempio. Matt Selman, sceneggiatore della serie fin dai primi anni, ha affermato in un'intervista che «l'idea è stata di Matt Groening. Voleva che una volta accesi i televisori, il pubblico pensasse che il colore giallo fosse legato ad un problema tecnico. Si sarebbe domandato "Oh, perché sono gialli?" ed avrebbe provato a sintonizzare il canale senza peraltro riuscirci, perché il giallo era reale. Era un tentativo innovativo per far cadere in inganno i telespettatori; è una cosa che facciamo spesso nel mondo dello spettacolo». Groening ha avallato e allo stesso tempo smentito questa versione dei fatti nel corso degli anni e sembrerebbe invece che la scelta del pigmento sia da attribuirsi a Gyorgyi Peluce, una colorista in forze allo studio Klasky Csupo che animò lo show nelle prime stagioni. La famiglia Simpson fece il suo debutto nel The Tracey Ullman Show, come protagonista di cortometraggi animati, con "Good Night", che andò in onda il 19 aprile 1987. La famiglia era rozzamente disegnata, poiché Groening aveva sottoposto schizzi di base agli animatori, supponendo che li avrebbero "puliti"; invece semplicemente ricalcarono i suoi disegni. Nel 1989, I Simpson furono adattati in una serie di mezz'ora per la Fox Network da una squadra di compagnie produttrici, inclusa l'attuale Klasky Csupo. Siccome la Fox era da poco nata e quindi alle prime armi, Jim Brooks ottenne un'inusuale clausola contrattuale dall'emittente, la quale assicurava che non avrebbe interferito col processo creativo dello show. Groening ha affermato che l'obiettivo chiave dello show era «offrire un'alternativa al pubblico, e mostrare a loro che c'è qualcos'altro oltre alla spazzatura mainstream che gli viene presentato come l'unica scelta». La Fox era riluttante a trasmettere la serie, in quanto non credeva potesse reggere la durata di un normale episodio di venti minuti-mezz'ora. Proposero agli autori di produrre tre corti da sette minuti ciascuno e quattro speciali, per vedere le reazioni del pubblico e farli abituare alla lunghezza dello show (anche se il vero problema, secondo gli ideatori, era quello di rendere plausibili e ben voluti dei personaggi così grotteschi). Alla fine, però, vista l'insistenza degli ideatori, la Fox chiese tredici episodi dalla durata di trenta minuti. Il primo episodio della serie vera e propria fu Un Natale da cani (nella versione originale Simpsons Roasting on an Open Fire) scelto in un confronto con quello che alla fine fu l'ultimo episodio della prima stagione, Sola, senza amore (Some Enchanted Evening). Quest'ultimo episodio fu il finale di stagione poiché gli animatori lo dovettero ridisegnare, avendo visto la stessa povera qualità del disegno con cui Groening aveva realizzato i corti. I Simpson furono la prima serie televisiva della Fox Network ad apparire nella top 30 degli show più visti, nella stagione 1989-90. Il successo dello show convinse la Fox che si poteva cambiare l'orario di messa in onda dello show, in modo da competere in audience con il The Cosby Show (noto in Italia come I Robinson), una mossa che abbassò gli ascolti de I Simpson. Tracey Ullman, intanto, aveva intentato una causa legale, affermando che il suo show era la fonte del successo de I Simpson e richiedendo perciò una parte dei guadagni provenienti dai corti. Alla fine, fu la Fox Network a vincere la causa. Lo show fu anche coinvolto in più polemiche a causa della personalità di Homer Simpson - un marito alcolizzato, irresponsabile e pigro che scatenò la "Sindrome di Homer Simpson" che influenzò molti giovani che portarono molti psicologi e dottori a sostenere che Homer era un cattivo esempio per i giovani, e Bart Simpson – un ribelle ai dettami familiari da cui frequentemente scappava senza alcuna punizione – che spinse alcune associazioni di genitori e portavoce "conservatrici" a sostenere che Bart fosse un pessimo modello per i bambini. George Bush senior, all'epoca presidente degli Stati Uniti, accusò: «stiamo provando a rafforzare la famiglia americana, in modo da farla assomigliare di più ai Waltons e di meno ai Simpson». Le t-shirt dei Simpson, così come altro merchandise, furono bandite da diverse scuole pubbliche in diverse zone degli Stati Uniti. Ciò nonostante, le vendite mondiali arrivarono, in solo 14 mesi, a 2 miliardi di dollari statunitensi di ricavo. Temi La struttura di base de I Simpson è organizzata come quasi una normale sitcom. In teoria, è solo una serie narrante la vita di una tipica famiglia americana e di tutti i loro amici in una tipica cittadina americana. In realtà, l'obiettivo comico dello show è maggiore di quello di una qualunque sitcom. La città di Springfield è un complesso microcosmo in cui sono affrontati tutti i temi della società moderna. Il fatto che Homer lavori in una centrale nucleare, può essere sfruttato per fare satira su questioni di carattere ambientale. Le giornate che Bart e Lisa passano alla scuola elementare di Springfield possono essere fonte di ispirazione per una satira sul sistema scolastico pubblico statunitense. Rilevante è l'universo dei media locali come televisioni e radio, da cui prende spunto la presa in giro dell'industria dell'intrattenimento e dello showbiz. Alcuni commentatori sostengono che lo show assume connotati politici con una propensione – che viene espressa attraverso la satira – a idee progressiste, anche se nel tempo in più occasioni sono state prese di mira entrambe le parti del panorama politico americano. La serie irride l'abuso di potere che il governo e le grandi industrie hanno sulla gente comune: i politici sono corrotti, i media sono asserviti al potere e fanno cattiva informazione, il reverendo Timothy Lovejoy è indifferente verso i suoi fedeli; e la polizia locale, in particolare il commissario Clancy Winchester, è totalmente inefficiente. Anche la religione è un tema ricorrente: nei momenti di crisi, la famiglia si rivolge a Dio, che in alcune puntate è rappresentato come un uomo enorme dalla lunga barba bianca, di cui non si vede il volto. Dio è inoltre l'unico personaggio della serie animata ad essere raffigurato con le 5 dita, sia delle mani che dei piedi; infatti, tutti gli abitanti di Springfield ne presentano solo 4 (come anche personaggi più classici quali Topolino e Paperino). Nonostante tutto, lo show si è occupato delle maggiori religioni. Le trame di più episodi si concentrano su un particolare personaggio, o sulla relazione tra due. Nei casi più comuni, le trame di fondo riguardano Homer che ottiene un nuovo lavoro o che prova a diventare ricco velocemente; Marge che cerca di fuggire dalla monotonia del ruolo di casalinga, cercando anch'essa lavoro o dedicandosi a un hobby; Bart che causa un grave danno o problema e cerca di risolverlo, nascondendolo o ignorandolo interamente; Lisa che cerca di difendere o appoggiare una causa o un ente coinvolto nell'attivismo politico o ambientalista. Molti episodi si concentrano su personaggi minori, ma che coinvolgono anche la famiglia Simpson. Altri temi affrontati dalla serie sono le crisi fra Homer e Marge e i rapporti tra Bart e Lisa. Ambientazione La serie è ambientata a Springfield, cittadina situata in uno Stato non meglio identificato: nell'ultimo episodio dell'undicesima stagione, intitolato Dietro la risata, i Simpson sono descritti come "una ridente famiglia del Kentucky". Nell'episodio della decima stagione Lisa 10 e lode, il sovraintendente Chalmers afferma che la scuola elementare di Springfield era stata in passato nominata la più decadente del Missouri, aggiungendo però subito dopo come fosse stata spostata da là fino a Springfield. Invece nel lungometraggio dalla serie, Ned Flanders, mentre ammira il paesaggio attorno a Springfield insieme a Bart, afferma che la città è situata vicino ai confini con gli Stati dell'Ohio, del Nevada, del Maine e del Kentucky. Ma, mentre Ohio e Kentucky sono confinanti, Nevada e Maine si trovano da tutt'altra parte. In un altro episodio, nel quale Lisa ha una corrispondenza con un ragazzino di Rio de Janeiro, lui le fa notare che non le aveva mai scritto poiché non sapeva in che stato abitasse, lei gli risponde che bisogna "guardare gli indizi". Groening ha dichiarato che Springfield ha molto in comune con Portland, città situata nell'Oregon in cui è cresciuto, mentre il nome Springfield è stato scelto, secondo Matt Groening, ispirandosi alla cittadina di Springfield in Oregon, distante 160 chilometri da Portland, sua città natale. La geografia di Springfield e delle sue vicinanze è particolarmente variabile, caratterizzata da zone costiere, deserti, vasti terreni agricoli, alte montagne, e qualunque cosa sia richiesta dalla sceneggiatura. Anche se la città è relativamente piccola, contiene tutti gli edifici che normalmente si trovano solo nelle grandi metropoli (come l'aeroporto internazionale o gli studi televisivi). Approfittando della presenza di molte città chiamate Springfield, la Fox e il quotidiano USA Today hanno indetto, nell'estate del 2007, una votazione nella quale si chiedeva di scegliere quale fra le tante Springfield fosse la più verosimile all'ambientazione della serie. Il concorso si è poi concluso con la vittoria della Springfield del Vermont, di 9.200 abitanti, che ha così conseguito l'onore di ospitare la prima mondiale de I Simpson – Il film. Caratteristiche ricorrenti Sequenza iniziale Uno dei "marchi di fabbrica" de I Simpson è la sigla iniziale, caratterizzata da una serie di sequenze tutte collegate in cui compaiono i protagonisti, accompagnata dal tema musicale d'apertura composto da Danny Elfman. Quasi ogni episodio si apre con il titolo e una carrellata che, partendo da un primo piano delle nuvole, mostra una vista aerea della città di Springfield e finisce fino alla finestra di un'aula al piano terra della scuola elementare, dove Bart è intento a scrivere frasi (diverse per ogni episodio) sulla lavagna per castigo, fino al suono della campanella delle 15:00, quando esce da scuola col suo skateboard. Successivamente vengono introdotti gli altri componenti della famiglia. Homer esce dalla centrale nucleare non accorgendosi che una barra di plutonio verde fosforescente, sulla quale stava lavorando, rimbalza sull'incudine e gli finisce tra colletto e collo, per poi accorgersene mentre è alla guida della sua auto e la getta dal finestrino con noncuranza; Marge e Maggie escono dal supermercato con la spesa, dopo che Maggie è stata passata sul lettore di codici a barre della cassa facendo apparire il prezzo, 847,63 dollari, che nel 1989, primo anno dei Simpson, era il costo medio annuo per il mantenimento di un neonato negli Stati Uniti d'America; Lisa improvvisa un assolo di sassofono che si stacca dal resto della banda della scuola, venendo cacciata dall'aula di musica dal professore Dewey Largo. Intanto Bart passa davanti ad una fermata del bus zigzagando con lo skate tra Helen Lovejoy, Apu Nahasapeemapetilon, Boe Szyslak, Barney Gumble, Timothy Lovejoy, Gengive Sanguinanti Murphy e Clancy Winchester. Mentre è sullo skate la barra di plutonio gettata poco prima dal padre finisce in un tombino accanto a lui. In origine era presente una scena in cui Bart rubava il cartello della fermata (facendo così perdere il bus ai passanti, che iniziano a rincorrerlo), ma è stata tagliata dalla seconda stagione in poi. Prima di tornare ai 5 componenti, viene fatta una carrellata velocissima su tutti i personaggi secondari. Tutti i componenti della famiglia arrivano a casa quasi contemporaneamente: Homer parcheggia l'auto nel vialetto di casa, con Bart che ne colpisce il tettuccio atterrando dopo un ollie con lo skateboard; Lisa arriva con la bici, e voltando verso sinistra taglia la strada al padre mentre esce dall’auto, il quale la scansa emettendo il suo tipico D'oh!. Infine arriva Marge con Maggie in auto, rischiando di investire Homer che corre in garage urlando ed entra in casa dalla porta di servizio. La sequenza termina con la famiglia che si raduna davanti al televisore sul divano del soggiorno. Il finale della sigla cambia per ogni puntata (con poche eccezioni). La sigla si ispira in parte alla sequenza iniziale dei Flintstones, i quali, in una delle molte varianti, sostituiscono la famiglia Simpson davanti alla televisione. Dal decimo episodio della ventesima stagione intitolato Prendi la mia vita, per favore, andato in onda negli USA il 15 febbraio del 2009 (in Italia il 5 marzo 2010), la serie ha iniziato ad essere prodotta in alta definizione a 720p adottando un nuovo rapporto di 16:9 rispetto al classico 4:3, di conseguenza è stata creata una nuova sigla. Oltre a quelle dal punto di vista della definizione e della fluidità del movimento dei personaggi, sono presenti diverse differenze nelle varie scene, la cui successione rimane comunque fedele allo storyboard originale (anche se adattato ora al nuovo formato) con l'aggiunta di diversi dettagli o con l'ampliamento di alcune di esse, spesso con riferimenti al cambiamento dei personaggi nel corso degli anni. Per esempio, nella scena della fermata Apu è ora presente accompagnato dai suoi otto figli. . Il concetto degli elementi variati della sigla è stato ripreso in Futurama, dove ogni episodio è introdotto da un sottotitolo differente e dove la navicella "Planet Express" impatta contro un grande monitor, che ogni volta mostra un differente cartone degli anni trenta. Lo stesso vale per American Dad!, dove dall'auto del protagonista, Stan Smith, spunta Roger con un travestimento diverso ogni volta. Anche nella serie italiana Rat-Man, vi è un finale diverso nella sigla per ogni episodio. Nell'edizione italiana, fino alla stagione 23, Mediaset sostituiva il titolo The Simpsons con I Simpson. Dalla stagione 24 invece, anche nell'edizione italiana viene utilizzato il titolo inglese, in quanto sono state aggiunte delle gag nella title card, e la sua sostituzione ne comportava la perdita. Sequenza di coda La sequenza di coda maggiormente utilizzata mostra su uno sfondo nero, i titoli di coda (doppiatori indicati con "Starring", e staff di produzione della serie) scritti in giallo con un font creato per l'occasione. Certi episodi però presentano una sigla di coda diversa creata per l'occasione: infatti in diversi episodi appaiono, in luogo della tradizionale schermata nera, delle gag aggiuntive con i personaggi del cartone più o meno lunghe, con sovrapposti i titoli di coda. Ancora, nell'episodio Cosa aspettarsi quando si vuole aspettare (stagione 24), i titoli di coda sono scritti in corsivo. Negli episodi di "La paura fa novanta", invece i titoli di coda sono scritti in carattere verde, e i nomi dello staff sono storpiati in maniera horror (es. Bat Groening al posto di Matt Groening). Nell'edizione italiana vengono invece trasmessi i titoli di coda relativi all'edizione italiana (sempre in giallo, però il font è diverso, anche se simile), ed una volta esauriti essi, vengono trasmessi i titoli di coda americani, con velocità accelerata. Fino alla stagione 22 i titoli di coda con i doppiatori americani (quelli riportanti "Starring") venivano saltati, mentre dalla stagione 23 vengono trasmessi anch'essi. Le gag presenti nella sigla di coda vengono doppiate in italiano, e non saltate. Terminati i titoli di coda viene trasmesso il bumper della Gracie Films seguito da quello della 20th Century Studios. Nell'edizione italiana è raro vedere i titoli di coda italiani al completo, visto che le emittenti Mediaset spesso tagliano dopo pochi secondi le sigle di coda per lasciar spazio alla pubblicità, eccetto se ci sono gag. Il tema utilizzato generalmente per i titoli di coda è una versione riarrangiata del tema de I Simpson di Danny Elfman, anche se che per diversi episodi vengono utilizzate altre canzoni cantate dai protagonisti del cartone. Special di Halloween La paura fa novanta (Treehouse of Horror) è una serie di episodi dei Simpson che ricorrono in ogni stagione (tranne la prima) in occasione della festa di Halloween, il 31 ottobre. Questi episodi sono divisi in tre corti, le cui trame non seguono il canone originale della serie. Negli episodi infatti i protagonisti del cartone sono coinvolti in situazioni il cui genere va dall'horror alla fantascienza e al soprannaturale; spesso questi brevi episodi nascono come parodia di film appartenenti a questi generi. I normali personaggi interpretano ruoli speciali. Infatti, molto spesso, il ruolo del "cattivo" di turno (che può per esempio essere uno zombie, un vampiro, o un serial killer) è interpretato da personaggi che hanno qualche affinità con queste figure (un esempio è il ruolo del signor Burns, che ha interpretato, fra gli altri, una parodia del conte Dracula) o ne differiscono totalmente (per esempio, Ned Flanders ha interpretato il Diavolo in persona in La paura fa novanta IV). Inoltre, solo in questi episodi speciali fanno la loro comparsa personaggi come i bizzarri alieni Kang e Kodos. Riferimenti alla cultura pop La serie è, inoltre, particolarmente famosa per i riferimenti culturali e le citazioni che coprono un ampio spettro della cultura pop internazionale, specialmente quella americana (in particolare, sono presenti riferimenti, omaggi o parodie più o meno indirette di film, canzoni, o trasmissioni televisive), in modo che spettatori di generazioni differenti possano trarre pieno godimento dallo show. Ad esempio, in questa vasta gamma di citazioni e riferimenti al "mondo reale", rilevante è la presenza della stessa Fox, più volte presa in giro dagli autori dello show. Una celeberrima serie di gag ricorrenti è rappresentata dagli scherzi telefonici che Bart fa alla taverna di Boe, cui chiede se sono presenti persone dai nomi costruiti con molti "doppi sensi". Un altro esempio si trova nei crediti degli special di Halloween, in cui i nomi dello staff sono storpiati con sfumature horror, come "Bat Groening" al posto di Matt Groening o "Chains Hell Brooks"al posto di James L. Brooks. Lo show è anche conosciuto per gag di tipo testuale (scritte divertenti come i nomi dei negozi, l'ordine del giorno del municipio affisso sui cartelli, o anche il programma della messa domenicale). Sono inoltre presenti le cosiddette gag del freeze frame, ovvero immagini o scritte divertenti che appaiono sullo schermo troppo velocemente per essere identificate normalmente, ma che possono essere visibili stoppando ad un preciso fotogramma la trasmissione. Nella serie sono presenti diversi easter eggs: molte clip con protagonista McBain, poliziotto tutto muscoli e col grilletto facile interpretato da Rainer Wolfcastle, che compaiono quando i Simpson guardano la TV, possono essere messe insieme per formare un intero film con una narrazione strutturata. Quando Maggie viene strisciata sul registro di cassa del supermercato durante la sigla originale compare la cifra 847,63 dollari. Questo importo proviene da un sondaggio che ha affermato che è il costo medio mensile per crescere un bambino negli USA; Dio e Gesù sono gli unici personaggi ad avere cinque dita per mano, mentre tutti gli altri ne hanno quattro. In vari punti della serie "A113" è stato utilizzato come numero di detenuti e foto segnaletiche per Krusty, Telespalla Bob e Bart. Il numero è un riferimento a una stanza del California Institute of the Arts. Nella serie ci sono vari messaggi ironici nascosti nel linguaggio matematico, ad esempio quando qualche personaggio scrive dei numeri. Il nome del compositore della sigla della serie, Danny Elfman, è nascosto su una vetrina nei titoli di testa. I capelli e l'orecchio di Homer formano una "M" e una "G", che sono un riferimento al creatore, Matt Groening, il quale appare anche in versione cartoon in un episodio. Krusty il Clown e Homer hanno una fisionomia identica poiché, inizialmente, il clown venne ideato come identità segreta del capofamiglia, ma l’idea venne rigettata per non creare confusione tra gli spettatori. Nell'episodio Lisa la vegetariana, Paul McCartney dice: "In fact, if you play 'Maybe I'm Amazed' backwards, you'll find a recipe for a ripping lentil soup". La canzone dei titoli di coda letta al contrario è infatti una ricetta per la zuppa di lenticchie. Nella serie appaiono diverse parodie nascoste di personaggi famosi, film, serie TV (alcune dello stesso Groening), multinazionali e opere letterarie non accreditati, ad esempio Les Miserables, Dustin Hoffman, Michael Jackson, Peter Griffin, Bender, Arancia Meccanica, Quarto potere, Game Of Thrones, Apple inc. Crossover Pochi sono gli episodi de I Simpson a presentare crossover di rilievo che vedono la presenza dei personaggi di altre sitcom animate: il primo caso riguarda i vari cameo del robot Bender, da Futurama, in alcune scene a partire dalla quattordicesima stagione in poi; nonostante questi appaia come personaggio principale nell'episodio Simpsorama assieme a tutti i protagonisti sia della sua serie che dei Simpson. Ultime serie ad aver incontrato i Simpson sono stati i personaggi de I Griffin all'interno dell'episodio The Simpson Guy (Nella traduzione italiana «E alla fine si incontrano») della tredicesima stagione di quest'ultima serie animata e la LEGO all'interno dell'episodio Mattoncino come me della venticinquesima stagione (oltre al cameo di Milhouse nel film The LEGO Movie) e nel videogioco crossover di Traveller's Tales, LEGO Dimensions insieme a moltissime altre serie (tra cui Doctor Who, Mission: Impossible, Teen Titans Go!, Adventure Time, Sonic the Hedgehog, Beetlejuice - Spiritello porcello...). Colonna sonora Il tema musicale di apertura è stato composto da Danny Elfman mentre le musiche all'interno degli episodi sono composte da Alf Clausen. Oltre alle composizioni orchestrali, fanno parte della colonna sonora molte canzoni, originali e non. Sono stati pubblicati diversi album di musica originale, fin dalla messa in onda della seconda stagione, come ad esempio Songs in the Key of Springfield e Go Simpsonic with The Simpsons. Molte canzoni sono state composte con lo scopo di un'uscita su CD singolo o di un album, e molte di queste non sono presenti nello show. Il singolo più conosciuto è "Do the Bartman", co-scritto e prodotto da Michael Jackson, singolo pubblicato nel novembre del 1990 e divenuto un successo internazionale, arrivato alla posizione numero 1 nella "UK Singles Chart" dove è rimasto per tre settimane, ed è stato certificato disco d'oro. Un secondo singolo prodotto da DJ Jazzy Jeff, "Deep, Deep Trouble" fu pubblicato l'anno seguente. Altri album tratti dalla serie, come The Simpsons Sing the Blues e The Yellow Album, pubblicati nella seconda metà degli anni novanta, contengono diverse cover, come anche diverse composizioni originali. Distribuzione Trasmissione internazionale Doppiaggio Di seguito sono elencati i personaggi e i doppiatori: L'edizione italiana è curata da Ludovica Bonanome per Mediaset per le prime trentadue stagioni, e a partire dalla trentatreesima da Tiziana Piro (nei titoli di coda delle prime cinque stagioni, l'indicazione della responsabile dell'edizione italiana non veniva riportata, limitandosi così a riportare il solo studio di doppiaggio). Lo studio di doppiaggio e il direttore variano a seconda delle stagioni: comunque, per la maggior parte il doppiaggio è stato diretto da Tonino Accolla. Altri direttori che si sono avvicendati nel corso degli anni sono: Danilo De Girolamo, Teo Bellia, Pino Insegno, Francesca Draghetti, Giorgio Lopez, Massimo Giuliani, Gianni Bonagura (non accreditato), Susanna Javicoli (non accreditata), Fabrizio Mazzotta (non accreditato), Massimo Corvo (non accreditato), Laura Boccanera (non accreditata), Davide Lepore, Monica Ward (st. 24+), Ilaria Stagni, Anton Giulio Castagna (non accreditato), Roberta Paladini, Connie Bismuto, Claudia Razzi (non accreditata) e Francesca Guadagno. I dialoghi invece nelle prime ventitré stagioni sono stati curati da Tonino Accolla (tranne in alcune eccezioni da Elettra Caporello), mentre a partire dalla ventiquattresima stagione vengono realizzati da Cecilia Gonnelli, che aveva già lavorato per diversi anni nella serie come traduttrice. Censura La serie, a causa dei temi trattati, è incorsa più volte nella censura da parte delle emittenti o anche dei governi dei paesi esteri. La Fox non ha mai adottato politiche di censura sulla serie, anche se in varie occasioni i produttori hanno chiesto a Matt Groening, creatore della serie, dei tagli prima della messa in onda dell'episodio. Lo show ha subito censure anche in Gran Bretagna, Venezuela, Argentina, ed è stato bandito in Russia e in Cina (in quest'ultima nazione è stato successivamente mandato in streaming a partire dal 2014). In Giappone, l'ultimo episodio della decima stagione, intitolato Da Tokyo con orrore (nella versione originale Thirty Seconds Over Tokyo) non è mai stato mandato in onda, a causa del ritratto comico di alcune icone e figure sacre, come l'Imperatore del Giappone Akihito, e non è presente nell'edizione locale in DVD della decima stagione. Particolare è stato anche il caso del primo episodio della terza stagione Papà-zzo da legare. Nel 2019 Fox annuncia di interromperne la distribuzione per via delle accuse di presunta pedofilia rivolte a Michael Jackson, il quale aveva doppiato in quella puntata il personaggio di Leon Kompowsky, dal documentario statunitense Leaving Neverland della HBO. In Italia, invece, a differenza di quanto accaduto ad altre molte serie animate americane per adulti, come South Park, I Griffin, American Dad! e alcuni anime trasmessi dalle reti Mediaset, la serie non ha subito censure di rilievo, anche se sono stati alleggeriti più dialoghi e alcuni episodi non sono andati in onda in fascia pomeridiana. Il primo caso da segnalare riguarda l'episodio L'erba di Homer, che tratta tematiche riguardanti la marijuana e i suoi effetti, la cui visione è stata vietata ai minori di 14 anni negli Stati Uniti d'America; in Italia è stato trasmesso solo in seconda serata, il 2 febbraio 2004, a differenza degli altri episodi della tredicesima stagione trasmessi durante la regolare programmazione pomeridiana nell'ottobre 2003 e riproposti più volte in replica sempre saltando l'episodio in questione, che è stato trasmesso sporadicamente negli anni nella fascia notturna. L'episodio Gay, un invito a nozze, che parla di unioni omosessuali, è stato trasmesso regolarmente in prima visione l'8 marzo 2006 assieme a un gruppo di alcuni episodi inediti della sedicesima stagione ed è stato replicato fino al 2009; tuttavia in seguito non è stato più riproposto per i temi affrontati. Da segnalare anche l’episodio Funerale per un cattivo, in cui la figura sacra di Gesù viene inserita fra i criminali diventati più famosi dopo la morte, censura applicata solo su Mediaset. Un ulteriore caso riguarda l'episodio La paura fa novanta XXVIII, non trasmesso nel corso della programmazione inedita della ventinovesima stagione da parte Mediaset per via delle tematiche religiose affrontate e per la crudezza del segmento MMM... Homer: esso è stato reso disponibile (in versione sottotitolata e doppiata) su Disney+ dal 23 marzo 2020, mentre Italia 1 lo ha trasmesso il 20 febbraio 2021 nella fascia della seconda serata del sabato. Nel primo episodio della serie, Un Natale da cani, la canzoncina natalizia di Bart, che in originale diceva "Jingle Bells, Batman smells..." ("Jingle bells, Batman puzza...") è diventata nel doppiaggio italiano "Jingle Bells, Batman gay...": la battuta è stata rimossa da Disney+ lasciando la canzone in inglese. Trasmissione in Italia In Italia la serie è stata importata dal gruppo Fininvest, in seguito Mediaset, che ha ospitato la prima TV italiana di quasi tutti gli episodi, prima su Canale 5 e poi su Italia 1. Nonostante si trattasse di un cartone animato, I Simpson fin da subito fu trattata alla pari di una serie TV dal vivo destinata a un pubblico generalista: non ha mai fatto parte della fascia ragazzi gestita allora da Alessandra Valeri Manera, e alcune guide TV la classificavano come telefilm o sit-com. La prima puntata trasmessa fu Bart, il genio, andata in onda su Canale 5 il 1º ottobre 1991 (il vero primo episodio della serie, Un Natale da cani, venne rimandato al 24 dicembre dello stesso anno come speciale natalizio). I restanti episodi della prima e di parte della seconda stagione proseguirono sulla stessa emittente, di solito (ma non sempre) a cadenza settimanale ogni martedì alle 22:30, senza rispettare l'ordine di trasmissione originale. A partire dall'autunno 1992 e fino all'estate 1996 i nuovi episodi, fino a gran parte della settima stagione, continuarono sempre su Canale 5 in seconda serata, in ordine non sempre regolare e saltando alcune puntate (che verranno recuperate a partire dal 1998). La stessa emittente ospitava alcune repliche, in collocazione molto variabile: inizialmente la domenica a mezzogiorno, poi dal lunedì al venerdì alle 15:30 (nella mezz'ora precedente a Bim bum bam). Dall'ottobre 1997 I Simpson si spostò su Italia 1 nei giorni feriali e all'ora di pranzo (in sostituzione de Le Iene, che in seguito ai bassi ascolti fu trasferita in seconda serata). Da allora la serie riscosse ottimi ascolti tra il pubblico, e ha mantenuto quella collocazione nel palinsesto, alternando regolarmente repliche e nuovi episodi, diventando uno dei programmi di punta della seconda rete Mediaset. Grazie al successo de I Simpson, Mediaset ha scelto di far esordire nella stessa fascia dell'ora di pranzo altre sitcom animate statunitensi, tra cui Futurama, I Griffin (il cui titolo italiano è verosimilmente ispirato a I Simpson) e South Park. Pochi mesi prima che su Italia 1, repliche quotidiane delle prime tre stagioni della serie avevano cominciato ad andare in onda anche sulla syndication JTV (la cui programmazione era fornita prevalentemente da Publitalia, società del gruppo Mediaset): il circuito le mantenne in palinsesto fino al 1999. Il 31 luglio 2003 la serie sbarcò anche nell'edizione italiana del canale Fox presente nella piattaforma Sky Italia. Sebbene I Simpson siano una produzione Fox, su questo canale andavano in onda solo le repliche, perché gli episodi nuovi erano comunque acquistati da Mediaset e trasmessi in prima visione su Italia 1. Dal 3 dicembre 2007 al 30 marzo 2012 (eccetto che per un periodo di circa un anno tra il 2008 e il 2009 e tra il 2011 e il 2012), Italia 1 ha spesso proposto I Simpson nella fascia preserale (in orario variabile tra le 19:25 e le 20:05), talvolta sopprimendo temporaneamente la fascia pomeridiana: oltre a diverse repliche, sono andate in onda in prima TV in questa collocazione le stagioni dalla diciottesima alla ventiduesima, solitamente tra gennaio e febbraio (o febbraio e marzo) di ogni anno dal 2008 al 2012. Le stagioni seguenti hanno ripreso a debuttare e ad essere replicate nella fascia dell'ora di pranzo, con alcune eccezioni. Fino al 2009 (eccetto nel 2002 e 2003) le repliche de I Simpson su Italia 1 erano interrotte durante il periodo estivo; dal 2010 la rete li trasmette anche per tutta l'estate. Dal 7 aprile al 6 maggio 2014, gli episodi inediti della ventiquattresima stagione vengono collocati nell'insolita collocazione delle 18:00, per scelta dell'allora direttore Luca Tiraboschi, nel tentativo di rinnovamento del palinsesto pomeridiano della rete. Dal 9 gennaio al 10 luglio 2021, va in onda nella fascia della seconda serata del sabato, dapprima con quattro episodi nel mese di gennaio, per poi passare a tre nel mese di febbraio e nel mese di giugno a due per serata. Dal 23 agosto al 19 ottobre 2021, I Simpson vanno in onda anche sul 20 Mediaset, con due episodi trasmessi identicamente sia nella fascia della tarda mattinata sia nella fascia preserale, dal lunedì al venerdì. Dal 19 al 30 settembre 2022 compaiono nella fascia notturna di Italia 2, con cinque/sei episodi in onda giornalmente. Nel 2012, in occasione della trasmissione della stagione 23, per la prima volta i doppiatori storici di alcuni protagonisti vengono cambiati. A causa della riduzione del compenso, Ilaria Stagni e Liù Bosisio (doppiatrici rispettivamente di Bart e Marge) vengono sostituite da Gaia Bolognesi e Sonia Scotti, mentre a causa del ritiro dal doppiaggio di Mario Milita per l’età ormai avanzata, anche nonno Simpson cambia voce con Mino Caprio. L'anno successivo, invece, un grave lutto colpisce il cast del doppiaggio: muore infatti Tonino Accolla, doppiatore del protagonista Homer, nonché adattatore dei dialoghi e direttore della serie. Dalla stagione 24, infatti, anche Homer cambia voce con Massimo Lopez. Dal luglio 2016 Italia 1 inizia a proporre alcune vecchie stagioni della serie in versione rimasterizzata in alta definizione e con l'immagine ritagliata in 16:9. Le prime stagioni interessate da questo restauro sono la decima e l'undicesima, e progressivamente lo stesso trattamento si estende a molti altri episodi degli anni '90. Per diversi anni si alternano in replica stagioni rimasterizzate e altre trasmesse in 4:3 con i vecchi master italiani. Da marzo 2020 tutti gli episodi de I Simpson realizzati sono disponibili su Disney+. Inizialmente le prime 19 stagioni erano disponibili solamente nella versione in 16:9 con l'immagine ritagliata; dal 28 maggio è stata aggiunta la possibilità di visualizzarli nel formato originale 4:3. Maratone di episodi Talvolta Italia 1 organizza delle maratone in cui vengono proposti episodi in prima TV o dedicati a un determinato tema. 5 maggio 1998: Speciale: I Simpson, in cui furono trasmessi in prima serata e in prima visione tre episodi della ottava stagione e tre della nona stagione. 2 febbraio 2004: Red Hot Chili Simpson, in cui sono stati trasmessi in prima serata quattro episodi della stagione 14 in anteprima, e uno della stagione 13 fino ad allora inedito; 23 dicembre 2006: Merry Simpson, sempre in prima serata, in cui sono stati trasmessi quattro episodi inediti della stagione 17; 10 settembre 2007: Simpson Première, quattro episodi inediti della stagione 18 e uno della stagione 16 fino ad allora inedito, trasmessi in prima serata; 29 novembre 2008: Regala un sorriso a un bambino, maratona a scopo benefico in cui sono stati trasmessi in prima serata cinque episodi della stagione 19; 15 luglio 2013: Ciao Tonino, maratona di 5 episodi (Finalmente se ne vanno!, Papà arrabbiato: il film, Lisa dieci e lode, HOMR, Il peggior episodio mai visto) mandati in prima serata dalle 21:10 in omaggio a Tonino Accolla, storico doppiatore di Homer Simpson, scomparso il giorno precedente; 31 ottobre 2016: Simpson Halloween, maratona di 9 episodi, dalle 13:50 alle 18:00, in occasione di Halloween con la prima visione degli episodi Halloween dell'orrore e La paura fa novanta XXVI e gli episodi La paura fa novanta delle stagioni 23, 21, 22, 16, 15, 11 e 10; 8 novembre 2016: Simpson for president, 4 episodi (Bart al futuro, Alla faccia della bandiera, Due pessimi vicini di casa, Tra molti, Winchester) trasmessi in terza serata in occasione delle elezioni presidenziali americane; 24 dicembre 2016: Simpson for Xmas, maratona di 9 episodi dalle 14 alle 18 (Non sarò a casa per Natale, Il blues del bianco Natal, La battaglia prima di Natale, Kill Gil: volumi 1 e 2, Tutti più buoni a Natale, Tormenti di neve, A Natale ogni spassolo vale, Mr. Spazzaneve, Un Natale da cani), trasmessi in occasione delle festività natalizie; 17 dicembre 2019: Buon compleanno Simpson, maratona di 10 episodi dalle 13:45 alle 18:00 in occasione del trentesimo anniversario dalla trasmissione della prima puntata della serie negli Stati Uniti d'America. Oltre al primo episodio trasmesso in assoluto, Un Natale da cani, sono stati mandati Come eravamo, Ho sposato Marge, La prima parola di Lisa, I ragazzi stanno litigando, E con Maggie son tre, Il sogno di un uomo, Bart al futuro, Future-Drama e Vacanze di un passato futuro. 31 ottobre 2020: Simpson Halloween, maratona di 8 episodi, dalle 14:15 alle 18:00, in occasione di Halloween con la trasmissione degli episodi La paura fa novanta delle stagioni 10, 11, 12, 13, 14, 7, 8 e 9. 30 ottobre 2021: Simpson Halloween, maratona di 9 episodi, dalle 21:20 all'01:40, in occasione di Halloween con la trasmissione degli episodi La paura fa novanta delle stagioni 30, 31, 32 (In prima tv), 29, 28, 26, 25, 24 e 23. 20 novembre 2021: Merry Simpson, maratona di 5 episodi dalle 21:20 alle 23:40 con due episodi inediti della stagione 32 e tre in replica delle stagioni 31, 30, 28. Adattamento Nell'edizione italiana, quasi tutte le scritte in inglese venivano tradotte in italiano coprendo interamente quelle originali: nelle stagioni più recenti talvolta le scritte vengono solamente sottotitolate. La frase che Bart scrive alla lavagna resta in inglese ma viene letta in italiano dalla sua doppiatrice (Ilaria Stagni fino alla ventiduesima stagione, Gaia Bolognesi dalla ventitreesima): nella versione originale la scritta viene solamente inquadrata. Nella versione restaurata delle vecchie stagioni introdotta a partire da luglio 2016, le vecchie post-produzioni italiane scompaiono e le scritte restano in inglese, corredate di sottotitoli quando necessario. Il titolo della serie, che mostrava sempre il cartello italiano "I Simpson", presenta ora il logo originale "The Simpsons", con "I Simpson" come sottotitolo. (Anche nelle stagioni più recenti, a causa della crescente complessità delle gag visive nella sigla iniziale, il titolo non viene più sostituito.) Vengono modificati alcuni nomi dei personaggi: i più evidenti sono Moe che diventa Boe e nelle stagioni più recenti Boh (costringendo alla modifica dell'insegna del suo bar), il cognome Krabappel che diventa Caprapall e anche il cognome Wiggum che diventa Winchester. Gli aggettivi o titoli nel nome di alcuni personaggi vengono tradotti in italiano (ad esempio Fat Tony diventa Tony Ciccione); in particolare Sideshow Bob diventa Telespalla Bob e Sideshow Mel diventa Telespalla Mel, sebbene la parola telespalla non esista nel vocabolario italiano. Alcuni personaggi vengono doppiati con un accento dei dialetti locali italiani. Accoglienza Critica I Simpson sono stati a lungo lodati da vari critici americani come "lo spettacolo televisivo più irriverente e impertinente mai andato in onda". Nel 1990 la rivista statunitense Entertainment Weekly lo definì come "la rappresentazione della famiglia americana più complessa, disegnata come semplice cartone animato. È questo fantastico paradosso a portare via milioni di telespettatori dai tre principali network per concentrarsi sui Simpson". Ken Tucker, autore dell'articolo, aggiunse in seguito che lo show è "un fenomeno pop-culturale, un cartone da prima serata che attira l'intera famiglia". Per anni i critici hanno lodato I Simpson per il loro spirito, il realismo e l'intelligenza dei testi. Tuttavia, a partire dalla fine degli anni novanta lo show iniziò a cambiare a tal punto che molti critici lo definirono "stanco"; i fan iniziarono a disilludersi, interpretando il nuovo tono umoristico della serie come decadente. Il 16 febbraio 2003, dopo la celebrazione del 300º episodio dello show, USA Today pubblicò una lista delle puntate preferite dai fan e dagli sceneggiatori de I Simpson: nella prima lista l'episodio più recente era addirittura del 1997 (La fobia di Homer), mentre nella seconda era del 2000 (Dietro la risata). Anche all'interno del cast di doppiatori ci furono dei malumori: Harry Shearer, voce di personaggi come Montgomery Burns, Waylon Smithers e Ned Flanders, dichiarò di ritenere "le ultime tre stagioni tra le peggiori". Nonostante le critiche ed un vertiginoso calo di ascolti (la prima stagione vantava più di 13 milioni di spettatori per episodio, mentre la diciassettesima ha avuto una media inferiore ai 9 milioni), I Simpson hanno continuato ad andare avanti alla ricerca di nuovi fan. Nell'aprile del 2005 Matt Groening affermò che la serie sarebbe arrivata a 366 episodi, uno per ogni giorno dell'anno, bisestile compreso. Ma nell'aprile dell'anno successivo Groening, rispondendo alle critiche mossegli dalla stampa disse: "Onestamente non vedo una fine in vista. Penso sia probabile che lo show, dal punto di vista finanziario, possa diventare sempre più complesso, ma attualmente, dal punto di vista della creatività, lo show è buono tanto quanto prima, se non migliore. L'animazione è incredibilmente dettagliata e fantasiosa e ci sono storie che raccontano cose che non avevamo mai fatto prima. Quindi, dal punto di vista creativo, non c'è ragione di chiudere lo show". Riconoscimenti e primati I Simpson hanno vinto dozzine di premi dal debutto della serie televisiva, tra cui 34 Emmy Awards. Nel 1999 la rivista statunitense TIME li definì come la miglior serie televisiva del secolo e, nella stessa rivista, Bart Simpson venne inserito nella lista dei 100 personaggi più influenti del secolo scorso. Il 14 gennaio del 2000 la fama de I Simpson è stata premiata con una stella nella Hollywood Walk of Fame. Il 9 febbraio 1997, con l'episodio Lo show di Grattachecca e Fichetto e Pucci, I Simpson ha sorpassato I Flintstones come più lunga serie a cartoni animati statunitense trasmessa in prima serata. Nel gennaio 2003 la Fox ha annunciato la continuazione degli episodi fino a tutto il 2005, rendendo I Simpson la sitcom americana (animata o live action) con il maggior numero di stagioni prodotte. È, inoltre, la serie con il maggior numero di episodi mai trasmessa negli Stati Uniti. Il creatore della serie, Matt Groening, ha dichiarato l'ambizione di concludere la serie nel 2008 con la realizzazione del 365º episodio, uno per ogni giorno dell'anno. Questa ambizione è stata superata, in quanto il 26 febbraio 2006 è uscito il 367º episodio. La diciottesima stagione si è conclusa con uno speciale di un'ora composto da due episodi, 24 minuti e Non puoi sempre dire quello Kent ti pare, il 400º episodio. Il 2007 ha inoltre portato alla celebrazione del ventesimo anniversario dalla nascita del marchio dei Simpson. Con la trasmissione della ventunesima stagione, la serie ha superato il record di stagioni prodotte per una serie statunitense in onda nel prime time, le 20 di Gunsmoke e Law & Order. La ventesima stagione (serie di produzione LABF) viene trasmessa negli Stati Uniti dal 28 settembre 2008 al 17 maggio 2009 ed è la prima volta che viene mandata in onda in alta definizione, a partire dall'episodio Prendi la mia vita, per favore. Impatto culturale I Simpson hanno influenzato il mondo esterno tanto che nel 1998 la rivista TIME ha proclamato Bart la quarantaseiesima persona più influente del XX secolo. Inoltre era già apparso sulla copertina di tale rivista nell'edizione del 31 dicembre 1990. Bart si è anche classificato insieme a Lisa all'undicesimo posto nella classifica della rivista "TV Guide" de "I 50 migliori personaggi animati di tutti i tempi". Ma è altrettanto vero che per ogni episodio de I Simpson gli autori si sono ispirati alla cultura popolare, alla televisione, al cinema. Influenza sulla televisione Negli Stati Uniti d'America I Simpson furono la prima serie animata ad essere programmata in prima serata dai tempi de Gli antenati. Questo perché durante gli anni '80 si pensava che i cartoni fossero esclusivamente destinati ad un pubblico di bambini. Per giunta, era troppo costoso produrre cartoni dalla qualità sufficientemente alta per la prima serata. I Simpson cambiarono questa percezione. L'uso degli studi di animazione sudcoreani abbassò notevolmente i costi di produzione. Questo fatto portò al boom di serie animate da prima serata a partire da metà anni novanta come South Park, Futurama, King of the Hill e I Griffin. I Simpson hanno avuto una forte influenza anche su telefilm e sitcom: i creatori di serie come Malcolm, The Office e La vita secondo Jim hanno ammesso il loro "debito" con lo show. Alla fine del 2009 è iniziata la messa in onda di una nuova serie animata georgiana, I Samsonadze, la cui autrice, Shalva Ramishvili, ha ammesso di essersi fortemente ispirata alla serie originaria; le somiglianze principali sono il colore giallo della pelle dei personaggi e il cognome Samsonadze è abbastanza diffuso in Georgia, come lo è Simpson negli Stati Uniti d'America, ma a differenza della versione americana, i figli sono due invece che tre e non ci saranno riferimenti alla politica interna locale. Nella serie Minority Report, basata sull'omonimo film, all'inizio della puntata pilota, ambientata nel 2065, si ironizza sulla serie, mostrando un messaggio di congratulazioni per la sua settantacinquesima stagione. Influenza sul linguaggio Molti neologismi coniati ne I Simpson sono divenuti particolarmente popolari. La più famosa è l'esclamazione di Homer «D'oh!», tanto popolare da essere stata inserita nellOxford English Dictionary, ma senza l'apostrofo. Questa esclamazione non è stata ideata ne I Simpson, ma proviene da un copione del 1945 appartenente all'emittente BBC Radio nel quale era scritta la parola "dooh". Dan Castellaneta, doppiatore di Homer Simpson nella versione originale, ha detto di aver preso in prestito la parola da James Finlayson, un attore dei primi film di Stanlio & Ollio, che la pronunciava più lentamente e con un tono più piagnucoloso. Il regista de I Simpson chiese successivamente a Castellaneta di accorciare la pronuncia, e il risultato fu la conosciutissima esclamazione. Anche altre espressioni sono divenute popolari: «Eccellente!» pronunciata da Montgomery Burns; il trionfante «Mi-ti-co!» («Woohoo!» nella versione originale) di Homer, il derisorio «Ha-ha!» pronunciata da Nelson Muntz e «ciucciati il calzino» («eat my shorts») di Bart. La sbeffeggiante definizione dei francesi data dal giardiniere Willie di «arrendevoli scimmie mangia-formaggio» è stata usata dal settimanale statunitense di stampo conservatore National Review quando, nel 2003, la Francia si oppose alla guerra in Iraq. Questa frase fu poi ripresa da altre testate. "Cromolento" ("Cromulent", in originale), una parola usata in Lisa l'iconoclasta è da allora apparsa nel "Webster's New Millennium Dictionary of English". "Kwyjibo", una parola inventata da Bart durante una partita a Scrabble nell'episodio Bart, il genio, è uno dei nomi con cui è identificato il creatore del worm "Melissa". «Do il benvenuto ai nostri insetti signori supremi» (in originale «I, for one, welcome our new insect overlords»), frase pronunciata da Kent Brockman in Homer nello spazio profondo è stata usata più volte dai media Usa, come il periodico New Scientist, per esprimere scherzosamente la più totale sottomissione a qualcuno. Altri media Videogiochi Le avventure dei Simpson sono state adattate in diversi videogiochi. Documentario Fumetti I Simpson sono anche un fumetto, Simpsons Comics, pubblicato in USA da Bongo Comics ed in Italia da Panini Comics. I primi 32 numeri sono però stati pubblicati da Edizioni Macchia Nera, sotto il nome I Simpson, mentre i numeri dal 33 al 40 da Dino Comics. Sono state pubblicate, parallelamente alla serie principale, anche vari spin-off e numeri speciali. Alcune storie dei fumetti sono in parte inedite, invece le altre sono ispirate agli episodi. Il 24 maggio 2007 è uscito il numero 100, dal titolo Il gigantesco numero 100. Musica Delle raccolte di musica originale nella serie sono state pubblicate negli album Songs in the Key of Springfield, Go Simpsonic with The Simpsons e The Simpsons: Testify. Diverse canzoni sono state registrate con lo scopo di una pubblicazione tramite singolo o album e non sono state presenti nella serie. L'album The Simpsons Sing the Blues fu pubblicato nel settembre 1990 e fu un successo, raggiungendo il terzo posto nella Billboard 200 e diventando disco di platino. Il primo singolo fu Do the Bartman, cantata da Nancy Cartwright e pubblicato il 20 novembre 1990. La canzone fu scritta da Michael Jackson, sebbene non ricevette nessun credito poiché la superstar era già sotto contratto con un'altra casa discografica all'epoca. Merchandising Il merchandising legato alla serie ha raggiunto un giro di affari di diversi miliardi di dollari. I membri della famiglia e diversi personaggi secondari sono stati riprodotti in T-shirt (nella quale Bart è il più rappresentato), poster, pupazzi, ecc. La serie ha ispirato nuovi giochi (come il gioco di carte The Simpsons Trading Card Game) o edizioni speciali di giochi da tavolo, come Monopoly, Cluedo e Scarabeo. Inoltre, fin dal 1990 sono state vendute anche diverse collezioni di action figure raffiguranti i principali personaggi della serie, spesso corredate da accessori. Per esempio, Bart è dotato della sua caratteristica fionda, mentre Homer è venduto insieme alla riproduzione di una ciambella. Negli USA, in occasione dell'uscita del film, la catena di negozi 7-Eleven ha trasformato 12 propri negozi in Jet Market, in cui venivano venduti alcuni degli alimenti ideati nella serie (i cereali "Krusty-O", la bevanda "Slurp", la "Buzz-Cola" e la birra "Duff Beer"). The Simpsons Ride Nel 2007, è stato ufficialmente annunciato che The Simpsons Ride, un simulatore, sarebbe stato implementato nel Universal Orlando Resort e nel Universal Studios Hollywood. Ha ufficialmente aperto in Florida il 15 maggio 2008 e il 19 maggio 2008 a Hollywood. Nel simulatore, i clienti vengono introdotti in un parco a tema dei cartoni animati chiamato Krustyland costruito da Krusty il Clown. Però, Telespalla Bob è evaso dalla prigione per vendicarsi di Krusty e della famiglia Simpson. Sono presenti più di 24 personaggi regolari de I Simpson e sono presenti i doppiatori regolari del cast, come Pamela Hayden, Russi Taylor e Kelsey Grammer. Harry Shearer non ha partecipato al simulatore, quindi nessuno dei suoi personaggi è presente. Note Bibliografia Franco Busatta, I Simpson. La guida non ufficiale, Bologna, PuntoZero, 1998. Matt Groening, Il buffo libro dei Simpson (per un giorno di pioggia), Milano, Leonardo, 1991. Matt Groening, Saluti dai Simpson, Milano, Leonardo, 1991. Matt Groening, Il natalibro dei Simpson, Milano, Leonardo, 1991. ISBN 978-88-355-0202-9 Matt Groening, I Simpson, Milano, Zelig, 1998. ISBN 88-86471-94-7. Matt Groening, a cura di Ray Richmond e Antonia Coffman (stagioni 1-8) e Scott M. Gimple (stagioni 9-10), I Simpson. La guida completa alla nostra famiglia preferita, Baldini & Castoldi, Milano 1999, ISBN 88-8089-755-1. Matt Groening, Bart Simpson: guida alla vita, Roma, Macchia nera. ISBN 88-8308-019-X Matt Groening, The Simpsons. Benvenuti a Springfield, Roma, la Repubblica, 2005. Matt Groening, I Simpson. Album di famiglia senza censure, Milano, Rizzoli, 2007. ISBN 978-88-17-01967-5 Matt Groening, I Simpson. All'attacco, Milano, Rizzoli, 2007. ISBN 88-17-01968-2 Matt Groening, I Simpson. In picchiata, Milano, Rizzoli, 2007. ISBN 978-88-17-01969-9 Matt Groening, I Simpson. Guida alla città di Springfield, Milano, Rizzoli, 2007. ISBN 88-17-01970-4 Matt Groening, I Simpson comics. In parata, Milano, Rizzoli, 2008. ISBN 978-88-17-02018-3 Matt Groening, I Simpson comics. Al galoppo, Milano, Rizzoli, 2008. ISBN 978-88-17-02019-0 Matt Groening, I Simpson comics. A gogo, Milano, Rizzoli, 2008. ISBN 88-17-02020-6 Matt Groening, I Simpson comics. Scatenati, Milano, Rizzoli, 2008. ISBN 978-88-17-02021-3 Matt Groening, I Simpson comics. A ruota libera, Milano, Rizzoli, 2008. ISBN 978-88-17-02274-3 Matt Groening, I Simpson comics. Simpsorama, Milano, Rizzoli, 2008. ISBN 978-88-17-02276-7 Matt Groening, I Simpson comics. Tutti al mare, Milano, Rizzoli, 2008. ISBN 978-88-17-02389-4 Matt Groening, I Simpson comics. In campeggio, Milano, Rizzoli, 2008. ISBN 978-88-17-02390-0 Matt Groening, I Simpson. La paura fa novanta. Un brivido fantastico, Milano, Rizzoli, 2008. ISBN 88-17-02672-7 Matt Groening, I Simpson. La paura fa novanta. Morti dal ridere, Milano, Rizzoli, 2008. ISBN 978-88-17-02673-4 Jay Heinrichs, L'arte di avere sempre l'ultima parola. Da Aristotele a Homer Simpson, tutti i segreti della persuasione, Milano, Kovalski, 2008. ISBN 88-7496-735-7 Manuela Marziali, I Simpson e la tradizione culturale americana, Roma, Prospettiva, 2003. Guido Michelone, I Simpson, Milano, Bompiani, 2000. Corrado Peperoni (a cura di), I Simpson. Il ventre onnivoro della Tv postmoderna, Roma, Bulzoni, 2007. ISBN 88-7870-240-4 Ray Richmond, Antonia Coffman, The Simpsons: A Complete Guide to our Favorite Family, Harper Collins Publishers, 1997. ISBN 0-06-019348-4 Voci correlate Matt Groening James L. Brooks Life in Hell Futurama Disincanto (serie animata) I Griffin American Dad! The Cleveland Show South Park Drawn Together Beavis and Butt-head Altri progetti Collegamenti esterni Programmi televisivi satirici Cultura degli Stati Uniti d'America Animazione crossover Serie televisive di 20th Television Serie televisive di 20th Television Animation
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https://it.wikipedia.org/wiki/Isole%20del%20Giappone
Isole del Giappone
L'arcipelago giapponese è costituito da cinque isole maggiori (da nord a sud Hokkaidō, Honshū, Shikoku, Kyūshū e Okinawa) e da numerose isole minori, per un totale di 14.125 isole, di cui solo 430 sono abitate. Il territorio giapponese si estende per 377.915 km² (è il 62º Paese al mondo per grandezza), di cui 364.485 km² rappresentano terraferma mentre i restanti 13.430 km² sono occupati dall'acqua. Isole maggiori Il Giappone ha 5 isole principali: Hokkaidō, Honshū, Kyūshū, Shikoku e Okinawa. Lista delle isole minori del Giappone Escluse le cinque isole principali, il Giappone conta di 6.847 isole minori. Le principali vengono elencate di seguito: Isole del Territorio del Nord Etorofu Habomai Kunashiri Shikotan Isole nel Mar del Giappone Rocce di Liancourt (contese con la Corea del Sud) Oki Okushiri Rishiri Rebun Sado Terui Isla Todo Yagishiri Isole nell'Oceano Pacifico Isole Izu Aogashima Hachijō Izu Ōshima Kōzu Miyake Mikura Nii-jima Shikine Toshima Isole Ogasawara Chichi Haha Iwo Minami Torishima Okino Torishima Enoshima Isole nel Mare Interno di Seto Awaji Etajima Itsukushima (anche nota come "Miyajima") ShōdoshimaAoshima (Ehime) Isole attorno Kyushu La maggior parte nel Mar Cinese orientale: Amakusa Isole Gotō Hirado Hashima Iki Koshiki Tsushima Isole Ryukyu Isole Amami Amami Ōshima Isole Ōsumi Yaku Tanegashima Isole di Okinawa Isola di Okinawa Isole Sakishima Isole Miyako Miyako Isole Yaeyama Iriomote Ishigaki Isole Senkaku (contese con Cina e Taiwan) Isole artificiali Chubu Centrair International Airport Dejima Kansai International Airport Aeroporto di Kobe Odaiba Isola Port Isola Rokkō Note Bibliografia Voci correlate Stato insulare Altri progetti Giappone
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https://it.wikipedia.org/wiki/Isole%20Falkland
Isole Falkland
Le Isole Falkland (, AFI: ; ) o Malvine (oggi antiquato Maluine ) sono un territorio d'oltremare del Regno Unito il cui capoluogo è Stanley. Si tratta di un arcipelago dell'oceano Atlantico meridionale rivendicato dall'Argentina, che lo considera parte integrante del proprio territorio nazionale. Nel 1982 la dittatura militare argentina occupò l'arcipelago dando origine a un conflitto con il Regno Unito noto come Guerra delle Falkland, che vide il Paese sudamericano sconfitto. Etimologia Falkland Il nome ufficiale in lingua inglese Falkland deriva dal capitano inglese John Strong che nel 1690 chiamò lo stretto tra due isole "Falkland Sound", in onore dell'ufficiale di bordo Anthony Cary, quinto visconte di Falkland, che a sua volta prende il nome dal paese di Falkland (Fáclann) in Scozia; il nome è poi passato ad indicare le isole principali oltre che lo stretto. Malvine Il nome Malvine (in spagnolo Malvinas, utilizzato in Argentina e in tutti i Paesi ispanofoni) deriva dal nome in lingua francese Îles Malouines coniato nel 1764 dal navigatore francese Louis Antoine de Bougainville; il nome deriva dal fatto che i primi colonizzatori europei delle isole si riteneva fossero provenienti dalla cittadina francese Saint-Malo (Bretagna), e detti quindi Malouin; a sua volta il nome della cittadina francese derivava da san Maclovio - in francese Malo o Maclou - un monaco peraltro di natali britannici (Mac Low, dal Galles). Geografia L'arcipelago delle Falkland è formato dall'isola di Falkland Occidentale (Gran Malvina/West Falkland), dall'isola di Falkland Orientale (Isla Soledad/East Falkland) e da circa 200 isole minori, tra cui l'isola dei Leoni Marini (Isla de los Leones Marinos/Sea Lion Island). Il territorio delle due isole principali, separate dallo stretto di Falkland (Estrecho de San Carlos/Falkland Sound), è montuoso-collinare (le cime più alte sono: il Monte Adam (Monte Independencia/Mount Adam), 698 m, nell'isola Occidentale e il Monte Usborne (Cerro Alberdi/Mount Usborne), 705 m, nell'isola Orientale), con fasce costiere pianeggianti, a tratti paludose. Le coste sono molto articolate. Clima Il clima presenta aspetti di transizione tra il tipo atlantico e quello subartico. L'escursione termica stagionale è limitata, infatti la temperatura media giornaliera, durante i mesi centrali dell'inverno, si mantiene attorno ai +2 °C mentre quella del mese di gennaio, il più caldo dell'anno, non supera i +11 °C, le precipitazioni sono tendenzialmente regolari e non si registrano minimi o massimi stagionali significativi, ma i quantitativi pluviometrici medi si mantengono da moderati a modesti, anche se possono variare da località a località a seconda della posizione dei rilievi rispetto alla costa e quindi dall'esposizione degli stessi alle correnti prevalenti (occidentali e meridionali). A causa della forte influenza delle temperature superficiali oceaniche (di qualche grado sopra lo 0 °C anche nel pieno dell'inverno australe) le precipitazioni cadono prevalentemente sotto forma di piogge. Le nevicate tuttavia sono relativamente frequenti e si possono verificare per gran parte dell'anno (diventando eccezionali solo nel periodo centrale dell'inverno australe), gli accumuli però sono di regola scarsi e il manto nevoso ha una durata breve e incostante, in genere limitata a pochi giorni lungo le coste, mentre la persistenza della neve può mantenersi a lungo solo sui rilievi più elevati e in generale solo al di sopra dei 400 m. Nel complesso i regimi termici e precipitativi si presentano del tutto simili a quelli della vicina regione della Terra del Fuoco distinguendosene solo per alcuni tratti di maggiore marittimità. I forti venti, le basse temperature medie giornaliere (inferiori ai +10 °C per 10/11 mesi all'anno), la modestissima eliofania, fanno sì che la stagione vegetativa sia molto breve e non consentono la crescita di vegetazione arborea. Storia Storia antica e arrivo degli europei Recenti ritrovamenti dimostrano che le popolazioni indigene provenienti dalla Patagonia arrivarono sulle isole in tempi antichi. Ciò è verificato dalla presenza di reperti quali punte di frecce e resti di una canoa. Sulla scoperta da parte degli europei vi sono numerose ipotesi: nel 1520 il navigatore portoghese Esteban Gómez, disertando la prima circumnavigazione di Magellano, avrebbe avvistato le isole; oltre a lui altri navigatori come Simón de Alcazaba y Sotomayor (prima del 1540), John Davis (che nel 1592 si limitò alla sola annotazione sulle carte nautiche) e Richard Hawkins avrebbero le credenziali per accreditarsi la scoperta dell'arcipelago. Solo 170 anni dopo, nel 1690, John Strong vi mise piede, denominandole Falkland in onore del politico Anthony Cary, 5º Visconte di Falkland. I primi coloni francesi giunsero nel 1763, guidati da Louis Antoine de Bougainville. Essendo quasi tutti dei malouins, provenienti cioè dal porto di Saint-Malo, le isole assunsero il nome francese di Îles Malouines, da cui è poi derivata la denominazione usata dalla maggior parte delle lingue romanze. Già nel 1766, comunque, la colonia fu ceduta dalla Francia alla Spagna dopo la sua partecipazione a fianco della Francia nella Guerra dei sette anni contro gli inglesi, usciti poi vincitori dal conflitto. Rivendicazione argentina delle isole Le Provincias Unidas del Rio de La Plata (odierna Argentina), dichiarando la propria indipendenza nel 1810, rivendicarono la sovranità alle isole e l'Argentina si considerò in seguito (assieme con altri paesi residui ai possedimenti spagnoli) continuatrice dei territori spagnoli in quella parte del continente. Nell'anno 1820 il governo di Buenos Aires inviò una nave militare argentina sulle isole a prenderne possesso, subentrando alla Spagna. Successivamente, nel 1823, Luis María Vernet fu nominato governatore dell'arcipelago, ottenendo concessioni riguardanti diritti commerciali e industriali, quindi dai territori argentini giunsero autonomamente nelle isole dal 1825 alcuni gruppi di coloni, che praticarono in massima parte la pastorizia come mezzo di sostentamento. Il 10 giugno 1829 venne istituito il Governatorato con base sull'isola Soledad "Comandancia Política y Militar de las islas Malvinas", con giurisdizione sulle isole adiacenti al Cabo de Hornos, un ente di controllo che sorvegliava la regione di pesca marina, e la regolamentava. Il 30 di agosto del 1829 Vernet proclamò la fondazione di Puerto Luis. Arrivo dei britannici Successivamente fu la volta dei britannici che, nel 1833, occuparono le isole espellendo i militari argentini e il loro comandante designato, José María Pinedo. Dichiararono inoltre la propria sovranità su tutto l'arcipelago, occupando e rivendicando la sovranità anche sulle isole Georgia del Sud e le isole Sandwich Australi, che erano disabitate. Una volta espulsa la guarnigione militare, restavano sull'isola principale una trentina di persone di origine varia (argentini, uruguaiani, brasiliani, uno scozzese). Dopo la conquista britannica, due di queste (un uruguaiano e un brasiliano) decisero di abbandonare l'isola, mentre tutti gli altri accettarono l'invito dei nuovi occupanti a rimanere (l'ultimo morì nel 1871). Prima guerra mondiale Nel 1914, durante la prima guerra mondiale, fu combattuta la battaglia navale delle isole Falkland tra alcuni incrociatori tedeschi comandati dall'ammiraglio Maximilian von Spee e una preponderante flotta britannica, comandata dal viceammiraglio Sir Frederik D. Sturdee. I tedeschi avevano intenzione di passare dall'Oceano Pacifico all'Atlantico, ma furono fermati e vinti dai britannici. Guerra delle Falkland Il 2 aprile 1982 le isole furono occupate da una spedizione militare argentina inviata dalla dittatura militare al governo. Con risoluzione 502 del 3 aprile 1982, approvata a maggioranza, l'ONU chiese l'immediato ritiro dell'Argentina dalle isole. La reazione del governo britannico all'invasione fu assai decisa: il primo ministro Margaret Thatcher inviò navi da guerra, un sottomarino nucleare, aerei e truppe che in alcune settimane riconquistarono il territorio. Questa sconfitta contribuì alla crisi e alla fine della dittatura militare in Argentina (1976-1983). Oggi le isole sono uno dei 16 territori non autonomi sottoposti alla supervisione del Comitato speciale di decolonizzazione (Comité de descolonización o Special Committee on Decolonization) delle Nazioni Unite, che ha lo scopo di controllare annualmente il rispetto delle azioni tese a evitare il colonialismo. A questo comitato, tuttavia, partecipavano nel 2017 solo 29 membri delle Nazioni Unite. Vicende recenti La misura principale presa dal governo britannico, nel senso di escludere relazioni di subordinazione delle isole, è stato il ripristino e il perfezionamento, per i cittadini residenti, dello status di cittadini britannici a pieno titolo, senza ricorrere ad autonomia di governo. Per il resto, come reazione ai trascorsi, è stata sensibilmente aumentata la presenza militare britannica sulle isole e nei mari circostanti. Il Regno Unito rivendica per i cittadini delle isole, in grandissima parte di origine britannica, il diritto di autodeterminazione. L'Argentina ha promosso in varie sedi alcuni pronunciamenti internazionali per la questione delle isole, alcuni di merito, altri di natura simbolica. Nel 2007 l'Uruguay negò l'accesso al porto di Montevideo a una nave militare britannica che era di pattuglia presso le Falkland, l'HMS Gloucester, e che aveva richiesto assistenza e rifornimento. Il 19 febbraio 2010 il presidente venezuelano Hugo Chávez ha dichiarato che il Regno Unito deve restituire le Falkland/Malvine all'Argentina, aggiungendo "che l'occupazione britannica delle isole è antistorica e dovuta unicamente all'avidità dei britannici in quanto nel sottosuolo delle Malvine si trova un ricchissimo giacimento di petrolio e gas naturale". Il 3 luglio dello stesso anno le autorità della Siria si sono dette impegnate nel difendere il diritto di sovranità argentino sulle Falkland. Inoltre, dall'agosto 2010 il Mercosur, l'Unasur, l'Alleanza Bolivariana per le Americhe, l'Organizzazione degli Stati americani e il Marocco appoggiano il reclamo argentino delle isole. Da parte sua il governo della Repubblica Argentina continua a ribadire la propria sovranità sulle isole, sia in forma ufficiale che nella comunicazione sui social media. Tra gli stati membri del Commonwealth, in alcuni dei quali è sovrano il re Carlo III del Regno Unito, vi sono molti che hanno aderito alla petizione argentina riguardo all'invito delle Nazioni Unite, di stabilire un dialogo tra i due contendenti delle isole. Tali paesi (Bahamas, Barbados, Dominica, Grenada, Guyana, Giamaica, Saint Lucia, Saint Kitts e Nevis e Saint Vincent e Grenadine), avendo partecipato al XXII vertice della Comunità di Stati Latinoamericani e dei Caraibi (CELAC), tenutosi nel 2010 a Playa del Carmen, Messico, hanno approvato l'ordine del giorno nel quale era presente la rivendicazione argentina. Nel febbraio del 2012, un gruppo di intellettuali argentini ha chiesto una revisione della politica del governo in carica, che ha rivendicato nuovamente la sovranità sull'arcipelago. Per tutta risposta il governo di Buenos Aires ha emesso una moneta che commemora il tentativo di conquista delle isole da parte della giunta militare nel 1982. Con il referendum del 10 marzo 2013 il 99,8% della popolazione locale ha votato per mantenere sull'arcipelago lo status politico di territorio britannico d'oltremare. Infatti dei 1517 votanti (il 92% degli aventi diritto), solo tre hanno risposto in modo negativo alla richiesta di conferma della situazione attuale. Il governo argentino ha reagito al risultato disconoscendo la validità dell'esito del voto, giudicato dalla presidente argentina Kirchner come una "parodia". Società Le isole contavano 3.398 abitanti al 2016; in massima parte di origine britannica (in particolare scozzese). A differenza dei residenti in altri territori d'oltremare del Regno Unito, e nel Commonwealth, che hanno varie forme di autonomia, in risposta alla respinta invasione argentina, gli abitanti delle Falkland hanno ora la piena cittadinanza britannica in virtù del British Nationality (Falkland Islands) Act 1983 (Legge sulla Nazionalità Britannica (Isole Falkland) del 1983). Religioni La Chiesa anglicana, principale denominazione cristiana nelle isole Falkland/Malvine, è presente nell'arcipelago attraverso la parrocchia anglicana delle Isole Falkland. La Chiesa cattolica conta circa 300 fedeli, che fanno capo alla prefettura apostolica delle Isole Falkland o Malvine. Lingua La lingua ufficiale delle Isole Falkland è l'inglese. Ci sono anche ispanofoni per via della vicinanza geografica con l'Argentina. Politica Il Capo di Stato del territorio è il Sovrano britannico rappresentato dal Governatore, che, dal 2017, è Nigel Phillips. Il parlamento delle Isole Falkland è, unicamerale, l'Assemblea legislativa; in funzione dal 1845 con il Consiglio legislativo che dal 2009 cambia la denominazione con la riforma della Costituzione. I membri sono undici, di cui otto eletti ogni quattro anni e due membri del Consiglio dell'esecutivo cioè il Capo dell'esecutivo, il Direttore delle finanze ed il Presidente dell'Assemblea. Il Capo dell'esecutivo (o governatore) ha un ruolo simile al Primo ministro. Dal 2016 è Barry Rowland. Le elezioni vengono convocate ogni quattro anni. Non esistono dei partiti politici. Le materie di cui il governo locale non può occuparsi, secondo la costituzione delle isole, sono la difesa e i rapporti con l'estero. Economia e trasporti Le principali fonti di sostentamento dell'arcipelago sono la pesca e l'allevamento; si ritiene inoltre che nel sottosuolo dell'area vi siano giacimenti petroliferi. Grazie anche alla base militare costruita dai britannici dopo il 1982 e allo sviluppo turistico, l'economia dell'arcipelago è in costante miglioramento. I collegamenti aerei regolari dall'Europa per le Isole Falkland sono gestiti dalla Royal Air Force britannica tramite la compagnia di leasing aereo AirTanker, con due voli settimanali dalla base aerea di Brize Norton, accessibili anche a passeggeri civili. I collegamenti aerei regolari dal Sud America sono invece gestiti dalla compagnia aerea cilena LATAM Airlines, con un volo settimanale da Santiago del Cile via Punta Arenas, che una volta al mese aggiunge uno scalo a Río Gallegos per i passeggeri argentini. Non esistono collegamenti navali regolari, anche se le isole sono scalo relativamente frequente di navi mercantili e occasionalmente da crociera. Sport Calcio Le Isole Falkland hanno un proprio campionato di calcio. Galleria d'immagini Note Bibliografia Capitolo principale in spagnolo. Altri progetti Collegamenti esterni Cronaca delle Falklands / Malvinas Storia e guerra del 1982.
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Ingegneria informatica
L'ingegneria informatica è un ramo dell'ingegneria dell'informazione, derivato in parte dall'ingegneria elettronica, che applica principi di quest'ultima e dell'informatica pura a processi di progettazione, realizzazione e gestione di sistemi e soluzioni per l'elaborazione dati, sia dal punto di vista hardware che dal punto di vista software. Descrizione Requisiti di iscrizione in Italia In Italia diverse università erogano corsi di studio di ingegneria informatica che richiedono come requisito di iscrizione un Diploma di Scuola secondaria superiore o un altro titolo di studio conseguito all'estero riconosciuto idoneo ed eventualmente lo svolgimento di un test di ammissione comprensivo di quesiti sulla lingua inglese, sulla matematica, sulla comprensione di un testo argomentativo e sulla fisica. Generalmente il non raggiungimento immediato di un punteggio minimo nel test o nella sua parte di inglese non pregiudicano la possibilità di iscrizione, ma può imporre limitazioni sulla possibilità di sostenere gli appelli d'esame del primo anno o dei successivi. Differenze con CdL in Informatica e corsi esteri simili Il corso di laurea in informatica è una laurea che si contrappone alla laurea in ingegneria informatica. È da sottolineare il fatto che entrambe le lauree contengano un grande bagaglio culturale e che siano differenti sotto diversi aspetti. Il corso di laurea in ingegneria informatica tende a specializzarsi nell'utilizzo dell'informatica per risolvere i tipici problemi ingegneristici e per la progettazione di sistemi informatici, quindi approfondisce lo studio dell'hardware, delle telecomunicazioni, anche da un punto di vista fisico, e l'integrazione dell'hardware con il software. Il corso di laurea in informatica ha una connotazione più logico-matematica: tratta i fondamenti scientifici dell'informatica (ad es. la Teoria della complessità computazionale) e la loro applicazione per lo studio e la realizzazione di algoritmi, linguaggi (ad es. per la programmazione), sistemi per la gestione di basi di dati, compilatori, sistemi operativi, ecc. Quindi, si occupa maggiormente dell'informatica come scienza. Nonostante le differenze esistenti tra le due lauree, dottori in informatica e ingegneri informatici spesso si ritrovano a lavorare insieme. I corsi di laurea italiani di ingegneria informatica tendono ad essere degli ibridi di corsi di laurea più specifici presenti in alcuni paesi esteri, tra cui quelli di lingua anglosassone: computer science, ovvero informatica pura, information technology, riconducibile all'ingegneria delle telecomunicazioni, software engineering, ovvero ingegneria del software e Computer Engineering. Sebbene quest'ultimo sia il corso di studi più vicino all'ingegneria informatica italiana, nel corso di studi di quest'ultima vengono regolarmente inseriti insegnamenti propri delle altre, come, ad esempio, l'informatica teorica; lo studio delle reti di telecomunicazione e dei protocolli ad esse associati; lo studio dell'elettronica, delle reti logiche e delle componenti hardware dei calcolatori. Per quanto riguarda la durata dei corsi di studio, generalmente si tratta di tre anni completabili con due di specialistica, mentre in passato si trattava di lauree a ciclo unico. Insegnamenti universitari Come tutti i corsi in ingegneria, agli studenti vengono insegnate le materie che vanno a costituire l'insieme di conoscenze comune a tutti gli ingegneri, ovvero la: Matematica, sotto forma di Analisi 1, Analisi 2 Geometria Algebra lineare Statistica Calcolo delle Probabilità, con l'aggiunta di un corso di Logica Algebra, fondamentale per comprendere al meglio l'informatica teorica e le reti logiche; Fisica, presente in Fisica classica, Fisica tecnica e Meccanica dei Sistemi; Elettrotecnica le basi dell'Economia e dell'Organizzazione aziendale basi di programmazione software. A questi si aggiungono insegnamenti più specifici dell'Ingegneria dell'informazione come: fondamenti di Elettronica fondamenti di Automatica e insegnamenti di indirizzo: Architettura dei calcolatori e dei Sistemi Operativi Informatica teorica Reti logiche Algoritmi e Strutture Dati Basi di dati Sistemi Informativi Ingegneria del software e insegnamenti tipici dei corsi di laurea in Ingegneria delle telecomunicazioni, come: Reti di telecomunicazione e Internet Piattaforme software per la rete. Infine si possono inserire nel piano di studi insegnamenti scelti da vari gruppi, ad esempio: Chimica generale Misure Sicurezza delle reti Applicazioni ipermediali Automazione industriale Robotica Intelligenza Artificiale Teoria dei sistemi non lineari Teoria dei giochi. Competenze Un ingegnere informatico non è da confondere con il tecnico informatico, adatto alla realizzazione di progetti hardware quali assemblaggi macchina e diagnostica problematiche hardware software atti al corretto funzionamento del personal computer. L'ingegnere è quel professionista in grado di svolgere attività nella pianificazione, progettazione, realizzazione, gestione e esercizio di sistemi e infrastrutture per la rappresentazione, la trasmissione e l'elaborazione delle informazioni nonché della modellizzazione e simulazione di sistemi fisici. L'ingegnere elettronico si occupa perlopiù di sistemi tecnici preposti alla semplice comunicazione (telefonia, radiofonia, televisione) e per la modulazione del passaggio di elettricità, l'ingegnere informatico si occupa prevalentemente di sistemi elettronici di elaborazione (computer e sistemi informatici in genere). In quanto la laurea in ingegneria informatica nasce come laurea che si distacca dal corso di laurea in ingegneria elettronica, i laureati in ingegneria informatica hanno, oltre a tutte le competenze nel gestire la componente software, ottime conoscenze dell'elettronica e quindi sanno gestire, studiare e progettare bene con la categoria hardware: sono spesso in grado di progettare la parte software e hardware di sistemi elettronici quali le centraline e tutto ciò che riguarda l'automazione e la domotica. Aspetti burocratici e giuridici Il DPR 328/2001 art. 46 stabilisce che le attività professionali che formano l'oggetto della professione dell'Ingegnere dell'Informazione sono: attività di progettazione, direzione lavori, stima e collaudo di impianti e di sistemi elettronici, di automazioni e di generazione, trasmissione ed elaborazione delle informazioni; i rilievi diretti e strumentali di parametri tecnici afferenti impianti e sistemi elettronici; le attività che implicano l'uso di metodologie standardizzate, quali la progettazione, direzione lavori e collaudo di singoli organi o componenti di impianti e di sistemi elettronici, di automazione e di generazione, trasmissione ed elaborazione delle informazioni, nonché di sistemi e processi di tipologia semplice o ripetitiva. Ingegneria dell'informazione Si definisce spesso come ingegneria dell'informazione l'unione di ingegneria informatica, ingegneria dell'automazione, ingegneria elettronica, ingegneria delle telecomunicazioni. In senso strettamente universitario l'ingegneria dell'informazione è una classe di laurea e i corsi di laurea che vi sono compresi sono in genere quelli di cui sopra oltre ad altri, quali i recenti corsi in ingegneria meccatronica (es. Politecnico di Torino presso POLIS Oristano ed Università degli Studi di Padova). Questi ultimi, però, dato il contenuto fortemente interdisciplinare, sono classificati da alcune università tra le ingegnerie dell'informazione e da altre tra le ingegnerie industriali. Note Bibliografia Tucker, Allen B. Jr. (1997), The Computer Science and Engineering Handbook, CRC Press; Ian Sommerville, Software Engineering, Addison-Wesley; Altri progetti Collegamenti esterni Ingegneria Informatica Titoli accademici
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Jimmy Carter
Nel 2002 è stato insignito del premio Nobel per la pace. In seguito alla morte di George H. W. Bush, avvenuta il 30 novembre 2018, è divenuto il più anziano ex presidente tuttora in vita. Da 1971 al 1975 è Governatore della Georgia. Ha quindi vinto la nomination democratica per le elezioni presidenziali del 1976, dove da outsider ha sconfitto il presidente repubblicano in carica, Gerald Ford. Nel suo secondo giorno di mandato, Carter ha graziato tutti i renitenti alla leva della guerra del Vietnam. Ha istituito due nuovi dipartimenti a livello di gabinetto di governo, il Dipartimento dell'Energia e il Dipartimento dell'Istruzione. Stabilì una politica energetica nazionale che includeva la conservazione, il controllo dei prezzi e le nuove tecnologie. Negli affari esteri, Carter ha perseguito gli accordi di Camp David, i Trattati del Canale di Panama, il secondo Strategic Arms Limitation Talks (SALT II) e l'impopolare Zona del Canale di Panama. Sul fronte economico, ha dovuto affrontare una persistente stagflazione, una combinazione di alta inflazione, alta disoccupazione e crescita lenta. La fine del suo mandato presidenziale fu segnata dalla crisi degli ostaggi in Iran del 1979-1981, dalla crisi energetica del 1979, dall'incidente nucleare di Three Mile Island, dalla guerra civile di El Salvador e dall'invasione sovietica dell'Afghanistan. In risposta all'invasione, Carter intensificò la guerra fredda quando finì la distensione, impose un embargo sui cereali contro i sovietici, enunciò la dottrina Carter e guidò un boicottaggio internazionale delle Olimpiadi estive del 1980 a Mosca. Nel 1980 venne riconfermato come candidato presidente in vista delle elezioni generali imponendosi alle primarie democratiche sul senatore Ted Kennedy. Alle elezioni tuttavia perse contro il candidato repubblicano Ronald Reagan. Nel 1982 viene fondato il Carter Center, per "promuovere ed espandere i diritti umani". Ha viaggiato molto per condurre negoziati di pace, monitorare le elezioni e promuovere la prevenzione e lo sradicamento delle malattie nei Paesi in via di sviluppo. Carter è considerato una figura chiave di Habitat for Humanity Charity. Ha scritto oltre 30 libri che vanno dalle memorie, dalla politica alla poesia e all'ispirazione. Ha anche criticato alcune delle azioni e delle politiche di Israele riguardo al conflitto israelo-palestinese e si è battuto per una soluzione dei due Stati. Nel 2012 ha superato Herbert Hoover come presidente con la pensione più lunga nella storia degli Stati Uniti e nel 2017 è il primo presidente a vivere fino al 40º anniversario della sua presa della carica della presidenza. Attualmente è il più anziano e il più longevo della storia, nonché il primo in carica di tutti i presidenti viventi. Biografia È il figlio di James Earl Carter Sr., e di Bessie Lilian Gordy, nonché lontano parente di Berry Gordy, in quanto il fratellastro del nonno del musicista, James, era il nonno del presidente. I primi anni Cresciuto a Plains, in Georgia, Carter nel 1943 fu ammesso alla United States Naval Academy (Accademia Navale degli Stati Uniti) diplomandosi nel 1946 e, con una laurea in ingegneria (Bachelor of Science), si è arruolato nella Marina degli Stati Uniti, dove ha prestato servizio nei sottomarini. Dopo la morte di suo padre, nel 1953, Carter ha lasciato la sua carriera militare, entrando nella riserva fino al 1962, ed è tornato in Georgia per prendere le redini dell'azienda di arachidi della sua famiglia. Comincia come attivista all'interno del Partito Democratico e dal 1963 al 1967, Carter è stato eletto nel Senato dello Stato della Georgia. Carriera politica Governatore della Georgia Nel 1970 è stato eletto Governatore della Georgia, sconfiggendo l'ex governatore Carl Sanders nelle Primarie democratiche, sulla piattaforma anti-segregazione che difende l'azione affermativa per le minoranze etniche. Carter prestò giuramento come 76º Governatore della Georgia il 12 gennaio 1971; ha dichiarato nel suo discorso inaugurale: "Il tempo della segregazione razziale è finito. Nessuna persona povera, rurale, debole o di colore dovrebbe mai più sopportare il peso di essere privato della possibilità di una formazione, di un lavoro o di semplice giustizia". La folla, accorsa ad ascoltare il neo-governatore, rimase scioccata da questa frase, in forte contrasto con la cultura politica della Georgia e in particolare con la campagna stessa di Carter. I numerosi segregazionisti che lo avevano sostenuto durante le elezioni si sentirono traditi. Lester Maddox, predecessore di Carter come governatore, divenne vice-governatore, pur avendo opinioni discordanti con il nuovo governatore. Carter cercò di espandere l'autorità del governatore, riducendo la complessità del governo statale e proponendo una legge di ristrutturazione dell'apparato esecutivo. Carter cercò di fondare la propria azione di governatore su uno Zero-based budgeting (trad. Programma a base zero: sistema di programmazione e controllo che sottopone a esame annuale non solo le nuove decisioni facenti capo al budget ma l'intero insieme delle scelte, comprese quelle già attuate in precedenza con la possibilità di eliminare sprechi e inefficienze che si sono radicate in passato e che persisterebbero nel caso di un incremento di budget) all'interno dei servizi statali e ha aggiunto un sistema di selezione nella Commissione giudiziaria per verificare le credenziali dei giudici nominati dal governatore. Questo piano di riorganizzazione venne presentato nel mese di gennaio del 1972 ricevendo una fredda accoglienza. Ma dopo due settimane di negoziati fu approvato. In ultima analisi, vennero fuse circa 300 agenzie statali in 22 ottenendo un grande risparmio sui costi sostenuti dallo Stato. Sotto il governo di Carter, nello Stato della Georgia, vennero assunti molti dipendenti statali e diversi giudici neri pur cercando di mantenere i suoi alleati conservatori come quando, nonostante la storica sentenza Furman vs Georgia (1972) che ne decretava l'abolizione, Carter reintrodusse la pena di morte nell'ordinamento giudiziario dello Stato. Carter spinse per introdurre riforme al fine di: fornire pari finanziamenti di Stato a scuole sia che fossero situate in zone ricche o povere del paese, istituire centri di aggregazione per i bambini con handicap mentale e aumentare i programmi educativi per i detenuti, promuovendo inoltre la meritocrazia a discapito dell'influenza politica nell'assegnare promozioni a giudici e funzionari del governo statale. Una delle sue decisioni più controverse è stata quella di porre il veto sul piano per costruire una diga sul fiume Flint, guadagnandosi l'attenzione degli ambientalisti a livello nazionale. Ambizione nazionale Poiché non era idoneo a candidarsi per la rielezione, Carter considerò la possibilità di partecipare alla corsa presidenziale e si impegnò nella politica nazionale. Fu nominato in diverse commissioni di pianificazione del sud e fu delegato alla Convenzione Nazionale Democratica del 1972, dove il senatore liberale degli Stati Uniti George McGovern era il probabile candidato presidenziale. Carter cercò di ingraziarsi gli elettori conservatori e anti-McGovern. Tuttavia, Carter all'epoca era ancora abbastanza oscuro e il suo tentativo di triangolazione fallì; il "ticket" democratico del 1972 era McGovern e il senatore Thomas Eagleton. Il 3 agosto, Carter incontrò Wallace a Birmingham, in Alabama, per discutere della prevenzione della sconfitta schiacciante del Partito Democratico durante le elezioni di novembre. Dopo la perdita di McGovern nel novembre 1972, Carter iniziò a incontrarsi regolarmente con il suo staff alle prime armi. Aveva deciso di iniziare a mettere insieme un'offerta presidenziale per il 1976. Cercò senza successo di diventare presidente della National Governors Association per aumentare la sua visibilità. Su approvazione di David Rockefeller, fu nominato membro della Commissione Trilaterale nell'aprile 1973. L'anno successivo fu nominato presidente della campagna congressuale e governativa del Comitato Nazionale Democratico. Nel maggio 1973, Carter mise in guardia il Partito Democratico contro la politicizzazione dello scandalo Watergate, il cui evento attribuì al presidente Richard Nixon che esercitava l'isolamento dagli americani e la segretezza nel suo processo decisionale. Presidenza degli USA Nel 1976 ottenne la nomination democratica e nelle successive elezioni sconfisse il repubblicano Gerald Ford, subentrato a Nixon dopo che lo scandalo Watergate lo aveva costretto a dimettersi. Quando si presentò alle elezioni, Carter era nuovo sulla scena politica nazionale. Se da un lato ciò costituiva un punto di debolezza, d'altra parte l'essere sconosciuto era il suo punto di forza, data l'estraneità ai numerosi scandali che avevano scosso il Partito Democratico negli anni sessanta Sotto la presidenza Carter furono istituiti il Dipartimento dell'Energia e il Dipartimento dell'Istruzione. Carter promosse una politica energetica nazionale che includesse il controllo dei prezzi e incentivasse le nuove tecnologie. In un suo famoso discorso televisivo, del 18 aprile del 1977, Carter definì la crisi energetica degli Stati Uniti in corso in quegli anni come equivalente moralmente a una guerra, incoraggiando il risparmio energetico da parte di tutti i cittadini degli Stati Uniti, dando per primo l'esempio installando pannelli solari per il riscaldamento dell'acqua sulla Casa Bianca e indossando maglioni per compensare l'abbassamento di temperatura all'interno di essa. Nel 1978 Carter dovette far fronte all'emergenza derivata dalla situazione della discarica di Love Canal divenuto un caso nazionale con numerosi articoli che definivano il quartiere come "una bomba sanitaria a orologeria" e "una delle più gravi tragedie ambientali della storia americana". Il 2 agosto 1978 il sito della discarica fu dichiarato un'emergenza nazionale, fatto senza precedenti negli Stati Uniti, e Carter annunciò l'istituzione dello stato di emergenza federale per il sito, chiese lo stanziamento di fondi federali e ordinò alla Federal Disaster Assistance Agency di assistere la città di Niagara Falls nel bonificare il sito di Love Canal. Fu la prima volta che i fondi d'emergenza federali vennero usati in un caso che non fosse un disastro naturale. Carter fece costruire dei canali che convogliavano l'acqua inquinata nelle fogne e fece chiudere gli scantinati contaminati. Il Congresso degli Stati Uniti passò il decreto Comprehensive Environmental Response, Compensation, and Liability Act (CERCLA), detto comunemente Superfund. Il CERCLA stabilì una tassa sulle industrie chimiche e petrolifere per permettere all'autorità federale di rispondere alle emergenze ambientali. CERCLA stabilì anche una lista prioritaria dei siti nazionali che richiedevano una bonifica, Love Canal fu il primo sito a comporre la lista da cui uscirà solo nel 2004, dopo l'evacuazione dei residenti e l'abbattimento della maggior parte degli edifici, la bonifica e il contenimento della discarica. Dato che il decreto Superfund contiene una clausola di responsabilità retroattiva, la Occidental Petroleum (che aveva acquisito la Hooker Chemical) fu ritenuta responsabile per i costi di bonifica, pur non avendo infranto le leggi allora in vigore, quindi nel 1994, il giudice federale John Curtin sentenziò che la Hooker/Occidental era stata negligente, ma non si trattava di negligenza criminale, nella vendita della discarica al Niagara Falls School Board. La Occidental Petroleum fu citata dall'EPA e nel 1995 si accordò per un risarcimento di 129 milioni di dollari. Anche diverse cause civili intentate dai residenti arrivarono a un accordo economico negli anni seguenti alla scoperta della contaminazione. Carter ha riconosciuto l'esistenza di molte Love Canal in tutto il Paese, e che la scoperta di tali discariche pericolose è stato "una delle più truci scoperte della nostra era moderna". Con l'Airline Deregulation Act del 1978 Carter eliminò il controllo del governo su tariffe e percorsi del settore del trasporto aereo al fine di creare un libero mercato del settore e per permettere l'ingresso in esso di nuove compagnie aeree di aviazione commerciale, lasciando inoltre che fosse la libera concorrenza delle forze di mercato a determinare percorsi e tariffe. Nel 1979 Carter deregolamentò anche l'industria della birra americana, rendendo legale vendere malto, luppolo e lievito di birra per la prima volta dai tempi del proibizionismo degli anni venti. Questa liberalizzazione ha portato a un aumento del consumo della birra nelle case americane nel corso degli anni 1980 e 1990 e ha permesso che, entro gli anni duemila, si sviluppasse una forte cultura della birra artigianale in tutti gli Stati Uniti. Nello stesso anno l'amministrazione Carter dovette far fronte anche al pericoloso incidente nucleare di Three Mile Island. I suoi critici per non essere riuscito a ottenere l'approvazione di numerose delle sue leggi, gli rimproverano scarsa esperienza, di non avere avuto una visione chiara della politica estera, improntata astrattamente sui diritti umani e infine gli rimproverano i fortissimi dissidi all'interno della sua amministrazione. Probabilmente l'insuccesso più importante fu la rivoluzione iraniana del 1979 e la successiva cattura di 52 ostaggi statunitensi nell'ambasciata di Teheran. Il fallimento della politica estera mediorientale rimase il punto debole dell'amministrazione Carter, fallimento che causò la disapprovazione di molti americani nei suoi confronti. D'altra parte, uno degli elementi di maggiore discontinuità ed originalità rispetto alle precedenti amministrazioni, fu certamente un sincero europeismo in politica estera, che lo condusse a sostenere l'integrazione non soltanto economica, ma soprattutto politica dei paesi dell'Europa occidentale. Come segno di distensione, Carter dispose che il Dipartimento di Stato derogasse il McCarran Act che vietava l'ingresso negli USA dei comunisti. Vennero inoltre riavviate le consultazioni per il SALT II per la limitazione delle armi nucleari strategiche, che però non verrà mai ratificato. Dopo questa prima fase di "distensione" nei confronti del movimento comunista mondiale, quando l'URSS invase l'Afghanistan nel 1980 ci fu il ritorno di un clima da guerra fredda: Carter boicottò la XXII Olimpiade, che si teneva quell'anno a Mosca. Nonostante alcuni importanti successi, fra i quali la firma degli accordi di pace di Camp David fra Egitto e Israele e i Trattati Torrijos-Carter, nel 1979 la crisi degli ostaggi unita alla recessione economica attraversata dagli Stati Uniti in quegli anni minò gravemente la sua popolarità, tanto che dovette lottare aspramente per ottenere la seconda candidatura democratica, fatto alquanto raro per un presidente in carica. Dopo avere sconfitto di misura Ted Kennedy alla Convention del Partito Democratico, fu poi largamente superato dal repubblicano Ronald Reagan nelle elezioni del novembre 1980. Dopo la presidenza Dopo la sua presidenza Carter ha costituito il Carter Center, una fondazione attraverso cui ha messo a frutto il suo prestigio, partecipando attivamente a campagne per i diritti umani e per la promozione della democrazia e fungendo da mediatore in diversi conflitti. Per quest'opera nel 2002 è stato insignito del premio Nobel per la pace con la motivazione: L'azione di Carter raccoglie da sempre sia elogi sia critiche. Nel 2002, anche se non più in carica, è stato il primo presidente statunitense dai tempi dell'embargo a visitare Cuba e a incontrare Fidel Castro. Nonostante una leggera distensione, il presidente George W. Bush non volle porre fine alle sanzioni contro Cuba. Posizioni politiche recenti Ha recentemente scritto Peace, not Apartheid, un libro sul conflitto israelo-palestinese, che negli Stati Uniti ha suscitato un grande scandalo mediatico a causa delle posizioni di Carter nettamente contrarie alle politiche di Israele nei confronti del popolo palestinese, politiche da lui definite di apartheid. Ha preso posizione sul caso di Troy Davis, giustiziato il 21 settembre 2011, auspicando l'abolizione totale della pena di morte negli USA. Durante la campagna elettorale di Barack Obama del 2012 ha annunciato che avrebbe partecipato, insieme a Bill Clinton, alla Convention Democratica a favore della sua rielezione. In occasione delle elezioni presidenziali del 2016, ha sostenuto la candidata democratica Hillary Clinton. Nel maggio del 2017, ha rivelato tuttavia di aver votato per il senatore Bernie Sanders alle primarie del Partito Democratico. Messaggio delle sonde Voyager Carter fu l'uomo di Stato che registrò con la propria voce il messaggio inciso sul disco d'oro lanciato assieme alle sonde Voyager 1 per il suo viaggio fuori dal nostro sistema solare il 5 settembre 1977. Malattia Nell'agosto 2015, all'età di 90 anni, Carter ha annunciato di essere malato di cancro al cervello (melanoma con metastasi al cervello e al fegato) e di aver iniziato un trattamento di radioterapia e di doversi sottoporre a chirurgia. Successivamente, nonostante l'iniziale gravità della prognosi (sopravvivenza media di 4-5 mesi), il 6 dicembre successivo venne resa nota la sua guarigione ottenuta in seguito alla radioterapia e a una sperimentale immunoterapia. Nella famiglia dell'ex presidente tutti i parenti stretti (ossia i genitori e i tre fratelli) avevano sofferto di cancro. Il 20 gennaio 2017, all'età di 92 anni, Carter è diventato il presidente più anziano a partecipare a un insediamento presidenziale. Il 18 febbraio 2023 il presidente Carter abbandona l’ospedale dove era stato ricoverato per un nuovo peggioramento di salute, iniziando contestualmente le cure palliative. Vita privata Sposato con Rosalynn Smith dal 7 luglio 1946 - anch'ella proveniente da Plains, ha quattro figli: John William detto Jack (1947), James Earl Carter III detto Chip (1950), Jeffrey Donnel (1952) e Amy Lynn (1967). La loro famiglia comprende anche otto nipoti e due pronipoti. Premi e riconoscimenti Nel 2002 ha ricevuto il premio Nobel per la pace. Nel 2004 è stato inserito nella International Civil Rights Walk of Fame di Atlanta. Paul Harris Fellow Onorificenze Onorificenze statunitensi Onorificenze straniere Nella cultura di massa Nel 2007 il regista Jonathan Demme girò un film documentario sulla sua vita intitolato Jimmy Carter Man from Plains, presentato alla 64ª Mostra internazionale d'arte cinematografica di Venezia. Jimmy Carter appare in molti fumetti, serie televisive e cartoni animati, tra cui I Simpson, Futurama, I Griffin, King of the Hill, I Jefferson e American Dad!. Jimmy Carter viene citato nella canzone IEAIAIO del gruppo System of a Down. A Jimmy Carter è stata dedicata la canzone Peanuts del gruppo inglese The Police durante un concerto nel marzo 1979 nel Kansas, anche se il brano fu scritto in avversione a Rod Stewart. Jimmy Carter è il titolo di un brano realizzato dal gruppo alternative rock Electric Six, facente parte dell'album Senor Smoke. Nel film The Butler del 2013 il presidente Carter non è interpretato da un attore, ma la sua figura è presente attraverso filmati d'archivio. Nel film Point Break del 1991 una delle quattro maschere usate dai rapinatori rappresenta Jimmy Carter. Il politico è citato nel brano Accelerazione del cantautore Michele di Fiò, uscito nel 1979 come parte del 33 giri Cervello anche se in tale canzone è citato come Nick Carter, facendo però chiaro riferimento alle piantagioni di noccioline della sua famiglia. Nel 2012 appare nel film Argo in alcune immagini di repertorio. Note Voci correlate Accordi di Camp David Avvistamento UFO di Jimmy Carter Carter Center Dottrina Carter Elezioni presidenziali negli Stati Uniti d'America del 1976, 1980 Governatore della Georgia Guerra in Afghanistan (1979-1989) Partito Democratico (Stati Uniti d'America) Premio Nobel per la pace Presidenti degli Stati Uniti d'America Presidenza di Jimmy Carter Rosalynn Carter Altri progetti Collegamenti esterni Attivisti per i diritti umani Imprenditori statunitensi Governatori della Georgia Politici del Partito Democratico (Stati Uniti d'America) Presidenti degli Stati Uniti d'America Anticomunisti statunitensi Oppositori della pena di morte Decorati con la Medaglia presidenziale della libertà
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James Clerk Maxwell
Elaborò la prima teoria moderna dell'elettromagnetismo unificando, mediante le cosiddette equazioni di Maxwell, precedenti osservazioni, esperimenti ed equazioni di questa branca della fisica. Dimostrò che il campo elettrico e magnetico si propagano attraverso lo spazio sotto forma di onde alla velocità della luce nel vuoto (c = ). Nel suo lavoro A Dynamical Theory of the Electromagnetic Field (1865) propose che il campo elettromagnetico, così come descritto dalle sue equazioni, fosse la causa dei fenomeni elettrici, magnetici e ottici. Il suo modello unificato per l'elettromagnetismo è considerato uno dei più grandi risultati della fisica del XIX secolo: «la seconda grande unificazione della fisica», dopo quella operata da Isaac Newton. Tuttavia egli rimase legato alla teoria della propagazione della luce attraverso l'etere luminifero, un mezzo ineffabile e sfuggente ad ogni misurazione sperimentale, che avrebbe permeato tutto lo spazio vuoto. Solo con la teoria della relatività ristretta di Albert Einstein (1905) si avrà l'abbandono del concetto di etere. Maxwell diede anche un importante contributo alla teoria cinetica dei gas con la distribuzione di Maxwell-Boltzmann e alla termodinamica con le relazioni di Maxwell. Biografia Infanzia e giovinezza James Clerk Maxwell nacque il 13 giugno 1831 a Edimburgo da John Clerk Maxwell e Frances Cay. La famiglia si chiamava originariamente "Clerk"; aggiunsero il secondo cognome "Maxwell" quando ereditarono le sostanze di una famiglia Maxwell. La famiglia si trasferì, quando egli era ancora giovane, a Glenlair, nella tenuta del padre nei pressi di Corsock, nella campagna scozzese. Tutti gli indizi suggeriscono che Maxwell avesse un'instancabile curiosità fin da bambino. Sua madre Frances – rendendosi conto delle sue potenzialità – ebbe un ruolo influente nella sua educazione giovanile, ma sfortunatamente morì, probabilmente di cancro, nel 1839, quando Maxwell aveva solo otto anni. Dopo la morte della madre, il padre assunse un insegnante privato che impartisse a James le prime lezioni. Di questo giovane tutore è noto solo che i suoi metodi erano severissimi e non risparmiava punizioni corporali al ragazzo. James non reagì bene e il padre decise di mandarlo nel 1841 all'Accademia di Edimburgo. In quel luogo, Maxwell si trovò ben presto isolato per via della sua riservatezza e dei suoi modi strani, oltre che per il suo marcato accento scozzese. Fu soprannominato, dai compagni di corso, daftie, che significa «sciocco». Maxwell comprendeva la geometria già in tenera età e riscoprì, ancora bambino, alcuni poliedri regolari. Nel 1846, a 14 anni, scrisse un articolo sulle ellissi, dove generalizza la definizione di un'ellisse come il luogo dei punti dove la somma di m volte la distanza da un punto fissato più n volte la distanza da un secondo punto fissato è costante. Se m=n=1 la curva è un'ellisse. Maxwell definisce anche le curve dove ci sono più di due fuochi (On the Description of Oval Curves, and those having a plurality of Foci, 1846). Questo è l'inizio del suo primo lavoro sulla descrizione di curve ovali e quelle aventi molteplici fuochi, che verrà letto dalla Royal Society di Edimburgo il 6 aprile 1846. Queste idee non erano interamente nuove dal momento che Cartesio le aveva definite curve già prima, ma il lavoro è comunque molto notevole se si considera che Maxwell era solo un quattordicenne. Studente, ricercatore e docente universitario All'età di 16 anni lasciò l'Accademia e si iscrisse all'università di Edimburgo, dove si distinse per le sue capacità. Poco tempo dopo, senza aver ancora ottenuto la laurea, si spostò al Trinity College di Cambridge, dove conobbe William Thomson, il futuro Lord Kelvin. Divenne membro del Club degli Apostoli, il gruppo che riunisce i dodici migliori studenti del Trinity. Si laureò nel 1854. Dopo la laurea, rimase al college come insegnante fino al 1856. In questo periodo pubblicò due articoli che rivelarono le sue capacità: Sulle linee di forza di Faraday e Sull'equilibrio dei solidi elastici. Dal 1855 al 1872 pubblicò una serie di articoli connessi alla percezione del colore che gli valsero, nel 1860, la medaglia Rumford. Per queste ricerche Maxwell inventò anche molti strumenti, come il disco di Maxwell. All'inizio del 1856 il padre si ammalò e Maxwell decise di trascorrere più tempo con lui. Cercò pertanto di ottenere un posto in Scozia; si recò a Edimburgo durante le vacanze pasquali del 1856 per stare con il padre e, poi, i due andarono insieme a Glenlair. Il 3 aprile il padre morì e poco dopo Maxwell fece ritorno a Cambridge. Prima della fine di aprile gli giunse la notizia dell'assegnazione di una cattedra al Marischal College. Nel 1859 vinse il premio Adams per il saggio (Sulla stabilità degli anelli di Saturno) in cui dimostrava che la stabilità degli anelli poteva essere spiegata solo se sono formati da rocce orbitanti intorno al pianeta. Questo avvalorava la teoria secondo la quale il sistema solare si era formato da una nebulosa che aveva iniziato a ruotare su se stessa. Nel 1859 sposò Katherine Mary Deward, figlia del rettore del college, ma questo non gli impedì di perdere il posto quando il Marischal College si fuse con il King's College di Aberdeen per costituire l'Università di Aberdeen. Fece domanda per avere una cattedra ad Edimburgo, ma gli fu preferito l'amico Peter Tait. Riuscì, comunque, ad ottenere un posto al King's College di Londra, ma lo abbandonò nel 1865 per motivi ancora oggi misteriosi, ritirandosi nella sua tenuta di Glenlair, in Scozia. Nel 1871 Maxwell divenne il primo Cavendish Professor di fisica all'università di Cambridge: era incaricato di promuovere lo sviluppo del Cavendish Laboratory. Uno degli ultimi contributi di Maxwell alla scienza fu la pubblicazione degli appunti di Henry Cavendish. Trattati e manuali universitari Maxwell scrisse un manuale di termodinamica (La teoria del calore, 1871) ed un trattato elementare di meccanica (Materia e moto, 1876). Fu il primo autore a fare uso esplicito, già nel 1871, dell'analisi dimensionale. Nel giugno 1868 Maxwell «si mise a scrivere un libro di testo su elettricità e magnetismo per i candidati al Tripos. La stesura del libro lo tenne impegnato dal 1868 al 1872 e quel che alla fine ne risultò non fu esattamente un manuale universitario, bensì un monumentale trattato in cui lo scienziato scozzese aveva riversato tutto il sapere da lui appreso e prodotto in quasi vent’anni di studi e ricerche sui temi in oggetto. L’opera, non a caso intitolata "A Treatise on Electricity and Magnetism" (Trattato di elettricità e magnetismo), uscì in due volumi nel marzo del 1873 e oggi è considerata una pietra miliare nella storia della scienza, paragonabile in campo fisico ai Principia di Newton. Nessun testo precedente sull’elettricità e il magnetismo aveva anche solo lontanamente sfiorato un simile grado di completezza, che lo rendeva potenzialmente utile a una platea molto variegata di lettori, dagli studenti del Tripos agli ingegneri della nascente industria elettrotecnica.» Come sottolineava l’autore nella prefazione: Ultimi anni Maxwell e sua moglie Katherine non ebbero figli. Nell'estate del 1879 Maxwell tornò con la moglie, malata, a Glenlair, ma pure la sua stessa salute continuava a peggiorare. Fece ritorno con la moglie a Cambridge l'8 ottobre e lì morì il 5 novembre 1879, all'età di 48 anni, per un tumore addominale. Il suo medico, il dottor Paget, disse: "Nessun uomo che io abbia mai incontrato morì più calmo". Fu sepolto nella chiesa di Parton nel Galloway, in Scozia. Personalità Fin dall'infanzia la religione condizionò molti aspetti della vita di Maxwell. Entrambi i genitori erano cristiani devoti, aderenti alla Chiesa episcopale scozzese, e lo educarono secondo i principi fondamentali del loro credo. La fede di Maxwell si manifestò anche nell'approccio all'attività scientifica. Si dichiarava un lettore del libro della natura. Secondo Maxwell, tale libro si mostra agli occhi dello scienziato come ordinato e armonioso, rivelando le infinite potenza e saggezza di Dio nella sua irraggiungibile ed eterna verità. Maxwell giustificava la conoscibilità della natura ed il successo della scienza sostenendo che Dio avesse creato una corrispondenza tra la mente umana e la natura. Maxwell amava la poesia britannica e memorizzò molte ballate e poesie inglesi. Scrisse anche alcuni poemetti, il più conosciuto dei quali è probabilmente Rigid Body Sings. Si tratta della parodia della nota canzone "Comin' Through the Rye" del poeta scozzese Robert Burns, famosa per essere connessa al titolo inglese del romanzo Il giovane Holden di Salinger. Una raccolta delle sue poesie fu pubblicata dal suo amico Lewis Campbell nel 1882. Aveva un carattere ironico: nel suo epistolario si trovano lettere ad amici e colleghi firmate in "forma differenziale" con la sigla dp/dt. La funzione termodinamica dp/dt = JCM ha, infatti, come risultato le iniziali del suo nome. Al suo arrivo all'Università di Cambridge, quando gli fu detto di una funzione religiosa alle sei del mattino, Maxwell si tormentò la barba e rispose, con la sua cadenza scozzese: «Va bene, penso di poter stare sveglio fino a quell'ora». Contributi scientifici Termodinamica e teoria cinetica dei gas Le relazioni di Maxwell della termodinamica sono delle equazioni differenziali alle derivate parziali che legano tra loro le variabili di stato e sono ricavabili attraverso la trasformata di Legendre. Uno dei risultati più significativi di Maxwell fu l'elaborazione di un modello fisico-statistico per la teoria cinetica dei gas. Proposta per la prima volta da Daniel Bernoulli, questa teoria era stata successivamente sviluppata da vari scienziati tra cui John Herapath, John James Waterston, James Prescott Joule e, soprattutto, Rudolf Clausius, ma ricevette un enorme sviluppo dai contributi di Maxwell. Nel 1866 il fisico scozzese formulò – indipendentemente da Ludwig Boltzmann – la distribuzione di Maxwell-Boltzmann, una distribuzione di probabilità che può essere utilizzata per descrivere la distribuzione di velocità delle molecole in un dato volume di gas, a una certa temperatura. Questo approccio permise a Maxwell di generalizzare le leggi della termodinamica precedentemente stabilite e fornire una migliore spiegazione alle osservazioni sperimentali. Tale lavoro lo portò, in seguito, a proporre l'esperimento mentale del diavoletto di Maxwell. Dal punto di vista epistemologico, Maxwell sostenne l'atomismo matematico ovvero l'idea che, benché sia impossibile osservare gli atomi come particelle libere (non aggregate in molecole), si possa tuttavia trattarli matematicamente come entità osservabili. Elettromagnetismo Il più importante lavoro di Maxwell è certamente quello legato all'elettromagnetismo. Il fisico scozzese unificò i lavori sull'elettricità e il magnetismo di Michael Faraday, André-Marie Ampère e di molti altri in una serie di 20 equazioni differenziali scalari. Esse descrivono il campo elettrico, quello magnetico oltre alle loro interazioni con la materia e furono presentate alla Royal Society nel 1864. Il testo della conferenza, A Dynamical Theory of the Electromagnetic Field, fu pubblicato sulle "Philosophical Transactions of the Royal Society of London" nel giugno 1865. Furono riformulate entro il 1884 da Oliver Heaviside utilizzando il calcolo vettoriale, forma nella quale sono oggi conosciute come equazioni di Maxwell. Si tratta di un sistema di 4 equazioni differenziali alle derivate parziali lineari accoppiate (2 vettoriali e 2 scalari, per un totale di 8 equazioni scalari) nelle 6 variabili E, D, H, B, j, ρ: . In un dielettrico ideale (omogeneo e isotropo, perfetto ed elettricamente neutro, privo di cariche libere localizzate) si ha e . Le equazioni di Maxwell divengono in questo caso: in cui è la permittività elettrica mentre è la permeabilità magnetica. Natura elettromagnetica della luce Le equazioni di Maxwell prevedono l'esistenza di onde elettromagnetiche, ossia di oscillazioni del campo elettromagnetico, i cui campi e sono ortogonali fra loro e ortogonali alla direzione di propagazione dell'onda. Le loro ampiezze sono proporzionali, e la costante di proporzionalità è la velocità di propagazione , che dipende dalle caratteristiche del mezzo in cui l'onda si propaga. È possibile dimostrare che anche la luce è un'onda elettromagnetica e ricavare la sua velocità in un mezzo materiale o nel vuoto. Partendo dalla terza equazione di Maxwell per un dielettrico ideale, si ottiene l'equazione delle onde elettromagnetiche per il campo elettrico : . Applicando lo stesso procedimento a partire dalla quarta equazione di Maxwell, si ottiene l'equazione delle onde elettromagnetiche per il campo magnetico : Le due equazioni precedenti sono analoghe all'equazione delle onde di d'Alembert, la cui espressione generale è , dove è la velocità dell'onda. Per le onde elettromagnetiche corrisponde alla velocità della luce in un dielettrico ideale. Siccome la permittività elettrica è e la permeabilità magnetica è allora . Nel vuoto e assumono il valore minimo: e la velocità della luce nel vuoto ha quindi il massimo valore possibile: dove è la costante dielettrica del vuoto e la permeabilità magnetica del vuoto. Nel 1850 Léon Foucault aveva misurato sperimentalmente la velocità della luce nell'aria, trovando un valore di 298.000.000 m/s. Maxwell calcolò nel 1865 – sulla base dei valori numerici all'epoca disponibili per e – la velocità delle onde elettromagnetiche nel vuoto, ottenendo il risultato di 310.740.000 m/s e concludendo che Maxwell era nel giusto e la successiva scoperta sperimentale delle onde elettromagnetiche per opera di Heinrich Rudolf Hertz fu uno dei trionfi della fisica ottocentesca. Teoria dei colori Anche i contributi di Maxwell all'ottica e alla percezione del colore furono rilevanti. Maxwell scoprì che la fotografia a colori poteva essere realizzata sovrapponendo filtri rossi, verdi e blu. Nel 1861 fece fotografare da Thomas Sutton tre volte un tartan scozzese mettendo sopra l'obiettivo tre filtri di diverso colore. Le tre immagini furono poi sviluppate e proiettate su uno schermo con tre proiettori differenti. Astrofisica Nel 1857 vinse il premio Adams per il saggio On the stability of the motion of Saturn's rings (Sulla stabilità degli anelli di Saturno) in cui dimostrava che la stabilità degli anelli poteva essere spiegata solo se sono formati da rocce orbitanti intorno al pianeta. Questo avvalorava la teoria secondo la quale il sistema solare si era formato da una nebulosa che aveva iniziato a ruotare su se stessa. Scienza dei materiali A Maxwell è fatta risalire la prima formulazione del criterio di von Mises («criterio della massima energia di distorsione»), da lui proposto sulla base di considerazioni puramente matematico-formali nel 1856. Il criterio di von Mises è un criterio di resistenza relativo a materiali duttili, isotropi, con uguale resistenza a trazione e a compressione. Epistemologia Le linee guida del pensiero epistemologico di Maxwell sono identificabili in: uso dell'analogia come metodo d'indagine teorica; ricerca dell'unificazione delle leggi fisiche; rigorosa verifica delle teorie basata su risultati sperimentali; atomismo matematico ovvero l'idea che, benché sia impossibile osservare gli atomi come particelle libere (non aggregate in molecole), si possa tuttavia trattarli matematicamente come entità osservabili. Maxwell privilegiava l'analogia, da lui ritenuta una delle più valide «idee per formare la scienza» («science-forming ideas»), come metodo d'indagine teorica. Sosteneva che l'analogia è in grado di gettar luce su campi della scienza meno noti, partendo dalle leggi che governano fenomeni meglio conosciuti. Fu lo stesso Maxwell a indicare un esempio particolarmente brillante di analogia in fisica: l'articolo Sul moto uniforme del calore in corpi solidi omogenei, e sua connessione con la teoria matematica dell'elettricità scritto da lord Kelvin nel 1841, che delineava analogie tra le equazioni differenziali della conduzione termica e dell'elettrostatica. Onorificenze e riconoscimenti Onorificenze Riconoscimenti I Maxwell Montes, una catena montuosa sul pianeta Venere, sono stati battezzati in suo onore. Il James Clerk Maxwell Telescope è stato intitolato in suo onore. Pubblicazioni e traduzioni Pubblicazioni Traduzioni Maxwell James Clerk, Trattato di elettricità e magnetismo: elettrostatica ed elettrodinamica, vol I, nella collana “Classici della scienza”, Torino Utet, prima edizione 1973 Maxwell James Clerk, Trattato di elettricità e magnetismo: elettromagnetismo, vol II, nella collana “Classici della scienza”, Torino Utet, prima edizione 1983 Maxwell James Clerk, Poesie (1844-1878), nella collana "Supernovae", Archivio Dedalus edizioni, Milano, 2013. Note Bibliografia Basil Mahon, The Man Who Changed Everything: The Life of James Clerk Maxwell, John Wiley and Sons Ltd, 2003, ISBN 0-470-86088-X. Fabio Toscano, Una forza della natura. La scoperta dell'elettromagnetismo e delle sue leggi nell'Ottocento romantico, Sironi Editore, 2015, ISBN 9788851802509. Voci correlate Diavoletto di Maxwell Equazioni di Maxwell Elettrodinamica classica Elettrone Moto perpetuo Relazioni di Maxwell Termodinamica statistica Altri progetti Collegamenti esterni Membri della Royal Society Sepolti nell'abbazia di Westminster Teorici del colore Studenti dell'Università di Cambridge
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Joe Satriani
All'inizio della sua carriera, Satriani ha lavorato come insegnante di chitarra. Molti dei suoi ex allievi hanno raggiunto la fama, come ad esempio Steve Vai, Larry LaLonde, Rick Hunolt, Kirk Hammett, Andy Timmons, Charlie Hunter, Kevin Cadogan, David Bryson dei Counting Crows e Alex Skolnick. Satriani è stato reclutato da Mick Jagger come chitarra solista per il suo primo tour da solista. Nel 1994, Satriani andò in tour con i Deep Purple. Come chitarrista ha collaborato con una serie di chitarristi durante il Tour G3, che ha fondato nel 1995. I suoi collaboratori G3 hanno incluso Vai, LaLonde, Timmons, Steve Lukather, John Petrucci, Eric Johnson, Yngwie Malmsteen, Brian May, Patrick Rondat, Paul Gilbert, Adrian Legg, Steve Morse e Robert Fripp. Attualmente è il chitarrista per il supergruppo Chickenfoot. Satriani ha utilizzato le proprie chitarre signature, le Ibanez JS Series, che vengono vendute nei negozi di musica di tutto il mondo. Ha inoltre collaborato con Vox per creare i propri wah, delay, overdrive e distorsori, nonché una collaborazione con Marshall Amplification per la creazione della propria testa signature series, il JVM410HJS. Biografia I nonni paterni di Satriani erano di Piacenza e di Bobbio, mentre quelli materni di Bari; nel suo primo concerto italiano, tenuto a Trezzo sull'Adda, esordì con la frase «Buona sera a tutti, mi chiamo Giuseppe Satriani», confermando le proprie radici italiane. Dopo aver ascoltato Jimi Hendrix, all'età di 14 anni inizia a suonare la chitarra. Nel 1978 inizia a dare lezioni di chitarra per mantenersi. Carriera Il suo primo vero album (Not of This Earth) viene pubblicato solo nel 1986, per di più in un primo momento finanziato direttamente dal chitarrista. Finalmente, grazie al suo ex alunno Steve Vai, troverà un accordo per la pubblicazione con la Relativity Records. Il successo arriva con il secondo album prodotto dalla stessa casa discografica e intitolato Surfing with the Alien, eletto poi miglior album chitarristico dell'anno, per il quale l'artista riceve il disco di platino. Intorno a quegli anni ha suonato in Italia con professori di musica classica e rock come Al Di Meola e Luca Accogli. Nel 1988 Satriani viene chiamato da Mick Jagger a sostituire Jeff Beck come chitarrista per il suo primo tour senza i Rolling Stones. Dopo il tour, esperienza molto importante come dichiarerà lo stesso Satriani, realizza nello stesso anno il suo terzo album Dreaming #11 (con brani in studio e brani live) per il quale riceve il disco d'oro e l'anno successivo realizza un altro album Flying in a Blue Dream, dove in alcune tracce abbiamo anche la sua voce, seguito nel 1992 da The Extremist, a tutt'oggi il suo album più apprezzato dalla critica. Nel 1993 pubblica Time Machine (disco live più disco in studio). Verso la fine del 1993 fino agli inizi del 1995 è con i Deep Purple per sostituire Ritchie Blackmore che aveva lasciato la band a metà di un tour; inoltre nel dicembre del 1994 registrerà con loro un brano in studio Purpendicular Waltz (le registrazioni di quell'album verranno concluse dai Deep Purple nell'estate del 1995 con il loro chitarrista definitivo Steve Morse). Agli inizi del 1995 dopo aver lasciato i Deep Purple pubblica Joe Satriani, album dal suono maggiormente blues e che si distacca dai suoi precedenti lavori. Nel marzo del 1998 Joe Satriani registra il suo ottavo album Crystal Planet. Nel 2000 esce l'album Engines of Creation con nette influenze di musica elettronica. Come dirà lo stesso Satriani, «non si può non considerare la musica dei Prodigy.» Dal 1996 Satriani ha avviato il progetto G3, una serie di tour in cui con Satriani si esibiscono Steve Vai e Eric Johnson. Successivamente insieme a Satriani nel progetto G3 si alternano altri virtuosi della chitarra come Yngwie Malmsteen, John Petrucci, Robert Fripp, Paul Gilbert, Steve Morse. Il concerto prevede, di solito, una prima parte in cui ogni chitarrista propone pezzi propri, seguita da una jam in cui i tre danno libero sfogo alla propria verve improvvisando su pezzi molto famosi come Voodoo Child o Smoke On The Water. Durante la sua carriera Satriani ha anche collaborato con moltissimi altri artisti tra cui Blue Öyster Cult, Alice Cooper, Stuart Hamm, Pat Martino, Spinal Tap e Ian Gillan. Nel 2009, insieme a Chad Smith dei Red Hot Chili Peppers, Sammy Hagar e Michael Anthony dei Van Halen, fonda il supergruppo Chickenfoot, pubblicando il proprio album di debutto in Europa il 5 giugno 2009 per l'etichetta earMusic (gruppo Edel). Nell'estate del 2010 entra in studio per registrare il suo tredicesimo album, che verrà pubblicato ad ottobre dello stesso anno con il titolo Black Swans and Wormhole Wizards. Il 20 febbraio 2013 con un messaggio sul suo sito ufficiale annuncia l'uscita del quattordicesimo album, intitolato Unstoppable Momentum, anticipato il 9 aprile dal brano A Door Into Summer, uscito a maggio. Il 12 maggio 2015 annuncia il quindicesimo album in studio Shockwave Supernova, anticipato dall'omonimo singolo. Nel 2017 collabora con il musicista tedesco Marco Minnemann in alcuni brani successivamente inseriti nell'album Borrego. Vita privata Satriani si professa cattolico, anche se raramente parla della propria fede. Sposato da oltre vent'anni, mai divorziato, ha espresso nei suoi dischi la sua sensibilità per i valori della famiglia, per esempio con Home, Always with me, always with you, Rubina, You saved my life e con i vari riferimenti a sua moglie, Rubina. Stile e influenza Satriani è considerato un chitarrista tecnicamente abile, ed è stato indicato come un virtuoso della chitarra. Satriani conosce molte tecniche di chitarra elettrica, tra cui il legato, tapping a due mani e arpeggio intercettazioni, volume swells, armonici ed effetti whammy bar estremi. Durante i passaggi veloci, Satriani favorisce una tecnica legato (ottenuta principalmente attraverso hammer-on e pull-off) che produce frasi lisce e fluenti. Egli è anche abile in altre tecniche connesse alla velocità come la pennata alternata rapida e lo sweep picking. Satriani è stato influenzato da icone della chitarra blues-rock come Jimi Hendrix, Eric Clapton, Jimmy Page, Ritchie Blackmore e Jeff Beck, così come da chitarristi jazz fusion quali Allan Holdsworth. Satriani ha creato un proprio stile riconoscibile ed è un chitarrista influente. Satriani ha inoltre ricevuto 15 nomination ai Grammy e ha venduto oltre 10 milioni di album in tutto il mondo. Discografia Da solista Album in studio 1986 – Not of This Earth 1987 – Surfing with the Alien 1989 – Flying in a Blue Dream 1992 – The Extremist 1993 – Time Machine 1995 – Joe Satriani 1998 – Crystal Planet 2000 – Engines of Creation 2002 – Strange Beautiful Music 2004 – Is There Love in Space? 2006 – Super Colossal 2008 – Professor Satchafunkilus and the Musterion of Rock 2010 – Black Swans and Wormhole Wizards 2013 – Unstoppable Momentum 2015 – Shockwave Supernova 2018 – What Happens Next 2020 – Shapeshifting 2022 – The Elephants of Mars Album dal vivo 2001 – Live in San Francisco 2006 – Satriani Live! 2010 – Live in Paris: I Just Wanna Rock 2012 – Satchurated: Live in Montreal Raccolte 1993 – The Beautiful Guitar 2003 – The Electric Joe Satriani: An Anthology 2005 – One Big Rush: The Genius of Joe Satriani 2008 – Joe Satriani Original Album Classics Extended play 1984 – Joe Satriani 1988 – Dreaming #11 2000 – Additional Creations Con i G3 1996 – G3: Live in Concert – Joe Satriani, Steve Vai, Eric Johnson 2003 – G3: Rockin' in the Free World – Joe Satriani, Steve Vai, Yngwie Malmsteen 2005 – G3: Live in Tokyo – Joe Satriani, Steve Vai, John Petrucci Con i Chickenfoot 2009 – Chickenfoot 2011 – Chickenfoot III Con altri artisti 1989 – Stuart Hamm – Radio Free Albemuth (chitarra ritmica e solista) 1992 – Spinal Tap – Break like the Wind (chitarra solista in Break like the Wind) 2004 – Jordan Rudess – Rhythm of Time <small>(chitarra solista nei brani "Screaming Head e Insectsamongus)</small> 2006 – Ian Gillan – Gillan's Inn (chitarra solista in Unchain Your Brain) 2007 – Dream Theater – Systematic Chaos (voce narrante in Repentance) 2007 – John 5 – The Devil Knows My Name (chitarra solista in The Werewolf of Westeria) 2010 – Tarja – What Lies Beneath (chitarra in Falling Awake) 2018 – Metal Allegiance – Volume II: Power Drunk Majesty (chitarra solista in Power Drunk Majesty (Part II)) 2020 – Ayreon – Transitus (chitarra solista) 2021 – The Beast of Nod – Multiversal (chitarra solista in Call of the Squirrel) Filmografia 2012 – Satchurated: Live in Montreal'' Note Bibliografia Altri progetti Collegamenti esterni Chitarristi rock Membri dei Deep Purple Musicisti italoamericani
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Jerzy Neyman
Biografia La sua famiglia, di origine polacca, era stata deportata in Moldavia in seguito ai moti antizaristi del 1863. Inizialmente frequenta la scuola a Sinferopoli per poi passare nel 1906 a Charkiv. Nel 1910 comincia gli studi di matematica e fisica presso l'università di Charkiv, durante i quali si interessa dei lavori di Karl Pearson e della teoria della misura sviluppata nei lavori di Henri Léon Lebesgue. Negli anni della rivoluzione d'ottobre viene arrestato, e nel 1921 giunge in Polonia grazie ad uno scambio di prigionieri. Comincia la sua attività di statistico presso l'Istituto Nazionale per l'Agricoltura di Bydgoszcz e qui conclude nel 1923 il suo dottorato. Nel 1924 giunge con una borsa di studio all'University College di Londra diretto da Karl Pearson e dove incontra e si fa apprezzare da altri personaggi chiave per la statistica: Ronald Fisher, William Sealy Gosset, Egon Pearson. Nel 1925 segue dei corsi a Parigi, tra l'altro corsi di Lebesgue, Jacques Hadamard e Émile Borel. Torna in Polonia dove dirige fino al 1934 il dipartimento di statistica dell'Istituto Nencki di biologia sperimentale. Nel 1934 diventa professore associato nel dipartimento di statistica applicata all'University College. Nel 1938 si trasferisce all'Università di Berkeley della California, in parte per la proposta di creare un dipartimento di statistica e in parte per sfuggire alla tensione politica crescente che sarebbe culminata l'anno dopo nella seconda guerra mondiale. Crea la Bernoulli Society, sezione dellIstituto Internazionale di Statistica. Nel 1968 gli è stato assegnato il Premio Samuel S. Wilks. Contributi alla Statistica Il periodo che va dal 1928 al 1938 è quello più fecondo per la statistica. Assieme a Egon Pearson getta le basi per la teoria dei test statistici introducendo il concetto e la notazione di ipotesi nulla H0, nonché, nel 1933, il principio noto come lemma fondamentale di Neyman-Pearson riguardante la potenza dei test. Nel 1934, con un contributo davanti alla Royal Statistical Society il 19 giugno, crea la teoria moderna delle indagini campionarie, distinguendo il campionamento ragionato dal campionamento casuale basandosi anche sui risultati dei lavori di C.Gini e L.Galvani riguardanti il censimento della popolazione fatto in Italia nel 1921. Nel succitato contributo alla Royal Stat. Soc. introduce, senza sviluppare, il concetto di intervallo di confidenza, che svilupperà in dettaglio nel 1937 nell'ambito della teoria dei test. Il diverso approccio di R.A.Fisher gli procura da parte di questo ripetuti attacchi, facendo sì che i rapporti tra i due cessino (non rispondeva mai agli attacchi di Fisher, salvo nel 1961 ricordare ironicamente le nozze d'argento della disputa con Fisher). In statistica è ricordato esplicitamente con lallocazione di Neyman nell'ambito delle dimensioni ottimali dei campioni statistici in presenza di una funzione dei costi. Questa formula venne da lui descritta nel 1934, senza sapere che Aleksandr A. Čuprov l'aveva usata già nel 1920. Opere On the Use and Interpretation of certain Test Criteria for the Purposes of Statistical Inference (coautore Egon Pearson in Biometrika, 1928) On the Problem of the Most Efficient Tests of Statistical Hypotheses (coautore Egon Pearson, 1933) On the two different aspects of the representative method: the method of stratified sampling and the method of purposive selection (in Journal of the Royal Statistical Society, 1934) On the Problem of Confidence Intervals (1935) Outline of a Theory of Statistical Estimation Based on the Classical Theory of Probability (1937) Contribution to the theory of sampling human populations (in Journal of the American Statistical Association, 1938) Altri progetti Collegamenti esterni Medaglia Guy d'oro
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https://it.wikipedia.org/wiki/J.%20R.%20R.%20Tolkien
J. R. R. Tolkien
Importante studioso della lingua inglese antica, è conosciuto principalmente per essere l'autore del Il Signore degli Anelli, Lo Hobbit e Il Silmarillion. Biografia Le origini Gli antenati paterni di Tolkien erano artigiani della classe media, impegnati nella produzione e vendita di orologi a Londra e Birmingham. La famiglia di Tolkien era originariamente nativa di Kreuzburg, città prussiana nelle vicinanze di Königsberg, dove il suo antenato Michel Tolkien nacque intorno al 1620. Il figlio di Michel, Christianus Tolkien (1663–1746), fu poi un agiato mugnaio di Kreuzburg; successivamente, il figlio Christian Tolkien (1706–1791) si trasferì da Kreuzburg alla vicina Danzica, che in seguito i suoi figli Daniel Gottlieb Tolkien (1747–1813) e Johann (poi conosciuto come John) Benjamin Tolkien (1752–1819) lasciarono definitivamente alla volta di Londra negli anni 1770, dando così avvio al ramo inglese della famiglia. Oggi in Germania esistono ancora numerose famiglie aventi come cognome Tolkien (o con grafia simile): la maggior parte di esse, tuttavia, non sono direttamente imparentate con lo scrittore, bensì discendenti di famiglie che furono evacuate dalla Prussia Orientale in seguito alla Seconda guerra mondiale e alla perdita di quei territori, passati all'Unione Sovietica. Nel 1792 John Benjamin Tolkien e William Gravell rilevarono la manifattura Erdley Norton a Londra, nell'ambito della quale, riprendendo l'antico mestiere familiare, continuarono la loro produzione di orologi. Daniel Gottlieb ottenne la cittadinanza britannica nel 1794; al contrario, John Benjamin non divenne mai un cittadino britannico. In ogni caso, secondo Ryszard Derdziński, il cognome Tolkien affonda le proprie origini nel dialetto basso-prussiano e significherebbe probabilmente "figlio/discendente di Tolk"; al contrario, Tolkien stesso erroneamente ascriveva le origini del proprio cognome al vocabolo tedesco tollkühn, avente significato di «avventato». Derdziński, infatti, ha dimostrato che si tratterebbe di una falsa etimologia; non a caso, J. R. R. Tolkien - per quanto consapevole delle origini teutoniche della propria famiglia - aveva scarse conoscenze delle proprie radici a causa della prematura scomparsa del padre. Infanzia John Ronald Reuel Tolkien nacque il 3 gennaio 1892 a Bloemfontein, nello Stato Libero dell'Orange (poi annesso con il trattato di Vereeniging all'Impero britannico) da Arthur Reuel Tolkien (1857–1896), banchiere britannico, e sua moglie Mabel Suffield (1870–1904). La coppia aveva lasciato l'Inghilterra quando Arthur fu promosso a direttore della filiale di Bloemfontein della banca britannica per la quale lavorava. Tolkien aveva inoltre un fratello minore, Hilary Arthur Reuel Tolkien, nato il 17 febbraio 1894. All'età di tre anni Tolkien si recò con la madre e il fratello in Inghilterra in quella che inizialmente era stata considerata una semplice visita familiare. Durante la loro assenza, tuttavia, il padre morì in Sud Africa con un accesso di febbre reumatica prima che potesse raggiungerli nel vecchio Continente. La prematura morte del padre privò la famiglia di un importante sostegno economico: per questo motivo, le cure del giovane Tolkien vennero affidate a sua madre, che all'epoca viveva a Kings Heath, un suburbio a sud di Birmingham. Successivamente, nel 1896, Tolkien si trasferì a seguito dei nonni a Sarehole, un piccolo villaggio del Worcestershire, dove trascorse una fanciullezza spensierata all'aria aperta, immerso nell'esplorazione della natura di luoghi come Sarehole Mill, Moseley Bog o le colline di Clent, Lickey e Malvern: queste escursioni paesaggistiche lasciarono un'impronta profonda nella fantasia del giovane Tolkien, che poi le avrebbe rievocate in numerose descrizioni dei suoi futuri libri. Frattanto, Tolkien ricevette un'istruzione domiciliare dalla madre Mabel, che trasmise al figlio vaste conoscenze soprattutto in ambito botanico (il giovane Tolkien, non a caso, amava disegnare paesaggi e alberi) e linguistico, insegnandogli i rudimenti del latino sin da una giovanissima età. Tolkien aveva così sviluppato sin dall'età di quattro anni le sue capacità di lettura e, a seguire poco dopo, quelle di scrittura: a ciò contribuirono le vaste letture che aveva condotto sotto l'impulso della madre. In particolare, apprezzava molto le opere fantasy di George MacDonald e i racconti sui "pellerossa d'America", nonché Le avventure di Alice nel paese delle meraviglie (che riteneva «divertenti ma inquietanti»), mentre riteneva poco interessanti L'isola del tesoro di Robert Louis Stevenson e Il pifferaio di Hamelin. Quando Tolkien non aveva che dodici anni, morì all'età di trentaquattro anni anche la madre, stroncata da una chetoacidosi diabetica: le terapie a base di insulina, ormone con cui è possibile regolare la quantità di glucosio nel sangue, sarebbero state scoperte solo nel 1921, venti anni più tardi. Nove anni dopo la morte della madre, Tolkien avrebbe scritto: Prima della sua morte, Mabel Tolkien aveva affidato le cure dei propri figli al suo amico Francis Xavier Morgan dell'oratorio di Birmingham, che li avrebbe accuditi nel segno di un'educazione rigidamente improntata ai principi del Cattolicesimo. In una lettera del 1965 al suo figlio Michael, Tolkien così avrebbe rievocato le memorie di quello che avrebbe sempre ricordato come «Padre Francis»: Morta la madre, Tolkien avrebbe proseguito la sua formazione nella King Edward's School e poi nella St Philip's School di Birmingham. Giovinezza Fu durante la sua adolescenza che Tolkien - già attivo nello studio del latino e dell'anglosassone - ebbe il primo incontro con una lingua artificiale, l'animalico (animalic), invenzione dei suoi cugini, Mary e Marjorie Incledon. Il loro interesse nell'animalico svanì presto, però Mary e un gruppo di amici, tra cui lo stesso Tolkien, elaborarono successivamente un'altra lingua, dalla struttura più complessa, che battezzarono Nevbosh. Tolkien, che poi avrebbe codificato in maniera autonoma una sua propria lingua - il Naffarin - avrebbe poi approfondito il suo interesse su questo tema imparando l'esperanto intorno al 1909 e componendo nel 10 giugno dello stesso anno The Book of the Foxrook, un taccuino di sedici pagine con brevi racconti in esperanto e dove, tra l'altro, appare «il primo esempio di uno dei suoi alfabeti artificiali». Nel 1911, durante la permanenza alla King Edward's School, Tolkien e tre suoi amici - Rob Gilson, Geoffrey Bache Smith, e Christopher Wiseman - fondarono una società semi-segreta che battezzarono T.C.B.S., dalle iniziali di «Tea Club and Barrovian Society», alludendo alla loro passione per il tè, che consumavano spesso nei Barrow's Stores nei pressi della scuola. Una volta lasciata la King Edward's, i membri della società si mantennero in contatto, stimolando al giovane Tolkien un forte interesse per la composizione di poesie. Sempre nel 1911 Tolkien si recò in vacanza in Svizzera: fu un viaggio che rievocò vividamente in una lettera del 1968, dove osservò che il viaggio di Bilbo attraverso le Montagne Nebbiose («includendo la scivolata lungo le pietre striscianti nei boschi di pini») sarebbe una trasposizione narrativa di una serie di escursioni che effettuò tra Lauterbrunnen e Mürren. Nell'ottobre dello stesso anno, Tolkien iniziò gli studi accademici all'Exeter College di Oxford. La sua specializzazione iniziale era nei classici, ma nel 1913 la cambiò a favore della lingua e letteratura inglese, su cui si sarebbe laureato nel 1915 con lode. Tra i suoi insegnanti all'Exeter vi fu Joseph Wright, il cui Primer of the Gothic Language lasciò un'impronta fervida nella sua fantasia. Matrimonio All'età di sedici anni Tolkien si trasferì con il fratello Hilary in una pensione di Edgbaston, dove incontrò Edith Mary Bratt, una ragazza di tre anni più grande. Secondo Humphrey Carpenter, «Edith e Ronald iniziarono a frequentare assiduamente i teashops di Birmingham, in particolare uno che aveva un balcone aggettante sulla strada in basso. Lì si sedevano e gettavano zollette di zucchero sui cappelli dei passanti, spostandosi al tavolo successivo una volta svuotata la ciotola dello zucchero ... Con due persone con una personalità simile, l'amore era destinato a fiorire. Entrambi erano orfani alla ricerca di affetto, e scoprirono stando insieme che avrebbero potuto darselo a vicenda. Durante l'estate del 1909, scoprirono di essere innamorati». Padre Francis considerava «del tutto infelice» che il suo figlio surrogato si fosse legato sentimentalmente a una ragazza più grande e al contempo anche protestante; per questo motivo, gli proibì categoricamente di frequentare o persino scrivere a Edith prima che compisse ventuno anni, divieto al quale Tolkien attese scrupolosamente. Fu quindi solo la sera del suo ventunesimo compleanno, pertanto, che Tolkien poté finalmente scrivere a Edith, alla quale - confidandole che il suo amore nei suoi confronti non si era mai affievolito - chiese contestualmente di unirsi in matrimonio. Edith rispose che aveva già accettato la proposta di George Field, il fratello di uno dei suoi migliori amici, ma solo perché nutriva profondi dubbi che Tolkien potesse ancora nutrire dell'affetto per lei: una volta ricevuta la lettera, disse, tutto era cambiato. Il 8 gennaio 1913 Tolkien viaggiò fino a Cheltenham, dove viveva Edith. I due fecero una gita in campagna e fu questa l'occasione per discutere e chiarirsi, e finalmente concordare la proposta di matrimonio. Il congedo di Edith da Field fu particolarmente brusco - una volta ricevuto indietro l'anello di fidanzamento egli si dichiarò «terribilmente sconvolto» (dreadfully upset) e «insultato e arrabbiato» (insulted and angry); uno dei migliori amici nonché coinquilino di Edith, C. H. Jessop, dichiarò invece di non avere «nulla in contrario da dire su Tolkien, un gentiluomo acculturato, ma con prospettive estremamente povere, tanto da non riuscire a immaginare quando possa essere in una posizione tale da potersi sposare ... sarebbe stato differente se avesse trovato un impiego». Le relazioni di amicizia tra Edith e Jessop, tuttavia, pure si raffreddarono bruscamente quando, in seguito alle forti insistenze di Tolkien, Edith si convertì al cattolicesimo. Edith Bratt e Ronald Tolkien si fidanzarono ufficialmente a Birmingham nel gennaio 1913, e si unirono in matrimonio nella chiesa cattolica di Santa Maria Immacolata di Warwick il 22 marzo 1916. In una lettera del 1941 destinata al figlio Michael, Tolkien avrebbe poi espresso la sua ammirazione e stima per la volontà della moglie di convolare a nozze con un uomo disoccupato, con poche prospettive economiche e sociali, se non quella di essere probabilmente inviato al fronte della infuriante prima guerra mondiale, e lì perirvi. Prima guerra mondiale Nell'agosto 1914, dopo l'inizio delle ostilità fra Austria-Ungheria e Serbia, la Gran Bretagna dichiarò guerra agli Imperi centrali. I parenti di Tolkien erano sconvolti quando appresero che egli non si sarebbe arruolato volontario nelle forze armate britanniche. In una lettera del 1941 al figlio Michael, Tolkien avrebbe ricordato: «A quei tempi i ragazzi si univano o venivano pubblicamente disprezzati. Era una brutta situazione essere un giovane con troppa immaginazione e poco coraggio fisico». Al contrario, Tolkien «sopportò il pubblico ludibrio» e aderì a un programma grazie al quale ritardò l'arruolamento condizionandolo all'ottenimento del diploma, che conseguì nel luglio 1915, quando superò gli esami finali. Arruolatosi il 15 luglio 1915, gli fu assegnato il grado di sottotenente nel reggimento di fanteria dei Lancashire Fusiliers; il suo addestramento, dalla durata di undici mesi, si svolse al Rugeley Camp di Cannock Chase, nei pressi di Rugeley, nello Staffordshire. In una lettera inoltrata ad Edith, Tolkien parlava di questo periodo in termini molto negativi: «Essere gentiluomini è raro tra i miei superiori, e persino gli esseri umani sono rari». Frattanto, il 2 giugno 1916 Tolkien ricevette un telegramma che lo convocava a Folkestone per essere inviato sul fronte in Francia. I coniugi Tolkien trascorsero la notte prima della sua partenza in una stanza del Plough & Harrow Hotel di Edgbaston, a Birmingham, così da potersi salutare in un degno commiato. In seguito scrisse: «Gli ufficiali minori venivano uccisi, una dozzina al minuto. Separarsi da mia moglie allora... fu come una morte». Il 5 giugno 1916 Tolkien si imbarcò per Calais, per poi recarsi alla base della British Expeditionary Force (BEF) di Étaples. Il 6 giugno entrò a far parte dell'undicesimo battaglione (settantaquattresima brigata, venticinquesima divisione) dei Lancashire Fusiliers. In attesa di essere convocato dalla sua unità, Tolkien trascorse le sue giornate assediato dalla noia, che sublimò nella composizione poetica, scrivendo un poema intitolato Lonely isle incentrato sui sentimenti provati durante la traversata del canale della Manica; riusciva anche a comunicare con Edith, mediante un segnale in codice a punti con il quale era possibile evadere la censura postale britannica. Frattanto, Tolkien lasciò Étaples il 27 giugno 1916 e raggiunse il suo battaglione a Rubempré, nei pressi di Amiens: deteneva il comando di un reparto composto principalmente da uomini provenienti dalle città minerarie e tessili del Lancashire. Secondo John Garth, Tolkien «provava un'affinità per questi uomini della working class», ma il protocollo militare proibiva categoricamente legami di amicizia con «altri ranghi», imponendo invece di «farsi carico di loro, disciplinarli, addestrarli, censurarne le lettere». Tolkien si sarebbe poi lamentato: «Il lavoro più improprio di qualsiasi uomo... è comandare altri uomini. Non uno su un milione è adatto per questo, e meno di tutti coloro che ne cercano l'opportunità». Tolkien arrivò alla Somme agli inizi di luglio 1916: su questo fronte partecipò agli assalti alla ridotta di Schwaben e al saliente di Lipsia. La permanenza di Tolkien sul fronte occidentale fu fonte di un'atroce inquetudine per Edith, che sentiva la morte del marito come tristemente imminente. Ciò non successe, ma comunque la partecipazione di Tolkien alle offensive belliche gli procurarono un accesso di febbre delle trincee: dichiarato invalido di guerra e impossibilitato a combattere, fece ritorno in Inghilterra l'8 novembre 1916. Molti dei suoi amici sarebbero caduti in territorio francese durante la guerra: fra questi, Rob Gilson e Geoffrey Smith, entrambi antichi aderenti della Tea Club and Barrovian Society. Tolkien, debole ed emaciato, trascorse il resto della guerra quindi in Regno Unito tra ospedali e guarnigioni. Durante la degenza in un cottage a Little Haywood, nello Staffordshire, iniziò a lavorare a quello che denominò Il libro dei racconti perduti, scrivendo il primo racconto La caduta di Gondolin: con questo progetto, mai portato a termine, Tolkien intendeva dare vita a una storia mitologica del Regno Unito. Intanto, Edith diede alla luce il loro primo figlio, John Francis Reuel Tolkien, «concepito durante l'anno della fame del 1917 e la campagna degli U-Boot, quando infuriava la battaglia di Cambrai e la fine delle ostilità sembrava così lontana». In questo tempo Tolkien, ormai ristabilitosi a un livello tale da consentirgli di svolgere il servizio militare seppur con attività a domicilio, fu promosso al grado temporaneo di luogotenente il 6 gennaio 1918: il 16 luglio 1919 fu invece congedato dal servizio attivo e gli fu assegnata una pensione di inabilità. Carriera accademica Dopo il congedo dall'esercito, Tolkien si impiegò presso l'Oxford English Dictionary, dove si occupò principalmente della storia ed etimologia delle parole di origine germanica che iniziavano con la lettera W. A partire dal 1920 fu reader in lingua inglese all'università di Leeds, diventando il membro più giovane dello staff accademico di quell'ateneo. Durante la sua permanenza a Leeds, scrisse un Middle English Vocabulary e una definizione definitiva di Sir Gawain e il Cavaliere Verde in collaborazione con il filologo E. V. Gordon; entrambe le opere sarebbero rimaste standard accademici per lungo tempo. Nel 1925 ritornò ad Oxford con la qualifica di Rawlinson and Bosworth Professor of Anglo-Saxon presso il Pembroke College. Fu proprio durante i suoi anni oxoniensi - intanto si era anche stabilito al n. 20 di Northmoor Road, nel benestante quartiere di Summertown - che Tolkien iniziò a scrivere Lo Hobbit e i primi due volumi de Il signore degli anelli. Parallelamente, compose anche un saggio filologico intitolato Nodens, pubblicato nel 1932, e una traduzione di Beowulf, che completò nel 1926 ma non pubblicò; sarebbe stata data alle stampe solo nel 2014, a più di quarant'anni dalla morte dello scrittore. Nel 1945, dopo dunque la seconda guerra mondiale, Tolkien cessò la sua collaborazione con il Pembroke College e si trasferì al Merton College, dove gli fu assegnata la cattedra di lingua e letteratura inglese, di cui fu titolare al suo pensionamento, avvenuto nel 1959. I suoi impegni presso l'università di Oxford, tuttavia, non lo distolsero dalla attività letteraria: nel 1948, infatti, completò Il signore degli anelli, quasi dieci anni dopo le prime bozze. Famiglia I coniugi Tolkien ebbero quattro figli: John Francis Reuel Tolkien (17 novembre 1917 – 22 gennaio 2003), Michael Hilary Reuel Tolkien (22 ottobre 1920 – 27 febbraio 1984), Christopher John Reuel Tolkien (21 novembre 1924 – 16 gennaio 2020) e Priscilla Mary Anne Reuel Tolkien (18 giugno 1929 – 28 febbraio 2022). Ultimi anni Intanto, dopo la pubblicazione de Il signore degli anelli e Lo hobbit, si estendeva la fama letteraria e la celebrità dello scrittore, tanto da procurargli nel 1961 la candidatura da parte dell'amico C. S. Lewis per il premio Nobel per la letteratura. La popolarità raggiunta da Tolkien come scrittore di best seller fu tale da aprirgli le porte dell'alta società, che Tolkien frequentò dalla sua nuova casa nella città costiera di Bournemouth. Il 29 novembre 1971 Tolkien fu funestato dalla morte dell'amata Edith, spentasi all'età di 82 anni. Ormai privo dell'affetto della moglie, Tolkien fece ritorno a Oxford, dove il Merton College gli destinò un alloggio nei pressi della High Street. Nel 1972 fu insignito commendatore dell'Ordine dell'Impero Britannico e di un dottorato onorario in lettere da parte dell'università di Oxford. John Ronald Reuel Tolkien, infine, morì il 2 settembre 1973, stroncato da una malattia ulcerosa, all'età di 81 anni: la sua tomba giace con quella dell'amata Edith nel cimitero di Wolvercote, sempre ad Oxford. Pensiero Religione La fede cattolica di Tolkien fu strumento della conversione dell'amico C. S. Lewis dall'ateismo alla Cristianità (seppur quella della Chiesa d'Inghilterra, con grande costernazione di Tolkien). Tolkien una volta comunicò a Camilla Unwin (figlia dello scrittore Rayner Unwin) la seguente riflessione sul senso della vita: Tolkien nutriva una fervente devozione soprattutto per il sacramento dell'Eucaristia: al figlio Michael avrebbe scritto che «nel Blessed Sacrament ... troverai romanticismo, gloria, onore, fedeltà, e la vera via di tutti i tuoi amori sulla terra, e ben più che tutto questo». Per questo motivo, incoraggiava spesso i propri figli alla recezione della comunione eucaristica, scrivendo di nuovo al figlio Michael che «l'unica cura per i cedimenti e gli svenimenti della fede è la Comunione», sacramento per il quale riteneva la Chiesa Cattolica superiore a tutte le altre comunità ecclesiastiche. Nei suoi ultimi anni di vita, Tolkien fu inoltre particolarmente ostile ai cambiamenti indotti dal Concilio Vaticano II, in particolare per quanto riguardava l'abbandono del latino liturgico: malgrado l'introduzione delle lingue locali (e dunque dell'inglese) nella liturgia, Tolkien durante le celebrazioni ecclesiastiche continuò a parlare rumorosamente in lingua latina, ignorando il resto della congregazione. Razza Le opere di Tolkien sono spesso state accusate di trasporre in controluce atteggiamenti antiquati sul tema della razza, stabilendo nel proprio universo narrativo gerarchie sociali di origine razziale che legittimavano la superiorità di alcune razze rispetto ad altre, viste come prive di qualità morali e spirituali (come gli orchi), e che introducevano spesso anche una dimensione di geografia morale, con il Buono identificato con l'Ovest e il Cattivo con l'Est. Molti studiosi, tuttavia, hanno notato che Tolkien fu dichiaratamente anti-razzista sia in tempi di pace che durante i due conflitti mondiali, oltre che disgustato dalla propaganda razziale messa in essere dalla Germania nazista, e che la Terra di Mezzo è una dimensione definitivamente policulturale e polilinguistica. Natura Il conservazionismo, atteggiamento volto ad alterare il meno possibile l'equilibrio della biosfera, era un termine ancora sconosciuto dalle agende politiche del Novecento, e lo stesso Tolkien non espresse mai direttamente tesi conservazioniste, fatta eccezione per alcune lettere private, dove riportò la sua devozione per le foreste e la sua tristezza in merito agli abbattimenti illeciti e scriteriati di alberi. Vari studi e analisi letterarie hanno osservato come, durante la redazione de Il signore degli anelli, Tolkien aumentò la sua sensibilità ed interesse per il valore della natura pura e incontaminata, da proteggere dalla tossicità dei fenomeni di industrializzazione di massa. Politica Tolkien si esprime in diversi modi, ad esempio: Oppure condanna sia il comunismo che il fascismo, il capitalismo e il cosmopolitismo: Opere Influenze Le opere di Tolkien, in particolar modo Il signore degli anelli e Il Silmarillion, sintetizzano una vasta gamma di influenze, a partire dal suo interesse filologico per il linguaggio, la Cristianità, la mitologia (e Tolkien, in effetti, fu sovente salutato come moderno creatore di miti), l'archeologia, la letteratura antica e moderna, e il suo vissuto personale. La sua opera filologica era incentrata sullo studio della letteratura in lingua inglese antica, in particolar modo su Beowulf, di cui riconobbe l'influenza preponderante nella sua produzione letteraria, che attinse ampiamente anche dalle lingue e mitologie germaniche, celtiche, finlandesi e greche Gli studiosi hanno cercato più volte di identificare modelli e paradigmi letterari e topologici precisi per i personaggi, gli eventi e i luoghi descritti nelle opere di Tolkien. Indubbiamente alcuni autori hanno lasciato un'impronta profonda sulla fantasia di Tolkien, come William Morris, John Buchan e H. Rider Haggard, e parallelamente senza dubbio Tolkien ricorse a toponimi realmente esistenti, come Bag End, non solo la casa di Bilbo Baggins ma anche quella della sua zia. Tra le esperienze che invece hanno influenzato passi specifici delle sue opere, invece, sono state identificate la sua fanciullezza, trascorsa nell'idillio delle campagne di Birmingham, che gli suggerirono la fisionomia della Contea, mentre le esperienze di combattimento nelle trincee della prima guerra mondiale lo aiutarono a plasmare l'inferno di Mordor. Negli Stati Uniti e nei paesi anglosassoni la spiritualità, l'anti-materialismo e l'esaltazione del contatto con la natura hanno fatto del legendarium un'icona del movimento hippy. In Italia il recupero della dimensione epico-mitologica e la descrizione di una cultura basata su valori guerrieri di onore, coraggio e lealtà ne hanno fatto uno degli scrittori più amati dalla destra radicale di impostazione neo-pagana negli anni settanta. Diverse sono state comunque le interpretazioni, più o meno forzate, dell'opera di Tolkien, talora tendenti a contrapporne gli elementi paganeggianti al sostrato religioso cristiano, trattandosi tra l'altro di un autore profondamente cattolico. Nell'immaginario di Tolkien è stata rilevata anche la presenza di temi antroposofici veicolati dall'influsso di Owen Barfield, membro del gruppo degli Inklings, come ad esempio alcune corrispondenze con le vicende del mito di Atlantide esposto da Rudolf Steiner. Pubblicazioni Beowulf: The Monsters and the Critics Parallelamente alle sue opere fantasy Tolkien fu anche autore di opere di critica letteraria. La sua attività seminariale del 1936, poi trascritta e pubblicata, fu una pietra miliare nella critica letteraria del poema epico anglosassone Beowulf, e continua a rimanere un punto di riferimento imprescindibile nello studio della letteratura Old English. Beowulf è stata una delle influenze più significative nella narrativa tolkeniana, che ad esso attinse per numerose descrizioni sia de Lo hobbit che de Il signore degli anelli. Lo Hobbit Tolkien non si sarebbe mai aspettato che le sue storie avrebbero conosciuto un successo così smagliante - eppure un racconto intitolato Lo hobbit, scritto per il divertimento dei propri figli, giunse nel 1936 alle attenzioni di Susan Dagnall, impiegata presso la casa editrice londinese George Allen & Unwin, che convinse lo scrittore a dare le stampe la propria creazione. La popolarità raggiunta dal racconto, in cui sono narrate le vicende di un hobbit denominato Bilbo Baggins che sotto l'impulso del mago Gandalf e in compagnia di un gruppo di nani cercherà di riconquistare l'antico regno nanico di Erebor detronizzando il terribile drago Smaug, sarà tale da spingere Tolkien a scrivere un sequel alle vicende narrate: Il signore degli anelli. Il Signore degli Anelli Il Signore degli Anelli, come già accennato, fu concepito per raccontare gli eventi posteriori a quelli svoltisi ne Lo hobbit. Tolkien attese più di dieci anni alla ideazione e scrittura dei tre volumi de Il Signore degli Anelli, tempo durante il quale poté beneficiare del costante supporto degli Inklings, gruppo informale di discussione letteraria di cui faceva parte anche il suo intimo amico C. S. Lewis, l'autore delle Cronache di Narnia. Pubblicato nel 1954-1955, l'atmosfera de Il Signore degli Anelli inizialmente era intesa da Tolkien sui medesimi toni fanciulleschi di quella de Lo hobbit, per poi subire una virata più fosca ed oscura con il procedere della redazione dell'opera. La trama dei tre volumi è incentrata sulla missione della Compagnia dell'Anello, un'assemblea di nove compagni partiti per distruggere gli Anelli del Potere e scongiurare il pericolo che se ne impossessi Sauron, emissario del Male, e che con essi domini la Terra di Mezzo. Il tipo di narrativa fantasy con l'opera tolkeniana giunse così alla sua piena maturità, e parallelamente la trilogia de Il Signore degli Anelli si è imposta come una delle opere letterarie più significative del XX secolo, così come sottolineano sia le vendite che i giudizi dei lettori (un sondaggio del 1999 condotto tra gli utenti di Amazon.com lo elesse persino come «libro del millennio» così come Tolkien fu votato come il novantaduesimo greatest Briton [Britannico più grande] in una trasmissione della BBC del 2002). Il Silmarillion L'elaborazione del materiale narrativo de Il Silmarillion ebbe inizio per dare forma narrativa al repertorio mitico da cui attingono anche Lo hobbit e Il signore degli Anelli. Tolkien, in questo modo, narrò della perdita e della tentata riconquista delle tre gemme di cristallo Silmaril che danno il nome all'opera, bramate sia dagli Elfi - che ne valorizzano la luce degli Alberi di Valinor che Fëanor era riuscito a imprigionare in esse - ma anche da Melkor-Morgoth, primo Signore delle Tenebre. Questo scritto, inteso appunto originariamente come un «abbozzo della mitologia» (Sketch of the Mythology, era questo il suo nome), doveva essere rilasciato sempre nell'ambito de Il signore degli anelli - eventualità che tuttavia fu declinata dalle case editrici Allen & Unwin e Collins - e subì una vicenda pubblicativa molto travagliata, che si concluse solo quando, alla morte di Tolkien, il figlio terzogenito Christopher realizzò un'opera di trascrizione e revisione critica del materiale rimasto inedito, tra cui le suddette vicende, che vennero così date alle stampe in un volume autonomo denominato appunto Il Silmarillion. Lingue e filologia Carriera linguistica Sia la produzione letteraria che la carriera accademica di Tolkien sono inscindibili dalla sua conoscenza e devozione per la linguistica e la filologia. Accostatosi a queste discipline già durante gli studi universitari - nel 1915 si laureò con una specializzazione sulla lingua norrena - Tolkien ebbe modo di approfondirle tramite la sua collaborazione a partire dal 1918 con l'Oxford University Press, con cui lavorò alla redazione dellOxford English Dictionary (sue sono le definizioni che iniziano con la lettera W, tra cui quella relativa al vocabolo walrus [tricheco], su cui si affannò profondamente). Nel 1920, divenne come già accennato reader in lingua inglese all'università di Leeds, e in virtù di questa qualifica tenne lezioni sul verso eroico dell'antico inglese, sulla storia di tale lingua, sulla filologia dell'old e middle English, oltre che sui fondamenti della filologia germanica, gotica, antico-islandese, e gallese. Riuscì a sviluppare, anche se in maniera parziale, anche una certa conoscenza della lingua finlandese. Costruzione di linguaggi Parallelamente al lavoro professionale di Tolkien come filologo vi fu la sua passione per la costruzione di lingue artificiali. Di queste, tra quelle inventate dallo scrittore le più mature sono il quenya e il sindarin, le cui strutture linguistiche e grammaticali sono state sviluppate secondo principi di estetica ed eufonia, particolarmente cari allo scrittore, che in particolare plasmò il quenya in maniera fonestetica, intendendo dare vita a una sorta di «latino elfico» con innesti linguistici provenienti dal finlandese, dal gallese, dall'inglese e dal greco. Un'aggiunta significativa in questo universo linguistico tolkeniano fu l'Adûnaic, elaborato nel 1945, una lingua dal «sapore vagamente semitico» parlata dai Numenoreani, mitici abitanti di una terra che rielabora in chiave moderna il mito greco di Atlantide. Tolkien giudicava inseparabile il nesso tra tali lingue e le comunità (per quanto mitiche o fittizie) ad esse associate, e da ciò scaturì il suo parere piuttosto negativo sulla possibilità di una lingua ausiliaria internazionale. Malgrado il parere entusiasta sull'esperanto espresso in un congresso di esperantisti del 1930, in cui asserì che «una simile lingua darà vita a una mitologia», già nel 1956 aveva concluso amaramente che il «volapük, l'esperanto, l'ido, il novial, ecc ... sono morte, ben più morte che le lingue antiche oggi inutilizzate, proprio perché i loro autori non hanno mai inventato nessuna leggenda in esperanto». Il successo conosciuto dalle opere di Tolkien ha impresso, infine, un duraturo effetto sull'uso del linguaggio nella letteratura fantastica, e anche sui dizionari tradizionali, che oggi nelle edizioni inglese comunemente accettano le idiosincratiche ortografie di Tolkien dwarves e dwarvish (a lato di dwarfs e dwarfish), ben poco utilizzati a partire dalla metà dell'Ottocento (infatti, secondo Tolkien, se l'ortografia inglese antica fosse sopravvissuta, si sarebbe parlato di dwarrows o dwerrows). Ha anche coniato il termine eucatastrophe, anche se oggi rimane utilizzato principalmente in connessione con il proprio lavoro. Onorificenze Note Bibliografia Voci correlate Accoglienza di John Ronald Reuel Tolkien Edith Bratt E. V. Gordon Regola delle anacorete Il Silmarillion Lo Hobbit Il Signore degli Anelli Il Signore degli Anelli (serie di film) Letteratura inglese Società Tolkieniana Italiana Tolkien (famiglia) Altri progetti Collegamenti esterni - wiki di Fandom Studenti dell'Università di Oxford Britannici della prima guerra mondiale Linguisti britannici Scrittori cattolici Scrittori in lingua inglese Autori fantasy Autori di fiabe Poeti britannici del XX secolo Professori dell'Università di Oxford Decorati con l'Ordine dell'Impero Britannico Vincitori del Premio Locus
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Jolanda di Savoia (Italia)
Jolanda di Savoia (Jôlánda in dialetto locale) è un comune italiano di abitanti della provincia di Ferrara in Emilia-Romagna. Il comune si trova nella parte della pianura alluvionale compresa tra i fiumi Po e Po di Volano. Geografia fisica Territorio Il territorio del comune di Jolanda di Savoia si estende nella parte orientale della pianura padana. All'interno del territorio comunale è situato quello che, in accordo con l'Istituto Geografico Militare, è il punto altimetricamente più basso d'Italia, posto nel luogo denominato Corte delle Magoghe, in frazione Contane, a 3 metri e 44 centimetri sotto il livello del mare, mentre l'altitudine media dell'intero territorio comunale è di 1 m s.l.m. Clima Jolanda di Savoia presenta un clima continentale; la classificazione climatica è "zona E, ". Storia La storia di Jolanda abbraccia tempi piuttosto recenti; nel XIX secolo infatti, era un territorio ricoperto da acque e paludi, sotto l'amministrazione di Copparo. Fu fondata, con il nome di Le Venezie, nel 1903, in una zona paludosa bonificata da un'opera di prosciugamento iniziata nel 1882 da parte della società Bonifiche Ferraresi; assunse il nome attuale nel 1911, in onore della principessa Jolanda, primogenita del Re d'Italia Vittorio Emanuele III che in quell'anno fece visita alla cittadina. Simboli Monumenti e luoghi d'interesse Architetture religiose Chiesa di San Giuseppe sposo della Beata Vergine Maria. La chiesa fu edificata a partire dal 1904 e venne completata nel 1914. Società Evoluzione demografica Cultura Biblioteche Biblioteca Comunale Eventi Le giornate del riso, sagra dedicata alla valorizzazione del riso IGP del Delta del Po che si svolge ogni anno a fine agosto. Amministrazione Di seguito è presentata una tabella relativa alle amministrazioni che si sono succedute in questo comune. Note Bibliografia Marco Folegati, Walter Matteucci, Jolanda di Savoia. La storia di un paese, Comune di Jolanda di Savoia, 1995. Altri progetti Collegamenti esterni Comune di Jolanda di Savoia Comuni.italiani.it Jolanda di Savoia Tuttitalia.it
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Judo
Il è un'arte marziale, uno sport da combattimento e un metodo di difesa personale giapponese formalmente nato in Giappone con la fondazione del Kōdōkan da parte del professor Jigorō Kanō, nel 1882. I praticanti di tale disciplina sono denominati . Il judo è in seguito divenuto ufficialmente disciplina olimpica a e ha rappresentato ai Giochi di il terzo sport più universale con atleti da 98 diversi Paesi, mentre a hanno partecipato 387 atleti da 135 diversi Paesi. Storia Contesto storico-politico in Giappone Il contesto storico era particolare: Il 1853 aveva segnato una data importante per il Giappone: il commodoro Matthew C. Perry, della Marina Militare degli Stati Uniti d'America, entra nella baia di Tokyo con una flotta di quattro navi da guerra (le cosiddette Navi Nere) consegnando a dei rappresentanti dello shogunato Tokugawa un messaggio col quale si chiedeva l'apertura dei porti e trattati commerciali. Il Giappone, che fino a quel momento aveva vissuto in relativo isolamento dal resto del mondo (Sakoku), grazie alla Convenzione di Kanagawa, apre ufficialmente due porti alla marina mercantile americana. Dopo l'abdicazione dell'ultimo shogun Tokugawa Yoshinobu avvenuta nel 1867, il potere passava effettivamente non al Sovrano, ma al gruppo di oligarchi che avevano ispirato e attuato in concreto il Rinnovamento Meiji. La promulgazione dell'editto del 1876 col quale si proibiva il porto del Daishō decretava la scomparsa della casta dei samurai. Scrive Armando Troni: «Agli ex daimyō il governo assegnò titoli nobiliari di varia classe, a seconda della importanza delle loro famiglie e una indennità pecuniaria proporzionale alle loro antiche rendite, in buoni del tesoro. Venne infine dichiarata la eguaglianza fra le quattro classi dei samurai, contadini, artigiani e mercanti. I corpi armati dei samurai vennero sciolti [...] e si determinò una nuova divisione delle classi sociali che si distinsero infatti in: nobiltà, borghesia, e popolo. Fra le molte riforme [...] bisogna ancora ricordare l'adozione del sistema metrico decimale e del calendario gregoriano». Vi furono importanti cambiamenti culturali nella vita dei giapponesi dovuti al contatto con la mentalità occidentale. Ciò provocò l'insorgere di una corrente di pensiero, denominata 旧物破壊 kyūbutsu hakai, che ambiva al rigetto di tutto ciò che apparteneva al passato, compresa la cultura guerriera che tanto aveva condizionato la vita della nazione durante il periodo feudale. Il jū-jutsu, essendo parte integrante di questa cultura, lentamente scomparve quasi del tutto. Inoltre, le arti marziali tradizionali vennero ignorate anche a causa della diffusione delle armi da fuoco e molti dei numerosi Dojo allora esistenti furono costretti a chiudere per mancanza di allievi. Lo sviluppo a livello mondiale Il judo nei primi anni del Novecento conobbe una straordinaria diffusione in Giappone e parallelamente iniziò la sua diffusione nel resto del mondo grazie a coloro che avevano modo di entrare in contatto col Giappone, principalmente commercianti e militari, che una volta apprese le tecniche di base lo importarono poi nei loro paesi d'origine. Non meno importante fu la venuta in Europa intorno al 1915 di importanti maestri giapponesi, allievi diretti di Kano Jigoro, che diedero ulteriore impulso allo sviluppo del judo, tra cui Koizumi Gunji in Inghilterra nel 1920 e Kawaishi Mikonosuke in Francia. In Italia le prime testimonianze si riferiscono a un gruppo di militari appartenenti alla Regia Marina i quali nel 1905 tennero una dimostrazione di "lotta giapponese" davanti al Re d'Italia Vittorio Emanuele III. Gli ufficiali Moscardelli e Michele Pizzolla, in servizio a Yokohama ottennero, secondo quanto contenuto negli archivi della Marina, il 1º dan di judo già nel 1889. Bisognerà però aspettare la fine degli anni dieci perché si incominci a parlare di "judo", grazie all'opera di un altro marinaio, Carlo Oletti, che diresse i corsi di judo per l'Esercito istituiti appunto nel 1920. Fino al 1924 il judo in Italia resterà confinato nell'ambito militare, allorquando fu costituita la FILG (Federazione Italiana Lotta Giapponese), assorbita poi nel 1931 dalla FIAP (Federazione Italiana Atletica Pesante). Nascita del Brazilian Jiu-Jitsu Come appendice del Kōdōkan Jūdō, negli anni venti, il maestro Mitsuyo Maeda portò i fondamentali del ne-waza oltreoceano insegnandoli a Carlos Gracie e Luis França. Il Brazilian Jiu-Jitsu divenne poi un'arte marziale a sé stante attraverso sperimentazioni, pratica e adattamenti per opera del maestro Hélio Gracie e del fratello Carlos. Morte di Kanō e secondo dopoguerra Jigorō Kanō morì nel 1938, in un periodo in cui il Giappone, mosso da una nuova spinta imperialista, si stava avviando verso la seconda guerra mondiale. Dopo la disfatta, la nazione venne posta sotto il controllo degli USA per dieci anni e . Fu perciò proibita la pratica della disciplina e i numerosi libri e filmati sull'argomento vennero in gran parte distrutti. Il judo venne poi "riabilitato" grazie al CIO di cui Kanō Jigorō, primo membro asiatico, . Il judo olimpico e la nascita dei movimenti tradizionalisti A partire dal dopoguerra, con l'organizzazione dei primi Campionati Internazionali e Mondiali, e successivamente con la sua inclusione ai Giochi di , il judo si è sempre più avvicinato allo sport da combattimento e alle discipline di lotta occidentali, distaccandosi lentamente dalla tradizione tanto da assumere un'identità propria come pratica sportiva a sé stante. Anche le metodologie di insegnamento e di allenamento sono mutate di conseguenza e difatti si è cominciato a privilegiare la ricerca del vantaggio minimo che permette di vincere la gara, a discapito della ricerca della tecnica magistrale che sì attribuisce la vittoria immediata ma che al contempo espone l'atleta a un maggiore rischio di subire un contrattacco. Tale percorso è stato possibile utilizzando tecniche derivate dalla lotta libera che per efficacia in gara e affinità biomeccanica ben si uniscono alle tecniche tradizionali del judo pur tradendone la vocazione e la genealogia marziale. Tale risvolto, inevitabile, si è acuito con l'entrata in scena negli anni ottanta degli atleti dell'ex URSS, spesso esperti di sambo, lotta che, epurata delle tecniche di colpo, ben si presta a un confronto agonistico e all'integrazione col judo. Altro notevole impulso all'espansione del judo si è avuta nel 1988 in concomitanza dei Giochi Olimpici di dove il judo femminile entra come sport dimostrativo, e poi ancora in occasione dei Giochi di dove il judo femminile viene incluso definitivamente nel programma olimpico. In conseguenza di ciò, tuttavia, negli anni si è sviluppata la tendenza a privilegiare un tipo di insegnamento che metta in condizione l'allievo-atleta di guadagnare immediatamente punti in gara, prediligendo talora posizioni statiche assolutamente contrarie alla filosofia judoistica classica. Inoltre, una delle conseguenze di tale impianto didattico è la scarsa considerazione degli aspetti educativi e formativi della disciplina, Nel 1974 la FIAP viene assorbita dalla FILPJ, (Federazione Italiana Lotta Pesi Judo), che a sua volta, inglobando anche il karate, cambierà denominazione in FILPJK (Federazione Italiana Lotta Pesi Judo Karate) nel 1995. Nel luglio del 2000 l'Assemblea Nazionale decide di scindere la FILPJK in FIJLKAM (Federazione Italiana Judo Lotta Karate Arti Marziali) e FIPCF (Federazione Italiana Pesistica e Cultura Fisica). Ed è proprio grazie all'esempio del maestro Cesare Barioli, in disaccordo con la politica federale incentrata esclusivamente sulla promozione del judo sportivo, che dalla fine degli anni settanta, allo scopo di riaffermare il valore tradizionale del judo, si sono costituite associazioni sportive e culturali che tendono a far rivivere i principi espressi dal Fondatore, quantunque anch'esse si dedichino all'attività agonistica. Tali associazioni sono riunite all'interno di diversi enti di promozione sportiva riconosciuti dal CONI e associazioni sportive senza scopo di lucro; tra di esse le più importanti sono: AAdJ, Nihonden Judo®-ACSI, AICS, AIJ, AISE, CSEN, CSI, CUS, FIJT, UISP, ecc. In Giappone nel 2006 ha suscitato grande scalpore l'intervento del maestro Yasuhiro Yamashita, 8° dan del Kōdōkan, dal titolo "In relazione al Judo Renaissance", nel quale l'enfasi è su un maggiore e più efficace impegno da parte delle più importanti istituzioni mondiali nella promozione del judo come metodo educativo anziché soltanto come sport. Naturalmente nella sua globalità tale movimento tradizionalista non deve essere concepito come antonimia della pratica sportiva, bensì come complemento fondamentale a quest'ultima. Come scrive lo stesso Jigorō Kanō: «Anche nel periodo antico esistevano maestri che impartivano nozioni di tipo etico oltre che tecnico: si trattava di esempi illuminati ma che, tenendo fede al loro impegno di maestri, dovevano necessariamente privilegiare la tecnica. Nel judo invece gli insegnanti devono percepire la disciplina soprattutto come educazione, fisica e mentale.» Mentre invece, «per coloro che si dimostrassero particolarmente portati alla competizione è lecito interpretare sportivamente la disciplina, purché non si dimentichi che l'obiettivo finale è ben più ampio.» Caratteristiche Il termine "jūdō" è composto da due kanji: e ; ed è quindi traducibile anche come: via dell'adattabilità; esplicitando così il principio sul quale si basa il judo Il judo del prof. Kanō è l'evoluzione del Jujutsu del Tenshin Shin'yō-ryū e del Kitō-ryū. Jigorō Kanō e il jū-jutsu La storia del judo e il judo stesso sono inseparabili dal fondatore, Kanō Jigorō. Nato nel 1860 in una famiglia agiata, nel 1877, ottenuto il permesso del papà al riguardo, il quale lo incoraggiava a portare a termine ciò che iniziava pur ritenendo lo studio del combattimento corpo a corpo superato nel contesto storico dell'epoca, entrò in contatto con il suo primo maestro Hachinosuke Fukuda della Tenshin Shin'yō-ryū tramite Teinosuke Yagi anch'egli un tempo jū-jutsuka dello stesso ryū. Inoltre, come spiega Maruyama Sanzo, il nome della scuola deriva da «yo, che significa "salice" e shin che significa "spirito". La scuola dello spirito come il salice si ispira alla flessibilità dell'albero», «questa scuola studiava atemi, torae e shime, principalmente in costume di città. Non dava importanza alle proiezioni.» In effetti, numerose delle 124 tecniche della scuola in oggetto contengono movimenti di proiezione. Nel 1879, Fukuda propose al giovane Kanō di partecipare all'esibizione di jū-jutsu per il Presidente degli Stati Uniti d'America Ulysses Simpson Grant, dove i maestri Iso e Fukuda avrebbero dato una dimostrazione del kata mentre Kanō e Godai Ryusaku del randori. Il Presidente fu molto colpito dall'esibizione e confidò allo stesso Fukuda che avrebbe voluto che il jū-jutsu divenisse più popolare negli Stati Uniti. Alla morte del cinquantaduenne maestro Fukuda, nove giorni dopo la famosa esibizione, e ricevuti formalmente dalla vedova di Fukuda i , Kanō divenne il maestro del dōjō. Dopo poco Kanō si iscrisse al dōjō di Iso Masatomo, discepolo di Iso Mataemon fondatore dello stile, che fu felice di prenderlo come suo assistente. Il maestro Iso insegnava principalmente i kata e gli atemi-waza. In seguito alla morte del maestro Iso e al raggiungimento della laurea in Lettere presso l'Università Imperiale di Tokyo nel 1881, Kanō si trovò nuovamente alla ricerca di un nuovo maestro. Chiese quindi dapprima al maestro Motoyama Masaki un rispettato maestro della Kitō-ryū, ma questi non essendo più in grado di insegnare data l'età, gli suggerì di fare richiesta al maestro Iikubo Tsunetoshi, amico di Motoyama ed esperto di kata e di nage-waza. Scrive Brian Watson: «Ci sono molte differenze degne di rilievo tra lo stile Tenjin Shin'yō e lo stile Kitō. Ad esempio, il Tenshin Shin'yō possiede un maggior numero di tecniche di strangolamento e di immobilizzazione rispetto al Kitō, mentre quest'ultimo ha sempre avuto tecniche di proiezione di maggior efficacia.» Il Kōdōkan Judo Contestualmente all'incarico di docente al Gakushūin, il prof. Kanō aveva deciso che era giunto il momento di lasciare il suo alloggio studentesco e di fondare un proprio Dojo. Scrive Cesare Barioli: «Nel febbraio 1882 aveva affittato un alloggio nel tempio di Eishō, a Shitaya-kita, nel quartiere Umebori.» E Watson precisa: «In un quartiere di Tokyo conosciuto come Shitaya-kita Inarichō, trovò un tempio buddhista chiamato Eishōji che aveva a disposizione varie stanze vuote da prendere in affitto. Dopo aver visitato il tempio e contattato l'abate, un monaco di nome Asahi Shunpo, Jigorō decise di affittare tre stanze: la più piccola la tenne per sé, quella media la destinò all'accoglienza dei suoi allievi, e quella più grande la trasformò in un dōjō con un tatami costituito da dodici tappetini.» Per inciso, l'Eishōji secondo l'odierna toponomastica di Tokyo, si trova nel quartiere Higashiueno, Taitō, nelle vicinanze del Parco di Ueno, mentre l'attuale sede del Kōdōkan, costituita da ben otto piani e operativa dal 1958, è ubicata a Kasuga, Bunkyo-ku, sempre nell'area metropolitana di Tokyo. Il prof. Kanō riprese allora il termine "judo", che Terada Kan'emon, il quinto sōke della Kitō-ryū, aveva coniato quando aveva creato il proprio stile e fondato la sua scuola, la Jikishin-ryū, ma che, come lo stesso Kanō fa notare, «esisteva anche prima della Rinnovamento Meiji (un esempio ne è la scuola Chokushin-jūdō).» Lo stile venne conosciuto anche come "Kanō jūjutsu" o "Kanō jūdō", poi come "Kōdōkan jūdō" o semplicemente "jūdō". Nel primo periodo, venne anche chiamato "jū-jutsu", da cui sono derivate ambiguità persistenti soprattutto all'estero fino agli anni quaranta. A sostegno della scientificità del metodo Kanō, scrive Inoue Shun: Riguardo ai membri del primo Kōdōkan scrive ancora Watson: «Il primo allievo di Jigorō nel nuovo dōjō fu Tomita Tsunejirō, un giovane proveniente dalla penisola di Izu, nella prefettura di Shizuoka» e «il secondo allievo a essere ammesso al dōjō fu un ragazzo di nome Saigō Shirō, che in seguito sarebbe diventato uno dei migliori judoka della sua generazione. Tra gli altri allievi che si unirono alla scuola di Kanō vi furono vari colleghi universitari di Jigorō, studenti ed ex-studenti della Gakushūin, e alcuni suoi amici.» Inoltre i rapporti con il maestro Iikubo non si erano certo interrotti, anzi, Kanō accettava di buon grado le visite del sōke della Kitō-ryū sia dal punto di vista tecnico, in quanto gli allievi potevano apprendere direttamente da Iikubo i particolari del suo jū-jutsu, sia ovviamente dal punto di vista personale per la profonda stima che ognuno aveva dell'altro. Tuttavia il padrone del tempio, il signor Asahi, prete del Jōdo-shū, una delle più antich a causa dei rumori dovuti alla pratica, più volte dovette redarguire Kanō e i suoi, finché non si decise di costruire il primo vero e proprio dōjō esterno ai locali del tempio. Il judo quindi, strettamente all'arte del combattimento, venne completamente collaudato durante il periodo a cavallo tra il XIX e il XX secolo. Il riconoscimento della sua eccellenza pratica e teorica nell'ambito del senz'armi contribuì a salvare molti altri e metodi dall'oblio, nonostante il periodo storico non certamente favorevole. Già nel 1905, infatti, gran parte delle vecchie scuole di jū-jutsu si era integrata con il Kōdōkan contribuendo così allo sviluppo e alla diffusione del metodo Kanō in tutto il mondo. La filosofia del Kōdōkan judo Nel 1882 Kanō Jigorō era docente di inglese ed economia alla Gakushūin. Dotato di straordinarie capacità pedagogiche, intuì l'importanza dell'attività motoria e dell'addestramento al combattimento, se insegnati adeguatamente per lo sviluppo fisico e intellettuale dei giovani. Quindi, Kanō Jigorō eliminò dal randori tutte le azioni di attacco armato e di colpo, che potevano portare al ferimento (talvolta grave) degli allievi: tali tecniche furono ordinate solo nei kata, in modo che si potesse praticarle senza pericoli. E infatti, una delle caratteristiche fondamentali del judo è la possibilità di effettuare una tecnica senza che i praticanti si feriscano. Ciò accade grazie alla concomitanza di diversi fattori quali l'abilità di uke nel cadere, la corretta applicazione della tecnica da parte di tori, e alla presenza del tatami che assorbe la caduta di uke. Nel combattimento reale, come può essere una situazione di pericolo contro un aggressore armato o no, una tecnica eseguita correttamente potrebbe provocare gravi menomazioni o finanche essere fatale. Difatti non bisogna mai dimenticare il retaggio marziale del judo: Kanō studiò e approfondì il nage-waza del Kitō-ryū, il katame-waza e gli atemi-waza di Tenjin Shin'yō-ryū e costituì un suo personale sistema di educazione al combattimento efficace e gratificante, supportato da forti valori etici e morali mirati alla crescita individuale e alla formazione di persone di valore. Scrive Barioli: «Questa è la diversità di concezione tra il jūjutsu e il judo. Dalla tecnica e dalle esperienze del combattimento sviluppate nel periodo medievale, arrivare tutti insieme per crescere e progredire col miglior impiego dell'energia, attraverso le mutue concessioni e la comprensione reciproca.» Questa fu la vera evoluzione rispetto al jū-jutsu che si attuò anche attraverso la formulazione dei principî fondamentali che regolavano la nuova disciplina: e . Le qualità sulle quali si poggia il codice morale del fondatore e alle quali ogni judoista dovrebbe mirare durante la pratica e la vita di tutti i giorni si rifanno agli ideali del bushidō: , , , , , , . Per ottenere ciò, secondo gli insegnamenti del prof. Kanō, è necessario impiegare proficuamente le proprie risorse, il proprio tempo, il lavoro, lo studio, le amicizie, al fine di migliorare continuamente la propria vita e le relazioni con gli altri, conformando cioè la propria vita al compimento del principio del "miglior impiego dell'energia". Da ciò dunque l'alto valore educativo del judo. Il judo mira a compiere la sintesi tra le due tipiche espressioni della cultura giapponese antica e cioè Bun-bu, la penna e la spada, la virtù civile e la virtù guerriera. Il Kosen Judo Il Kōsen jūdō è una variazione del regolamento competitivo del judo Kodokan che è stato sviluppato e fiorito nei college tecnici in Giappone nella prima metà del XX secolo. Le regole del judo kosen consentono una maggiore enfasi delle tecniche di base ne-waza rispetto a quanto avviene tipicamente nel judo competitivo ed è talvolta considerato come uno stile distinto di judo. Attualmente il termine Kosen judo è spesso usato per riferirsi alle regole di concorrenza ad esso associate che consentono di estendere ne-waza. Tali regole di competizione sono ancora utilizzate nei sette concorsi di judo imperiali che si tengono annualmente tra le sette ex università imperiali. Allo stesso modo, c'è stata una rinascita di interesse nel judo kosen negli ultimi anni a causa delle sue somiglianze con il Jiu-jitsu brasiliano. Storia Kōsen è un'abbreviazione di Kōtō senmon gakkō, letteralmente 'scuola di specialità superiore', e si riferisce ai college di tecnologia in Giappone che si rivolgono agli studenti dai 15 ai 20 anni. Le scuole Kosen hanno iniziato a tenere concorsi di judo nel 1898, quattro anni dopo la loro apertura, e hanno ospitato un evento annuale e hanno ospitato un evento annuale di concorsi inter-collegiali chiamato feom Kosen Taikai 1914-1944. Le regole di una partita di judo Kosen erano principalmente quelle codificate dalla Dai Nippon Butokukai e dalla scuola Kodokan prima del 1925. Tuttavia, essi differivano nel fatto che affermavano il diritto dei concorrenti di entrare nel lavoro di base come volevano e di rimanere in esso per tutto il tempo che volevano, così come eseguire alcune tecniche che erano vietate in concorrenza regolare. Naturalmente, questo tipo di regole permise di scartare Tachi-waza e adottare uno stile più tattico di ne-waza, che fu sviluppato abbondantemente sotto l'influenza di judoka come Tsunetane Oda e Yaichihyōe Kanemitsu. Si ritiene che la popolarità di queste strategie fu il motivo per cui la Kodokan cambiò il suo regolamento competitivo, limitando i combattimenti a terra e le entrate nel 1925 e sostituendo i pareggi per le vittorie di decisione o Yusei-Gachi nel 1929. Jigoro Kano non era soddisfatto delle regole Kosen, e fu citato nel 1926 come credente che il judo Kosen contribuisse a creare judoka più abili a vincere partite sportive a costo di essere meno abili a autodifesa. Nonostante la sua postura, il movimento Kosen continuò, avendo appena cambiato le sue regole attraverso tutta la sua storia. Nel 1950, il sistema scolastico Kōtō senmon gakkō fu abolito come conseguenza delle riforme dell'istruzione, ma il regolamento Kosen fu adottato dalle università di Tokyo, Kyoto, Tohoku, Kyushu, Hokkaido, Osaka e Nagoya, collettivamente conosciute come Sette Università Imperiali. Hanno ospitato il primo concorso inter-collegiale, Nanatei Jūdō, nel 1952, dando vita ad un'altra tradizione annuale. L'Università di Tokyo ha abbandonato la lega Nanatei nel 1991 per concentrarsi sul judo regolare, ma è stato reincorporato nel 2001. La regione di Kyoto è particolarmente degna di nota sulla scena del judo Kosen, avendo scuole interamente specializzate su questo stile fino al 1940 circa. Tra le sette università, Kyoto ha il maggior numero di vittorie al campionato Nanatei, contando 22 vittorie e 3 pareggi (contro Nagoya nel 1982 e Tohoku nel 1982 e 1983) su 66 edizioni celebrate a partire dal 2017. Regolamento A differenza delle regole di concorrenza tradizionali Kodokan, le regole Kosen consentono il pull-in, consentendo ai concorrenti di passare a ne-waza trascinando il loro avversario verso il basso senza utilizzare una tecnica riconosciuta nage-waza (analoga alla guardia tirante). È anche permesso di rimanere a terra per tutto il tempo necessario, indipendentemente dall'attività dei contendenti. Il judoka può afferrare il suo avversario come vuole, anche alle gambe e ai pantaloni, e non ci sono restrizioni sulla postura difensiva. Tecniche come le manovelle del collo e i leglock erano legali (escludendo Ashi Garami, che era ancora una tecnica proibita o kinshi-waza), anche se solo fino al 1925. Infine, la vittoria può essere compiuta solo da ippon, essendo l'unica alternativa un hikiwake o tecnico pareggio a discrezione dell'arbitro. Le partite sono disputate su un tappeto di 20 20 metri in grandezza totale. Una zona di partenza 8x8 metri è stato segnato sul tappeto, nonché una zona di pericolo che si è conclusa a 16 16 16 metri. Se un judoka uscisse dalla zona di pericolo, la partita ricomincerebbe. Se fossero attivamente impegnati in Newaza l'arbitro chiamerebbe sono-mama per congelarli in posizione, trascinarli al centro dell'area di gara e chiamare Yoshi per riavviare la partita nella stessa situazione. Questo dispositivo era comune nel judo in generale ed è ancora parte delle regole ufficiali del judo, affrontate nell'articolo 18, ma da allora è caduto in disuso, permettendo al judoka moderno di fuggire da Newaza uscendo dalla zona di concorrenza. Al Nanatei Judo League, le università si affrontano in squadre di 20 judoka di qualsiasi classe di peso: 13 concorrenti ordinari, un capitano e un vice-capitano, e cinque sostituzioni in caso di infortuni o ritiri. Ogni partita è composta da un singolo round di sei minuti, cambiato in un round di otto minuti quando i contendenti sono capitani o vice-capitani. Il campionato è ospitato come un Kachi-Nuki Shiai, il che significa che ogni vincitore rimane sul tappeto per affrontare il prossimo membro della squadra rivale. Alla fine dell'evento, la vittoria viene data alla squadra con il maggior numero di partite vinte o con l'ultimo uomo sul campo. Le tecniche Secondo il metodo d'insegnamento di Kanō, il Kōdōkan judo consiste fondamentalmente nell'esercitare la tecnica di combattimento e nella ricerca teorica. Il judo offre un ricco repertorio di tecniche di combattimento, categorizzato solitamente come di seguito. Queste tecniche comprendono l'applicazione del principio ju (non soltanto nel contesto dell'elasticità passiva intesa in senso buddhista, ma anche come principio attivo del contrattacco), enucleano i principi dell'attacco-difesa propri del metodo Kanō e ne dimostrano l'efficacia sia nel combattimento reale, sia nella competizione sportiva. Tassonomia del waza Le tecniche del judo del prof. Kanō, e oggi riconosciute ufficialmente dal Kōdōkan Jūdō Institute di Tokyo, sono così suddivise: Nage-waza Tachi-waza Te-waza Koshi-waza Ashi-waza Sutemi-waza Ma-sutemi-waza Yoko-sutemi-waza Katame-waza Osae-komi-waza Shime-waza Kansetsu-waza Atemi-waza Ude-ate Yubisaki-ate Kobushi-ate Tegatana-ate Hiji-ate Ashi-ate Hiza-gashira-ate Sekitō-ate Kakato-ate Nage-waza (tecniche di proiezione) Secondo la tassonomia tradizionale delle tecniche di judo, il gruppo preponderante è quello delle .Tali tecniche sono metodi di proiezione dell'avversario atti alla neutralizzazione della carica offensiva di quest'ultimo. L'apprendimento è strutturato secondo un sistema chiamato go-kyō-no-waza che ordina 40 tecniche in 5 di 8 tecniche, in base alla difficoltà di esecuzione e alla violenza della caduta. Il totale delle nage-waza ufficialmente riconosciute dal Kōdōkan Jūdō Institute e dall'IJF è di 67 tecniche. All'interno delle nage-waza si distinguono le , ovvero le tecniche in cui tori proietta uke rimanendo in una posizione di equilibrio stabile, e le , ovvero le tecniche in cui tori proietta uke sacrificando il suo equilibrio. Le Tachi-waza a loro volta si suddividono in tre gruppi: , e . Le Sutemi-waza a loro volta si suddividono in due gruppi: e le . È tuttavia importante sottolineare che tale suddivisione biomeccanica ai fini dell'appartenenza o meno di un waza a un gruppo, considera l'uso prevalente di una parte del corpo di tori, e non l'uso esclusivo di tale parte. Alle nage-waza è dedicato il nage-no-kata. Katame-waza (tecniche di controllo) Il secondo macrogruppo è costituito dalle . Tali tecniche possono essere eseguite nel in successione a un nage-waza, ovvero a seguito di un , oppure –in rari casi– come azioni propedeutiche a una proiezione. I katame-waza si suddividono in , , e . Nel caso degli Osae-komi-waza si possono distinguere due sottogruppi anche se tale ulteriore suddivisione trascende la tassonomia tradizionale. Esistono quindi immobilizzazioni su quattro punti d'appoggio dette e le immobilizzazioni "diagonali" dette ; per quanto concerne gli Shime-waza, è anche possibile distinguere ulteriori sottoclassificazioni non ufficiali a seconda della posizione relativa di tori e uke, o alle prese di tori su uke, come nel caso dei ; mentre invece, per i Kansetsu-waza è possibile riconoscere due sottogruppi principali, il primo indicante le leve di distensione dette , e il secondo le leve di torsione degli arti dette . Ai katame-waza è dedicato il Katame no kata. Atemi-waza (tecniche di colpo) L'ultimo gruppo di tecniche è chiamato e si divide in: e . Gli ude-ate a loro volta si suddividono in: , , , e . Gli ashi-ate a loro volta si suddividono in: , , e . Lo stesso Kanō Jigorō spiega gli effetti di tali tecniche: «Un attacco sferrato con potenza contro un punto vitale può dare come risultato dolori, perdita di coscienza, menomazioni, coma o addirittura morte. Gli atemi-waza vengono praticati solamente nei kata, mai nel randori.» Ukemi È molto importante per un judoka saper cadere senza farsi male, e infatti le sono le prime nozioni che vengono insegnate ai nuovi praticanti. Esistono quattro diversi tipi di ukemi: . , applicabile in due forme: e . . , applicabile sia a destra sia a sinistra. Il judo moderno tende a interpretare la caduta come una sconfitta, ma in realtà essa è a tutti gli effetti una tecnica per consentire al corpo di scaricare senza danni l'energia cinetica accumulata durante la proiezione. Se male eseguita, possono verificarsi infortuni come lussazioni della spalla, contusioni al capo, ai piedi, ecc. Fasi dell'esecuzione del waza Kuzushi La possibilità di eseguire con successo una tecnica di proiezione è fondata sull'ottenimento di uno squilibrio dell'avversario mediante azioni di spinta o trazione, ovvero tramite azioni ben calibrate atte al raggiungimento dello . Viene definito il sistema di classificazione delle direzioni di squilibrio per il quale è possibile spostare il baricentro del corpo dell'avversario rispetto allo nelle 8 direzioni principali disposte idealmente a mo' di rosa dei venti, ossia verso l'avanti, indietro, laterale (destra e sinistra) e in diagonale (destra e sinistra). Tsukuri e kake I concetti di tsukuri e di kake sono di fondamentale importanza nell'esecuzione delle tecniche. Il primo quindi si esplicita quando si è nella corretta posizione per effettuare la tecnica impiegando meno energia possibile, seguendo il principio del , mentre invece il secondo è traducibile come la realizzazione materiale del gesto tecnico, o talvolta, anche solo come la proiezione. Il maestro Mifune Kyūzō spiega così entrambi i principî: Princìpi di esecuzione del waza Secondo la didattica classica, i principi di esecuzione del waza sono tre: . . . Sen Il principio sen è tutto ciò che riguarda l'attaccare l'avversario mediante tecniche dirette o . Sen si applica in primo luogo tramite azioni mirate a sviluppare l'azione mantenendo l'iniziativa, continuando a incalzare l'avversario con attacchi continui atti a portarlo in una posizione di squilibrio o comunque vulnerabile. Go-no-sen Il principio go-no-sen si attua con l'uso dei . Tali tecniche, applicabili prima, durante o dopo l'attacco da parte dell'avversario, sono generalmente etichettate a seconda della tipologia di contrattacco: , , . Sen-no-sen Ipotizzando che l'esecuzione del waza preveda in generale un tempo di preparazione (anche solo mentale) all'esecuzione pratica e considerando tale tempo parte dell'attacco, il principio sen-no-sen consiste nell'attaccare l'avversario quando quest'ultimo è in tale fase di preparazione. Solo l'assidua pratica nel permette di sviluppare la capacità di percezione delle azioni dell'avversario necessaria all'applicazione di tale principio. Esercizi d'allenamento . . : esercizio che consiste nell'eseguire un gran numero di ripetizioni di una singola tecnica al fine di allenare il corpo a tale movimento. : esercizio di affinamento della proiezione. : scambio di tecniche in movimento con un compagno dove questi applica un'opposizione nulla o concordata. : esercizio specifico di ruolo finalizzato all'allenamento delle strategie d'attacco (o di difesa). . . I kata I sono costituiti da esercizi di tecnica e di concentrazione di particolare difficoltà e racchiudono in sé la sorgente stessa dei principî del judo. La buona esecuzione dei kata necessita di lunghi periodi di pratica e di studi approfonditi, al fine di apprenderne il senso profondo. Scrive inoltre Barioli: «Il signor Kanō riteneva di utilizzare le "forme" per conservare la purezza del judo attraverso il tempo e le interpretazioni personali. Ma il barone Ōura, primo presidente del Butokukai, ci vedeva la possibilità (1895) di proporre una base comune alle principali scuole di jū-jutsu, per presentare al mondo la tradizione di lotta del grande Giappone.» E infatti, come lo stesso Kanō scrive nelle sue memorie, sia il kime-no-kata sia il katame-no-kata e il nage-no-kata furono formalizzati dal Kōdōkan e ratificati (con qualche modifica) dal Dai Nippon Butokukai per un utilizzo su scala nazionale, e attualmente, su scala mondiale. Il Kōdōkan Jūdō Institute riconosce come ufficiali i seguenti kata: . . . . . . . L'insieme di nage-no-kata e Katame no kata viene anche definito poiché in essi vi sono i principî e le strategie in uso nel . Non ufficialmente riconosciuto dal Kōdōkan Jūdō Institute è il: . Inoltre, non riconosciuti dal Kōdōkan Jūdō Institute in quanto creati ad hoc da maestri o ex-maestri del Kōdōkan in base alle proprie caratteristiche tecniche, sono: . . Il dōjō Il luogo dove si pratica il judo si chiama , termine usato anche nel buddhismo giapponese a indicare la camera adibita alla pratica della meditazione , e per estensione, indica un luogo ove il è requisito fondamentale. Nel Dojo, il judo viene praticato su un materassino chiamato . Il tatami in Giappone è fatto di paglia di riso, ed è la normale pavimentazione delle abitazioni in stile tradizionale. Fino agli anni settanta circa si è usato anche per la pratica del judo, ma oggi, per fini igienici ed ergonomici, si usano materiali sintetici: infatti per la regolare manutenzione del dōjō è importante che i tatami siano facili da pulire, e per consentire ai judoka di allenarsi confortevolmente, devono essere sufficientemente rigidi da potervi camminare sopra senza sprofondare e adeguatamente elastici da poter attutire la caduta. Il dōjō ha una organizzazione definita in quattro aree principali disposte indicativamente secondo i punti cardinali: Nord: , che rappresenta la saggezza, è riservato al titolare del dōjō alle spalle del quale è apposta l'immagine di Jigorō Kanō Shihan. Est: , che rappresenta la virtù, è riservato ai , agli ospiti illustri, o in generale agli . Sud: , che rappresenta l'apprendimento, è riservato ai . Ovest: , che rappresenta la rettitudine, è generalmente vuoto, ma all'occorrenza è occupato dai 6ⁱ kyū. L'ordine da rispettare è sempre quello per cui, rivolgendo lo sguardo a kamiza, i praticanti si dispongono dai gradi inferiori a quelli superiori, da sinistra verso destra. Il capofila di shimoza, usualmente il più esperto tra i mudansha, di norma è incaricato del rispetto del reihō. In particolare è incaricato di avvisare i compagni di pratica riguardo: l'assunzione del in ginocchio, del e del suo termine , del saluto al fondatore , del saluto al maestro , del saluto a tutti i praticanti , e del ritorno alla posizione eretta . Nei dōjō tradizionali, inoltre, vi è usualmente uno spazio adiacente alla parete dove sono conservate le armi per la pratica dei kata: , , , e ; e il , dove sono affissi in ordine di grado i nomi di tutti i judoka appartenenti al Dojo. Il jūdōgi I judoka vestono una divisa chiamata composta dagli di cotone bianco rinforzato soprattutto alle ginocchia e da una anch'essa bianca di cotone rinforzato, tenuti insieme da una colorata. Introdotto da Jigorō Kanō nel judo per la prima volta, l'uso del colore della cintura serve per il riconoscimento del grado e dunque presumibilmente dell'esperienza del judoka. Durante le competizioni i contendenti indossano una obi bianca o rossa, generalmente da sola oppure più raramente in aggiunta alla propria (e solo se codesta è nera), allo scopo di essere distinti chiaramente ed evitare errori nell'attribuzione dei punteggi di gara. Nelle competizioni internazionali si diversifica il colore del jūdōgi anziché quello della cintura, per rendere ancora più distinguibili i contendenti sia per l'arbitro sia per il pubblico, specialmente televisivo. Il sistema di graduazione Profilo degli illustri maestri di judo Kōdōkan 10ⁱ dan Yoshitsugu Yamashita (Giappone, 1865–1935, conosciuto anche come Yoshiaki Yamashita) promosso postumo nel 1935. Pioniere del judo negli Stati Uniti, è stato il primo judoka a essere riconosciuto jūdan. Hajime Isogai (Giappone, 1871–1947) promosso nel 1937. Hidekazu Nagaoka (Giappone, 1876–1952) promosso nel 1937. Kyūzō Mifune (Giappone, 1883–1965) promosso nel 1945. È considerato il più grande esperto di judo dopo Jigorō Kanō. Kunisaburō Iizuka (Giappone, 1875–1958) promosso nel 1946. Kaichirō Samura (Giappone, 1880–1964) promosso nel 1948. Shotarō Tabata (Giappone, 1884–1950) promosso nel 1948. Kotarō Okano (Giappone, 1885–1967) promosso nel 1967. Matsutarō Shoriki (Giappone, 1885–1969) promosso nel 1969. È conosciuto anche come il padre del baseball professionistico giapponese. Shōzō Nakano (Giappone, 1888–1977) promosso nel 1977. Tamio Kurihara (Giappone, 1896–1979) promosso nel 1979. Sumiyuki Kotani (Giappone, 1903–1991) promosso il 27 aprile 1984. Keiko Fukuda (Giappone/Stati Uniti, 1913–2013) promossa l'8 gennaio 2006. Nipote di Hachinosuke Fukuda ed espatriata negli Stati Uniti. È l'unica donna al mondo mai insignita di tale grado. Ichirō Abe (Giappone, 1922–2022) promosso l'8 gennaio 2006. È stato direttore generale della All-Japan Judo Federation. Toshirō Daigō (Giappone, 1926–2022) promosso l'8 gennaio 2006. Due volte campione degli All-Japan Judo Championship ed ex manager della nazionale giapponese di judo. È stato il direttore degli insegnanti del Kōdōkan. Il suo soprannome era "Mr. Kōdōkan". Yoshimi Ōsawa (Giappone, 1927–) promosso l'8 gennaio 2006. Grande promotore del judo femminile. Attualmente è l’unico decimo dan vivente. 9ⁱ dan Haruki Uemura (Giappone, 1951–) promosso nel 2007. Campione del Mondo a Vienna nel 1975 e campione olimpico a . È l'attuale presidente del Kōdōkan Jūdō Institute. Saburō Matsushita. Hiroyuki Hasegawa. Hiroshi Nishioka. Kiyoshi Kobayashi. Eihachirō Okamoto. Yoshizō Matsumoto. Teizō Kawamura. Fusatarō Sakamoto, allievo di Torajiro Yagi della Tenshin Shin'yō-ryū. Shiro Yamamoto 1934 (promosso nel 2013). IJF 10ⁱ dan Il Judo comprende dieci gradi, DAN, della cintura nera. Charles Palmer (Inghilterra, 1930–2001) promosso dall'IJF nel 1996. Anton Geesink (Paesi Bassi, 1934–2010) promosso dall'IJF nel 1997. George Kerr (Scozia, 1937–) promosso dall'IJF nel 2010. Franco Capelletti (Italia, 1938) promosso dall'JIF nel 2017 9ⁱ dan Ken Noritomo Otani (Giappone/Italia, 1920–2017) promosso dall'IJF il 26 marzo 2000. Franco Capelletti (Italia, 1938) promosso dall'IJF nel 2007. Shoji Sugiyama (Giappone / Italia 4 aprile 1933 - 3 marzo 2017). Promosso dall'FIJLKAM il 15.2.2017 e dal Kodokan Judo Institute, Tokyo, Japan. Allievo diretto del Maestro Minoru Mochizuki Federazioni nazionali 10ⁱ dan Mikonosuke Kawaishi (Giappone/Francia, 1899–1969) promosso dalla FFJDA il 1º gennaio 1957. Philip S. Porter (Stati Uniti, 1925–2011) promosso dalla USMA il 1º gennaio 2005. Henri Courtine (Francia, 1930–) promosso dalla FFJDA il 10 dicembre 2007. Jeremy L. Glick (Stati Uniti, 1970–2001), promosso dalla USJA il 17 settembre 2008. Jaap Nauwelaerts de Agé (Paesi Bassi, 1917–), promosso dalla JBN il 15 novembre 2008. George Lee Harris (Stati Uniti 1933–2011): promosso postumo dalla USJA il 15 gennaio 2011. Yoshihirō Uchida (Stati Uniti, 1920–) promosso dall'USA Judo il 19 luglio 2013. Franco Capelletti (Italia 1938 -) La IJF gli ha riconosciuto il 10° dan che gli è stato consegnato dal Presidente Marius Vizer nella serata di gala del 27 agosto 2017, ai Campionati Mondiali Seniores tenutisi a Budapest (HUN). Keiko Fukuda (Giappone/Stati Uniti, 1913–2013) promossa dall'USA Judo il 28 luglio 2011 e dalla USJF il 10 settembre 2011. World Judo Day Il 28 ottobre di ogni anno, in onore al giorno del compleanno di Kanō Jigorō, fondatore del judo, si celebra la Giornata mondiale del judo. Note Bibliografia Voci correlate Judo (sport) Judo paralimpico Judo ai Giochi olimpici Altri progetti Collegamenti esterni
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John Maynard Keynes
Le sue idee sono state sviluppate e formalizzate nel dopoguerra dagli economisti della scuola keynesiana; a quest'ultima viene spesso contrapposta la scuola monetarista (o scuola di Chicago), che si originò nel secondo dopoguerra dalle teorie liberiste di Milton Friedman, e la scuola austriaca (von Mises e von Hayek). I suoi contributi alla teoria economica, espressi nel saggio Teoria generale dell'occupazione, dell'interesse e della moneta, hanno dato origine infatti alla cosiddetta "rivoluzione keynesiana" che, in contrasto con la teoria economica neoclassica, ha sostenuto la necessità dell'intervento pubblico statale nell'economia con misure di politica di bilancio e monetaria, qualora un'insufficiente domanda aggregata non riesca a garantire la piena occupazione nel sistema capitalista, in particolare nella fase di crisi del ciclo economico, promuovendo dunque una forma di economia mista. Keynes era iscritto al Partito Liberale del Regno Unito e si considerava un liberale sociale, vicino alla terza via, tuttavia, per la sua opposizione al liberismo, vi è da sempre un dibattito se le sue teorie vadano inserite nel filone del liberalismo classico o in quello della socialdemocrazia, del centrismo statalista e dei liberal anglosassoni. Biografia e carriera Famiglia e studi Figlio dell'economista di Cambridge John Neville Keynes e della scrittrice attivista per i diritti civili Florence Ada Brown, John Maynard Keynes (chiamato semplicemente Maynard dai familiari, per non confonderlo con il padre, chiamato da tutti John) frequenta l'elitaria scuola di Eton, distinguendosi in ogni ambito dei suoi inusitatamente vasti interessi. Viene in seguito ammesso al King's College, presso l'Università di Cambridge, al corso di matematica; il suo interesse per la politica lo conduce però presto a passare al campo dell'economia che studia, sempre a Cambridge, sotto la guida di Alfred Marshall e Arthur Cecil Pigou. Gli anni dall'università alla conferenza di pace di Versailles In cerca di una fonte di reddito, Keynes pospone la scrittura della tesi a Cambridge e partecipa al concorso per l'ammissione al civil service, qualificandosi secondo. Paradossalmente, consegue la votazione peggiore nella sezione dell'esame dedicata all'economia; commenterà in seguito questo risultato affermando che "gli esaminatori presumibilmente ne sapevano meno di me". Keynes accetta dunque un posto presso lIndia Office, i cui impegni sono di entità tanto modesta che – affermò più tardi – il suo tempo si divide tra la lettura dei giornali e la corrispondenza privata. Nello stesso periodo lavora alla stesura della tesi per l'università. Questa non sarà accettata, con la conseguenza che la fellowship vitalizia per Cambridge che normalmente ne deriverebbe non gli è assicurata. Accetta comunque un posto di lettore, finanziato personalmente in parte da Alfred Marshall e in parte da suo padre John Neville Keynes. Da tale posizione comincia a costruire la propria reputazione di economista. Dal 1912 è direttore dellEconomic Journal, la principale rivista accademica economica dell'epoca. Secondo una serie di aneddoti riportati da Gans e Shepherd (1994), diversi economisti che avrebbero in seguito acquisito una considerevole fama si vedono rifiutare la pubblicazione, apparentemente a causa di una valutazione troppo frettolosa dei loro contributi da parte di Keynes. È presto assegnato alla Royal Commission on Indian Currency and Finance, una posizione che gli consente di mostrare il suo considerevole talento nell'applicare la teoria economica a problemi di ordine pratico. La sua provata abilità in tal senso, con particolare riferimento alle questioni riguardanti le valute e il credito, gli consente di diventare, alla vigilia della prima guerra mondiale, consigliere del Cancelliere dello Scacchiere e del Ministero del Tesoro per le questioni economiche e finanziarie. Tra le sue responsabilità rientra la definizione dei rapporti di credito tra la Gran Bretagna e i suoi alleati continentali durante la guerra, nonché l'acquisizione di valute rare. Il "polso e la maestria [di Keynes] divennero leggendari", nelle parole di Robert Lekachman; ad esempio in una circostanza Keynes riesce, con difficoltà, a mettere insieme un quantitativo di pesetas spagnole e a venderle tutte, con un effetto dirompente sul mercato: funziona, e le pesetas diventano meno scarse e costose. Questi successi gli fruttano un incarico che avrà un enorme impatto sullo sviluppo della sua vita e della sua carriera, quello di rappresentante economico del Tesoro alla Conferenza di pace di Versailles del 1919. Egli si dimise dall'incarico diplomatico per protesta contro il trattato, che riteneva troppo punitivo verso la Germania e portatore di future guerre (come accadrà): Il primo dopoguerra È in seguito a tale esperienza che pubblica Le conseguenze economiche della pace (The Economic Consequences of the Peace, 1919), nonché Per una revisione del Trattato (A Revision of the Treaty, 1922), in cui sostiene che le pesanti riparazioni imposte alla Germania dai paesi vincitori avrebbero portato alla rovina l'economia tedesca a causa degli squilibri da esse determinati. Questa previsione viene confermata durante la repubblica di Weimar: solo una piccola parte delle riparazioni viene pagata ai vincitori: il sostegno finanziario degli Stati Uniti, con i "piani" Dawes e Young permetteranno alla Germania, almeno fino al 1931, di rispettare gli obblighi imposti a Versailles, sviluppando una potenza industriale di tutto rispetto. Inoltre, l'iperinflazione del 1923 causò un forte scontento ma furono soltanto la deflazione del 1930 e la dilagante disoccupazione ad aprire la strada al nazismo. Queste due opere ebbero una grande diffusione (furono tradotte anche in tedesco) e accrebbero notevolmente la fama di Keynes di osservatore attento del dibattito economico. Nel 1920 pubblica il Treatise on Probability (Trattato sulla probabilità), contributo di notevole spessore per il sostegno filosofico e matematico alla teoria della probabilità. Fondamentale per la stesura di quest'opera è il saggio settecentesco di Charles François Bicquilley Du calcul des probabilités, incentrato sul lancio dei dadi, il gioco delle carte e la speranza matematica. Con il Trattato sulla riforma monetaria (A Tract on Monetary Reform, 1923) attacca le politiche deflazioniste britanniche degli anni venti, sostenendo l'obiettivo della stabilità dei prezzi interni e proponendo tassi di cambio flessibili. La Gran Bretagna negli anni venti fu colpita da una forte disoccupazione, il che indusse Keynes a proporre la svalutazione della moneta per favorire l'aumento dei posti di lavoro, grazie alla migliore competitività dei prodotti britannici. Sostenne persino un aumento della spesa per lavori pubblici. Fu contrario al ritorno al "gold standard", la base aurea della moneta. Ciononostante, il Cancelliere dello Scacchiere, Winston Churchill, nel 1925 decise di ripristinare il "gold standard", provocando gli effetti depressivi sull'industria britannica previsti dal grande economista. A ciò Keynes reagì con la pubblicazione del saggio polemico: "Le conseguenze economiche di Mr Churchill" ("The Economic Consequences of Mr Churchill"), e continuò a perorare la causa dell'uscita dal "gold standard" fino a che ciò non avvenne, nel 1931. Nel Trattato sulla moneta (Treatise on Money, 1930), in 2 volumi, sviluppa ulteriormente la sua teoria del ciclo del credito di stampo wickselliano. Oltre ai saggi, Keynes è molto attivo nella collaborazione a quotidiani anche statunitensi, quali il New York Times, e molti altri tra cui anche - curiosamente - con la rivista Vanity Fair, dove cura uno spazio. Fino al 1936 si occupa dell'affinamento delle sue teorie per combattere la dilagante disoccupazione nel Regno Unito, discutendo con numerosi accademici e uomini politici, spesso convincendoli della validità delle proprie idee - ma non convinse del tutto il presidente statunitense Roosevelt, con cui ebbe un incontro privato di un'ora nel 1934, altrimenti non si capirebbe il grave errore, dal punto di vista keynesiano, commesso nel 1937. Convinto che ormai la depressione fosse finita, Roosevelt decise di tagliare la spesa pubblica per tornare al pareggio di bilancio, causando quattro nuovi milioni di disoccupati. L'autorevole biografo R. Skidelsky, infatti, sostiene che le idee di Keynes vennero completamente apprezzate, negli USA, solo a partire dal 1939. Nel 1936 si dedicò anche alla stesura della "Teoria generale". Tra i suoi interlocutori vi è anche Friedrich von Hayek (con cui mantiene una corrispondenza per un ventennio), uno dei maggiori esponenti della scuola austriaca, le cui teorie vengono spesso contrapposte a quelle di Keynes nel dibattito economico del secondo dopoguerra. La Teoria generale La sua opera principale è la Teoria generale dell'occupazione, dell'interesse e della moneta (The General Theory of Employment, Interest and Money, 1936), un volume che ha un notevole impatto sulla scienza economica, e costituisce il primo nucleo della moderna macroeconomia. In esso Keynes pone le basi per la teoria basata sul concetto di domanda aggregata, spiegando le variazioni del livello complessivo delle attività economiche così come osservate durante la Grande depressione. Il reddito nazionale sarebbe dato dalla somma di consumi e investimenti; in uno stato dunque di coesistenza di diffuse sotto-occupazione e capacità produttiva inutilizzata, sarebbe dunque possibile incrementare l'occupazione e il reddito soltanto passando tramite un aumento della spesa per consumi o con investimenti. L'ammontare complessivo di risparmio sarebbe, inoltre, determinato dal reddito nazionale. È questo infatti proprio il quadro che si prospetta negli anni centrali della Grande Depressione: una "elevata disoccupazione a fronte di una capacità produttiva inutilizzata". L'interventismo statale nel sistema capitalista La sua posizione è che appunto lo Stato debba intervenire in quegli investimenti necessari affinché gli attori di mercato possano tornare ad essere efficaci per garantire la piena occupazione. Nella Teoria generale, Keynes afferma che sono giustificabili le politiche destinate a incentivare la domanda in periodi di disoccupazione, ad esempio tramite un incremento della spesa pubblica. Poiché Keynes non ha piena fiducia nella capacità del mercato lasciato a se stesso di esprimere una domanda di piena occupazione, ritiene necessario che in talune circostanze sia lo Stato a stimolare la domanda, se necessario persino "facendo scavare a degli operai dei buchi nel terreno, per poi ricoprirli di nuovo". Questa frase, spesso citata, in realtà è un po' diversa: "Se il ministero del Tesoro dovesse far riempire delle bottiglie di banconote, seppellirle in alcune miniere in disuso per ricoprirle completamente di immondizia (...), non ci sarebbe più disoccupazione e, con l'aiuto delle ripercussioni, il reddito reale della comunità e il suo stesso patrimonio aumenterebbero di un bel po'. Sarebbe certo più ragionevole far costruire delle case o cose del genere; ma se ci sono delle difficoltà politiche o di ordine pratico, quanto sopra sarebbe meglio di niente." Queste argomentazioni trovano alcune conferme nei risultati della politica del New Deal, varata negli stessi anni dal presidente Roosevelt negli Stati Uniti d'America in seguito alla grande depressione, salvo l'errore commesso nel 1937, riferito in precedenza. La teoria macroeconomica, con alcuni perfezionamenti negli anni successivi, giunge ad una serie di risultati di rilievo nelle politiche economiche attuali. Keynes, libero scambio e protezionismo Il punto di svolta della Grande Depressione All'inizio della sua carriera, Keynes era un economista marshallese profondamente convinto dei benefici del libero scambio. A partire dalla crisi del 1929, constatando l'impegno delle autorità britanniche a difendere la parità aurea della sterlina e la rigidità dei salari nominali, aderì gradualmente a misure protezionistiche . Il 5 novembre 1929, ascoltato dal Comitato MacMillan per portare l'economia britannica fuori dalla crisi, Keynes indicò che l'introduzione di tariffe sulle importazioni avrebbe aiutato a riequilibrare la bilancia commerciale. Il rapporto della commissione afferma, in una sezione intitolata "controllo delle importazioni e aiuti alle esportazioni", che in un'economia dove non c'è piena occupazione, l'introduzione di tariffe può migliorare la produzione e l'occupazione. Così, la riduzione del deficit commerciale favorisce la crescita del paese. Nel gennaio 1930, nel l'Economic Advisory Council, Keynes propose l'introduzione di un sistema di protezione per ridurre le importazioni. Nell'autunno del 1930, propose una tariffa uniforme del 10% su tutte le importazioni e sussidi dello stesso tasso per tutte le esportazioni. Nel Trattato sulla moneta, pubblicato nell'autunno del 1930, riprese l'idea di tariffe o altre restrizioni commerciali con l'obiettivo di ridurre il volume delle importazioni e riequilibrare la bilancia commerciale. Il 7 marzo 1931, nel New Statesman e Nation, scrisse un articolo intitolato Proposta per un'entrata tariffaria. Egli sottolinea che la riduzione dei salari porta a una diminuzione della domanda nazionale che limita i mercati. Egli propone invece l'idea di una politica espansiva associata a un sistema tariffario per neutralizzare gli effetti sulla bilancia commerciale. L'applicazione delle tariffe doganali gli sembrava "inevitabile, chiunque sia il Cancelliere dello Scacchiere". Così, per Keynes, una politica di recupero economico è pienamente efficace solo se il deficit commerciale è eliminato. Propose una tassa del 15% sui prodotti manifatturieri e semilavorati e del 5% su alcuni prodotti alimentari e materie prime, con altre necessarie per le esportazioni esentate (lana, cotone). Nel 1932, in un articolo intitolato The Pro- and Anti-Tariffs, pubblicato su The Listener, prevedeva la protezione degli agricoltori e di alcuni settori come l'industria automobilistica e siderurgica, considerandoli indispensabili alla Gran Bretagna. La critica della teoria dei vantaggi comparati Nella situazione post-crisi del 1929, Keynes considerò irrealistici i presupposti del modello di libero scambio. Egli critica, per esempio, l'assunzione neoclassica dell'aggiustamento dei salari. Già nel 1930, in una nota al Economic Advisory Council, dubitava dell'intensità del guadagno dalla specializzazione nel caso dei manufatti. Mentre partecipava al Comitato MacMillan, ammise di non "credere più in un grado molto alto di specializzazione nazionale" e rifiutò di "abbandonare qualsiasi industria che non è in grado, per il momento, di sopravvivere". Criticò anche la dimensione statica della teoria del vantaggio comparato che, secondo lui, fissando definitivamente i vantaggi comparati, porta in pratica ad uno spreco di risorse nazionali. Nel Daily Mail del 13 marzo 1931, ha definito l'ipotesi di una perfetta mobilità settoriale del lavoro "un'assurdità", poiché afferma che una persona messa fuori dal lavoro contribuisce ad una riduzione del tasso di salario finché non trova un lavoro. Ma per Keynes, questo cambio di lavoro può comportare dei costi (ricerca di lavoro, formazione) e non è sempre possibile. In generale, per Keynes, i presupposti della piena occupazione e del ritorno automatico all'equilibrio screditano la teoria dei vantaggi comparati. Nel luglio 1933, pubblicò un articolo sul New Statesman e Nation intitolato National Self-Sufficiency, criticando l'argomento della specializzazione delle economie, che è alla base del libero scambio. Propone quindi la ricerca di un certo grado di autosufficienza. Invece della specializzazione delle economie sostenuta dalla teoria ricardiana del vantaggio comparato, preferisce il mantenimento di una diversità di attività per le nazioni. In esso confuta il principio del commercio di pace. La sua visione del commercio è diventata quella di un sistema in cui i capitalisti stranieri competono per la conquista di nuovi mercati. Difende l'idea di produrre sul suolo nazionale quando possibile e ragionevole, ed esprime simpatia per i sostenitori del protezionismo. Egli nota in National Self-Sufficiency: Scrive anche in National Self-Sufficiency: Più tardi, Keynes ebbe una corrispondenza scritta con James Meade che si concentrava sulla questione delle restrizioni alle importazioni. Keynes e Meade hanno discusso la scelta migliore tra quote e tariffe. Nel marzo 1944 Keynes entrò in una discussione con Marcus Fleming dopo che quest'ultimo aveva scritto un articolo intitolato "Quote contro svalutazione". In questa occasione, vediamo che ha definitivamente preso una posizione protezionista dopo la Grande Depressione. In effetti, riteneva che le quote potessero essere più efficaci del deprezzamento della moneta per affrontare gli squilibri esterni. Così, per Keynes, il deprezzamento della moneta non era più sufficiente e le misure protezionistiche divennero necessarie per evitare i deficit commerciali. Per evitare il ritorno delle crisi dovute a un sistema economico autoregolato, gli sembrava essenziale regolare il commercio e fermare il libero scambio (deregolamentazione del commercio estero). Egli sottolinea che i paesi che importano più di quanto esportano indeboliscono le loro economie. Quando il deficit commerciale aumenta, la disoccupazione aumenta e il PIL rallenta. E i paesi con un surplus hanno una "esternalità negativa" sui loro partner commerciali. Si arricchiscono a spese degli altri e distruggono la produzione dei loro partner commerciali. John Maynard Keynes credeva che i prodotti dei paesi in surplus dovessero essere tassati per evitare squilibri commerciali. Così non crede più nella teoria del vantaggio comparato. (su cui si basa il libero scambio) che afferma che il deficit commerciale non ha importanza, poiché il commercio è reciprocamente vantaggioso. Questo spiega anche la sua volontà di sostituire la liberalizzazione del commercio internazionale (libero commercio) con un sistema di regolamentazione volto ad eliminare gli squilibri commerciali in queste proposte per gli accordi di Bretton Woods. Gli anni quaranta e la seconda guerra mondiale Nel 1942 Keynes, ormai celebre, ottiene il titolo di baronetto, diventando il primo barone Keynes di Tilton. Durante la seconda guerra mondiale, Keynes sostiene con Come pagare la guerra: un piano radicale per il Cancelliere dello Scacchiere (How to Pay for the War: A Radical Plan for the Chancellor of the Exchequer), che lo sforzo bellico dovrebbe essere finanziato con un maggiore livello di imposizione fiscale, piuttosto che con un bilancio negativo, per evitare spinte inflazioniste. Con l'approssimarsi della vittoria alleata, Keynes è nel 1944 alla guida della delegazione del Regno Unito a Bretton Woods, negoziando l'accordo finanziario tra la Gran Bretagna e gli Stati Uniti d'America, nonché a capo della commissione per l'istituzione della Banca Mondiale. Non riesce tuttavia a raggiungere i suoi obiettivi. Keynes sa che il sistema di cambi fissi stabilito dagli accordi può essere mantenuto nel tempo, in presenza di economie molto diverse quanto a tassi di crescita, inflazione e saldi finanziari, solo a patto di costringere gli USA, destinati ad avere una bilancia commerciale e finanziaria positiva, a finanziare i paesi con saldi finanziari negativi. Ma incontra l'opposizione statunitense verso la predisposizione di fondi, che Keynes avrebbe voluto essere assai ingenti, destinati a tale scopo. I fondi vengono predisposti ma sono, per volere americano e grazie all'azione del negoziatore statunitense Harry Dexter White, di dimensioni contenute. Risulteranno insufficienti a finanziare i saldi finanziari negativi dei paesi più deboli e a fronteggiare la speculazione sui cambi che, nel corso del tempo, e in particolare dopo che la crisi petrolifera degli anni settanta avrà riempito di dollari le casse dei paesi produttori di petrolio, diventa sempre più aggressiva. Il sistema di Bretton Woods resisterà fino alla prima metà degli anni settanta, quando le pressioni sulle diverse monete causeranno la fine dei cambi fissi ed il passaggio ad un regime di cambi flessibili, ad opera del presidente degli Stati Uniti d'America Richard Nixon. Tra le altre opere di Keynes, meritano di essere ricordate le raccolte Essays in Byography e Essays in Persuasion; nella prima, Keynes presenta ritratti di economisti e notabili; la seconda raccoglie alcune delle argomentazioni di Keynes volte a influenzare lestablishment politico ed economico negli anni della Grande depressione. Supporto all'eugenetica Keynes, come molti altri studiosi e intellettuali dell'epoca, fu un fervido sostenitore delle teorie eugenetiche (da non confondere con l'eugenetica nazista, che è una derivazione particolare); fu direttore della British Eugenics Society dal 1937 al 1944. Non più tardi del 1946, prima della sua morte, Keynes dichiarò che l'eugenetica sarebbe stata «la più importante, significativa e, vorrei aggiungere, originale branca della sociologia che esista». Vita privata e ultimi anni Keynes era molto alto per gli standard dell'epoca (circa ). Egli era bisessuale, e nella prima metà della sua vita ebbe diverse esperienze omosessuali: una delle prime fu con uno dei fondatori della psicoanalisi britannica, John Strachey, traduttore di Sigmund Freud. Ebbe in seguito un'importante relazione con il pittore Duncan Grant del Bloomsbury group, di cui lo stesso Keynes era membro, tra il 1908 e il 1911; Keynes avrebbe continuato ad assistere finanziariamente Grant per il resto della sua vita. Nel 1918, Keynes fece la conoscenza della nota ballerina russa Lidija Lopuchova; a dispetto del passato omosessuale di lui, i due convoleranno a nozze; sarà, secondo i principali testimoni, un matrimonio felice. Keynes fu inoltre un investitore di successo e riuscì a mettere insieme un ingente patrimonio, pari a circa 16,5 milioni di dollari del 2009, sebbene all'epoca del crollo di Wall Street avesse rischiato la rovina. Amava inoltre collezionare libri, e nel corso della sua vita collezionò e custodì numerosi lavori di Isaac Newton, tra cui numerosi manoscritti di alchimia che gli fecero coniare per lo scienziato inglese la definizione di "ultimo dei maghi". Keynes fu inoltre un collezionista d'arte (comprò dipinti di Paul Cézanne, Edgar Degas, Amedeo Modigliani, Pablo Picasso e altri) filantropo e membro del Partito Liberale del Regno Unito. Era grande amico di Arthur Pigou, suo docente universitario e noto economista dell'epoca, nonché suo antagonista in campo economico, in quanto autorevole esponente della scuola "neoclassica". Sebbene i due avessero visioni diverse, la loro amicizia non fu mai a rischio. Anzi, lo stesso Pigou finanziò Keynes durante la stesura della Teoria generale. Morì di infarto all'età di 62 anni, probabilmente a causa delle tensioni accumulate lavorando nell'ambito delle istituzioni finanziarie internazionali nel secondo dopoguerra. Dopo il funerale di Stato anglicano (benché fosse agnostico) all'abbazia di Westminster, il suo corpo venne cremato e le ceneri sparse nella campagna di Tilton, la sua tenuta e residenza di campagna nei pressi di Firle. Gli sopravvissero entrambi i genitori (morti rispettivamente nel 1949 e nel 1958). Suo fratello sir Geoffrey Keynes (1887-1982) fu un noto chirurgo, studioso e, come il fratello, bibliofilo. I suoi nipoti furono Richard Keynes (1919-2010), fisiologo, e Quentin Keynes (1921-2003), avventuriero e anch'egli bibliofilo come il padre e lo zio. Keynes investitore I brillanti risultati di Keynes come investitore sono testimoniati dai dati, disponibili pubblicamente, su un fondo che amministrò personalmente per conto del King's College a Cambridge. Tra il 1928 e il tumore , nonostante una caduta rovinosa durante la Crisi del 1929, il fondo amministrato da Keynes genera un rendimento medio del 13,2% annuo, contro il magro risultato del mercato britannico in generale, che negli stessi anni mostra un declino medio dello 0,5% annuo. L'approccio generalmente adottato da Keynes nei suoi investimenti è stato riassunto brevemente come segue: Selezione di un numero ridotto di investimenti, con attenzione alla loro economicità in relazione al valore intrinseco effettivo probabile e potenziale, per un periodo di anni in futuro, e in rapporto a possibili investimenti alternativi; Mantenimento delle posizioni assunte nel tempo, anche per anni, finché esse non hanno mantenuto le loro promesse, o finché non è evidente che l'acquisto è stato un errore; Una posizione di investimento bilanciata: assumere, ossia, una varietà di rischi, nonostante le singole posizioni possano anche essere rilevanti, e possibilmente rischi contrapposti (ad esempio, detenere una posizione nell'oro e nelle azioni, dal momento che i corsi delle due attività possono tendere a muoversi in direzioni opposte, compensandosi, in caso di fluttuazioni del mercato). Keynes sostiene che "È un errore pensare di limitare il rischio spalmandolo su diverse attività, delle quali si conosce poco, e nelle quali non si ha motivo di riporre alcuna fiducia... La conoscenza e l'esperienza personali sono limitate, e raramente ci sono più di due o tre imprese, in ogni istante di tempo, cui darei piena fiducia". Secondo alcuni, il parere di Keynes sulla speculazione sarebbe che egli la ritenesse immorale: Rivedendo le bozze di un importante contributo sugli investimenti azionari, Keynes ebbe a commentare che "le compagnie industriali ben gestite, di regola, non distribuiscono per intero agli azionisti i propri profitti. Negli anni migliori, se non tutti gli anni, trattengono una parte di tali profitti e la reinvestono nella propria attività. C'è una sorta di interesse composto che opera a favore di un solido investimento industriale". Autori che hanno influenzato il pensiero keynesiano Dichiaratamente Keynes sviluppa il proprio lavoro sulla base, e come critica costruttiva, dell'opera degli economisti classici. Egli fu in particolare un grande estimatore del lavoro di Thomas Malthus, di cui contribuì a rivalutare l'opera e i contributi. Gli economisti Alfred Marshall e Arthur Cecil Pigou, coi quali lavora a Cambridge, ebbero inoltre una rilevante influenza sullo sviluppo del suo pensiero, oltre a divenire l'oggetto di critiche molto severe nella sua opera maggiore, la Teoria generale dell'occupazione, dell'interesse e della moneta. Keynes e Smith Keynes, sostenitore di un'economia di mercato, fu comunque critico nei confronti del pensiero di Adam Smith sul libero mercato o liberismo e in generale del laissez faire puro, sviluppando a partire da tale concetto buona parte del suo pensiero economico: secondo Keynes infatti il sistema economico lasciato libero all'interesse privato genera distorsioni del sistema stesso (nonostante la tendenza all'equilibrio economico generale attraverso la cosiddetta mano invisibile) soprattutto in termini di occupazione e redistribuzione della ricchezza da cui la necessità dell'intervento statale per riequilibrare il sistema quando necessario. Tale concetto è alla base di gran parte dell'economia keynesiana promotrice dunque di una forma di economia mista. Keynes e Marx Controverso e particolare è stato il rapporto tra Keynes e Marx. Keynes giudicò sempre Marx e la sua dottrina in modo alquanto critico. Ne La fine del laissez-faire (1926), criticando il liberismo economico, Keynes osserva incidentalmente: Del disprezzo (o comunque della poca stima) nutrito da Keynes nei confronti della dottrina marxista vi è traccia anche nella sua corrispondenza. Così, come recentemente notato da Marcuzzo nel 2005, in una lettera inviata a Sraffa, che gli aveva consigliato la lettura del Capitale, Keynes ha scritto: Nonostante il palese disprezzo di Keynes, molti autori rintracciano in Marx alcune anticipazioni del pensiero keynesiano. Così, ad esempio, la possibilità di crisi da sottoconsumo e la critica radicale della legge di Say. Autori che sono stati influenzati da Keynes Le teorie di Keynes hanno dato un nuovo impulso alla disciplina economica, creando un vero e proprio filone di studiosi "keynesiani", che nel dibattito successivo sono spesso contrapposti ai "monetaristi" e/o ai "neo-classici". Tra i primi entusiasti delle teorie keynesiane ci sono tra gli altri James Tobin e Paul Samuelson, e successivamente Franco Modigliani e Paul Krugman tra i molti. Tra gli economisti post-keynesiani si segnalano Michał Kalecki, Joan Robinson, Nicholas Kaldor, Bill Mitchell e Warren Mosler (padre della Teoria della Moneta Moderna nella sua formulazione denominata Mosler Economics). Giudizi Nelle sue Memorie di guerra (1936) così David Lloyd George tratteggiò la personalità di Keynes: "Era un consigliere decisamente troppo mercuriale e impulsivo per una grande emergenza. Saltava alle conclusioni con disinvoltura acrobatica. E non migliorava certo le cose il fatto che corresse difilato a conclusioni opposte con la medesima agilità. Keynes è un economista da salotto, le cui brillanti ma superficiali dissertazioni in materia di finanza e di politica economica costituiscono sempre, qualora non vengano prese sul serio, una fonte di svago innocente per i suoi lettori. Non essendo particolarmente dotato di senso dell'umorismo, tuttavia, il Cancelliere dello Scacchiere [Reginald M'Kenna] non cercava uno svago, bensì una guida in questa alquanto stravagante controfigura di Walter Bagehot; e in un momento critico fu perciò portato fuori strada. Keynes fu per la prima volta insediato dal Cancelliere dello Scacchiere nella scranna girevole di un oracolo [for the first time lifted into the rocking-chair of a pundit], e si pensò che la sua semplice firma apposta a un documento finanziario gli conferisse peso. Ciò sembra alquanto assurdo ora, quando neppure i suoi amici - e men che mai i suoi amici - non hanno più la benché minima fiducia nei suoi giudizi finanziari. Fortunatamente Bonar Law e io sapevamo bene quale valore attribuire ad ogni parere proveniente dalla fonte d'ispirazione del Cancelliere; e perciò trattammo la fantasiosa previsione della bancarotta britannica "entro la primavera" [del 1916] con la dose di considerazione dovuta al volubile profeta responsabile d'un simile presagio di sventura". Opere La Moneta e le Finanze dell'India (Indian Currency and Finance, 1913) Le conseguenze economiche della pace (The Economic Consequences of the Peace, 1919) Treatise on Probability (1921) Saggio sulla Riforma Monetaria (A Tract on Monetary Reform, 1923) Le Conseguenze Economiche di Winston Churchill (The Economic Consequences of Mr. Churchill), 1925 La Fine del laissez-faire (The End of Laissez-Faire, 1926) Trattato sulla moneta (A Treatise on Money, 1930) Teoria generale dell'occupazione, dell'interesse e della moneta (The General Theory of Employment, Interest and Money, 1936) Come pagare il costo della guerra (How to Pay For the War. A Radical Plan for the Chancellor of the Exchequer, 1940) Onorificenze Britanniche Straniere Note Bibliografia J.S. Gans e G.B. Shepherd, How Are the Mighty Fallen: Rejected Classics by Leading Economists, in Journal of Economic Perspectives 8 (1), 165-179, 1994. Enrico Mancuso, Politica Keynesiana. Il rilancio dell'economia tra libertà e benessere, Armando editore, Roma 2003. John Maynard Keynes, La fine del laissez-faire e altri scritti, Bollati Boringhieri, Torino 1991. ISBN 88-339-0611-6. John Maynard Keynes, Guido Rossi, Possibilità economiche per i nostri nipoti – Possibilità economiche per i nostri nipoti?, Adelphi, 2009. John Maynard Keynes, Laissez faire e comunismo, DeriveApprodi, 2010. Cristina Marcuzzo, Piero Sraffa at the University of Cambridge, in European Journal of History of Economic Thought, 12:3, 425-452, 2005. Alain Minc, Diavolo di un Keynes, Utet, Torino 2008. Yergin, D. e Stanislaw, J. The Commanding Heights: The Battle for the World Economy, New York: Simon & Schuster, 1998. ISBN 0-684-82975-4. Giovanni Bonifati, Fernando Vianello, “Il saggio dell'interesse come fenomeno monetario e il saggio di rendimento del capitale impiegato nella produzione”, in: N. De Vecchi, M.C. Marcuzzo (a cura di), A Cinquant'anni da Keynes. Teorie dell'occupazione, interesse e crescita, Milano, Unicopli, 1998, ISBN 978-88-400-0493-8. Fausto Vicarelli, Keynes, L'instabilità del capitalismo, Etas, Milano; nuova ed. Bologna, il Mulino, 1983. Nicholas Wapshott, "Keynes o Hayek", Milano, Feltrinelli, 2012 Giorgio La Malfa, Keynes l’eretico. Vita e opere del grande economista che ha cambiato l’Occidente, Milano, Mondadori, 2022, ISBN 9788804747789 Zachary D. Carter, Il prezzo della pace. Economia, democrazia e la vita di John Maynard Keynes, Neri Pozza, 2022, ISBN 9788854525078 Voci correlate Economia keynesiana Nuova macroeconomia keynesiana Economia post-keynesiana Ciclo economico Spiriti animali Conferenza di Bretton Woods Friedrich von Hayek Georg Friedrich Knapp Teoria austriaca del ciclo economico Liberalismo sociale New Deal Franklin Delano Roosevelt Liberalismo negli Stati Uniti d'America Altri progetti Collegamenti esterni Diplomatici britannici Storia del pensiero economico Politici del Partito Liberale (Regno Unito) Imprenditori britannici Bibliofili Personalità commemorate con funerali di Stato Collezionisti d'arte britannici Filantropi britannici Personalità dell'agnosticismo Studenti dell'Eton College Eugenisti Bloomsbury Group
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https://it.wikipedia.org/wiki/Jakob%20Bernoulli
Jakob Bernoulli
Era il fratello maggiore di Johann Bernoulli e lo zio di Daniel Bernoulli. Biografia Nato a Basilea (Svizzera) nel 1654, Jakob Bernoulli seguì la volontà di suo padre cominciando gli studi in teologia, ma nel 1676 incontrò Robert Boyle durante un viaggio in Inghilterra e si dedicò così alle scienze e alla matematica. Nel 1682 divenne rettore all'Università di Basilea e nel 1687 professore di matematica. Sviluppò il calcolo infinitesimale. Tenne una corrispondenza con Gottfried Leibniz dai cui primi scritti sull'argomento apprese il calcolo differenziale che sviluppò nei decenni successivi, con la collaborazione del fratello, Johann, e sempre sotto la supervisione dello stesso Leibniz. I suoi primi scritti sulle curve trascendentali (1696) e sull'isoperimetria (1700 1701) sono i primi esempi di tali applicazioni. La sua opera principale è l'Ars Conjectandi, pubblicata postuma nel 1713, un lavoro fondamentale per la teoria delle probabilità. I concetti di campionamento bernoulliano, teorema di Bernoulli, variabile casuale bernoulliana e numeri di Bernoulli sono legati ai suoi lavori e nominati in suo onore. Inoltre il primo teorema centrale del limite, ovvero la legge dei grandi numeri, venne formulata proprio da Jakob. Intitolazioni Ai fratelli Jakob e Johann Bernoulli la UAI ha intitolato il cratere lunare Bernoulli. Alla famiglia Bernoulli è stato dedicato un asteroide, 2034 Bernoulli. Opere Ars conjectandi, opus posthumum, Basileae, impensis Thurnisiorum Fratrum, 1713. L'art de conjecturer, Caen, G. Le Roy, 1801. Famiglia Bernoulli Johann Bernoulli (1667-1748) - fratello – matematico. Daniel Bernoulli (1700-1782) - figlio di Johann – botanico e fisico, noto nell'idrodinamica. Nicolas Bernoulli (1687-1759) - figlio di un altro fratello – giurista. Johann III Bernoulli (1744-1807) - nipote di Johann (suo nonno) e Daniel (suo zio) - contribuì alla teoria della probabilità. Christoph Bernoulli (1782-1863) - pronipote di Johann. Note Bibliografia Voci correlate Christiaan Huygens Isoperimetria Lemniscata di Bernoulli Probabilità Statistica Numeri di Bernoulli Legge dei grandi numeri Altri progetti Collegamenti esterni J Professori dell'Università di Basilea Storia dell'assicurazione
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https://it.wikipedia.org/wiki/John%20Herschel
John Herschel
John Herschel fu il primo a utilizzare il calendario giuliano nell'astronomia, portò importanti contributi al miglioramento dei procedimenti fotografici del periodo (dagherrotipia, calotipia e antotipia), scoprendo la proprietà del tiosolfato di sodio, al tempo iposolfito di sodio, nel fissaggio dell'immagine. Coniò inoltre i termini fotografia, negativo e positivo. Biografia John Herschel era figlio di William Herschel e inizialmente fu un giurista. Successivamente si dedicò, come il padre, all'astronomia, riprendendone pure l'osservatorio. Scoprì che le nubi di Magellano sono formate da stelle, pubblicò diversi cataloghi e introdusse la data giuliana nell'astronomia. Nel 1834 scoprì l'ammasso NGC 2018 all'interno delle nubi di Magellano. Nel 1848 venne nominato presidente della Royal Astronomical Society e nel 1850 coniatore di Sua Maestà. Opere Onorificenze Riconoscimenti Nel 1831 ottenne il titolo nobiliare. Ha ricevuto la Medaglia Copley due volte, nel 1821 e nel 1847 . Gli è stato dedicato un cratere lunare, il cratere J. Herschel. Note Voci correlate William Herschel (1738-1822), padre di John Caroline Lucretia Herschel (1750-1848), zia, sorella del padre di John William James Herschel (1833-1917), figlio di John Great Moon Hoax Altri progetti Collegamenti esterni Biografia su NNDB Herschel, John Morti nel Sud Est (Inghilterra) Membri dell'Accademia delle Scienze di Torino Presidenti della Royal Astronomical Society
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https://it.wikipedia.org/wiki/James%20Stirling%20%28matematico%29
James Stirling (matematico)
Biografia Dal 1710 studia presso l'Università di Oxford, dalla quale viene espulso nel 1715, a causa delle sue relazioni con le famiglie Keir e Garden, notoriamente Giacobiti. Ripara quindi a Venezia sotto la protezione dell'ex-ambasciatore della Serenissima in Inghilterra Nicolò Tron, a cui dedica l'opera "Lineae tertii ordinis Newtonianæ" pubblicata nel 1717. Entra quindi in contatto con Nicolaus Bernoulli e Sir Isaac Newton (al quale invia -nel 1718- lo scritto intitolato "Methodus differentialis Newtoniana illustrata", affinché lo trasmetta alla Royal Society). Stirling si interessa alle tecniche vetrarie impiegate a Murano; a causa di questa attività fugge ancora una volta, poiché teme per la sua vita, dato che viene sospettato dai veneziani di voler rubare il segreto della fabbricazione del vetro di Murano. Dal 1724 al 1735 risiede a Londra; qui incontra Isaac Newton che lo fa eleggere membro della Royal Society di Londra il 3 novembre 1726. In questo periodo si occupa di vari aspetti del calcolo infinitesimale e corrisponde con noti matematici dell'epoca. Nel frattempo continua a frequentarsi con Colin Maclaurin, Leonhard Euler, Brook Taylor, Robert Simson. Nel 1730 pubblica l'opera "Methodus Differentialis"; in questo libro enuncia la formula di approssimazione per n!. Si occupa anche del problema della forma della Terra: del 1735 è il suo articolo, sempre per la Royal Society, Della Figura della Terra e sulla Variazione della Forza di Gravità sulla sua Superficie. Lo stesso anno ritorna in Scozia dove si occupa con successo dell'amministrazione di una società mineraria a Leadhills, impegno che lo allontana dalle ricerche. Si occupa inoltre di opere idrauliche per migliorare la navigazione lacustre in Scozia e ad altri temi ingegneristici; difatti indirizza a Londra un articolo intitolato Descrizione di una Macchina per soffiare Fuoco sfruttando la Caduta dell'Acqua (1745). Opere Note Voci correlate Numeri di Stirling Approssimazione di Stirling Altri progetti Collegamenti esterni Membri della Royal Society Combinatorialisti
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https://it.wikipedia.org/wiki/Java
Java
Geografia Java – distretto della regione di Shida Kartli Giava o Java – isola Isola Java – isola di Policoro Java – città della Contea di Walworth, Dakota del Sud Java – città della Contea di Wyoming, New York Informatica Java – linguaggio di programmazione ad oggetti JavaScript - linguaggio di programmazione Java – piattaforma software creata da Sun Microsystems ed attualmente sviluppata da Oracle per lo sviluppo ed esecuzione di programmi scritti in linguaggio Java Musica Java – gruppo musicale francese Java – canzone reggae/dub di Augustus Pablo del 1972 Natura Java – varietà di pianta di caffè originaria dell'omonima isola Java – razza di pollo Altro Java – in linguistica, la lingua parlata dalle popolazioni che abitano la parte centrale e orientale dell'isola di Giava Java – danza diffusa in Europa all'inizio del XX secolo Java – nei fumetti, l'aiutante di Martin Mystère Java – gioco da tavolo in stile tedesco di Wolfgang Kramer e Michael Kiesling Hr. Ms. Java – incrociatore leggero della marina militare olandese, prima unità dell'omonima classe, affondato il 27 febbraio 1942 durante la battaglia del Mare di Giava Pagine correlate Jawa
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https://it.wikipedia.org/wiki/Jugoslavia
Jugoslavia
La Jugoslavia o Iugoslavia (AFI: ; in croato e in sloveno: Jugoslavija, in serbo e in macedone: Југославија; letteralmente "terra degli slavi del sud") fu un'entità statale che, a più riprese e attraverso diversi assetti istituzionali, amministrò la Penisola balcanica occidentale per gran parte del XX secolo. Il periodo monarchico Alla fine della prima guerra mondiale, alcuni politici e intellettuali slavi della Slovenia, della Croazia, della Bosnia ed Erzegovina e della Voivodina, fino ad allora appartenenti all'Impero austro-ungarico, dichiararono l'indipendenza delle loro terre da Vienna e si costituirono in un'entità denominata Stato degli Sloveni, Croati e Serbi, che però non ebbe alcun riconoscimento internazionale. Chiesero, allora, al Regno di Serbia di costruire insieme una nuova realtà statuale; a questa richiesta aderì anche il Regno del Montenegro, e il 1º dicembre 1918 fu fondato il Regno dei Serbi, Croati e Sloveni. Il 6 gennaio 1929 il re Alessandro I, con un colpo di Stato, avocò a sé tutti i poteri per sedare i dissidi interni ai diversi partiti politici e ai gruppi etnici, e cambiò il nome del Paese in Regno di Jugoslavia, portando avanti una politica di accentramento amministrativo e culturale, cercando di annichilire tutte le differenze culturali dei popoli che componevano lo Stato. Suddivisioni amministrative Prima del 1929, il regno era suddiviso in 33 contee (o comitati: županije) che ricalcavano confini storici ed erano etnicamente definite. Con l'istituzione del Regno di Jugoslavia, le contee furono soppresse e vennero create 9 regioni (banati, in lingua originale al plurale: banovine) che prendevano il nome dai fiumi che le attraversavano e che erano abitate da più gruppi etnici: Banato della Drava (Dravska Banovina), con capitale Lubiana Banato della Sava (Savska Banovina), con capitale Zagabria Banato del Vrbas (Vrbaska Banovina), con capitale Banja Luka Banato del Litorale (Primorska Banovina), con capitale Spalato Banato della Drina (Drinska Banovina), con capitale Sarajevo Banato della Zeta (Zetska Banovina), con capitale Cettigne Banato del Danubio (Dunavska Banovina), con capitale Novi Sad Banato della Morava (Moravska Banovina), con capitale Niš Banato del Vardar (Vardarska Banovina), con capitale Skopje La città di Belgrado, insieme con Zemun e Pančevo fu costituita come unità amministrativa separata. A capo delle banovine fu posto un governatore di nomina statale. Seconda guerra mondiale Il 25 marzo 1941, il principe reggente Paolo Karađorđević fece aderire la Jugoslavia all'Asse a fianco dell'Italia fascista e della Germania nazista. Per questo l'erede al trono Pietro II, con un colpo di Stato avvenuto due giorni dopo, detronizzò lo zio e assunse la corona, rompendo l'alleanza con le forze dell'Asse. La Germania invase la Jugoslavia, il cui territorio fu conquistato e annesso a Germania, Italia, Ungheria, Albania e Bulgaria o costituito in diversi stati-fantoccio. Il Regno d'Italia partecipò alle fasi dell'invasione partendo dalle proprie basi in Venezia Giulia e Istria, da Zara, e dall'Albania. A nord era schierata la 2ª Armata (9 divisioni di fanteria, 4 motorizzate e 1 corazzata) sotto il comando del Generale Vittorio Ambrosio, con obiettivo Lubiana e la discesa lungo la costa dalmata. A Zara vi era una guarnigione di uomini, al comando del Generale Emilio Grazioli, che allo scoppio delle ostilità si diresse su Sebenico e Spalato per giungere a Ragusa (Dubrovnik) il 17 aprile; infine dall'Albania vennero impegnate 4 divisioni della 9ª Armata sotto il comando del Generale Alessandro Pirzio Biroli. All'Italia fu annessa la città di Lubiana e la parte meridionale della Banovina della Drava, con cui fu costituita la Provincia di Lubiana, e la parte nord-occidentale della Banovina di Croazia, che andò ad ampliare la Provincia di Fiume. Gli Stati fantoccio costituiti furono: Stato Indipendente di Croazia, governato da Ante Pavelić e che aveva come re Tomislavo II, al quale fu annessa anche la Bosnia ed Erzegovina; Governo di Salvezza Nazionale in Serbia, con a capo Milan Nedić, ma governato direttamente da Berlino; Regno del Montenegro, di cui Vittorio Emanuele III d'Italia assunse la corona. Il periodo socialista Durante la seconda guerra mondiale, fu costituito il Consiglio antifascista di liberazione popolare della Jugoslavia che il 29 novembre 1943 decise di ricostituire uno Stato all'interno dei confini del vecchio regno, con l'aggiunta del Litorale sloveno (che già nel settembre del 1943 era stato proclamato dal Fronte di Liberazione del Popolo Sloveno parte integrante della Slovenia) e dell'Istria, che fu denominato Jugoslavia Democratica Federale in attesa del referendum con cui il popolo doveva scegliere se ripristinare la monarchia o creare una repubblica. Josip Broz Tito venne nominato primo ministro. Finita la guerra e liberati i territori dall'occupazione nazifascista, furono indette elezioni in cui la Lega dei Comunisti di Jugoslavia ottenne la maggioranza dei voti. Il 29 novembre 1945 la monarchia venne definitivamente abolita e nacque la Repubblica Federativa Popolare di Jugoslavia, nome che mantenne fino al 1963 quando venne denominata Repubblica Socialista Federale di Jugoslavia. Il maresciallo Tito, capo del governo, intraprese una politica di alleanza con l'Unione Sovietica e instaurò un regime di stampo socialista retto dalla Lega dei Comunisti di Jugoslavia. Dopo il 1948 ebbe inizio un progressivo allontanamento da Stalin, per poter governare liberamente l'economia del proprio paese e farla sviluppare. Dopo diversi dissidi con Mosca sulla politica estera e su quella interna, nel 1948 la Jugoslavia fu espulsa dal Cominform e ne restò fuori per sempre, uscendo definitivamente dall'orbita di influenza sovietica. La Jugoslavia di Tito rimase un paese a economia pianificata, anche se nel 1950 Tito inaugurò una politica di autogestione dei lavoratori che fu alla base del sistema produttivo jugoslavo. Sul piano internazionale, Tito fondò nel 1956, col presidente egiziano Nasser e il primo ministro indiano Nehru, il Movimento dei paesi non allineati, criticò l'invasione della Cecoslovacchia e dell'Ungheria da parte degli eserciti del Patto di Varsavia e si propose come mediatore nel conflitto arabo-israeliano. Nel 1961, è il primo paese dichiaratamente socialista a partecipare all'Eurovision Song Contest. La politica interna fu caratterizzata da un forte accentramento del potere volto a stroncare ogni sussulto nazionalista e ogni riforma a livello locale, anche se, col passare degli anni, in Jugoslavia venivano fatti timidi passi verso un'economia più liberale, fino alla costituzione del 1974 che concesse larghissime autonomie alle repubbliche federate. Suddivisione amministrativa La Repubblica Socialista Federale di Jugoslavia era divisa in 6 repubbliche e 2 province autonome: Il processo di dissoluzione Il maresciallo Tito morì il 4 maggio 1980. Nel frattempo, la situazione economica si andava deteriorando, alimentando il divario tra le repubbliche di Slovenia e Croazia più ricche e il resto del Paese. Questa separazione economica incominciò a diventare una spinta verso una volontà indipendentista ispirata dai dirigenti politici locali. Nel 1981 in Kosovo si sviluppò un movimento che chiedeva la trasformazione della provincia autonoma in repubblica federata, richiesta fatta dalla maggioranza albanese e osteggiata dalla popolazione serba. Nel 1990, a seguito del malcontento generale della popolazione dell'intera Jugoslavia, furono indette elezioni multipartitiche nelle sei repubbliche: in Croazia venne eletto il nazionalista Franjo Tuđman e in Slovenia il socialdemocratico Milan Kučan che appoggiarono immediatamente le rivendicazioni indipendentiste dei loro popoli; in Bosnia ed Erzegovina fu eletto il nazionalista musulmano Alija Izetbegović che auspicava un allentamento dei legami politici con la Jugoslavia; in Macedonia venne eletto il comunista Kiro Gligorov, favorevole a una futura indipendenza, e in Serbia fu confermato presidente il comunista Slobodan Milošević contrario al disfacimento della federazione e che revocò lo statuto di autonomia del Kosovo e della Voivodina per fermare le spinte centrifughe. Nel 1991, Slovenia e Croazia si dichiararono indipendenti. Dal 26 giugno al 7 luglio venne combattuta una guerra tra l'esercito jugoslavo e l'armata territoriale slovena, che vide la resa dell'esercito federale. Dal 1991 al 1995 durò il conflitto tra l'esercito croato e la popolazione serba della Croazia, appoggiata dall'esercito jugoslavo, che si concluse con la vittoria croata. Nel 1992 anche la Bosnia-Erzegovina si dichiarò indipendente, e fino al 1995 la repubblica fu sconvolta da diversi conflitti che videro opposti musulmani e croati contro i serbi di Bosnia e musulmani contro croati di Bosnia, conclusisi con l'accordo di Dayton che sancì la creazione di una repubblica indipendente su base federale. Nel settembre del 1991 anche la Macedonia si era dichiarata indipendente senza che ne scaturisse alcuna azione bellica, ma a tale dichiarazione seguirono battaglie tra albanesi e macedoni. Dopo la proclamazione dell'indipendenza di Slovenia, Croazia, Bosnia ed Erzegovina e Macedonia, lo Stato jugoslavo era limitato ai soli territori della Serbia e del Montenegro che decisero di rimanere uniti, dando vita, il 27 aprile 1992 alla Repubblica Federale di Jugoslavia. Nel 1996 le tensioni nella provincia serba del Kosovo tra la maggioranza di etnia albanese e la minoranza serba si inasprirono. Fino al 1999 fu combattuto un conflitto tra l'organizzazione indipendentista albanese UÇK e la polizia appoggiata da forze paramilitari serbe, che si concluse, dopo quasi tre mesi di bombardamenti della NATO sulla Jugoslavia, con l'Accordo di Kumanovo che sancì il ritiro dell'esercito federale dalla provincia e la sua sostituzione con la forza internazionale KFOR, il mantenimento della sovranità jugoslava e l'amministrazione dell'ONU tramite l'UNMIK. Il 3 settembre 2003 la Repubblica Federale di Jugoslavia cambiò denominazione in Unione Statale di Serbia e Montenegro. La federazione restò in vigore fino al 21 maggio 2006 quando venne sciolta dando vita ai due stati indipendenti di Serbia e Montenegro. Secondo gli studi di Tim Judah, coniatore del termine "Jugosfera", i paesi dell'ex Iugoslavia si stanno riavvicinando sia economicamente che politicamente, come poi rievidenziato dagli studi della London School of Economics. Mappe storiche Bandiere e stemmi Stati successivi Dopo le guerre e i rivolgimenti politici che hanno portato al dissolvimento della Jugoslavia, l'area dei Balcani e della regione geografica dell'Adria è suddivisa nei seguenti 7 Stati sovrani (o parzialmente sovrani): Note Bibliografia Bato Tomašević, Montenegro –attraverso una saga familiare, la nascita e la scomparsa della Jugoslavia, edizione in lingua italiana Lint Editoriale Trieste, ISBN 978-88-8190-252-1 Arnaldo Mauri, Il dramma dei Balcani: cause vicine e lontane, "Civiltà Ambrosiana", vol. 12, n. 5, 1955, pp. 333–341 Voci correlate Serbia e Montenegro Serbia, Voivodina, Kosovo Montenegro Slovenia Croazia Bosnia ed Erzegovina Macedonia del Nord Guerre jugoslave Linea di successione al trono di Jugoslavia e di Serbia Corona di Jugoslavia Altri progetti Collegamenti esterni Storia contemporanea europea Storia della Croazia Storia della Serbia Storia della Slovenia Storia della Macedonia del Nord Storia del Montenegro Storia della Bosnia ed Erzegovina
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Giovanni Keplero
Professore di materie scientifiche in diverse università della Germania e dell'Austria e protetto dell'imperatore Rodolfo II, Keplero, contemporaneo di Galileo Galilei (nato sette anni prima), fu, come Galilei stesso, un convinto sostenitore del sistema copernicano. Biografia Nato in una famiglia di umili origini, venne avviato dai genitori alla carriera ecclesiastica. Infatti, il 16 ottobre 1584 entrò nel seminario di Adelberg, trasferendosi il 26 novembre 1586 nel seminario superiore a Maulbronn. Nel 1588 cominciò i suoi studi presso l'università di Tubinga, seguendo due anni di istruzione generale, con lezioni di etica, dialettica, retorica, greco, ebraico, astronomia e fisica. Nel 1592 intraprese lo studio della teologia a Tubinga, università protestante dove insegnavano alcuni seguaci del copernicanesimo; tra questi vi era Michael Maestlin, che convinse Keplero della validità delle teorie di Niccolò Copernico. Nel 1594 Keplero dovette interrompere gli studi teologici, perché gli venne affidato l'insegnamento di matematica presso la Scuola Evangelica di Graz (Austria) e successivamente divenne matematico territoriale degli Stati di Stiria. Tra i suoi compiti vi era l'obbligo di insegnare presso l'università di Graz, redigere carte astrali e com'era uso nel tempo fare previsioni astrologiche. Nel suo primo Calendarium & Prognosticum per l'anno 1595 previde un inverno molto rigido, le rivolte contadine e la guerra con i Turchi. Nel 1596 pubblicò l'opera Mysterium Cosmographicum, nella quale tentò una prima descrizione dell'ordine dell'Universo. Nell'aprile 1597 sposò Barbara Mühleck, che morì prematuramente nel 1611 dopo avergli dato cinque figli (due dei quali morti in giovane età). Verso la fine del 1599 Tycho Brahe gli offrì un posto come suo assistente, che Keplero accettò, sfuggendo così anche agli editti contro i luterani che venivano emanati in Austria dai sovrani Ferdinando II d'Austria e Massimiliano III d'Austria, entrambi ferventi controriformatori. Il 4 febbraio 1600, Keplero si aggiunse alla squadra di assistenti di Brahe presso la corte di Rodolfo II, imperatore cattolico mecenate, a Praga. Nel 1601, dopo la morte di Brahe, ne divenne il successore nell'incarico di matematico, astronomo e astrologo imperiale a Praga. Nel 1604 osservò una supernova che ancora oggi è nota col nome di Stella di Keplero. Nel 1606 scrisse il pronostico per stabilire la data dell'anno di nascita di Gesù Cristo, che nel 1614 fissò all'anno 5 a.C., quando si era verificata la congiunzione massima di Saturno e Giove in cuspide del segno cardinale dell'Ariete, che secondo l'astrologia indica il cambiamento millenario. Le basi per le sue scoperte astronomiche furono gettate nel 1609, quando pubblicò il suo capolavoro Astronomia nova, in cui formulò le sue prime due leggi. Alla morte dell'imperatore Rodolfo II (1612), il nuovo imperatore Mattia (fratello di Rodolfo II) approvò che Keplero ricoprisse la carica di "matematico territoriale" (Landschaftsmathematiker) a Linz (Austria), pur mantenendo la nomina di matematico imperiale e quindi l'obbligo di portare avanti l'elaborazione delle Tabulae Rudolphinae, opera che comprende un catalogo astronomico e diverse tavole planetarie. L'Università di Linz prende il nome da Giovanni Keplero. Il 30 ottobre 1613 Keplero si sposò per la seconda volta, con la ventiquattrenne Susanna Reuttinger, dalla quale ebbe altri sei figli, tre dei quali morti durante l'infanzia. Il 15 maggio 1618 Keplero scoprì la terza legge che prende il suo nome, che rese nota l'anno dopo nell'opera Harmonices Mundi. Nell'agosto 1620 la madre di Keplero venne arrestata dopo essere stata accusata di stregoneria dalla Chiesa protestante e rilasciata solo nell'ottobre 1621; il processo durò sei anni e Keplero assunse la sua difesa. Lo scienziato, in disgrazia e in povertà, morì nel 1630 a 58 anni a Ratisbona, e venne qui sepolto presso il Cimitero di San Pietro. La sua tomba si perse nel 1632 quando le truppe di Gustavo Adolfo (impegnate nell'invasione della Baviera durante la guerra dei trent'anni) distrussero il cimitero; rimane però l'epitaffio da lui stesso composto: "Mensus eram coelos, nunc terrae metior umbras. Mens coelestis erat, corporis umbra iacet" ("Misuravo i cieli, ora fisso le ombre della terra. La mente era nella volta celeste, ora il corpo giace nell'oscurità"). Nel 1634 uscì postumo il Somnium a cura del figlio Ludwig, un racconto fantascientifico scritto in gioventù da Keplero, che lo aveva arricchito di note negli ultimi vent'anni della sua vita. Leggi di Keplero Lo scopo principale del Mysterium Cosmographicum non è quello di difendere il sistema copernicano, ma piuttosto quello di dimostrare che per la creazione del mondo e la disposizione dei cieli, Dio si è ispirato ai cinque solidi regolari che hanno goduto di così grande fama da Pitagora e Platone in poi: il cubo, il tetraedro, il dodecaedro, l'icosaedro, l'ottaedro. Keplero si interroga circa le cause del numero, delle dimensioni e dei moti delle orbite, e sostiene che questa ricerca sia fondata sulla corrispondenza tra i tre "corpi" immobili dell'Universo (Sole, stelle fisse, spazio intermedio) e Padre, Figlio e Spirito Santo (la Trinità). Le leggi della struttura del cosmo vengono ricavate circoscrivendo e inscrivendo le orbite dei pianeti nelle varie figure solide, a partire dalla Terra, che è l'unità di misura di tutte le orbite. Nell'Astronomia nova Keplero enuncia due delle tre leggi ancora oggi note con il suo nome. La terza compare invece per la prima volta nel Harmonices mundi libri quinque del 1619. Le tre leggi di Keplero rappresentano un modello di descrizione del moto dei pianeti del sistema solare: L'orbita descritta da ogni pianeta nel proprio moto di rivoluzione è un'ellisse di cui il Sole occupa uno dei due fuochi. Durante il movimento del pianeta, il raggio che unisce il centro del pianeta al centro del Sole (raggio vettore) descrive aree uguali in tempi uguali. (Nel 1966 Koyrè, percorrendo i calcoli tortuosi di Keplero, concluse che questa legge è stata derivata da una premessa errata, e cioè che la velocità della Terra sia inversamente proporzionale alla sua distanza dal Sole, e con calcoli errati. Inoltre stabilì che questa legge venne ricavata prima della legge delle orbite ellittiche. La legge comunque è esatta ed è una semplice conseguenza della conservazione del momento angolare). Il quadrato del periodo di rivoluzione di un pianeta è proporzionale al cubo della sua distanza media dal Sole. Keplero ereditò da Tycho Brahe una gran quantità dei più precisi dati mai raccolti sulle posizioni dei pianeti. Il problema era dare loro un senso. I movimenti orbitali e gli altri pianeti sono visti dal punto vantaggioso della Terra, che orbita a sua volta intorno al Sole. Questo fa sì che i pianeti sembrino muoversi disegnando strane curve. Keplero volle concentrarsi sull'orbita di Marte anche se prima avrebbe dovuto studiare accuratamente l'orbita della Terra. Per far questo ebbe bisogno di una linea di base da topografo. Con un colpo di genio usò come linea di base il Sole e una delle due intersezioni dell'orbita di Marte con il piano dell'eclittica. Marte era particolarmente adatto allo scopo proprio perché la sua orbita ha la massima inclinazione con tale piano. Usando tale base poté calcolare le posizioni della Terra e ricavare poi l'intera orbita di Marte. Egli fu inoltre capace di dedurre le sue leggi sui pianeti senza conoscere le esatte distanze dei pianeti dal Sole, poiché le sue analisi geometriche richiedevano solo il rapporto tra le rispettive distanze dal Sole. Secondo Keplero, luce, calore, moto, armonia dei moti sono la perfezione del mondo e hanno un analogo nelle facoltà dell'anima. Le stelle fisse funzionano come una "pelle" protettiva che trattiene il calore del Sole. Questi è la causa del moto dei pianeti, poiché ruotando su di sé, trascina gli altri corpi. La potenza vegetativa dell'etere corrisponde alla nutrizione di animali e piante, alla facoltà vitale corrisponde il calore, a quella animale il movimento, alla sensitiva la luce e alla razionale l'armonia. Keplero, a differenza di Tycho Brahe, appoggiò il modello eliocentrico del sistema solare e partendo da questo per vent'anni provò a dare un senso ai suoi dati. Alla fine giunse a formulare le sue tre leggi sui movimenti planetari che enunciò nelle Tavole rudolfine, così chiamate in onore di Rodolfo II d'Asburgo, Imperatore del Sacro Romano Impero. In tali tavole introdusse anche i logaritmi neperiani per agevolare i calcoli astronomici. Mentre le prime due leggi furono enunciate in un classico libro di astronomia, la terza, invece, fu inserita in un testo che si occupava anche di musica e di astrologia e che era denso di temi pitagorici. Keplero, convinto che Dio non fosse solo geometra ma anche un musico, sostenne l'idea che la musica e il sistema solare fossero manifestazioni della stessa armonia; quasi come se le posizioni dei vari pianeti, similmente ai tasti di un pianoforte, dovessero corrispondere alle note. La straordinaria importanza delle scoperte di Keplero non fu immediatamente riconosciuta. Fortemente interessato a tematiche mistiche e metafisiche di natura platonica e pitagorica, la sua "modernità" consiste nella ricerca delle variazioni quantitative delle forze che agiscono nello spazio e nel tempo e nel parziale abbandono del punto di vista animistico in favore di un meccanicismo allo stato embrionale. La terza legge permette di stabilire la velocità del corpo celeste una volta stabilita l'orbita e viceversa. Si era scoperta una legge che non regolava semplicemente i moti dei pianeti nelle proprie orbite, ma si stabiliva un rapporto tra la velocità dei corpi che si muovono in orbite differenti. Galilei si congratulò con lui per avere accolto il Copernicanesimo ma non si pronunciò sul resto, aggiungendo che alcuni dei suoi pensieri fossero "piuttosto a diminuzione della dottrina del Copernico che a stabilimento" (Galilei). Bacone, pur essendo molto legato alla tradizione ermetica, lo ignorò e Cartesio lo riconobbe come il suo primo maestro di ottica, non considerando il resto come degno di attenzione. Solo dopo che Newton si servì delle leggi di Keplero, queste vennero accettate dalla comunità scientifica, ma non prima degli anni sessanta del Seicento. Opere Riconoscimenti La comunità scientifica gli ha dedicato l'asteroide 1134 Kepler, un cratere lunare di 31 km di diametro, un cratere sul pianeta Marte di 233 km di diametro, una cresta di 15 km di lunghezza su Fobos (uno dei due satelliti di Marte) e Kepler-22 b, il pianeta più simile alla Terra scovato finora nell'Universo, che orbita attorno a Kepler-22, una stella nana gialla situata nella costellazione del Cigno e il telescopio spaziale Kepler della NASA. Note Bibliografia Bibliografie su Keplero Max Caspar, Bibliographia Kepleriana. Ein Führer durch das gedruckte Schrifttum von (und über) Johannes Kepler Im Auftr. der Bayer. Akad. d. Wiss. hrsg. von Max Caspar, München 1936. 2. Aufl. bes. v. Martha List, München 1968, ISBN 3-406-01685-5 e ISBN 3-406-01684-7 Jürgen Hamel, Bibliographia Kepleriana. Ergänzungsband zur zweiten Auflage. München: C.H. Beck, 1998. ISBN 978-3-406-01687-5. Opere di Keplero Astronomia nova Harmonices Mundi Mysterium Cosmographicum Somnium Tavole rudolfine Traduzioni italiane Johannes Kepler, Discussione col Nunzio Sidereo e Relazione sui quattro satelliti di Giove, introduzione, edizione critica, traduzione, commento a cura di Elio Pasoli e Giorgio Tabarroni, Torino, Bottega d'Erasmo, 1972. Johannes Kepler, Somnium: ovvero opera postuma sull'astronomia lunare, a cura di Edward Rosen; introduzione di Giovanni Godoli, traduzione di Antonio Luigi Meloni, Napoli, Theoria, 1984. Johannes Keplero, Lettera per la scelta di una moglie, a cura di Violetta Candiani, Roma, Stampa Alternativa - Millelire, 1992. Giovanni Keplero, L'armonia del mondo, traduzione, introduzione e cura (con Prodromo di Giovanni Fiaschi) di Cosimo Scarcella, Tirrenia, Edizioni del Cerro, 1994. Giovanni Keplero, ll Sogno di Keplero: la terra vista dalla luna nel racconto del grande astronomo tedesco, a cura di Anna Maria Lombardi, Milano, Sironi, 2009. Studi su Keplero Volker Bialas, Johannes Kepler, München, C. H. Beck, 2004, ISBN 3-406-51085-X Massimo Bucciantini, Galileo e Keplero, Torino, Einaudi, 2007 Max Caspar, Johannes Kepler, Stuttgart, GNT-Verlag 1995 (Ristampa della terza edizione del 1958), ISBN 3-928186-28-0 (traduzione inglese: Max Caspar, Kepler; New York, Dover, 1993. ISBN 0-486-67605-6). James A. Connor, Kepler's Witch: An Astronomer's Discovery of Cosmic Order Amid Religious War, Political Intrigue, and the Heresy Trial of His Mother, New York, HarperCollins, 2004. Philippe Despondt, Guillemette de Véricourt, Kepler, 2005, Ed. du Rouergue, ISBN 2-84156-688-9 Günter Doebel, Johannes Kepler – Er veränderte das Weltbild, Graz Wien Köln, Styria 1996, ISBN 3-222-11457-9 Natacha Fabbri, Cosmologia e armonia in Kepler e Mersenne. Contrappunto a due voci sul tema dell'Harmonice Mundi, Firenze, Olschki, 2003, ISBN 88-222-5302-7 Ernst Peter Fischer, Aristotele, Einstein e gli altri, Raffaello Cortina Editore, ISBN 88-7078-455-X Walther Gerlach, Martha List, Johannes Kepler, 2. Aufl. München, Piper, 1980, ISBN 3-492-00501-2 Jürgen Helfricht, Astronomiegeschichte Dresdens, Hellerau, Dresden 2001, ISBN 3-910184-76-6 Chardak Henriette, Kepler, le chien des étoiles, Paris, Séguier, 1989, ISBN 2-87736-046-6. Johannes Hoppe, Johannes Kepler, Leipzig, Teubner 1976 Arthur Koestler, Die Schlafwandler, Bern 1959 Mechthild Lemcke, Johannes Kepler, 2. Aufl. Reinbek, Rowohlt 2002, ISBN 3-499-50529-0 Anna Maria Lombardi, Johannes Kepler – Einsichten in die himmlische Harmonie, Weinheim, Spektrum d. Wissenschaft 2000 Wolfgang Pauli, Le cas Kepler; introd. par Michel Cazenave. Paris, Albin Michel, 2002. (Sciences d'aujourd'hui), ISBN 2-226-11424-6. Paolo Rossi, La nascita della scienza moderna in Europa, Bari, Laterza, 1997 Paolo Aldo Rossi e Marco Ghione, Il figlio della strega, Aicurzio, Virtuosa-Mente, 2015 Rosemarie Schuder, Der Sohn der Hexe – In der Mühle des Teufels, Berlin, Rütten & Loening 1968 Wilhelm und Helga Strube, Kepler und der General, Berlin, Neues Leben 1985 Berthold Sutter, Der Hexenprozess gegen Katharina Kepler, 1979 Johannes Tralow, Kepler und der Kaiser, Berlin, Verlag der Nation 1961 Voci correlate Leggi di Keplero Poliedri di Keplero-Poinsot Congettura di Keplero Rivoluzione astronomica Rivoluzione scientifica Altri progetti Collegamenti esterni Accademici dei Lincei Cosmologi tedeschi Filosofi tedeschi del XVI secolo Filosofi tedeschi del XVII secolo Scrittori in lingua latina Teologi tedeschi Teologi luterani Teorici della musica austriaci Teorici della musica tedeschi Uomini universali
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Joan Crawford
Considerata una fra le più celebri star del periodo d'oro di Hollywood, iniziò la sua carriera negli anni 1920, all'epoca del muto, ma ottenne il grande successo soprattutto negli anni 1930 e 1940, in film come Grand Hotel (1932), La danza di Venere (1933) e Donne (1939) in cui impersonò una nuova generazione di giovani donne americane, ambiziose, autonome e determinate, diventando una delle dive più popolari e pagate della sua epoca. Dopo un periodo di minor fortuna, nella seconda parte della sua carriera si distinse in ruoli più drammatici e maturi, regalando altre interpretazioni memorabili in film come Il romanzo di Mildred (1945), che le valse il premio Oscar alla miglior attrice protagonista nel 1946, Johnny Guitar (1954), e Che fine ha fatto Baby Jane? (1962), in cui condivise lo schermo con Bette Davis, sua grande rivale cinematografica dell'epoca. L'American Film Institute ha inserito la Crawford al decimo posto tra le più grandi star della storia del cinema. Biografia L'infanzia e gli inizi con la danza (1904-1926) Lucille Fay LeSueur nacque a San Antonio, in Texas. Era la più giovane e terza figlia di Thomas E. LeSueur, un lavandaio, e Anna Bell Johnson. La madre era di origini inglesi, francesi ugonotte, svedesi e irlandesi. La prima figlia, Daisy LeSueur, morì prima della nascita di Lucille. L'altro figlio era Hal LeSueur. Il padre di Lucille abbandonò la famiglia pochi mesi prima della sua nascita, riapparendo nel 1930 ad Abilene, dove, a quanto si dice, lavorava come operaio edile. Dopo l'abbandono del padre, la madre di Crawford sposò Henry J. Cassin. Il matrimonio è riportato all'anagrafe come primo matrimonio della madre della Crawford. Joan visse con sua madre, il patrigno e i fratelli a Lawton, in Oklahoma. Il patrigno era un piccolo impresario e gestiva la Ramsey Opera House, lavorando con artisti diversi e noti come Anna Pavlova e Eva Tanguay. Joan rimase all'oscuro del fatto che Cassin, che lei chiamava "papà", non era il suo padre biologico fino a quando suo fratello Hal le disse la verità. Cassin, secondo i racconti della Crawford, iniziò ad abusare sessualmente di lei quando aveva undici anni; l'abuso continuò fino a quando lei andò all'Accademia di Saint Agnes, una scuola cattolica. Crawford preferì il soprannome di "Billie" da bambina e si divertiva ad assistere a spettacoli di vaudeville e ad esibirsi sul palcoscenico del teatro del patrigno. L'instabilità economica della famiglia influenzò negativamente l'infanzia e l'istruzione di Joan, impedendole di proseguire gli studi oltre la scuola elementare. La prima ambizione artistica di Joan era di diventare una ballerina. Un giorno, tuttavia, nel tentativo di sfuggire alle lezioni di piano per poter giocare con gli amici, saltò fuori dalla veranda di casa sua e si tagliò gravemente il piede su una bottiglia del latte rotta. Di conseguenza, subì tre interventi chirurgici e non fu in grado di frequentare la scuola elementare o continuare con lezioni di ballo per 18 mesi. Mentre risiedeva ancora a Lawton, il patrigno fu accusato di appropriazione indebita. Nonostante fosse poi assolto, dovette andarsene da Lawton e con la famiglia si trasferì a Kansas City, nel Missouri, verso il 1916. Qui Cassin, cattolico, iscrisse Joan all'Accademia di Saint Agnes. Quando sua madre e il suo patrigno si separarono, Joan rimase alla Saint Agnes come studentessa lavoratrice, dove trascorse molto più tempo a lavorare come cuoca e domestica che a studiare. Successivamente frequentò la Rockingham Academy, anche qui come studentessa lavoratrice, e intraprese la sua prima relazione sentimentale seria, con il trombettista Ray Sterling. Nel 1922 si iscrisse allo Stephens College Columbia, nel Missouri, indicando come anno di nascita 1906. Frequentò lo Stephens solo per alcuni mesi prima di ritirarsi, resasi conto che non era pronta per il college. Con il suo vero nome di Lucille LeSueur, Crawford iniziò a ballare in compagnie itineranti e fu notata a Detroit dal produttore Jacob J. Shubert, che la scritturò come ballerina di fila per il suo spettacolo del 1924, Innocent Eyes, al Winter Garden Theatre di Broadway, a New York. Mentre lavorava in Innocent Eyes, Crawford incontrò il sassofonista James Welton. Probabilmente i due si sposarono nel 1924 e vissero insieme per diversi mesi, anche se questo presunto matrimonio non fu mai menzionato dalla Crawford. Desiderosa di ottenere altri ingaggi, Joan si rivolse alla catena di teatri Loews di Nils Granlund, che le assegnò un ruolo nello spettacolo del cantante Harry Richman e le fece fare un provino cinematografico che inviò al produttore Harry Rapf a Hollywood. Il 24 dicembre 1924 Rapf comunicò a Granlund che la Metro-Goldwyn-Mayer (MGM) offriva a Crawford un contratto di a settimana. Tornata nel frattempo a casa di sua madre a Kansas City, Joan rispose alla chiamata di Granlund, prese in prestito $ 400 per le spese di viaggio e lasciò Kansas City il 26 dicembre 1924, arrivando a Culver City, in California, il 1º gennaio 1925. Accreditata come Lucille LeSueur, apparve nel suo primo film, Lady of the Night, come controfigura della più famosa star femminile della MGM, Norma Shearer. Sempre nel 1925 apparve anche in The Circle e La mosca nera, con l'attrice comica ZaSu Pitts. Seguirono altri piccoli ruoli non accreditati in altri due film del 1925, The Only Thing e La vedova allegra. Pete Smith, responsabile della pubblicità della MGM, riconobbe le possibilità di Joan di diventare una grande star, a patto di cambiare nome; disse al capo dello studio Louis B. Mayer che il cognome LeSueur gli ricordava una fogna (in inglese sewer). Smith organizzò un concorso a premi chiamato "Name the Star" sulla rivista Movie Weekly, per consentire ai lettori di selezionare il nuovo nome d'arte. La scelta iniziale fu "Joan Arden" ma, quando si seppe che un'altra attrice aveva lo stesso cognome, il secondo cognome più votato, "Crawford", divenne la scelta finale. Joan in seguito disse che voleva che il suo nome fosse pronunciato "Jo-Anne", e che detestava il cognome Crawford perché suonava come "crawfish", "pesce persico", ma ammise anche che le piaceva il senso di sicurezza che evocava. L'arrivo a Hollywood (1926-1932) Insoddisfatta dalla consistenza e dalla qualità delle parti che le venivano assegnate, Joan intraprese una campagna di auto-promozione. La sceneggiatrice della MGM Frederica Sagor Maas ricordò: «Nessuno decise di far diventare Joan Crawford una star, Joan Crawford è diventata una star perché Joan Crawford decise di diventare una star. Iniziò a partecipare a gare di ballo nei pomeriggi e nelle sere negli hotel nei dintorni di Hollywood, dove vinse spesso gare di ballo con le sue esibizioni di Charleston e Black Bottom». La sua strategia funzionò e la MGM le offrì una parte rilevante nel film Sally, Irene and Mary (1925), che impressionò favorevolmente il pubblico. Dall'inizio della sua carriera, Crawford considerava Norma Shearer, l'attrice più popolare dello studio, la sua nemesi professionale. Shearer era sposata con il produttore Irving Thalberg e aveva quindi la prima scelta sulle sceneggiature e un forte controllo creativo. Si diceva che Joan avesse detto: «Come posso competere con Norma? Dorme con il capo!» Nel 1926 Joan fu nominata una delle WAMPAS Baby Stars insieme a Mary Astor, Dolores del Río, Janet Gaynor e Fay Wray. Nello stesso anno recitò in Paris, con Charles Ray. Nel giro di pochi anni divenne la romantica coprotagonista femminile di molti dei più famosi attori della MGM, tra cui Ramón Novarro, John Gilbert, William Haines e Tim McCoy. La Crawford apparve inoltre in Lo sconosciuto (1927), interpretato da Lon Chaney nel ruolo di Alonzo, un lanciatore di coltelli senza braccia. Joan interpretò la giovane e avvenente assistente di Alonzo, desiderosa di sposarlo. Dichiarò di aver imparato di più dalla recitazione guardando come lavorava Chaney che da chiunque altro nella sua carriera. "Fu allora," disse, "che per la prima volta mi resi conto della differenza tra stare di fronte a una telecamera e recitare". Sempre nel 1927 apparve accanto al suo amico intimo, William Haines, in Spring Fever, il primo di tre film realizzati dai due. Nel 1928 Joan recitò al fianco di Ramón Novarro in Amore e mare, ma fu il ruolo di Diana Medford in Le nostre sorelle di danza (1928) ad assicurarle la celebrità e a fare di lei il nuovo simbolo di una femminilità moderna dei ruggenti anni 20, una sorta di risposta della MGM a Clara Bow, la prima It Girl della Paramount. Seguendo il filone aperto con Le nostre sorelle di danza, la Crawford apparve in altri due film del genere incarnando per i fan (molti dei quali erano donne) una visione idealizzata della ragazza americana libera e spigliata. Il 3 giugno 1929 Crawford sposò Douglas Fairbanks Jr. nella chiesa cattolica di Saint Malachy (nota come "la cappella degli attori" a causa della sua vicinanza ai teatri di Broadway) a Manhattan, sebbene nessuno dei due fosse cattolico. Fairbanks era il figlio di Douglas Fairbanks e il figliastro di Mary Pickford, considerati parte della nobiltà di Hollywood. Fairbanks Sr. e Pickford erano contrari al matrimonio e invitarono la coppia nella loro residenza, Pickfair, solo otto mesi dopo la cerimonia. I rapporti tra Joan e Fairbanks Sr. alla fine migliorarono; lei lo chiamava "Zio Doug" e lui la chiamava "Billie", il soprannome della sua infanzia. Lei e Mary Pickford, tuttavia, continuarono a disprezzarsi a vicenda. In seguito al primo invito, Crawford e Fairbanks Jr. divennero ospiti più frequenti a Pickfair. Mentre i due Fairbanks giocavano a golf insieme, Joan veniva lasciata con la Pickford, che volentieri si ritirava nei suoi alloggi, o semplicemente lasciata sola. Il successo (1932-1937) Per liberarsi del suo accento del sud-ovest, Joan si esercitò instancabilmente in dizione. Dopo l'uscita di Il cantante di jazz nel 1927 - il primo lungometraggio con alcuni dialoghi sonori - i film parlati stavano diventando di gran moda, benché il passaggio dal muto al sonoro avesse messo a dura prova l'industria cinematografica; molte star del cinema muto si trovarono senza lavoro a causa delle loro voci inadatte, dei loro accenti difficili da capire o semplicemente per il loro rifiuto di passare al sonoro. Molti studi e stelle evitarono il più a lungo possibile di affrontare la transizione, specialmente la MGM, che fu l'ultimo studio a passare al suono. Hollywood che canta - La grande festa (1929) fu uno dei primi film sonori, che mostrò tutte le star della MGM (tranne Greta Garbo) nel tentativo di dar prova della loro abilità nel passaggio dal muto al sonoro. Joan era tra le stelle MGM incluse nel film, nel quale cantò il motivo Got a Feeling for You durante la prima parte della pellicola. Joan passò con successo al sonoro. Il suo primo ruolo da protagonista in un lungometraggio fu in L'indomabile nel 1929, con Robert Montgomery. Nonostante il successo del film al botteghino, ricevette recensioni contrastanti da parte della critica, che notò come l'attrice sembrasse nervosa nel compiere il passaggio, ma che in ogni caso era diventata una delle attrici più popolari al mondo. Un marito fuori posto (1930), dove Joan interpretò una ragazza viziata domata nel selvaggio West, la affiancò a Johnny Mack Brown e Ricardo Cortez. Anche se il film ebbe problemi con la censura, ottenne un grande successo al momento della sua uscita. Ragazze che sognano (1930), con Robert Montgomery e Anita Page, fu l'ultimo film del cosiddetto filone Our Dancing Daughters e rappresentò il maggior successo fino ad allora ottenuto da Joan, sia dal punto di vista critico che finanziario, rispetto ai suoi precedenti film parlati, diventando anche uno dei suoi film preferiti. Il film rappresentava anche il tramonto della generazione della maschietta anni '20. Nel settembre 1930 iniziò la lavorazione di Great Day, un musical di Vincent Youmans, tratto da un lavoro in scena a Broadway. Joan era stata proposta da Irving Thalberg, che credeva nella possibilità di fare di lei una star del musical, ma Joan non ne era affatto convinta. Stanca di interpretare ruoli da ingenua, fece visionare i giornalieri a Mayer stesso, che fu d'accordo con la diva di accantonare il progetto del film, che fu poi proposto per Jeanette MacDonald, ma non venne mai realizzato. Joan voleva passare al dramma vero e proprio, senza musica e danze sfrenate. Il suo successivo film fu Debito d'odio (1930), con Robert Armstrong, che costituì un cambiamento netto rispetto al passato, malgrado Mayer fosse poco convinto di affidare una parte così audace a Joan, ma alla fine dovette cedere in quanto Norma Shearer, destinata per il ruolo, era incinta. Il film si rivelò un grande successo al botteghino, affermando Joan come interprete sofisticata e drammatica. Nel 1931 la MGM la ingaggiò per cinque film. Tre di loro la videro al fianco della più grande stella maschile dello studio, il “re di Hollywood” Clark Gable. La via del male, uscito nel febbraio del 1931, fu il primo film della coppia Crawford e Gable e si rivelò un grande successo al botteghino. Mayer intuì che il successo non era dovuto solo alle scene del bagno notturno con una Crawford in biancheria intima, ma dalla chimica tra Gable e Crawford. Il loro secondo film insieme, Laughing Sinners, uscito nel maggio del 1931, fu diretto da Harry Beaumont e co-interpretato da Neil Hamilton. Gable fu inserito all'ultimo minuto, e furono girate delle nuove scene con la coppia. Il più grande successo della coppia Crawford-Gable fu L'amante, il loro terzo film insieme, uscito in ottobre e diretto da Clarence Brown. Il film definì il personaggio che la Crawford avrebbe interpretato in molti successivi film, la giovane lavoratrice che raggiunge il benessere economico e la stabilità sentimentale. L'amante risentiva anche della libertà della produzione realizzata in epoca antecedente all'entrata in vigore del Codice Hays; nel film veniva infatti mostrata una coppia non unita nel vincolo del matrimonio, ma che viveva liberamente il rapporto sentimentale. Per questo motivo il film ebbe problemi con la censura in Inghilterra. Questi film furono immensamente popolari presso il pubblico e vennero generalmente ben accolti dalla critica, rendendo Joan una delle migliori stelle femminili del decennio della MGM, insieme a Norma Shearer, Greta Garbo e Jean Harlow. Il suo unico altro film degno di nota del 1931, This Modern Age, uscì ad agosto e, nonostante le recensioni sfavorevoli, fu un discreto successo. La MGM la scritturò per il film Grand Hotel, diretto da Edmund Goulding. In questa prima produzione all-star dello studio, la Crawford recitò, tra gli altri, al fianco di Greta Garbo, John Barrymore e Wallace Beery. Interpretava una stenografa della classe media per il direttore generale di controllo Beery. Crawford in seguito dichiarò di essere stata nervosa durante le riprese del film, perché lavorava con "star molto grandi", e che era delusa dal fatto che non avesse scene con la "divina Garbo". Grand Hotel uscì nell'aprile 1932 con successo di critica e commerciale. Fu uno dei film di maggior successo dell'anno e vinse l'Oscar come Miglior film. Joan continuò con successo la sua carriera con Ritorno (1932). Poco dopo l'uscita di questo film, una causa di plagio costrinse la MGM a ritirare la pellicola che, per molti anni, non fu mai trasmesso in televisione, né reso disponibile su home video ed è quindi considerato il film "perduto" di Joan. L'abito con le grandi maniche a volant, disegnato da Adrian, che Crawford indossava nel film, divenne un modello molto popolare, e fu persino copiato da Macy's. In prestito alla United Artists, Crawford interpretò la prostituta Sadie Thompson in Pioggia (1932), una versione cinematografica della commedia del 1923 di John Colton. Il personaggio era già stato interpretato sul palcoscenico da Jeanne Eagels e Gloria Swanson lo aveva interpretato sullo schermo nella versione cinematografica del 1928. Il film fu accolto sfavorevolmente dalla critica e dal pubblico, e Joan riceveva lettere da fan indignati delusi del ruolo “dozzinale” e “volgare”. Delusa, Joan si prese una vacanza con Fairbanks Jr., una sorta di seconda luna di miele per recuperare il rapporto con il marito. Il film Pioggia fu in seguito rivalutato dagli studiosi e dalla critica, che definì l'interpretazione come la più impegnativa della carriera di Joan, evidenziando un lavoro profondo sul personaggio. Nel 1932 l'uscita di Top Ten Money Making Stars Poll spinse Crawford al terzo posto al botteghino, dietro a Marie Dressler e Janet Gaynor. Nel maggio del 1933 Crawford divorziò da Douglas Fairbanks Jr. per "crudeltà mentale", sostenendo che Fairbanks aveva "un atteggiamento geloso e sospettoso" nei confronti dei suoi amici e che avevano "atteggiamenti violenti su questioni banali" che duravano "fino a tarda notte". Dopo il divorzio, fu nuovamente affiancata da Clark Gable, insieme a Franchot Tone e Fred Astaire, nel film di successo La danza di Venere (1933). Fu il primo film in coppia con Tone, attore teatrale di New York, con il quale i rapporti furono inizialmente ostili, ma Tone rimase colpito dall'intelligenza e dal fascino di Joan. Tone e Joan erano apparsi per la prima volta insieme in Rivalità eroica (1933), ma la Crawford era esitante a intraprendere una nuova relazione così presto dopo la sua separazione da Fairbanks. Successivamente l'attrice interpretò il ruolo principale in Tormento (1934) al fianco di Tone e Gene Raymond. Recitò con Clark Gable per la quinta volta in Incatenata (1934) e per la sesta volta in La donna è mobile (1934). I film di Joan di quest'epoca furono i film più popolari e di maggior incasso della metà degli anni Trenta. Nel 1935 Crawford sposò Franchot Tone, che pianificò di utilizzare i suoi guadagni cinematografici per finanziare il suo gruppo teatrale. La coppia costruì un piccolo teatro nella casa della Crawford a Brentwood e mise in scena produzioni di classici per gruppi selezionati di amici. Tone intuiva che Joan aveva un grande talento e avvicinò la moglie al mondo della radio, recitando insieme in alcuni spettacoli radiofonici classici del teatro, da Lucrezia Borgia ad Antonio e Cleopatra. Il marito cercò di convincere Joan a salire su un palcoscenico, ma l’attrice era troppo timorosa di affrontare il pubblico dal vivo. Prima e durante il loro matrimonio, Joan lavorò per promuovere la carriera di Hollywood di Tone, i cui ruoli erano generalmente quelli del secondo corteggiatore sconfitto nei film della moglie. L'attore non era comunque così interessato ad essere una star del cinema, i suoi rapporti con Mayer erano ostili (Tone aveva simpatie comuniste), e preferiva il teatro. Dopo che Tone cominciò a bere e divenne fisicamente violento, Crawford chiese il divorzio, che fu concesso nel 1939. Crawford e Tone molto più tardi ricostruirono la loro amicizia e Tone le propose nel 1964 di risposarlo. Quando morì nel 1968, Crawford ordinò che venisse cremato e le sue ceneri sparse a Muskoka Lakes, in Canada. Joan continuò la sua carriera ai vertici della popolarità fino alla metà degli anni Trenta. No More Ladies (1935), cointerpretato con Robert Montgomery e l'allora marito Franchot Tone, fu un successo. Crawford aveva a lungo pregato il capo della MGM, Louis B. Mayer, di affidarle ruoli più drammatici e, sebbene fosse riluttante, il produttore la scelse per il sofisticato dramma comico Io vivo la mia vita (1935), diretto da W. S. Van Dyke. Nel film, ispirato al successo di Accadde una notte, Joan interpreta una viziata ereditiera che importuna un cinico archeologo interpretato Brian Aherne. Il film si rivelò un grande successo, anche se non aggiungeva nulla di nuovo alla produzione di quell'anno, e in più Joan non si rivelò adatta al genere della screwball comedy. Successivamente recitò in Troppo amata (1936), con Robert Taylor, Lionel Barrymore e Tone, un successo di critica e di botteghino, uno dei maggiori di Crawford del decennio. Amore in corsa (1936), una commedia romantica diretta da W.S. Van Dyke, fu il suo settimo film con Clark Gable. Al momento della sua uscita, venne definito "un sacco di sciocchezze felici" dalla critica, ma fu comunque un successo di pubblico. Joan rimase una delle principali attrici della MGM e i suoi film incassarono bene, ma la sua popolarità diminuì verso la fine degli anni 1930. Nel 1937 la Crawford fu proclamata la prima "regina dei film" dalla rivista Life. Quello stesso anno però, inaspettatamente, scivolò dal settimo al sedicesimo posto come incassi, e anche la sua popolarità presso il pubblico cominciò a calare. Recitò nella commedia drammatica di Richard Boleslawski La fine della signora Cheyney (1937) al fianco di William Powell nel loro unico film insieme. Il film fu anche l'ultimo successo al botteghino di Joan prima dell'inizio del suo periodo "Box-Office Poison". Recitò al fianco di Franchot Tone per la settima e ultima volta in La sposa vestiva di rosa (1937). Il film fu generalmente recensito in modo sfavorevole da parte dei critici, uno dei quali lo definì "la solita storia risciacquata" che Joan aveva recitato per anni. Il film perse anche soldi, diventando uno dei più grandi fallimenti dell'anno. Alla regia vi fu l’unica regista femminile di Hollywood, Dorothy Arzner; il film all'origine era molto diverso, era stata inizialmente scelta Luise Rainer che poi abbandonò la parte senza un motivo chiaro, e raccontava la storia di redenzione di una prostituta. Joan voleva interpretare la parte, ma Mayer, per tutelare la sua importante attrice, fece cambiare la trama rendendolo un film standard alla Joan Crawford. Il film successivo, La donna che voglio, aveva il compito, come dichiarato dal New York Times, di "ripristinare Joan sul trono di regina delle ragazze lavoratrici". Affiancata a Spencer Tracy, i rapporti tra i due non furono i migliori. Tracy recitò senza particolare interesse, ma risultò agli occhi della critica il più convincente e spontaneo. La maggior parte delle altre recensioni furono positive e il film produsse un piccolo profitto. Frank S. Nugent scrisse sul New York Times: “Abbiamo avuto l’impressione che gli sceneggiatori avessero invertito i ruoli e cioè che Mr Tracy fosse il bravo ragazzo lavoratore e Miss Crawford la plutocrate” Dopo l'apice. Il "veleno del botteghino" (1938-1945) Il 3 maggio 1938 la Crawford - insieme a Greta Garbo, Norma Shearer, Luise Rainer e John Barrymore, Katharine Hepburn, Fred Astaire, Dolores del Río e altri - fu soprannominata "Box Office Poison", cioè "veleno del botteghino", in una lettera aperta nell'Independent Journal. La lista fu scritta da Harry Brandt, presidente della Independent Theatre Owners Association of America. Brandt sosteneva che mentre queste stelle avevano abilità drammatiche "indiscusse", i loro alti stipendi non si traducevano in alte vendite di biglietti, danneggiando così gli operatori cinematografici. Il suo film successivo, Ossessione del passato (1938), interpretato da Margaret Sullavan e Melvyn Douglas, e scelto dalla stessa Crawford durante un viaggio a New York alla ricerca di parti interessanti nei teatri di Broadway, fu ben accolto dalla critica, ma fu una delusione al botteghino. Joan fu valutata per interpretare Rossella O’Hara in Via col vento. Selznik pensava di puntare sull'affiatamento tra Gable e Crawford, ma alla fine Joan non fece mai un provino per la parte. George Cukor, grande amico di Joan, la volle nel 1939 con il ruolo Crystal Allen in Donne; nel film avrebbe affrontato la sua nemesi professionale, Norma Shearer. Fu il primo film con un cast completamente femminile. Mayer, preoccupato che il personaggio ne uscisse completamente sconfitto, impose una riscrittura della scena finale, con una battuta finale d’effetto per Joan. Joan non ebbe le simpatie del pubblico in questo film, ma suscitò le risate per la battuta finale “Tra l’altro ci sarebbe un nome per voi signore, ma non si usa nell'alta società... ma nelle vaccherie” consolò Mayer. Un anno dopo interpretò un ruolo drammatico in L'isola del diavolo (1940), il suo ottavo e ultimo film con Clark Gable. Il film fu caratterizzato da una disputa fuori dal set tra Gable e Crawford per chi dovesse avere il primo nome sul cartellone. I rapporti tra i due erano diventati molto freddi già dopo il matrimonio di Gable con Carole Lombard, ma anche quando Gable le propose un ruolo in Parnell, Joan si era rifiutata di essere il secondo nome in cartellone. Alla fine la disputa venne risolta da Mayer, Gable ebbe il cartellone e Joan i titoli di testa. In seguito recitò come ricattatrice sfigurata in Volto di donna (1941), un remake del film svedese En kvinnas ansikte recitato da Ingrid Bergman nel ruolo principale tre anni prima. Mentre il film fu solo un moderato successo al botteghino, la sua recitazione fu apprezzata da molti critici e Joan attribuì il successo della sua interpretazione a George Cukor. Nel 1942 aveva recitato in Tutti baciarono la sposa, della Columbia, nel ruolo assegnato a Carole Lombard che però morì prematuramente in un incidente aereo. Joan decise di devolvere il suo compenso a varie opere di carità in memoria della Lombard. Ma l’interpretazione risentì dello stato d’animo di Joan, una donna in carriera che tende più alla strega castrante che non alla femminista comica e irruente come avrebbe voluto probabilmente la Lombard. Seguirono i film ad ambientazione bellica, La grande fiamma (1942) con John Wayne, sull’occupazione nazista a Parigi, e Al di sopra di ogni sospetto (1943) con Fred MacMurray, in cui i due interpretano una coppia coinvolta dal servizio segreto britannico in una missione spionistica in Germania. Il film ebbe problemi con la censura, in quanto veniva mostrata la morte di un agente nazista e il crimine rimaneva “impunito”. La reazione della censura mostrava l’atteggiamento di Hollywood nei confronti della guerra. Dopo diciotto anni, il contratto con la MGM fu rescisso di comune accordo il 29 giugno 1943. Poiché il contratto prevedeva che Joan Crawford recitasse in un ulteriore film, la MGM pagò come indennizzo. Durante la seconda guerra mondiale fu membro dei servizi volontari delle donne americane. Joan adottò il suo primo figlio, una bambina, nel 1940. Poiché era nubile, la legge della California le impediva di adottare la bambina, quindi organizzò l'adozione tramite un'agenzia a Las Vegas. La bambina fu temporaneamente chiamata Joan finché Crawford non cambiò il suo nome in Christina. Joan sposò l'attore Phillip Terry il 21 luglio 1942 dopo un corteggiamento di sei mesi. Insieme, la coppia adottò un figlio che chiamarono Christopher, ma la sua madre naturale reclamò il bambino. Christina in Mammina cara raccontò quel poco che ricordava di quel momento, in particolar modo le urla di rabbia di Joan contro la madre naturale del bambino. La coppia adottò successivamente un altro bambino, che chiamarono Phillip Terry, Jr. Dopo che il matrimonio terminò nel 1946, la Crawford cambiò il nome del bambino in Christopher Crawford. L'Oscar e il rilancio (1945-1959) Il 1º luglio 1943 la Crawford firmò con la Warner Brothers per un contratto di tre film e . Il suo primo film per lo studio fu Hollywood Canteen (1944), un film all-star a sostegno delle truppe americane, in cui recitò con molte altre stelle del cinema del momento. La Crawford dichiarò che uno dei motivi principali per cui firmò con la Warner Brothers era perché voleva interpretare il personaggio "Mattie" in una versione cinematografica del romanzo di Edith Wharton Ethan Frome (1911). Joan desiderava realizzare il film insieme a Bette Davis, ma la Davis rifiutò categoricamente di fare la parte della vecchia moglie tradita. Il film non venne mai prodotto. Joan aveva mostrato interesse per il ruolo principale de Il romanzo di Mildred (1945); Bette Davis fu invece la prima scelta dello studio, ma rifiutò il ruolo. Il regista Michael Curtiz non voleva che la Crawford recitasse la parte e spinse per avere Barbara Stanwyck. La Warner andò contro Curtiz e ingaggiò la Crawford per il film. Durante tutta la produzione del film, Curtiz criticò la Crawford, dicendo a Jack L. Warner: "Viene qui con le sue arie e le sue maledette spalline... perché dovrei sprecare il mio tempo dirigendo il passato?". Curtiz chiese a Crawford di dimostrare la sua idoneità facendo un provino. Lei era d'accordo. Dopo il provino, Curtiz accettò Joan Crawford. Il romanzo di Mildred fu un clamoroso successo critico e commerciale, riassumendo lo stile visivo noir e la sensibilità del dramma femminile caratteristici dei film della Warner della fine degli anni Quaranta. Con questo film Joan vinse il premio Oscar per la migliore attrice in un ruolo principale. Il successo di Il romanzo di Mildred rianimò la carriera cinematografica di Joan, diventando la preferita di Jack Warner. Joan aveva i copioni migliori a discapito di Bette Davis. Bette iniziò un declino qualitativo dei film fino alla rinascita con Eva contro Eva. Joan per diversi anni recitò in quelli che sono stati definiti "una serie di melodrammi di prim'ordine". Il suo successivo film fu Perdutamente (1946), interpretato con John Garfield, un dramma romantico su una storia d'amore tra un giovane violinista e una donna dell’alta società. Il film fu molto apprezzato dalla critica per la regia e la fotografia. La scena finale è descritta come “impregnata di morte e dignità” Recitò accanto a Van Heflin in Anime in delirio (1947), per il quale ricevette una seconda nomination all'Oscar, senza però vincerlo. In L'amante immortale (1947) apparve al fianco di Dana Andrews e Henry Fonda, in Viale Flamingo (1949) il suo personaggio ha una faida mortale con uno sceriffo del sud corrotto interpretato da Sydney Greenstreet. Apparve in un cameo in L'amore non può attendere (1949), prendendo in giro la propria immagine cinematografica. Nel 1950 recitò nel film noir I dannati non piangono e in Sola col suo rimorso. Dopo il completamento di Perdono (1952), un film che definì il "peggiore", chiese lo scioglimento del suo contratto con la Warner. In quel momento sentiva che la Warner stava perdendo interesse per lei e decise che era ora di cambiare strada. Joan decise di non legarsi con una casa di produzione, iniziando una carriera come attrice freelance. Nello stesso anno ricevette la sua terza e ultima nomination agli Oscar per So che mi ucciderai della RKO Radio Pictures. La Crawford adottò altri due bambini nel 1947, due ragazze che chiamò Cindy e Cathy, soprannominate “le gemelle”. Verso il tramonto (1960-1970) La Crawford sposò il suo quarto e ultimo marito, Alfred Steele, al Flamingo Hotel di Las Vegas il 10 maggio 1955. La Crawford e Steele si erano incontrati a una festa nel 1950, quando Steele era un dirigente della PepsiCo. Si incontrarono di nuovo a una festa di Capodanno nel 1954. Steele a quel tempo era diventato presidente della PepsiCo. Alfred Steele sarebbe stato in seguito nominato presidente del consiglio di amministrazione e amministratore delegato della società. La Crawford viaggiò molto per conto della Pepsi dopo il matrimonio. Stimò di aver percorso oltre miglia per la compagnia. Quando Steele morì di infarto nell'aprile del 1959, inizialmente la Pepsi comunicò alla Crawford che i suoi servizi non erano più necessari. Dopo aver raccontato la storia a Louella Parsons, la Pepsi cambiò la sua decisione e la Crawford fu nominata per occupare il posto vacante nel consiglio di amministrazione. Joan Crawford divenne il volto pubblicitario e pubblico dell’azienda. Ricevette il sesto "Pally Award" annuale, dalla forma di una bottiglia di bronzo Pepsi, un premio che veniva assegnato al dipendente che aveva dato il contributo più significativo alle vendite dell'azienda. Nel 1973 la Crawford fu costretta a ritirarsi dalla compagnia per volere del direttore generale Don Kendall. Anche se la Crawford si ritirò dalla Pepsi, continuò a ricevere uno stipendio simbolico. Dopo la sua nomination all'Oscar nel 1952 per So che mi ucciderai, la Crawford continuò a lavorare costantemente per il resto del decennio. Dopo dieci anni tornò con la MGM per recitare in La maschera e il cuore (1953), un dramma musicale incentrato sulla vita impegnativa di una stella del palcoscenico che si innamora di un pianista cieco, interpretato da Michael Wilding. I rapporti con il coprotagonista non furono molto cordiali e la Crawford non apprezzava l’humour inglese di Wilding. Anche se il film fu molto pubblicizzato come il grande ritorno di Joan Crawford, si rivelò un fallimento critico e finanziario. Nel 1954 recitò nel film western Johnny Guitar, con Sterling Hayden e Mercedes McCambridge; i diritti del romanzo furono comprati dalla stessa Crawford, il film fu finanziato dalla Republic Pictures specializzata in film western. Il film fu un discreto successo negli Stati Uniti, ma in Europa e in particolare modo in Francia divenne uno dei film prediletti della Nuovelle Vague per l’estetica del regista Nicholas Ray, citato anche da Truffaut. Recitò anche in Delitto sulla spiaggia (1955) con Jeff Chandler e in L'ape regina (1955) al fianco di John Ireland. L'ape regina, un melodramma ambientato nel sud, riscosse un discreto successo. Christina Crawford scrisse nel suo libro che in questo film sua madre recitò sé stessa, una donna subdola e manipolatrice. L'anno seguente recitò al fianco di un giovane Cliff Robertson in Foglie d'autunno (1956), un film che mostra un amore tra una donna matura e un giovane uomo. Interpretò un ruolo da protagonista in La storia di Esther Costello (1957), con protagonista Rossano Brazzi. Joan, che era rimasta quasi senza un soldo dopo la morte di Alfred Steele accettò un piccolo ruolo in Donne in cerca d'amore (1959). Sebbene non fosse la protagonista del film, ricevette recensioni positive. In seguito la Crawford lo avrebbe definito uno dei suoi ruoli preferiti. Tuttavia, all'inizio degli anni sessanta, le offerte di lavoro erano notevolmente diminuite. La Crawford recitò nei panni di Blanche Hudson, una vecchia star del cinema costretta su una sedia a rotelle, che vive nella paura della sorella psicotica Jane, nel thriller psicologico di grande successo Che fine ha fatto Baby Jane? (1962). Nonostante gli screzi pregressi tra le due attrici, fu la Crawford a suggerire Bette Davis per il ruolo di Jane. Le due stelle sostenevano pubblicamente che non c'era nessuna rivalità tra loro. Il regista, Robert Aldrich, spiegò che Davis e Crawford erano consapevoli dell'importanza del film per le rispettive carriere e commentò: "È giusto dire che si sono davvero detestate a vicenda, ma si sono comportate in modo assolutamente perfetto". Una volta terminate le riprese, le reciproche critiche che si rivolsero pubblicamente generarono una rivalità che durò per tutta la vita. Il film riscosse un enorme successo, coprendo i costi in undici giorni dalla sua uscita nazionale e ripristinando temporaneamente la carriera di Joan. Davis fu nominata per un premio Oscar per la sua interpretazione di Jane Hudson. La Crawford contattò segretamente tutti gli altri candidati all'Oscar nella categoria (Katharine Hepburn, Lee Remick, Geraldine Page e Anne Bancroft, tutte attrici che vivevano sulla costa est), per far sapere loro che se non potevano partecipare alla cerimonia, lei sarebbe stata felice di accettare l'Oscar per loro conto; tutti furono d'accordo. Sia Davis che Crawford erano presenti quando Anne Bancroft fu annunciata come vincitrice, e la Crawford accettò il premio per suo conto. Davis sostenne per il resto della vita che la Crawford aveva fatto campagna contro di lei, un'accusa che Joan negò sempre. Nello stesso anno Crawford interpretò Lucy Harbin nel film d'orrore di William Castle 5 corpi senza testa (1964). Robert Aldrich ingaggiò la Crawford e la Davis in Piano... piano, dolce Carlotta (1964). Dopo una presunta serie di molestie ad opera della Davis in Louisiana, la Crawford tornò a Hollywood ed entrò in un ospedale. Dopo una prolungata assenza, durante la quale la Crawford fu accusata di fingere di essere malata, Aldrich fu costretto a sostituirla con Olivia de Havilland. La Crawford affermò di essere stata devastata dalla notizia, dicendo: "Ho sentito la notizia della mia sostituzione alla radio, sdraiata nel mio letto d'ospedale... ho pianto per nove ore". Crawford nutrì rancori contro Davis e Aldrich per il resto della sua vita, dicendo di Aldrich: "È un uomo che ama le cose cattive, orrende e vili", al che Aldrich rispose: "Se la scarpa è della giusta misura, indossala, e io sono molto affezionato a Miss Crawford." Nonostante la sostituzione, un breve filmato di Joan Crawford appare nel film, quando è vista seduta in un taxi in un campo largo. Nel 1965 interpretò Amy Nelson in Gli occhi degli altri (1965), altro film di William Castle. Fu la protagonista Monica Rivers nel film dell'orrore di Herman Cohen, Il cerchio di sangue (1967). Dopo l'uscita del film, apparve come sé stessa nello sceneggiato The Lucy Show. L'episodio, "Lucy and the Lost Star", fu trasmesso per la prima volta il 26 febbraio 1968. Crawford fu in difficoltà durante le prove, e beveva molto, tanto che la protagonista della serie Lucille Ball suggerì di sostituirla con Gloria Swanson. Tuttavia, la Crawford recitò perfettamente la parte il giorno dello spettacolo, si esibì nel charleston, e ricevette due applausi a scena aperta dal pubblico dello studio. Nell'ottobre del 1968 la figlia di Crawford, Christina, che allora recitava a New York nella soap opera della CBS The Secret Storm, aveva bisogno di cure mediche immediate per un tumore alle ovaie. Nonostante il personaggio di Christina avesse 28 anni e la Crawford avesse sessant'anni, Joan si offrì di interpretare il ruolo di Christina fino a quando non si fosse ristabilita, e il produttore Gloria Monty accettò prontamente. Sebbene la Crawford avesse fatto delle prove eccellenti, durante la registrazione, come raccontò Christina, era “ubriaca fradicia”. Apparve nel film televisivo del 1969 Night Gallery (che servì da pilota per la serie che seguì), uno dei primi lavori di regia per Steven Spielberg. Apparve in un cameo nel primo episodio di The Tim Conway Show, in onda il 30 gennaio 1970. Recitò sul grande schermo un'ultima volta, interpretando il Dr. Brockton nel film horror di fantascienza di Freddie Francis Il terrore di Londra (1970), ponendo fine a una carriera che durava da 45 anni e più di ottanta film. La Crawford fece altre tre apparizioni televisive, come Stephanie White in un episodio del 1970 ("The Nightmare") di The Virginian e come Joan Fairchild (la sua ultima prova) in un episodio del 1972 ("Cara Joan: stiamo per spaventarti a morte") di The Sixth Sense. Gli ultimi anni e la morte (1970-1977) Nel 1970 la Crawford presentò il Cecil B. DeMille Award con John Wayne ai Golden Globes, trasmesso dall'Ambassador Hotel di Los Angeles. Tenne un discorso allo Stephens College, dove era stata studentessa per due mesi nel 1922. Nel 1962 Joan Crawford pubblicò la sua autobiografia, A Portrait of Joan, scritta con Jane Kesner Ardmore per la casa editrice Doubleday. Il successivo libro di Crawford, My Way of Life, fu pubblicato nel 1971 da Simon & Schuster. Quelli che si aspettavano un eccitante racconto furono delusi, anche se la meticolosità di Joan Crawford si rivelò nei consigli sulla toeletta, sul guardaroba, sull'esercizio fisico e persino sulla conservazione di cibo. L’uscita della serie televisiva Feud e il suo relativo successo portarono alla ristampa dei libri dell’attrice, mettendoli per la prima volta a disposizione in formato digitale per ebook. Nel settembre del 1973 Crawford si trasferì dall'appartamento 22-G in un appartamento più piccolo accanto (22-H) nel condominio Imperial House, 150 East 69th Street a New York. La sua ultima apparizione pubblica fu il 23 settembre 1974, durante una festa in onore della sua vecchia amica Rosalind Russell alla Rainbow Room di New York. La Russell soffriva a quel tempo di cancro al seno e artrite. Quando la Crawford vide le foto poco lusinghiere che apparvero sui giornali il giorno dopo, disse: "Se è così che mi vedono, allora non mi vedranno più". La Crawford cancellò tutte le apparizioni pubbliche, iniziò a declinare le interviste e uscì dal suo appartamento sempre meno. Le problematiche legate all'odontoiatria, compresi alcuni interventi che le avevano reso necessarie cure infermieristiche 24 ore su 24, la afflissero dal 1972 fino alla metà del 1975. Durante questo periodo divenne dipendente dagli antibiotici e tale circostanza, aggiungendosi al problema dell'alcolismo, nell'ottobre del 1974 le causò uno svenimento, in cui scivolando colpì la faccia. L'incidente la spaventò abbastanza da farla smettere di bere, ma insisteva che la sua decisione fosse dovuta al suo ritorno al cristianesimo scientista. L'incidente è riportato in una serie di lettere inviate alla sua compagnia di assicurazioni detenute negli archivi al 3º piano della New York Public Library for the Performing Arts; è stato anche documentato da Carl Johnnes nella sua biografia sull'attrice, Joan Crawford: The Last Years. Quando si trattava di politica personale, la Crawford si era schierata come democratica e sosteneva e ammirava molto le amministrazioni di John F. Kennedy e Franklin D. Roosevelt. Nella vita privata Joan Crawford non parlava di politica, non esponeva in maniera aperta opinioni sulla guerra e i diritti civili. Christina Crawford in Mammina cara raccontò che era molto difficile parlare di politica con la madre e, per molto tempo, non seppe se fosse democratica o repubblicana. L'8 maggio 1977 Crawford regalò la sua amata cagnetta Shih Tzu "Princess Lotus Blossom", essendo troppo debole per prendersi cura di lei. La Crawford morì due giorni dopo nel suo appartamento di New York per un infarto. Il funerale si tenne alla Campbell Funeral Home di New York, il 13 maggio 1977. Nel suo testamento, firmato il 28 ottobre 1976, la Crawford lasciò in eredità alle due figlie più piccole, Cindy e Cathy, dollari ciascuna da lei e di proprietà. Diseredò invece esplicitamente i due primogeniti, Christina e Christopher: "È mia intenzione non fare alcuna disposizione per mio figlio, Christopher, o mia figlia, Christina, per ragioni che sono ben note a loro". Ella non lasciò in eredità nulla a sua nipote, Joan Lowe (1933-1999, all'anagrafe Joan Crawford LeSueur, l'unica figlia del fratello Hal). La Crawford lasciò denaro alle sue associazioni di beneficenza preferite: l'USO di New York, la Motion Picture Home, l'American Cancer Society, la Muscular Dystrophy Association, l'American Heart Association e la Wiltwyck School for Boys. Il 16 maggio 1977, presso la chiesa unitaria di All Souls in Lexington Avenue a New York, si tenne una cerimonia commemorativa alla quale partecipò, tra gli altri, la sua vecchia amica di Hollywood Myrna Loy. Un'altra cerimonia commemorativa, organizzata da George Cukor, si tenne il 24 giugno nel Samuel Goldwyn Theatre, presso l'Academy of Motion Picture Arts and Sciences a Beverly Hills. La Crawford fu cremata e le sue ceneri furono collocate in una cripta con il suo quarto e ultimo marito, Alfred Steele, nel cimitero Ferncliff di Hartsdale. Le impronte delle mani e dei piedi di Joan Crawford sono immortalate nel piazzale del Grauman's Chinese Theatre su Hollywood Boulevard a Hollywood. Ha una stella sulla Hollywood Walk of Fame al 1752 Vine Street per i suoi contributi all'industria cinematografica. Playboy ha elencato Joan Crawford come #84 delle "100 donne più sexy del XX secolo". La Crawford è stata anche votata come decima maggior protagonista femminile del cinema americano classico dall'American Film Institute. Filmografia Cinema Orgoglio (Proud Flesh), regia di King Vidor (1925) La mosca nera, regia di Monta Bell (1925) (con il nome di Lucille Le Sueur) Schiava della moda (A Slave of Fashion), regia di Hobart Henley (1925) (non accreditata) La vedova allegra (The Merry Widow), regia di Erich von Stroheim (1925) (non accreditata) The Circle, regia di Frank Borzage (1925) Old Clothes, regia di Edward F. Cline (1925) The Only Thing, regia di Jack Conway (1925) (non accreditata) Sally, Irene and Mary, regia di Edmund Goulding (1925) Ben Hur (Ben Hur: A Tale of the Christ), regia di Fred Niblo (1925) (non accreditata) Di corsa dietro un cuore (Tramp, Tramp, Tramp), regia di Harry Edwards (1926) The Boob, regia di William A. Wellman (1926) Paris, regia di Edmund Goulding (1926) Winners of the Wilderness, regia di W. S. Van Dyke (1927) The Taxi Dancer, regia di Harry F. Millarde (1927) The Understanding Heart, regia di Jack Conway (1927) Lo sconosciuto (The Unknown), regia di Tod Browning (1927) Twelve Miles Out, regia di Jack Conway (1927) Spring Fever, regia di Edward Sedgwick (1927) L'allievo di West Point (West Point), regia di Edward Sedgwick (1927) Il bandito solitario (The Law of the Range), regia di William Nigh (1928) Rose-Marie, regia di Lucien Hubbard (1928) Amore e mare (Across to Singapore), regia di William Nigh (1928) Quattro mura (Four Walls), regia di William Nigh (1928) Le nostre sorelle di danza (Our Dancing Daughters), regia di Harry Beaumont (1928) Adriana Lecouvreur (Dream of Love), regia di Fred Niblo (1928) The Duke Steps Out, regia di James Cruze (1929) Tide of Empire, regia di Allan Dwan (1929) Ragazze americane (Our Modern Maidens), regia di Jack Conway (1929) L'indomabile (Untamed), regia di Jack Conway (1929) Hollywood che canta (The Hollywood Revue of 1929), regia di Charles Reisner (1929) Great Day, regia di Harry Beaumont e Harry A. Pollard (1930) Un marito fuori posto (Montana Moon), regia di Malcolm St. Clair (1930) Ragazze che sognano (Our Blushing Brides) (1930) Debito d'odio (Paid), regia di Sam Wood (1930) La via del male (Dance, Fools, Dance), regia di Harry Beaumont (1931) Laughing Sinners, regia di Harry Beaumont (1931) This Modern Age, regia di Nick Grinde (1931) L'amante (Possessed), regia di Clarence Brown (1931) I gioielli rubati (The Stolen Jools, The Slippery Pearls), regia di William C. McGann (1931) Grand Hotel, regia di Edmund Goulding (1932) Ritorno (Letty Lynton), regia di Clarence Brown (1932) Pioggia (Rain), regia di Lewis Milestone (1932) Rivalità eroica (Today We Live), regia di Howard Hawks e Richard Rosson (1932) La danza di Venere (Dancing Lady), regia di Robert Z. Leonard (1933) Sadie McKee, regia di Clarence Brown (1934) Incatenata (Chained), regia di Clarence Brown (1934) La donna è mobile (Forsaking All Others), regia di W.S. van Dyke (1934) No More Ladies, regia di Edward H. Griffith (1935) Io vivo la mia vita (I Live My Life), regia di W.S. Van Dyke (1935) Troppo amata (The Gorgeous Hussy), regia di Clarence Brown (1936) Amore in corsa (Love on the Run), regia di W.S. Van Dyke (1936) La fine della signora Cheyney (The Last of Mrs. Cheyney), regia di Richard Boleslawski (1937) La sposa vestiva di rosa (The Bride Wore Red), regia di Dorothy Arzner (1937) La donna che voglio (Mannequin), regia di Frank Borzage (1937) Ossessione del passato (The Shining Hour), regia di Frank Borzage (1938) Follie sul ghiaccio (The Ice Follies of 1939), regia di Reinhold Schünzel (1939) Donne (The Women), regia di George Cukor 1939) L'isola del diavolo (Strange Cargo), regia di Frank Borzage (1940) Peccatrici folli (Susan and God), regia di George Cukor (1940) Volto di donna (A Woman's Face), regia di George Cukor (1941) Quando le signore si incontrano (When Ladyes Meet), regia di Robert Z. Leonard (1941) Tutti baciarono la sposa (They All Kissed the Bride), regia di Alexander Hall (1942) La grande fiamma (Reunion in France), regia di Jules Dassin (1942) Al di sopra di ogni sospetto (Above Suspicion), regia di Richard Thorpe (1943) Ho baciato una stella (Hollywood Canteen), regia di Delmer Daves (1944) Il romanzo di Mildred (Mildred Pierce), regia di Michael Curtiz (1945) Perdutamente (Humoresque), regia di Jean Negulesco (1946) Anime in delirio (Possessed), regia di Curtis Bernhardt (1947) L'amante immortale (Daisy Kenyon), regia di Otto Preminger (1947) Viale Flamingo (Flamingo Road), regia di Michael Curtiz (1949) I dannati non piangono (The Damned Don't Cry), regia di Vincent Sherman (1950) Sola col suo rimorso (Harriet Craig), regia di Vincent Sherman (1950) Festa di laurea (Goodbye, My Fancy), regia di Vincent Sherman (1951) Perdono (This Woman Is Dangerous), regia di Felix E. Feist (1952) So che mi ucciderai (Sudden Fear), regia di David Miller (1952) La maschera e il cuore (Torch Song), regia di Charles Walters (1953) Johnny Guitar, regia di Nicholas Ray (1954) Delitto sulla spiaggia (Female on the Beach), regia di Joseph Pevney (1955) L'ape regina (Queen Bee), regia di Ranald MacDougall (1955) Foglie d'autunno (Autumn Leaves), regia di Robert Aldrich (1956) La storia di Esther Costello (The Story of Esther Costello), regia di David Miller (1957) Donne in cerca d'amore (The Best of Everything), regia di Jean Negulesco (1959) Che fine ha fatto Baby Jane? (What Ever Happened to Babe Jane?), regia di Robert Aldrich (1962) Donne inquiete (The Caretakers), regia di Hall Bartlett (1963) 5 corpi senza testa (Strait-Jacket), regia di William Castle (1964) Della, regia di Robert Gist (1964) Gli occhi degli altri (I Saw What You Did), regia di William Castle (1965) Il cerchio di sangue (Berserk), regia di Jim O'Connolly (1967) Gli assassini del karate (The Karate Killers), regia di Barry Shear (1967) Il terrore di Londra (Trog), regia di Freddie Francis (1970) Televisione General Electric Theater - serie TV, 3 episodi (1954-1959) Mistero in galleria (Night Gallery) - serie TV, episodio Night Gallery (Pilota), regia di Steven Spielberg (1969) Il virginiano (The Virginian) – serie TV, episodio 8x16 (1970) Sesto senso (The Sixth Sense) - serie TV, episodio 2x02 (1972) Film e documentari su Joan Crawford Hollywood: Style Center of the World, regia di Oliver Garver - filmati di repertorio (1940) Le dee dell'amore (The Love Goddesses) documentario, regia di Saul J. Turell - filmati di repertorio (1965) Mammina cara (Mommie Dearest), regia di Frank Perry (1981), interpretata da Faye Dunaway - film basato sul controverso libro di memorie scritto dalla figlia Christina The Casting Couch, regia di John Sealey - video con filmati di repertorio (1995) Feud - Bette & Joan, regia di Ryan Murphy (2017), interpretata da Jessica Lange - miniserie TV incentrata sulla sua storica rivalità con Bette Davis durante la lavorazione del film Che fine ha fatto Baby Jane? Riconoscimenti Premio Oscar 1946 – Miglior attrice per Il romanzo di Mildred 1948 – Candidatura alla miglior attrice per Anime in delirio 1953 – Candidatura alla miglior attrice per So che mi ucciderai Golden Globe 1953 – Candidatura alla miglior attrice in un film drammatico per So che mi ucciderai 1955 – Premio Cecil B. DeMille 1970 – Premio Cecil B. DeMille alla carriera Premio BAFTA 1963 – Candidatura alla miglior attrice straniera per Che fine ha fatto Baby Jane? New York Film Critics Circle Awards 1946 – Candidatura alla miglior attrice per Il romanzo di Mildred National Board of Review 1945 – Miglior attrice per Il romanzo di Mildred WAMPAS Baby Stars 1926 Omaggi e citazioni Alcune foto dell'attrice sono state utilizzate nell'artwork dell'album dei The Rolling Stones Exile on Main St. (1972) Il suo volto ha ispirato quello della strega Grimilde del film Disney Biancaneve e i sette nani e Crudelia De Mon nel film La carica dei cento e uno. I Blue Öyster Cult le hanno dedicato la canzone Joan Crawford. La band statunitense Sonic Youth ha intitolato una canzone Mildred Pierce (contenuta nell'album Goo del 1990), come il celebre film della Crawford; nel videoclip si vede anche la sua stella e le sue impronte sull'Hollywood Walk of Fame e una modella truccata come la diva americana. La prima stagione della serie televisiva americana Feud racconta la storia della leggendaria rivalità tra Bette Davis e Joan Crawford sul set del film Che fine ha fatto Baby Jane?. Doppiatrici italiane Tina Lattanzi in La danza di Venere, Ossessione del passato, Donne, L'isola del diavolo, Peccatrici folli, Quando le signore si incontrano, Tutti baciarono la sposa, Al di sopra di ogni sospetto, Ho baciato una stella, Il romanzo di Mildred, Perdutamente, Anime in delirio, Viale Flamingo, I dannati non piangono, Sola col suo rimorso, Perdono, La maschera e il cuore, Delitto sulla spiaggia Lydia Simoneschi in So che mi ucciderai, Johnny Guitar, Ape regina, Foglie d'autunno, La storia di Esther Costello, Donne in cerca d'amore, Che fine ha fatto Baby Jane?, Donne inquiete, 5 corpi senza testa, Gli occhi degli altri, Il cerchio di sangue Rosina Galli in La via del male, L'amante, Ritorno, Volto di donna Vittoria Febbi in La donna è mobile (ridoppiaggio), L'isola del diavolo (ridoppiaggio) Nella Maria Bonora in La grande fiamma Adriana De Roberto ne Il terrore di Londra Anna Magnani in Pioggia Gemma Griarotti in Grand Hotel (ridoppiaggio) Elettra Bisetti in Rivalità eroica (ridoppiaggio) Claudia Giannotti in La donna che voglio (ridoppiaggio) Fabrizia Castagnoli in Anime in delirio (ridoppiaggio) Daniela Gatti in L'amante immortale (ridoppiaggio 1983) Anna Teresa Eugeni in Festa di laurea (ridoppiaggio) Note Bibliografia Lawrence J. Quirk, The Films of Joan Crawford, The Citadel Press, Secaucus, New Jersey, 1968 ISBN 0-8065-0008-5 Shaun Considine, Bette & Joan: The Divine Feud, Frederick Muller 1989 - ISBN 0091741920 Voci correlate Celebrità della Hollywood Walk of Fame Altri progetti Collegamenti esterni Cinema muto statunitense Golden Globe alla carriera Dirigenti d'azienda statunitensi
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https://it.wikipedia.org/wiki/John%20Logie%20Baird
John Logie Baird
L'invenzione della televisione Dopo la prima guerra mondiale, più precisamente il 2 ottobre 1925, invia a distanza un'immagine televisiva vera e propria formata da 28 linee. Come soggetto si offre il suo fattorino William Taynton, che diviene quindi il primo uomo della storia a comparire in televisione. La televisione di Baird era costituita da un sistema di scansione meccanico: un disco di Nipkow girava davanti agli elementi sensibili di selenio, e istante dopo istante si otteneva un valore elettrico corrispondente alla luminosità di un punto dell'immagine, riga dopo riga. Il principio è insomma esattamente quello che viene usato ancor oggi, ma con un sistema di scansione elettronica. Il visore era costituito da un altro disco di Nipkow, che girava davanti ad una lampada al neon comandata dal segnale modulato a seconda della luminosità dei punti letti istante dopo istante: in pratica, si comandava la corrente di scarica del neon. I dischi dei due apparecchi (lo "scanner" e il visore) erano naturalmente sincronizzati. La televisione elettronica si impernia sul tubo catodico, né più né meno di come quella a scansione meccanica si fonda sul disco di Nipkow. Morì a 57 anni a causa di un ictus. Altri progetti Collegamenti esterni
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https://it.wikipedia.org/wiki/Johann%20Heinrich%20Lambert
Johann Heinrich Lambert
Biografia Lambert nacque nel 1728 a Mulhouse in Alsazia, allora repubblica indipendente associata della Svizzera. Nel campo della fisica lasciò importanti contributi in fotometria. Nel campo dell'astronomia risolse il problema della determinazione di un'orbita nello spazio, noto come problema di Lambert. A Lambert si deve la prima dimostrazione dell'irrazionalità di pi greco presentata all'Accademia delle scienze di Berlino nel 1761. Usando frazioni continue, egli provò che se è un razionale non nullo, allora è irrazionale. Essendo , che è razionale, allora e, pertanto, devono essere irrazionali. Diede un importante contributo allo studio delle proiezioni cartografiche, formulando sette proiezioni, fra cui la proiezione conica conforme di Lambert, la proiezione azimutale equivalente di Lambert e la proiezione cilindrica equivalente di Lambert. L'asteroide 187 Lamberta è stato intitolato in suo onore. Opere Photometria, (Basel 1760) nel quale fa ampio uso di grafici statistici di elevata qualità Neues Organon oder Gedanken über die Erforschung und Bezeichnung des Wahren und dessen Unterscheidung vom Irrthum und Schein. (Leipzig 1764) Anlage zur Architektonik, oder Theorie des Einfachen und Ersten in der philosophischen und mathematischen Erkenntnis in 2 volumi. (Riga 1771) Kosmologische briefe über die Einrichtung des Weltbaues. (Augsburg 1761) Logische und philosophische Abhandlungen. (Dessau 1782 - 1787) Deutscher gelehrter Briefwechsel. (Dessau 1782 - 1784) Die Theorie der Parallellinien. 1786 Philosophische Schriften 10 volumi in 13 tomi. Edizione iniziata da Hans Werner Arndt e completata da Lothar Kreimendahl. Hildesheim: Georg Olms, 1965-2008 Edizioni Traduzioni italiane Semeiotica e Fenomenologia. Antologia dal Nuovo Organo, a cura di Raffaele Ciafardone, Laterza, Bari 1973. Nuovo Organo, Traduzione e introduzione di Raffaele Ciafardone, Laterza, Bari 1977. Disegno dell'architettonica o teoria del semplice e del primo nella conoscenza filosofica e nella conoscenza matematica, a cura di Raffaele Ciafardone, Orthotes Editrice, Napoli-Salerno 2012. Note Bibliografia Paola Basso, Filosofia e geometria: Lambert interprete di Euclide, Firenze, La Nuova Italia, 1999. Raffaele Ciafardone, J. H. Lambert e la fondazione scientifica della filosofia, Urbino, Argalia, 1975. Raffaele Ciafardone, L'Illuminismo tedesco. Metodo filosofico e premesse etico-teologiche (1690-1765), Rieti, Editrice Il Velino, 1978 (Capitolo VII J.H. Lambert, un precursore della logistica contemporanea, pp. 159–204). Athanase Papadopoulos et Guillaume Théret, « La théorie des parallèles de Johann Heinrich Lambert : Présentation, traduction et commentaires », Collection Sciences dans l'histoire, Librairie Albert Blanchard, Paris, 2014. ISBN 978-2-85367-266-5. Maria Dello Preite, L'immagine scientifica del mondo di Johann Heinrich Lambert: razionalità ed esperienza, Bari, Dedalo libri, 1979. Fabio Todesco, Riforma della metafisica e sapere scientifico. Saggio su J. H. Lambert (1728-1777) Milano, Angeli, 1987. Altri progetti Collegamenti esterni Filosofi tedeschi del XVIII secolo Illuministi Matematici tedeschi
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https://it.wikipedia.org/wiki/Jacques%20Anquetil
Jacques Anquetil
Vincitore di cinque Tour de France, è anche uno dei soli sette corridori (il primo in ordine cronologico) ad essere riuscito ad imporsi in ciascuno dei tre maggiori giri nazionali (oltre al Tour de France, anche il Giro d'Italia e la Vuelta a España). Vinse anche nella stessa stagione (1964) il Giro d'Italia e il Tour de France, impresa prima di lui riuscita al solo Fausto Coppi, divenendo inoltre dodici mesi prima il primo (e finora unico insieme a Bernard Hinault e Chris Froome) a trionfare al Tour e alla Vuelta nello stesso anno. Carriera Fu uno dei più grandi ciclisti di tutti i tempi. Professionista dal settembre del 1953 (a soli 19 anni) al 1969 con 205 vittorie. Viene considerato dagli esperti uno dei più forti cronoman della storia del ciclismo, essendosi messo in luce fin dal giorno che, ancora diciannovenne, partecipò nel settembre 1953 al Grand Prix des Nations, gara di 140 km a cronometro, e vinse con più di 6 minuti di vantaggio sul secondo classificato. Egli fece sua ben nove volte (le prime sei consecutivamente, dal 1953 al 1958) questa prova, che allora era considerata un informale campionato del mondo a cronometro. In tutto, ha vinto nella sua carriera ben 60 prove a cronometro contro avversari tra i più qualificati. La sua evidente potenza nel mulinare i lunghi rapporti è stata alla base di molte delle 26 vittorie nelle gare a tappe che fanno parte del suo bottino. È indubbia la sua caratteristica di corridore tattico, e talvolta poco spettacolare, che gli ha consentito di vincere più volte nei grandi Giri. Egli in genere ha costruito le sue maggiori vittorie con una costante supremazia, a volte schiacciante, nelle tappe a cronometro. Tuttavia spesso ha vinto o ha fatto registrare grandi performance anche in tappe di montagna molto selettive, per cui in definitiva la sua arma migliore è stata la sua regolarità su tutti i terreni. Miguel Indurain è forse il ciclista che più si è approssimato al suo profilo nei decenni successivi. La sua specializzazione nelle gare a tappe ha frenato la ricerca della vittoria nelle classiche di un giorno, cosicché soltanto le prestigiose classiche Gand-Wevelgem, Liegi-Bastogne-Liegi e Bordeaux-Parigi fanno spicco nel suo palmarès. Anquetil nel 1956 lanciò la sfida al record dell'ora di Fausto Coppi. La prima volta fallì, ma al secondo tentativo diventò primatista con km 46,159. Anquetil fu a sua volta superato qualche mese più tardi da Ercole Baldini, con km 46,393. Non essendo un velocista né un fondista, non conquistò mai la maglia di campione del mondo, anche se ci andò vicino nel 1966, anno in cui arrivò secondo battuto dal tedesco Rudi Altig. Fu decorato con la Legion d'Onore il 5 ottobre dello stesso anno. Erede di Louison Bobet, fu antagonista di Fausto Coppi, ormai anziano, e di Charly Gaul e Federico Bahamontes, specialisti della salita. A cavallo degli anni sessanta, la sua popolarità dovette fare i conti con corridori più spettacolari provenienti dall'Italia, Francia e Belgio, come Ercole Baldini, André Darrigade e Rik Van Looy. Suo grande rivale in Francia è stato Raymond Poulidor, "l'eterno secondo", con il quale ha intavolato memorabili duelli. Quello più famoso e drammatico ebbe luogo al Tour del 1964, che vide Anquetil prevalere su Poulidor dopo alterne vicende, per soli 55". Importantissimo fu il suo sodalizio con Raphaël Géminiani, un grande campione degli anni cinquanta, che in qualità di direttore tecnico lo seguì dal 1962 al 1969, illuminandolo nelle tattiche di gara e nelle scelte della carriera. Forse avrebbe potuto cogliere ancora più successi, ma era incline alle distrazioni e agli eccessi: certamente non lo agevolarono una vita privata piuttosto movimentata e abitudini alimentari molto diverse da quelle abitualmente adottate dagli sportivi. Finita la carriera da ciclista, è stato commissario tecnico della nazionale francese ai mondiali. Un cancro allo stomaco mise fine prematuramente alla sua vita. Jacques Anquetil morì nel 1987 e venne sepolto nel cimitero di Quincampoix. Palmarès Strada 1953 (La Française, quattro vittorie) Grand Prix des Nations (cronometro) 2ª tappa Tour de la Manche (Avranches, cronometro) Classifica generale Tour de la Manche Gran Premio Vanini - Lugano (cronometro) 1954 (La Perle, tre vittorie) Grand Prix des Nations (cronometro) 5ª tappa Parigi-Nizza (Cannes > Nizza, cronometro) Gran Premio Vanini - Lugano (cronometro) 1955 (La Perle, due vittorie) Grand Prix des Nations (cronometro) Gran Premio Martini (cronometro) 1956 (Bianchi & Helyett, due vittorie) Grand Prix des Nations (cronometro) Gran Premio Martini (cronometro) 1957 (Bianchi & Helyett, dieci vittorie) Grand Prix des Nations (cronometro) Grand Prix des Oeuvres sociales-Daumesnil 5ª tappa, 1ª semitappa Parigi-Nizza (Alès > Uzès, cronometro) Classifica generale Parigi-Nizza 3ª tappa, 2ª semitappa Tour de France (Caen > Rouen) (cronometro) 9ª tappa Tour de France (Besançon > Thonon-les-Bains) 15ª tappa, 2ª semitappa Tour de France (Circuito del Montjuïc) (cronometro) 20ª tappa Tour de France (Bordeaux > Libourne) Classifica generale Tour de France Gran Premio Martini (cronometro) 1958 (Helyett, otto vittorie) Grand Prix des Nations (cronometro) 5ª tappa, 1ª semitappa Parigi-Nizza (Uzès > Vergèze, cronometro) 4ª tappa Quatre Jours de Dunkerque (Dunkerque > Dunkerque, cronometro) Classifica generale Quatre Jours de Dunkerque Grand Prix de Rousies Classifica generale Grand Prix Marvan Gran Premio Martini (cronometro) Gran Premio Campari - Lugano (cronometro) 1959 (Helyett, sette vittorie) 5ª tappa, 1ª semitappa Parigi-Nizza (Saint-Mamert > Vergèze, cronometro) 4ª tappa Quatre Jours de Dunkerque (Dunkerque, cronometro) Classifica generale Quatre Jours de Dunkerque 2ª tappa Giro d'Italia (Salsomaggiore Terme, cronometro) 19ª tappa Giro d'Italia (Torino > Susa, cronometro) Gran Premio Martini (cronometro) Gran Premio Campari - Lugano (cronometro) 1960 (Helyett, sei vittorie) 4ª tappa, 2ª semitappa Tour de Romandie (Morges > Nyon) (cronometro) 9ª tappa, 2ª semitappa Giro d'Italia (Carrara > Cave di Carrara, cronometro) 14ª tappa Giro d'Italia (Seregno > Lecco, cronometro) Classifica generale Giro d'Italia Trofeo Tendicollo Universal (cronometro) Gran Premio Campari - Lugano (cronometro) 1961 (Helyett, undici vittorie) Critérium National de la Route (cronometro) Grand Prix des Nations (cronometro) 6ª tappa, 1ª semitappa Parigi-Nizza (Beaucaire > Vergèze, cronometro) Classifica generale Parigi-Nizza Trofeo Tendicollo Universal (cronometro) 2ª tappa, 2ª semitappa Tour de Romandie (Bulle > Friburgo, cronometro) 9ª tappa Giro d'Italia (Castellana Grotte > Bari, cronometro) 1ª tappa, 2ª semitappa Tour de France (Versailles > Versailles, cronometro) 19ª tappa Tour de France (Bergerac > Périgueux, cronometro) Classifica generale Tour de France Gran Premio Campari - Lugano (cronometro) 1962 (Saint-Raphaël, quattro vittorie) 8ª tappa, 2ª semitappa Tour de France (Luçon > La Rochelle, cronometro) 20ª tappa Tour de France (Bourgoin > Lione, cronometro) Classifica generale Tour de France Trofeo Baracchi (cronometro, con Rudi Altig) 1963 (Saint-Raphaël, tredici vittorie) 2ª tappa, 2ª semitappa Critérium National de la Route (cronometro) Classifica generale Critérium National de la Route 6ª tappa, 1ª semitappa Parigi-Nizza (Montpellier > Vergèze, cronometro) Classifica generale Parigi-Nizza 1ª tappa, 2ª semitappa Vuelta a España (Mieres > Gijón, cronometro) Classifica generale Vuelta a España 6ª tappa, 1ª semitappa Critérium du Dauphiné Libéré (Avignone > Bollène, cronometro) Classifica generale Critérium du Dauphiné Libéré 6ª tappa, 2ª semitappa Tour de France (Angers, cronometro) 10ª tappa Tour de France (Pau > Bagnères de Bigorre) 17ª tappa Tour de France (Val d'Isère > Chamonix) 19ª tappa Tour de France (Arbois > Besançon, cronometro) Classifica generale Tour de France 1964 (Saint-Raphaël, nove vittorie) 1ª tappa Critérium National de la Route Gand-Wevelgem 5ª tappa Giro d'Italia (Parma > Busseto, cronometro) Classifica generale Giro d'Italia 9ª tappa Tour de France (Briançon > Monaco) 10ª tappa, 2ª semitappa Tour de France (Hyères > Tolone, cronometro) 17ª tappa Tour de France (Peyrehorade > Bayonne, cronometro) 22ª tappa, 2ª semitappa Tour de France (Versailles > Parigi, cronometro) Classifica generale Tour de France 1965 (Ford France, quattordici vittorie) 2ª tappa, 2ª semitappa Critérium National de la Route (Revel, cronometro) Classifica generale Critérium National de la Route Grand Prix des Nations (cronometro) Bordeaux-Parigi 6ª tappa, 1ª semitappa Parigi-Nizza (Pont-Saint-Esprit > Bagnols-sur-Cèze, cronometro) Classifica generale Parigi-Nizza Le Mont Faron – Chrono 3ª tappa Critérium du Dauphiné Libéré (Saint-Étienne > Oyonnax) 5ª tappa Critérium du Dauphiné Libéré (Thonon-les-Bains > Chambéry) 7ª tappa, 2ª semitappa Critérium du Dauphiné Libéré (Saint-Marcellin > Romans-sur-Isère, cronometro) Classifica generale Critérium du Dauphiné Libéré Gran Premio di Castrocaro Terme (cronometro) Gran Premio Cynar - Lugano (cronometro) Trofeo Baracchi (cronometro, con Jean Stablinski) 1966 (Ford France, sei vittorie) Classifica generale Giro di Sardegna Liegi-Bastogne-Liegi Grand Prix des Nations (cronometro) 8ª tappa Parigi-Nizza (Antibes > Nizza) Classifica generale Parigi-Nizza 6ª tappa, 2ª semitappa Volta Ciclista a Catalunya (Sant Feliu de Llobregat > Lloret de Mar, cronometro) 1967 (Bic, quattro vittorie) Critérium National de la Route (cronometro) Circuit de la forêt de la Joux 7ª tappa, 2ª semitappa Volta Ciclista a Catalunya (cronometro) Classifica generale Volta Ciclista a Catalunya 1968 (Bic, due vittorie) Gran Prix du Petit Varois Trofeo Baracchi (cronometro, con Felice Gimondi) 1969 (Bic, una vittoria) Classifica generale Vuelta al País Vasco Altri successi 1954 (La Perle) Plonéour-Lanvern (Criterium) Brasschaat (Criterium) 1955 (La Perle) Critérium des Boulevards (Criterium) Bol d'or des Monédières/Tulle (Criterium) 1956 (Bianchi & Helyett) Record dell'ora (46,159 km) Rouen-les-Essarts (Criterium) Sallanches (Criterium) Nantua (Criterium) Chateau-Chinon-Ville (Criterium) 1957 (Bianchi & Helyett) Algeri (Criterium) Challenge Sedis Huy (Criterium) Langon (Criterium) 1958 (Helyett) Decize (Criterium) Rousies (Criterium) Chateau-Chinon-Ville (Criterium) 1959 (Helyett) Azencriterium (Criterium) Yvetot (Criterium) Saint-Servan (Criterium) GP Ouagadougou (Criterium) 1960 (Helyett) Évreux (Criterium) Azencriterium (Criterium) Les Avenières (Criterium) Romans-sur-Isère (Criterium) Sallanches (Criterium) Trophée Gentil Chateau-Chinon-Ville (Criterium) 1961 (Helyett) Annemasse (Criterium) Moulins-Engilbert (Criterium) Tolone (Criterium) Challenge Pernod 1962 (Saint-Raphaël) Circuit de l'Aulne (Criterium) Bol d'or des Monédières/Tulle (Criterium) Ronde Mayennaise (Criterium) Quimper (Criterium) Vichy (Criterium) Vienne (Criterium) 1963 (Saint-Raphaël) Circuit d'Auvergne (Criterium) Azencriterium (Criterium) Ferrière-la-Grande (Criterium) Sallanches (Criterium) Trophée Gentil Chateau-Chinon-Ville (Criterium) Bussières (Criterium) Challenge Pernod 1964 (Saint-Raphaël) Évreux (Criterium) Alençon (Criterium) Commentry (Criterium) Graignes (Criterium) La Châtaigneraie (Criterium) Oradour-sur-Glane (Criterium) Quiberon (Criterium) Saussignac (Criterium) 1965 (Ford France) Arras (Criterium) Châteaugiron (Criterium) Challenge Sedis (Criterium) Azencriterium (Criterium) Gouesnou (Criterium) La Limouzinière (Criterium) Meaux (Criterium) G.P. de Saint-Hilaire-du-Harcouët/Circuit Moulin de Virey (Criterium) 1966 (Ford France) Boulogne-sur-Mer (Criterium) La Limouzinière (Criterium) Miramas (Criterium) Pléaux (Criterium) G.P. de Saint-Hilaire-du-Harcouët/Circuit Moulin de Virey (Criterium) 1967 (Bic) Auxerre (Criterium) Censeau (Criterium) Brette-les-Pins (Criterium) Flers-de-l'Orne (Criterium) 1968 (Bic) Circuit de l'Aulne (Criterium) Ronde d'Aix-en-Provence (Criterium) La Rochelle (Criterium) Circuit des genêts verts (Criterium) Saint-Claud (Criterium) Soissons (Criterium) GP Petit Varois (Criterium) Prix de la Libération (Criterium) Périers (Criterium) 1969 (Bic) Bourg (Criterium) Bourg-en-Bresse (Criterium) Châteaugiron (Criterium) Route Bretonne (Criterium) Londinières (Criterium) Rouen (Criterium) Saint-Just (Criterium) Saint-Thomas-de-Cônac (Criterium) Sarreguemines (Criterium) Vayrac (Criterium) Curac (Criterium) La Clayette (Criterium) Flers-de-l'Orne (Criterium) Pista 1957 Sei giorni di Parigi 1958 Sei giorni di Parigi Piazzamenti Grandi Giri Giro d'Italia 1959: 2º 1960: vincitore 1961: 2º 1964: vincitore 1966: 3º 1967: 3º Tour de France 1957: vincitore 1958: non partito (23ª tappa) 1959: 3º 1961: vincitore 1962: vincitore 1963: vincitore 1964: vincitore 1966: ritirato (19ª tappa) Vuelta a España 1962: ritirato (17ª tappa) 1963: vincitore Classiche monumento Milano-Sanremo 1956: 12º 1957: 17º 1958: 10º 1960: 23º 1961: ritirato 1963: ritirato Giro delle Fiandre 1960: 14º Parigi-Roubaix 1954: 53º 1955: 15º 1956: 31º 1957: 18º 1958: 14º 1959: 24º 1960: 8º 1961: 60º 1962: 31º 1964: ritirato 1965: 16º 1967: ritirato Liegi-Bastogne-Liegi 1964: ritirato 1966: vincitore 1968: 4º Giro di Lombardia 1957: 23º 1958: 12º 1959: 21º 1960: 34º 1961: 17º 1965: 8º 1966: 4º Competizioni mondiali Campionati del mondo su strada Solingen 1954 - In linea: 5º Frascati 1955 - In linea: 6º Waregem 1957 - In linea: 6º Reims 1958 - In linea: ritirato Zandvoort 1959 - In linea: 9º Karl-Marx-Stadt 1960 - In linea: 9º Berna 1961 - In linea: 13º Salò 1962 - In linea: 15º Ronse 1963 - In linea: 14º Sallanches 1964 - In linea: 7º San Sebastián 1965 - In linea: ritirato Nurburgring 1966 - In linea: 2º Imola 1968 - In linea: 11º Zolder 1969 - In linea: 40º Campionati del mondo su pista Copenaghen 1956 - Inseguimento individuale: 2º Giochi olimpici Helsinki 1952 - In linea: 12º Helsinki 1952 - Cronosquadre: 3º Onorificenze Riconoscimenti Trophée Edmond Gentil nel 1953, 1969 e 1963 Medaglia d'oro dell'Accademia dello Sport nel 1957 Super Prestige Pernod International nel 1961, 1963, 1965 e 1966 Sportivo internazionale della BBC nel 1963 Campione di Francia de L'Equipe nel 1963 Premio Henry Deutsch de la Meurthe dell'Accademia dello Sport nel 1963 Inserito tra le Gloires du cyclisme Inserito nel Gloire du Sport Inserito nella Top 25 della Cycling Hall of Fame Note Altri progetti Collegamenti esterni Cavalieri della Legion d'onore Vincitori del Giro d'Italia Vincitori del Tour de France Vincitori della Vuelta a España Vincitori della Liegi-Bastogne-Liegi Vincitori di medaglia di bronzo olimpica per la Francia Vincitori della Volta Ciclista a Catalunya Vincitori del Giro dei Paesi Baschi
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https://it.wikipedia.org/wiki/Jesolo
Jesolo
Jesolo (fino al 1930 Cavazuccherina, Jèzoło o Gèzoło in veneto, pronuncia [ˈjɛzoɰo], [ˈɡɛzoɰo]) è un comune italiano di abitanti della città metropolitana di Venezia in Veneto. È una delle maggiori spiagge italiane e una delle principali destinazioni turistiche del Paese. Geografia fisica Il territorio di Jesolo si estende lungo la costa veneziana, su un territorio pianeggiante affacciato sul mare Adriatico e orlato dalla laguna di Jesolo (22 km²), dai fiumi Sile e Piave, e alle foci di questo dall'antistante laguna del Mort. La valle di jesolo è, insieme a quella di Grassabò, la più estesa della laguna Nord di Venezia. La fascia costiera è bassa e sabbiosa, costituita da un'ininterrotta spiaggia lunga circa 12 chilometri e di ampiezza variabile tra i 30 e i 100 metri. La stragrande maggioranza delle aree urbanizzate della città si trova su una sorta di "isola", delimitata dai fiumi Piave Nuovo (a est) e Piave Vecchio (a ovest), con le acque del Sile da Caposile e nel letto del vecchio Piave, e il canale artificiale Cavetta, che parte dal centro di Jesolo Paese e si inoltra verso Cortellazzo. Oltre al capoluogo, denominato comunemente Jesolo Paese, la città si articola nelle frazioni di Lido di Jesolo, Cortellazzo, Passarella di Sotto e Valle di Lio Maggiore. Altre località sono Ca' Fornera, Ca' Soldati, Ca' Pirami, Ca' Nani, Piave Nuovo e Molinato. Origini del nome Il nome antico di Jesolo era Equilium (dal latino equus o dal venetico ekvo), cioè "città dei cavalli": il nome richiamava l'allevamento del cavallo per il quale erano celebrati gli antichi Veneti. Il nome attuale Jesolo deriva probabilmente da una serie di errori di trascrizione di quello più antico (Equilo, Esulo, Lesulo, Jexulo, Jexollo, Jesolum, Giesolo). Dal Cinquecento fino al 1930 Jesolo era chiamata Cavazuccherina: questo nome derivava dall'omonimo canale (in veneziano Cava), aperto il 20 aprile 1499 e costruito da Alvise Zucharin. Negli anni Venti del Novecento, in piena epoca fascista, nel tentativo di ripristinare l'antica denominazione della città e di risemantizzarla ideologicamente in chiave cristiana, il toponimo Jesolo è stato erroneamente ricondotto al termine latino "Jesus" (Gesù), rivestendolo di un significato religioso che gli era in origine totalmente estraneo: questa paretimologia si deve al giornalista torinese Lino Mirko Pacchioni, che proprio alla città di Jesolo dedicò un breve scritto. La metonomasia del toponimo della città, nel corso dei secoli, si può perciò così brevemente riassumere: 1) Equilium / Jesolum; 2) Cavazuccherina; 3) Jesolo. La grafia ufficiale è "Jesolo". Storia Le origini In epoca pre-romana e romana la laguna di Venezia si estendeva dall'odierna Chioggia fino a Grado e c'erano molte isole. Tra queste ce n'era una chiamata Equilio ed era un vicus abitato inizialmente da Veneti, che vivevano di pesca e di allevamento. La caduta di Roma e la nascita di Venezia In seguito alla caduta dell'Impero romano d'Occidente ci furono invasioni barbariche nell'Italia e anche nell'entroterra veneto. Ebbe inizio una migrazione dalle città romane come Altino verso le isole lagunari più sicure. Con la riconquista bizantina nella zona lagunare venne creato il distretto di Venetikà, prima dell'Esarcato d'Italia e poi del Ducato di Venezia. Equilio fu una delle città fondatrici di questo ducato e seguì successivamente le vicende della Repubblica di Venezia. La città divenne un centro fiorente e fu sede di una diocesi. In seguito, una serie di avvenimenti (come lo spostarsi del patriziato a Venezia e l'interramento della laguna e il peggioramento delle condizioni ambientali) portò a una lenta decadenza, culminata nel 1466 con la soppressione della diocesi. Nel 1211 la città cambiò nome in "San Giovanni", toponimo nato dalla presenza di un monastero dedicato al Battista, gestito da monache alle quali il vescovo Andrea diede l'uso del Battistero della Cattedrale come chiesa, che fu chiamato Chiesa di S. Giovanni. La rinascita: Cavazuccherina La lenta ripresa avvenne grazie ai patrizi veneziani Soranzo, proprietari di molte terre nella zona, che fecero costruire, a proprie spese, una nuova chiesa, poi dedicata a San Giovanni Battista ed eretta a parrocchia nel 1495, . Attorno alla nuova chiesa si ricostituì il villaggio per favorire l'abitabilità della zona. La Repubblica di Venezia attuò vari interventi di diversione fluviale, miranti principalmente ad allontanare i fiumi Piave e Sile. Il più importante venne realizzato nel 1499 con la costruzione di un canale che collegava il vecchio alveo del Piave (ora Sile) a quello attuale: questo canale (cava), che passava per il nuovo paese, fu realizzato dall'ingegnere Alvise Zucharin e diede nome al nuovo abitato, "Cavazuccherina". XIX secolo Con la campagna d'Italia di Napoleone Bonaparte e la successiva Caduta della Repubblica di Venezia, anche Jesolo entrò nell'orbita francese e, dopo il Trattato di Campoformio e il Congresso di Vienna, divenne territorio dell'Impero austriaco. In questo periodo si deve ricordare che, con la nuova suddivisione amministrativa del territorio, Cavazuccherina divenne comune autonomo di III classe il 22 dicembre 1807. Con l'avvento degli austriaci venne costituito un consorzio per favorire il miglioramento dei territori lagunari, ormai ridotti a palude ("Consorzio Passarella") e avvenne la prima tumulazione del camposanto. XX secolo L'annessione al Regno d'Italia non migliorò la situazione preesistente. Stando infatti alla tavoletta IGM del 1892, l'intero territorio comunale si presentava paludoso, eccettuate solo le dune sabbiose del litorale, in particolare verso est (Valloni e Motteroni dell'Uva, alti fino a 6 m); nei nomi delle paludi di allora si riconosce la toponomastica attuale (Palude Pesara, delle Mura, Fornera, del Molinato, Posteselle). Ancora nella tavoletta del 1908, la situazione appare invariata, se si eccettua uno stabilimento balneare, fondato nel 1895 sul luogo del futuro "Albergo Bagni e Miramare" (ora "Condominio Bagni e Miramare"). Era tuttavia imminente la bonifica integrale delle paludi a nord del Sile e del Canale Cavetta: già nella tavoletta del 1910 questo territorio appare bonificato e diviso in lotti agricoli. Durante la prima guerra mondiale la popolazione di Cavazuccherina fu costretta a evacuare il paese. Mentre gli italiani allagavano la zona di Caposile, verso le foci del Piave, gli austriaci presidiavano il territorio paludoso, dove la malaria e l'influenza spagnola (febbre di origine virale) mietevano vittime. Nel primo dopoguerra i "Consorzi di Bonifica del Basso Piave" predisposero la cosiddetta "Grande bonifica". I lavori furono attuati tra il 1920 e il 1930 dal quinzanese Tomaso Nember (cui è intitolata una piazza all'estremità occidentale del litorale) e dal gabianese Giovanni Gorio. Gorio e Nember acquistarono le paludi alle spalle del litorale, ne diressero la bonifica e fondarono l'azienda agricola di "Ca' Porcia", situata nell'entroterra dell'attuale Piazza Marina e affidata a centinaia di braccianti della Bassa Bresciana. Furono così introdotte le coltivazioni di frumento, granoturco e barbabietola da zucchero, alle quali si aggiunsero le piantagioni di alberi da frutto e i vigneti. Il latte qui prodotto veniva poi trasportato alla latteria di Caposile, pure creata e diretta da Nember (attuale "Latteria Soligo"). Ma la "Grande bonifica" permise soprattutto la prima valorizzazione turistica del litorale, con i primi stabilimenti per le cure elioterapiche, i primi alberghi e i primi ristoranti. Nella parte centrale del litorale (località "Marina Bassa" e "Spiaggia") sorse nel 1927 il "Lido di Treviso", per opera dell'ingegnere trevigiano Enrico Silvestri: qui fu eretto nello stesso anno l'Istituto elioterapico "DUX", rinominato dopo la caduta del Fascismo in "Istituto Marino", ora Ospedale. Per la parte occidentale del litorale, Tomaso Nember si rivolse all'ingegner Giuseppe Alberti, di Brescia: a lui si dovette nel 1928 la sistemazione del "Lido dei Lombardi". Il litorale orientale rimase invece occupato dai "Valloni" e dai "Motteroni dell'Uva", che verranno spianati gradatamente nel secondo dopoguerra. Il 28 agosto 1930 Cavazuccherina fu rinominata con l'antico nome di "Jesolo" e il Lido di Treviso fu denominato "Lido di Jesolo". Lo sviluppo segnò una battuta d'arresto con lo scoppio della seconda guerra mondiale ma, tornata la pace, la ripresa partì a ritmo sempre più veloce. Jesolo Lido ha ospitato negli anni ottanta, in una struttura della Croce Rossa Italiana, un centinaio di cittadini polacchi che avevano richiesto asilo politico e negli anni novanta circa 1400 profughi provenienti dalla ex-Jugoslavia. Nel biennio 2007-2008 la struttura è stata utilizzata dalla Croce Rossa Italiana per corsi di aggiornamento e, durante il periodo estivo, per ospitare gli agenti di Polizia che vengono distaccati presso la città per mantenere l'ordine pubblico. Dall'estate del 2007 la struttura ha nuovamente ospitato dei profughi provenienti da alcuni paesi del continente africano. Il 28 e il 29 aprile 2007, Jesolo ha ospitato il 27º Raduno degli Artiglieri d'Italia, organizzato dall'Associazione nazionale artiglieri d'Italia. Simboli Lo stemma e il gonfalone di Jesolo furono concessi con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 6 settembre 1934. Lo scudo si fregiava all'epoca, come tutti gli stemmi concessi nel periodo fascista, del capo del Littorio. Non si hanno documenti precisi sull'origine del simbolo del drago. Una possibile interpretazione lo fa derivare dal nome di un'area della laguna nord di Venezia, denominata "Valle Dragojesolo", che faceva parte del territorio dell'antica Jesolo, trasformata dalla Serenissima in zona per la caccia e la pesca dei nobili veneziani. In veneziano "cacciare" si diceva trar, da cui deriverebbe il toponimo riportato su alcune carte del XVI secolo: Valle del Traco Jexolo, trasformato in Valle del Draco Gexolo, quindi in Valle del Drago Jexolo, fino all'odierna Valle Dragojesolo. Il 31 marzo 1983 viene concesso a Jesolo il titolo di Città con Decreto del Presidente della Repubblica Sandro Pertini, per "riconoscere e premiare l'impegno degli jesolani nella vita economica e sociale nella zona". Monumenti e luoghi d'interesse Chiese Chiesa di San Giovanni Battista, a Jesolo, costruita nella prima metà del XX secolo Chiesa del Sacro Cuore di Gesù, a Lido di Jesolo Chiesa di Santa Maria Ausiliatrice, a Lido di Jesolo Chiesa dei SS. Liberale e Mauro, a Lido di Jesolo Chiesa del Cuore Immacolato di Maria "Capitana da Mar", a Lido di Jesolo Chiesa di Santa Teresa, a Lido di Jesolo (Pineta) Chiesa di San Giuseppe Lavoratore, a Cortellazzo Chiesa di Santa Maria Assunta, a Passarella di Sotto Chiesa di San Giuseppe, a Ca' Fornera Chiesa di Sant'Antonio Abate, a Ca' Pirami Chiesa del Cristo Re, in località Salsi Siti archeologici Area archeologica Antiche Mura Torre Caligo Aree naturali Le valli da pesca della Laguna di Venezia La Laguna del Mort Società Evoluzione demografica Etnie e minoranze straniere Al 31 dicembre 2015 gli stranieri residenti nel comune sono , ovvero l'11,22% della popolazione. Di seguito sono riportati i gruppi più consistenti: Romania, 773 Bangladesh, 497 Albania, 337 Moldavia, 179 Marocco, 170 Ucraina, 154 Cina, 103 Polonia, 67 Macedonia del Nord, 61 Serbia, 60 Cultura Istruzione Nella città di Jesolo sono presenti: due istituti comprensivi - l'I.C."Italo Calvino" (con sede a Jesolo Paese) e l'I.C. "Gabriele D'Annunzio" (con sede a Jesolo Lido) - cui afferiscono due scuole secondarie di primo grado e numerose scuole primarie; un istituto professionale di Stato per l'enogastronomia e l'ospitalità alberghiera - l'I.P.S.E.O.A. "Elena Cornaro" (con sede a Jesolo Lido) - che risponde alla vocazione turistica del territorio; un istituto di formazione terziaria post-diploma - l'ITS Academy Turismo Veneto (con sede a Jesolo Lido) - che eroga corsi biennali di alta formazione nel management turistico e che è capofila del sistema ITS Turismo Veneto. Musei Museo civico di storia naturale, con circa 15 000 reperti che rappresentano la fauna più significativa dell'area europea e paleartica. Museo Storico Militare "Vidotto", una raccolta permanente di reperti, uniformi, armi e mezzi appartenenti alle forze armate e di polizia da fine '800 ad oggi. Eventi Nei giorni 5, 6, 7 maggio 2022 la città di Jesolo ha ospitato il Festival Internazionale della Geopolitica Europea, un incontro di approfondimento e di divulgazione sul ruolo dell'Italia e dell'Europa nella politica mondiale. Nel 2015 si è svolta la 22ª edizione del Concours Mondial de Bruxelles, prestigiosa competizione enologica internazionale, che ogni anno assegna giudizi di qualità su migliaia di vini provenienti da tutto il mondo. Dal 2013 le finali nazionali del concorso Miss Italia si svolgono al Pala Arrex, con diretta su Rai 1. La città di Jesolo ospita dal 1998, durante la stagione balneare, lo spettacolo acrobatico Jesolo Air Extreme, una manifestazione aerea caratterizzata dalla presenza della Pattuglia Acrobatica Nazionale Frecce Tricolori e di diversi team civili e militari. Dal 1997, ogni estate, si tiene a Jesolo il Festival Internazionale Sculture di Sabbia, esposizione di sculture monumentali di sabbia, di cui Jesolo è stata la pioniera. Dal 2002, durante il periodo natalizio, in Piazza Marconi si svolge il "Presepe di sabbia" - Sand Nativity, esposizione di sculture monumentali di sabbia ispirate al tema della Natività, il cui incasso viene devoluto ad associazioni impegnate in azioni di aiuto delle popolazioni povere del mondo; alla manifestazione partecipano alcuni dei più noti scultori di sabbia del mondo. Nel mese di giugno si celebra la Festa patronale di San Giovanni Battista con il "Palio Remiero delle Contrade", gara di mascarete a due remi, e lo spettacolo pirotecnico in riva al Sile. Settimanalmente, durante la stagione estiva, in città si tengono due mercatini dell'antiquariato: "Incontro con il passato" (dal 1988, in piazza Torino) e "Giovedì antiquario e del collezionista" (dal 1994, prima in piazza Brescia e ora in piazzetta Casabianca). Cinema Il Lido di Jesolo è stato set televisivo degli episodi 15-18 della serie televisiva italiana Love Me Licia (1986): tra le location utilizzate vi sono piazza Mazzini e un'ex-discoteca all'epoca ancora attiva, il Mister Charlie, che nel corso degli anni ha cambiato svariati nomi. Sempre il Lido di Jesolo è stato set cinematografico per il film Americano rosso del 1990. Gran parte del film è girato all'interno dello storico hotel Casa Bianca che per lo stile liberty e l'architettura anni venti ben si confaceva all'ambientazione storica del film. Geografia antropica La città di Jesolo si estende su una superficie urbana di circa 15 chilometri quadrati, suddivisa tra il centro storico (comunemente chiamato "Jesolo Paese") e la città balneare vera e propria ("Jesolo Lido"), estesa lungo la costa per circa 13 chilometri con una profondità variabile tra 300 metri e due chilometri. La zona del Lido si articola in una lunga serie di piazze, ognuna facente da baricentro a un quartiere, che fungono da punto di riferimento per la vita di residenti e turisti. Le principali sono: piazza Drago (il baricentro geografico della città, e sede per decenni della stazione degli autobus), piazza Mazzini (il perno della vita notturna jesolana), piazza Milano (baricentro della zona Est). La peculiare demografia di Jesolo è stata studiata dettagliatamente in occasione del Master Plan di Tange. Sebbene gli abitanti di Jesolo siano solo 26.000 circa, la città è dimensionata per ospitare comodamente altri 140.000 turisti. Secondo le stime più comuni, Jesolo raggiunge nel picco delle due settimane centrali di agosto una popolazione di circa 300.000 persone. Ogni fine settimana estivo la città vede decine, se non centinaia di migliaia, di pendolari raggiungere la località dove trascorrono la giornata. I residenti si distribuiscono abbastanza equamente a metà tra il capoluogo (7875 abitanti) e il Lido ( abitanti, inclusa la frazione di Cortellazzo). Decisamente meno popolata la frazione di Passarella di Sotto (318 abitanti). Gli anni duemila e lo sviluppo verticale A partire dalla seconda metà degli anni novanta, l'amministrazione comunale ha lanciato un ambizioso programma di rilancio urbanistico, comunemente noto come "Master Plan", realizzato da Kenzō Tange. A partire dal 2000 molti alberghi sono stati riconvertiti in residence e moltissime aree, prima ad uso agricolo, sono state convertite ad uso residenziale, permettendo così la costruzione di decine di nuove strutture ricettive a bassa densità (villaggi turistici), o in alcuni casi ad alta densità, con una verticalizzazione degli edifici (comunemente chiamati "torri") senza precedenti in nessun'altra grande spiaggia italiana. Tra i progetti già realizzati, molti progettati da architetti di fama internazionale (le cosiddette archistar), vale la pena citare: Torre Aquileia (22 piani fuori terra per 94 metri di altezza alla sommità dell'antenna): progettata da Carlos Ferrater, con il suo tetto a vela è diventata uno degli edifici più alti del nordest italiano; Torri di Piazza Drago (due torri di 22 piani fuori terra ciascuna per 92 metri circa di altezza all'antenna): caratterizzate da guglie illuminate la notte da fari multicolori, sono diventate ormai due tra i simboli di Jesolo; Torre Merville - Casa Nel Parco (25 piani fuori terra per 84 metri d'altezza): progettata da Gonçalo Byrne, questa torre rivestita di pareti a specchio azzurre domina la skyline della zona Pineta; Wave Towers (17 e 14 piani fuori terra): di recente costruzione, queste nuove torri alle spalle di piazza Trieste sono anch'esse riconoscibili da balconi illuminati al neon; Golf Club Jesolo: campo da golf a 18 buche, la cui espansione a 27 buche è stata recentemente approvata; Bafile 360 (10 piani); Jesolo Lido Village, progetto di Richard Meier; Residenze Podium, un complesso commerciale-residenziale in costruzione sul sito in cui sorgeva la vecchia scuola elementare "Giosuè Carducci". Già precedentemente, a partire dalla fine degli anni settanta, la skyline della città vedeva la presenza di altre strutture verticali adiacenti alla costa, con tre residence ed un hotel alti rispettivamente 20 (Residence Pineta costruito nel 1964, nelle vicinanze di piazza Europa), 17 (Residence Palace), 16 (Hotel Caravelle) e 13 (Residence Airone) piani fuori terra. Numerosi altri progetti sono stati approvati o sono in fase di realizzazione, tra cui: Oriente 35, progetto di Aurelio Galfetti; Laguna Tower, una torre di 16 piani fuori terra a destinazione mista museale-residenziale, che sorgerà all'interno del parco commerciale Laguna Shopping; Residenza Bafjle, un edificio residenziale di 12 piani in fase di costruzione nella zona di piazza Trieste; Un nuovo complesso turistico del valore di 80 milioni di euro, denominato Jesolo Lido Design District, che includerà una torre di 26 piani fuori terra, un hotel, un auditorium e una spa, nella zona precedentemente occupata dalla colonia marina Stella Maris, progettato da C+S Architetti; Jesolo Magica, un mega-centro commerciale (53.000 m²) progettato dalla scomparsa Zaha Hadid. Costruzioni alte oltre 50 m L'isola pedonale più lunga d'Europa Jesolo vanta quella che è conosciuta come l'isola pedonale più lunga d'Europa. La via commerciale è popolata da oltre 1200 tra negozi, ristoranti, bar e locali di tendenza. Il tratto principale (da piazza Manzoni al camping Internazionale) è lungo 6 chilometri. Il tratto secondario, lungo le via Levantina e Altinate nella zona Est, si sviluppa per circa 2.1 chilometri. Frazioni Lo Statuto comunale all'art. 3 c. 2 riconosce le seguenti frazioni: Cortellazzo, presso la foce del Piave; comprende anche Jesolo Pineta, estremità orientale del Lido. Lido di Jesolo, località a vocazione turistica, posta approssimativamente tra il Sile, il mare, il Piave e le vie Corer, Pazienti, Roma Destra. È suddiviso in tre parrocchie: S. Cuore, corrispondente al vecchio Lido dei Lombardi; S. Maria Ausiliatrice, sul litorale centrale; Ss. Liberale e Mauro, sul litorale orientale. Passarella di Sotto, situata al confine con il comune di San Donà di Piave (dove si trova Passarella di Sopra). È presente una chiesa del XIX secolo. Valle di Lio Maggiore, località al confine con il comune di Cavallino-Treporti e adiacente alla laguna di Venezia. È presente un oratorio settecentesco dedicato a S. Antonio da Firenze o S. Antonino (con una scultura lignea quattrocentesca). Vi sono poi i resti di una torre, detta Torre Caligo, di epoca romana, con funzioni doganali. L'economia è basata sulla pesca. Altre località Ca' Fornera, a circa 3 km dal capoluogo comunale. La sua chiesa, del 1995, dipende dalla parrocchia di S. Giovanni Battista a Jesolo. La località comprende un castello di fine sec. XIX, detto La Castellana. Ca' Nani, a circa 2 km dal capoluogo, l'unica zona comunale all'interno della Diocesi di Treviso e non del Patriarcato di Venezia. Comprende un oratorio del 1737, ora diroccato. Ca' Pirami, bonificata negli anni venti del XX secolo (in tempi antichi era stata una zona paludosa); questa località, a vocazione originariamente agricola (frutteti), ora ha un carattere residenziale. Rientra nella parrocchia di S. Giovanni Battista a Jesolo. La Bassa, nuova zona artigianale, posta approssimativamente tra le vie La Bassa, Ferrari, Roma Destra e Aleardi. Piave Nuovo, centro abitato lungo la sponda del Piave, tra il Ponte di Eraclea e Passarella di Sotto. Rientra nella parrocchia della Passarella di Sotto. Economia L'economia si basa essenzialmente sulle attività turistiche, sviluppate lungo tutta la costa. L'offerta ricettiva del comune consiste di circa posti letto. La spiaggia di Jesolo lunga circa 15 km è tra le più estese d'Italia. Nel 2016 secondo ISTAT le presenze turistiche sono state . Infrastrutture e trasporti Strade Le principali vie d'accesso a Jesolo sono la Strada regionale 43 del mare Portegrandi - Jesolo e la SP 42 "Jesolana" Punta Sabbioni - San Michele al Tagliamento. È stato ultimato a fine gennaio 2013 il primo lotto di una circonvallazione esterna al capoluogo con lo scopo di indirizzare parte del traffico verso la meno congestionata zona Est del Lido. Mobilità urbana I trasporti urbani e interurbani di Jesolo vengono svolti con servizi regolari di autobus gestiti dalla società ATVO. Amministrazione Sindaci dal 1946 Gemellaggi . Le associazioni artistiche delle due città (Circolo Artistico di Jesolo e Kunstverein Velden) sono gemellate culturalmente. La cerimonia è avvenuta a Velden, alla presenza dei rappresentanti dei due Circoli Artistici cittadini e delle principali autorità politiche delle due località. Sport Ginnastica artistica In città si svolge il Trofeo Città di Jesolo di Ginnastica Artistica, organizzato dalla S.G.A. Gymnasium di Treviso, la più importante gara amichevole internazionale di ginnastica artistica femminile. Nel comune ha luogo la Moonlight Half Marathon, una mezza maratona internazionale misurata e certificata, inserita nel calendario FIDAL. Nel 2011, dal 7 al 9 ottobre, si è svolta presso lo stadio Armando Picchi la 38ª edizione dei Campionati Italiani di Atletica Leggera Individuali e per Regioni categoria Cadetti/e. Calcio A Jesolo esistono due società calcistiche: la prima a è l'A.C.D. Jesolo, in Prima Categoria, con alle spalle diverse stagioni in Serie D; la seconda è il Calcio Futuro Jesolo 2013, che milita in Terza Categoria. Inoltre a Jesolo era presente un'altra società, l'Unione Sportiva Città di Jesolo, fondata nel 1969, che ha giocato in Serie C2. Lo Stadio Picchi nel 1986 ha ospitato il "Mundialito Femminile", torneo internazionale nel quale la Nazionale femminile di calcio italiana vinse il titolo di "Campione del Mondo". Ciclismo Jesolo è stata varie volte arrivo di tappa del Giro d'Italia. Nel 1955 la 16ª tappa vide la vittoria di Rino Benedetti; nel 1970 un'altra 16ª tappa del 1970 si concluse con la vittoria di Dino Zandegù. Nel 1987 vi fu la vittoria di Paolo Cimini alla 14ª tappa; mentre l'anno successivo Paolo Rosola vinse la 20ª tappa. Nel 2015 la 13ª tappa è stata vinta da Sacha Modolo. Pallacanestro La città ha avuto dal 1968 fino al 2004 una propria rappresentativa, la B.C. Jesolo Basket; nel 2004 si è unita con la squadra della vicina San Donà di Piave, facendo nascere la Jesolosandonà Basket. La squadra partecipa alla Serie A Dilettanti e gioca al PalaCornaro di Jesolo. Pallamano Nel 2008 la città è stata la sede principale del Campionato mondiale universitario di pallamano. Pallavolo L'Unionvolley gareggia in serie B2 del campionato di volley femminile. Rugby La squadra della città è lo Jesolo Rugby. Milita nel campionato di Serie B. Nasce nel 1987 e partecipa nella stagione 1987/1988 al Campionato di C2 Triveneto. Lo stadio Picchi ha ospitato nel 2007 la Finale di Coppa Italia di Rugby. Tutti gli sport Nel 2007 si sono tenuti i 61º Campionati Nazionali Universitari Impianti sportivi Stadio "Armando Picchi": calcio, rugby e atletica. L'impianto può ospitare 2000 spettatori. Palazzo del Turismo: ospita vari incontri delle società sportive Benetton Basket e Sisley Treviso. Arena Beach: ha ospitato la finale del campionato maschile di beach volley. Note Bibliografia Wladimiro Dorigo, Venezie sepolte nella terra del Piave. Duemila anni fra il dolce e il salso, ed. Viella, Roma 1994. Voci correlate Aqualandia Basso Piave Costa veneziana Diocesi di Equilio Superstrada Via del Mare Altri progetti Collegamenti esterni http://www.jesolo.com lidodijesolo.info Portale turistico-informativo sulla spiaggia di Lido di Jesolo.
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https://it.wikipedia.org/wiki/Jean-Pierre%20L%C3%A9aud
Jean-Pierre Léaud
Raggiunta la celebrità già come attore bambino per la sua interpretazione nel film I 400 colpi (1959) di François Truffaut, nella sua lunga carriera si è affermato come uno dei volti più noti del cinema francese. Biografia Figlio dell'attrice Jacqueline Pierreux e dello sceneggiatore e assistente alla regia Pierre Léaud, iniziò a recitare come attore bambino a tredici anni nel 1958 con un piccolo ruolo nel film Agli ordini del re di Georges Lampin, e successivamente nel primo lungometraggio di François Truffaut, I 400 colpi (1959), interpretando il ruolo di un adolescente, Antoine Doinel, che si scontra con l'incomprensione degli adulti. La sua matura interpretazione lo proiettò a livello internazionale tra i più celebrati attori bambini del tempo. L'ammirazione fu tale che registi famosi come Jean Cocteau (in Il testamento di Orfeo) e Julien Duvivier (in Boulevard) gli offrirono immediatamente altre parti di rilievo. Attore caratterizzato da una particolare dizione e da non pochi manierismi, primo tra tutti il suo modo di passarsi la mano tra i capelli, negli anni sessanta divenne uno dei volti più noti, se non il più noto, tra gli attori della cosiddetta Nouvelle Vague francese, utilizzato, in particolare da Truffaut e Jean-Luc Godard, come "attore feticcio". Truffaut, che in Léaud riconobbe un vero e proprio alter ego, darà seguito alla saga di Antoine Doinel, dedicandogli altri quattro lavori: Antoine e Colette, episodio de L'amore a vent'anni (1962), e, con Claude Jade nel ruolo di Christine Darbon-Doinel, amante e poi moglie di Antoine, Baci rubati (1968), Non drammatizziamo... è solo questione di corna (1970) e L'amore fugge (1979). Durante la sua pluridecennale carriera Léaud ha recitato, spesso da protagonista, in molti film di altri registi di elevata caratura tra i quali Jerzy Skolimowski in Il vergine (1967), Pier Paolo Pasolini in Porcile (1969), Agnès Varda in Jane B. par Agnès V. (1988), Aki Kaurismäki in Ho affittato un killer (1990), Vita da bohème (1992) e Miracolo a Le Havre (2011), Olivier Assayas in Contro il destino (1991) e Irma Vep (1996), Bertrand Blier in Mon homme (1996). Ha interpretato uno dei ruoli principali in Ultimo tango a Parigi (1972) di Bernardo Bertolucci, ma lui e Marlon Brando non si sono mai incontrati di persona: il film non prevedeva infatti scene di compresenza dei due attori, dunque per ottimizzare i tempi le scene di Léaud vennero girate di sabato, giorno in cui Brando rifiutava di lavorare. In The Dreamers - I sognatori (2003), Bertolucci monta le immagini in bianco e nero di un documentario del 1968, che riprende un giovane e veemente Léaud mentre legge la protesta degli intellettuali contro il Governo, reo di avere sollevato dall'incarico il direttore della Cinémathèque française Henri Langlois, con le immagini a colori di un Léaud maturo, ma ancora deciso a urlare al mondo che "la libertà non è un privilegio che si concede, ma che si prende". Filmografia Agli ordini del re (La Tour, prends garde!), regia di Georges Lampin (1958) I 400 colpi (Les Quatre Cents Coups), regia di François Truffaut (1959) Il testamento di Orfeo (Le Testament d’Orphée ou ne me demandez pas pourquoi), regia di Jean Cocteau (1960) Boulevard, regia di Julien Duvivier (1960) Antoine e Colette (Antoine et Colette), episodio di L'amore a vent'anni (L'Amour à vingt ans), regia di François Truffaut (1962) L'Amour à la mer, regia di Guy Gilles (1964) Mata-Hari, agente segreto H21 (Mata-Hari, agent H 21), regia di Jean-Louis Richard (1964) Agente Lemmy Caution: missione Alphaville (Alphaville, une étrange aventure de Lemmy Caution), regia di Jean-Luc Godard (1965) - cameo, non accreditato Il bandito delle 11 (Pierrot le fou), regia di Jean-Luc Godard (1965) - cameo, non accreditato Il maschio e la femmina (Masculin féminin: 15 faits précis), regia di Jean-Luc Godard (1966) Le Père Noël a les yeux bleus, regia di Jean Eustache (1966) Una storia americana (Made in U.S.A.), regia di Jean-Luc Godard (1966) L'amore nel 2000 (Anticipation, ou l'Amour en l'an 2000), episodio di L'amore attraverso i secoli (Le Plus Vieux Métier du monde), regia di Jean-Luc Godard (1967) Il vergine (Le Départ), regia di Jerzy Skolimowski (1967) La cinese (La Chinoise), regia di Jean-Luc Godard (1967) Week End - Una donna e un uomo da sabato a domenica (Week End), regia di Jean-Luc Godard (1967) Baci rubati (Baisers volés), regia di François Truffaut (1968) The Twenty-Years-Old, episodio di Dialóg 20-40-60, regia di Jerzy Skolimowski (1968) La Concentration, regia di Philippe Garrel (1968) Paul, regia di Diourka Medveczky (1969) La gaia scienza (Le Gai Savoir), regia di Jean-Luc Godard (1969) Porcile, regia di Pier Paolo Pasolini (1969) Os Herdeiros, regia di Carlos Diegues (1970) Non drammatizziamo... è solo questione di corna (Domicile conjugal), regia di François Truffaut (1970) Il leone a sette teste (Der Leone Have Sept Cabeças), regia di Glauber Rocha (1970) Une aventure de Billy le Kid, regia di Luc Moullet (1971) Out 1, regia di Jacques Rivette (1971) Le due inglesi (Les Deux Anglaises et le Continent), regia di François Truffaut (1971) Ultimo tango a Parigi, regia di Bernardo Bertolucci (1972) Effetto notte (La Nuit américaine), regia di François Truffaut (1973) La Maman et la Putain, regia di Jean Eustache (1973) Umarmungen und andere Sachen, regia di Jochen Richter (1975) Les Lolos de Lola, regia di Bernard Dubois (1976) L'amore fugge (L'Amour en fuite), regia di François Truffaut (1979) Nervi a pezzi (Parano), regia di Bernard Dubois (1980) Aiutami a sognare, regia di Pupi Avati (1981) La Cassure, regia di Ramón Muñoz (1981) Rebelote, regia di Jacques Richard (1984) Rue Fontaine, episodio di Paris vu par... vingt ans après, regia di Philippe Garrel (1984) Detective (Détective), regia di Jean-Luc Godard (1985) Csak egy mozi, regia di Pál Sándor (1985) L'isola del tesoro (L'Île au trésor), regia di Raúl Ruiz (1985) Corps et Biens, regia di Benoît Jacquot (1986) Boran - Zeit zum Zielen, regia di Daniel Zuta (1987) Les Keufs, regia di Josiane Balasko (1987) Ossegg oder Die Wahrheit über Hänsel und Gretel, regia di Thees Klahn (1987) Jane B. par Agnès V., regia di Agnès Varda (1988) Vergine taglia 36 (36 fillette), regia di Catherine Breillat (1988) La Couleur du vent, regia di Pierre Granier-Deferre (1988) Bunker Palace Hôtel, regia di Enki Bilal (1989) Ho affittato un killer (I Hired a Contract Killer), regia di Aki Kaurismäki (1990) Contro il destino (Paris s'éveille), regia di Olivier Assayas (1991) C'est la vie, regia di Daniel Cohn-Bendit e Peter Franz Steinbach (1991) Vita da bohème (La Vie de bohème), regia di Aki Kaurismäki (1992) La nascita dell'amore (La Naissance de l'amour), regia di Philippe Garrel (1993) Personne ne m'aime, regia di Marion Vernoux (1994) Cento e una notte (Les Cent et Une Nuits de Simon Cinéma), regia di Agnès Varda (1995) Mon homme, regia di Bertrand Blier (1996) Le Journal du séducteur, regia di Danièle Dubroux (1996) Irma Vep, regia di Olivier Assayas (1996) Per scherzo (Pour rire!), regia di Lucas Belvaux (1997) Innocent, regia di Costa Natsis (1999) Un affare di gusto (Une affaire de goût), regia di Bernard Rapp (2000) L'Affaire Marcorelle, regia di Serge Le Péron (2000) Che ora è laggiù? (Nǐ nà biān jǐ diǎn), regia di Tsai Ming-liang (2001) Le Pornographe, regia di Bertrand Bonello (2001) La Guerre à Paris, regia di Yolande Zauberman (2002) The Dreamers - I sognatori (The Dreamers), regia di Bernardo Bertolucci (2003) Folle Embellie, regia di Dominique Cabrera (2004) J'ai vu tuer Ben Barka, regia di Serge Le Péron (2005) Visage, regia di Tsai Ming-liang (2009) Fred Vargas: Crime Collection (Fred Vargas Collection) - serie TV, un episodio (2009) Miracolo a Le Havre (Le Havre), regia di Aki Kaurismäki (2011) Camille redouble, regia di Noémie Lvovsky (2012) La Mort de Louis XIV, regia di Albert Serra (2016) M, regia di Sara Forestier (2017) Le lion est mort ce soir, regia di Nobuhiro Suwa (2017) Alien Crystal Palace, regia di Arielle Dombasle (2018) C'è tempo, regia di Walter Veltroni (2019) - cameo Riconoscimenti Premio BAFTA 1961 – Candidatura al miglior attore esordiente per I 400 colpi Festival di Berlino 1966 – Orso d'argento per il miglior attore per Il maschio e la femmina Festival di Cannes 2001 – Premio FIPRESCI (Settimana della critica) per Le Pornographe 2016 – Palma d'oro onoraria Premio César 1988 – Candidatura al migliore attore non protagonista per Les Keufs 2000 – Premio César onorario Premio Lumière 2017 – Miglior attore per La Mort de Louis XIV Doppiatori italiani Nelle versioni in lingua italiana dei suoi film, Jean-Pierre Léaud è stato doppiato da: Massimo Turci in L'amore a vent'anni, Ultimo tango a Parigi, Effetto notte Oreste Lionello in Week End - Una donna e un uomo da sabato a domenica Pino Colizzi in Non drammatizziamo... è solo questione di corna Stefano Benassi in The Dreamers - I sognatori Note Bibliografia Voci correlate Antoine Doinel Altri progetti Collegamenti esterni Nouvelle Vague Attori bambini francesi Orso d'argento per il miglior attore Premio César onorario Premi Lumière per il migliore attore
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https://it.wikipedia.org/wiki/Johnny%20Cash
Johnny Cash
Fu definito "The Man in Black" in virtù della sua preferenza per gli abiti neri, e da ciò il titolo di un suo album e della sua prima autobiografia. Tradizionalmente iniziava i concerti con la semplice frase: «Hello, I'm Johnny Cash» ("Ciao, sono Johnny Cash") seguita dall'esecuzione di Folsom Prison Blues. È stato uno dei pochissimi cantanti ad avere venduto più di novanta milioni di dischi. Sebbene sia principalmente ricordato come un'icona della musica country, il suo repertorio spaziava attraverso generi quali rock and roll, rockabilly, blues, folk, e gospel. Questa poliedricità di stili valse a Cash il raro onore di essere introdotto contemporaneamente nella Country Music Hall of Fame and Museum, nella Rock and Roll Hall of Fame e nella Gospel Music Hall of Fame. Le sue canzoni trattavano tematiche quali il dolore, l'afflizione morale e il riscatto, specialmente nell'ultima parte di carriera. Alcuni dei suoi brani più celebri sono I Walk the Line, Folsom Prison Blues, Ring of Fire, Get Rhythm, e Man in Black. Nonostante l'immagine austera ed autorevole, incise anche alcuni pezzi dal taglio umoristico come One Piece at a Time e A Boy Named Sue; duetti con la futura moglie June Carter e, nell'ultima parte di carriera, sorprendenti reinterpretazioni di brani di artisti rock contemporanei, come Hurt dei Nine Inch Nails, Personal Jesus dei Depeche Mode, Rusty Cage dei Soundgarden e One degli U2. Cash era una figura atipica nella musica popolare americana del XX secolo, pur essendo un cristiano dalle convinzioni evangeliche tradizionali, era rispettato e riverito da icone della cultura alternativa oltre che da importanti figure della cultura dominante. Morto nel 2003, venne sepolto accanto alla moglie nel cimitero Hendersonville Memory Gardens a Hendersonville, nel Tennessee. Biografia Infanzia e giovinezza Nato quarto di sette figli (oltre a lui: Jack, per la cui tragica morte Johnny soffrirà molto, Joanne, Louise, Reba, Roy, e Tommy, anche quest'ultimo artista country di successo) da Ray Cash (1897-1985) e Carrie Cloveree (1904-1991) da una numerosa e povera famiglia contadina dell'Arkansas, Cash aiuta da bambino i genitori nella coltivazione del cotone in un piccolo appezzamento di terreno fornito dal governo in seguito al New Deal a Dyess (Arkansas). Cash riferirà di avere sangue indiano nelle vene, fatto mai provato. Nel 1944, l'amato fratello maggiore Jack Cash resta ucciso in un incidente con una sega elettrica all'età di quindici anni. Il padre, distrutto dal dolore, arriverà a incolpare Johnny dell'accaduto, dicendogli che avrebbe preferito fosse morto lui. L'evento lo porta a una sempre maggiore introspezione, introducendolo al piacere di scrivere storie e, soprattutto, di suonare la chitarra. Si appassiona alla musica attraverso i canti della chiesa e l'ascolto della musica country e blues alla radio. Il 7 luglio 1950 si arruolò nell'United States Air Force e effettuò il servizio alla Lackland Air Force Base e poi alla Brooks Air Force Base, sempre in Texas. A San Antonio (Texas) venne assegnato all'United States Air Force Security Service con il compito di intercettare le informazioni morse trasmesse dai sovietici; nel frattempo conobbe Vivian Liberto, all'epoca studentessa liceale conosciuta il 18 luglio 1951. Compie una parte del servizio militare in Germania a Landsberg am Lech (Baviera) dove acquista una chitarra e inizia ad imparare a suonarla da autodidatta e fonda il suo primo gruppo, The Landsberg Barbarians. In quel periodo terrà una fitta corrispondenza con Vivian, che sposerà il 7 agosto 1954, dopo il congedo terminato il 3 luglio 1954. Il matrimonio finirà nel 1967 a causa dei problemi legati alla dipendenza dalle droghe di Cash e del suo comportamento libertino. Dal matrimonio con la Liberto ebbe quattro figli (Rosanne, Kathy, Cindy e Tara). Leggenda vuole che il giovane Cash abbia scatenato una furibonda rissa in un ufficio postale di Memphis a causa di una sgarbata risposta ricevuta dall'impiegato delle poste. Primo contratto con la Sun Records Nel 1954, Cash e Vivian si trasferiscono a Memphis, Tennessee, dove Johnny vende elettrodomestici porta a porta mentre studia per diventare annunciatore radiofonico. Alla sera si ritrova con il chitarrista Luther Perkins e con il bassista Marshall Grant per suonare gospel in sessioni informali. Insieme a Perkins e Grant forma la band "Johnny Cash and the Tennessee Two", successivamente ribattezzati "Tennessee Three" dopo l'arrivo del batterista W.S. Holland. Ottiene il primo contratto discografico nel 1955 con la Sun Records di Memphis, per cui incide i primi singoli, tra cui Cry, Cry, Cry (sua prima incisione) e Folsom Prison Blues che contiene il celebre verso: «I shot a man in Reno, just to watch him die» ("Sparai ad un uomo a Reno, solo per vederlo morire"). Nel 1957 è il primo solista dell'etichetta Sun a pubblicare un long playing, Johnny Cash with His Hot and Blue Guitar. La sua voce basso-baritonale, profonda nonostante la giovane età, lo stile di scrittura che pur restando ancorato alla tradizione country, riusciva ad interessare anche il pubblico del rock and roll grazie a sonorità spesso vicine al rockabilly e a testi che trattavano di contrasti generazionali, amori impossibili e malinconici e ribelli senza causa, ne decretano il successo in patria che esplode clamoroso. Il 4 dicembre 1956, qualche tempo dopo il suo passaggio alla RCA Records, Elvis Presley si recò a salutare il produttore Sam Phillips ai Sun Studio mentre Carl Perkins stava registrando nuove canzoni, con Jerry Lee Lewis che lo accompagnava al pianoforte. Anche Cash si trovava nello studio e i quattro diedero inizio ad una jam session improvvisata. Phillips non si lasciò scappare l'occasione di registrare la sessione che riuniva insieme le quattro giovani stelle e le registrazioni, circa metà delle quali consistevano in esecuzioni di brani gospel, furono pubblicate anni dopo con il titolo Million Dollar Quartet. Dalle registrazioni, della durata complessiva di circa 70 minuti, la voce di Johnny Cash non è quasi mai riconoscibile; alcune fonti dicono perché Cash abbandonò quasi subito la seduta ma lo stesso Cash, nella sua autobiografia, afferma di essere stato presente a tutta la registrazione ma di aver cantato lontano dal microfono e in una tonalità più alta del suo solito per accordarsi a quella di Elvis. Nel 1960 il passaggio alla Columbia dove incide un album gospel, Hymns by Johnny Cash, progetto che aveva in mente di realizzare alla Sun Records ma che Phillips gli aveva sconsigliato. Il successo ha un impatto devastante sulla sua fragile psiche: la frenetica attività porta Cash a fare uso di stimolanti e anfetamine per reagire allo stress dei tour e di conseguenza a sonniferi per riuscire a dormire. Non capiterà di rado che il musicista debba annullare numerosi concerti a causa di questi abusi. A ciò si aggiungono problemi familiari, dipendenza da droghe e guai giudiziari. Immagine da "ribelle fuorilegge" Con il procedere della carriera negli anni cinquanta, Cash iniziò a bere alcolici in maniera smodata e sviluppò una dipendenza da anfetamine e barbiturici. Per un breve lasso di tempo, divise un appartamento a Nashville con Waylon Jennings, anch'egli dipendente dalle anfetamine. Cash ricorreva alle anfetamine per restare sveglio durante le tournée e per sopportare gli stressanti ritmi del mondo del music business. Conoscenti ed amici scherzavano circa il suo comportamento "nervoso" ed "erratico", ma ignoravano che dipendesse dal crescente consumo di droghe. Anche se si trovava spesso in uno stato di perdita del controllo, la frenetica creatività di Cash in questo periodo non subì rallentamenti e gli fornì diversi successi da classifica. La sua versione di Ring of Fire raggiunse la vetta delle classifiche country ed entrò nella Top 20 dei singoli pop statunitensi. Nel giugno 1965, il suo camper prese fuoco mentre si trovava a pesca con il nipote Damon Fielder in California, e l'incendio bruciò circa 283 ettari di parco e quasi lo uccise. Cash dichiarò che l'incendio era scaturito da un guasto meccanico al tubo di scappamento del camper, ma le autorità locali lo accusarono di aver incautamente acceso un fuoco per riscaldarsi e che la situazione gli fosse sfuggita di mano. Venne condannato a pagare una multa di 125.172 dollari poi ridotta a 82.001 dollari. Sebbene Cash coltivasse consapevolmente la propria "romantica immagine da fuorilegge", non scontò mai una pena detentiva in carcere. Finì in cella per ubriachezza molesta o possesso di droga svariate volte, ma non ci rimase mai più di una notte. Il problema più grave con la legge lo ebbe durante il tour del 1965, quando il 4 ottobre venne arrestato dalla squadra narcotici a El Paso, Texas. Gli agenti sospettavano che stesse importando eroina dal Messico, invece gli trovarono 688 pastiglie di Dexedrina (anfetamine) e 475 tavolette di Equanil (sedativi e tranquillanti) nascoste nella custodia della chitarra. Gli agenti della dogana federale lo arrestarono e lo rinchiusero nel carcere locale. Il giorno dopo Cash apparve di fronte al giudice e fu accusato di aver intenzionalmente introdotto droga nel Paese. Fu rilasciato dietro pagamento di una cauzione di 1,500 dollari in attesa del processo. Dopo l'udienza in tribunale venne scortato con le manette ai polsi da due poliziotti in borghese, un fotografo scattò una foto e Cash gli sferrò un calcio dalla rabbia. Due mesi dopo, si ripresentò a El Paso per dichiararsi colpevole di detenzione illegale di droghe. Un secondo arresto avvenne l'11 maggio 1965 a Starkville, Mississippi, per vagabondaggio ed essere entrato in una proprietà privata senza autorizzazione, nell'atto di cogliere fiori di notte nel giardino di una abitazione privata (l'incidente in questione gli fornì l'ispirazione per la canzone Starkville City Jail). Nella metà degli anni sessanta, la sua dipendenza dalle droghe raggiunse l'apice, e il conseguente comportamento distruttivo portò al divorzio dalla prima moglie che lo accusò di "crudeltà mentale". L'ultimo arresto subito da Johnny Cash ebbe luogo nel 1967 a Walker County, Georgia, dopo che era rimasto coinvolto in un incidente d'auto mentre trasportava una borsa piena di tranquillanti. Cash cercò di corrompere l'agente di polizia accorso sul posto, che però rifiutò il denaro e lo arrestò per tentata corruzione di un pubblico ufficiale. Trascorse la notte in carcere a LaFayette (Georgia), venendo rilasciato il giorno seguente dopo una "ramanzina" da parte dello sceriffo locale circa i pericoli delle sostanze stupefacenti e su quanto stesse sprecando il suo talento. Nel 1968, dopo aver tentato il suicidio mentre era sotto l'effetto della droga, ebbe una sorta di "risveglio spirituale" e decise di farla finita con pillole ed alcol. Nel tentativo di disintossicarsi gli fu d'aiuto la vicinanza di June Carter, con la quale si sposò il 1º marzo 1968, e della di lei famiglia. Nello stesso periodo riscoprì anche la propria fede in Dio, frequentando assiduamente la chiesa del reverendo Jimmie Rodgers Snow (figlio della leggenda country Hank Snow) a Nashville. Secondo l'amico di lunga data Marshall Grant, nel 1968 Cash non smise completamente di assumere droghe, tuttavia ridusse di molto il consumo delle stesse e, a partire dal 1970, restò "pulito" per sette anni di fila. Nel 1977 ricadde nel consumo di anfetamine e nel 1983, divenuto nuovamente tossicodipendente, si ricoverò nella Clinica Betty Ford per disintossicarsi. Restò in seguito fuori dalla droga per alcuni anni, ma nel 1989 dovette ancora ricoverarsi al "Cumberland Heights Alcohol and Drug Treatment Center" di Nashville. Attivismo per i nativi americani Nel 1965, Cash e June Carter apparvero allo show televisivo di Pete Seeger, Rainbow Quest, nel quale spiegarono il loro attivismo a favore dei Nativi americani: La Columbia, etichetta con la quale Cash era sotto contratto, si era opposta all'idea di includere tale brano nel prossimo album dell'artista, considerandolo "troppo radicale per il pubblico". Il fatto che Cash cantasse canzoni sulla tragedia del popolo nativo americano e sulla violenza contro di esso contrastava vivamente con l'ambiente mainstream della musica country degli anni cinquanta. Nel 1964, grazie al successo riscosso dal precedente album I Walk The Line, Cash poté finalmente permettersi di registrare e pubblicare l'album Bitter Tears: Ballads of the American Indian. Il disco contiene canzoni che parlano di varie tribù indiane, e della violenze commesse contro di esse dai conquistatori bianchi: Pima (The Ballad of Ira Hayes), Navajo (Navajo), Apache (Apache Tears), Lakota (Big Foot), Seneca (As Long as the Grass Shall Grow), e Cherokee (Talking Leaves). Cash scrisse tre delle canzoni da solo ed una insieme a Johnny Horton, ma la maggior parte delle canzoni di protesta furono composte dall'artista folk Peter La Farge (figlio dell'attivista e premio Pulitzer Oliver La Farge), che aveva conosciuto a New York negli anni sessanta. Il singolo estratto dall'album, The Ballad of Ira Hayes, non venne trasmesso dalle stazioni radio "di destra" e la casa discografica non fece nessuna promozione al disco data la natura "contestataria" del brano. In risposta a questa sorta di boicottaggio, il 22 agosto 1964, il cantante pubblicò una lettera aperta su Billboard Magazine, definendo l'industria discografica "codarda": Cash si occupò personalmente della promozione del singolo ed utilizzò la sua influenza personale presso i vari disc jockey così da permettere alla canzone di raggiungere la seconda posizione nella classifica del country. In seguito, anche al The Johnny Cash Show, continuò a raccontare storie sull'oppressione dei nativi americani, attraverso canzoni e filmati. Nel 1966, a conferma suo attivismo dalla parte dei nativi, il cantante divenne membro onorario della Nazione Seneca. Nel 1968 tenne un concerto nella riserva indiana Rosebud, posta nei pressi del luogo storico del massacro di Wounded Knee, al fine di raccogliere fondi per la costruzione di una scuola. Concerti in prigione e matrimonio con June Carter Verso la fine degli anni sessanta si trasferisce a Nashville, dove tenta di cambiare vita e dove sposa nel 1968 June Carter, che nel 1963 aveva scritto insieme a Merle Kilgore la canzone Ring of Fire, brano poi registrato da Anita Carter, sorella di June. Cash l'ascoltò e dichiarò in una radio che se entro sei mesi dall'uscita non avesse riscosso il meritato successo l'avrebbe reinterpretata e modificata in quanto riteneva che la canzone fosse molto pregevole. Ring of Fire è oggi ritenuto uno dei suoi più grandi successi. Due anni più tardi la coppia avrà un figlio, John Carter Cash. La versatilità nell'interpretare ballate, gospel, blues, country e rockabilly e l'incisività delle sue composizioni, ispirate alla vita e al lavoro quotidiano, fanno di Cash un vero e proprio punto di congiunzione tra la tradizione, il country moderno e il pop commerciale. A quegli anni risale la collaborazione con il cantante Bob Dylan, nata da stima e ammirazione reciproca, con cui incide 20 canzoni che appariranno nel bootleg Big River, The Nashville Session tra cui il brano Girl from the North Country che apparirà nell'LP Nashville Skyline di Dylan. Nel biennio 1968-69 pubblica i celebri album Johnny Cash at Folsom Prison (1968) e Johnny Cash at San Quentin (1969). Entrambi gli album dal vivo, registrati all'interno di carceri di massima sicurezza di fronte a un pubblico di detenuti, riscuotono enorme successo di critica e pubblico. At San Quentin include il singolo di successo A Boy Named Sue, che raggiunge la vetta della classifica country e la seconda posizione nella classifica pop statunitense. La versione della canzone pubblicata su singolo, venne censurata eliminando alcuni termini ritenuti "sconvenienti". Dal punto di vista commerciale, nel 1969 Cash eclissa addirittura i Beatles negli Stati Uniti vendendo 6.5 milioni di copie di dischi. Nel 1972 Cash si esibisce nella prigione di Österåker in Svezia. L'album live På Österåker viene pubblicato nel 1973, ma non riscuote il successo dei suoi predecessori. Nel 1976, un ulteriore concerto in carcere, questa volta presso la "Tennessee Prison", viene filmato per la trasmissione televisiva. Il concerto verrà pubblicato postumo dopo la morte di Cash con il titolo A Concert Behind Prison Walls nel 2003. The Johnny Cash Show Dal 1969 al 1971, Cash conduce il suo personale show televisivo, il Johnny Cash Show, sul canale ABC. In ogni puntata aprono per lui gli Statler Brothers; la Carter Family e la leggenda rockabilly Carl Perkins sono anch'essi parte dell'abituale entourage del programma. Inoltre, puntata dopo puntata, Cash invita allo show svariati nomi celebri del music business in qualità di ospiti, inclusi Neil Young, Stevie Wonder, Louis Armstrong, Neil Diamond, Joni Mitchell, Kenny Rogers (che partecipa quattro volte), James Taylor, Ray Charles, Roger Miller, Roy Orbison, Derek and the Dominos, e Bob Dylan. Durante questo periodo, contribuisce alla colonna sonora del film Lo spavaldo (Little Fauss and Big Halsy), nel quale recitano Robert Redford, Michael J. Pollard, e Lauren Hutton. The Ballad of Little Fauss and Big Halsey, scritta da Carl Perkins per il film, riceve una nomination ai Golden Globe. Altro artista che beneficiò dell'esposizione mediatica allo show fu Kris Kristofferson, che all'epoca stava iniziando a farsi un nome come cantautore. Durante un'esecuzione dal vivo del pezzo di Kristofferson Sunday Mornin' Comin' Down, Cash si rifiutò di cambiare le parole del testo come da indicazione dei dirigenti del network, e cantò il brano senza omettere i riferimenti alla marijuana: In questo periodo Cash inizia a modificare il proprio aspetto, smette di imbrillantinarsi i capelli e se li cotona; inoltre comincia ad indossare completi meno sobri ed austeri diversificando il suo guardaroba in funzione della nuova veste di star televisiva. Lo show venne cancellato nel 1971. L'ultima puntata andò in onda il 31 marzo. Nonostante i risultati più che dignitosi, il programma venne cancellato perché la ABC, su pressione degli sponsor, era alla ricerca di un pubblico maggiormente sofisticato, e decise di focalizzare l'attenzione su show dall'ambientazione più giovane, moderna ed urbana. Per fare spazio a queste nuove produzioni, tutti i programmi a tema campestre furono cancellati in contemporanea. L'operazione divenne nota con il nome "purga rurale". "The Man in Black" All'inizio degli anni settanta, "cristallizzò" la propria immagine pubblica come "The Man in Black" ("l'uomo in nero"). Nei concerti si esibiva regolarmente vestito di nero, indossando un lungo cappotto anch'esso nero. Questo modo di vestire era in netto contrasto con gli sgargianti costumi colorati e i cappelli da cowboy indossati dalla maggior parte dei cantanti country dell'epoca. Nel 1971 scrisse a proposito la canzone Man in Black, per spiegare il suo stile d'abbigliamento: A parte le ragioni politiche, Cash disse anche che semplicemente gli piaceva il nero e che era il colore più pratico da indossare sul palco, soprattutto quando si esibiva spesso in chiesa agli inizi di carriera. Nel 1971 interpreta A Gunfight, (Quattro tocchi di campana), film western con Kirk Douglas; poi partecipa a The Gospel Road, pellicola imperniata sulla figura di Gesù Cristo e compare nella serie televisiva del Tenente Colombo con Peter Falk in un memorabile episodio dal titolo Swan Song, in Italiano Il canto del cigno, dove impersona un cantante country-folk dal nome Tommy Brown che ha molto della sua biografia. Qualcuno disse: Tommy Brown "è" Johnny Cash. Anche la produzione musicale è di alto livello e mantiene Cash ai vertici delle classifiche con album come What Is Truth, Man in Black e Flesh and Blood. Pubblica un'autobiografia nel 1975, Man in Black, che ottiene una vendita di copie (una seconda autobiografia compare nel 1998, Cash: The Autobiography). Sul finire degli anni settanta, la popolarità di Cash e il numero dei suoi successi iniziarono a diminuire. Apparve in spot televisivi che pubblicizzavano compagnie petrolifere e un'azienda produttrice di modellini di treni. Grazie alla sua amicizia di lunga data con il predicatore Billy Graham, fu questo un periodo di grande fervore religioso per Cash nel quale egli continuò a proporre regolarmente brani gospel e canzoni religiose durante i concerti e in molti dei suoi dischi dell'epoca, sebbene nel 1979 la Columbia si rifiutò di pubblicare il doppio album gospel A Believer Sings the Truth, che finì per essere distribuito dalla Cachet Records, etichetta sussidiaria della Columbia. Anche se il suo show era stato cancellato dalla programmazione nel 1971, Cash continuò ad apparire in televisione, presentando speciali natalizi sulla CBS fino agli inizi degli anni ottanta. Nel corso degli anni stabilì rapporti di amicizia con svariati presidenti in carica degli Stati Uniti, da Richard Nixon e Jimmy Carter, a Ronald Reagan e George W. Bush. Quando venne invitato alla Casa Bianca per la prima volta nel 1970, i collaboratori di Nixon gli chiesero di suonare Okie from Muskogee (una canzone satirica di Merle Haggard sulla gente che biasimava i movimenti giovanili antimilitaristi), Welfare Cadillac (di Guy Drake), e A Boy Named Sue. Cash accettò di eseguire solo quest'ultima, ed aggiunse invece The Ballad of Ira Hayes (brano che racconta la storia di un nativo americano veterano di guerra disprezzato al suo ritorno a casa in Arizona), What Is Truth e Man in Black. Declino artistico e fisico Nel 1980, all'età di 48 anni diviene l'artista vivente più giovane ad essere introdotto nella Country Music Hall of Fame, ma negli anni ottanta ha inizio il declino artistico, nonostante lo circondi la stima di colleghi e appassionati: resta comunque in classifica specialmente con l'album Johnny 99, album di cover che include due brani di Bruce Springsteen tra cui Johnny 99, da cui il titolo. Nel 1984 pubblica un'autoparodia di se stesso con la canzone The Chicken in Black, che narra la storia del cervello di Cash che viene trapiantato in un pollo mentre lui in cambio riceve quello di un rapinatore di banche di nome Manhattan Flash. Nel 1988 avrebbe poi ammesso a Bill Flanagan della rivista Musician che la canzone era veramente orribile: Il biografo Robert Hilburn, nel libro Johnny Cash: The Life del 2013 smentisce però l'ipotesi che Cash abbia scelto intenzionalmente di incidere una canzone così ridicola come forma di protesta per il trattamento che stava ricevendo dalla sua casa discografica storica, la Columbia. Al contrario, Hilburn avanza l'ipotesi che sia stata la Columbia stessa a proporre la canzone a Cash, che memore dei successi precedenti ottenuti con brani dai risvolti comici come A Boy Named Sue e One Piece at a Time, accettò entusiasticamente, suonando la canzone dal vivo e girando un videoclip comico dove appare vestito da supereroe rapinatore di banche. Sempre secondo Hilburn, l'entusiasmo di Cash per il brano sfumò quando Waylon Jennings gli disse che sembrava un "buffone" nel video, e quindi Cash chiese alla Columbia di ritirare il video e il singolo dai negozi. Tra il 1981 e il 1984, registrò numerose sessioni con il produttore Billy Sherrill che rimasero inedite fino al 2014, quando videro la luce su etichetta Legacy Recordings pubblicate nell'album Out Among the Stars. Dopo una serie di ulteriori insuccessi nel periodo 1984-85, Cash lasciò la Columbia per accasarsi alla Mercury Records, per la quale pubblicò l'album Johnny Cash Is Coming to Town senza però riscuotere particolari consensi. A partire dal 1985 incide dischi e gira in tour con Waylon Jennings, Willie Nelson, e Kris Kristofferson nel supergruppo country The Highwaymen, pubblicando tre album (Highwayman nel 1985 che raggiunge il 1º posto nella classifica country, Highwayman 2 nel 1990, e The Road Goes on Forever nel 1995). Dei quattro membri del gruppo, Cash era l'unico a non essere texano. Nel 1986, Cash fece ritorno negli studi della Sun Records a Memphis per incidere insieme a Roy Orbison, Jerry Lee Lewis, e Carl Perkins l'album nostalgico Class of '55. Verso il finire del decennio, iniziarono per lui gravi problemi di salute. Il 16 maggio 1987, durante un concerto nell'Iowa, Cash fu costretto ad interrompere l'esibizione per problemi cardiaci, inizialmente imputati alla stanchezza. Nel dicembre 1988 venne ricoverato al Baptist Hospital di Nashville per sottoporsi ad un intervento di doppio bypass coronarico. Nel gennaio del 1990, a seguito dell'estrazione di un dente malato, subì un serio infortunio alla mandibola. Le ripetute operazioni per porre rimedio all'infortunio e il danno ai nervi della mandibola alterarono il suo aspetto. Il lato inferiore sinistro del volto apparve d'ora in poi permanentemente gonfio. Negli anni seguenti sarà afflitto anche da polmonite, diabete, peritonite, perdita parziale della vista, e da un imprecisato disturbo nervoso degenerativo (probabilmente una disautonomia) che lo porterà ad avere problemi motori costringendolo, nell'ultimissimo periodo di vita, su una sedia a rotelle. Nel 1993 partecipa all'album Zooropa degli U2 dove canta il brano di chiusura del disco, The Wanderer, canzone che appare nel medesimo anno con un missaggio leggermente diverso anche sulla colonna sonora del film Così lontano così vicino di Wim Wenders. Resurrezione artistica: American Recordings Nel 1994, con il nuovo contratto con la American Recordings di Rick Rubin, avviene la resurrezione di Johnny Cash. Rubin, da sempre suo grande ammiratore, introduce Cash a una nuova generazione di pubblico, rinverdendone la fama e sottolineando ai più giovani la sua statura artistica e di leggenda vivente. Il primo disco, American Recordings (1994), album prettamente acustico costituito da canzoni del suo repertorio e da reinterpretazioni di brani di artisti contemporanei scelti da Rubin, è accolto trionfalmente (e vince il premio Grammy nella categoria Best Contemporary Folk Album), e così i seguenti Unchained (1998), American III: Solitary Man (2000) e American IV: The Man Comes Around (2002), il suo ultimo album, che esce quasi in contemporanea con un album-tributo che gli dedicano colleghi di tutte le generazioni. Sempre per la serie "American", usciranno poi postumi due album: American V: A Hundred Highways (2006) e American VI: Ain't No Grave (2010), contenenti le ultime registrazioni del grande cantautore, raccolte da Rubin. La morte a breve distanza da quella di June Il 15 maggio 2003, a poco meno di 74 anni, muore la moglie June. Nel settembre dello stesso anno Cash viene ricoverato nel Baptist Hospital di Nashville per complicazioni diabetiche, e vi muore il 12 settembre all'età di 71 anni.Viene sepolto accanto alla moglie nel cimitero Hendersonville Memory Gardens a Hendersonville, nel Tennessee. Una delle ultime collaborazioni di Cash con il produttore Rick Rubin, l'album American V: A Hundred Highways, esce postumo il 4 luglio 2006. Il disco debutta in vetta alla classifica Billboard Top 200 nella settimana del 22 luglio. Il 23 febbraio 2010, tre giorni prima di quello che sarebbe stato il 78º compleanno di Cash, viene pubblicato il secondo album postumo, intitolato American VI: Ain't No Grave. L'artista è ricordato nella Hollywood Walk of Fame. Religiosità Cash venne cresciuto dai genitori secondo la fede cristiana battista della Southern Baptist Convention. Fu battezzato nel 1944 nel fiume Tyronza come membro della Central Baptist Church di Dyess, Arkansas. Problematico, travagliato, ma devoto cristiano, Cash è stato definito una sorta di "lente di ingrandimento attraverso la quale osservare le contraddizioni e le sfide della nazione americana". Studioso di testi biblici, negli anni settanta scrisse un romanzo cristiano intitolato Man in White sulla vita di San Paolo, e nell'introduzione dello stesso riportò l'aneddoto a proposito di un giornalista che, interessato alle sue credenze religiose, gli aveva chiesto se il romanzo era scritto dal punto di vista di un battista, di un cattolico, o di un ebreo. Cash si rifiutò di rispondere al quesito affermando: «Sono cristiano. Non mi mettere in altre categorie». Nel 1973 Johnny Cash fu autore della sceneggiatura di una pellicola rappresentante la vita del personaggio storico di Gesù, intitolata “Gospel Road: A Story Of Jesus”. Una volta Johnny Cash dichiarò di ritenersi "il più grande peccatore di tutti, un uomo sopravvalutato e pieno di contraddizioni". Prese l'abitudine di vestirsi sempre di nero perché suonando assiduamente in chiesa, lo riteneva il colore più adatto. Nel 1977 si laureò in teologia presso la Scuola Cristiana Internazionale di Teologia e fu consacrato "Ministro di culto". A Cash viene attribuita la conversione al Cristianesimo dell'attore e cantante John Schneider. Nonostante le sue profonde credenze religiose, Cash non fu però mai considerato un bigotto reazionario; nel corso di un'intervista disse di se stesso: Eventi postumi Il film biografico Nel novembre 2005 debutta nelle sale cinematografiche statunitensi Quando l'amore brucia l'anima (Walk the Line), film su Cash interpretato da Joaquin Phoenix, diretto da James Mangold e con Reese Witherspoon nella parte di June Carter, che riceverà il premio Oscar (Academy Award) come miglior attrice protagonista 2006. L'incendio della casa "storica" La casa dei Cash/Carter a Hendersonville (sul lago Old Hickory, 30 km a nord-est di Nashville) fu costruita su tre piani nel 1967 in legno, pietra e mattoni rossi da Braxton Dixon. I Cash vi abitarono dal 1968. La dimora - i cui interni compaiono anche nell'ultimo video, Hurt (premiato postumo nel 2004 con il Grammy Award), in cui Cash esegue la canzone dei Nine Inch Nails - è andata distrutta in un incendio il 10 aprile 2007 mentre erano in corso gli ultimi lavori di ristrutturazione. Dal 2006 l'abitazione è di proprietà di Barry Gibb, leader del gruppo dei Bee Gees, che si era detto impegnato a conservarla in onore del cantante country. Sarebbe dovuta diventare la casa estiva del nuovo proprietario, alla ricerca di un buen retiro in cui rifugiarsi a comporre nel periodo degli uragani di Miami. Johnny e June Carter possedevano anche una casa in Giamaica e una terza in Tennessee, ma consideravano quella di Hendersonville la loro dimora principale, celebrata anche dalla figlia di Cash, Rosanne Cash, nella canzone House on the Lake dell'LP Black Cadillac. Riferimenti in altri media Il nome Johnny Cash viene citato nel film Apollo 13. Nella serie Stargate Atlantis il protagonista della serie, John Sheppard, ha un poster di Cash nella propria stanza nella città di Atlantide. Il 5 giugno 2013 venne messo in vendita un francobollo in edizione limitata con l'effige di Johnny Cash. Il francobollo mostra una foto promozionale di Cash risalente al 1963 scattata in occasione della pubblicazione dell'album Ring of Fire: The Best of Johnny Cash. Fu utilizzata la versione di Cash del brano Ain't No Grave per la promo dell'incontro tra The Undertaker e Triple H a WrestleMania XXVII. Nel 2015, una nuova specie di tarantola nera venne identificata nei pressi della prigione di Folsom, e fu denominata Aphonopelma johnnycashi in suo onore. Nel 2013 viene citato nella serie TV gallese Hinterland (Y Gwyll). Nel corso della prima puntata il detective Tom Mathias, giunto sull scena di un crimine vede un uomo vestito con un lungo cappotto nero e chiede a un suo collaboratore: "Who's Johnny Cash?". Onorificenze Discografia Album in studio 1957 – Johnny Cash with His Hot and Blue Guitar (Sun Records) 1958 – The Fabolous Johnny Cash (Sun Records) 1958 – Sings the Songs That Made Him Famous (Columbia Records) 1959 – Greatest! (Sun Records) 1959 – Hymns by Johnny Cash (Columbia Records) 1959 – Songs for our Soil (Columbia Records) 1960 – Johnny Cash Sings Hank Williams (Sun Records) 1960 – Ride This Train (Columbia Records) 1960 – Now, There Was a Song! (Columbia Records) 1961 – Now Here's Johnny Cash (Sun Records) 1961 – The Lure of the Grand Canyon (Columbia Records) 1962 – Hymns from the Heart (Columbia Records) 1962 – The Sound of Johnny Cash (Columbia Records) 1963 – Blood, Sweat and Tears (Columbia Records) 1963 – The Christmas Spirit (Columbia Records) 1964 – The Original Sun Sound of Johnny Cash (Sun Records) 1964 – Bitter Tears: Ballads of the American Indian (Columbia Records) 1965 – Orange Blossom Special (Columbia Records) 1965 – Sings the Ballads of the True West (Columbia Records) 1966 – Everybody Loves a Nut (Columbia Records) 1966 – Happyness is You (Columbia Records) 1967 – Carryin' On with Johnny Cash and June Carter (Columbia Records) 1968 – From Sea to Shining Sea (Columbia Records) 1969 – The Holy Land (Columbia Records) 1970 – Hello, I'm Johnny Cash (Columbia Records) 1971 – Man in Black (Columbia Records) 1972 – A Thing Called Love (Columbia Records) 1972 – America: A 200-Year Salute in Story and Song (Columbia Records) 1972 – The Johnny Cash Family Christmas (Columbia Records) 1973 – Any Old Wind That Blows (Columbia Records) 1973 – Johnny Cash and His Woman (Columbia Records) 1974 – Ragged Old Flag (Columbia Records) 1974 – The Junkie and the Juicehead Minus Me (Columbia Records) 1975 – The Johnny Cash Children's Album (Columbia Records) 1975 – Sings Precious Memories (Columbia Records) 1975 – John R. Cash (Columbia Records) 1975 – Look at Them Beans (Columbia Records) 1976 – One Piece at a Time (Columbia Records) 1976 – The Last Gunfighter Ballad (Columbia Records) 1977 – The Rambler (Columbia Records) 1978 – I Would Like To See You Again (Columbia Records) 1978 – Gone Girl (Columbia Records) 1979 – Silver (Columbia Records) 1980 – Rockabilly Blues (Columbia Records) 1980 – Classic Christmas (Columbia Records) 1981 – The Baron (Columbia Records) 1982 – The Adventures of Johnny Cash (Columbia Records) 1983 – Johnny 99 (Columbia Records) 1986 – Rainbow (Columbia Records) 1987 – Johnny Cash Is Coming to Town (Mercury Records) 1988 – Water from the Wells of Home (Mercury Records) 1989 – Boom Chicka Boom (Mercury Records) 1991 – The Mystery of Life (Mercury Records) 1994 – American Recordings (American Recordings) 1996 – Unchained (American Recordings) 2000 – American III: Solitary Man (American Recordings) 2002 – American IV: The Man Comes Around (American Recordings) 2002 – Johnny Cash and Friends (American Recordings) 2003 – Unearthed (American Recordings) 2004 – My Mother's Hymn Book (American Recordings) 2006 – American V: A Hundred Highways (American Recordings) 2010 – American VI: Ain't No Grave (American Recordings) 2014 – Out Among the Stars (Legacy Recordings) Video 2003 - A Concert Behind Prison Walls 2005 - Live at Montreux 1994 2005 - CBS TV Anniversary Special: The First 25 Years 2005 - Live from Austin, TX 2006 - Live in Denmark 2006 - Johnny Cash in Ireland 2008 - Cash for Kenya: Live in Johnstown, PA Filmografia parziale Cinema Five Minutes to Live, regia di Bill Karn (1961) The Road to Nashville, regia di Will Zens (1967) Quattro tocchi di campana (A Gunfight), regia di Lamont Johnson (1971) The Gospel Road, regia di Robert Elfstrom (1974) Una vera amicizia (Thaddeus Rose and Eddie), regia di Jack Starrett (1978) Kairei, regia di Masahisa Sadanaga (1983) Gli ultimi giorni di Frank e Jesse James (The Last Days of Frank and Jesse James), regia di William A. Graham (1986) Televisione Colombo (Columbo) - serie TV, episodio 3x07 (1974) La casa nella prateria (Little House on the Prairie) - serie TV, episodio 3x01 (1976) L'orgoglio di Jesse Hallam (The Pride of Jesse Hallam), regia di Gary Nelson – film TV (1981) La signora del West (Dr. Quinn, Medicine Woman) - serie TV, episodi 1x05-2x05-3x09-5x16 (1993-1997) Renegade - serie TV, episodio 4x22 (1996) I Simpson (The Simpsons) - serie TV, episodio 8x09 (1997) Doppiatori italiani Rino Bolognesi in Quattro tocchi di campana Pietro Biondi in Colombo Ettore Conti in La casa nella prateria Marco Balbi in La signora del West (1^ voce) Claudio Sorrentino in Renegade Da doppiatore è sostituito da: Gerolamo Alchieri ne I Simpson Note Bibliografia Turner, Steve; Johnny Cash; la vita, l'amore e la fede di una leggenda americana, Kowalski, Milano 2008, ISBN 978-88-7496-757-5 Valter Binaghi, Francesco Binaghi Johnny Cash; The Man in Black, Arcana, Roma, 2010, ISBN 978-88-6231-112-0 Clapp, R, Johnny Cash and the great American contradiction: Christianity and the battle for the soul of a nation, Louisville, KY: Westminster John Knox, 2008, ISBN 978-0-664-23657-1 D'Ambrosio, Antonino, A Heartbeat and A Guitar: Johnny Cash and the Making of Bitter Tears, 2009, Perseus Books/Nation Books, ISBN 978-1-56858-407-2 Gross, Terry, All I Did Was Ask: Conversations with Writers, Actors, Musicians, and Artists, 2006, Hyperion, ISBN 1-4013-0010-3 Miller, Stephen, Johnny Cash: The Life of an American Icon, 2003, Omnibus, ISBN 0-7119-9626-1 Streissguth, Michael, Johnny Cash at Folsom Prison: The Making of a Masterpiece, 2004, Cambridge, MA: Da Capo Press, ISBN 978-0-306-81338-2 Voci correlate Tennessee Three The Highwaymen June Carter Cash Rick Rubin Altri progetti Collegamenti esterni Attori televisivi statunitensi Vincitori di Grammy
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https://it.wikipedia.org/wiki/Jordan
Jordan
Geografia Colombia Jordán – comune del dipartimento di Santander Filippine Jordan – capoluogo della provincia di Guimaras Stati Uniti d'America Jordan – fiume dello Utah Jordan – città della Contea di Scott, Minnesota Jordan – città della Contea di Garfield, Montana Jordan – villaggio della Contea di Onondaga, New York Jordan – township della Contea di Clearfield, Pennsylvania Jordan – township della Contea di Lycoming, Pennsylvania Jordan – township della Contea di Northumberland, Pennsylvania Jordan – comunità non incorporata della contea di Bastrop, Texas Jordan – città della Contea di Green, Wisconsin Matematica Teorema della curva di Jordan – teorema di topologia Teorema di decomposizione di Jordan – conseguenza del teorema di decomposizione di Hahn Misura di Jordan – forma di misura Forma normale di Jordan – forma di una matrice Lemma di Jordan – lemma di un'analisi complessa Teorema di Jordan sui gruppi molteplicemente transitivi Teorema di Jordan-Schönflies – in topologia geometrica Teorema di Jordan-Hölder – in teoria dei gruppi Algebra di Jordan Eliminazione di Gauss-Jordan Persone Jordan (Franco Mammarella) – cantante italiano Jordan (Anderson Jordan da Silva Cordeiro) – calciatore brasiliano Personaggi immaginari Jordan – personaggio dei fumetti di Rat-Man Hal Jordan – personaggio dei fumetti DC Comics Lee Jordan – Personaggio in Harry Potter Altro Jordan – variante in varie lingue del nome proprio di persona Giordano Jordan Aviation – compagnia aerea giordana Jordan – singolo di Buckethead del 2009 Jordan Motor Car Company – casa automobilistica di Cleveland attiva dal 1916 al 1931 Jordan Grand Prix – team irlandese di Formula 1 Pagine correlate Jordans Altri progetti
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https://it.wikipedia.org/wiki/JPEG
JPEG
JPEG è l'acronimo di Joint Photographic Experts Group, un comitato di esperti ISO/CCITT che ha definito il primo standard internazionale di compressione dell'immagine digitale a tono continuo, sia a livelli di grigio sia a colori. La stessa combinazione di caratteri indica anche il diffusissimo algoritmo di compressione a perdita di informazioni, che è disponibile in formato aperto e a implementazione libera. Si noti tuttavia che parlare di "file in formato jpg" è concettualmente errato, in quanto non esiste un "formato di file jpg": il file contenitore può essere di vario tipo (exif, jfif, tiff), ed è solo l'immagine contenuta ad essere effettivamente in formato jpg. Si tratta dello stesso ordine di concetti relativo ad esempio ai file video avi o mkv, che possono contenere file compressi con una moltitudine di algoritmi estremamente vari. JPEG è divenuto il più diffuso standard di compressione delle immagini fotografiche. Storia La specifica JPEG originale pubblicata nel 1992 implementa i processi di vari precedenti documenti di ricerca e brevetti citati dal CCITT (ora ITU-T) e dal Joint Photographic Experts Group. La base principale per l'algoritmo di compressione con perdita di dati di JPEG è la trasformata discreta di coseno (DCT), proposta per la prima volta da Nasir Ahmed come tecnica di compressione delle immagini nel 1972. Ahmed ha sviluppato un algoritmo DCT pratico con T. Natarajan della Kansas State University e KR Rao della University of Texas nel 1973. Il loro documento fondamentale del 1974 è citato nelle specifiche JPEG, insieme a diversi articoli di ricerca successivi che hanno ulteriormente lavorato su DCT, tra cui un articolo del 1977 di Wen-Hsiung Chen, CH Smith e SC Fralick che descriveva un veloce algoritmo DCT, nonché un articolo del 1978 di NJ Narasinha e SC Fralick, e un articolo del 1984 di BG Lee. La specifica cita anche un articolo del 1984 di Wen-Hsiung Chen e WK Pratt come influenza sul suo algoritmo di quantizzazione, e l'articolo del 1952 di David A. Huffman per il suo algoritmo di codifica Huffman. La specifica JPEG cita brevetti di diverse aziende. I seguenti brevetti hanno fornito le basi per il suo algoritmo di codifica aritmetica. IBM Brevetto USA 4.652.856 - 4 febbraio 1986 - Kottappuram MA Mohiuddin e Jorma J. Rissanen - Codice aritmetico multi-alfabeto senza moltiplicazione Brevetto USA 4.905.297 - 27 febbraio 1990 - G. Langdon, JL Mitchell, WB Pennebaker e Jorma J. Rissanen - Sistema di codifica e decodifica aritmetica Brevetto USA 4.935.882 - 19 giugno 1990 - WB Pennebaker e JL Mitchell - Adattamento della probabilità per programmatori aritmetici Mitsubishi Electric JP H02202267 ( 1021672 ) - 21 gennaio 1989 - Toshihiro Kimura, Shigenori Kino, Fumitaka Ono, Masayuki Yoshida - Sistema di codifica JP H03247123 ( 2-46275 ) - 26 febbraio 1990 - Fumitaka Ono, Tomohiro Kimura, Masayuki Yoshida e Shigenori Kino - Apparecchi di codifica e metodo di codifica La specifica JPEG cita anche altri tre brevetti di IBM. Altre società citate come titolari di brevetti includono AT&T (due brevetti) e Canon Inc. Assente dall'elenco è il brevetto USA 4.698.672, depositato da Wen-Hsiung Chen e Daniel J. Klenke di Compression Labs nell'ottobre 1986. Il brevetto descrive un Algoritmo di compressione delle immagini basato su DCT, che sarebbe poi causa di polemiche nel 2002 (vedi polemiche sui brevetti di seguito). Tuttavia, la specifica JPEG citava due precedenti lavori di ricerca di Wen-Hsiung Chen, pubblicati nel 1977 e nel 1984. Descrizione Caratteristiche del formato jpeg JPEG specifica solamente come una immagine possa essere trasformata in una sequenza di byte, ma non come questa possa essere incapsulata in un formato di file. I due aspetti sono spesso confusi ed il termine "jpeg" viene utilizzato come sinonimo di "file contenente un'immagine compressa con jpeg". Lo standard JPEG definisce due metodi di compressione di base, uno basato sull'uso della trasformata discreta del coseno (DCT-Discrete Cosine Transformì) con "compressione di tipo lossy" cioè con perdita di informazione, l'altro sull'uso di un metodo predittivo con compressione di tipo "lossless" cioè senza perdita di informazione. L'algoritmo base del JPEG di tipo "lossy" viene detto "baseline"; inoltre sono state definite delle estensioni opzionali del metodo "lossy" per la compressione di tipo gerarchico e progressivo. Le estensioni di file più comuni per i file che utilizzano la compressione JPEG sono .jpge .jpeg, tuttavia .jpe, .jfife .jifsono anche utilizzate. È anche possibile che i dati JPEG vengano incorporati in altri tipi di file: i file codificati TIFF spesso incorporano un'immagine JPEG come anteprima dell'immagine principale o contengono direttamente immagini compresse con JPEG; i file MP3 possono contenere un file JPEG di copertina nel tag ID3v2. Conversione immagine da bitmap a JPEG Essenzialmente il JPEG opera in 4 passi fondamentali per trasformare un'immagine bitmap in una JPEG e viceversa. Tali passi sono: L'immagine, vista come matrice di dimensioni NxN generiche, viene suddivisa in blocchetti di 8x8 pixel (se i blocchi di dati fossero di dimensioni più grandi, l'elaborazione risulterebbe troppo pesante e lenta; se più piccoli, non conterrebbero sufficiente informazione). Per ogni blocchetto si hanno le seguenti elaborazioni in sequenza: Rappresentazione in ambito frequenziale tramite DCT (trasformata discreta del coseno) se opera in modalità lossy, uso dei predittori in modalità lossless. Quantizzazione effettuata tramite opportune matrici, che, di solito, danno maggior peso ai coefficienti di ordine più basso (che rappresentano le basse frequenze spaziali), in quanto, per le proprietà della DCT, sono più importanti ai fini della sintesi dell'immagine, in quanto il sistema visivo umano percepisce meglio le basse frequenze spaziali rispetto alle alte frequenze. Codifica entropica ed eliminazione delle ridondanze di tipo statistico tramite codifica RLE e codici di Huffman; la componente continua della DCT, invece, è codificata in DPCM (Differential pulse-code modulation). Il fattore di compressione che si può raggiungere è determinato essenzialmente da un parametro di scalature per le matrici di quantizzazione. Tanto più piccolo è questo parametro, tanto peggiore è la qualità. Si può ottenere un fattore di compressione 15:1 senza alterare visibilmente la qualità dell'immagine. Esempio di immagine compressa con l'algoritmo standard a diverse qualità: Come si può notare, il miglior rapporto qualità/dimensione si ha con valore intorno al 90%. È inoltre immediatamente osservabile come, all'aumentare del livello di compressione, compaiano artefatti sempre più evidenti dal punto di vista visivo. Tra questi, il più tipico per il formato JPEG (come per tutti i formati che si basano sulla DCT) è la quadrettatura, o "blocking"; oltre ad esso si verificano fenomeni di "ringing" (fenomeno di Gibbs) e "blurring", o "blur" (sfocatura). Utilizzo JPEG è l'algoritmo più diffuso per la memorizzazione di fotografie. È inoltre molto comune su World Wide Web. Non è invece adatto per disegni geometrici, immagini al tratto e a colori uniformi, testo o icone, impieghi per i quali sono di impiego più comune i formati Portable Network Graphics (PNG) e Graphics Interchange Format (GIF). Non possiede la possibilità di generare immagini animate Altri formati di compressione "lossy" Nuovi metodi lossy, in particolare quelli basati sulle DWT (Discrete Wavelet Transform), garantiscono migliori risultati in alcuni casi. Il comitato JPEG ha creato un nuovo standard basato su wavelet, JPEG 2000, con la prospettiva di sostituire nel tempo lo standard JPEG. Note Voci correlate Immagine digitale Formato di file Raster Elaborazione digitale delle immagini Trasformata discreta del coseno Altri progetti Collegamenti esterni Formati di file grafici Formati aperti Standard Internet
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https://it.wikipedia.org/wiki/John%20Wilder%20Tukey
John Wilder Tukey
Svolse un ruolo importante nello sviluppo della statistica di metà Novecento. Ebbe una forte attitudine a collaborare con colleghi, cosicché molti dei suoi studi lo vedono coautore. Biografia Figlio unico di Ralph H. e Adah M. (Tasker) Tukey, ricevette un'educazione privata a casa, approfittando del fatto che entrambi i genitori erano insegnanti. L'insegnamento fuori casa cominciò soltanto con il suo ingresso nella Brown University di Providence, Rhode Island, dove studiò matematica e chimica, laureandosi in chimica. Proseguì gli studi cominciando nel 1937 il dottorato in matematica presso l'Università di Princeton, che conseguì nel 1939 con la tesi Denumerability in topology, pubblicata successivamente (nel 1940) con il titolo Convergence and uniformity in topology. Accettò l'incarico di insegnamento e in questo periodo i suoi sforzi erano concentrati su temi della matematica astratta. Durante la seconda guerra mondiale lavorò al Fire Control Research Office (diretto da Merrill Flood) dove venne coinvolto in argomenti di statistica che lo appassionarono alla scienza. Approfittò pure del fatto che a Princeton ci fossero altri statistici di fama – come Charles P. Winsor, George W. Brown, Wilfrid Dixon, Paul Dwyer, Samuel Stanley Wilks e William G. Cochran – coinvolti in ricerche riguardanti gli sforzi bellici. Alla fine della guerra gli venne proposto da Wilks – che era consapevole del talento di Tukey – un posto come statistico presso il dipartimento di matematica di Princeton. Posto che Tukey accettò, lavorando però pure per gli AT&T Bell Laboratories. Il primo notevole contributo alla statistica fu l'introduzione di tecniche moderne per la stima dello spettro nelle serie storiche. Nel 1965 pubblica con James William Cooley su Mathematics in Computation un articolo sull'algoritmo per la Fast Fourier Transform. Si occupò pure di filosofia della statistica, nonché dei metodi grafici per l'analisi dei dati, introducendo in quell'ambito tra l'altro il Box-and-Whisker Plot e il diagramma Stem-and-Leaf. Contribuì pure con quella che oggi viene chiamata Tukey's Paired Comparisons e all'analisi della varianza. Anche il Test di Siegel-Tukey porta il suo nome. Nel 1965 gli è stato assegnato il Premio Samuel S. Wilks. Pubblicazioni Denumerability in topology, tesi di dottorato in matematica, 1939, pubblicata nel 1940 con il titolo Convergence and uniformity in topology Generalized "sandwich" theorems in Duke Math., 1942, coautore Arthur Harold Stone Statistical problems of the Kinsey report (coautori F.Mosteller e William G. Cochran, American Statistical Association, 1954) Bias and confidence in not-quite large samples, in The Annals of Mathematical Statistics, 1958 A nonparametric sum of ranks procedure for relative spread in unpaired samples, in Journal of the American Statistical Association, 1960 (coautore Sidney Siegel) Approximate behavior of the distribution of Winsorized t, in Technometrics, 1968, coautore Wilfrid J. Dixon Voci correlate Test di Siegel-Tukey Diagramma Stem-and-Leaf Box-Plot Statistica Matematica, topologia Collegamenti esterni
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https://it.wikipedia.org/wiki/JavaScript
JavaScript
In informatica JavaScript è un linguaggio di programmazione multi paradigma orientato agli eventi, utilizzato sia nella programmazione lato client web che lato server (NodeJs) per la creazione di rest API, applicazioni desktop e embedded, siti web e applicazioni web, di effetti dinamici interattivi tramite funzioni di script invocate da eventi innescati a loro volta in vari modi dall'utente sulla pagina web in uso (mouse, tastiera, caricamento della pagina ecc...). Originariamente sviluppato da Brendan Eich della Netscape Communications con il nome di Mocha e successivamente di LiveScript, in seguito è stato rinominato "JavaScript" ed è stato formalizzato con una sintassi più vicina a quella del linguaggio Java di Sun Microsystems (che nel 2010 è stata acquistata da Oracle). Standardizzato per la prima volta il 1997 dalla ECMA con il nome ECMAScript, l'ultimo standard, di giugno 2022, è ECMA-262 Edition 13 ed è anche uno standard ISO (ISO/IEC 16262). Descrizione Le funzioni di script, utilizzati dunque nella logica di presentazione, possono essere opportunamente inserite in file HTML, in pagine JSP o in appositi file separati con estensione .js poi richiamati nella logica di business. Ultimamente il suo campo di utilizzo è stato esteso alle cosiddette Hybrid App (app ibride), con le quali è possibile creare app per più sistemi operativi utilizzando un unico codice sorgente basato appunto su JavaScript, HTML e CSS. Java, JavaScript e JScript Il cambio di nome da LiveScript a JavaScript si ebbe più o meno nel periodo in cui Netscape stava includendo il supporto per la tecnologia Java nel suo browser Netscape Navigator. La scelta del nome si rivelò fonte di grande confusione. Non c'è una vera relazione tra Java e JavaScript; le loro somiglianze sono soprattutto nella sintassi (derivata in entrambi i casi dal linguaggio C); le loro semantiche sono piuttosto diverse, e in particolare i loro object model non hanno relazione e sono notevolmente incompatibili. Dato il successo di JavaScript come linguaggio per arricchire le pagine web, Microsoft sviluppò un linguaggio compatibile, conosciuto come JScript. La necessità di specifiche comuni fu alla base dello standard ECMA 262 per ECMAScript, di cui sono state pubblicate otto edizioni da quando il lavoro iniziò, nel novembre 1996. Aspetti strutturali Le caratteristiche principali di JavaScript sono: essere un linguaggio interpretato: il codice non viene compilato, ma eseguito direttamente; in JavaScript lato client, il codice viene eseguito dall'interprete contenuto nel browser dell'utente. la sintassi è relativamente simile a quella dei linguaggi C, C++ e Java. definisce le funzionalità tipiche dei linguaggi di programmazione ad alto livello (strutture di controllo, cicli, ecc.) e consente l'utilizzo del paradigma object oriented. è un linguaggio debolmente tipizzato. è un linguaggio debolmente orientato agli oggetti. Ad esempio, il meccanismo dell'ereditarietà è più simile a quello del Self e del NewtonScript che a quello del linguaggio Java, fortemente orientato agli oggetti. Gli oggetti stessi ricordano più gli array associativi del linguaggio Perl che gli oggetti di Java o C++. Altri aspetti di interesse: in JavaScript lato client, il codice viene eseguito direttamente sul client e non sul server. Il vantaggio di questo approccio è che, anche con la presenza di script particolarmente complessi, il web server non rischia sovraccarichi dato che il lavoro viene svolto dal client. Un rovescio della medaglia è che, nel caso di script particolarmente grandi, il tempo per il trasferimento dalla rete può diventare eccessivamente lungo. Inoltre ogni informazione che presuppone un accesso a dati memorizzati in una base di dati remota deve essere rimandata a un linguaggio che effettui materialmente la transazione, per poi restituire i risultati ad una o più variabili JavaScript; operazioni del genere richiedono un nuovo caricamento della pagina stessa. Questi limiti sono però stati superati in buona parte con la nascita di AJAX. Alcune altre caratteristiche di JavaScript degne di nota: Può usare caratteri Unicode Può valutare le espressioni regolari (introdotte nella versione 1.2; supporto da parte dei browser: a partire da Netscape Navigator 4 e Internet Explorer 4) Le espressioni JavaScript contenute in una stringa possono essere valutate usando la funzione eval. Incompatibilità Le varie implementazioni di JavaScript, come già accaduto per HTML, spesso non sono conformi agli standard, ma piuttosto sono costruite per funzionare con uno specifico browser web e con un insieme di versioni specifiche degli stessi. L'attuale standard ECMAScript dovrebbe essere teoricamente la base di tutte le implementazioni JavaScript, ma in pratica i browser Mozilla (e Netscape) usano JavaScript, Microsoft Internet Explorer usa JScript, e altri browser come Opera e Safari usano altre implementazioni ECMAScript, spesso con ulteriori caratteristiche non standard per permettere la compatibilità con JavaScript e JScript. JavaScript e JScript contengono molte caratteristiche che non sono parte dello standard ufficiale ECMAScript, e possono anche essere privi di diverse caratteristiche. In tal modo, sono in parte incompatibili, il che porta gli autori di script a dovere sopperire a tali problemi durante la scrittura del software. Tra i due, JavaScript è più conforme allo standard: ciò significa che uno script redatto secondo gli standard ECMA funzionerà con la maggior parte dei browser, soprattutto se in versioni recenti. Un altro effetto è che ciascun browser potrebbe trattare lo stesso script in modo diverso, e ciò che funziona in un browser potrebbe non funzionare in un altro, o in una diversa versione dello stesso browser. Come con l'HTML, è quindi raccomandabile scrivere codice conforme agli standard. Naturalmente negli anni sono state realizzate varie librerie e framework che possono essere usate per semplificare la scrittura di codice JavaScript che funzioni correttamente indipendentemente dal browser usato. Una delle librerie più conosciute e diffuse per semplificare la scrittura di semplici script all'interno di pagine HTML o PHP è jQuery, mentre esistono numerosi framework per scrivere applicativi in JavaScript anche estremamente sofisticati (lato client e/o lato server) ignorando del tutto la necessità di riconoscere quale browser utilizzerà l'utente finale. Contromisure Esistono due tecniche principali per gestire le incompatibilità: browser sniffing (letteralmente "annusare il browser") e object detection ("rilevazione dell'oggetto"). Quando esistevano solo due browser che supportavano lo scripting, ovvero Netscape e Internet Explorer, il browser sniffing era la tecnica più diffusa. Controllando un certo numero di proprietà del client, che restituivano informazioni su piattaforma, browser e versione, era possibile per il codice discernere esattamente in quale browser veniva eseguito. in seguito le tecniche di sniffing divennero più difficili da implementare, dato che Internet Explorer cominciò a dissimulare le proprie informazioni, per esempio fornendo informazioni sul browser sempre più inaccurate (i motivi per questo comportamento della Microsoft sono da tempo oggetto di disputa). Più tardi ancora, il browser sniffing divenne una sorta di complicata forma d'arte, quando cioè altri browser dotati di scripting entrarono nel mercato, ciascuno con proprie informazioni su piattaforma, client e versione. L'object detection si basa sul controllo dell'esistenza della proprietà di un oggetto. function set_image_source(imageName, imageURL) { // Test per verificare se l'oggetto 'document' ha una proprietà 'images' if (document.images) { // eseguito solo se esiste un vettore 'images' document.images[ imageName ].src = imageURL; } } Un esempio più complesso si basa sull'uso di test booleani collegati: if (document.body && document.body.style) In questo caso, l'espressione "document.body.style" normalmente causerebbe un errore in un browser che non ha la proprietà "document.body", ma l'uso dell'operatore "&&" assicura che "document.body.style" non venga mai chiamato se "document.body" non esiste. Il test sfrutta questa particolarità della valutazione di espressioni logiche, chiamata lazy evaluation (lett. "valutazione pigra"). Oggi, una combinazione di browser sniffing, object detection, e conformità agli standard come le specifiche ECMAScript e i CSS sono usati in varie misure per provare ad assicurare che un utente non incontri mai un errore JavaScript. Uso A differenza di altri linguaggi, quali il C o il C++, che permettono la scrittura di programmi completamente stand-alone, JavaScript viene utilizzato soprattutto come linguaggio di scripting, integrato, ovvero all'interno di altro codice. L'idea di base è che il programma ospite (quello che ospita ed esegue lo script) fornisca allo script un'API ben definita, che consente l'accesso ad operazioni specifiche, la cui implementazione è a carico del programma ospite stesso. Lo script, quando eseguito, utilizza riferimenti a questa API per richiedere (al programma ospite) l'esecuzione di operazioni specifiche, non previste dai costrutti del linguaggio JavaScript in sé. Tale meccanismo viene adottato anche in linguaggi quale il C o Java, nel quale il programma si affida a delle librerie, non previste dal linguaggio in sé, che permettono di effettuare operazioni quali l'I/O o l'esecuzione di chiamate a funzioni di sistema. L'esempio tipico (e, forse, il più noto e comune) di programma ospite per uno script JavaScript è quello del browser. Un browser moderno incorpora normalmente un interprete JavaScript. Quando viene visitata una pagina web che contiene codice JavaScript, quest'ultimo viene eseguito dall'interprete contenuto nel browser. Le interfacce che consentono a JavaScript di rapportarsi con un browser sono chiamate DOM (Document Object Model in italiano Modello a Oggetti del Documento). Molti siti web usano la tecnologia JavaScript lato client per creare potenti applicazioni web dinamiche. Un uso principale del JavaScript in ambito Web è la scrittura di piccole funzioni integrate nelle pagine HTML che interagiscono con il DOM del browser per compiere determinate azioni non possibili con il solo HTML statico: controllare i valori nei campi di input, nascondere o visualizzare determinati elementi, ecc. Sfortunatamente, gli standard DOM imposti dal W3C non sempre vengono rispettati in modo consistente ed omogeneo da tutti. Browser diversi, a seconda del loro motore di rendering, espongono diversi oggetti o metodi allo script, perciò spesso è necessario implementare controlli aggiuntivi ad una funzione JavaScript, per garantirne la compatibilità con ciascun browser e persino in funzione delle varie versioni del medesimo browser. Al di fuori del Web, interpreti JavaScript sono integrati in diverse applicazioni. Adobe Acrobat e Adobe Reader supportano JavaScript nei file PDF. La piattaforma Mozilla, che è alla base di molti diffusi browser Web, usa JavaScript per implementare l'interfaccia utente e la logica di transazione dei suoi vari prodotti. Gli interpreti JavaScript sono integrati anche nelle applicazioni proprietarie prive di interfacce programmabili via script. Infine la tecnologia Windows Script Host di Microsoft supporta JavaScript (via JScript), un linguaggio di scripting per i sistemi operativi. Ciascuna di queste applicazioni fornisce il proprio modello a oggetti che dà accesso all'ambiente ospite, con il nucleo del linguaggio JavaScript che rimane per lo più invariato in ciascuna applicazione. Ci sono diverse implementazioni del nucleo del linguaggio JavaScript, tra le quali: KJS Rhino SpiderMonkey Narcissus NJS NGS Resin FESI SEE DMDScript V8 JägerMonkey Chakra Utilizzo in HTML Tag script (HTML) Per inserire uno script in una pagina HTML, è necessario l'utilizzo del tag script. Questo tag non è parte del linguaggio JavaScript in sé, serve solo come "contenitore" all'interno di una pagina HTML. <script type="text/javascript"> // <![CDATA[ JavaScript statements... // ]]> </script> Un documento può presentare in più parti la definizione del tag script. Tramite questo tag si può rappresentare la versione utilizzata e a seconda del browser si avrà l'interpretazione della parte di codice appropriata. Le definizioni possono essere le seguenti: <script type="text/javascript"> ... </script> Esempio: Hello world! Il seguente esempio visualizza un messaggio di avviso con all'interno scritto "Hello world". <script type="text/javascript"> alert('Hello world'); </script> Per "scrivere" direttamente nella pagina HTML: <script type="text/javascript"> document.write('Hello world'); </script> Il tipo MIME per il codice sorgente JavaScript source code è application/javascript, ma è più usato text/javascript, anche se non standard. Per integrare del codice JavaScript in un documento HTML, bisogna farlo precedere da: <script type="text/javascript"> e seguire da: </script> Browser più vecchi tipicamente richiedono che il codice inizi con: <script language="JavaScript" type="text/javascript"> <!-- e finisca con: // --> </script> I segnalatori di commento <!-- ... --> sono necessari per assicurare che il codice non venga visualizzato come testo da browser molto vecchi che non riconoscono il tag <script> nei documenti HTML, mentre LANGUAGE è un attributo HTML (il cui uso è ormai sconsigliato) che può essere richiesto da vecchi browser. Comunque, i tag <script> nei documenti XHTML/XML non funzionano se commentati, dato che i parser conformi agli standard XHTML/XML ignorano i commenti e possono anche incontrare problemi con i simboli --, < e > negli script (per esempio, confondendoli con gli operatori di decremento degli interi e di confronto). I documenti XHTML dovrebbero quindi includere gli script come sezioni CDATA dell'XML, facendoli precedere da <script type="text/javascript"> //<![CDATA[ e facendoli seguire da //]]> </script> (I simboli '//' all'inizio di una linea segnalano l'inizio di un commento JavaScript, per impedire che <![CDATA[ e ]]> vengano analizzati dallo script.) Gli elementi HTML possono contenere eventi intrinseci che possono essere associati a gestori specificati da uno script. Per scrivere del codice HTML 4.01 valido, il server web dovrebbe restituire un 'Content-Script-Type' con valore 'text/JavaScript'. Se il server web non può essere configurato a tale scopo, l'autore del sito web può inserire la seguente dichiarazione nella sezione di intestazione del documento <meta http-equiv="Content-Script-Type" content="text/javascript" /> Usi frequenti nei web browser JavaScript può essere usato per ogni aspetto dello scripting lato client di un web browser, ma alcuni usi si sono diffusi più di altri. Tra gli esempi ricorrenti vi sono la sostituzione di immagini, la creazione di finestre pop-up e la convalida dei dati inseriti in form. Nella maggior parte dei browser, il seguente frammento di codice XHTML mostra un modo con cui un'immagine può essere sostituita con un'altra quando l'utente muove il cursore su di essa. Tale effetto è chiamato spesso rollover o mouse over. Comunque comportamenti simili possono essere ottenuti anche usando solo i CSS. <img src = "normal.png" onclick = "window.location.href='http://en.wikipedia.org/'" onmouseover = "this.src='rollover.png'" onmouseout = "this.src='normal.png'" /> Filiazioni Un nuovo esempio di uso di JavaScript sono i Bookmarklet, piccole sezioni di codice all'interno dei segnalibri o Preferiti dei browser web. Il linguaggio di programmazione usato in Macromedia Flash (chiamato ActionScript) ha una forte somiglianza con JavaScript, dovuta alla loro relazione condivisa con ECMAScript. ActionScript ha quasi la stessa sintassi di JavaScript, ma il modello a oggetti è decisamente diverso. JavaScript for OSA (JavaScript OSA, or JSOSA), è un linguaggio di scripting per Macintosh basato sull'implementazione JavaScript 1.5 di Mozilla. È un componente freeware reso disponibile da Late Night Software. L'interazione con il sistema operativo e con le applicazioni di terze parti è gestita tramite un oggetto MacOS. A parte ciò, il linguaggio è virtualmente identico all'implementazione Mozilla. È stato proposto come alternativa al più usato linguaggio AppleScript. Elementi del linguaggio Variabili Le variabili sono in genere tipizzate dinamicamente ovvero sono definite semplicemente assegnando loro un valore oppure usando il comando let; quelle dichiarate fuori da qualunque funzione sono in visibilità "globale" ovvero accessibili dall'intera pagina web; quelle dichiarate dentro una funzione sono invece locali ovvero interne per quella funzione. Per passare variabili da una pagina all'altra, uno sviluppatore può impostare un cookie o usare un frame nascosto o una finestra in background per memorizzarli. Oggetti Ogni cosa in JavaScript è o un valore primitivo o un oggetto. Gli oggetti sono entità dotate di unicità (sono uguali solo a sé stessi) e che associano nomi di proprietà a valori. Ciò significa che un oggetto è un vettore associativo simile agli hash in Perl e Ruby, o ai dizionari in Python, PostScript e Smalltalk. JavaScript ha diversi generi di oggetti predefiniti, in particolare Array, Boolean (booleani), Date (oggetti contenenti una data e un'ora), Function (funzioni), Math (oggetto contenente funzioni di uso nel calcolo matematico), Number (numeri), Object (oggetti), RegExp (espressioni regolari) e String (stringhe). Altri oggetti sono gli "oggetti ospiti", definiti non dal linguaggio ma dall'ambiente di esecuzione. In un browser, i tipici oggetti ospite appartengono al DOM: window (finestra), form (maschera), link (collegamento) ecc. Definendo un costruttore, è possibile definire oggetti. JavaScript è un linguaggio orientato a oggetti basato su prototipi. Ciò significa che l'eredità è fra oggetti, non fra classi (JavaScript non ha classi). Gli oggetti ereditano le proprietà dai loro prototipi. Si possono aggiungere ulteriori proprietà o metodi ai singoli oggetti dopo che sono stati creati. Per far questo per tutte le istanze create da un singolo costruttore, si può usare la proprietà prototype del costruttore per accedere all'oggetto prototipo. Esempio: Creazione di un oggetto // costruttore function MyObject(attributeA, attributeB) { this.attributeA = attributeA; this.attributeB = attributeB; } // crea un Oggetto obj = new MyObject('red', 1000); // accede ad un attributo di obj alert(obj.attributeA); // accede ad un attributo con la notazione del vettore associativo alert(obj["attributeA"]); Simulare l'ereditarietà La gerarchia degli oggetti in JavaScript può essere emulata. Per esempio: function Base() { this.Override = _Override; this.BaseFunction = _BaseFunction; function _Override() { alert("Base::Override()"); } function _BaseFunction() { alert("Base::BaseFunction()"); } } function Derive() { this.Override = _Override; function _Override() { alert("Derive::Override()"); } } Derive.prototype = new Base(); d = new Derive(); d.Override(); d.BaseFunction(); risulterà nell'output: Derive::Override() Base::BaseFunction() Oggetti predefiniti Oltre a permettere la definizione di oggetti, JavaScript mette a disposizione tutta una serie di oggetti che possono essere utilizzati per i propri script: Anchor Applet Area Array Base Basefont Body Button Checkbox Date Document Event File FileUpload Form Frame Frameset Function Hidden History Iframe Image Layer Link Location Math Meta Navigator Number Object Option Password Radio RegExp Reset Screen Select Style String Submit Table TableData TableHeader TableRow Text Textarea Window Array Un array è un'associazione tra interi e valori di tipo arbitrario. In JavaScript, tutti gli oggetti possono associare interi e valori, ma gli array sono un tipo speciale di oggetti che hanno dei comportamenti specifici e metodi specializzati per l'uso degli indici interi (per es., join, slice, e push). Gli array hanno una proprietà length che è garantita essere sempre maggiore dell'indice più grande usato nel vettore. È automaticamente aggiornata se si crea una proprietà con un indice ancora maggiore. Scrivere un numero più piccolo nella proprietà length rimuove gli indici più grandi. Questa proprietà è l'unica caratteristica speciale dei vettori, che li distingue dagli altri oggetti. Con gli elementi degli array si può utilizzare la normale notazione per accedere alle proprietà degli oggetti: myArray[1] myArray["1"] Queste due notazioni sono equivalenti. Non è possibile usare la notazione a punto o le stringhe con una rappresentazione alternativa del numero: myArray.1 (errore di sintassi) myArray(1) (sintassi errata, ammessa unicamente da Internet Explorer) myArray["01"] (non è lo stesso di myArray[1]) La dichiarazione di un vettore può usare o una notazione esplicita o il costruttore Array: myArray = [0,1,,,4,5]; (vettore di lunghezza 6 con 4 elementi) myArray = new Array(0,1,2,3,4,5); (vettore con lunghezza 6 e 6 elementi) myArray = new Array(365); (vettore vuoto con lunghezza 365) Gli Array sono implementati in modo che solo gli elementi definiti usino memoria; sono "vettori sparsi". Impostare myArray[10] = 'qualcosa' e myArray[57] = 'qualcosaltro' usa solo lo spazio per questi due elementi, come per ogni altro oggetto. La lunghezza dell'array verrà sempre riportata come 58. Strutture di controllo e condizionali if ... else La struttura di controllo IF corrisponde in italiano a SE L'istruzione contenuta all'interno delle parentesi graffe verrà eseguita solo e soltanto se la condizione restituisce il valore true (vero),altrimenti verrà eseguita l'istruzione contenuta nell'ELSE. if (condizione) { istruzioni; } if (condizione) { istruzioni; } else { istruzioni; } Ciclo while while (condizione) { istruzioni; } Ciclo do ... while do { istruzioni; } while (condizione); Ciclo for for ([espressione iniziale]; [condizione]; [espressione di incremento]) { istruzioni; } Ciclo for ... in Questo ciclo percorre tutte le proprietà di un oggetto (o gli elementi di un vettore). for (variabile in oggetto) { istruzioni; } Ciclo for ... of Questo ciclo percorre tutti i valori di un oggetto (o gli elementi di un vettore). for (variabile of oggetto) { istruzioni; } Istruzione switch switch (espressione) { case valore1: istruzioni; break; case valore2: istruzioni; break; default : istruzioni; } Funzioni Una funzione è un blocco di istruzioni, dotato di una lista di argomenti (eventualmente vuota) e che può avere un nome (anche se non è necessario). Una funzione può restituire un valore tramite l'istruzione return. function(può essere vuoto) { istruzioni; return espressione; } Il numero degli argomenti passati quando si chiama una funzione non deve necessariamente essere uguale al numero degli argomenti della definizione della funzione (in altre parole, il numero di parametri formali non deve necessariamente essere rispettato all'atto dell'invocazione della funzione cioè nella specifica dei parametri attuali). All'interno della funzione ci si può riferire alla lista degli argomenti anche tramite il vettore arguments (quest'ultimo possiede la proprietà callee rappresentante un puntatore alla funzione stessa). Ogni funzione è un'istanza di Function, un tipo di oggetto base. Le funzioni possono essere create e assegnate come ogni altro oggetto: var myFunc1 = new Function("alert('Hello')"); var myFunc2 = myFunc1; myFunc2(); produce come output: Hello Interazione con l'utente Tra le altre tecniche con le quali uno script JavaScript può interagire con l'utente all'interno di una pagina Web, ci sono le seguenti: elementi form HTML, modificabili accedendo al DOM HTML; Alert dialog box (finestra di avviso) Confirm dialog box (finestra di conferma) Prompt dialog box (finestra di richiesta input) Barra di stato del browser Standard output ("console") Nota: i dialog box non funzionano col browser Opera; non vi è nessun errore, semplicemente non vengono eseguite. Metodi di scrittura a video (Standard Output) Per scrivere a video (cioè nella pagina in cui si trova lo script) è possibile utilizzare il metodo document.write(); le stringhe da visualizzare possono essere concatenate utilizzando l'operatore di concatenazione '+': <html> <head> <script type="text/javascript"> <!-- Nasconde lo script ai browser obsoleti // Questa funzione genera una riga orizzontale della larghezza scelta. function bar(widthPct) { document.write("<hr align='left' width='" + widthPct + "%' />"); } // Questa funzione genera del testo preceduto da un titolo di dato livello. function output(headLevel, headText, text) { document.write("<h" + headLevel + ">" + headText + "</h" + headLevel + "><p>" + text + "</p>"); } // Fine del codice da nascondere --> </script> </head> <body> <script type="text/javascript"> <!-- Nasconde lo script ai browser obsoleti bar(25) output(2, "JavaScript Rules!", "Usare JavaScript è facile...") // Fine del codice da nascondere --> </script> <p>Questo è normale HTML, a differenza di quello generato dal codice sopra.</p> </body> </html> Eventi Gli elementi di testo possono essere la fonte di vari eventi che possono avviare un'azione se è stato registrato un gestore di eventi ECMAScript. Nell'HTML, questi gestori di eventi sono spesso funzioni definite come anonime direttamente all'interno del tag HTML. La sintassi per richiamare un evento in uno script è la seguente: Oggetto.evento = handler; Esistono varie categorie di eventi: Eventi attivabili dai tasti del mouse Eventi attivabili dai movimenti del mouse Eventi attivabili dal trascinamento del mouse (drag and drop) Eventi attivabili dall'utente con la tastiera Eventi attivabili dalle modifiche dell'utente Eventi legati al "fuoco" Eventi attivabili dal caricamento degli oggetti Eventi attivabili dai movimenti delle finestre Eventi legati a particolari bottoni Altri e nuovi tipi di eventi Eventi attivabili dai tasti del mouse Lista eventi: onClick: attivato quando si clicca su un oggetto; onDblClick: attivato con un doppio click; onMouseDown: attivato quando si schiaccia il tasto sinistro del mouse; onMouseUp: attivato quando si alza il tasto sinistro del mouse precedentemente schiacciato; onContextMenu: attivato quando si clicca il tasto destro del mouse aprendo il ContextMenu. Il doppio click è un evento che ingloba gli altri e, per la precisione, attiva in successione onmousedown, onmouseup, onclick. Tag di applicazione A, ADDRESS, APPLET, AREA, B, BDO, BIG, BLOCKQUOTE, BODY, BUTTON, CAPTION, CENTER, CITE, CODE, DD, DFN, DIR, DIV, DL, DT, EM, EMBED, FIELDSET, FONT, FORM, HR, I, IMG, INPUT type=button, INPUT type=checkbox, INPUT type=file, INPUT type=image, INPUT type=password, INPUT type=radio, INPUT type=reset, INPUT type=submit, INPUT type=text, KBD, LABEL, LEGEND, LI, LISTING, MAP, MARQUEE, MENU, NEXTID, NOBR, OBJECT, OL, P, PLAINTEXT, PRE, RT, RUBY, S, SAMP, SELECT, SMALL, SPAN, STRIKE, STRONG, SUB, SUP, TABLE, TBODY, TD, TEXTAREA, TFOOT, TH, THEAD, TR, TT, U, UL, VAR, XMP Eventi attivabili dai movimenti del mouse Lista eventi: onMouseOver: attivato quando il mouse si muove su un oggetto; onMouseOut: attivato quando il mouse si sposta da un oggetto; onMouseMove: si muove il puntatore del mouse, ma poiché questo evento ricorre spesso (l'utilizzo del mouse è frequente), non è disponibile per default, ma solo abbinato con la cattura degli eventi, che si spiegherà in seguito. Tag di applicazione A, ADDRESS, APPLET, AREA, B, BDO, BIG, BLOCKQUOTE, BODY, BUTTON, CAPTION, CENTER, CITE, CODE, DD, DFN, DIR, DIV, DL, DT, EM, EMBED, FIELDSET, FONT, FORM, HR, I, IMG, INPUT type=button, INPUT type=checkbox, INPUT type=file, INPUT type=image, INPUT type=password, INPUT type=radio, INPUT type=reset, INPUT type=submit, INPUT type=text, KBD, LABEL, LEGEND, LI, LISTING, MAP, MARQUEE, MENU, NEXTID, NOBR, OBJECT, OL, P, PLAINTEXT, PRE, RT, RUBY, S, SAMP, SELECT, SMALL, SPAN, STRIKE, STRONG, SUB, SUP, TABLE, TBODY, TD, TEXTAREA, TFOOT, TH, THEAD, TR, TT, U, UL, VAR, XMP Eventi attivabili dal trascinamento del mouse (drag and drop) Lista eventi: onDragDrop: evento attivato quando un utente trascina un oggetto sulla finestra del browser o quando rilascia un file sulla stessa; onMove: attivato quando un oggetto muove una finestra o un frame; onDragStart: evento attivato appena l'utente inizia a trascinare un oggetto; onDrag: attivato quando il mouse trascina un oggetto o una selezione di testo nella finestra dello stesso browser o anche di un altro o anche sul Desktop; onDragEnter: attivato appena l'utente trascina un oggetto su un obiettivo valido dello stesso o di un altro browser; onDragOver: attivato quando l'utente trascina un oggetto su un obiettivo valido ad ospitarlo, ed è simile all'evento precedente, ma viene attivato dopo quello; onDragLeave: attivato quando l'utente trascina un oggetto su un obiettivo adatto per ospitarlo, ma non vi viene rilasciato; onDragEnd: attivato quando l'utente rilascia l'oggetto al termine del trascinamento. onDrop: attivato quando il mouse si alza il tasto del mouse in seguito ad un'operazione di trascinamento; Tag di applicazione A, ADDRESS, APPLET, AREA, B, BDO, BIG, BLOCKQUOTE, BODY, BUTTON, CAPTION, CENTER, CITE, CODE, DD, DFN, DIR, DIV, DL, DT, EM, EMBED, FIELDSET, FONT, FORM, HR, I, IMG, INPUT type=button, INPUT type=checkbox, INPUT type=file, INPUT type=image, INPUT type=password, INPUT type=radio, INPUT type=reset, INPUT type=submit, INPUT type=text, KBD, LABEL, LEGEND, LI, LISTING, MAP, MARQUEE, MENU, NEXTID, NOBR, OBJECT, OL, P, PLAINTEXT, PRE, RT, RUBY, S, SAMP, SELECT, SMALL, SPAN, STRIKE, STRONG, SUB, SUP, TABLE, TBODY, TD, TEXTAREA, TFOOT, TH, THEAD, TR, TT, U, UL, VAR, XMP Eventi attivabili dall'utente con la tastiera Lista Eventi: onKeyPress: evento attivato quando un utente preme e rilascia un tasto o anche quando lo tiene premuto; onKeyDown: attivato quando viene premuto il tasto; onKeyUp: evento attivato quando un tasto, che era stato premuto, viene rilasciato; onHelp: attivato quando un utente preme il tasto F1; Eventi attivabili dalle modifiche dell'utente onChange Attivato quando il contenuto di un campo di un form o modulo è modificato o non è più selezionato. Viene utilizzato anche con gli oggetti FileUpload, Select, Text, TextArea. Esempio: <input type="text" value="Enter email address" name="userEmail" onChange=validateInput(this.value) /> <script type="text/javascript"> this.myForm.userEmail.focus(); this.myForm.userEmail.select(); function validateInput() { userInput = new String(); userInput = this.myForm.userEmail.value; if (userInput.match("@")) alert("Thanks for your interest."); else alert("Please check your email details are correct before submitting"); } </script> onCellChange Attivato quando si modifica un elemento in una base di dati, per questa sua caratteristica ha un uso non propriamente legato a JavaScript; onPropertyChange Evento attivato quando cambia la proprietà di un elemento; onReadyStateChange Evento attivato quando lo stato del caricamento di un elemento cambia, l'evento è utile, ad esempio, per verificare che un elemento sia stato caricato. Tag di applicazione A, ADDRESS, APPLET, AREA, B, BDO, BIG, BLOCKQUOTE, BODY, BUTTON, CAPTION, CENTER, CITE, CODE, DD, DFN, DIR, DIV, DL, DT, EM, EMBED, FIELDSET, FONT, FORM, HR, I, IMG, INPUT type=button, INPUT type=checkbox, INPUT type=file, INPUT type=image, INPUT type=password, INPUT type=radio, INPUT type=reset, INPUT type=submit, INPUT type=text, KBD, LABEL, LEGEND, LI, LISTING, MAP, MARQUEE, MENU, NEXTID, NOBR, OBJECT, OL, P, PLAINTEXT, PRE, RT, RUBY, S, SAMP, SELECT, SMALL, SPAN, STRIKE, STRONG, SUB, SUP, TABLE, TBODY, TD, TEXTAREA, TFOOT, TH, THEAD, TR, TT, U, UL, VAR, XMP Eventi legati al "fuoco" onFocus Questo handler è l'opposto di onBlur per cui si attiva quando l'utente entra in un campo; onBlur Viene attivato quando il puntatore del mouse o il cursore esce dalla finestra corrente utilizzando il mouse o il carattere TAB. Applicato ai moduli, invece, tale handler si avvia se si esce dal campo il cui tag contiene il controllo; Esempio Enter email address <input type="text" value="" name="userEmail" onBlur=addCheck()> <script type="text/javascript"> function addCheck() { alert("Please check your email details are correct before submitting") } </script> onSelect Attivabile quando si seleziona del testo all'interno di una casella di testo sia col mouse sia tenendo premuto SHIFT e selezionando con i tasti Freccia; onSelectStart Si attiva quando si inizia a selezionare un evento; onbeforeEditFocus Si attiva con un doppio click o con un click su un oggetto che ha già la selezione, quando questo è in DesignMode; onLoseCapture Si attiva quando un oggetto perde la cattura del mouse. Tag di applicazione A, ADDRESS, APPLET, AREA, B, BDO, BIG, BLOCKQUOTE, BODY, BUTTON, CAPTION, CENTER, CITE, CODE, DD, DFN, DIR, DIV, DL, DT, EM, EMBED, FIELDSET, FONT, FORM, HR, I, IMG, INPUT type=button, INPUT type=checkbox, INPUT type=file, INPUT type=image, INPUT type=password, INPUT type=radio, INPUT type=reset, INPUT type=submit, INPUT type=text, KBD, LABEL, LEGEND, LI, LISTING, MAP, MARQUEE, MENU, NEXTID, NOBR, OBJECT, OL, P, PLAINTEXT, PRE, RT, RUBY, S, SAMP, SELECT, SMALL, SPAN, STRIKE, STRONG, SUB, SUP, TABLE, TBODY, TD, TEXTAREA, TFOOT, TH, THEAD, TR, TT, U, UL, VAR, XMP Eventi attivabili dal caricamento degli oggetti onLoad Questo handler funziona nel caricamento di oggetti, per lo più finestre e immagini; onUnload È l'opposto del precedente e funziona quando si lascia una finestra per caricarne un'altra o anche per ricaricare la stessa (col tasto refresh); onAbort L'Handler dell'evento onAbort permette di specificare del codice nel caso in cui l'utente blocchi il caricamento di un oggetto, o che si blocchi il caricamento di un'immagine. Questo handler usa le seguenti proprietà dell'evento. Esempio <img name = "myPic" SRC = "images/myPic.gif" onAbort = "alert('Loading of image aborted!')"> onError Si attiva quando il caricamento di un oggetto causa un errore, ma solo se questo è dovuto ad un errore di sintassi del codice e non del browser così funziona su un link errato di un'immagine della pagina, ma non su un link errato di caricamento di una pagina intera. Opera non gestisce questo evento, ormai obsoleto: per una corretta gestione degli errori si utilizza il costrutto try... catch; onBeforeUnload Questo handler funziona allo stesso modo di onUnload ma si carica in un momento prima; onStop Questo handler funziona quando si ferma il caricamento della pagina con il tasto stop del browser e dovrebbe funzionare anche allo stesso modo di onUnload caricandosi prima di questo ma dopo onBeforeUnload. Tag di applicazione onLoad Questo gestore è usato con i tag <BODY> e <FRAMESET> e da JavaScript 1.1anche con mentre in Explorer occorre aggiungere anche i tag <SCRIPT>, , <EMBED>, <APPLET>. In JavaScript 1.2 in Netscape si aggiunge anche il tag <LAYER>. onUnload Questo gestore è usato con i tag <BODY> e <FRAMESET> anche in Internet Explorer. onAbort Questo gestore è usato solo con il tag anche in Internet Explorer. onError Questo gestore è usato solo con il tag e con Window mentre in Internet Explorer anche con <OBJECT> e <STYLE>. onBeforeUnload Questo gestore è usato con i tag <BODY> anche in Internet Explorer. onStop Questo gestore è usato con i tag <BODY> anche in Internet Explorer. Eventi attivabili dai movimenti delle finestre Lista Eventi: onResize: Questo handler si attiva quando l'utente rimpicciolisce o ingrandisce una finestra o un frame o, in caso particolare per Explorer, un oggetto a cui siano stati fissati l'altezza e la larghezza o anche la posizione, come ad esempio un layer; onScroll: attivato quando si effettua lo scrolling della pagina sia col mouse con i tasti PGUP e PGDOWN o anche con il metodo doScroll. Tag di applicazione A, ADDRESS, APPLET, B, BIG, BLOCKQUOTE, BUTTON, CENTER, CITE, CODE, custom, DD, DFN, DIR, DIV, DL, DT, EM, EMBED, FIELDSET, FORM, FRAME, Hn, HR, I, IMG, INPUT type=button, INPUT type=file, INPUT type=image, INPUT type=password, INPUT type=reset, INPUT type=submit, INPUT type=text, ISINDEX, KBD, LABEL, LEGEND, LI, LISTING, MARQUEE, MENU, OBJECT, OL, P, PRE, S, SAMP, SELECT, SMALL, SPAN, STRIKE, STRONG, SUB, SUP, TABLE, TEXTAREA, TT, U, UL, VAR, window, XMP Eventi legati a particolari bottoni onSubmit: Questo handler è attivato dal click su tasto di Invio di un form; onReset: questo handler è attivato dal click su tasto di Annulla di un form. Tag di applicazione Handler applicabile solamente all'oggetto Form. Gestione degli errori Le versioni più nuove di JavaScript (a partire da quelle usate in Internet Explorer 5 e Netscape 6) incorporano la possibilità di un costrutto try... catch per la gestione degli errori. Il costrutto try ... catch ... finally intercetta le eccezioni generate da un errore o da un'istruzione throw. La sua sintassi è la seguente: try { // Istruzioni in cui possono essere lanciate delle eccezioni } catch (error) { // Istruzioni da eseguire in caso di eccezione } finally { // Istruzioni da eseguire successivamente in entrambi i casi } Inizialmente, vengono eseguite le istruzioni all'interno del blocco try. Se viene lanciata un'eccezione, il flusso di controllo dello script viene passato immediatamente alle istruzioni del blocco catch, con l'eccezione che viene resa disponibile come argomento error. In caso contrario, il blocco catch viene saltato. Una volta che il blocco catch è concluso, o il blocco try viene eseguito fino alla fine senza che sia lanciata alcuna eccezione, vengono eseguite le istruzioni nel blocco finally. Integrazione con HTML5 Con la nascita di HTML5 JavaScript ha acquisito diverse novità: Riconoscimento vocale L'utente può parlare all'interno di un form anziché scrivere:<input type="text" x-webkit-speech /> var recognition = new SpeechRecognition(); var speechRecognitionList = new SpeechGrammarList(); Notifiche di sistema Le notifiche di sistema sono progettate per richiedere l'attenzione dell'utente, mostrando un breve messaggio anche al di fuori della pagina corrente o anche se il browser non è al momento in primo piano. Data la loro potenziale invasività, è possibile utilizzarle solo se il sito ha già ottenuto dall'utente uno specifico consenso. Le notifiche di sistema, come suggerisce il nome, sono integrate coerentemente al dispositivo corrente (su desktop è spesso un pop-up, su mobile è spesso nella barra di notifica, etc.). Segue un esempio minimale con due pulsanti, per richiedere i permessi per le notifiche di sistema e per visualizzarne una. <button id="btn-asking">Richiedi permessi</button> <button id="btn-notify">Mostra notifica</button> <script> // ricerca pulsanti var btnAsking = document.getElementById( 'btn-asking' ); var btnNotify = document.getElementById( 'btn-notify' ); // dopo il click lancia la richiesta di permessi btnAsking.addEventListener( 'click', function() { Notification.requestPermission(); } ); // dopo il click mostro una notifica btnNotify.addEventListener( 'click', function() { new Notification( "Nuova notifica!" ); } ); </script> L'approfondimento della documentazione ufficiale permette di effettuare ulteriori buone pratiche, fra le quali: verifica del supporto (per esempio Safari su iOS è noto per non aver raggiunto un ottimo supporto) rispetto del consenso pregresso (evitare di richiedere molteplici richieste di consenso) rispetto del dissenso (evitare di tentare l'apertura di notifiche se non c'è consenso) Il lancio della richiesta di permessi dovrebbe avvenire solo a seguito di una interazione con l'utente (come il click di un pulsante). Molti browser moderni proibiscono persino l'apertura del pop-up della richiesta di consenso per le notifiche native se non c'è stata interazione. Contenuto editabile Possibilità per l'utente di modificare la pagina web come se si trovasse all'interno di un editor WYSIWYG, anche se le modifiche non saranno salvate nella reale pagina web remota ma solo visibili nel browser dell'utente:<div contenteditable="true"> Questo testo è editabile dall'utente. </div> document.execCommand("defaultParagraphSeparator", false, "p"); Drag out Trascinamento di file da una pagina web al computer o altro dispositivo:<a href="src/star.mp3" draggable="true" class="dragout" data-downloadurl="MIMETYPE:FILENAME:ABSOLUTE_URI_TO_FILE">download</a> var files = document.querySelectorAll('.dragout'); for (var i = 0, file; file = files[i]; ++i) { file.addEventListener('dragstart', function(e) { e.dataTransfer.setData('DownloadURL', this.dataset.downloadurl); }, false); } File System API Scrivere in modo asincrono un file in un file system in modalità sandbox utilizzando JavaScript:window.requestFileSystem(window.TEMPORARY, 1024 * 1024, function(fs) { fs.root.getFile('log.txt', {create: true}, function(fileEntry) { fileEntry.createWriter(function(writer) { . writer.onwrite = function(e) { ... }; writer.onerror = function(e) { ... }; var bb = new BlobBuilder(); bb.append('Hello World!'); writer.write(bb.getBlob('text/plain')); }, opt_errorHandler); } }, opt_errorHandler); Geolocalizzazione Possibilità per l'utente di dichiarare a un'applicazione o una pagina web la propria posizione:if (navigator.geolocation) { navigator.geolocation.getCurrentPosition(function(position) { var latLng = new google.maps.LatLng( position.coords.latitude, position.coords.longitude); var marker = new google.maps.Marker({position: latLng, map: map}); map.setCenter(latLng); }, errorHandler); } Device Orientation Riportare dati che indicano cambiamenti all'orientamento del dispositivo in relazione all'attrazione di gravità. In particolare, i dispositivi portatili come i telefoni cellulari possono utilizzare queste informazioni per ruotare automaticamente il display in modo da rimanere in posizione verticale, presentando una vista a tutto schermo del contenuto web quando il dispositivo viene ruotato in modo che la sua larghezza sia maggiore della sua altezza.window.addEventListener('deviceorientation', function(event) { var a = event.alpha; var b = event.beta; var g = event.gamma; }, false); Local Storage, Application Cache e Quota API Possibilità di navigare in pagine web visualizzate in precedenza anche senza connessione internet:saveButton.addEventListener('click', function () { window.localStorage.setItem('value', area.value); window.localStorage.setItem('timestamp', (new Date()).getTime()); }, false); textarea.value = window.localStorage.getItem('value');<html manifest="cache.appcache"> window.applicationCache.addEventListener('updateready', function(e) { if (window.applicationCache.status == window.applicationCache.UPDATEREADY) { window.applicationCache.swapCache(); if (confirm('A new version of this site is available. Load it?')) { window.location.reload(); } } }, false); Web SQL Database Nuove funzioni integrate con SQL:var db = window.openDatabase("DBName", "1.0", "description", 5*1024*1024); //5MB db.transaction(function(tx) { tx.executeSql("SELECT * FROM test", [], successCallback, errorCallback); }); Indexed DB Questa API utilizza gli indici per abilitare le ricerche ad alte prestazioni dei dati. Sebbene l'archiviazione web sia utile per archiviare quantità minori di dati, è meno utile per archiviare quantità maggiori di dati strutturati. IndexedDB fornisce una soluzione.var idbRequest = window.indexedDB.open('Database Name'); idbRequest.onsuccess = function(event) { var db = event.srcElement.result; var transaction = db.transaction([], IDBTransaction.READ_ONLY); var curRequest = transaction.objectStore('ObjectStore Name').openCursor(); curRequest.onsuccess = ...; };webkitStorageInfo.queryUsageAndQuota(webkitStorageInfo.TEMPORARY, function(used, remaining) { console.log("Used quota: " + used + ", remaining quota: " + remaining); } ); webkitStorageInfo.requestQuota(webkitStorageInfo.PERSISTENT, 10 * 1024 * 1024, function(used) { console.log("Used quota: " + used + ", remaining quota: " + remaining); } ); Web Workers Aumentano le prestazioni della pagina web:var worker = new Worker('task.js'); worker.onmessage = function(event) { alert(event.data); }; worker.postMessage('data'); task.js: self.onmessage = function(event) { // Do some work. self.postMessage("recv'd: " + event.data); }; Web Socket Comunicazione bidirezionale full-duplex sul Web: sia il server che il client possono inviare dati in qualsiasi momento o anche contemporaneamente. Vengono inviati solo i dati stessi, senza il sovraccarico delle intestazioni HTTP, riducendo drasticamente la larghezza di banda.var socket = new WebSocket('www.sito.it'); socket.onopen = function(event) { socket.send('Ciao'); }; socket.onmessage = function(event) { alert(event.data); } socket.onclose = function(event) { alert('chiuso'); } Pagine web a tutto schermo if (elem.webkitRequestFullScreen) { elem.webkitRequestFullScreen(Element.ALLOW_KEYBOARD_INPUT); } else if (elem.mozRequestFullScreen) { elem.mozRequestFullScreen(); } else if (elem.requestFullScreen){ elem.requestFullScreen(); } :full-screen-ancestor:root { overflow: hidden; } :full-screen-ancestor { z-index: auto; transform: none; transition: none; } pre:full-screen { background-color: white; } Nuovi selettori (API DOM) var el = document.getElementById('section1'); el.focus(); var els = document.getElementsByTagName('div'); els[0].focus(); var els = document.getElementsByClassName('section'); els[0].focus(); var els = document.querySelectorAll("ul li:nth-child(odd)"); var tds = document.querySelectorAll("table.test > tr > td"); var el = document.querySelector("table.test > tr > td"); Attributi personalizzabili <div id="out" data-id="good" data-name="joe" data-screen-name="user1"></div> var el = document.querySelector('#out'); el.setAttribute('data-foo', 'bar'); var html = []; for (var key in el.dataset) { html.push(key, ': ', el.dataset[key], '<br>'); } el.innerHTML = html.join(''); Output: id: good name: joe screenName: user1 foo: bar Element.classList L'utilizzo classListè un'alternativa all'accesso all'elenco di classi di un elemento come stringa delimitata da spazi tramite element.className.<div id="main" class="shadow rounded"></div> var el = document.querySelector('#main').classList; el.add('highlight'); el.remove('shadow'); el.toggle('highlight'); console.log(el.contains('highlight')); // false console.log(el.contains('shadow')); // false console.log(el.classList.toString() == el.className); //output: <div id="main" class="rounded"></div> History API Offre la possibilità di modificare l'URL di un sito Web senza un aggiornamento completo della pagina. Ciò è utile per caricare parti di una pagina con JavaScript in modo tale che il contenuto sia notevolmente diverso e garantisca un nuovo URL.link.addEventListener('click', function(event) { history.pushState('Contact Page Form', 'Contact Page', '/contact'); }); window.addEventListener('popstate', function(event) { document.querySelector('h1').innerHTML = event.state; });webkitStorageInfo.queryUsageAndQuota(webkitStorageInfo.TEMPORARY, function(used, remaining) { console.log("Used quota: " + used + ", remaining quota: " + remaining); } ); webkitStorageInfo.requestQuota(webkitStorageInfo.PERSISTENT, 10 * 1024 * 1024, function(used) { console.log("Used quota: " + used + ", remaining quota: " + remaining); } ); JS nel web 3D JavaScript comprende librerie e framework per creare interfacce 3D sul web. function main() { const canvas = document.querySelector("#glCanvas"); const gl = canvas.getContext("webgl"); if (gl === null) { alert("Aggiorna il tuo browser"); return; } gl.clearColor(0.0, 0.0, 0.0, 1.0); gl.clear(gl.COLOR_BUFFER_BIT); } window.onload = main; Alternative Con la nascita di HTML 5 e CSS 3 alcune possibilità come la creazione di: gallerie/slide di immagini e video tooltip menu di navigazione a tendina, a tabulazione, accordion e toggle effetti al passaggio del mouse sul testo, sui link e sulle immagini Navigazione "sticky" (si può permettere ad un elemento di rimanere fisso anche se la pagina scorre) Scorrimento orizzontale dei contenuti senza le barre di scorrimento del browser Barre di caricamento progressive Widget drag and drop Calcolatrici possono essere attuate senza l'utilizzo di JavaScript, cosa che con HTML 4 e CSS 2 era spesso impossibile fare. Esempi di UI JavaScript Note Bibliografia Michel Dreyfus: JavaScript (Addison Wesley Longman Italia - 2002) David Flanagan: JavaScript versione 1.5 (Apogeo - 2002) Emily A. Vander Veer: JavaScript (con CD-ROM) (Apogeo - 2001) Roberto Abbate: Imparare JavaScript (Edizioni Master - 2006) Shelley Powers: Programmare in JavaScript (Tecniche Nuove - 2007) Douglas Crockford: JavaScript - Le tecniche per scrivere il codice migliore (Tecniche Nuove - 2009) Voci correlate AJAX DHTML jQuery JSON Linguaggio di scripting Prototype JavaScript Framework TypeScript JavaScriptCore Altri progetti Collegamenti esterni Specifiche Storia Innovators of the Net: Brendan Eich and JavaScript (Marc Andreesen, Netscape TechVision, 24 Jun 1998) Brendan Eich and JavaScript (about.com) Apprendimento Grashopper: Learn to code (in italiano) Tutorial JavaScript su w3schools.com (in italiano) Guide, articoli, faq, raccolte script su JavaScript di HTML.it Guida completa a JavaScript di HTML.it Cooperazione con… Strumenti Guida pratica per abilitare JavaScript nei vari browser e sistemi operativi
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https://it.wikipedia.org/wiki/Jean-Baptiste%20de%20Lamarck
Jean-Baptiste de Lamarck
Introdusse verso la fine del XVIII secolo il termine "biologia" ed elaborò la prima teoria dell'evoluzione degli organismi viventi basata sull'adattamento e sulla ereditarietà dei caratteri acquisiti, conosciuta come lamarckismo. Biografia Partecipò alla Guerra dei sette anni nell'armata al comando del duca de Broglie. Rientrato in Francia, si stabilì a Parigi, dove si dedicò allo studio della biologia, della meteorologia e della botanica. Dopo aver abbandonato gli studi in medicina, si dedicò allo studio della botanica sotto la supervisione di Bernard de Jussieu. Cominciò a farsi conoscere col catalogo descrittivo La flore française, compilato con un metodo da lui introdotto. Fece quindi un viaggio attraverso l'Europa come accompagnatore del figlio di Buffon. Al ritorno lavorò alla Encyclopédie methodique, continuando il lavoro di Diderot e D'Alembert. Ebbe poi la cattedra di "zoologia dei vermi e degli insetti", diventata poi "zoologia degli invertebrati", al Muséum national d'histoire naturelle. Da allora concentrò i suoi interessi sulla zoologia, dedicandosi in particolare ai molluschi, viventi e fossili. A lui si devono il riordinamento, le divisioni e le suddivisioni degli animali, la suddivisione in vertebrati e invertebrati e i termini biologia e ambiente, di cui rese conto nella grande Encyclopédie, subentrando al posto di D'Alembert. Con Cuvier fu uno dei fondatori della paleontologia. Durante la Prima Rivoluzione francese (1789-1799) si schierò dalla parte dei repubblicani, andando contro la nobiltà di cui faceva lui stesso parte. Il pensiero scientifico di Lamarck si fondava su tre presupposti: le cause dei fenomeni vitali vanno cercate nella composizione chimica della materia vivente la scienza riguarda processi continui regolati da leggi la scienza persegue la causalità deterministica. Morì cieco e in difficoltà economiche nel 1829 e venne sepolto in una fossa comune nel cimitero di Montparnasse a Parigi. Teoria dell'evoluzione biologica di Lamarck Con la pubblicazione, nel 1809, dell'opera Philosophie zoologique, Lamarck giunse alla conclusione che gli organismi, così come si presentavano, fossero il risultato di un processo graduale di modificazione che avveniva sotto la pressione delle condizioni ambientali. Nel tentativo di dare una spiegazione a quella che era la prima teoria evoluzionista, egli si basò su tre idee: La varietà di viventi: poche specie erano riuscite a rimanere immutate nel tempo. L'uso e il non uso degli organi (arti, ...): le specie avevano con il tempo sviluppato gli organi del loro corpo che permettevano di sopravvivere adattandosi all'ambiente. Per spiegare questa idea ricorse all'esempio delle giraffe: in un primo momento, secondo Lamarck, sarebbero esistite solo giraffe con il collo corto; queste ultime, per lo sforzo fatto per arrivare ai rami più alti, sarebbero riuscite a sviluppare collo e zampe anteriori e quindi ad avere organi adatti alle circostanze. Per converso, il non-uso di determinati organi portava alla loro perdita. L'ereditarietà dei caratteri acquisiti per uso e disuso: le specie trasmettevano ai discendenti i caratteri acquisiti (il collo e le zampe più lunghi nel caso delle giraffe). Elabora due teorie evoluzionistiche: l'evoluzione stessa si evolve. Evoluzione I: è valida per gli organismi più semplici fino alla tenia. Viene affrontata passivamente. Qualsiasi modificazione ambientale determina cambiamenti fisiologici e poi anatomici. I discendenti ricevono alla nascita le modificazioni acquisite dai genitori. Evoluzione II: è valida dalla pulce in su e viene affrontata attivamente. Qualsiasi modificazione ambientale provoca un cambiamento dei bisogni vitali, in particolare quelli alimentari, e in seguito cambiamenti comportamentali. Di conseguenza c'è una modificazione fisio-anatomica che porta ad una modificazione comportamentale, dei bisogni, per poi tornare all'ambiente stesso. L'evoluzionismo successivo ha abbandonato la teoria lamarckiana per quanto riguarda l'ereditarietà dei caratteri acquisiti: lo sviluppo della genetica e della genomica ha permesso di comprendere che gli adattamenti conseguiti da un organismo nel corso della sua vita non si possono trasmettere ereditariamente, a meno che non modifichino il patrimonio genetico dell'individuo che sarà poi trasmesso alla progenie. Questo è impossibile per gli organismi pluricellulari a riproduzione sessuata, tuttavia per un ristretto gruppo di organismi, soprattutto microrganismi, che si riproducono per riproduzione asessuata e quindi possono più facilmente trasferire le proprie modificazioni alla progenie, la teoria può considerarsi valida. Ad oggi le teorie di Lamarck stanno avendo nuova luce sotto l'insegna dell'epigenetica. Lamarck fu il primo scienziato a propugnare una teoria evoluzionista empiricamente controllabile che affermava la mutazione delle specie nel corso del tempo (idea che sarà ripresa da Charles Darwin). In questo modo Lamarck portò la biologia fuori dal creazionismo e fondò una dinamica della storia della natura. Opere Note Voci correlate Naturalista Evoluzione Lamarckismo Darwinismo Charles Darwin Altri progetti Collegamenti esterni Œuvres et rayonnement de Jean-Baptiste Lamarck, creato da Pietro Corsi (Università di Oxford) e diretto dal CNRS (CRHST – Parigi). Lamarck, Jean Enciclopedisti francesi Chimici francesi Sepolti nel cimitero di Montparnasse
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https://it.wikipedia.org/wiki/K%C5%8Dan
Kōan
Kōan è la pronuncia giapponese dei caratteri cinesi 公案 (pinyin gōng'àn, Wade-Giles kung-an; in coreano 공안 gong-an o kong'an, in vietnamita công án). Il Kōan è un termine proprio del Buddhismo Zen e, nei suoi corrispettivi linguistici, della scuola cinese da cui è derivato, il Buddhismo Chán, e delle rispettive scuole coreane (dette Seon o Sŏn soprattutto nella scuola Jogye jong) e vietnamite (dette Thiền) anch'esse derivate dal Buddhismo Chán. Questo termine indica lo strumento di una pratica meditativa, denominata 看話禪 (cin. kànhuà chán, giapp. kanna zen) propria di queste scuole, consistente in una affermazione paradossale o in un racconto usato per aiutare la meditazione e quindi "risvegliare" una profonda consapevolezza. Di solito narra l'incontro tra un maestro e il suo discepolo nel quale viene rivelata la natura ultima della realtà. Origine del termine e storia della pratica del kōan nel Buddhismo cinese Il significato originario del termine in lingua cinese è "avviso pubblico" o "ordinanza di legge" emesso da un ufficio del Governo imperiale cinese. In senso generale acquisisce il significato di esempio che vuole essere di guida per la vita. L'utilizzo della pratica del kōan appare in modo sporadico nel IX secolo in Cina. Il primo ad utilizzare detta pratica sembrerebbe essere stato Huìyóng (慧顒, 860 - 930), maestro buddhista di scuola Chán di terza generazione nel lignaggio di Línjì (臨濟, ?-867). Con il diffondersi di questa pratica, nei monasteri chán si iniziarono a raccogliere i kōan all'interno di opere sistematiche, il cui primo esempio sembrerebbe essere stato il Boze Songgu di Xuědòu Chóngxiǎn (雪竇重顯, 980-1052), raccolta che un secolo dopo fu ampliata e sistemata da Yuánwù Kèqín ( 圓悟克勤, 1063 - 1135) acquisendo quindi il titolo di Bìyán lù (碧巖錄, Raccolta della Roccia blu). Altro importante sostenitore della meditazione sui kōan e vero e proprio fondatore del kànhuà chán fu il discepolo di Yuánwù Kèqín, Dàhuì Zōnggǎo (大慧宗杲, giapp. Daie Shūkō, 1089 - 1163) il quale, tuttavia, preoccupato dell'involuzione intellettualistica di questa pratica giunse a distruggere tutte le copie del Bìyán lù. Modalità del kōan La pratica del kōan consiste in un tema affidato dal maestro zen al discepolo cui chiede la soluzione. Uno dei più conosciuti kōan è quello del maestro Zhàozhōu Cóngshěn (趙州從諗, giapp. Jōshū Jūshin, 778 - 897): La risposta wú (無 giapp. mu), che non rappresenta comunque la negazione della natura del Buddha nel cane, è l'elemento principale del kōan, ed è l'oggetto di meditazione, denominato 話頭 (cin. huàtóu, giapp. watō), che impegnerà il discepolo zen in ogni sua attività quotidiana. Durante un colloquio con il maestro, solitamente quotidiano e denominato 獨參 (cin. dúsān, giapp. dokusan), l'allievo zen offre la sua risposta al kōan (nel caso dell'esempio cosa significasse la risposta wú pronunciata dal maestro Zhàozhōu) che testimonierà la sua realizzazione o meno della "visione dell'essenza" o "comprensione della realtà" denominata 見性 (cin jiànxìng, giapp. kenshō). Oggi le uniche scuole buddhiste che utilizzano questa tecnica meditativa sono le scuole giapponesi Zen Rinzai e Sambō Kyōdan, quella coreana Sŏn (nella quale viene spesso praticato un singolo kōan per tutta la vita) e quella vietnamita Thiên. Raccolte di kōan Esistono tre importanti raccolte di kōan, tutte di origine cinese: il Wúmén guān (無門關, giapp. Mumon kan, Il passo di frontiera di Wúmén, raccolta di quarantotto gōng'àn, T.D. 2005.48.292c - 299c) composto in 1 fascicolo dal monaco cinese Wúmén Huìkāi (無門慧開, 1183-1260) nel 1228; il Bìyán lù (碧巖錄, giapp. Hekigan roku, Raccolta della Roccia blu, una raccolta di cento gōng'àn, T.D. 2003.48.139a - 292a) sistemato nel 1125 da Yuánwù Kèqín ( 圓悟克勤, 1063 - 1135); il Cóngróng lù (從容録, giapp. Shōyōroku, conosciuto come il Libro della serenità) opera del monaco Hóngzhì Zhèngjué (宏智正覺, 1091 - 1157). Il kōan nella scuola buddhista giapponese Zen Nel Buddhismo Zen l'uso dei kōan è tenuto in massima considerazione presso la scuola dello Zen Rinzai, rifacendosi in particolar modo, per questo ambito, agli insegnamenti del maestro Hakuin Ekaku (白隠慧鶴, 1686-1769). L'uso del kōan fu proprio anche della scuola Zen Sōtō: il maestro di questa scuola Keizan Jōkin (瑩山紹瑾, 1268 - 1325) e i suoi successori ne fecero ampio uso. Peraltro il suo utilizzo non fu né promosso né sconsigliato dal fondatore della scuola Sōtō, Dōgen (道元, 1200-1253). Fu solo a partire dal XVIII secolo che tale scuola abbandonò questo metodo, ponendo l'accento sulla meditazione in posizione seduta (zazen) nella modalità detta shikantaza (只管打坐). Le cinque classificazioni dei kōan nello Zen Rinzai A partire da Hakuin la scuola giapponese Zen Rinzai promosse una classificazione progressiva di studio dei kōan suddivisa in cinque livelli: Hossin-kōan (法身, o kōan del dharma-kaya), atti a realizzare l'unità di tutto il reale; Kikan-kōan (機關, o kōan a proposito), atti a realizzare le differenziazioni nell'unicità; Gonsen-kōan (言詮, o kōan di chiarimento), atti a realizzare la comprensione profonda delle parole dell'insegnamento per superarle; Nantō-kōan (難透 o kōan difficile soluzione), atti ad integrare una intuizione profonda all'interno di ogni singola attività quotidiana; Go-i kōan (五位, kōan dei cinque livelli) fondati sui cinque livelli di illuminazione proposti dal monaco cinese Dòngshān Liángjiè (洞山良价, giapp. Tōzan Ryōkai, 807-869). Note Bibliografia Il Bìyán lù è pubblicato in italiano in La Raccolta della Roccia Blu 3 voll. (a cura di Thomas E. Cleary). Roma, Ubaldini, 1978 Il Wúmén guān è pubblicato in italiano in Mumonkan – La Porta senza Porta (a cura di Zenkei Shibayama). Roma, Ubaldini, 1977 Il Cóngróng lù è pubblicato in italiano in Il Libro della Tranquillità (a cura di Leonardo Vittorio Arena). Milano, Mondadori, 2004 Studi: Buswell, Robert E., Jr. The ‘Short-Cut’ Approach of K'an-Hua Meditation: The Evolution of a Practical Subitism in Chinese Ch'an Buddhism. In Sudden and Gradual: Approaches to Enlightenment in Chinese Thought, Honolulu: University of Hawaii Press, 1987. Cleary, J. C., and Cleary, Thomas, The Blue Cliff Record. Boston, Shambhala, 1977. Edizione italiana La raccolta della roccia blu 3 voll. Roma, Ubaldini, 1978. Foulk, T. Griffith. The Form and Function of Koan Literature: A Historical Overview. In The Koan: Texts and Contexts in Zen Buddhism. New York: Oxford University Press, 2000. Schlütter, Morten. Silent Illumination, Kung-an Introspection, and the Competition for Lay Patronage in Sung-Dynasty Ch'an. In Buddhism in the Sung. Honolulu: University of Hawaii Press, 1999. Philippe Cornu. Dizionario del Buddhismo. Milano, Bruno Mondadori, 2003, pagg.307-8. Cristiano Martorella, La Verità e il Luogo. Convergenze e divergenze fra la filosofia occidentale e giapponese, in Diogene Filosofare Oggi, n. 4, anno 2, giugno-agosto 2006, pp. 14-19. Morten Schlütter. Kōan, in Encyclopedia of Buddhism. NY, Macmillan, 2004, pagg. 426-9. Voci correlate Buddhismo Chán Buddhismo Zen Hakuin Ekaku 101 storie zen Altri progetti Collegamenti esterni The Gateless Gate 48 kōan compilati nel XIII secolo Book of Serenity Una collezione di 100 kōan compilati nel XII secolo I kōan, tecniche di superamento del pensiero condizionato Tesi di laurea in psicologia sui kōan Buddhismo cinese Buddhismo giapponese Espressioni comuni della lingua giapponese Zen Buddhismo coreano
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Karl Pearson
Con i suoi lavori influenzò notevolmente la teoria statistica, in particolare è ricordato per l'introduzione dell'indice che porta il suo nome per lo studio della correlazione di dati. È padre di Egon Pearson, anch'egli statistico di fama. La formazione Ha una formazione in matematica che conclude nel 1879 durante la quale ha avuto come docenti personaggi dal calibro di James Clerk Maxwell, George Gabriel Stokes, Arthur Cayley e Isaac Todhunter. Continua gli studi con il diritto ed nel 1881 diventa avvocato. Soggiorna successivamente a Heidelberg (Germania) interessandosi sia di fisica che di metafisica, storia delle religioni e diritto romano. Nel 1884 occupa la cattedra di matematica applicata presso lUniversity College di Londra, ma si interessa pure di fisica, storia e filosofia. La sua prima opera (The New Werther, 1880) è ampiamente autobiografica, ma già a 33 anni, nel 1889, si indirizza chiaramente verso la statistica in seguito alla lettura di scritti di Francis Galton (Natural Inheritance, 1889) e all'amicizia con lo zoologo W.F.R.Weldon che gli fornisce dati che lo stimolano a riflessioni di tipo statistico. Contributi alla statistica Karl Pearson ha contribuito alla teoria statistica in diversi ambiti: studio delle curve di densità: Pearson cerca di costruire un sistema di curve di densità basato su parametri ottenuti con il metodo dei momenti (vedasi:Principio ristretto di equivalenza in variabilità). Inoltre introduce il termine deviazione standard e la notazione σ tuttora usati. la correlazione: studia il coefficiente r e le sue generalizzazioni, basandosi sui lavori di Galton criteri per valutare l'approssimazione dei dati ad una distribuzione teorica, in modo particolare il noto Chi quadrato. In questo ambito è stato influenzato da Edgeworth. Pearson è stato inoltre editore di alcune riviste: Annals of Eugenics, Drapers' Company Research Memoirs e soprattuttoBiometrika, finanziata da Galton. Divenne il primo titolare della cattedra di eugenetica creata dal suo amico e maestro Francis Galton (Galton Chair of National Eugenics). Si è preoccupato di costruire le tavole statistiche con lo scopo di fornire uno strumento di lavoro a statistici e biometrici, tavole usate ancora oggi. Questa attività venne proseguita da suo figlio. Il suo laboratorio di biometria venne fuso con l'''Eugenics Record Office di Galton, diventando il Laboratorio Galton. Il suo approccio agli aspetti sociali (p.es. socialismo, emancipazione della donna) e alla scienza (metodi statistici applicati allo studio dell'evoluzione) non fu sempre in sintonia con il pensiero del suo tempo e nemmeno con quello di altri importanti statistici come Ronald Fisher, al punto che poco prima della sua morte il suo dipartimento venne diviso in due: il primo gestito da Fisher, l'altro dal figlio di Karl, Egon. Opere The New Werther (1880) The Trinity, A Nineteenth Century Passion Play (1882) Die Fronica (1887) The Ethic of Freethought (1886) The Grammar of Science (1892) A History Of The Theory Of Elasticity And Of The Strength Of Materials vol. 1 (1993) (con Isaac Todhunter) A History Of The Theory Of Elasticity And Of The Strength Of Materials vol. 2 (1893) On the dissection of asymmetrical frequency curves (1894) Skew variation in homogeneous material (1895) Contributions to the Mathematical Theory of Evolution. II. Skew Variation in Homogeneous Material, in Philosophical Transactions of the Royal Society of London (1895) Regression, heredity and panmixia (1896) On the criterion that a given system of deviations from the probable in the case of a correlated system of variables is such that it can be reasonably supposed to hove arisen from random sampling Phil. Mag. 6', p. 157-175 (1900): articolo di riferimento per il Chi quadrato) (χ²) Tables for Statisticians and Biometricians ((1914)) Tables of Incomplete Beta Function (1934) The life, letters and labours of Francis Galton'' (3 volumi: 1914, 1924, 1930): biografia di Francis Galton, molto ammirato da Karl Pearson Voci correlate Personalità Egon Pearson (suo figlio e allievo) Ronald Fisher (suo allievo, nonché avversario) William Sealy Gosset (suo contemporaneo) Francis Galton (suo maestro) Argomenti Statistica Test di verifica d'ipotesi Ipotesi nulla Principio ristretto di equivalenza in variabilità Deviazione standard Altri progetti Collegamenti esterni Filosofi della scienza Eugenisti
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Andrej Nikolaevič Kolmogorov
Tra i più importanti e influenti matematici del XX secolo, compì importanti progressi in diversi campi accademici, tra cui la teoria delle probabilità, la topologia, la logica intuizionista, la turbolenza, la meccanica classica e la complessità computazionale. Si devono a lui l'introduzione della definizione di insieme limitato e gli assiomi del calcolo probabilistico. Biografia Nato da genitori non sposati, fu sua zia Vera Jakovlena ad occuparsi della sua educazione, dato che la madre morì tragicamente durante il parto. Cresciuto a Tunošna, nel 1920 entrò nell'Università di Mosca dove non si occupò solo di matematica, ma anche di metallurgia e storia della Russia. Nel 1922 trovò una serie di Fourier che diverge quasi ovunque, che gli valse la fama nel mondo. Nel 1925 conseguì la laurea e, iniziate le ricerche sotto la supervisione di Nikolaj Luzin, pubblicò 8 articoli tra cui quello che diverrà la pietra miliare del calcolo delle probabilità. Nel 1929 completò il suo dottorato con ben 18 pubblicazioni. Eseguì una serie di studi sulle catene di Markov e nel 1931 divenne professore a Berlino. Nello stesso anno pubblicò gli importanti risultati sull'equazione retrospettiva e sull'equazione prospettica. Nel 1933 pubblicò Concetti fondamentali del Calcolo delle Probabilità, sviluppando la ricerca che era ormai cristallizzata sul dibattito fra quanti consideravano la probabilità come limiti di frequenze relative (cfr. impostazione frequentista) e quanti cercavano un fondamento logico della stessa. La sua impostazione assiomatica si mostrava adeguata a prescindere dall'adesione a una o all'altra scuola di pensiero. Questi risultati gli valsero una cattedra a Mosca (1938) e l'accoglimento a membro dell'Accademia delle Scienze dell'URSS (1939). Di interesse - sempre negli anni trenta - sono i suoi studi sulle relazioni tra matematica classica e intuizionismo di cui fu precursore. Dopo il secondo conflitto mondiale si dedicò alla teoria dell'informazione. In particolare si occupò dell'interpretazione di un segnale in presenza di interferenze disturbatrici. Nel settembre 1942, Kolmogorov sposò la sua compagna di scuola Anna Dmitrievna Egorova, figlia del famoso storico, professore, membro corrispondente dell'Accademia delle scienze Dmitry Nikolaevich Egorov. Il loro matrimonio durò 45 anni. I Kolmogorov non avevano figli: il figlio di A. D. Egorova, O. S. Ivashev-Musatov, fu allevato in famiglia. A dispetto della considerevole importanza della sua Scuola matematica per lo sforzo bellico durante la seconda guerra mondiale, fu uno dei matematici sovietici esclusi dalla ricerca scientifica in ambito militare; alcuni autori sostengono a causa della sua convivenza, a partire dal 1929, col compagno, matematico anch'esso, Pavel Aleksandrov. L'influenza di Kolmogorov sulla matematica del XX secolo non è dovuta solo alle sue ricerche dirette, ma anche al fatto che fu mentore di numerosi matematici che a loro volta si sarebbero distinti per i loro lavori. Furono suoi allievi, fra i tanti, Vladimir Arnold, Jakov Sinaj, Evgenij Dynkin, Akiva Jaglom, Al'bert Širjaev, Andrej Monin e Aleksandr Obukhov. Assiomatizzazione della teoria delle probabilità Kolmogorov definì tre assiomi: A ogni evento casuale corrisponde un certo numero , chiamato "probabilità di ", che soddisfa la disuguaglianza . La probabilità dell'evento certo è 1. La probabilità dell'unione di un numero finito o infinito numerabile di eventi mutuamente esclusivi è pari alla somma delle probabilità di questi eventi. A partire da questi tre assiomi, sono stati in seguito formulati vari teoremi e varie leggi che costituiscono la base della moderna teoria della probabilità. Per i suoi risultati Kolmogorov è anche noto come il padre del calcolo delle probabilità. Teoremi Sia data una successione di variabili aleatorie indipendenti tali che e varianza di . Se: la successione soddisfa la legge forte dei grandi numeri. Sia una successione di variabili aleatorie indipendenti identicamente distribuite. La condizione necessaria e sufficiente perché converga con probabilità 1 a è che esista e sia uguale a . Legge 0-1 di Kolmogorov: Sia una successione di variabili aleatorie indipendenti. Se allora vale oppure Teorema delle tre serie di Kolmogorov Pubblicazioni Concetti fondamentali del Calcolo delle Probabilità (Grundbegriffe der Wahrscheinlichkeitsrechnung, 1933) con Sergej V. Fomin, Elementi di teoria delle funzioni e di analisi funzionale, Edizioni Mir, Mosca, 1980 Onorificenze Riconoscimenti Nel 1941 ottenne il Premio Lenin e l'Ordine di Lenin in ben 6 occasioni. Nel 1962 ricevette il Premio Balzan. Nel 1980 ottenne il Premio Wolf per la matematica. Nel 1987 fu insignito del Premio Lobačevskij. Kolmogorov ottenne laurea ad honorem in molte università (Parigi, Varsavia, Stoccolma). Note Voci correlate Teoria della probabilità Statistica Test di Kolmogorov-Smirnov Teorema di Kolmogorov-Arnold-Moser Equazione retrospettiva di Kolmogorov Equazione prospettica di Kolmogorov Teorema delle tre serie di Kolmogorov Teoria K41 della turbolenza Altri progetti Collegamenti esterni Guido Boffetta, Angelo Vulpiani: Andrei Nikolaevich KOLMOGOROV (1903 - 1987) su pagina personale del Prof. Vulpiani, La Sapienza Università di Roma Kol Vincitori del premio Balzan Sepolti nel cimitero di Novodevičij Matematici russi Cavalieri dell'Ordine di Lenin
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Kim Eric Drexler
Ricercatore all'Institute for Molecular Manufacturing, è anche presidente del Foresight Institute. Ha scritto molto sulle nanotecnologie e coniato il termine "nanomacchina". Opere Motori di Creazione (Engines of Creation. The Coming Era of Nanotechnology, 1986). Testo originale , Traduzione italiana (pdf) a cura di Vincenzo Battista Unbounding the Future, 1991 (con Chris Peterson e Gayle Pergamit). Testo originale Nanosystems: Molecular Machinery, Manufacturing and Computation, 1992 Engines of Creation 2.0: The Coming Era of Nanotechnology (edizione rivista ed espansa), 2007 Note Bibliografia Ed Regis, Nano: The Emerging Science of Nanotechnology Altri progetti Collegamenti esterni www.e-drexler.com sito personale di Eric Drexler metamodern.com blog di Eric Drexler Versione liberamente consultabile del libro Engines of Creation nel sito dell'autore Futurologi
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Kundalini
Kundalini (adattamento di Kuṇḍalinī, devanagari: कुण्डलिनी) è un termine della lingua sanscrita adoperato originariamente in alcuni testi delle tradizioni tantriche per indicare quell'aspetto della Śakti presente nel corpo umano, l'energia divina che si ritiene risiedere in forma quiescente in ogni individuo. Origine del termine e contesti d'uso Sebbene la nozione di un corrispettivo dell'energia divina nel corpo umano e delle pratiche relative per gestirla si trovi già espressa e discussa in alcuni testi del corpus dei Bhairava tantra, quali ad esempio il Netra Tantra, il Kubjikāmata Tantra e il Vijñānabhairava Tantra, sembra che la prima menzione del termine compaia nel Tantrasadbhāva, altro testo del medesimo corpus, risalente all'VIII secolo circa. Il passo è citato dal filosofo kashmiro Kṣemarāja (X-XI sec.) nel suo commento agli Śivasūtra: I Bhairava tantra sono un insieme di opere, 64 per l'esattezza, che la tradizione vuole rivelate dal Dio Śiva nel suo aspetto Bhairava. Questi testi espongono una dottrina monista (ā-dvaita, "non-dualista"), cioè una visione metafisico-religiosa nella quale ogni aspetto nel cosmo, individui compresi, sono una manifestazione, un'espansione dell'Assoluto, Śiva. Molti di questi testi non ci sono pervenuti, ma ne abbiamo menzioni e citazioni sia in quelli attualmente conosciuti sia nei numerosi commenti che ne sono seguiti. Occorre qui ricordare che la concezione di una relazione fra l'umano e il divino non è certo una prerogativa delle tradizioni in oggetto, tradizioni essenzialmente tantriche, ma risale, nella letteratura, a un'epoca antecedente, quella del brahmanesimo. Nella Chāndogya Upaniṣad (IX-VII secolo a.C.), ma anche in altre Upaniṣad, troviamo già espresso il concetto dell'identità fra l'essenza individuale e quella divina, fra ātman e brahman: «Quello sei tu». I testi del Bhairava tantra costituiscono il corpus canonico di opere sacre cui fanno riferimento alcune tradizioni religiose popolari per lo più sorte nella regione indiana del Kashmir, e confluite poi in quel sistema esegetico etichettato come Shivaismo del Kashmir come è stato formulato da Abhinavagupta. Queste tradizioni e scuole sostengono l'identità fra gli individui, l'universo e Dio, che, come già detto, è qui identificato con Śiva o una sua ipostasi (come Bhairava, per esempio): Śiva è qui considerato causa materiale ed efficiente dell'universo, e il suo riflesso nel mondo è Śakti, l'energia divina che gli esseri e le cose nel mondo sperimentano come causa di ogni trasformazione. Sostantivo femminile, śakti è termine il cui significato è proprio "energia", "forza", e indica generalmente il potere, o l'insieme dei poteri di un dio (deva), quelli che agiscono nel mondo fenomenico e sono la causa di ogni trasformazione, creazione e distruzione. Nella mitologia, questa śakti è spesso personificata come dea (devi) e variamente denominata, oggetto di culto nelle correnti devozionali. Come Pārvatī, la "Figlia della montagna", per esempio, raffigurata come sposa di Śiva; o come Kālī, "Colei che domina il tempo". Da questo punto di vista, Kuṇḍalinī non è che uno dei nomi della śakti, della Dea cioè: uno degli aspetti, in ultima analisi, di Dio. Così, prima di entrare nel dettaglio delle pratiche, si rivolge alla Dea Kuṇḍalinī il filosofo kashmiro Abhinavagupta (X-XI sec.), sistematore di queste tradizioni: Il passo dal Tantrasadbhāva sopra citato procede lasciando intendere che il nome Kuṇḍalinī derivi da kuṇḍalī, generalmente tradotto con "ricurva", o anche con "attorcigliata": Il nome deriverebbe quindi dallo stato in cui normalmente si trova questa energia; "dormiente", "addormentata", "quiescente", "inattiva", "sopita", "inconscia": sono questi i termini che generalmente si trovano in letteratura per riferirsi alla kuṇḍalinī di cui non si è ancora preso coscienza tramite una delle pratiche canoniche. Il riferimento al serpente come immagine simbolica della kuṇḍalinī rende bene l'idea di qualcosa che normalmente è in stato di riposo, arrotolato su sé stesso come spesso il serpente giace fintanto che non venga stimolato o non si muova in cerca di cibo. Il corpo yogico Il seguace di queste tradizioni, che come si è detto sono spiccatamente tantriche, il tāntrika, ovvero l'adepto che guidato dal suo guru segue un percorso spirituale vòlto al conseguimento della liberazione (mokṣa) dal ciclo delle rinascite (saṃsāra), è ritenuto possedere una struttura complessa che convive col corpo fisico. Si tratta di un corpo immateriale, una struttura somatica inaccessibile ai sensi che l'adepto crea immaginandola e visualizzandola attraverso una serie di pratiche complesse. Nella letteratura critica moderna a questo corpo è stato dato il nome di "corpo sottile", per distinguerlo dal corpo fisico, che per contrasto è spesso detto "grossolano". Il termine non è soltanto adoperato per le dottrine in oggetto, ma lo si usa anche per rendere concetti simili pertinenti ad altre tradizioni, sia religiose sia no, come quelle esoteriche. André Padoux, indologo francese esperto di tantrismo, fa però notare che questo termine, "corpo sottile", è improprio, perché è la traduzione letterale di sukṣmaśarīra, che si riferisce invece al corpo trasmigrante: il "corpo sottile" è quello che sopravvivendo alla morte è destinato a reincarnarsi (se non c'è stata liberazione). Padoux utilizza pertanto il termine "corpo yogico". Similmente, Gavin Flood utilizza il termine "corpo tantrico". David Gordon White usa anche il termine "corpo alchemico". Letteralmente Yoga significa "unione", qui fa riferimento all'unione di Kuṇḍalini con Śiva attraverso un viaggio di Kuṇḍalini stessa nel corpo dell'adepto, dal punto in cui giace come addormentata, alla base della colonna vertebrale, fino alla sommità del capo, dove si unisce appunto a Śiva, donando la beatitudine della liberazione. La comprensione reale di questo corpo da parte di noi occidentali, prosegue Gavin Flood, di cosa esso realmente significhi e di come sia vissuto dal tāntrika, dei suoi rapporti col cosmo in ultima analisi, è impresa velleitaria. Il corpo tantrico è fondamentalmente un testo nel senso lato del termine, cioè uno strumento per concettualizzare l'universo, le divinità, la lingua sanscrita e il linguaggio, la tradizione scritta stessa: qualcosa che la cultura di massa moderna al di fuori della tradizione certo non può comprendere né rendere. La visione del corpo tantrico da parte della civiltà occidentale è cosa emblematica, e rappresenterebbe un argomento in sé. Gli elementi principali di questo corpo sono i "canali" (nāḍī), i "centri" o "ruote" (cakra), i "punti" (bindu), il soffio vitale (vāyu). Va subito detto che non esiste una fisiologia univoca per il corpo yogico: il numero, le caratteristiche e le funzioni dei suoi componenti variano da tradizione a tradizione, da testo a testo. È in questo corpo che Kuṇḍalinī vive e si muove. La fisiologia più diffusa per il sistema di cakra e nāḍī è quella che deriva dalla tradizione tantrica che fa riferimento alla dea Kubjikā, la Dea gobba, tradizione attestatasi nell'XI secolo. In questa sono descritti sette cakra, collocati rispettivamente nelle zone del: perineo (mūlādhāracakra), genitali (svādhiṣṭhānacakra), plesso solare (maṇipuracakra), cuore (anāhatacakra), gola (viśuddhacakra), fronte (ājñācakra), sommità del capo (sahasrāracakra) Le nāḍī principali sono tre: una centrale, la suṣumnā, e due laterali: iḍā e piṅgalā. Kubjikā è raffigurata nell'apparenza di una vecchia donna incurvata dagli anni: kubjika significa "curva"; questa Dea è infatti associata con Kuṇḍalinī. La tradizione in oggetto è la cosiddetta tradizione kaula occidentale, originaria dell'Himalaya occidentale, e attestata con certezza nel XII secolo in Nepal, dove ancora sopravvive. Il Kubjikāmata Tantra è il testo più antico nel quale si trova menzione del sistema dei sei cakra, quello attualmente più noto e diffuso: testi precedenti menzionano un numero differente di cakra variamente collocati nel corpo sottile. Il serpente Simbolo ctonio, il serpente è il più usato per rappresentare la kuṇḍalini, associazione suggerita dagli stessi testi indiani appartenenti alla tradizione, come il sopra citato Tantrasadbhāva. In quanto abitatore del sottosuolo, questo animale simboleggia una forza occulta, misteriosa e pericolosa. Ma, come spesso avviene nel mito, le cose pericolose, quando conosciute, perdono quest'aspetto per svelarne un altro opposto, benefico. La kuṇḍalinī, quando riposa è come un serpente raccolto su sé stesso, pronto a scattare per mordere e così iniettare il suo veleno; ma quando è risvegliata è come il serpente dritto sulla punta della coda, rigido come un bastone, inoffensivo. Questo simbolismo del serpente come energia cosmico-divina trova analogia in quello ravvisato nell'analisi di Carl Gustav Jung per l'energia psichica, la libido: Fin dall'antichità, il serpente è stato considerato simbolo di trasformazione grazie alla sua capacità di mutare pelle, ed è stato associato al benessere fisico, spirituale e all'illuminazione. Il Bastone di Asclepio, simbolo della moderna medicina, e il Caduceo di Hermes, messaggero degli dèi (cioè mediatore fra l'umano e il divino), presentano rispettivamente uno e due serpenti che si avvolgono attorno a un bastone. Quest'associazione fra bastone e serpente, senza tuttavia riferirsi al concetto della kundalini, compare anche in altre narrazione mitologiche, come quella descritta nell'Antico Testamento: Il culto dei serpenti era, in India come altrove, diffuso già prima del V secolo p.e.v. I Nāga erano un popolo di esseri metà uomo metà serpente, depositari di un'antica conoscenza, e tuttora sopravvivono, presso alcuni templi indiani, raffigurazioni di questi esseri mitologici. Gli stessi Asura, una classe di dèi vedici erano raffigurati anche come dèi-serpente. Śiva è sempre raffigurato come ornato di serpenti; ma anche Visnù è associato al serpente cosmico Śeṣa. L'iconografia canonica del filosofo buddhista Nāgārjuna lo vuole assorto in meditazione all'ombra di un serpente (nāgā) a una o più teste. Nell'antica Creta il culto dei serpenti rivestiva un aspetto importante, e così pare anche in alcuni culti dionisiaci. Il serpente, come simbolo variamente significato, compare in molte altre civiltà e manifestazioni a carattere religioso, e a tutt'oggi se ne trovano ancora esempi, come nella festa di San Domenico di Sora in Abruzzo. La visione occidentale di Kuṇḍalini In Occidente, l'immagine del serpente come simbolo della kuṇḍalini è molto diffusa e la si deve a Sir John Woodroffe, magistrato britannico presso la Corte suprema del Bengala e appassionato di tantrismo che, con lo pseudonimo di Arthur Avalon, pubblicò nel 1919 un testo sull'argomento dal titolo Il potere del serpente. A lui si deve la diffusione di massa di questo fondamentale argomento delle tradizioni tantriche, così come di altri, quali i cakra: nel medesimo testo, infatti, egli presenta una parziale traduzione di due testi, lo Ṣatcakranirūpaṇa e il Pādukāpañcaka, il primo sul sistema dei sei cakra, il secondo sulla struttura a cinque strati del corpo tantrico. A lui va l'indiscusso merito di aver presentato questi argomenti alla cultura occidentale e di aver così suscitato interesse verso quell'insieme di variegati e controversi aspetti dell'induismo che, in occidente stesso, è stato etichettato come "tantrismo", termine inesistente nella cultura hindu. La decontestualizzazione di questi concetti, la kuṇḍalini e il suo risveglio, i chakra, il corpo sottile, ma anche i mantra e forse soprattutto le pratiche sessuali tipiche di alcune tradizioni tantriche, ha però creato, cosa inevitabile, una serie di fraintendimenti, favorendo di riflesso la diffusione di manipolazioni e letture personalizzate. La Società Teosofica prima e i movimenti New Age poi, si sono appropriati dell'argomento kuṇḍalini, rivestendolo di aspetti impropri. Ma la kuṇḍalini ha interessato anche studiosi quali lo psicoanalista Carl Jung, che ha cercato paralleli con la struttura e il funzionamento dell'inconscio, trovando corrispondenze dei suoi concetti di anima e animus con Kuṇḍalini e Śiva rispettivamente. Jung, che aveva letto il testo di Avalon nel 1930, seguito i seminari dell'indologo tedesco Wilhem Hauer sullo Yoga, e si era già espresso affermando di aver trovato interessanti corrispondenze fra la propria visione e quella dello Yoga stesso, ebbe però un atteggiamento ambivalente nei confronti della kuṇḍalinī, ravvisando, nelle tecniche di risveglio della stessa, il pericolo di essere sommersi dalle forze dell'inconscio, qualcosa che quindi si opponeva alla realizzazione della personalità. Interessante è la sua visione della disposizione anatomica dei cakra: il primo cakra, quello dove riposa Kuṇḍalinī, il mūlādhāra, dovrebbe essere situato in alto, e l'ultimo in basso. Anche Massimo Scaligero, appartenente al movimento antroposofico, riteneva che gli antichi metodi per far risalire kundalini fossero ormai divenuti anacronistici se non dannosi, e che nell'epoca intellettualistica odierna occorresse semmai far discendere dalla testa la luce del pensiero conoscitivo, riconoscendone la sua origine pre-cerebrale nell'autocoscienza. Il risveglio della Kundalini Come accennato, nelle tradizioni tantriche la liberazione dal ciclo delle rinascite è vista come il "risveglio" di Kundalini seguito dalla relativa ascesa (śat chakra bedhana) nel corpo sottile fino all'ultimo chakra, dove stabilmente deve permanere in unione con Śiva. In questo stadio l'adepto ha definitivamente abbandonato il suo ego individuale (ahmakara) per identificarsi col Soggetto universale (aham). Questo percorso è vissuto dall'adepto come "attivazione", "apertura" dei chakra interessati, che ordinariamente si trovano "inattivi", come "chiusi". Il simbolismo dei fiori di loto illustra bene questo meccanismo: i petali si dischiudono al passaggio di Kundalini e successivamente si richiudono, col risultato però di aver cambiato di stato. Kundalini stessa subisce cambiamenti di stato: in alcuni testi si preferisce distinguere tre aspetti: śaktikuṇḍalinī ("energia arrotolata"), per indicare Kundalini che risiede inerte nel primo chakra, il mūlādhāracakra; prāṇakuṇḍalinī ("energia dei soffi vitali"), per designare Kundalini che circola nel corpo sottile; parakuṇḍalinī ("energia assoluta"), Kundalini pronta per fondersi con Śiva nell'ultimo chakra (il dvādaśānta o il sahasrāracakra, a seconda dei testi). La prassi per il "risveglio" e la "risalita" di Kundalini segue strade differenti a seconda della tradizione e quindi dei testi adottati. L'indologa francese Lilian Silburn che si è occupata teoricamente e attivamente di questo argomento distingue fra i metodi che derivano dalle tradizioni del Kula e quelli molto più tardi che fanno capo a testi quali la Haṭhayoga Pradīpikā, la Gheraṇḍa Saṃhitā e la Śiva Saṃhitā (scritti all'incirca dopo il XV secolo). Questi ultimi prevedono un impegno continuo basato molto sul lavoro sul corpo fisico e sottile: stiamo parlando dello Hatha Yoga. I testi tantrici precedenti fanno invece riferimento a metodi che sono assimilabili alla mistica, metodi che coinvolgono la spiritualità intrinseca in elementi quali la parola, il pensiero, la consapevolezza, la meditazione. La via dello Hatha Yoga La manipolazione di Kundalini non è possibile se prima non si è provveduto a purificare il sistema dei canali energetici del corpo sottile, le nāḍī. L'adepto deve preliminarmente dedicarsi a operazioni finalizzate a tale scopo, le nāḍīśodhana. Queste prevedono posizioni specifiche (āsana) accompagnate da tecniche di respirazione controllata e recitazioni di mantra. Va evidenziato che i risultati non sono affatto subito evidenti: il praticante vi si dovrà dedicare quotidianamente per diversi mesi. Stando alla Śiva Saṃhitā, al termine il corpo fisico si presenterà più armonioso, profumato, dotato di una voce ben risonante. Sono tre le nāḍī principali: suṣumṇā, iḍā e piṅgalā: queste ultime sono come avvolte attorno alla prima, che invece è dritta, ergendosi dalla zona del perineo fino al cranio. La suṣumṇā è la via maestra di risalita di Kundalini: le tecniche di purificazione hanno anche e soprattutto lo scopo di evitare che Kundalini risalga seguendo iḍā e piṅgalā. Infatti è anche possibile che Kundalini si risvegli e risalga in modo anomalo, come nel caso precedente, o anche spontaneamente: queste occasioni non conducono alla liberazione, anzi possono causare problemi. Così un maestro del XIV sec.: Le vie dello Shivaismo del Kashmir In quel sistema teologico-filosofico successivamente etichettato come Shivaismo del Kashmir sono descritti altri metodi per manipolare la kundalini e quindi ottenere la liberazione in vita. L'indologa Lilian Silburn elenca i seguenti metodi: distruzione del pensiero dualizzante; interruzione del soffio; frullamento dei soffi; contemplazione delle estremità; espansione della via mediana. A questi vanno considerati aggiunti metodi di intervento "esterni", quali la cosiddetta "pratica del bastone" e l'iniziazione mediante penetrazione. Note Bibliografia Georg Feuerstein, Tantra. The Path of Ecstasy, Shambhala publications, 1998. Gavin Flood, L'induismo, traduzione di Mimma Congedo, Einaudi, 2006. Gavin Flood, The tantric body, Tauris & Co., 2006. André Padoux, Tantra, a cura di Raffaele Torella, traduzione di Carmela Mastrangelo, Einaudi, 2011. Lilian Silburn, La kuṇḍalinī o L'energia del profondo, traduzione di Francesco Sferra, Adelphi, 1997. Voci correlate Yoga Chakra Nadi (yoga) Abhinavagupta Altri progetti Collegamenti esterni Anatomia occulta Discipline spirituali Filosofia orientale Induismo
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Kosha
Secondo la filosofia Vedānta, l'essenza spirituale dell'uomo (detta Ātman) è rivestita da cinque involucri o guaine, chiamati Kosha. Essi sono i corpi di cui è composto l'"io" fenomenico, che separano la coscienza (il proprio Ātman, il proprio Sé) dal Brahman indifferenziato. I cinque Kosha sono presenti in tutti i piani (grossolano, sottile e causale), partendo da quello più materiale per arrivare a quello più spirituale. Questo riflette la volontà Advaita (non duale) che non distingue fra fisica e metafisica, ma li considera gradazioni di un tutto. Annamayakosa La prima guaina Annamayakosa è quella del corpo grossolano ed è così descritta: La sua esistenza dipende dal prana (energia) assunto sotto forma di cibo, acqua e da prana più sottile assunto attraverso l'aria che respira. Il prana assunto attraverso la respirazione è la forma di energia più importante al corpo materiale, infatti senza cibo la sua sopravvivenza è possibile fino e oltre 6 settimane, senza acqua 3 giorni, senza aria, invece, la vita del corpo materiale cessa dopo soltanto 6 minuti. Il corpo fisico può essere armonizzato anche attraverso la pratica di posizioni mirate dette āsana. Pranamayakosa La seconda guaina Pranamayakosa è quella dell'energia vitale. Nella filosofia vedantina, con il termine prana si intende il soffio-energia vitale. Il cibo grossolano, come detto, è una sorta di prana cristallizzato. Questo corpo è simile per dimensione e forma a quello fisico e, come quello fisico ha una sua struttura fisiologica gestita da "centrali energetiche" dette chakra dalle quali scorre l'energia attraverso una sorta di rete sottile di "canali di collegamento", le nadi, la cui funzione è quella di distribuire il prana attraverso le varie strutture umane. Non esiste una sola particella dell'essere umano che non funzioni come organo di ricezione, trasformazione e trasmissione dell'energia sottile. Il corpo eterico, pur essendo puramente energetico, può essere influenzato dalle tecniche yoga di respirazione (prāṇāyāma). Manomayakosa Il terzo involucro Manomayakosa è quello che concerne il mentale ed in proposito è scritto: Tutto l'universo di nomi e forme non è altro che il frutto di Manomayakosa. In altre parole, quello che noi chiamiamo "mondo reale" è frutto della proiezioni della mente esattamente come lo è il mondo onirico durante il sonno. Naturalmente entrambi i tipi di proiezione risultano reali fintantoché la conoscenza non sarà sufficientemente risvegliata. Un elemento di particolare interesse lega quanto detto al ciclo di morte-rinascita (Saṃsāra). Infatti per la metafisica Vedānta la trasmigrazione avviene per l'identificazione della coscienza con il mondo dei nomi e delle forme. L'identificazione con la realtà grossolana crea un moto che permette all'individualità di generare una forza che rende schiavi delle cose pur vivendo nell'illusione di possederle. Questa forza tenta disperatamente di sopravvivere, trasmigrando nei vari mondi, subendo il relativo karma di merito-demerito, attenuandosi e spegnendosi solo quando cessa quel moto di identificazione. Fintanto che questo viene alimentato il ciclo morte-rinascita (e con esso la schiavitù metafisica) non sarà mai spezzato. Vijnanamayakosa La quarta guaina Vijnanamayakosa è detta guaina dell'intelletto. Quello che rappresenta questo involucro è la cosiddetta buddhi. Potremmo intendere questo termine come la più alta facoltà discriminativa che l'individuo possegga, l'intelligenza sintetica capace di contemplare gli archetipi universali. Benché molto vicina al Ātman riflettendone il , nonostante sia percezione intuitiva e discernimento immediato essa resta pur sempre un veicolo del sé ed è pertanto soggetta a trasmigrazione. Pertanto se questa resta vincolata al complesso mentale e sensoriale favorisce l'espansione dell'ego; se viceversa risulta svincolata dal desiderio egoico essa favorisce l'amore e la comprensione universale. Anandamayakosa L'ultima guaina e quella più interna Anandamayakosa è quella della beatitudine. Di essa si dice essere attiva nel sonno profondo mentre negli altri stati (veglia e sogno) lo è solo parzialmente. È sede della facoltà intuitiva ove si fa esperienza della divinità che vive nel profondo di ogni essere umano. Tale unità di coscienza rifrange senza riflettere la pura beatitudine dell'Ātman, in assenza di qualsiasi dualità. Questa guaina è composta di beatitudine non generata da alcun eccitamento né da stimoli sensoriali quindi non dipende da alcun condizionamento formale. Anche questo corpo causale va superato; esso non può essere il supremo sé in quanto ne è pur sempre rivestimento come lo sono le altre guaine-corpi. Compresi e risolti i cinque involucri ovvero i tre corpi quello che resta è solo il testimone, il supremo Ātman. Anatomia occulta Discipline spirituali Advaita Vedānta
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Katharine Hepburn
Nella sua carriera, durata più di sessant'anni, recitò in una vasta gamma di generi cinematografici, dalla Screwball comedy ai film drammatici. Ottenne dodici candidature al premio Oscar come migliore attrice, vincendone quattro e risultando la persona con più vittorie in tale categoria nella storia. Nel 1999 l'American Film Institute l'ha classificata al primo posto fra le più grandi star, ritenendola la più grande attrice di tutti i tempi. Cresciuta in Connecticut, Katharine Hepburn incominciò a recitare mentre studiava al Bryn Mawr College. Dopo quattro anni di teatro, le recensioni favorevoli del suo lavoro a Broadway la portarono all'attenzione di Hollywood. I suoi primi anni nel mondo del cinema furono segnati dal successo e dal premio Oscar per il suo terzo film, La gloria del mattino (1934), ma in seguito fu protagonista di una serie di film che fecero fiasco quanto all'attenzione del pubblico, tanto che nel 1938 venne etichettata come «veleno per il botteghino». L'attrice fu la stessa artefice della propria rimonta, riscattando il suo contratto con la RKO Radio Pictures e comprando i diritti cinematografici di Scandalo a Filadelfia: li vendette a condizione di interpretare il ruolo della protagonista ed esso la consacrò nuovamente a Hollywood. Nel 1940 venne ingaggiata dalla Metro-Goldwyn-Mayer, dove lavorò a fianco di Spencer Tracy, suo partner cinematografico in nove film e segretamente compagno nella vita fuori dal set. Nella seconda parte della sua carriera apparve in produzioni teatrali shakespeariane e affrontò una serie di ruoli letterari. Vinse altri tre premi Oscar per le sue interpretazioni in Indovina chi viene a cena? (1967), Il leone d'inverno (1968) e Sul lago dorato (1981). Nel 1970 iniziò a comparire in film per la televisione, ove proseguì la sua carriera fino in età avanzata. Nel 1976 vinse anche un Premio Emmy, come miglior attrice protagonista per Amore tra le rovine, al fianco di Laurence Olivier. Abbandonò le scene nel 1994, all'età di 87 anni, dopo aver recitato in Love Affair - Un grande amore. Dopo un periodo di inattività e cattiva salute, morì nel 2003 a 96 anni. Oltre a quelli citati, tra i suoi film più famosi si ricordano: Febbre di vivere (1932), Piccole donne (1933), Susanna! (1938), La donna del giorno (1942), La costola di Adamo (1949), La regina d'Africa (1951), Lui e lei (1952), Tempo d'estate (1955), Il mago della pioggia (1956), Improvvisamente l'estate scorsa (1959), Il lungo viaggio verso la notte (1962), La pazza di Chaillot (1969) e Le troiane (1971). Oltre ai quattro Oscar (record rimasto imbattuto), la Hepburn vinse due premi BAFTA, un NYFCC Award, un David di Donatello, una Coppa Volpi alla Mostra del cinema di Venezia e un prix al Festival di Cannes. Biografia Katharine Hepburn nacque a Hartford, capitale del Connecticut, il 12 maggio 1907, seconda di sei fratelli. I suoi genitori furono Katherine Martha Houghton, nativa di Corning (New York), una femminista suffragetta ed impegnata nel sociale, e Thomas Norval Hepburn, urologo, nato in Virginia e discendente di una famiglia britannica, strenuo assertore della profilassi pubblica e della necessità di informare la gente sui rischi delle malattie veneree, argomento del quale all'epoca nessuno parlava. La madre fu a capo dell'associazione statale delle suffragette, sostenitrice della contraccezione e fondatrice, con Margaret Sanger, di Planned Parenthood, associazione per la promozione dell'aborto e della maternità responsabile e pianificata. La stessa Hepburn raccontava, nella sua autobiografia, di aver più volte, da bambina, aiutato la madre nella sua causa, partecipando a varie manifestazioni e distribuendo in giro palloncini con lo slogan "Il voto alle donne". La casa degli Hepburn era, quindi, un ambiente privo di argomenti-tabù, in cui si affrontavano serenamente davanti ai figli argomenti di carattere sociale, politico o di educazione sessuale. Nel corso della sua vita adulta, Katharine Hepburn avrebbe in più occasioni riconosciuto ai suoi genitori il merito di averla fatta crescere libera da pregiudizi, indipendente e con la curiosità di fare sempre nuove esperienze. Avviata allo sport dal padre, si impegnò nel nuoto, nell'equitazione, nel golf e nel tennis, tra l'altro vincendo la medaglia di bronzo a una gara di pattinaggio artistico al Madison Square Garden di New York e raggiungendo le semifinali di un torneo giovanile femminile di golf del Connecticut. Il suo sport preferito però fu il nuoto: da ragazza aveva l'abitudine di tuffarsi nel freddo specchio di mare di fronte casa sua e non perse l'abitudine di mantenersi in forma nuotando fino agli anni ottanta, come si vede in una scena del film Sul lago dorato (1981). La sua infanzia fu funestata da un episodio che ebbe conseguenze a lungo termine anche nella sua vita adulta: un giorno trovò il fratello Tom impiccato a una corda pendente da una trave. Sebbene le circostanze facessero pensare al suicidio, i genitori rigettarono questa ipotesi, ritenendo piuttosto che Tom fosse rimasto vittima di qualche esperimento condotto maldestramente e finito tragicamente. Indipendentemente dalla ragione della morte di suo fratello, la Hepburn cadde in depressione e vi rimase per molto tempo, evitando di frequentare i ragazzi della sua età e studiando a casa. Per molti anni usò come propria la data di nascita di Tom (8 novembre) e rivelò la vera data solo nella sua autobiografia Io (tit. or.: Me: Stories of my Life). Nel 1924 entrò al Bryn Mawr College, che frequentò principalmente per compiacere la madre, che aveva studiato lì, e ricordò l'esperienza con antipatia. Era la prima volta che tornava a scuola dopo diversi anni ed era a disagio con i suoi compagni di classe. Lottò contro le regole scolastiche dell'università, venendo sospesa una volta perché aveva fumato in camera. Si dimostrò portata per la recitazione, ma i ruoli nelle rappresentazioni del college erano subordinati ai risultati scolastici. Una volta migliorati i propri voti, iniziò a esibirsi regolarmente. Interpretò il ruolo di protagonista in una produzione di The Woman in the Moon nel suo anno da senior, e la risposta positiva ricevuta rafforzò i suoi piani di proseguire nella carriera teatrale. Si laureò in storia e filosofia nel giugno 1928. Al 1928 risale il matrimonio con l'uomo d'affari Ludlow Ogden Smith, al quale la Hepburn chiese di invertire il cognome per non doversi confondere con la cantante Kathe Smith. Tra alti e bassi il matrimonio andò avanti fino al 1934, anno del divorzio avvenuto in Messico e riformalizzato negli Stati Uniti nel 1942. Nonostante il fallimento del matrimonio, la Hepburn riconobbe sempre a suo marito il sostegno morale e finanziario datole durante i primi anni della sua carriera di attrice. Carriera Gli esordi a teatro Nel 1928 fece il suo esordio a Broadway nella commedia teatrale Night Hostess, dopo anni di apprendistato nei teatri di Baltimora. Fu poi chiamata a sostituire l'attrice protagonista di The Big Pond in scena al Great Neck di New York, licenziata a pochi giorni dalla prima teatrale. La Hepburn si trovò all'improvviso sulla scena e non diede una prova convincente, tanto che fu tolta dal cast e destinata a produzioni minori. Venne poi licenziata poco prima di andare in scena con Art and Mrs. Bottle ma, siccome la produzione non trovò un'altra attrice disponibile, dovette riassumerla. Nel 1932 si fece però notare per la sua interpretazione di Antiope nel dramma The Warrior's Husband, una moderna rivisitazione di Lisistrata. La pièce ebbe recensioni favorevoli e di Katharine Hepburn si iniziò a parlare anche a Hollywood, non più solo a New York. I primi anni a Hollywood L'agente hollywoodiano Leland Hayward vide una performance della Hepburn in The Warrior's Husband e le chiese di fare un provino per la parte di Sydney Fairfield in Febbre di vivere, film in produzione alla RKO Pictures. Il regista George Cukor rimase impressionato da quello che vide: «C'era questa strana creatura», ricordò, «diversa da qualsiasi cosa avessi mai sentito». Apprezzò particolarmente il modo in cui lei posò un bicchiere: «Ho pensato che ci fosse molto talento in quella azione». Per il ruolo, la Hepburn chiese a settimana, un compenso spropositato per un'attrice sconosciuta. Cukor incoraggiò la casa di produzione ad accettare le sue richieste e la giovane attrice firmò un contratto a tempo determinato con una garanzia di tre settimane. La venticinquenne Hepburn arrivò in California nel luglio 1932. Recitò in Febbre di vivere con John Barrymore, non mostrando alcun segno di soggezione. Anche se lottò per adattarsi alla recitazione cinematografica, rimase affascinata dal settore fin dall'inizio. Il film fu un successo e l'attrice ricevette recensioni positive. Mordaunt Hall del The New York Times definì la performance «eccezionalmente buona» precisando che «la caratterizzazione della sig.na Hepburn è una delle più belle viste sul grande schermo». Dopo il successo di Febbre di vivere, la RKO firmò con l'attrice un contratto a lungo termine e il regista George Cukor strinse una duratura amicizia e un sodalizio professionale con lei (avrebbero girato altri nove film insieme). Il secondo film della Hepburn fu La falena d'argento, la storia di un'aviatrice e la sua relazione con un uomo sposato. Non fu un successo commerciale, ma le recensioni sulla sua interpretazione furono positive. Regina Crewe scrisse sul New York Journal che, sebbene i suoi manierismi fossero irritanti, «costringono all'attenzione e affascinano il pubblico. È una personalità distinta, definita e positiva». Il terzo film della Hepburn la consacrò come una delle principali attrici di Hollywood: per la interpretazione dell'aspirante attrice Eva Lovelace, ruolo inizialmente destinato a Constance Bennett, ne La gloria del mattino vinse il suo primo Oscar alla miglior attrice. La Hepburn aveva visto il copione sulla scrivania del produttore Pandro S. Berman e, convinta di essere nata per interpretare quella parte, insistette per ottenerla. L'attrice decise di non partecipare alla cerimonia di premiazione degli Oscar, scelta che continuerà per tutta la durata della sua carriera, ma fu entusiasta della propria vittoria. Il suo successo proseguì con il ruolo di Jo March in un adattamento cinematografico di Piccole donne (1933) diretta da George Cukor. Il film fu un nuovo successo, uno dei più grandi dell'industria cinematografica fino ad allora, e la Hepburn vinse la Coppa Volpi alla 2ª Mostra internazionale d'arte cinematografica di Venezia. Piccole donne fu uno dei film preferiti dell'attrice e rimase sempre orgogliosa della propria performance, affermando in seguito: «Sfido chiunque a essere [una Jo] brava quanto me». Alla fine del 1933 Katharine Hepburn era un'attrice cinematografica rispettata, ma desiderava imporsi anche a Broadway. Jed Harris, produttore teatrale che stava attraversando una crisi di carriera, le propose di apparire nello spettacolo The Lake, che lei accettò di fare anche con un basso stipendio. Nel frattempo la RKO le chiese di recitare in Argento vivo, nel ruolo di Trigger Hicks, una ragazza di montagna dai modi bruschi. Il film, considerato uno dei suoi peggiori, fu un disastro al botteghino e l'interpretazione dell'attrice ricevette recensioni negative. La Hepburn mantenne una foto di Hicks nella sua camera da letto per tutta la sua vita come ammonimento a mantenere l'umiltà. L'anteprima di The Lake fu a Washington, dove ci fu una grande vendita di biglietti, ma la Hepburn aveva perso fiducia nella regia di Harris e lottò per proseguire le prove. Nonostante questo, Harris spostò lo spettacolo a New York senza fare ulteriori prove, andando in scena presso il Martin Beck Theatre il 26 dicembre 1933. La Hepburn fu sonoramente stroncata dai critici newyorkesi. Dorothy Parker, all'epoca critico teatrale per il New Yorker, scherzando scrisse la memorabile frase: «Katharine Hepburn è capace di recitare tutta la gamma delle emozioni dalla A alla B». Già legata a un contratto di dieci settimane, l'attrice dovette sopportare l'imbarazzo del rapido calo delle vendite di biglietti al botteghino. Harris decise di spostare lo spettacolo a Chicago, dicendo all'attrice che l'unico interesse che aveva per lei era il denaro che gli poteva fruttare. La Hepburn rifiutò e pagò Harris per chiudere la produzione. Più tardi definì Harris come «la persona più diabolica che abbia mai incontrato» e sostenne che questa esperienza le insegnò a prendere con maggiore responsabilità la propria carriera. "Veleno per il botteghino" Dopo il fallimento di Argento vivo e The Lake, la RKO la fece recitare in Amore tzigano (1934) di Richard Wallace, tratto da un romanzo vittoriano di J. M. Barrie, nel tentativo di ripetere il successo di Piccole donne, ma il film fu un flop. Il dramma romantico Quando si ama (1935), con Charles Boyer, ebbe recensioni mediocri e fu un fallimento commerciale. Dopo tre film da dimenticare, la Hepburn tornò al successo con Primo amore (1935) di George Stevens, la storia di una ragazza alla ricerca di affermazione sociale. La Hepburn amava il libro e fu ben felice del ruolo. Il film, tra i favoriti dell'attrice, fu un successo e le valse la seconda candidatura agli Oscar. Ricevette il secondo maggior numero di voti dopo la vincitrice Bette Davis. In seguito l'attrice recitò in un nuovo progetto di George Cukor, Il diavolo è femmina (1935), in cui lavorò per la prima volta in coppia con Cary Grant. Le furono tagliati corti i capelli poiché il suo personaggio si mascherava come un ragazzo per gran parte del film. La pellicola non piacque alla critica né al pubblico e lei la definì «un fiasco completo». Interpretò Maria Stuart nel film Maria di Scozia (1936) di John Ford, nonostante non fosse interessata al personaggio: «Non mi aveva mai interessato [...], la ritenevo fondamentalmente un'oca. Avrei preferito fare un film su Elisabetta». Il film si rivelò un fiasco al botteghino, anche perché il regista, non convinto del soggetto, se ne disinteressò. Tuttavia la Hepburn ricorda nella sua autobiografia che fece il suo esordio alla regia, dirigendo una piccola parte del film. Seguì Una donna si ribella (1936) di Mark Sandrich, un dramma vittoriano in cui il personaggio della Hepburn sfidava le convenzioni sociali avendo un figlio fuori dal matrimonio: «un'antesignana del femminismo [...], che la Hepburn avrebbe interpretato per onorare le idee della propria madre» scrive Paolo Mereghetti. Anche la successiva commedia Dolce inganno (1937) di George Stevens non ebbe successo, il che significava che aveva recitato in quattro film rivelatisi un flop dopo l'altro. Ai problemi dati da una serie di film impopolari, si aggiunse l'atteggiamento della Hepburn. Ebbe un rapporto difficile con la stampa, con la quale a volte era rude e provocatoria. Si divertiva a spiazzare ammiratori e giornalisti con risposte apparentemente senza senso, che avevano il solo scopo di mettere alla berlina la curiosità di conoscere i particolari della vita privata dei personaggi pubblici. Non rilasciava interviste e si negava alle richieste di autografi, il che le valse il soprannome di "Katharine l'arrogante". Il pubblico rimaneva sconcertato dal suo comportamento e dal suo eccentrico modo di vestire, che la rendevano ulteriormente impopolare. Sentendo il bisogno di lasciare Hollywood, tornò sull'East Coast a recitare in un adattamento teatrale di Jane Eyre. Malgrado il successo della tournée e incerta sulla sceneggiatura, non volle rischiare il fallimento dopo il disastro di The Lake e decise di non prendere parte allo spettacolo a Broadway. Verso la fine del 1936, fu una delle molte attrici che ambirono al ruolo di Rossella O'Hara in Via col vento, ma il produttore David O. Selznick si rifiutò di offrirle la parte, perché disse che non aveva sex appeal e perché non riusciva a vedere lei e Rhett Butler inseguirsi per dodici anni. Nel 1937 apparve accanto a Ginger Rogers in Palcoscenico di Gregory La Cava, in un ruolo che rispecchiava la sua vita, quella di una ragazza dell'alta società con l'intenzione di diventare attrice. La Hepburn fu elogiata per la sua interpretazione nel film, che fu candidato come miglior film ai premi Oscar 1938, ma che non fu il successo al botteghino che la RKO aveva sperato. Gli esperti del settore incolparono la Hepburn per il basso profitto, ma lo studio continuò a impegnarsi per far risorgere la sua popolarità. Fu rilanciata nella screwball comedy Susanna! di Howard Hawks, insieme con Cary Grant e un famoso leopardo addomesticato. La Hepburn si impegnò molto e si fece consigliare sui tempi comici dalla sua costar Walter Catlett. Il film fu acclamato dalla critica, ma risultò comunque infruttuoso al botteghino. Visto che sia il genere di film sia Grant erano molto popolari in quel momento, il biografo A. Scott Berg ritiene che la colpa del flop fosse il rifiuto degli spettatori per l'attrice. Dopo l'uscita di Susanna!, la Hepburn fu inclusa in un elenco di attori considerati "Veleno per il botteghino". La sua reputazione era al ribasso e quando l'attrice si vide proporre dalla RKO un B-movie di scarse prospettive, rifiutò il ruolo, scegliendo invece di riscattare il proprio contratto per 75.000 dollari. Molti attori avevano paura di lasciare la stabilità dello studio system ma, data la sua ricchezza personale, la Hepburn poteva permettersi di essere indipendente. Nel 1938 girò Incantesimo, prodotto dalla Columbia Pictures, per la terza volta al fianco di Cary Grant. La commedia fu ben accolta dalla critica, ma non riuscì a richiamare molto pubblico. Per la sceneggiatura successiva, la Hepburn si vide offrire un compenso di 10.000 dollari, meno di quanto avesse ricevuto all'inizio della sua carriera cinematografica. Riflettendo su questo cambiamento di sorte, Andrew Britton scrive di lei: «Nessun'altra stella è emersa con maggiore rapidità o con acclamazione più estatica. Nessun'altra stella è diventata così impopolare in maniera così rapida per tanto tempo». La rinascita A seguito del declino della sua carriera cinematografica, la Hepburn tentò nuove occasioni di rilancio. Lasciò Hollywood per cercare un progetto teatrale e firmò per recitare nella nuova commedia di Philip Barry, Scandalo a Filadelfia. Nello spettacolo interpretava il personaggio della capricciosa ereditiera Tracy Lord, una miscela di umorismo, aggressività, nervosismo e vulnerabilità. Howard Hughes, l'eccentrico ed introverso miliardario partner della Hepburn all'epoca, intuendo che la commedia potesse essere per lei il biglietto di ritorno fra le stelle di Hollywood, le comprò i diritti cinematografici prima ancora dell'esordio sul palcoscenico. La prima tournée di Scandalo a Filadelfia negli Stati Uniti ebbe recensioni positive, e così anche alla rappresentazione del teatro Shubert di New York, il 29 marzo 1939. Fu un grande successo sia a livello critico sia finanziariamente, che proseguì anche con una seconda tournée. Molte delle più importanti case di produzione avvicinarono la Hepburn per produrre la versione cinematografica della commedia di Barry. Alla fine lei scelse di vendere i diritti alla Metro-Goldwyn-Mayer (MGM) a varie condizioni: interpretare la protagonista, affidare la regia a George Cukor e scegliere i coprotagonisti. Poiché Clark Gable e Spencer Tracy erano entrambi non disponibili, Louis B. Mayer le promise James Stewart e per chiunque altro avesse voluto. L'attrice scelse il suo amico Cary Grant. Berg, biografo della Hepburn, descrive come il personaggio di Tracy sia stato realizzato perché il pubblico «ridesse di lei, ma che in ultima analisi, simpatizzasse con lei» e che la Hepburn sentì fondamentale per "ricreare" la sua immagine pubblica. Scandalo a Filadelfia fu uno dei più grandi successi del 1940 e cambiò l'atteggiamento del pubblico nei confronti della Hepburn, decretandone il successo per gli anni a venire. Le recensioni dell'epoca dichiararono: «Torniamo indietro Katie, tutto è perdonato», il Variety: «È il film di Katharine Hepburn [...] la storia senza di lei è quasi inconcepibile». La Hepburn fu candidata al terzo premio Oscar alla miglior attrice e vinse il New York Film Critics Circle Award alla miglior attrice protagonista. Al film che seguì, La donna del giorno (1942) di George Stevens, è legato l'episodio che segnò una svolta nella vita sentimentale della Hepburn. Un anno prima il regista e produttore Joseph L. Mankiewicz le aveva presentato l'attore Spencer Tracy, che avrebbe dovuto recitare con lei sul set; l'attrice, che quel giorno indossava tacchi alti, lo salutò dicendogli: «Temo di essere troppo alta per lei, signor Tracy…». Mankiewicz intervenne dicendo: «Non preoccuparti, ti accorcia lui». Fu l'inizio di una lunga relazione professionale e personale: essi duettarono (e spesso duellarono) sia sulla scena sia nella vita fino al 1967, anno della morte di lui. Un connubio singolare, la Hepburn atea dichiarata e Tracy che, nonostante tale relazione, non divorziò mai dalla legittima consorte perché cattolico. Nel 2003, come epitaffio, il Daily Telegraph scrisse: «Katharine e Spencer erano tanto più seducenti quanto più le loro schermaglie verbali erano affilate. Difficile dire se essi trovassero più soddisfazione l'una nell'altro o nella battaglia». Comunque sia, la coppia non convisse mai e condusse vita discreta, perché il pubblico non avrebbe apprezzato una relazione extraconiugale da parte di Tracy, che era sposato ed aveva un figlio affetto dalla sindrome di Usher. Furono nove i film in cui i due apparvero insieme, tra cui La costola di Adamo e Indovina chi viene a cena?, l'ultimo film di Spencer Tracy. Spencer Tracy non fu l'unico personaggio pubblico con il quale Katharine Hepburn ebbe una relazione. Degli anni trenta è una difficile storia con il miliardario e aspirante aviatore Howard Hughes, la cui vita (e la cui relazione sentimentale con l'attrice) sarebbero state messe in scena nel film The Aviator (2004); qui viene interpretata da Cate Blanchett che per il ruolo ha ricevuto un Oscar alla miglior attrice non protagonista. Ebbe anche una breve storia con John Ford, benché tutti siano concordi nell'affermare che l'unica vera storia d'amore sia stata quella con lo stesso Tracy. Gli anni cinquanta Gli anni cinquanta videro Katharine Hepburn cimentarsi in una serie di sfide professionali, a un'età in cui la maggior parte delle altre attrici cominciava a ritirarsi. Il biografo dell'attrice Scott A. Berg definisce il decennio come «il cuore del suo vasto patrimonio» e il periodo in cui si mise veramente in luce. Nel gennaio del 1950, si avventurò nell'interpretazione di ruoli shakespeariani, portando sulle scene la Rosalinda da Come vi piace. Sperava di dimostrare che poteva interpretare anche ruoli di grande impegno e disse che era «meglio cercare qualcosa di difficile e di possibile insuccesso piuttosto che puntare sempre sul sicuro». Lo spettacolo andò in scena al Cort Theatre a New York e registrò un quasi tutto esaurito per 148 repliche e una successiva tournée. Le recensioni sulla Hepburn furono contrastanti, ma si fece notare come l'unica star hollywoodiana in grado di recitare ruoli di grande impegno sul palcoscenico. Un'altra celebre interpretazione fu quella di Rose Sayer in La regina d'Africa di John Huston, suo primo film a colori: suo partner sul set fu Humphrey Bogart, nella parte di un capitano tanto coraggioso quanto alcolista, che viene convinto da una missionaria ed attempata zitella (la Hepburn), ad affondare con la sua modesta barca una nave ammiraglia tedesca nelle acque di un lago africano nel 1914. Le riprese del film furono molto laboriose e costellate di problemi, tanto che la Hepburn (come numerosi altri componenti della troupe) si ammalò di dissenteria sul set africano, inconveniente che la svuotò di energie per mesi: in realtà, e a dispetto del fatto di essere la figlia di un urologo, l'attrice aveva bevuto acqua del posto (nonostante le scorte giungessero in bottiglie sigillate); gli unici a restare indenni furono gli stessi Bogart e Huston, entrambi forti bevitori di alcolici. A questo episodio, e all'intera avventurosa lavorazione del film, l'attrice nel 1984 dedicò un libro intitolato La regina d'Africa: ovvero come sono finita in Africa con Bogart, Bacall e Huston e per poco non ho perso la ragione, il cui successo fece di lei un'autrice di best seller a 77 anni. Distribuito alla fine del 1951, il film fu un grande successo di pubblico e di critica e fece guadagnare alla Hepburn la sua quinta candidatura come miglior attrice protagonista ai premi Oscar 1952. Fu il suo primo film di successo ottenuto senza essere affiancata da Spencer Tracy come coprotagonista sin dai tempi di Scandalo a Filadelfia, e ciò dimostrò che poteva gestire anche da sola la propria popolarità. Di nuovo al fianco di Tracy, la Hepburn recitò poi nella briosa commedia a sfondo sportivo Lui e lei (1952) di George Cukor, scritta appositamente per la coppia da Garson Kanin e Ruth Gordon: entrambi descrissero l'amore per gli sport che la Hepburn mostrava con orgoglio sin dagli anni della prima giovinezza e ne fecero la loro primaria ispirazione per il film, nel quale apparvero brevemente anche veri campioni sportivi dell'epoca; si trattò di uno dei film più popolari e acclamati della coppia Kanin/Gordon, e anche il preferito della Hepburn tra i nove girati insieme a Tracy. La sua performance le fece ottenere una candidatura al Golden Globe per la migliore attrice in un film commedia o musicale. Nell'estate del 1952 la Hepburn apparve al West End di Londra per lo spettacolo La miliardaria di George Bernard Shaw, che rimase in replica per dieci settimane. I suoi genitori le avevano letto Shaw da bambina, il che rese quella occasione in teatro un'esperienza speciale per l'attrice. Due anni di intenso lavoro l'avevano lasciata esausta, tanto che l'amica Constance Collier scrisse che la Hepburn era «su sull'orlo di una crisi di nervi». Apprezzata, La miliardaria fu portata a Broadway. Nel mese di ottobre di quello stesso anno fu messa in scena al Teatro Shubert, dove nonostante una risposta critica tiepida, lo spettacolo fu sold out per dieci settimane. L'attrice successivamente cercò di ottenere l'adattamento cinematografico del testo teatrale: il copione venne scritto da Preston Sturges e lei stessa si offrì di pagare un regista e di lavorare senza compenso, ma nessuno studio di produzione approvò allora il progetto, anche se nel 1960 ne venne tratto un film diretto da Anthony Asquith e interpretato da Sophia Loren. In seguito l'attrice indicò questa come la più grande delusione della sua carriera. Lui e lei fu l'ultimo film previsto dal contratto della Hepburn con la MGM, rendendola libera di scegliere i propri progetti. Trascorse due anni a riposarsi e a viaggiare, per poi impegnarsi nel film romantico Tempo d'estate (1955) di David Lean. Girato a Venezia, e con la partecipazione anche di Isa Miranda, racconta la fugace storia d'amore tra una zitella statunitense di provincia, interpretata appunto dalla Hepburn, e un fascinoso ma già sposato antiquario italiano interpretato da Rossano Brazzi. L'attrice disse che lavorare con Lean era stata «un'esperienza affascinante». Su sua insistenza, la Hepburn eseguì una scena in cui doveva cadere in un canale e in seguito a ciò sviluppò un'infezione cronica agli occhi. Il ruolo le fece guadagnare un'altra candidatura agli Oscar ed è citato come uno dei suoi migliori lavori sia per la critica sia soprattutto per il pubblico. David Lean in seguito disse che quello era il preferito tra i film che aveva girato e che la Hepburn era la sua attrice preferita. L'anno seguente la Hepburn trascorse sei mesi in tour in Australia con la compagnia teatrale Old Vic, interpretando Porzia in Il mercante di Venezia, Caterina ne La bisbetica domata, e Isabella ne Misura per misura. Il tour ebbe successo e l'attrice fu applaudita per il suo lavoro. La Hepburn ricevette un'altra candidatura all'Oscar, per il secondo anno consecutivo, per Il mago della pioggia (1956) di Joseph Anthony, interpretando un ruolo già portato in teatro nel 1953 dalla più giovane Geraldine Page. Anche in questo caso interpretò una romantica zitella che grazie al vibrante personaggio interpretato da Burt Lancaster riscopre l'amore. In quegli anni l'attrice dimostrò una particolare bravura nelle interpretazioni di "zitelle alla ricerca d'amore", apprezzate da pubblico e critica, e affermò che "[nei ruoli di] Lizzie Curry [de Il mago della pioggia], Jane Hudson [di Tempo d'estate] e Rosie Sayer [de La regina d'Africa] Interpretavo me stessa. Non è stato difficile per me impersonare queste donne, perché sono la zia nubile". Il successivo film La sottana di ferro (1957) di Ralph Thomas, con Bob Hope, una rielaborazione della commedia Ninotchka, fu invece un passo falso. La Hepburn interpretò la parte di un pilota sovietico dal cuore di ghiaccio, una performance che Bosley Crowther definì «orribile». Fu un fallimento commerciale e di critica e la Hepburn lo considerò il peggior film sul suo curriculum. Tracy e la Hepburn tornarono insieme sullo schermo per la commedia La segretaria quasi privata (1957) di Walter Lang, ove vennero affiancati da Joan Blondell, Dina Merrill e Neva Patterson. In quella occasione Berg fece notare che il film era come un ibrido tra i loro precedenti successi delle commedia sentimentali e il nuovo personaggio da zitella interpretato dall'attrice, ma si trattò di un insuccesso al botteghino. Quell'estate la Hepburn tornò a recitare Shakespeare a Stratford, nel Connecticut, all'American Shakespeare Theatre, dove reinterpretò Porzia ne Il mercante di Venezia e portò sulle scene Beatrice di Molto rumore per nulla. Gli spettacoli furono accolti positivamente. Gli anni sessanta Dopo due anni di lontananza dagli schermi, la Hepburn recitò nell'adattamento cinematografico del controverso e particolarmente audace, per l'epoca, dramma teatrale di Tennessee Williams Improvvisamente l'estate scorsa (1959) di Joseph L. Mankiewicz, con Elizabeth Taylor e Montgomery Clift. Il film fu girato a Londra e fu giudicato una «esperienza completamente infelice» per la Hepburn. Si scontrò varie volte con il regista durante le riprese, anche per il modo giudicato irrispettoso con cui veniva trattato Clift, e il tutto culminò con un suo sputo in faccia all'uomo. Il film fu tuttavia un ennesimo successo e la sua interpretazione della raccapricciante zia Violet Venable le procurò la sua ottava candidatura all'Oscar. Williams era molto soddisfatto della prestazione dell'attrice: «Kate è l'attrice da sogno di un drammaturgo» ammirando come riuscisse a rendere al meglio i dialoghi. Il drammaturgo scrisse per lei anche la piece teatrale La notte dell'iguana, ma l'attrice, sia pure lusingata, sentì di essere fuori parte e la rifiutò (il ruolo fu poi interpretato per alcuni mesi nel 1961 da Bette Davis e nel 1964 al cinema da Ava Gardner). La Hepburn tornò a Stratford nell'estate del 1960 per interpretare Viola ne La dodicesima notte e Cleopatra in Antonio e Cleopatra. Il New York Post della sua Cleopatra disse che «[la] Hepburn offre una prestazione altamente versatile [...] per i suoi famosi manierismi sempre affascinanti da guardare». La stessa Hepburn era orgogliosa del ruolo. Il suo già notevole repertorio migliorò ulteriormente quando apparve in Il lungo viaggio verso la notte (1962) di Sidney Lumet, trasposizione sul grande schermo della omonima piece di Eugene O'Neill. Fu una produzione a basso budget e l'attrice, pur di parteciparvi, si accontentò di un decimo del compenso stabilito, tuttavia lo definì «una commedia molto bella e il personaggio della madre è tracciato con una tale sensibilità che interpretarlo è veramente una cosa che ispira. [...] Bastava riflettere, concentrarsi e leggere le battute». Pensò pure che la sua performance nel film fosse la migliore della sua carriera. Per questa interpretazione guadagnò un'altra candidatura agli Oscar e vinse il Prix d'interprétation féminine al 15º Festival di Cannes; lo stesso premio, per la categoria maschile, venne assegnato anche ai suoi comprimari Ralph Richardson, Jason Robards e Dean Stockwell, caso fino ad allora unico nella storia del Festival. Dopo il film di Lumet del 1962, che pur amato dalla critica circolò poco nelle sale, la Hepburn si concesse una consistente pausa dalla carriera e dalle apparizioni in pubblico per prendersi cura di Spencer Tracy, ragione per cui, tra l'altro, non prese parte al film La nave dei folli (1965) di Stanley Kramer, in un ruolo poi assegnato a Vivien Leigh. Infatti non lavorò più fino all'inizio del 1967, quando iniziarono le riprese di Indovina chi viene a cena? di Stanley Kramer, il suo nono film con Tracy. La pellicola, piuttosto audace per l'epoca e molto attesa alla sua uscita, tratta con toni semi-brillanti il tema dell'integrazione razziale e dei matrimoni "misti", e nell'occasione la Hepburn impersonò il ruolo dell'energica madre di Katharine Houghton, della quale, nella vita reale, era la zia. In quel periodo Tracy, già piuttosto anziano, era gravemente malato di cuore, e la Houghton ricordò in seguito che la zia era «estremamente tesa» durante la lavorazione del film: Tracy infatti morì di infarto nel giugno di quell'anno, 17 giorni dopo la ripresa della sua ultima scena. Il film segnò il trionfale ritorno sulle scene per la Hepburn e un nuovo grande successo anche per la sua immagine pubblica. Per questa interpretazione vinse il suo secondo premio Oscar alla miglior attrice, 34 anni dopo il primo. L'attrice ha sempre pensato che quella vittoria le sia stata attribuita anche per onorare la memoria di Tracy. Con sorpresa di molti, l'attrice tornò presto a recitare dopo la morte di Tracy. Ricevette numerose sceneggiature giudicate interessanti, ma scelse di interpretare la regina Eleonora d'Aquitania in Il leone d'inverno (1968) di Anthony Harvey, un ruolo che definì «affascinante» e per il quale si documentò molto per la preparazione del personaggio, vissuto nel XII secolo. Le riprese ebbero luogo presso l'Abbazia di Montmajour nella Francia meridionale, e l'attrice apprezzò l'esperienza al fianco del più giovane collega britannico Peter O'Toole, recatosi di persona in volo a Los Angeles per proporle il film e convincerla a parteciparvi. Entusiasta dell'attrice, con cui avrebbe lavorato ancora nel 1984, il regista disse al termine delle riprese che girare un film con lei era "come andare a Parigi a 18 anni e trovarvi esattamente tutto quello che si era immaginato prima". John Russell Taylor su The Times scrisse che la parte di Eleonora era «la performance della sua carriera» e che aveva dimostrato che era tuttora in «crescita» e «[un']attrice ancora sorprendente». Il film fu candidato in tutte le principali categorie ai Premi Oscar 1969, e per il secondo anno consecutivo la Hepburn vinse l'Oscar per la migliore attrice (ex aequo con Barbra Streisand per Funny Girl). Per questa interpretazione, in combinazione con la sua performance in Indovina chi viene a cena?, ricevette anche il primo premio BAFTA alla migliore attrice protagonista da parte della British Film Academy. La sua successiva apparizione fu in La pazza di Chaillot (1969) di Bryan Forbes, che venne girato a Nizza subito dopo la fine delle riprese della pellicola di Harvey, e inizialmente con la regia di John Huston, ma fu accolto freddamente tanto dal pubblico quanto dalla critica, che definì il film troppo bizzarro e la Hepburn sostanzialmente fuori parte. Dal dicembre 1969 all'agosto 1970 la Hepburn recitò nel musical di Broadway Coco, basato sulla vita di Coco Chanel. Ammise che prima di partecipare allo spettacolo non era mai andata a vedere un musical teatrale. Non essendo una grande cantante, prese lezioni di canto sei volte a settimana. Era nervosa ad ogni esibizione e ricordò di essersi domandata spesso "cosa diavolo ci facessi lì." Le recensioni furono mediocri, ma la sua interpretazione venne elogiata e lo spettacolo risultò popolare. In seguito riferì che con Coco le sembrò per la prima volta che il pubblico non fosse contro di lei, ma che in realtà sembrava amarla. Per questo lavoro venne candidata a un Tony Award alla miglior attrice protagonista in un musical. Gli ultimi anni Negli anni settanta prese parte al western Torna "El Grinta" (1975) di Stuart Millar, nel ruolo di una missionaria quacchera che riesce a ingentilire l'anziano e rude cowboy interpretato da John Wayne. Di quel periodo rimarchevoli furono anche le sue partecipazioni ai film Le troiane (1971) di Michael Cacoyannis, per il quale vinse il premio come migliore attrice del Kansas City Film Critics Circle Awards, e Un equilibrio delicato (1973) di Tony Richardson. Nel 1972 avrebbe dovuto recitare nel film In viaggio con la zia di George Cukor, ma il suo ruolo venne poi assegnato a Maggie Smith. Nel 1976 vinse un Premio Emmy come miglior attrice protagonista per il film televisivo Amore tra le rovine di George Cukor, interpretato insieme a Sir Laurence Olivier. Ottima la sua prova, diretta ancora da Cukor, anche nel film televisivo Il grano è verde (1979), ove ripropose un personaggio reso celebre sul grande schermo nel 1945 da Bette Davis, e per il quale ottenne una ennesima candidatura Premio Emmy per la miglior attrice. Malgrado le numerose candidature e il record di premiazioni, Katharine Hepburn apparve per la prima volta alla cerimonia degli Academy Awards solo nel 1974, quando era già stata candidata undici volte e premiata tre: si presentò con giacca da camera, pantaloni e dolcevita in segno di protesta contro la falsità di superficie dell'Academy, fu accolta da una standing ovation da parte del pubblico e consegnò il Premio alla memoria Irving G. Thalberg al produttore Lawrence Weingarten. Non avrebbe mai più partecipato alla cerimonia. Durante un periodo di riposo durato due anni l'attrice vide uno spettacolo a Broadway intitolato Sul lago dorato, tratto da un soggetto di Ernest Thompson, e rimase colpita dalla raffigurazione di una coppia di coniugi anziani che deve far fronte alle difficoltà della vecchiaia. Jane Fonda aveva acquistato i diritti cinematografici per suo padre, l'attore Henry Fonda, e la Hepburn cercò di ottenere il ruolo della coprotagonista, l'eccentrica Ethel Thayer. Sul lago dorato (1981) di Mark Rydell fu un successo commerciale, il secondo film campione di incassi del 1981. Il film le fece vincere un secondo premio BAFTA e il quarto Oscar alla miglior attrice, facendola diventare l'attrice più premiata dall'Academy. Homer Dickens, nel suo libro sulla Hepburn, fa notare che venne ampiamente considerato una vittoria sentimentale: «un omaggio alla sua carriera duratura». Nel 1984, diretta per la seconda volta da Anthony Harvey, recitò accanto a Nick Nolte nel film Agenzia omicidi. La sua ultima apparizione al cinema, in un ruolo non più da protagonista, fu nel 1994 in Love Affair - Un grande amore di Glenn Gordon Caron. Sempre attiva nel sociale, Katharine Hepburn sostenne molte battaglie civili, principalmente quella sulla pianificazione familiare. Nel 1985 ricevette l'Humanist Arts Award dalle mani del suo amico, e presidente onorario dell'Associazione Umanista Americana, il filantropo Corliss Lamont. Vita privata Oltre al collega e compagno di una vita Spencer Tracy, la Hepburn ebbe anche relazioni sentimentali con Leland Hayward, Howard Hughes e John Ford. Margaret "Peg" Perry è stata l'ultima sorella di Katharine, morta il 13 febbraio 2006, all'età di 85 anni: lavorò come bibliotecaria a Canton, Connecticut. Robert Hepburn, l'ultimo fratello di Katharine, è morto il 26 novembre 2007: medico come il padre, il dottor Thomas Hepburn, fu a capo del dipartimento di urologia all'Hartford Hospital per più di 30 anni. La Hepburn affermò che, pur condividendo i principi cristiani, non credeva nella religione o nell'aldilà. Il nonno paterno, Sewell Snowden Hepburn, era un pastore episcopale, ma sul tema della religione l'attrice dichiarò a un giornalista nell'ottobre del 1991: La Hepburn iniziò ad avere successo proprio in un periodo in cui, con gli uomini partiti per la guerra, nei primi anni ’40, le donne iniziavano ad avere un ruolo più incisivo nella società americana. E lei, con la sua personalità così spiccata e la sua ironia, non poté che esserne un esempio lampante. Nel tempo libero usava indossare pantaloni palazzo a vita alta e camicie da uomo.“Ciò che le donne indossano oggi è stato incommensurabilmente influenzato dalla forza della personalità di Katharine Hepburn e dall’insistenza nell’indossare ciò che voleva“, disse Jean Druesedow, direttrice del Kent State University Museum. “Quel suo precorrere i tempi, indossando spesso e volentieri i pantaloni (ed anche l’allestimento esalta questo suo modo di essere, presentando in maniera ironica e inusuale questi indumenti), e non perdendo nulla in femminilità, ma anzi imponendo una nuova visione anche di questo termine, che sapesse unire e tradurre, anche nel vestire, una sensualità che partisse dalla testa. E tutto ciò si riflette nel modo di vestire, sia nella vita privata, sia in scena dove, pur in situazioni più tradizionali, anche a livello di costumi, si avverte una sua influenza, fosse anche solo nel modo di indossare questi abiti. Vestiti ai quali la Hepburn, dunque, con il suo stile conferiva sempre qualcosa di particolare”. Il suo anticonformismo e la sua modernità di pensiero si infransero soltanto di fronte al tabù dell’epoca. Fra la carriera e i figli, lei scelse la carriera: «Sarei stata una madre terribile, sono troppo egoista». Morte Morì il 29 giugno 2003 all'età di 96 anni, a Old Saybrook, nella casa di famiglia. Nel rispetto delle sue volontà non ricevette funerali religiosi. In suo onore vennero però oscurate per un'ora tutte le luci di Broadway, a ricordo della sua intensa attività teatrale. Venne sepolta nel Cedar Hill Cemetery ad Hartford, sua città natale. Nel 2004, come indicato nel suo testamento, i suoi effetti personali vennero messi all'asta da Sotheby's a New York. Tra di essi, fotografie e un busto di Spencer Tracy, da lei personalmente scolpito, e alcuni dipinti a olio. Il ricavato della vendita, diversi milioni di dollari, fu devoluto a parenti e amici. Eredità Per onorare la Hepburn, è stato costruito un teatro a Old Saybrook, in Connecticut (Katharine Hepburn visse e morì a Old Saybrook). Nell'ottobre 2007, la città di Old Saybrook ricevette un assegno di 200.000 dollari da parte della Commissione del Connecticut per la cultura e il turismo, per il restauro di questo teatro, per un totale di un milione di dollari ricevuto in sovvenzioni per il progetto. Durante la primavera del 2009, il Katharine Hepburn Cultural Arts Center e il teatro sono stati aperti. L'8 e il 9 settembre 2006, il Bryn Mawr College e l'Alma Mater Hepburn hanno aperto lo Houghton Katharine Hepburn Center, dedicato sia all'attrice che a sua madre. Alla celebrazione d'apertura erano presenti Lauren Bacall e Blythe Danner. Katharine Hepburn prestò il suo nome ad alcune cause politiche e sociali, in particolare per la pianificazione familiare. Nel 1985 ricevette il "Premio Arte Umanista della Humanist Association", presentato dal suo amico Corliss Lamont. Per celebrare il 100º anniversario della sua nascita, nel maggio 2007, il canale via cavo Turner Classic Movies ha dedicato una settimana di trasmissioni serali ai suoi film e ai documentari sulla sua vita. Filmografia Cinema Febbre di vivere (A Bill of Divorcement), regia di George Cukor (1932) La falena d'argento (Christopher Strong), regia di Dorothy Arzner (1933) La gloria del mattino (Morning Glory), regia di Lowell Sherman (1933) Piccole donne (Little Women), regia di George Cukor (1933) Argento vivo (Spitfire), regia di John Cromwell (1934) Amore tzigano (The Little Minister), regia di Richard Wallace (1934) Quando si ama (Break of Hearts), regia di Philip Moeller (1935) Primo amore (Alice Adams), regia di George Stevens (1935) Il diavolo è femmina (Sylvia Scarlett), regia di George Cukor (1935) Maria di Scozia (Mary of Scotland), regia di John Ford (1936) Una donna si ribella (A Woman Rebels), regia di Mark Sandrich (1936) Dolce inganno (Quality Street), regia di George Stevens (1937) Palcoscenico (Stage Door), regia di Gregory La Cava (1937) Susanna! (Bringing Up Baby), regia di Howard Hawks (1938) Incantesimo (Holiday), regia di George Cukor (1938) Scandalo a Filadelfia (The Philadelphia Story), regia di George Cukor (1940) La donna del giorno (Woman of the Year) regia di George Stevens (1942) Prigioniera di un segreto (Keeper of the Flame), regia di George Cukor (1943) La taverna delle stelle (Stage Door Canteen), regia di Frank Borzage (1943) La stirpe del drago (Dragon Seed), regia di Harold Bucquet e Jack Conway (1944) Senza amore (Without Love), regia di Harold S. Bucquet (1945) Tragico segreto (Undercurrent), regia di Vincente Minnelli (1946) Il mare d'erba (The Sea of Grass), regia di Elia Kazan (1947) Canto d'amore (Song of Love), regia di Clarence Brown (1947) Lo stato dell'Unione (State of the Union), regia di Frank Capra (1948) La costola di Adamo (Adam's Rib), regia di George Cukor (1949) La regina d'Africa (The African Queen), regia di John Huston (1951) Lui e lei (Pat and Mike), regia di George Cukor (1952) Tempo d'estate (Summertime), regia di David Lean (1955) Il mago della pioggia (The Rainmaker), regia di Anthony Mann (1956) La sottana di ferro (The Iron Petticoat), regia di Ralph Thomas (1956) La segretaria quasi privata (Desk Set), regia di Walter Lang (1957) Improvvisamente l'estate scorsa (Suddenly Last Summer), regia di Joseph L. Mankiewicz (1959) Il lungo viaggio verso la notte (A Long Day's Journey into Night), regia di Sidney Lumet (1962) Indovina chi viene a cena? (Guess Who's Coming to Dinner), regia di Stanley Kramer (1967) Il leone d'inverno (The Lion in Winter), regia di Anthony Harvey (1968) La pazza di Chaillot (The Madwoman of Chaillot), regia di Bryan Forbes e John Huston (1969) Le troiane (The Trojan Women), regia di Michael Cacoyannis (1971) Un equilibrio delicato (A Delicate Balance), regia di Tony Richardson (1973) Torna "El Grinta" (Rooster Cogburn), regia di Stuart Millar (1975) Olly, Olly, Oxen Free, regia di Richard Colla (1978) Sul lago dorato (On Golden Pond), regia di Mark Rydell (1981) Agenzia omicidi (The Ultimate Solution of Grace Quigley), regia di Anthony Harvey (1985) Love Affair - Un grande amore (Love Affair), regia di Glenn Gordon Caron (1994) Televisione Lo zoo di vetro (The Glass Menagerie), regia di Anthony Harvey - film TV (1973) Amore tra le rovine (Love Among Ruins), regia di George Cukor - film TV (1975) Il grano è verde (The Corn Is Green), regia di George Cukor - film TV (1979) Soli contro tutti (Mrs. Delafield Wants to Marry), regia di George Schaefer - film TV (1986) Laura Lansing ha dormito qui (Laura Lansing Slept Here), regia di George Schaefer - film TV (1988) L'evaso e la signora (The Man Upstairs), regia di George Schaefer - film TV (1992) Un amore senza età (This Can't Be Love), regia di Anthony Harvey - film TV (1994) Fiocchi di neve per Buddy (One Christmas), regia di Tony Bill - film TV (1994) Teatro These Days (1928) Art and Mrs. Bottle (1930) La disfatta delle amazzoni (1932) The Lake (1933) The Philadelphia Story (1939) Without Love (1942) Come vi piace 1950) The Millionairess (1952) Coco (1969) A Matter of Gravity (1976) The West Side Waltz (1981) Riconoscimenti Premio Oscar 1934 – Miglior attrice per La gloria del mattino 1936 – Candidatura alla miglior attrice per Primo amore 1941 – Candidatura alla miglior attrice per Scandalo a Filadelfia 1943 – Candidatura alla miglior attrice per La donna del giorno 1952 – Candidatura alla miglior attrice per La regina d'Africa 1956 – Candidatura alla miglior attrice per Tempo d'estate 1957 – Candidatura alla miglior attrice per Il mago della pioggia 1960 – Candidatura alla miglior attrice per Improvvisamente l'estate scorsa 1963 – Candidatura alla miglior attrice per Il lungo viaggio verso la notte 1968 – Miglior attrice per Indovina chi viene a cena? 1969 – Miglior attrice per Il leone d'inverno 1982 – Miglior attrice per Sul lago dorato Golden Globe 1953 – Candidatura alla miglior attrice in un film commedia o musicale per Lui e lei 1957 – Candidatura alla miglior attrice in un film drammatico per Il mago della pioggia 1960 – Candidatura alla miglior attrice in un film drammatico per Improvvisamente l'estate scorsa 1963 – Candidatura alla miglior attrice in un film drammatico per Il lungo viaggio verso la notte 1968 – Candidatura alla miglior attrice in un film drammatico per Indovina chi viene a cena? 1969 – Candidatura alla miglior attrice in un film drammatico per Il leone d'inverno 1982 – Candidatura alla miglior attrice in un film drammatico per Sul lago dorato 1993 – Candidatura alla miglior attrice in una mini-serie o film per la televisione per L'evaso e la signora Screen Actors Guild Awards 1980: Premio alla Carriera 1995: Candidatura come Migliore attrice in una miniserie o film per la televisione per Fiocchi di neve per Buddy BAFTA 1953: Candidatura come Miglior attrice straniera per La regina d'Africa 1956: Candidatura come Miglior attrice straniera per Tempo d'estate 1958: Candidatura come Miglior attrice straniera per Il mago della pioggia 1969: Miglior attrice protagonista per Indovina chi viene a cena? e Il leone d'inverno 1983: Miglior attrice protagonista per Sul lago dorato David di Donatello 1968: Miglior attrice straniera per Indovina chi viene a cena? (ex aequo con Faye Dunaway) Emmy Award 1974: Candidatura come Miglior attrice protagonista in una serie tv drammatica per Lo zoo di vetro 1975: Miglior attrice protagonista in un programma speciale drammatico o commedia per Amore tra le rovine 1979: Candidatura come Miglior attrice protagonista in una miniserie o un programma speciale per Il grano è verde 1986: Candidatura come Miglior attrice protagonista in una miniserie o un programma speciale per Soli contro tutti 1986: Candidatura come Premio speciale per The Spencer Tracy Legacy: A Tribute by Katharine Hepburn 1993: Candidatura come Premio speciale per Katharine Hepburn: All About Me Tony Award 1970: Candidatura come Miglior attrice in un musical per Coco 1981: Candidatura come Miglior attrice protagonista in uno spettacolo per The West Side Waltz People's Choice Awards 1983: Attrice dell'anno (ex aequo con Jane Fonda) 1983: Attrice dell'anno American Comedy Awards 1989: Premio alla Carriera American Movie Awards 1982: Miglior attrice per Sul lago dorato Golden Apple Awards 1975: Star dell'anno 1981: Star dell'anno Hasty Pudding Theatricals Award 1958: Donna dell'anno Kansas City Film Critics Circle Awards 1973: Migliore attrice per Le troiane (ex aequo con Cicely Tyson) Laurel Awards 1960: Candidatura come Miglior performance drammatica femminile per Improvvisamente l'estate scorsa 1963: Candidatura come Miglior performance drammatica femminile per Il lungo viaggio verso la notte 1970: Miglior performance drammatica femminile per Il leone d'inverno 1970: Miglior star femminile 1971: Miglior star femminile Festival del cinema di Venezia 1934: Miglior interpretazione femminile per Piccole donne Altri riconoscimenti Hollywood Walk of Fame 1960: Cinema - 6284 Hollywood Boulevard Doppiatrici italiane Nelle versioni in italiano dei suoi film, Katharine Hepburn è stata doppiata da: Wanda Tettoni in Scandalo a Filadelfia, Prigioniera di un segreto, Senza amore, La stirpe del drago, Il mare d'erba, Canto d'amore, Lo stato dell'Unione, La costola di Adamo, Lui e lei, Love Affair - Un grande amore Anna Miserocchi in Il lungo viaggio verso la notte, Indovina chi viene a cena?, Il leone d'inverno, La pazza di Chaillot, Lo zoo di vetro, Agenzia omicidi Lydia Simoneschi in Maria di Scozia, Palcoscenico, Tempo d'estate, Il mago della pioggia Vittoria Febbi nei ridoppiaggi di Primo amore, Dolce inganno, La donna del giorno, La stirpe del drago Gianna Piaz in Un equilibrio delicato, Amore tra le rovine, Il grano è verde Andreina Pagnani in Tragico segreto, La regina d'Africa, Improvvisamente l'estate scorsa Rina Morelli in La sottana di ferro, La segretaria quasi privata Maria Pia Di Meo nei ridoppiaggi di Il diavolo è femmina e Susanna! Livia Giampalmo nei ridoppiaggi di Incantesimo e Scandalo a Filadelfia Cinzia De Carolis nei ridoppiaggi di Piccole donne e Argento vivo Lia Orlandini in Susanna! Lilla Brignone in Le troiane Rosalba Oletta in Torna "El Grinta" Isa Bellini in Sul lago dorato Alina Moradei in L'evaso e la signora Paola Mannoni ne Lo stato dell'Unione (ridoppiaggio) Roberta Greganti in Quando si ama (ridoppiaggio) Sonia Scotti ne La falena d'argento (ridoppiaggio) Aurora Cancian in Amore tzigano (ridoppiaggio) Rossella Acerbo in Febbre di vivere (ridoppiaggio) Onorificenze Note Bibliografia Bergan, Ronald. Katharine Hepburn: una leggenda americana. Gremese Editore, 1997. Hepburn, Katharine. Me: Stories of My Life. Ballantine Books, 1996. Higham, Charles. Kate: The Life of Katharine Hepburn. Norton, 2004. Edwards, Anne. Katharine Hepburn: A Remarkable Woman. Rowman & Littlefield, 2019. Diedwardo, Maryann Pasda. The Legacy of Katharine Hepburn: Fine Art As a Way of Life: A Memoir. AuthorHouse, 2008. Hepburn, Katharine. Io. Frassinelli, 2003. Altri progetti Collegamenti esterni Partecipazioni e premi al Festival di Cannes Attori teatrali statunitensi Attori televisivi statunitensi Cantanti da musical Coppa Volpi per la migliore interpretazione femminile David di Donatello per la migliore attrice straniera Personalità dell'ateismo nelle arti Premi BAFTA alla migliore attrice protagonista Primetime Emmy alla miglior attrice protagonista in una miniserie o film TV Prix d'interprétation féminine del Festival di Cannes
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https://it.wikipedia.org/wiki/Aleksandr%20F%C3%ABdorovi%C4%8D%20Kerenskij
Aleksandr Fëdorovič Kerenskij
Avvocato di professione, svolse un ruolo di primo piano nel rovesciamento del regime zarista in Russia durante la rivoluzione russa di febbraio del 1917. A capo del governo provvisorio fu in grado di sventare il colpo di Stato reazionario di Kornilov, ma non riuscì a evitare la rivoluzione d'ottobre in cui i bolscevichi presero il potere. Dopo tale evento, fuggì per sempre dalla Russia senza mai più poterci tornare e morì in esilio negli Stati Uniti nel 1970, cinquantatré anni dopo gli eventi della Rivoluzione. Biografia Inizi Aleksandr Kerenskij nacque a Simbirsk (l'odierna Ul'janovsk, la stessa città in cui nacque Lenin) nel 1881. Figlio di un professore, Fëdor Mykhaylovych Kerenskij (1838-1910), si laureò in giurisprudenza all'università di Pietroburgo nel 1904: tra i suoi colleghi, sebbene in anni diversi, ci fu anche Vladimir Lenin, che sarebbe diventato un suo rivale politico qualche anno dopo. Nel 1887 Saša (diminutivo di Aleksandr con cui veniva familiarmente chiamato Kerenskij), si ammalò di tubercolosi e dovette trascorrere sei mesi lontano dai suoi coetanei. La malattia ne aumentò la socialità e l'introspezione e lo introdusse alle opere di Lev Tolstoj, dove le descrizioni dei poveri e degli oppressi lasciarono il segno nella sua giovane mente. Successivamente, il padre fu promosso ispettore capo delle scuole del Turkestan russo e quindi tutta la famiglia si trasferì a Tashkent nel 1889. La città, di circa 150.000 abitanti con un quarto di russi, aveva ancora l'aria di una città di confine. Durante il soggiorno a Tashkent, la famiglia ricevette le visite del capitano Lavr Kornilov, di ritorno da una missione di ricognizione in Persia, e del funzionario finlandese Carl Mannerheim, reduce dall'Asia centrale. Dopo la laurea, avendo abbandonato il tradizionalismo della provincia per San Pietroburgo, Kerenskij decise di non cercare lavoro nella amministrazione imperiale, ma di andare a lavorare in una organizzazione privata che offriva assistenza legale. Manifestò fin dal principio il proprio orientamento politico, con le sue frequenti difese dei moti rivoluzionari contro lo Zar. Nel 1905, dopo il massacro della "Domenica di Sangue", ruppe definitivamente con il regime autocratico, venne coinvolto in attività rivoluzionarie e fu arrestato dalle autorità. Il soggiorno in carcere formò ancora di più le sue idee politiche, intrise di populismo e nazionalismo. Dopo il suo rilascio nel 1906, decise di abbandonare le attività sovversive clandestine e di concentrarsi sull'opposizione legale al regime. Ricorse al suo innato talento per l'oratoria per trattare celebri casi di cronaca dell'epoca come il "Massacro della Lena", che dimostrò l'insensibilità delle autorità zariste e fece guadagnare a Kerenskij fama in tutto il paese. Prima guerra mondiale Fu eletto alla Quarta Duma nel 1912 come membro dei Trudovichi; nello stesso anno fu iniziato in Massoneria nella loggia Piccola orsa. Rimase in politica durante la prima guerra mondiale, rifiutandosi di votare a favore dei crediti di guerra, sostenuti dal governo, posizione supportata anche dai deputati socialdemocratici. Allo stesso tempo, però, mosso da patriottismo, si dichiarò per la difesa del territorio russo. Nel 1915 riprese la sua opposizione al governo prima che le battute d'arresto militari rivelassero il fallimento del governo nella politica di guerra. Quell'anno la polizia segreta individuò in lui la figura rivoluzionaria più importante delle varie correnti rivoluzionarie contro l'autocrazia. Durante l'inverno e la primavera del 1916, un complicato intervento chirurgico ai reni tenne isolato Kerenskij dalla scena politica; tuttavia egli mantenne la sua influenza all'interno della Duma. Convinto dell'imminenza della rivoluzione, incitò i socialrivoluzionari a raddoppiare gli attacchi contro lo zar e la famiglia imperiale, incoraggiando nel contempo la Duma a guidare la lotta contro l'autocrazia. Inoltre, ebbe contatti con le organizzazioni dei lavoratori e con il presidio militare presenti nella capitale. Rivoluzione di febbraio Allo scoppio della rivoluzione di febbraio, Kerenskij era uno dei suoi leader più in vista; venne eletto vice-rettore del Soviet di Pietrogrado. Durante le prime fasi della rivoluzione fu estremamente popolare presso le masse, guidò le truppe insorte alla Duma per cercare di coinvolgere questa alla rivolta, ordinò l'arresto di ministri del governo zarista a nome del Parlamento e adibì alcune sale del Palazzo di Tauride come sede del nuovo Soviet di Pietrogrado. Il 12 marzo 1917 entrò a far parte del Comitato Provvisorio della Duma come membro del Partito Socialista Rivoluzionario. A dispetto delle difficoltà, riuscì a ricoprire la carica di vice-rettore del Soviet di Pietrogrado. Governo provvisorio Quando il Governo provvisorio venne formato, dopo la crisi di aprile che aveva causato le dimissioni di Pavel Miljukov come ministro degli Esteri del governo borghese e la formazione del primo gabinetto di coalizione borghese-socialista, Kerenskij fu nominato ministro della giustizia e in maggio divenne ministro della guerra. Entrando ufficialmente a far parte del governo, violò il divieto dei socialisti sovietici di partecipare al Consiglio dei Ministri che, secondo le direttive di partito, doveva essere formato solo da ministri dei partiti borghesi. La sua fu un'iniziativa personale apparentemente insubordinata, ma in seguito egli ottenne il pieno sostegno del Soviet. Tra i pochi dirigenti socialisti in grado di gestire gli affari del governo al più alto livello in quel momento, era convinto della necessità di collaborazione tra socialisti e liberali ai fini della rivoluzione. Cercò di diventare una sorta di figura super partes, mantenendo una posizione intermedia tra i partiti socialisti e la borghesia. Per questo venne spesso accusato di bonapartismo dagli avversari. Le sue azioni come ministro, spesso prese senza coordinamento con il Soviet di Pietrogrado, a volte erano poco più che effetti drammatici. I capi menscevichi, che controllavano la maggioranza del Soviet, in pratica, non si fidavano affatto di Kerenskij. Grande oratore in grado di attrarre numerosi seguaci, era convinto che, una volta a capo del governo, liberali e socialisti si sarebbero riconciliati, riconoscendo in lui il "leader necessario" per liberare il paese dai suoi problemi. A seguito dell'abdicazione dello zar, diede il suo apporto alla formazione del governo il 7 luglio. Offensiva Kerenskij Nel periodo nel quale ricopriva la carica di Ministro della Guerra del Governo provvisorio russo, Aleksandr Kerenskij decise di mettere in atto una grossa offensiva militare che, secondo i suoi piani, avrebbe dovuto risollevare le sorti della Russia nella prima guerra mondiale. Tale offensiva fu guidata dal generale Brusilov. Iniziando il 1º luglio, le truppe russe attaccarono le forze tedesche ed austro-ungariche in Galizia, spingendole verso Leopoli. Le operazioni coinvolsero la 7ª, l'8ª e l'11ª Armata russa, che si contrapposero alla Südarmee austro-tedesca, alla 3ª ed alla 7ª Armata austro-ungarica. La decisione di lanciare questa manovra militare non tenne conto del forte desiderio di pace che, a partire dalla rivoluzione di febbraio, si era man mano instillato nelle menti del popolo e, specialmente, in quelle dei soldati russi, le cui capacità e volontà di combattere stavano rapidamente scemando. Di conseguenza, l'offensiva si rivelò un fallimento su tutti i fronti, compromettendo ancor di più la situazione del paese. Dal 3 al 5 luglio si ebbe una sollevazione popolare che venne repressa e, a seguito di essa, i bolscevichi (ritenuti responsabili di aver fomentato le masse) furono messi fuorilegge, la sede della Pravda venne devastata e Lenin dovette continuare l'attività politica clandestinamente, rifugiandosi in un villaggio sperduto al confine con la Finlandia. Il governo provvisorio decise quindi di adottare misure speciali imposte dall'emergenza in essere, e il 12 luglio Kerenskij firmò un decreto che reintroduceva nell'esercito la pena di morte in tempo di guerra per reati gravi, abolita solo pochi mesi prima. A seguito del fallito colpo di stato del generale Lavr Kornilov in agosto e delle dimissioni dei ministri, si nominò comandante in capo e proclamò la Repubblica russa (14 settembre 1917). Inizialmente Kerenskij aveva cercato di accordarsi con Kornilov, al fine di stendere un piano di riforma comune anti-bolscevica che avrebbe incluso la proclamazione di una dittatura militare. Solo quando si rese conto che un piano del genere avrebbe potuto influire sulla sua posizione di potere, decise di schierarsi dalla parte dei rivoluzionari. Quindi, durante il tentativo di golpe di destra, Kerenskij si schierò, insieme ai bolscevichi, con la classe operaia di Pietrogrado. Più tardi, nel mese di ottobre, la maggior parte di questi lavoratori sarebbe confluita proprio tra le file dei bolscevichi. Lenin era determinato a rovesciare il governo Kerenskij prima che avesse la possibilità di legittimarsi dopo le elezioni previste dall'Assemblea Costituente, e i bolscevichi presero il potere in quella che divenne nota come la seconda rivoluzione o Rivoluzione d'ottobre. Nell'emergenza della situazione, Kerenskij annunciò la formazione di un nuovo governo di coalizione social-borghese con alcuni socialisti di spicco. Impotente nel fermare la disgregazione delle forze armate e l'entità delle rivolte sul campo, fu costretto ad osservare i chiari preparativi dei bolscevichi per la presa del potere senza essere in grado di impedirla. Un ultimo disperato tentativo di neutralizzare Lenin e compagni fallì e durante la rivoluzione d'ottobre Kerenskij dovette forzatamente lasciare la capitale la notte del 6 novembre 1917. Rivoluzione di ottobre ed esilio Quando i bolscevichi presero il potere il 7 novembre 1917 (25 ottobre 1917 seguendo il calendario giuliano), Kerenskij fuggì a Pskov e tentò di rovesciare il nuovo governo ad egemonia bolscevica: le truppe sotto il suo comando conquistarono Carskoe Selo il 28 ottobre, ma furono sconfitte il giorno successivo a Pulkovo. Dopo tale disfatta, il 13 novembre fu aiutato a fuggire dal palazzo di Carskoe Selo da Abraham Gotz e Nikolai Avxentiev, travestito da marinaio (sebbene lo storico sovietico Medvedev abbia scritto che Kerenskij fuggì "travestito da donna") e, dopo alcune settimane di latitanza, lasciò la Russia per la Francia. Kerenskij era a Pietrogrado, quando venne convocata la prima ed unica sessione dell'Assemblea Costituente russa il 18 gennaio 1918. Egli chiese il permesso del Comitato Centrale del PSR, avendo intenzione di andare a consegnare il potere nelle mani dell'Assemblea, ma la commissione non diede alcuna risposta. Durante la guerra civile russa non sostenne nessuna delle due parti, opponendosi sia al regime bolscevico sia ai Bianchi. Stabilitosi a Parigi, fu uno scrittore prolifico sul suo periodo rivoluzionario. Nel 1940, dopo che la Germania hitleriana aveva occupato Parigi, si trasferì negli Stati Uniti d'America, dove visse fino alla sua morte, salvo un breve soggiorno a Brisbane, in Australia, dove conobbe colei che sarebbe diventata sua moglie, Lydia Tritton. Quando Hitler invase l'Unione Sovietica nel 1941, Kerenskij offrì il suo supporto a Stalin, ma non ricevette riscontro. Tuttavia effettuò trasmissioni radio in russo, sostenendo lo sforzo bellico. Alla fine della seconda guerra mondiale Kerenskij fondò, insieme ad un gruppo di amici, un movimento politico-militare chiamato "Unione per la liberazione della Russia", che tuttavia fu costretto a sciogliere poco dopo in quanto riuscì ad attirare pochissimi militanti. Prima di trasferirsi stabilmente a New York, lavorò in molte università statunitensi, in particolare in California alla Stanford University, dove insegnò storia russa. Nel 1945 conobbe Ayn Rand. Scrisse anche molte opere, tra cui Russia and History's Turning Point (1965). Kerenskij si spense a New York per ischemia miocardica al St. Luke's Hospital l'11 giugno del 1970, all'età di 89 anni. Era uno degli ultimi protagonisti delle vicende della Rivoluzione russa del 1917 ad essere ancora vivente. La Chiesa ortodossa statunitense rifiutò di accogliere le sue ceneri nei propri cimiteri, ritenendolo il politico maggiormente responsabile della vittoria dei bolscevichi; anche la Chiesa ortodossa serba (all'epoca collocata in Jugoslavia) non diede ospitalità alla sua tomba e pertanto Kerenskij fu seppellito a Londra, dove riposa tuttora accanto alla moglie, deceduta nel 1990. Rapporti con la famiglia imperiale Kerenskij, repubblicano, mantenne tuttavia un atteggiamento protettivo nei confronti della famiglia imperiale durante la rivoluzione che lo portò al potere, fatto che influì significativamente sulle accuse di inclinazione monarchica da parte dei membri di altri partiti politici. Dissuase il granduca Michele dall'accettare il trono prima della decisione della Costituente. Propose di mandare i membri della famiglia Romanov in esilio in Gran Bretagna, ma non ebbe l'appoggio del suo partito o del soviet e il governo abbandonò il progetto. In questo preciso momento storico, ebbe l'opportunità di interagire a stretto contatto con lo zar Nicola II, che aveva abdicato, ed era imprigionato con la famiglia presso Carskoe Selo. Manifestò di apprezzare la famiglia Romanov e il monarca decaduto, cercando di mettere in atto segretamente per loro delle procedure di esilio all'estero tramite il Cancelliere del governo provvisorio, Pavel Miljukov, noto monarchico. Tali tentativi ebbero però esito negativo, visto che la seconda rivoluzione era in corso. Tuttavia, considerando che la famiglia imperiale rischiava di essere giustiziata, aver mandato lo zar in esilio a Tobolsk in Siberia secondo Kerenskij era un modo per tenere i Romanov lontano dai pericoli. Il membro direttivo del Soviet Jakov Michajlovič Sverdlov, saputolo, mise il proprio veto a Kerenskij, proibendo ogni ulteriore favoritismo allo zar. Vita privata Kerenskij sposò Ol'ga L'vovna Baranovskaja e la coppia ebbe due figli, Oleg e Gleb, entrambi diventati ingegneri. Kerenskij ed Olga divorziarono nel 1939 e poco tempo dopo egli sposò in seconde nozze Lydia Ellen (Nell) Tritton (1899-1946). Era amico della scrittrice Ayn Rand, che lo ammirava molto, e della giornalista Dorothy Day: conobbe entrambe le donne nel 1945. Il nipote Oleg Jr. lo interpretò nel film Reds del 1981. Kerenskij fece parte della Massoneria. Note Bibliografia Abraham, Richard (1990). Alexander Kerenskij: The First Love of the Revolution. Columbia University Press. p. 503. ISBN 9780231061094. Anin, David S. (1967). The February Revolution: Was the Collapse Inevitable?. Soviet Studies 18 (4): 435-457. Basil, John D. (1984). The Mensheviks in the Revolution of 1917. Slavica Publishers. p. 220. ISBN 0893571091. Browder, Robert Paul (1970). Alexander Fedorovich Kerenskij: 1881-1970. Russian Review 29 (4): 484-487. Jackson, George; Devlin, Robert (1989). Dictionary of the Russian Revolution. Greenwood Press. p. 722. ISBN 9780313211317. Katkov, George (1980). Russia, 1917: Kornilov Affair. Longman Higher Education. p. 228. ISBN 9780582491014. Lincoln, W. Bruce (1987). Passage through Armageddon the Russians in war and revolution 1914-1918. Simon & Schuster. p. 637. ISBN 9780671557096. Rabinowitch, Alexander (1991). Prelude to Revolution: The Petrograd Bolsheviks and the July 1917 Uprising. Indiana University Press. p. 320. ISBN 9780253206619. Radkey, Oliver H. (1963). The sickle under the hammer; The Russian Socialist Revolutionaries in the early months of the Soviet rule. Columbia University Press. p. 525. OCLC 422729. Radkey, Oliver H. (1958). The Agrarian Foes of Bolshevism: Promise and Default of the Russian Socialist Revolutionaries February to October 1917. Columbia University Press. p. 521. ISBN 9780231021708. Strakhosky, Leonid I. (1955). Was there a Kornilov Rebellion? - A Re-appraisal of the Evidence. Slavonic and East European Review 33 (81): 372-395. Tsereteli, Iraklij (1955). Reminiscences of the February Revolution the April Crisis: III. Russian Review 14 (4): 301-321. Trockij, Lev. Storia della rivoluzione russa, 2 vol., Roma, Newton & Compton Editori, 1994, ISBN 88-7983-465-7 Wells, Benjamin (2004). The Union of Regeneration: the Anti-Bolshevik Underground in Revolutionary Russia, 1917-1919. Università di Londra. Wade, Rex A. (1969). The Russian Search for Peace, February-October 1917. Stanford University Press. p. 196. ISBN 9780804707077. White, James D. (1968). The Kornilov Affair. A Study in Counter-Revolution. Soviet Studies 20 (2): 187-205. Voci correlate Offensiva Kerenskij Armata Bianca Governo provvisorio russo Rivoluzione russa di febbraio Lenin Altri progetti Collegamenti esterni Kerenskij, uno di noi. Nel centenario della Rivoluzione di febbraio, Roma, 8 marzo 2017. Capi del Governo provvisorio russo Politici russi Avvocati russi Socialisti Massoni Russi della prima guerra mondiale
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https://it.wikipedia.org/wiki/Kayak
Kayak
Il kayak (pron. ), meno comunemente caiac, caiaco o caiacco, è un tipo di canoa originariamente utilizzata dagli Inuit. Si differenzia dalla canoa propriamente detta (o canoa canadese) per essere concepita per l'uso in propulsione e manovra di una pagaia a doppia pala, mentre la canoa canadese viene spinta e manovrata con l'uso della pagaia a pala singola. La parola "kayak" significa "barca degli uomini", e si contrappone a umiak, "barca delle donne". I primi kayak erano fatti di legno ricoperto da pelli di foca ed erano costruiti su misura direttamente dagli uomini che intendevano utilizzarli. Nel mondo occidentale moderno il kayak è prevalentemente una imbarcazione turistica o sportiva. Nelle località turistiche costiere è spesso possibile utilizzare il kayak marino per brevi escursioni senza motore. Negli sport raggruppati sotto il nome di "canoa/kayak", il kayak è utilizzato per gare di discesa, velocità e altre varianti, individuali o di squadra. Costruzione L'auto-costruire il proprio kayak/canoa nasce da molto lontano e si perde nella notte dei tempi, quando i popoli dei ghiacci nell'estremo nord si costruivano i tradizionali skin on frame, kayak cuciti per il proprio pilota, come un vestito, con un metodo di misurazione che sfrutta le parti del corpo come avambracci o spanne ecc. Questi kayak servivano per garantire la sopravvivenza e usati prima di tutto per la caccia e per gli spostamenti, erano costruiti con il legno che il mare riportava a riva forgiato e lavorato duramente fino a formare un telaio che poi veniva rivestito con la pelle di foca e impregnato con lo stesso grasso. Venivano praticamente cuciti usando quello che le prede offrivano ovvero nervi, ossa, pelle ecc. Oggi questa costruzione esiste ancora e se ne fanno repliche fedeli adoperando però materiali che imitano quelli di un tempo, nylon, cotone ecc. Altre tecniche: compensato cucito listelli profilati legno modellato Struttura dei kayak moderni Il disegno dei diversi tipi di kayak disponibili si fonda su tre compromessi: tra direzionalità e manovrabilità, tra stabilità primaria e secondaria e infine tra velocità generale e stabilità laterale. Lunghezza In linea generale, un kayak lungo risulta più veloce mentre un kayak corto può virare molto più velocemente - la velocità massima potenziale di un kayak lungo è determinata dalla minore sezione trasversa dell'opera viva (la parte immersa dello scafo). I kayak costruiti per coprire lunghe distanze, come i kayak da mare o lago, sono più lunghi, generalmente tra i 4,90 e i 5,80 metri. La lunghezza massima ammessa dalla ICF per un kayak da acqua piatta K1 è 5,20 metri. I kayak da "acqua bianca" (cosiddetti perché progettati per l'uso nell'alto corso dei fiumi e dei torrenti con rapide di alta difficoltà), che nelle condizioni d'uso normali sono spinti dalla corrente, sono piuttosto corti affinché possano offrire la massima manovrabilità. Raramente superano i 2,50 metri di lunghezza e alcuni kayak particolari, come quelli da gioco "free style", arrivano a misurare appena 1,85 metri di lunghezza. Il design dei kayak da turismo "all round" si basa sul compromesso tra stabilità, direzionalità e manovrabilità, mantenendo inoltre i costi entro termini ragionevoli: la loro lunghezza normalmente varia da un minimo di 2,75 metri a un massimo di 4,50 metri. Curvatura dello scafo La lunghezza da sola non consente di prevedere la manovrabilità di un kayak ma deve essere abbinata alla curvatura del kayak dalla prua alla poppa (o rocker). Un kayak decisamente curvato presenta una superficie di contatto con l'acqua molto inferiore rispetto a quella di un kayak privo di curvatura. Per esempio, un kayak di 5,48 metri privo di curvatura sarà interamente in acqua da prua a poppa. Al contrario, la prua e la poppa di un kayak di pari lunghezza ma con una certa curvatura potrà avere una superficie di contatto con l'acqua di una lunghezza pari solo a 4,87 metri. La curvatura si mostra più evidente agli estremi e per certi versi influisce sulla maneggevolezza. Analogamente, sebbene i kayak da acqua bianca siano relativamente più corti rispetto agli altri kayak, il fatto stesso che la curvatura di questi sia accentuata fa sì che la loro superficie di contatto risulti decisamente inferiore a tutto vantaggio della manovrabilità. Forma dello scafo Il disegno dello scafo si suddivide in diverse categorie basate sulla forma da prua a poppa e sulla forma della chiglia in sezione laterale. Nella prima categoria si distingue in scafo: Simmetrico: la parte più larga del kayak è a metà tra poppa e prua A pesce: la parte più larga è prima del punto centrale, dunque verso prua A rapa: la parte più larga è dopo il punto centrale, dunque verso poppa. L'assenza o presenza di un fondo modellato a V, anche solo parzialmente, incide sulla stabilità direzionale (intesa come capacità di mantenere una traiettoria rettilinea) e per converso sulla manovrabilità del kayak. Con un fondo a V la direzionalità di un kayak migliora ma si riduce la manovrabilità. Alcuni kayak moderni presentano chiglie spiccatamente a V in coincidenza della poppa e della prua che divengono poi blande o inesistenti nel mezzo. La forma della chiglia si caratterizza per la rotondità (o piattezza) del fondo e per l'assenza o presenza, unitamente alla sua ampiezza, dell'angolo della chiglia. La scelta di progettazione dei suddetti fattori incide sulla stabilità primaria e su quella secondaria. Per stabilità primaria si intende la resistenza del kayak al rollio mentre per secondaria la resistenza al ribaltamento. Sebbene tutti i kayak ondeggino, i kayak più ampi, che hanno le linee di galleggiamento più lontane rispetto all'asse centrale, presentano maggior resistenza al rollio e, quindi, sembrano aver meno probabilità di ribaltarsi rispetto a kayak più stretti con linee di galleggiamento più prossime all'asse centrale. Le barche a fondo piatto trasmettono la sensazione di esser più stabili rispetto a quelle a fondo arrotondato o a V che, di contro, presentano un galleggiamento più uniforme. La stabilità secondaria si riferisce alla resistenza finale al ribaltamento nel momento in cui il kayak si trova nel massimo punto di sbilanciamento consentito. Nel momento in cui sono sbilanciate, le barche dal fondo arrotondato offrono all'acqua una maggior superficie al contrario di quelle a fondo piatto. Mentre i kayak dal fondo piatto hanno una maggiore stabilità primaria, di solito presentano una stabilità secondaria inferiore: nel momento in cui iniziano a rollare e raggiungono il punto di ribaltamento, si ribaltano velocemente e improvvisamente. Le barche dal fondo arrotondato, invece, si comportano all'opposto: minore stabilità primaria ma maggiore stabilità secondaria. La conformazione dell'angolo della chiglia (ove presente) può, talvolta, migliorare la stabilità secondaria poiché aumenta la superficie della canoa a contatto con l'acqua durante la fase di squilibrio. I kayak da mare, disegnati per affrontare il mare aperto e condizioni dure, sono generalmente più stretti (54-64 cm) con maggior stabilità secondaria rispetto agli altri kayak che sono normalmente più larghi (66-76+ cm) con fondo più piatto e, dunque, maggior stabilità primaria. I kayak con moderata stabilità primaria ma eccellente secondaria sono considerati più idonei in mare, soprattutto in condizioni difficoltose. Fino a poco tempo fa, i kayak da acque bianche avevano fondi molto arrotondati unitamente a scafi molti curvati, ma recenti cambiamenti nella filosofia costruttiva hanno creato kayak con fondi molto piatti che consentono di avere una seduta coincidente con la linea di galleggiamento anziché sotto di essa. Kayak marino Tra i vari kayak esiste anche il kayak marino, adatto a brevi o lunghe escursioni o campeggio nautico. La sua diffusione ha consentito lo sviluppo di forme e prestazioni molto diverse tra loro: infatti è usato non solo per scopo agonistico ma anche per escursioni più o meno impegnative. I materiali di costruzione vanno dalla vetroresina al polietilene fino al carbonio e kevlar. Esiste anche il kayak autocostruito, in legno. La differenza più evidente tra il kayak marino e il kayak olimpico sta nella larghezza, che è maggiore per quello marino. Note Voci correlate Inuit Canoa discesa Canoa alto corso Sit on top Eskimo (sport) Flyak Altri progetti Collegamenti esterni Canoa/kayak Cultura materiale Imbarcazioni a remi
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https://it.wikipedia.org/wiki/Kernel
Kernel
Un kernel (pronuncia inglese britannica in IPA: ), in informatica costituisce il nucleo o cuore di un sistema operativo, ovvero il software che fornisce un accesso sicuro e controllato dell'hardware ai processi in esecuzione sul computer. Dato che possono eventualmente esserne eseguiti simultaneamente più di uno, il kernel può avere anche la responsabilità di assegnare una porzione di tempo-macchina (scheduling) e di accesso all'hardware a ciascun programma (multitasking). Descrizione Un kernel non è strettamente necessario per far funzionare un computer. I programmi possono essere infatti direttamente caricati ed eseguiti sulla macchina, a patto che i loro sviluppatori ritengano necessario fare a meno del supporto del sistema operativo. Questa era la modalità di funzionamento tipica dei primi computer, che venivano resettati prima di eseguire un nuovo programma. In un secondo tempo, alcuni programmi accessori come i program loader e i debugger venivano lanciati da una memoria a sola lettura, o fatti risiedere in memoria durante le transizioni del computer da un'applicazione all'altra: essi formarono la base di fatto per la creazione dei primi sistemi operativi. Un'altra situazione in cui l'assenza di sistema operativo è auspicabile è l'esempio dei microcontrollori minimalisti. L'accesso diretto al kernel da parte di un utente/amministratore può avvenire in modalità user mode o kernel mode. Classificazione L'accesso diretto all'hardware può essere anche molto complesso, quindi i kernel usualmente implementano uno o più tipi di astrazione dall'hardware, il cosiddetto livello di astrazione dell'hardware (hardware abstraction layer o HAL). Queste astrazioni servono a "nascondere" la complessità e a fornire un'interfaccia pulita e uniforme all'hardware sottostante, in modo da semplificare il lavoro degli sviluppatori. I kernel si possono classificare in quattro categorie, in base al grado di astrazione dell'hardware: Kernel monolitici, che implementano direttamente una completa astrazione dell'hardware sottostante. Microkernel, che forniscono un insieme ristretto e semplice di astrazione dell'hardware e usano software (chiamati device driver o server) per fornire maggiori funzionalità. Kernel ibridi (o microkernel modificati), che si differenziano dai microkernel puri per l'implementazione di alcune funzioni aggiuntive al fine di incrementare le prestazioni. Esokernel, che rimuovono tutte le limitazioni legate all'astrazione dell'hardware e si limitano a garantire l'accesso concorrente allo stesso, permettendo alle singole applicazioni di implementare autonomamente le tradizionali astrazioni del sistema operativo per mezzo di speciali librerie. Kernel monolitici di primo tipo L'approccio monolitico definisce un'interfaccia virtuale di alto livello sull'hardware e software, con un set di primitive o chiamate di sistema per implementare servizi di sistema operativo come gestione dei processi, multitasking e gestione della memoria, in diversi moduli che girano in modalità supervisore. Anche se ogni modulo che serve queste operazioni è separato dal resto, l'integrazione del codice è molto stretta e difficile da fare in maniera corretta e, siccome tutti i moduli operano nello stesso spazio, un bug in uno di essi può bloccare l'intero sistema. Tuttavia, quando l'implementazione è completa e sicura, la stretta integrazione interna dei componenti rende un buon kernel monolitico estremamente efficiente. Il più considerevole svantaggio dei kernel monolitici è tuttavia che non è possibile aggiungere un nuovo dispositivo hardware senza aggiungere il relativo modulo al kernel, operazione che richiede la ricompilazione del kernel. In alternativa è possibile compilare un kernel con tutti i moduli di supporto all'hardware, al costo di aumentarne molto la dimensione. Tuttavia i kernel monolitici più moderni come il kernel Linux e FreeBSD possono caricare moduli in fase di esecuzione, se sono previsti in fase di configurazione (la fase di configurazione è la fase che precede quella di compilazione, durante la quale si può scegliere quali feature o driver debbano far parte del nuovo kernel), permettendo così l'estensione del kernel quando richiesto, mantenendo al contempo le dimensioni del codice nello spazio del kernel al minimo indispensabile. Esempi di kernel monolitici: I tradizionali kernel UNIX, quali ad esempio i kernel BSD. Il kernel Linux. Kernel di ricerca come AGNIX. Microkernel L'approccio microkernel consiste nel definire un kernel principale che fornisce esclusivamente un set di primitive o chiamate di sistema per implementare servizi minimali del sistema operativo quali gestione dei thread, spazi di indirizzamento o comunicazione interprocesso. Sopra tale kernel minimale (da cui il prefisso "micro") vengono innestati dei server, ovvero programmi separati dal kernel che comunicano con questo tramite le suddette chiamate di sistema per implementare le varie funzionalità del sistema. L'obiettivo principale è la separazione delle implementazioni dei servizi di base dalle strutture operative del sistema. Per esempio, il processo di blocco (locking) dell'input/output può essere implementato come modulo server a livello utente. Questi moduli a livello utente, usati per fornire servizi di alto livello al sistema, sono modulari e semplificano la struttura e la progettazione del kernel. Un servizio server che smette di funzionare non provoca il blocco dell'intero sistema, e può essere riavviato indipendentemente dal resto. Vi sono alcuni tipi di microkernel che non possono essere definiti esattamente come tali, perché non implementano alcune funzioni sotto forma di server, sebbene siano caratterizzati da altre prerogative che definiscono i microkernel. Il più noto di essi è Exec, abbreviazione di Executive Multitasking (e il suo diretto successore ExecSG) che è il kernel di AmigaOS. Esempi di microkernel e Sistemi operativi basati su microkernel: AIX Amoeba BeOS e il suo successore Haiku Chorus microkernel EROS FreeRTOS K42 KeyKOS (a nanokernel) LSE/OS (a nanokernel) The L4 microkernel family Mach MERT Minix MorphOS QNX RadiOS Redox Spring operating system Symbian OS VSTa HarmonyOS Kernel monolitici e microkernel: confronto I kernel monolitici sono spesso preferiti ai microkernel a causa del minor livello di complessità nel controllo dei codici di controllo in uno spazio di indirizzamento. Per esempio XNU, il kernel di macOS, è basato su un kernel Mach 3.0 e componenti BSD nello stesso spazio di indirizzamento in modo da abbattere i tempi di latenza tipici dei microkernel. XNU risulta così un kernel dalle notevoli prestazioni poiché basato in parte su una soluzione ibrida e non può in ogni caso essere considerato un microkernel. Nella documentazione ufficiale di Apple si fa chiaro riferimento a XNU come Kernel Monolitico Modulare. A partire dai primi anni novanta i kernel monolitici sono considerati obsoleti. Il kernel Linux come kernel monolitico anziché come microkernel è stato uno degli argomenti della famosa guerra di religione fra Linus Torvalds (il creatore di Linux) e Andrew Tanenbaum (celebre docente di sistemi operativi, autore di Minix) - in rete sono disponibili maggiori dettagli. In realtà vi sono ragioni da entrambe le parti. I kernel monolitici tendono ad essere più semplici da progettare correttamente, e possono quindi evolversi più rapidamente di un sistema basato su microkernel. Ci sono storie di successi in entrambi gli schieramenti. I microkernel sono spesso usati in sistemi embedded in applicazioni mission critical di automazione robotica o di medicina, a causa del fatto che i componenti del sistema risiedono in aree di memoria separate, private e protette. Ciò non è possibile con i kernel monolitici, nemmeno con i moderni moduli caricabili. A parte il kernel Mach, che è il più noto microkernel di uso generico, molti altri microkernel sono stati sviluppati con scopi specifici. Kernel L3 in particolare è stato creato per dimostrare che i microkernel non sono necessariamente lenti. La famiglia di microkernel L4, successori di L3, dispongono di una implementazione chiamata Fiasco in grado di eseguire il kernel Linux accanto agli altri processi di L4 in spazi di indirizzamento separati. QNX è un sistema operativo presente sulle scene dai primi anni ottanta e dispone di una implementazione a microkernel davvero minimalista. Questo sistema ha avuto molto più successo di Mach nel raggiungere gli obiettivi del paradigma a microkernel. È usato in situazioni in cui al software non è concesso di sbagliare, ad esempio nei bracci robotici dello space shuttle o in macchine che lavorano il vetro dove un errore anche piccolo può costare centinaia di migliaia di Euro. Kernel ibridi I kernel ibridi sono essenzialmente dei microkernel che hanno del codice "non essenziale" al livello di spazio del kernel in modo che questo codice possa girare più rapidamente che se fosse implementato ad alto livello. Questo fu un compromesso adottato da molti sviluppatori di sistemi operativi prima che fosse dimostrato che i microkernel puri potevano invece avere performance elevate. Molti sistemi operativi moderni rientrano in questa categoria: Microsoft Windows è l'esempio più noto. Anche XNU, il kernel di Mac OS X, è di fatto un microkernel modificato, per via dell'inclusione di codice BSD in un kernel basato su Mach. DragonFly BSD è stato il primo sistema BSD non basato su Mach ad adottare l'architettura a kernel ibrido. Non si confonda il termine "kernel ibrido" con i kernel monolitici che possono caricare moduli dopo il boot, poiché "ibrido" implica che il kernel in questione condivide concetti architetturali e meccanismi tipici sia dei kernel monolitici che dei microkernel, specialmente il passaggio di messaggi e la migrazione di porzioni di codice "non essenziale" a più alto livello, mantenendo a livello kernel solo il codice necessario per ragioni di prestazioni. Esempi di kernel ibridi: Microsoft Windows NT che è usato su tutti i sistemi basati su NT XNU kernel del macOS DragonFly BSD Quark, il kernel di MorphOS Haiku Esokernel Gli esokernel, o Exokernel, conosciuti anche come "sistemi operativi verticali", sono un approccio radicalmente differente alla progettazione dei sistemi operativi. L'idea centrale è "separare la protezione dalla gestione". Nessuno meglio di uno sviluppatore sa come rendere efficiente l'uso dell'hardware disponibile, quindi l'obiettivo è dargli la possibilità di prendere le decisioni. Gli esokernel sono estremamente piccoli e compatti, poiché le loro funzionalità sono volutamente limitate alla protezione e al multiplexing delle risorse. I kernel "classici" (sia monolitici che microkernel) astraggono l'hardware, nascondendo le risorse dietro a un livello di astrazione dell'hardware), o dietro a server "sicuri". In questi sistemi "classici", se ad esempio viene allocata della memoria, il programma non può sapere in quale pagina fisica questa verrà riservata dal sistema operativo, e se viene scritto un file non c'è modo di sapere direttamente in quale settore del disco è stato allocato. È questo il livello di astrazione che un esokernel cerca di evitare. Esso permette ad un'applicazione di richiedere aree specifiche di memoria, settori specifici su disco e così via, e si assicura solamente che le risorse richieste siano disponibili e che le applicazioni vi possano accedere. Dato che un esokernel fornisce un'interfaccia davvero a basso livello all'hardware, mancando di qualsiasi funzionalità di alto livello tipica degli altri sistemi operativi, esso è accompagnato da un sistema operativo-libreria (in gergo libOS) che si interfaccia con l'esokernel sottostante fornendo quindi agli sviluppatori di applicazioni le funzionalità di un sistema operativo completo. Tutto ciò ha un'importante implicazione: è possibile avere diversi libOS sul sistema. Se, per esempio, si installa un libOS che esporta un'API Unix e uno che esporta un'API Windows, è possibile eseguire simultaneamente applicazioni compilate per UNIX e per Windows. Lo sviluppo dei libOS avviene a livello utente, senza reboot, debug su console e in piena protezione della memoria. Al momento gli esokernel sono più che altro dei progetti di ricerca e non sono usati in sistemi operativi commerciali. Un esempio di sistema basato su esokernel è Nemesis, sviluppato dall'Università di Cambridge, dall'Università di Glasgow, da Citrix Systems e dall'Istituto Svedese di Informatica. Anche il MIT ha sviluppato diversi sistemi basati su esokernel. No Kernel Il software cosiddetto "no kernel" non ha l'obbligo di essere limitato ad un unico entry point che sia oltretutto centralizzato. Un esempio è dato da progetti come TUNES e UnununiumOS, che intendevano creare un sistema operativo privo di kernel (entrambi i progetti sono stati interrotti). Note Bibliografia nel libro Voci correlate Kernel mode Schermata blu di errore Kernel panic Spazio utente Linux (kernel) Altri progetti
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https://it.wikipedia.org/wiki/Katakana
Katakana
Il (sillabario) è un sistema di scrittura utilizzato nella scrittura giapponese. Assieme allo (alfabeto fonetico), costituisce la scrittura autoctona fonetica, detta kana, mentre i (scrittura logografica) sono caratteri ideografici di origine cinese, generalmente non dissimili da quelli utilizzati nel continente. Caratteristiche Il sillabario giapponese, katakana, è facilmente distinguibile dallo hiragana per le sue forme rigide e spigolose, ben diverse dai tratti arrotondati dell'altro sillabario: scritti con i rispettivi sistemi, avremo katakana カタカナ e hiragana ひらがな. "Katakana" significa "carattere prestato di frammento", con riferimento all'origine dagli ideogrammi, prendendo una sola parte dell'ideogramma completo. Nel katakana, come nello hiragana, ogni carattere non corrisponde esattamente ad un fonema vocalico o consonantico, come avviene in molte lingue occidentali scritte con alfabeti, ma a un'intera sillaba. Vi sono sillabe formate da una sola vocale, o da consonante e vocale; si dividono tradizionalmente in sillabe pure, impure, semipure, contratte. Le sillabe pure seion sono formate da una sola vocale, da una consonante che precede una vocale, e dalla n sillabica. Facendo seguire dal segno diacritico dakuten ゛(anche detto nigori "impurità") quelle sillabe pure la cui consonante è sorda, si ottengono le corrispondenti sillabe impure dakuon nelle quali la consonante iniziale è sonora: per esempio, カ ka diventa ガ ga, シ shi diventa ジ ji, ヘ he diventa ベ be. Facendo seguire le sillabe che cominciano per h, inclusa fu, dal segno diacritico handakuten ゜(anche detto maru "cerchio"), si ottengono le sillabe semipure handakuon che hanno come consonante iniziale p: quindi ヘ he diventa ペ pe. La combinazione fra due caratteri permette molte volte di rappresentare una terza sillaba: si tratta delle sillabe contratte yōon, nelle quali una delle sillabe ya, yu, yo (ャ, ュ, ョ) è scritta in piccolo dopo una sillaba che ha come vocale i. La consonante della sillaba risultante sarà palatalizzata: avremo, ad esempio, ニャ nya, リュ ryu, ジョ jo. Il sillabario katakana, al pari dello hiragana, è propriamente composto dai 48 caratteri che rappresentano le sillabe pure, e spesso è detto – arrotondando il numero – gojūon "i cinquanta suoni"; ma a questi si aggiungono le 20 sillabe impure, le 5 sillabe semipure e le 36 sillabe contratte: in tutto 109 sillabe. Ma esistono nel katakana anche molte altre sillabe di più recente introduzione, formate in maniera simile a quelle contratte e utilizzate per la trascrizione di parole straniere. Nell'uso corrente, il sillabario katakana è soprattutto impiegato nella trascrizione di parole straniere, sia di parole prese in prestito da altre lingue – in massima parte dall'inglese – e usate oggi in giapponese (dette gairaigo), sia di nomi propri intraducibili. In entrambi i casi è inevitabile un'approssimazione dei suoni, con un adattamento della parola al sistema fonetico del giapponese: "computer" diviene コンピュータ (konpyūta), "television" diviene, con abbreviazione, テレビ (terebi), "business" diviene ビジネス (bijinesu); "William Shakespeare" è reso ウィリアム・シェイクスピア (Wiriamu Sheikusupia), "Guglielmo Marconi" è reso グリエルモ・マルコーニ (Gurierumo Marukōni). Il katakana è anche usato per la rappresentazione di parole onomatopeiche, come ワンワン wanwan ("bau bau", l'abbaiare del cane); l'uso enfatico di un termine nella frase può essere espresso con la scrittura in katakana, così come avviene nelle indicazioni stradali, o nella pubblicità. In ambito scientifico è comune scrivere in katakana i nomi specialistici di piante, animali e minerali. Il katakana è anche usato spesso, ma non sempre, nella trascrizione di nomi di aziende giapponesi. Per esempi, Suzuki è scritto スズキ, e Toyota è scritto トヨタ. Il katakana è anche usato per enfatizzare, specialmente nel caso della segnaletica, pubblicità e dei tabelloni. Per esempio, è comune vedere ココ koko ("qui"), ゴミ gomi ("rifiuti"), oppure メガネ megane ("occhiali"). Parole che lo scrivente desidera evidenziare in una frase sono qualche volta scritte in katakana, rispecchiando l'uso europeo del carattere italico. Il katakana era stato usato per la telegrafia in Giappone prima del 1988, e per i sistemi informatici - prima della introduzione dei caratteri multibyte - negli anni '80. Molti elaboratori di quell'era usavano il katakana invece del kanji o del hiragana per la stampa e visualizzazione. Nonostante parole prestate dal cinese antico siano usualmente scritte in kanji, le parole prestate dai dialetti cinesi moderni, se sono usate direttamente, usano il katakana invece che la grafia on'yomi sino-giapponese. È molto comune usare il katakana per scrivere parole che, se scritte in kanji, sarebbero difficili da leggere. Questo fenomeno si riscontra spesso nella terminologia medica. Per esempio, nella parola 皮膚科 hifuka ("dermatologia"), il secondo kanji, 膚, è considerato difficile da leggere, e perciò la parola hifuka è comunemente scritta 皮フ科 oppure ヒフ科, mescolando kanji e katakana. Similmente, il kanji difficile da leggere come 癌 gan ("cancro") è spesso scritto in katakana ガン oppure hiragana がん. Il katakana è anche usato per la notazione musicale tradizionale, come nel Tozan-ryū del shakuhachi, e nei gruppi sankyoku con koto, shamisen, e shakuhachi. Tabella di traslitterazione del katakana secondo il sistema Hepburn Se il vostro computer ha i font per le lingue orientali potrete vedere la seguente tabella con i caratteri katakana assieme alla loro romanizzazione in stile Hepburn. I kana scritti in rosso sono obsoleti Pronuncia in dettaglio Nella tabella sottostante si spiega la pronuncia in giapponese, suono per suono, tale per cui i suoni sono poi combinabili tra loro. Sotto la tabella si forniscono alcune informazioni sugli allungamenti vocalici, sui dittonghi arcaici e su alcuni accomodamenti dal primo cinese medio. A questi suoni, si aggiunge la nozione di allungamento vocalico: quando due vocali identiche sono scritte di fila, si pronuncia un'unica vocale che dura leggermente di più: ああ aa /a:/, いい ii /i:/, うう uu /ɯ:/, ええ ee /e:/, おお oo /o:/. Volendo, nel sistema Hepburn l'allungamento vocalico si può anche indicare con un trattino orizzontale detto "macron" sopra una singola vocale: ā, ē, ī, ō, ū. Un ultimo e diffusissimo allungamento vocalico è presente nella combinazione -おう: おう, どう, とう, こう, ごう, もう, のう, ろう, そう, ぞう, ほう, ぼう, ぽう, きょう, ぎょう, ちょう, みょう, にょう, しょう, ひょう, びょう, ぴょう, りょう . La combinazione "ou" si romanizza ō/oo e si pronuncia /o:/. la -u finale deriva dall'accomodamento finale di -/ŋ/ in cinese (conservato tuttora dal primo cinese medio e dal cinese antico), reso come */ũ/ nasalizzato, poi /ɯ̃/ e infine assimilatosi. Un esempio famoso è il nome dell'odierna capitale del Giappone, Tōkyō 東京 とうきょう, anticamente detta "Edo" 江戸. Oppure, deriva dalla mutazione di "-au" e "-eu" in "-oo", tale per cui l'accomodamento della pronuncia cinese si allontana da quella originale. Questo allungamento, insieme a "ū/uu", è l'allungamento vocalico più diffuso in giapponese. Il secondo, "uu" (うう, ゆう), si trova facilmente nei kanji (esattamente come "oo"), cioè i sinogrammi presi a prestito dai giapponesi, e deriva dall'accomodamento dello stop senza rilascio udibile di suono *-p del primo cinese medio: fu adattato come -fu, dopodiché la consonante è caduta ed è rimasta solo a "u", che in svariati casi forma questo allungamento vocalico. La *-p è individuabile in coreano, cantonese, vietnamita e in svariati dialetti cinesi onservativi come il cantonese (famiglia yue) e svariati minnan (es. l'amoy hokkien, il taiwanese, il tochew, il quanzhou, lo shangtou e l'hakka). Altri allungamenti vocalici presenti in parole native giapponesi derivano da cadute di consonanti, sillabe interne o semivocali durante l'evoluzione della lingua. Molti altri suoni che sono diventati sillabe derivano da accomodamenti della pronuncia del primo cinese medio in giapponese (*-t, *-k) e sono reperibili nei kanji, ma non costituiscono casi particolari da prendere in analisi. Tutti i dittonghi che iniziano con w-, se reperiti nei kanji, sono pure accomodamenti dal primo cinese medio ed esistevano già durante il giapponese antico (la pronuncia della vocale era unica). Oggi, in tutto il vocabolario giapponese, questi dittonghi sono spariti eccetto per "wa". In katakana, degli esempi di sillabe con questi dittonghi arcaici, utili per fare paragoni con le lingue sino-xeniche, per ricostruire il primo cinese medio o per sbrogliare delle mancate corrispondenze nella pronuncia tra giapponese e lingue sino-xeniche, sono グワ(ン) gwa(n), クワ(ン) kwa(n), グヱ(ン) gwe(n), クヱ(ン) kwe(n), ヱ(ン) we(n), ヰン wi(n). Ricostruzione filologica del katakana Questa tabella mostra i sinogrammi che hanno originato, tramite delle stilizzazioni a volte estreme, le sillabe del katakana, usato per traslitterare i prestiti in giapponese. Di ogni carattere viene spiegato il significato, per poter capire cosa rappresenta sia lui sia la sillaba katakana che ne deriva. Il lavoro è di stampo filologico, ma può aiutare nella memorizzazione dell'alfabeto. In conclusione, siccome il katakana è formato da caratteri cinesi o loro pezzi, uno studente di giapponese dovrebbe riconoscere dei loro pezzi nei kanji. Di contro, un conoscitore dei sinogrammi che si avvicina per la prima volta al katakana dovrebbe riconoscere dei pezzi di sinogrammi e fare ipotesi e collegamenti. Si ricorda infine che i due kana sono nati nell'800 d.C. circa: prima non esisteva nessun alfabeto giapponese e si scriveva solo con i sinogrammi o per scrivere in cinese classico (wényán) o per rendere a orecchio il suono delle sillabe giapponesi (utilizzo "man'yogana"). I kana sono stati inventati per scrivere le particelle grammaticali giapponesi e la morfologia verbale, per trascrivere le parole straniere e per trascrivere la pronuncia dei kanji (utilizzo "furigana" se le sillabe sono affiancate accanto ai kanji scritti in verticale). Vocaboli stranieri diffusi in giapponese e scritti in katakana La tabella contiene dei vocaboli stranieri traslitterati in katakana e accompagnati dalla romanizzazione. In cima ci sono i vocaboli dei primi quattro livelli di JLPT, in basso ci sono alcuni vocaboli extra sparsi, appartenenti perlopiù al campo semantico delle tecnologie moderne, gastronomia, musica e geografia. Molte di queste parole sono inglesi e adattate al giapponese e sono dette 和製英語, wasei-eigo. Tutte queste parole si possono considerare esempi concreti di katakana. [*] il nome deriva dal fatto che l'uniforme scolastica femminile in Giappone è simile a un vestito da marinaretta, una "sailor suit" o "sailor fuku": è una blusa bianca (una camicia da donna) con un collare da marinaio e una gonna nera, che nella versione più castigata arriva fino al ginocchio. L'uniforme conta poi le scarpe nere senza lacci (slip-on shoes) e i gambaletti pesanti in lana o cotone di colore bianco o nero. Come il nome suggerisce, il gambaletto pesante è una calza femminile che arriva fino al ginocchio. Il negozio che vende queste uniformi dunque viene detto "il negozio di vestiti da marinaretta". Voci correlate Hiragana Kanji con lista di kanji JLPT1-4 e primo cinese medio Ricostruzione filologica dei sinogrammi più diffusi Rōmaji Radicali Kangxi Radicali (giapponese) Dizionario Kangxi Radicali Shuowen Cinese medio e varietà antiche di giapponese Lingua cinese Lingua giapponese Lingua coreana Lingua vietnamita Lettura on Lettura kun Pinyin Hanja e lista di 1800 hanja base Chu nom e lista di Han tu' base Sistema di scrittura giapponese Alfabeto vietnamita Altri progetti Collegamenti esterni https://www.japandict.com/%E3%82%AB%E3%82%BF%E3%82%AB%E3%83%8A Tavola del katakana con pronuncia e ordine dei tratti su Japandict.com https://www.alfabetos.net/japanese/conversor-japones-romaji/index-en.php Romanizzazione katakana-rōmaji su Alfabetos.net/Japanese https://jisho.org/ Dizionario online di giapponese Jisho.org https://tangorin.com/ Dizionario online di giapponese Tangorin.com http://takoboto.jp/ Dizionario online di giapponese Takoboto.com http://lodel.ehess.fr/crlao/document.php?id=1217 Guangyun (9000 caratteri) con pronuncia in cinese medio di Baxter/Sagart (2011) https://web.archive.org/web/20180809100931/http://www.xiuwenyuan.com/ziyuan/ Dizionario filologico Xiuwenyuan.com http://www.vividict.com/ Dizionario filologico Vividict.com http://www.zdic.net/ Dizionario cinese Zdic.net (contiene anche lo Shuowen jiezi e il Dizionario Kangxi) https://jisho.org/ Dizionario kanji Jisho.org Katakana
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https://it.wikipedia.org/wiki/Kurt%20G%C3%B6del
Kurt Gödel
Ritenuto uno dei più grandi logici di tutti i tempi insieme ad Aristotele, Leibniz e Frege, le sue ricerche ebbero un significativo impatto, oltre che sul pensiero matematico e informatico, anche sul pensiero filosofico del XX secolo. Biografia Gödel nacque in Moravia, secondo figlio di Rudolf August e Marianne Handschuh, in una famiglia di lingua tedesca operante nell'industria tessile nella città allora chiamata Brünn, sotto l'impero austro-ungarico. Il padre era cattolico, mentre la madre era luterana. Il primo aveva svolto studi commerciali e grazie a una grande applicazione nel lavoro riuscì a raggiungere il grado di dirigente e comproprietario di un'importante azienda e poté mandare i suoi figli in una scuola privata tedesca. Sin da giovane Gödel mostrò alcuni aspetti del suo carattere che lo contraddistinsero per tutta la vita: una curiosità insaziabile, una brillantezza negli studi, un'introversione preponderante e una salute cagionevole; a otto anni si ammalò di febbre reumatica, che suscitò in lui l'eccessiva preoccupazione sia per la sua salute (ipocondria), sia per i pericoli insiti negli alimenti. Nel 1918 divenne cittadino cecoslovacco. Nel 1924 si iscrisse all'Università di Vienna, prima con l'intenzione di studiare fisica teorica e poi occupandosi di matematica e filosofia. Frequentò il Circolo di Vienna fondato dal filosofo Moritz Schlick impregnato dall'opera di Ludwig Wittgenstein ed entrò in contatto con il filosofo della scienza Rudolf Carnap con cui condivise la passione per la parapsicologia. Studiò Bertrand Russell e seguì una conferenza di David Hilbert circa le questioni di completezza e consistenza dei sistemi matematici tenuta al congresso internazionale di Bologna nel 1928. Concentrò quindi i suoi interessi sulla logica matematica e nel 1929, dopo essere diventato cittadino austriaco, ottenne il dottorato con una dissertazione di cui fu relatore Hans Hahn e con cui dimostrò la completezza del calcolo dei predicati del primo ordine, stabilendo che è possibile dimostrare gli enunciati veri per ogni interpretazione dei simboli. Nel 1933, invitato da John von Neumann e Oswald Veblen, si trasferì negli Stati Uniti, dove per un anno fu membro visitatore dell'Institute for Advanced Study di Princeton, divulgando il suo teorema di incompletezza. Sia durante la permanenza in America sia nei soggiorni viennesi di questi anni soffrì di esaurimenti nervosi che si manifestavano in una ossessione per la dieta, per i ritmi intestinali e per una fobia sugli avvelenamenti alimentari, ossessione che lo trascinò a evitare il cibo fino alla denutrizione. Nel 1936 fu profondamente colpito dall'assassinio di Moritz Schlick per mano di uno studente nazista sulle scale dell’Università di Vienna e subì una nuova crisi nervosa. Successivamente trascorse un anno negli USA dove strinse amicizia con Albert Einstein. Nel settembre del 1938 sposò Adele Porkert Nimbursky, ballerina viennese incontrata in un locale notturno, sei anni più anziana, cattolica già divorziata, che lo sostenne fino all'ultimo giorno. Gödel la conosceva da alcuni anni ma i suoi genitori si erano sempre opposti al matrimonio per via del suo lavoro e del fatto che fosse già stata sposata. Nello stesso anno, dopo l'annessione nazista dell'Austria, diventò automaticamente cittadino della Germania. Nel 1940, in seguito all'abolizione del titolo di Privatdozent e temendo di essere chiamato alle armi, si trasferì negli Stati Uniti passando per la Russia, servendosi della ferrovia transiberiana, e il Giappone, valicando il Pacifico per nave. Quando arrivò in USA i transfughi gli chiesero notizie della Germania nazista. Rispose: «Il caffè è cattivo». Tornò nuovamente all'Institute for Advanced Study ove rimase sino alla morte. Nel 1948 diventò cittadino statunitense. Diventò membro permanente dell'IAS nel 1946, professore ordinario nel 1953 e professore emerito nel 1973. Frequentò tutti i giorni Einstein che lo conduceva in passeggiate e conversazioni quotidiane. L'ultimo suo articolo risale al 1958. Nel 1972 ricevette la laurea honoris causa dall'Università Rockefeller e tre anni dopo la National Medal of Science. Col peggioramento dei suoi problemi psichici, Gödel si ridusse a mangiare solo quel che gli preparava la moglie, che tuttavia negli ultimi mesi del 1977 fu ricoverata sei mesi per problemi di salute. Il suo disturbo ossessivo-compulsivo era ormai degenerato in un delirio paranoico e il matematico si rifiutava quasi sempre di mangiare, convinto che il cibo fosse avvelenato. Nei primi giorni del 1978 Gödel fu ricoverato all'ospedale di Princeton per malnutrizione e inedia, causate da una grave forma di anoressia che lo aveva portato a pesare 29 chilogrammi. Morì il 14 gennaio 1978. Fu sepolto nel cimitero della città, seguito dalla moglie Adele nel 1981. Attività e pensiero Pur pubblicando pochi articoli, Gödel si occupò di quasi tutti i settori della logica moderna; l'impatto delle sue opere fu enorme e si diffuse anche fuori dal mondo accademico matematico. Gödel pubblicò il suo più famoso risultato nel 1931 a venticinque anni - dopo averlo presentato al pubblico l'anno precedente al "Secondo Congresso di Epistemologia delle Scienze Esatte" di Königsberg - quando lavorava presso l'Università di Vienna. Questo lavoro conteneva i famosi due teoremi di incompletezza che da lui presero il nome, che stabiliscono che ogni sistema assiomatico consistente e in grado di descrivere l'aritmetica dei numeri interi è dotato di proposizioni che non possono essere dimostrate né confutate sulla base degli assiomi di partenza. Parafrasando: se un sistema formale S è consistente (privo di contraddizioni), allora è possibile costruire una formula F sintatticamente corretta, ma indimostrabile in S, che quindi risulta “incompleto”. Per cui se un sistema formale è logicamente coerente, la sua non contraddittorietà non può essere dimostrata stando all'interno di quel sistema logico. I teoremi di Gödel nascevano in relazione alle ricerche volte a realizzare il programma di Hilbert, che chiedeva di trovare un linguaggio matematico che potesse provare da solo la propria consistenza o coerenza. Gödel dimostrò invece che la coerenza di un sistema è tale proprio perché non può essere dimostrata. Molti non compresero le affermazioni di Gödel, ritenendo che il suo teorema avesse definitivamente distrutto la possibilità di accedere a verità matematiche di cui avere assoluta certezza. Gödel invece era convinto di non avere affatto dissolto la consistenza dei sistemi logici, da lui sempre considerati come funzioni reali dotati di pieno valore ontologico, e che anzi il suo stesso teorema di incompletezza aveva una valenza di oggettività e rigore logico. Oltretutto, spiegava Gödel, la presenza di un enunciato che affermi di essere indimostrabile all'interno di un sistema formale significa appunto che esso è vero, dato che non può essere effettivamente dimostrato. E proseguiva dicendo: Nonostante ciò, i teoremi di incompletezza hanno avuto un interesse crescente del pubblico, grazie anche alle possibili interpretazioni extra matematiche - pur non affatto implicate dai teoremi stessi - che per molti costituiscono un'autentica critica alla ragione formale, dimostrando un limite intrinseco a tale modalità conoscitiva. I due teoremi, il primo in particolare, furono invece interpretati da Gödel come una conferma del platonismo, corrente filosofica che affermava l'esistenza di formule vere non dimostrabili (episteme), e dunque l'irriducibilità della nozione di verità a quella di dimostrabilità. In accordo con questa filosofia, era convinto che la verità, essendo qualcosa di oggettivo, cioè indipendente dalle costruzioni effettuate nelle dimostrazioni dei teoremi, non può essere posta a conclusione di alcuna sequenza dimostrativa, ma solo all'origine. Gödel fu anche autore di un celebre lavoro sull'ipotesi del continuo. Riuscì a dimostrare che essa non può essere confutata dagli assiomi della teoria degli insiemi, pur essendo accettata fino a quel momento, . Questa ipotesi fu poi ampliata da Paul Cohen che ne provò l'indipendenza, illustrando come sia indimostrabile a partire dagli stessi assiomi. Gödel vedeva nella teoria degli insiemi e nella matematica in genere una forma di conoscenza "reale" e non puramente astratta o concettuale, sebbene prescinda dall'esperienza dei sensi e si basi esclusivamente sull'intuizione mentale. Similmente a Parmenide, egli concepiva la logica "formale" come unita indissolubilmente a un contenuto "sostanziale": Elaborò anche, tramite l'interpretazione cosmologica della sua metrica (una soluzione esatta delle equazioni di campo di Einstein), la teoria di un universo rotante su sé stesso, diverso sia dall'universo statico in voga all'epoca sia dal Big Bang, che bilancia la gravità con la forza centrifuga anziché con una costante cosmologica repulsiva intrinseca allo spaziotempo come nel modello standard; questa teoria è nota come universo di Gödel, ma non è stata universalmente accettata dalla comunità scientifica in quanto non prende in considerazione la legge di Hubble. Un altro risultato a cui giunse fu la dimostrazione nel 1970 dell'esistenza di Dio, inteso come ente che assomma tutte le qualità positive di un dato insieme. Questo teorema deriva dal concetto di ultrafiltro e ha poco a che vedere con la teologia tradizionale, sebbene nascesse anche da esigenze di carattere esistenziale e religioso. Per comprendere la sua Ontologischer Gottesbeweis, ovvero la sua prova ontologica di Dio, occorre tener presente come Gödel avesse sempre avvertito l'urgenza di trovare un ordine logico-matematico da porre a fondamento dell'esistenza dell'universo. Un tale ordine gli sembrava fosse garantito solo dalla necessità logica dell'esistenza di Dio, ossia dalla dimostrazione di un Essere che assommi in sé le qualità positive di tutti gli enti reali. Come nel primo teorema di incompletezza, Dio doveva rappresentare quella Verità che non dipende da calcoli umani ed è perciò assoluta e non relativa. Riemerge qui l'impostazione platonica di Gödel, nonché la sua forte stima per il filosofo tedesco Gottfried Leibniz, di cui riprende la prova ontologica e la definizione di Dio come la somma perfetta di «ogni qualità semplice che sia positiva e assoluta». La dimostrazione gödeliana, concepita come un teorema logico-formale assolutamente analogo a quelli suoi precedenti, risulta dal fatto che non è logicamente plausibile ammettere la possibilità di un unico Essere provvisto di tutte le "proprietà positive", tra cui la stessa esistenza, senza attribuirgli una realtà effettiva, perché ciò sarebbe una palese contraddizione in termini. Il passaggio dal piano razionale a quello reale avviene per l'impossibilità di salvaguardare la coerenza del discorso logico qualora si negasse a Dio un'esistenza fattuale. E conclude quindi affermando che «Dio esiste necessariamente, come volevasi dimostrare». A differenza dell'amico Albert Einstein, che concepiva Dio alla stregua di un'entità impersonale da cogliere con la sola ragione, Gödel era animato anche da sentimenti di venerazione religiosa. Cresciuto nella fede luterana, egli si descriveva come un teista, credente in un Dio cristiano e personalistico come quello di Leibniz e non panteista alla maniera di Spinoza e Einstein. La prova ontologica di Dio non fu mai resa nota dall'autore, probabilmente per timore di essere frainteso; essa rimase sconosciuta fino alla pubblicazione postuma negli Stati Uniti, nove anni dopo la sua morte, in una raccolta contenente altri scritti inediti del matematico moravo. Opere Über formal unentscheidbare Sätze der Principia Mathematica und verwandter Systeme, «Monatshefte für Mathematik und Physik», vol. 38, 1931. È disponibile una traduzione in inglese di Martin Hirzel, 2000, The Consistency of the Axiom of Choice and of the Generalized Continuum Hypothesis with the Axioms of Set Theory, Princeton University Press, Princeton, NJ., 1940. Ontologischer Beweis (Prova ontologica), pubblicata postuma nel 1987 (trad. it.: ). Collected Works, New York, Oxford University Press, 1986-2006, 5 volumi, testi in tedesco con traduzione inglese a fronte. My philosophical viewpoint, c. 1960 in Hao Wang, A Logical Journey: from Gödel to Philosophy, Cambridge, USA, The MIT Press, 1996, p. 316. The modern development of the foundations of mathematics in the light of philosophy, in Collected Works, Volume III, 1961, pp. 375–387. Edizioni in italiano Opere, vol. 1 (1929-1936), Torino, Bollati Boringhieri, 1999. Opere, vol. 2 (1938-1974), Torino, Bollati Boringhieri, 2002. Opere, vol. 3, saggi inediti e conferenze, Torino, Bollati Boringhieri, 2006. Opere, vol. 4, corrispondenza A-G, Torino, Bollati Boringhieri, 2009. Opere, vol. 5, corrispondenza H-Z, Torino, Bollati Boringhieri, 2009. Note Bibliografia Italo Aimonetto, Il fondamento del teorema di Gödel: da Peano a Frege e Russell, Torino, Rivista Filosofia, 39, 1988, pp. 231–249. Francesco Berto, Logica da zero a Gödel, Bari, Laterza, 2008, ISBN 88-420-8634-7. Francesco Berto, Tutti pazzi per Gödel. La guida completa al teorema d'incompletezza, Bari, Laterza, 2008, ISBN 978-88-420-8590-4. Riccardo Bruni, Kurt Gödel, un profilo, Roma, Carocci, 2015, ISBN 978-88-430-7513-3. Pierre Cassou-Noguès, I demoni di Gödel. Logica e follia. Milano, Bruno Mondadori, 2008, ISBN 978-88-6159-145-5. John L. Casti, Werner DePauli, Gödel: L'eccentrica vita di un genio, Milano, Raffaello Cortina, 2001, ISBN 88-7078-711-7. Daniele Chiffi, Kurt Gödel. Philosophical Explorations, Aracne, Roma 2012. Maurizio Cotti Piccinelli, Il teorema di Gödel. 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Letteratura
La letteratura di una certa lingua è l'insieme delle opere scritte e pervenute fino al presente. Tale definizione non è affatto scontata e va precisata sotto diversi aspetti. Da un lato, le definizioni che sono state date del termine, sensibili a diverse ideologie, visioni del mondo, sensibilità politiche o filosofiche, sono diverse tra loro e spesso assolutamente inconciliabili. Assai varia è anche la misura del "campo" della letteratura e incerta la definizione di ciò che letteratura non è, tanto che vi è stato chi ha affermato che letteratura è ciò che viene chiamato letteratura, chi ha trovato nell'impossibilità della definizione la sola definizione possibile, o chi, sottolineando "la polivalenza e ambiguità del fenomeno letterario", sostiene tuttavia che "non tutto ciò che è scritto è letteratura, per diventarlo, un testo scritto dev'essere mosso da un'intenzionalità precisa e da una conseguente logica strutturante". È tuttavia vero che la letteratura di una nazione costituisce una "sintesi organica dell'anima e del pensiero d'un popolo", ovvero uno specchio della rispettiva società in un tempo definito e che varia di opera in opera. Origini del termine Il termine latino litteratura (da littera, "lettera") indicava lo stesso tracciare lettere, lo scrivere. Nel I secolo d.C. prese ad indicare l'insegnamento della lingua (corrispondendo così alla parola grammatica, ossia la greca grammatiké téchne, da gramma, "lettera"). Un passaggio importante sul tema è la riflessione del retore latino Quintiliano, che estese il termine litteratura fino a comprendere tutte le tecniche dello scrivere e del sapere, affermando il valore disinteressato degli studi sulla lingua. Un altro termine latino, l'aggettivo litteratus, indicava inizialmente ciò che era "scritto con lettere", ma poi il suo uso si spostò sullo scrivente, per indicarne la capacità, la cultura, l'istruzione. Appare comunque evidente, da questi usi antichi del termine, il profondo legame tra letteratura e scrittura: se inizialmente "letteratura" è lo studio e la conoscenza della lingua scritta, attraverso un iter piuttosto obliquo il termine finì per indicare l'insieme della lingua scritta. La cultura scritta era comunque appannaggio di pochissimi e la conoscenza delle lettere segno di un'esperienza fuori del comune, del tutto distinta da quella comune, legata com'era quest'ultima alle esigenze più immediate e basilari della vita. L'atto di una nuova scrittura si collegava immancabilmente con la letteratura precedente (in sostanza, i documenti che erano sopravvissuti al tempo), ma fu l'invenzione della stampa a caratteri mobili a fondare il concetto moderno di letteratura: ne risultò infatti l'elaborazione di codici e forme specificatamente letterari e, soprattutto, una gerarchia che distingueva forme propriamente letterarie "dall'universo vario e caotico delle altre scritture". Si costituisce così la letteratura come "istituzione", che si tramanda in qualità di "tradizione". Letteratura come arte In ambito occidentale, si è via via affermato un significato di letteratura distinto dagli scopi pratici della scrittura in specifiche discipline (testi scientifici, filosofici ecc.): il termine "letteratura" venne associato alle scritture di tipo "artistico" e "creativo", che sono oggetto di studio dell'estetica. Si determinò così un intreccio semantico con la più antica parola "poesia", un termine del latino medievale che deriva da poësis (a sua volta dal greco poíēsis, da poiêin, "fare") e che indicava eventi e oggetti "fatti" con le parole. La poesia era dunque l'arte di creare realtà fittizie, mondi immaginari a imitazione dell'unico reale, in analogia con la pittura (Orazio usò la formula ut pictura poësis, "la poesia come la pittura"). Il termine "poesia" tese a identificarsi con la produzione in versi, ma le forme originarie del verso (come testimoniano diverse tradizioni popolari sopravvissute fino ai tempi moderni) prescindevano del tutto dalla scrittura, facendosi piuttosto accompagnare dal canto, nel contesto di una tradizione letteraria orale. Indipendentemente dalla forma, in versi o in prosa, tuttavia un testo viene generalmente considerato letterario, quando nel costruirlo e nel leggerlo si usa una lingua che orienta verso la "funzione poetica", cioè per quella funzione che, come ha insegnato Roman Jakobson, pone al centro del sistema di comunicazione il messaggio in quanto tale, quindi la sua intertestualità rispetto ad altri testi e la capacità in termini di costruzione linguistica e comprensione estetica di riferirsi a un sistema di forme canoniche che in qualche modo lo precede e produce (anche in caso di rottura verso questo canone). In questo senso si parla di "uso letterario del linguaggio". Letteratura orale e scritta Il componimento verbale può essere sia orale sia scritto. Mentre la poesia, spesso considerata la forma più elevata di letteratura, si manifesta inizialmente, come detto, solo in forma orale, l'elaborazione artistica della forma in prosa può avvenire solo con l'avvento e lo sviluppo della cultura scritta. Resta che il carattere di arte fu spesso attribuito indifferentemente al verso e alla prosa e, in particolare, i termini "poesia" e "poetico" venivano associati anche a forme in prosa, per distinguere appunto scrittura artistica da scrittura non artistica. In questo contesto, può essere interessante confrontarsi con la riflessione di Benedetto Croce e la sua insistita distinzione fra "poesia" e "non poesia" e fra "poesia" e "letteratura". La modernità tende a considerare "letteratura" solo l'insieme dei componimenti verbali scritti, ma sono numerose le culture che hanno avuto e hanno tuttora una ricca letteratura orale, la cui conservazione e trasmissione è stata affidata a figure istituzionali. Ad esempio, gli amusnaw della letteratura berbera della Cabilia, gli aedi e i rapsodi dell'antica Grecia o i druidi della letteratura celtica. Come si vede, le opposizioni "oralità"/"scrittura" e "poesia"/"prosa" sono profondamente interlacciate. Piuttosto distante dalla prospettiva crociana è quella del formalista russo Roman Jakobson, che ha caratterizzato la funzione poetica a partire da una considerazione tecnico-formale dei componimenti: la "letterarietà" di un testo è individuabile a partire dalla sua struttura e la poesia è quel componimento che utilizza un linguaggio orientato al messaggio stesso, cioè in qualche modo bastante a se stesso. Letteratura d'autore e pubblico letterario Con lo sviluppo della borghesia, a partire dagli ultimi decenni del XVIII secolo, quando si comincia ad abbandonare l'uso del termine "eloquenza", l'accezione più comune del termine letteratura è quella che riguarda la produzione di testi scritti da parte di un autore per essere letti da un pubblico. Tale fruizione si amplia di molteplici motivi: godimento estetico, immedesimazione psicologica, spirito critico e conoscitivo. Vengono, al contempo, promossi a rango di letteratura anche le opere nate per il giornalismo o per il teatro. La parola "poesia" va specializzandosi e l'accezione del termine "letteratura" si centra nel suo essere in rapporto con un pubblico e con la sua immaginazione. Jean-Paul Sartre diceva che la letteratura "si fa nel linguaggio ma non è mai data nel linguaggio; essa è un rapporto fra gli uomini ed un appello alla loro libertà". Oltre e più che essere "oggetto", la letteratura è "relazione". Il testo letterario, come dice Cesare Segre, compie una "introiezione dei riferimenti contestuali", producendo senso all'interno di una cerimonia formale. Mercato e spettacolo della letteratura Con la secondà metà del XX secolo, di fatto, la letteratura viene spesso considerata parente dello spettacolo, sia nelle rubriche dei giornali e nelle recensioni, sia con il proliferare di molti festival, letture pubbliche e incontri con gli autori. Entrambi poi sembrano partecipare alle regole del mercato e il linguaggio letterario, da sempre in cerca di una propria definizione, sembra cadere nell'anamorfosi che lo vuole mero prodotto. Le forme dei componimenti letterari In base alla forma del componimento verbale la letteratura si distingue in: poesia prosa teatro Se il componimento verbale è in versi si parla di poesia. Se invece il componimento verbale non è in versi si parla di prosa. Dopo l'avvento del verso libero e la caduta della normativa metrica, la distinzione sembra ridursi al solo meccanismo tipografico dell'andare a capo, ma la costruzione formale della poesia resta legata alla musica. In questo senso si può anche parlare di "prosa poetica" e "poesia in prosa". Il teatro invece è un testo letterario "per la rappresentazione" (anche quando dato alla sola lettura) e se può fondere insieme poesia e prosa può unirvi, ma dall'esterno, anche la musica, e quindi si può considerarla una forma d'espressione a parte. Letterature specifiche Molto spesso con la parola letteratura si definisce un complesso di opere che trattano una materia o un argomento particolare. Si può pertanto parlare di letteratura scientifica, letteratura economica, letteratura religiosa, letteratura militante, letteratura artistica (letteratura musicale, letteratura cinematografica, letteratura teatrale, letteratura erotica, letteratura industriale, ovvero industria e letteratura, letteratura dell'orrore, letteratura di spionaggio ecc..). Con il termine letteratura si può intendere anche una particolare attività intellettuale volta alla creazione di opere scritte, sempre frutto dell'ingegno umano, oppure a quella disciplina rivolta allo studio delle opere letterarie di un determinato popolo o di una determinata età. Si avrà così - all'interno di una letteratura antica oppure moderna o contemporanea, una letteratura latina, una letteratura italiana, una letteratura inglese, una letteratura tedesca, una letteratura francese, una letteratura spagnola, una letteratura russa e così via. Le varie nazioni possono avere diverse letterature, come corporazioni letterarie, scuole filosofiche o periodi storici. Viene generalmente considerata come letteratura di una nazione, per esempio, la collezione di testi che sono stati creati in quella nazione, vi si riferiscono e offrono un territorio comune, e in cui spesso la nazione stessa si identifica. La Bibbia, lIliade e lOdissea e la Costituzione coincidono con questa definizione di letteratura. Più in generale, una letteratura è equiparata a una collezione di storie, poemi e racconti che parlano di particolari argomenti. In questo caso, le storie, poemi o racconti possono avere o non avere dei riscontri nazionalistici. Ogni paese ha sviluppato la sua letteratura anche se in tempi differenti e con caratteristiche nazionalistiche che, peraltro molto spesso, sono state assorbite da altre letterature. Il carattere distintivo che ci permette di parlare di una letteratura (latina, italiana, americana, inglese, francese, spagnola e via dicendo) è la lingua. Generi letterari La letteratura si differenzia in vari generi, sorta di "quadri precostituiti", che opere specifiche sono riuscite a condensare a partire da una varietà di codici, di possibilità tematiche e formali, e a offrire come modelli. Alcuni hanno preso forma come tali nell'evo antico: essendo quelli di più lunga durata, sono intesi come "macrogeneri", anche perché si cercò con essi di trovare una corrispondenza categoriale con le forme basiche della concreta esperienza umana. A partire dalle prime iniziative di netta codificazione, tra l'uno e l'altro sono stati registrati momenti di confronto, di sperimentazione, di miscela e anche di completa chiusura.. Popolarmente, i più antichi vengono percepiti come generi classici (anche nel senso di "nobili"), mentre alcuni generi moderni parrebbero avere una connotazione e un uso più commerciale (a questi ci si riferisce con il termine "letteratura di genere"). I generi classici sono: l'epica la lirica il dramma Il dramma, a sua volta, viene fin dall'inizio distinto in tragedia e commedia. Generi di ambito più circostanziato sono, ad esempio: l'elegia l'epigramma l'idillio il dialogo Ci sono stati molti tentativi di classificazione. Da Platone che prima parla di genere serio (epopea e tragedia) e genere faceto (commedia e giambica), poi nella Repubblica fa la tripartizione tra genere mimetico o drammatico (tragedia e commedia), espositivo o narrativo (ditirambo, nòmo, poesia lirica) e misto (epopea) facendo variare la classe di appartenenza secondo un diverso rapporto con la realtà. In età alessandrina fioriscono le categorizzazioni con i sottogeneri. Per esempio per Dionisio Trace la melica (o lirica), se dedicata agli dèi si divide in inno, prosodio, peana, ditirambo, nòmi, adonidio, iobacco e iporchema; se dedicata ai mortali in encomio, epinicio, scolio, canto amoroso, epitalamio, imeneo, sillo, threnos ed epicedio. Più tardi contribuiscono alla distinzione di genere tragedia, commedia, elegia, epos, lirica, threnos, idillio e pastorale. Nel medioevo si aggiungono romanzo e novella, epica o chanson de geste, cantare in ottavo, romanzo cavalleresco, secondo i temi trattati oltre che le forme (con la fortuna italiana dell'ottava), spesso confusi tra loro. Se la classificazione non ha prodotto norma rigida, nonostante, per esempio, Nicolas Boileau nella sua Art poétique (1674) si ostini a non voler riconoscere il melodramma, non è nemmeno un esercizio sterile di intellettuali e con Goethe o Schelling la riflessione sui generi si confonde con dichiarazione poetica e volontà stilistica. Con Hegel i generi sono tre: epica, lirica e dramma, ma la loro distinzione è basata sull'antitesi tra soggettivo e oggettivo. L'epopea è oggettiva, la lirica soggettiva e il dramma è la loro sintesi, cosa che diventa nella critica dell'età vittoriana una distinzione tra totalità (epica), pluralità (dramma) e unità (lirica), con conseguente collegamento alle voci verbali. André Jolles, negli anni trenta del novecento, parla di "gesti verbali" e individua nove forme semplici: leggenda, saga, mito, enigma, detto, caso, memoria, fiaba e scherzo (rispettivamente in tedesco Legende, Sage, Mythe, Rätsel, Spruch, Kasus, Memorabile, Märchen e Witz), come forme che nascono dal linguaggio stesso, in modo indipendente da visione e volontà del poeta o narratore. Northrop Frye cerca ancora un criterio oggettivo distinguendo secondo la parola, che viene recitata (dramma), detta (epica), cantata (lirica) o letta (fiction). È vero come dice Maria Corti, che i generi non sono altro che possibili tecniche discorsive che l'aspettativa del lettore (o fruitore di letteratura, qualunque cosa si intenda) lega a possibili contenuti. Forse aveva ragione Giordano Bruno a reagire a ogni classificazione applicata all'arte dicendo che generi e specie di letteratura sono tanti quante le opere stesse. Narrativa di genere La letteratura di genere, visto che si tratta in particolare di opere di narrativa, viene spesso indicata come narrativa di genere. Premessa una certa aleatorietà, i generi e sottogeneri della narrativa (considerata di genere o non) sono dunque: azione/avventura erotico fantastico fantascienza fantasy horror giallo noir poliziesco hard boiled thriller legale thriller medico spionaggio romantico o rosa western storico picaresco psicologico Bildungsroman (romanzo di formazione) epistolare utopico diaristico diario di bordo diario di viaggio diario personale o intimo biografico agiografia biografia autobiografia postmoderno metaromanzo ecc. Nei confronti della serialità, anche la letteratura, come altre forme di "fiction", può presentarsi a episodi o a puntate (ovvero ogni sezione narrativamente sospesa o conclusa), con ripresa (come Vent'anni dopo rispetto a I tre moschettieri), con i conseguenti concetti di sequel e prequel, come ricalco (omaggio, remake, plagio ecc.) e in altre forme seriali, ma è soprattutto un universo di testi che si influenzano continuamente tra loro, così che ogni lettura si districa in mezzo alle altre e, tra prima e dopo, nell'interruzione e nella ripresa delle pagine, anche laddove non cambia il testo, cambia la sua interpretazione nella testa del lettore. Note Bibliografia Franco Fortini, Letteratura, in Enciclopedia Einaudi, vol. VIII, Torino, Einaudi, 1979, pp. 152–175 Alberto Asor Rosa, Letteratura, testo, società, in Letteratura Italiana Einaudi, I, Il letterato e le istituzioni, Torino, Einaudi, 1982 . Alberto Asor Rosa, Le opere al centro del sistema, in Letteratura italiana. Dizionario delle opere, Torino, Einaudi, 1999 Voci correlate Storia della letteratura Generi letterari Teoria della letteratura Critica letteraria Letteratura di consumo Narrativa di genere Letteratura italiana Altri progetti Collegamenti esterni